2. Non abbiamo molte notizie biografiche su
Mimnermo. Alcuni studiosi affermano che
probabilmente nacque a Colofone, città ionica
dell’Asia Minore, tra la fine del VII sec. a.C. e
l’inizio del VI sec. a.C. E’ ipotesi corrente che
Mimnermo fosse un aristocratico, come
confermano tanto il nome quanto il tono e i
temi della sua poesia: la notizia antica che lo
qualifica come un flautista è inattendibile, ed
è probabilmente improvvisata sul fatto che le
sue poesie erano dedicate a una flautista
chiamata Nanno. A questa era intitolato uno
dei libri di elegie, in cui gli alessandrini
avevano raccolto l’opera di Mimnermo.
3. La lingua, come per altri elegiaci, è quella dell‟epos, sia
per il dialetto greco utilizzato, sia per le formule, che
vengono riprese direttamente dall'epos oppure variate.
Mimnermo risulta condizionato dal grande modello
omerico, anche se egli lo valorizza per un‟altra tematica;
ma la sua originalità si afferma nella dimensione che egli
da alla scoperta dell‟individualità umana.
Il soggettivismo di Archiloco si trasforma in una
considerazione generale sul destino degli uomini.
4. la caducità della vita;
la fugace brevità della giovinezza;
i dolori della vecchiaia;
lo struggimento dinanzi al venir meno dei piaceri e
dell’amore;
6. FRAMMENTO 23
“Tale non quel prode dall’altero cuore
di cui narrano i padri. Essi lo videro
scrollare fitte schiere di cavalieri lidi
sulla piana dell’Ermo, con la lancia.
Mai non ebbe a dolersi del suo coraggio asprigno
Pàllade Atena, quando in prima fila
s’agitava fra mischie di guerra cruenta
sotto pungenti strali di nemici:
di lui non vi fu mai soldato più valente
ad agire nel viso della lotta ,
fino a che visse nell’abbaglio celere del sole”.
[trad.di Filippo Maria Pontani]
7. Ἠέλιορ μὲν γὰπ πόνον ἔλλασεν ἤμαηα
πάνηα, “Ebbe in sorte il Sole una fatica tutti i giorni,
οὐ δέ κοη' ἄμπαςζιρ γίγνεηαι οὐδεμία e non c'è mai riposo alcuno
ἵπποιζίν ηε καὶ αὐηῶι, ἐπηὶ per i cavalli e per lui, poi che l'Aurora dita di rosa
ῥοδοδάκηςλορ Ἠώρ lascia l'Oceano e sale su nel cielo.
Ὠκεανὸν ππολιποῦζ' οὐπανὸν
εἰζαναβῆι˙ Il concavo letto, molto desiderato, opera
ηὸν μὲν γὰπ διὰ κῦμα θέπει πολςήπαηορ delle mani d'Efesto, di oro prezioso, alato,
εὐνή velocemente, sfiorando le onde, trasporta sul
κο ίλη Ἡθαίζηος σεπζὶν ἐληλαμένη mare
σπςζοῦ ηιμήενηορ, ὑπόπηεπορ, ἄκπον
ἐθ' ὕδυπ lui, che dorme, dalla regione delle Esperidi
εὕδονθ' ἁππαλέυρ σώπος ἀθ' alla terra degli Etiopi, dove il carro veloce e i
Ἑζπεπίδυν. cavalli
γαῖαν ἐρ Αἰθιόπυν, ἵνα δὴ θοὸν ἅπμα attendono, finché giunga l'Aurora mattutina.
καὶ ἵπποι
ἑζηᾶζ' , ὄθπ' Ἠὼρ ἠπιγένεια μόληι. Qui, monta sul suo carro il figlio di Iperione”.
ἔνθ' ἐπεβήζεθ' ἑῶν ὀσέυν Ὑπεπίονορ
ςἱόρ.
8. ηίρ δὲ βιορ, ηί δὲ ηεππνὸν
ἄηεπ σπςζῆρ Ἀθποδίηηρ; “Cos’è la vita senza l’amore, quale piacere senza Afrodite?
Meglio morire, quando non più avrò nel cuore
ηεθναίην, ὅηε μοι μηκέηι gli abbracci segreti, i dolcissimi doni, le gioie del letto.
ηαῦηα μέλοι, Sono i fiori della giovinezza, e vanno carpiti
κπςπηαδίη θιλόηηρ καὶ da uomini e donne. Poi tristemente viene
μείλισα δῶπα καὶ εὐνή˙ la vecchiaia e l’uomo bello è simile al brutto:
οἷ' ἥβηρ ἄνθεα γίγνεηαι pensieri cattivi logorano la
ἁππαλέα mente,
ἀνδπάζιν ἠδὲ γςναιξίν˙ ἐπεὶe c’è l’odio dei ragazzi, ildanno gioia i raggi del sole –
non
disprezzo delle donne:
δ' ὀδςνηπὸν ἐπέλθηι tutto l’orrore della vecchiaia, imposto dal dio”.
γῆπαρ, ὅ η' αἰζσπὸν ὁμῶρ [trad. di Dario Del Corno]
καὶ κακὸν ἄνδπα ηιθεῖ,
αἰεί μιν θπέναρ ἀμθὶ κακαὶ
ηείποςζι μέπιμναι,
οὐ δ' αὐγὰρ πποζοπῶν
ηέππεηαι ἠελίος,
ἀλλ' ἐσθπὸρ μὲν παιζίν
ἀηίμαζηορ δὲ γςναιξίν˙
οὕηωρ ἀπγαλέον γῆπαρ
ἔθηκε θεόρ
9. ἡμεῖρ δ' οἷά ηε θύλλα θύει “Come le foglie nel tempo fiorito di primavera
πολςάνθεμορ ὥπη spuntano e crescono rapide ai raggi del sole,
ἔαπορ, ὅη' αἶτ' αὐγῆι<ζ'> così siamo noi uomini: per un breve momento
αὔξεηαι ἠελίος,
ηοῖζ' ἴκελοι πήσςιον ἐπὶ σπόνον godiamo i fiori di giovinezza, ignari del bene e del
ἄνθεζιν ἥβηρ male
ηεππόμεθα, ππὸρ θεῶν εἰδόηερ per dono divino. Ma le dee nere del fato sono vicine:
οὔηε κακόν una porta la grave sorte di vecchiaia,
οὔη' ἀγαθόν˙ Κῆπερ δὲ l‟altra di morte. Un giorno dura il frutto
παπεζηήκαζι μέλαιναι,
ἡ μὲν ἔσοςζα ηέλορ γήπαορ di giovinezza quanto il sole si stende sulla terra.
ἀπγαλέος, Ma quando è passato il termine di primavera,
ἡ δ' ἑηέπη θανάηοιο˙ μίνςνθα conviene morire subito, piuttosto che la vita”.
δὲ γίγνεηαι ἥβηρ
καππόρ, ὅζον η' ἐπὶ γῆν
κίδναηαι ἠέλιορ.
αὐηὰπ ἐπὴν δὴ ηοῦηο ηέλορ
παπαμείτεηαι ὥπηρ,
αὐηίκα δὲ ηεθνάναι βέληιον ἢ
βίοηορ˙
10. “Che senza malattie e tristi pene dell’animo
a sessant’anni mi colga destino di morte!”
[trad. di Dario Del Corno]
11. La fama di Mimnermo è molto diffusa presso gli autori greci e latini:
alcuni suoi versi furono ripresi nella raccolta nota come Teognide.
In età ellenistica, cioè a partire dal III secolo a.C., Callimaco
individuerà, nella propria dichiarazione di poetica, proprio in
Mimnermo il modello da seguire, per la brevità dei suoi
componimenti e per i temi trattati. La poesia di Mimnermo fu
largamente nota nell‟antichità, e già in vita il poeta ebbe uno
„scambio‟ di battute liriche con Solone, che in un tipico procedimento
di „riscrittura‟ simposiale contestò il giudizio di Mimnermo sul
carattere inutile e doloroso della vecchiaia (fr. 11).
I versi di Mimnermo furono molto popolari in particolare in epoca
alessandrina in cui lo considerarono un possibile inventore
dell‟elegia, probabilmente perché attribuì particolare importanza
all‟elegia narrativa o in accordo con l‟ipotesi di derivazione
etimologica del termine elegia da “e” e “legein” (per la malinconia
insita nei versi di Mimnermo). La Nanno e la Smirneide ebbero per
gli alessandrini eccezionale importanza.