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Rapporto ICE 2016 Italia nel contesto globale
L’ITALIA NELL’ECONOMIA
INTERNAZIONALE
sintesi del
rapporto ice 2015-2016
Il Rapporto è stato redatto da un gruppo di lavoro dell’Ufficio di supporto per la pianificazione strategica e il controllo di gestione dell’Ice
Coordinamento generale
Riccardo Landi
Coordinamento scientifico
Lelio Iapadre
Il Rapporto è realizzato con il prezioso ausilio di un Comitato editoriale del quale hanno fatto parte
Fabrizio Onida (Presidente), Simona Camerano, Giancarlo Corò, Luca De Benedictis, Vincenzo De Luca, Sergio De Nardis, Gabriella De Stradis,
Silvia Fabiani, Marco Fortis, Giorgia Giovannetti, Lelio Iapadre, Alessandra Lanza, Roberto Monducci, Beniamino Quintieri, Marco Simoni,
Lucia Tajoli, Alessandro Terzulli e Francesco Tilli.
Hanno redatto il testo
Cristina Castelli, Raffaele Di Pietro, Giulio Giangaspero, Leopoldo Gudas, Antonio Lembo, Rita Anabella Maroni, Elena Mazzeo, Alessia Proietti,
Marco Saladini, Stefania Spingola, Pjero Stanojevic, Noemi Travaglini e, per il capitolo 7, Laura Barberi, Paolo Bulleri, Gabriella De Stradis,
Fabio Giorgio (Ministero dello Sviluppo economico), Federico Bernardi, Paola Chiappetta e Nicola Lener (Ministero degli Affari esteri e della
cooperazione internazionale), Davide Ciferri e Annachiara Palazzo (Cassa depositi e prestiti), Fabiola Carosini e Veronica Quinto (Simest),
Ivano Gioia e Stefano Gorissen (Sace).
Sintesi
Giorgia Giovannetti e Lelio Iapadre.
Hanno collaborato
Mariarosaria Agostino, Rita Arcese, Mariachiara Barzotto, Roberto Calugi, Francesco Capecchi, Davide Castellani, Pamela Ciavoni, Fabio
Conza, Stefano Costa, Claudio Cozza, Laura Dell’Agostino, Pietro De Matteis, Walter di Martino, Andrea Dossena, Laura Esposito, Stefano
Federico, Alberto Felettigh, Federico Ferrari, Anna Giunta, Andrea Goldstein, Luca Incipini, Daniele Langiu, Francesca Luchetti, Andrea
Maccanico, Gianni Marciante, Ilaria Mariotti, Stefano Menghinello, Sergio Monti, Marco Mutinelli, Silvia Nenci, Giacomo Oddo, Marialuisa
Pappalardo, Giulia Pavese, Filomena Pietrovito, Anna Maria Pinna, Fabio Pizzino, Alberto Franco Pozzolo, Michele Repole, Michele Ruta,
Renan Sacilotto, Paolo Sannini, Domenico Scalera, Lorenzo Soriani, Francesco Trivieri, Antonello Zanfei e Davide Zurlo
Si ringraziano inoltre per la collaborazione
Silvio Bevilacqua, Elisabetta Bilotta, Fabrizio Bubola, Rosa Buonocore, Rossana Ciraolo, Marco De Angelis, Cristina Gioffrè, Rosetta Grossi,
Vincenzo Lioi, Francesca Mauri e Dalila Parisi.
Assistenza per elaborazione dati
Francesco Salierno, RetItalia Internazionale S.p.A.
Nel Rapporto si fa riferimento anche ai dati riportati nell’Annuario statistico Istat-Ice Commercio estero e attività internazionali delle imprese
- Edizione 2016, disponibile sul sito www.annuarioistatice.it
La realizzazione del Rapporto è stata possibile grazie al contributo dell’Istat e della Banca d’Italia.
Il Rapporto è stato redatto con le informazioni disponibili al 7 luglio 2016.
Le opinioni espresse nel Rapporto sono riferibili agli autori e non riflettono necessariamente le opinioni dell’istituzione di appartenenza.
Contatti
pianificazione.controllo@ice.it
Nel sito www.ice.gov.it sono disponibili il Rapporto e dati statistici aggiornati
Finito di stampare nel mese di luglio 2016 presso
Tiburtini - Via delle Case Rosse 23
00131 - Roma
tel. [+39] 06 4190954
www.tiburtini.it - info@tiburtini.it
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 3
INDICE
APERTURA INTERNAZIONALE E CRESCITA
DELLA DOMANDA INTERNA: LE SFIDE
OLTRE LA CRISI
1.	 Lo scenario economico mondiale	 5
2.	 L’Italia: quadro aggregato	 13
3.	 Aree e principali paesi	 17
4.	 I settori	 19
5.	 Il territorio	 23
6.	 Le imprese	 25
7.	 Le politiche per l’internazionalizzazione	 29
8.	 Considerazioni conclusive	 32
TAVOLE STATISTICHE
MONDO E UNIONE EUROPEA
1.1	 Scambi internazionali e investimenti diretti esteri nel mondo	 36
1.2	 Quote delle aree sulle esportazioni mondiali di merci	 36
1.3	 Distribuzione per aree delle importazioni mondiali di merci	 37
1.4	 I primi 20 esportatori mondiali di merci	 38
1.5	 I primi 20 importatori mondiali di merci	 39
1.6	 Investimenti diretti esteri in entrata: principali paesi destinatari	 40
1.7	 Investimenti diretti esteri in uscita: principali paesi di origine	 41
ITALIA
2.1	 Bilancia dei pagamenti dell’Italia	 42
2.2	 Interscambio di beni e servizi	 43
2.3	 Analisi constant-market-shares della quota dell’Italia	 44
2.4	 Scambi di merci dell’Italia per aree e principali paesi	 45
2.5	 Dimensione dei mercati e quote delle esportazioni italiane	 46
4 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
2.6	 I primi 20 paesi di destinazione delle esportazioni italiane	 47
2.7	 I primi 20 paesi di provenienza delle importazioni italiane	 48
2.8	 Scambi con l’estero di merci per settori: valori	 49
2.9	 Scambi con l’estero di merci per settori: quantità e prezzi	 50
2.10	 Quote di mercato dell’Italia sulle esportazioni di merci per settori	 51
2.11	 Esportazioni di merci delle regioni italiane 	 52
2.12	 Internazionalizzazione commerciale e produttiva delle
	 imprese italiane	 53
2.13.	Distribuzione percentuale degli addetti e del fatturato delle
	 partecipate estere per area geografica di localizzazione
	 dell’impresa partecipata e classe dimensionale (addetti)
	 dell’investitore	 54
2.14	 Sostegno pubblico all’internazionalizzazione, quadro
	 d’insieme dei servizi promozionali e finanziari	 55
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 5
APERTURA INTERNAZIONALE E
CRESCITA DELLA DOMANDA
INTERNA: LE SFIDE OLTRE LA CRISI
1. Lo scenario economico mondiale
Nel 2015 la fragile ripresa dell’attività economica globale ha subito un rallen-
tamento, più marcato nella seconda metà dell’anno. Il 2016 è iniziato sotto
il segno dell’incertezza e di un repentino deterioramento delle prospettive
di crescita, particolarmente forte nelle economie emergenti e in quelle più
fragili dell’Eurozona. Le conseguenze del recente referendum nel Regno Uni-
to, dove gli elettori si sono espressi per l’uscita dall’Unione Europea, hanno
inoltre aumentato l’incertezza e tutte le organizzazioni internazionali stanno
rivedendo al ribasso le proprie stime: il tasso di crescita del prodotto inter-
no lordo (Pil) mondiale dovrebbe risultare più basso di quanto previsto in
precedenza e ben inferiore rispetto al periodo precedente alla grande crisi
iniziata nel 2008.
Gli andamenti del Pil nel 2015 sono stati disomogenei tra le diverse aree
geografiche e in parte inattesi. Segnali di miglioramento si sono avuti nelle
economie avanzate, soprattutto negli Stati Uniti. Nell’Area dell’euro invece
il recupero dell’attività economica è rimasto lento e si sono accentuate le
differenze fra paesi, con una crescita molto modesta in Germania, Francia e
Italia e un andamento più dinamico in Spagna, l’unica fra le grandi economie
europee con una dinamica sopra la media.
Forti segnali di difficoltà, anche in questo caso con significative differenze tra
paesi e aree, sono venuti dalle economie emergenti e in via di sviluppo. Il
rallentamento che aveva caratterizzato gli ultimi cinque anni si è accentuato
nel 2015, riducendo ancora il loro divario positivo di crescita rispetto ai paesi
avanzati, che aveva raggiunto un picco nel 2009. Il tasso di crescita del Pil
della Cina nel 2015 è stato il più basso dal 1990. La recessione si è aggravata
in Brasile, ed è proseguita in Russia, pur con alcuni segnali di attenuazione
negli ultimi mesi. L’unico dei paesi emergenti che ha continuato a crescere
in modo sostenuto nel 2015 – e le cui stime di crescita non sono state riviste
al ribasso – è l’India.
Le incertezze sulle prospettive dell’economia mondiale hanno accentuato
nel 2015 la discesa dei prezzi delle materie prime, con quotazioni dei metalli
e del petrolio in netto calo nel corso dell’anno. Le fluttuazioni nei tassi di
cambio sono state ampie, ma non sembrano aver influito in misura rilevante
sulle esportazioni, anche per i cambiamenti nei modi di produrre e nei lega-
mi fra paesi che hanno caratterizzato gli ultimi anni.1
1 Cfr. l'approfondimento di M. Ruta, Svalutazioni non-competitive: il ruolo delle catene
produttive globali, pubblicato nel capitolo 1.
In un clima di crescente
incertezza, rallenta la
crescita dell’economia
mondiale.
Il calo dei prezzi delle
materie prime ha colpito
duramente i paesi
produttori.
6 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Grafico 1 - Prezzi in dollari delle materie prime e delle esportazioni di manufatti
delle economie avanzate
Indici 2006=100
F
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
Grafico 2 - Tassi di cambio effettivi nominali
Indici 2006=100
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
50
60
70
80
90
100
110
120
130
140
150
160
170
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015(1)
2016(1)
2017(1)
Grafico 1.2 - Prezzi in dollari delle materie prime e delle esportazioni di manufatti delle economie avanzate
Indici 2006=100
Energia Alimentari e bevande Metalli Manufatti
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
(1)
Stime e previsioni.
Real
Renminbi
Euro
Yen
Rublo
Sterlina
Dollaro
40
60
80
100
120
140
160
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 gennaio
aprile
2016
Grafico 3 - Tassi di cambio effettivi nominali
Indici 2006=100
Brasile Cina
Area dell'euro Giappone
Russia
Regno Unito
Stati Uniti
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 7
Anche la crescita del commercio mondiale è stata nel 2015 molto più lenta
del previsto e nettamente inferiore a quella media del ventennio precedente
alla crisi. Secondo le principali previsioni elaborate nei mesi scorsi, il volume
degli scambi di beni e servizi dovrebbe segnare un incremento di circa il 3 per
cento nel 2016, in lieve miglioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia i
primi dati disponibili, relativi al periodo gennaio-aprile,2
mostrano che il volu-
me degli scambi di merci è rimasto invariato rispetto allo stesso periodo del
2015 e si profila quindi il rischio di un consuntivo peggiore del previsto.
Grafico 3 - Produzione e commercio mondiali
Variazioni percentuali in volume
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
Questo andamento rende evidenti le difficoltà degli scambi di tornare a
espandersi a un tasso molto superiore a quello del Pil. A partire dal 2012, in-
fatti, l’elasticità apparente del commercio mondiale rispetto alla produzione
si è assestata su un livello nettamente inferiore a quelli prevalenti nei decen-
ni precedenti. I motivi di questo rallentamento non sono soltanto congiun-
turali, ma potrebbero essere legati a fenomeni strutturali, quali ad esempio
il diverso ruolo esercitato dalle reti produttive internazionali. Dopo una fase
di grande sviluppo, la frammentazione internazionale della produzione po-
trebbe aver ridotto il suo impulso espansivo sugli scambi, una volta raggiun-
ta una configurazione di maggiore equilibrio nella divisione internazionale
delle diverse fasi dei processi produttivi. In Cina, ad esempio, diversi segnali
fanno intravedere un accorciamento delle catene del valore, con la progres-
siva sostituzione di beni intermedi importati con produzione nazionale.
A fronte del lieve aumento dei volumi, il valore in dollari delle esportazioni
di beni e servizi si è attestato sul livello più basso dal 2011, con diminuzioni
in tutti i comparti, ma soprattutto in quelli che producono materie prime e
beni intermedi. Ciò si è tradotto in un forte aumento del peso relativo dei
manufatti, diffuso in quasi tutti i settori, inclusi i beni di consumo tradizionali
per la persona e per la casa.
2 Cfr. CPB, World Trade Monitor (including April 2016), Netherlands Bureau for Economic
Policy Analysis, 2016.
0
1
2
3
4
5
6
7
8
1990-1999 2000-2005 2006-2011 2012 2013 2014 2015(1)
2016(1)
2017(1)
Grafico 1.4 - Produzione e commercio mondiali
Variazioni percentuali in volume
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
n Prodotto interno lordo (ai tassi di cambio di mercato) n Scambi di merci e servizi
(1)
Stime e previsioni
La crescita del commercio
internazionale rimane
lenta.
8 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Grafico 4 - Esportazioni di merci per area geografica nel 2015
Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente
Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc
Grafico 5 - Importazioni di merci per area geografica nel 2015
Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente
Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
15
Europa Comunità degli
stati
indipendenti
Africa Asia Medio Oriente America
settentrionale
America centro
meridionale
Grafico 4 - Esportazioni di merci per area geografica nel 2015
Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente
Valori in dollari Volumi
Media mondiale dei valori in dollari Media mondiale dei volumi
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
5
10
Europa Comunità
degli stati
indipendenti
Africa Asia Medio
Oriente
America
settentrionale
America
centro
meridionale
Grafico 5 - Importazioni di merci per area geografica nel 2015
Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente
Valori in dollari Volumi
Media mondiale dei valori in dollari Media mondiale dei volumi
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 9
Considerando il volume delle importazioni di merci, nel 2015, per la prima
volta dopo molto tempo, i mercati più dinamici sono state le aree avanzate
(Nordamerica e Unione Europea), dato il rallentamento o la flessione di quelle
emergenti e in via di sviluppo. La graduatoria dei principali paesi esportatori
evidenzia un aumento della concentrazione: la quota complessiva dei primi
venti è passata dal 70,7 per cento del valore delle esportazioni mondiali nel
2014 al 73 per cento nel 2015, con la Cina che ha consolidato il proprio primato.
Gli scambi mondiali di servizi sono diminuiti in misura inferiore a quelli di
merci e il loro peso sul commercio mondiale ha raggiunto un massimo stori-
co. La composizione settoriale è tuttavia cambiata nettamente, con un forte
ridimensionamento del settore dei trasporti, a cui ha corrisposto un aumen-
to di quello dei servizi informatici, di telecomunicazione e di informazione e
degli altri servizi alle imprese. La diffusione delle tecnologie digitali nel com-
mercio è aumentata, ma resta molto diversa tra i paesi.3
Rovesciando la tendenza degli ultimi anni, nel 2015 i flussi in entrata degli
investimenti diretti esteri (Ide) a livello mondiale hanno registrato un netto
incremento, raggiungendo il livello massimo dopo la crisi economica e finan-
ziaria del 2008. Tale crescita si deve principalmente al forte aumento delle
operazioni internazionali relative a fusioni e acquisizioni nelle economie svi-
luppate. Gli Stati Uniti sono stati il paese che ha maggiormente attratto flussi
di Ide a livello mondiale. I nuovi progetti greenfield si sono orientati in misura
maggiore verso il Nord America, l’India, l’Indonesia e altri paesi asiatici, men-
tre sono scese le quote della Russia e della Cina.
Grafico 6 - Investimenti diretti esteri in entrata
Flussi, valori in miliardi di dollari
Fonte: elaborazioni Ice su dati Unctad
3 Si veda il riquadro di M. Saladini, Economia digitale e commercio estero, nel capitolo
1, che mette in evidenza come l’uso di Internet e dei software sviluppati per operare
nel suo ambito stia cambiando il modo di condurre le transazioni commerciali. Non
si tratta solo di un nuovo canale che si affianca ad altri già esistenti, ma di un’intera
generazione di tecnologie e specializzazioni professionali grazie alle quali venditori
e acquirenti, anche di paesi diversi, ampliano in modo notevole le proprie capacità
di individuazione e conoscenza reciproca, gestiscono ogni transazione in tutti i suoi
aspetti, relazionale, finanziario, amministrativo e logistico, e valutano e/o comunicano
a terzi i suoi risultati nonché dati di vario genere circa l’interazione con la controparte.
Aumenta il peso degli
scambi di servizi.
Gli investimenti
internazionali sono
cresciuti, sospinti da
fusioni e acquisizioni nei
paesi sviluppati.
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1.600
1.800
2.000
2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Grafico 1.10 - Investimenti diretti esteri in entrata
Flussi, valori in miliardi di dollari
Ide in entrata Paesi sviluppati Paesi in via di sviluppo Paesi in transizione
Fonte: elaborazioni Ice su dati Unctad
10 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Lo sviluppo delle varie forme di produzione internazionale ha effetti rilevanti
anche sulla distribuzione degli scambi. Non è più possibile valutare corretta-
mente la posizione competitiva delle economie nazionali, senza tener conto
di questa interdipendenza. Ad esempio, se si considera anche la produzione
delle controllate estere delle multinazionali, i principali paesi avanzati (esclu-
se Germania e Italia) hanno una quota di mercato mondiale sensibilmente
più elevata della loro quota di esportazioni.4
A complicare il panorama dell’economia mondiale e soprattutto europea
si sono aggiunte anche questioni geopolitiche. In primo luogo la già citata
Brexit, cioè il voto per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, le cui
conseguenze danneggiano in primo luogo l’economia britannica, ma anche
la domanda internazionale di beni e servizi, compreso il turismo. In secondo
luogo, il forte aumento della pressione migratoria verso l’Europa da parte dei
rifugiati provenienti dai paesi in conflitto e dall’Africa, e soprattutto l’incapa-
cità di gestire tale crisi, che mina le radici stesse della costruzione europea,
come si vede dal rifiuto di alcuni paesi di condividere lo sforzo di solidarietà
e soprattutto dalla crescita dei movimenti nazionalisti. Infine, pesano anche
le divisioni fra i paesi europei sull’accordo con la Turchia per gestire la que-
stione dei rifugiati, nonché diverse importanti scadenze elettorali. Restano
rilevanti le conseguenze economiche e commerciali negative della crisi tra
Russia e Ucraina, mentre i colpi del terrorismo continuano a mietere vittime
innocenti e a minacciare i processi di integrazione internazionale.5
D’altro
canto, nuove opportunità di sviluppo si aprono nei rapporti con l’Iran, dopo
l’accordo sulla questione nucleare,6
e in quelli tra Cuba e Stati Uniti, dopo la
fine dell’embargo.7
A fronte di una congiuntura internazionale gravata da tutti questi elementi di
incertezza, continua a essere elevata l’attenzione sulle politiche volte a favo-
rire gli scambi e gli investimenti internazionali. Si stima che le reti produttive
internazionali in cui si è riorganizzata l’attività economica globale contribu-
iscano ormai all’80 per cento delle esportazioni mondiali, ma il loro funzio-
namento è potenzialmente soggetto ai problemi creati dal protezionismo.
La frammentazione dei processi produttivi e la localizzazione delle funzioni
aziendali in paesi diversi implicano che i beni si trovano a effettuare vari pas-
saggi doganali, per cui gli effetti delle barriere commerciali, tariffarie e non,
risultano amplificati.
Nel 2014 è ripresa la tendenza discendente dei dazi effettivamente applica-
ti, grazie soprattutto alla diminuzione delle tariffe sui beni di consumo, ma
permangono forti differenze per gruppi di prodotti e per paesi. Il livello delle
tariffe è in media più elevato nei paesi emergenti. Resta inoltre la preoccu-
pazione circa gli effetti delle barriere non tariffarie sugli scambi di merci,
per via della loro scarsa trasparenza e del fatto che – pur essendo spesso
imposte come temporanee – di frequente non vengono eliminate alla sca-
4 Cfr. l’approfondimento di S. Federico, Misurare la competitività in presenza di imprese
multinazionali, pubblicato nel capitolo 1.
5 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Le sanzioni contro la Russia e le esportazioni italiane, nel
capitolo 3.
6 Cfr. l’approfondimento di A. Goldstein, L’Iran dopo le sanzioni – reintegro nell’economia
globale, impatto sul benessere e prospettive per l’Italia, pubblicato nel capitolo 3.
7 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Il disgelo tra Cuba e Stati Uniti, nel capitolo 1.
Le barriere agli scambi
e agli investimenti esteri,
benché in diminuzione,
ostacolano il
funzionamento delle reti
produttive internazionali.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 11
denza. In questo quadro si inserisce la controversia sul riconoscimento del
market economy status (Mes) alla Cina.8
Benché i dazi anti-dumping applicati
finora dall’Unione Europea sui prodotti cinesi coprano un numero limitato
di prodotti, la concessione immediata del Mes alla Cina potrebbe mettere a
rischio molti posti di lavoro. Sarebbe necessario un coordinamento tra Unio-
ne Europea, Stati Uniti e Giappone per un accordo con la Cina che rinvii la
concessione del Mes, cercando di conciliare due esigenze contrapposte: da
un lato salvaguardare le industrie colpite dal dumping e dalle sovvenzioni
cinesi e dall’altro assicurare ai consumatori e alle imprese europee l’accesso
a beni e input produttivi a basso prezzo.
Come i beni intermedi, anche molti servizi (professionali, finanziari, di comu-
nicazione e di trasporto) rappresentano un input produttivo che può essere
fornito da imprese localizzate in vari paesi, organizzate in reti produttive. I
servizi intermedi contribuiscono al valore aggiunto delle esportazioni di mer-
ci per il 30 per cento circa, per cui facilitare la loro acquisizione all’estero può
contribuire a incrementare la produttività delle imprese e la loro competitivi-
tà, con ampie ricadute potenziali sulla crescita.
Le limitazioni agli scambi internazionali di servizi, a differenza di quelle per le
merci, derivano principalmente da regolamentazioni e procedure interne ai
singoli paesi. Come per le barriere tariffarie, alcuni paesi emergenti mostra-
no un grado di restrizione molto più elevato rispetto all’Unione Europea e ad
altri paesi dell’area Ocse.
Infine, in molti paesi permangono ostacoli di vario genere, anche di tipo nor-
mativo, che possono disincentivare l’insediamento da parte delle imprese
estere. Tuttavia, le misure adottate recentemente nei confronti degli Ide ten-
dono spesso alla loro liberalizzazione, essendo riconosciuto il loro ruolo nel-
le reti produttive internazionali e il fatto che la presenza di Ide comporta, di
norma, importanti spillovers positivi in termini di maggiore produttività, oc-
cupazione e trasferimento di conoscenza. Il grado di apertura è decisamente
maggiore nel comparto secondario ed è molto più elevato nell’UE rispetto ad
altri paesi Ocse e, ancor più, ai paesi non-Ocse.
Per quel che riguarda gli accordi commerciali, la speranza di rilanciare i ne-
goziati multilaterali in occasione della decima conferenza ministeriale di Nai-
robi dell’Omc (15-19 dicembre 2015) non si è concretizzata. I risultati emer-
si dalla conferenza sembrano sancire la conclusione implicita del round di
Doha, pur essendo state assunte alcune rilevanti decisioni sul tema dell’agri-
coltura (in particolare la regolamentazione dei sussidi) e su alcune questioni
di interesse dei paesi meno avanzati. Dalla dichiarazione finale di Nairobi
non è tuttavia emersa un’indicazione chiara su quale sia la via da seguire, an-
che se viene messa in evidenza l’adozione del Trade Facilitation Agreement
(Tfa), il primo accordo multilaterale dalla nascita dell’Omc, che contiene una
serie di misure volte ad agevolare la circolazione transfrontaliera delle merci,
a snellire le procedure doganali, a eliminare gli oneri burocratici esistenti – in
misura minore o maggiore – in tutti i paesi.9
Il diverso approccio proposto
a Nairobi sembra riferirsi all’inclusione di alcuni temi negoziali (quali gli in-
vestimenti, la proprietà intellettuale, il commercio elettronico, le regolamen-
8 Cfr. l’approfondimento di F. Onida, La controversia sulla concessione alla Cina dello sta-
tus di economia di mercato, pubblicato nel capitolo 1.
9 Cfr. il riquadro di C. Castelli, Le misure per la facilitazione degli scambi internazionali,
nel capitolo 1.
I negoziati commerciali
multilaterali hanno fatto
progressi...
12 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
tazioni interne) in accordi di tipo plurilaterale, con la partecipazione dei soli
paesi membri interessati.
Uno dei principali risultati scaturiti da Nairobi è stata proprio la conclusione
dell’accordo plurilaterale sulle tecnologie dell’informazione (Information Te-
chnology Agreement, Ita II), che prevede l’eliminazione dei dazi doganali su
201 prodotti. Sono poi in corso le trattative per liberalizzare il commercio di
beni nel settore ambientale (Environmental Goods Agreement, Ega) e hanno
subito un’accelerazione anche i negoziati plurilaterali riguardanti la liberaliz-
zazione degli scambi di servizi (Trade in Services Agreement, Tisa) a cui parte-
cipano 50 paesi che rappresentano circa il 70 per cento degli scambi mondiali
di servizi. L’intento è quello di andare oltre quanto disposto dall’accordo mul-
tilaterale in vigore (General Agreement on Trade in Services, Gats), prendendo
come riferimento i contenuti degli accordi preferenziali più ambiziosi.
Nel 2015 sono ancora aumentati gli accordi commerciali preferenziali a livello
bilaterale e regionale (con 13 nuovi accordi entrati in vigore nel 2015 e uno
nella prima metà del 2016) e si è avuto un forte protagonismo dei paesi dell’a-
rea asiatica e in particolare di Corea del Sud e Cina. Tuttavia, a partire dal
2009, si nota un deciso rallentamento nella conclusione di nuovi accordi, che
può essere, almeno in parte, attribuito alla complessità dei negoziati “di nuova
generazione”, estesi a temi come la liberalizzazione degli investimenti, i diritti
di proprietà intellettuale, la concorrenza, gli appalti pubblici. Tendenze analo-
ghe si notano nella dinamica degli accordi bilaterali sugli investimenti interna-
zionali, che ha perso slancio, dopo la grande espansione degli anni novanta.
Grafico 7 - Accordi commerciali preferenziali attivi, notificati all’Omc, per anno di en-
trata in vigore e cumulati (1)
Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc
Il grado di regionalizzazione degli scambi mondiali, dopo essere fortemente
diminuito nel corso degli anni duemila, riflettendo il prevalere dei processi
di globalizzazione, è tornato ad aumentare nel biennio 2013-14, quando ha
perso intensità lo sviluppo della rete di relazioni commerciali extra-regionali
della Cina.10
10 Cfr. l’approfondimento di C. Castelli, Accordi commerciali preferenziali e regionalizza-
zione degli scambi, pubblicato nel capitolo 1.
...ma continuano
le iniziative di
liberalizzazione
preferenziale.
0
50
100
150
200
250
300
350
0
4
7
11
14
18
21
25
Grafico 1.23 - Accordi commerciali preferenziali attivi, notificati all'Omc, per anno di entrata in vigore e cumulati (1)
Merci e servizi (asse sn) Solo merci (asse sn) Cumulato
(1)
Dati aggiornati a giugno 2016, incluse accessioni
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 13
Due importanti iniziative trans-regionali di politica commerciale hanno fatto
passi avanti nel 2015: da un lato si è conclusa la trattativa sulla Trans-Pacific
Partnership (Tpp) e dall’altro sono avanzati i negoziati per la Transatlantic
Trade and Investment Partnership (Ttip) tra Stati Uniti e Unione Europea.
L’UE inoltre persegue un programma ambizioso, esplicitato nella strategia
Trade for all, volto a rafforzare i propri legami anche con l’America centrale
e meridionale, a intensificare la politica europea di vicinato e a ridefinire i
rapporti commerciali con Russia e Turchia.
2. L’Italia: quadro aggregato
La lunga e profonda recessione che ha colpito l’economia italiana si è con-
clusa nel 2015, lasciando il passo a una fase di ripresa debole e incerta, che
tuttavia si avvale del ritrovato sostegno della domanda interna, premessa
indispensabile per il suo possibile consolidamento. Le previsioni macroeco-
nomiche di consenso indicano una lieve accelerazione della crescita del Pil
nel 2016, che dovrebbe consentire di ridurre il divario negativo rispetto all’A-
rea dell’euro.
Si tratta tuttavia di stime elaborate prima dello shock generato dal referen-
dum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, le cui ripercussioni,
seppure ancora difficili da valutare nel quadro di grande incertezza sugli esiti
effettivi della decisione inglese, che si espleteranno nell'arco di alcuni anni,
possono essere negative anche nel breve periodo.11
La ripresa della domanda interna si è tradotta nel 2015 in una forte accele-
razione delle importazioni di beni e servizi (+6 per cento), in particolare nelle
componenti dei prodotti energetici, degli input intermedi e dei beni d’inve-
stimento. Tuttavia, il surplus corrente di bilancia dei pagamenti si è ulterior-
mente ampliato, raggiungendo il 2,2 per cento del Pil, avvantaggiandosi del
forte calo dei prezzi delle materie prime importate. Vi ha contribuito anche
l’accelerazione delle esportazioni che, favorite dal deprezzamento dell’euro,
sono aumentate del 4,3 per cento nel 2015, nettamente al di sopra della
domanda mondiale, pur continuando a crescere meno della media dell’Area
dell’euro.
Complessivamente, il grado di apertura internazionale dell’economia italiana
è ulteriormente aumentato nel 2015, ma è rimasto inferiore a quello degli
altri paesi europei di dimensioni comparabili, in particolare per quanto ri-
guarda la penetrazione delle importazioni.
11 Una valutazione preliminare, disaggregata per settori e regioni, dell’esposizione dell’e-
conomia italiana alle conseguenze della Brexit è contenuta nel contributo di A. Gold-
stein e L. Incipini, Brexit e commercio estero dell'Italia – qualche indicazione sull’esposizio-
ne di regioni e settori, pubblicato nel capitolo 5.
L’economia italiana è in
ripresa, ma le prospettive
si stanno oscurando.
14 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Grafico 8 - Saldo di conto corrente e posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia (1)
In percentuale del prodotto interno lordo
(1)
La revisione dei dati sulla posizione patrimoniale sull’estero da parte della Banca d’Italia ha riguardato
il periodo 2009-2015.
Fonte: elaborazioni Ice su dati Banca d’Italia e Istat
I dati disponibili per il primo trimestre 2016, pur confermando la tendenza
all’aumento del surplus corrente, mostrano un rallentamento degli scambi: il
tasso di crescita tendenziale delle importazioni di beni e servizi è sceso all’1,2
per cento, appena al di sopra di quello del Pil (1 per cento). Le esportazioni
hanno fatto registrare una lieve flessione (0,4 per cento).
Segnali solo in parte simili si traggono dai dati doganali sugli scambi di merci,
disponibili per il periodo gennaio-aprile 2016. La dinamica delle importazioni
in volume appare ancora relativamente sostenuta (+3,8 per cento) rispetto ai
primi quattro mesi del 2015. Le esportazioni sono rimaste sostanzialmente
stabili (+0,2 per cento), mentre si stima che quelle dell’Area dell’euro siano
cresciute in media dell’1,2 per cento.12
Viste in una prospettiva più lunga, le quote di mercato delle esportazioni
italiane, che erano tendenzialmente diminuite nel ventennio tra il 1990 e il
2010, si sono stabilizzate negli ultimi anni, risentendo solo marginalmente
delle oscillazioni del cambio reale dell’euro. In realtà l’aumento delle espor-
tazioni italiane di beni in volume è stato superiore alla domanda potenziale
nei singoli mercati di sbocco,13
ma la loro crescita aggregata è stata frenata
dal fatto che esse sono ancora relativamente concentrate verso aree meno
dinamiche della media.
12 Cfr. CPB, World Trade Monitor (including April 2016), cit..
13 Cfr. Banca d’Italia, Relazione annuale – anno 2015, 2016, p. 103.
-32
-24
-16
-8
0
8
16
24
-4
-3
-2
-1
0
1
2
3
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Grafico 2.5 - Saldo di conto corrente e posizione patrimoniale sull'estero dell'Italia
In percentuale del prodotto interno lordo
Saldo di conto corrente (scala sinistra)
Posizione patrimoniale sull'estero: nuova serie (scala destra)
Posizione patrimoniale sull'estero (scala destra)
Le quote di mercato delle
esportazioni italiane
si sono stabilizzate,
favorite dal mutamento
di composizione della
domanda mondiale.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 15
Grafico 9 - Competitività e quote di mercato delle esportazioni
italiane di merci
Quote in percentuale e indici
Fonte: elaborazioni Ice su dati Banca d’Italia e Omc
Valutata a prezzi correnti, la quota italiana sulle esportazioni mondiali si è
assestata intorno al 2,8 per cento nell’ultimo triennio. Un esercizio di decom-
posizione statistica presentato in questo Rapporto14
mostra che, in media, le
quote italiane nei singoli mercati dei singoli prodotti sono diminuite, soprat-
tutto nel 2015, riflettendo anche l’impatto nominale negativo del deprezza-
mento dell’euro. Tuttavia, la quota aggregata è stata sostenuta dai cambia-
menti nella composizione merceologica della domanda mondiale: il calo dei
prezzi delle materie prime ha penalizzato tutti i paesi che le producono, av-
vantaggiando quelli, come l’Italia, specializzati nei manufatti. In particolare,
la quota italiana è stata favorita dalla relativa vivacità della domanda di beni
di consumo per la persona e per la casa, che negli ultimi anni, invertendo
una lunga tendenza negativa, hanno accresciuto il loro peso sul commercio
mondiale, grazie all’espansione dei ceti medi nei paesi emergenti. Restano
peraltro ampie le opportunità non ancora sfruttate dalle imprese italiane in
questi mercati.15
Considerazioni analoghe valgono se si restringe l’analisi alla quota dell’Italia
sulle esportazioni di merci dell’Area dell’euro, che ha mostrato segni di lieve
ripresa nell’ultimo quinquennio, attestandosi al 10,6 per cento nel 2015.
Il deprezzamento di una moneta può consentire alle imprese di applicare
sui mercati esteri prezzi in valuta nazionale superiori a quelli proposti sul
mercato interno, senza subire perdite di competitività. Ciò è accaduto an-
che con l’euro nel 2015: i prezzi dei prodotti industriali italiani sono rimasti
praticamente invariati nei mercati interni, ma sono aumentati dello 0,8 per
14 Cfr. l’approfondimento di G. Giangaspero e M. Repole, Le quote di mercato dei principali
paesi europei: un’analisi constant-market-shares, pubblicato nel capitolo 2.
15 Cfr. l’approfondimento di D. Langiu e G. Marciante, Nuovi spazi per le esportazioni ita-
liane? La crescente domanda di beni di consumo nei mercati emergenti, pubblicato nel
capitolo 3.
90
92
94
96
98
100
102
104
2,0
2,2
2,4
2,6
2,8
3,0
3,2
3,4
3,6
3,8
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Grafico 2.8 - Competitività e quote di mercato delle esportazioni italiane di merci
Quote in percentuale e indici
Quota a prezzi costanti (base 2010, scala sinistra)
Quota a prezzi correnti (scala sinistra)
Competitività (reciproco dell'indicatore di competitività basato sui prezzi alla produzione dei manufatti,
1999=100, scala destra). Variazioni positive indicano aumenti della competitività e viceversa.
16 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Grafico 10 - Quote di mercato delle esportazioni italiane e dinamica della domanda mondiale per settori
La dimensione della bolla rappresenta il peso del settore sulle esportazioni mondiali nel periodo 2010-15.
Bolle verdi (grigie) indicano settori in cui la quota di mercato dell’Italia è cresciuta (diminuita) tra il 2010 e il 2015.
Le linee tratteggiate rappresentano le variabili indicate nei due assi per il totale dei settori.
Fonte: elaborazioni Ice su dati di Istituti nazionali di statistica
cento nelle esportazioni al di fuori dell’Area dell’euro, con un lieve recupero
nei margini relativi di profitto. Peraltro queste strategie di discriminazione
di prezzo tra i mercati appaiono più prudenti che in altri paesi (Francia, Ger-
mania, Spagna), dove il divario tra i prezzi praticati all’esterno e all’interno
dell’Eurozona ha oscillato tra i due e i quattro punti percentuali.
I cambiamenti nella divisione internazionale del lavoro, con la frammentazio-
ne dei processi produttivi in reti di imprese collocate in paesi diversi e specia-
lizzate per funzioni aziendali all’interno delle catene del valore, impongono
l’uso di metriche diverse per valutare le posizioni competitive delle industrie
nazionali. La crescente partecipazione delle imprese alle reti produttive in-
ternazionali ha abbassato in tutti i paesi il contenuto di valore aggiunto inter-
no delle esportazioni, allentando il legame tra la loro dinamica e la crescita
del Pil. In Italia questo indicatore, pur essendo diminuito notevolmente a
partire dalla seconda metà degli anni novanta, è rimasto comunque più ele-
vato che negli altri principali paesi europei e superiore alla media mondia-
le, rivelando anche in questa prospettiva un ritardo di apertura del sistema
economico. Il migliore andamento delle esportazioni della Germania rispetto
a quelle dell’Italia si deve in qualche misura anche alla più profonda integra-
zione delle imprese tedesche nelle reti produttive internazionali. Al netto di
questo effetto, la perdita di quota relativa delle esportazioni italiane appare
più contenuta, se misurata in termini di valore aggiunto interno, invece che
di valore lordo.16
16 Cfr. l’approfondimento di A. Felettigh e G. Oddo, Quote di mercato sul valore aggiunto e
catene globali del valore, pubblicato nel capitolo 2.
Macchinari ed apparecchi n.c.a.
1,5
Prodotti in legno,carta e
Prodotti dell'industria
-9
-7
-5
-3
-1
1
3
5
7
-1 1 3 5 7 9 11
Coke e prodotti
petroliferi
raffinati
Metalli di base
e prodotti in metallo
Prodotti farmaceutici
Prodotti alimentari, bevande e tabacco
stampa
estrattiva
Quote di mercato dell'Italia sulle esportazioni mondiali
(media 2010-2015)
Variazionemediaannuadelleesportazionimondialiindollari
correntitrail2010eil2015
Prodotti tessili e articoli
d'abbigliamento Articoli in pelle
Sostanze e
prod. chimici
Autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi Apparecchi
elettrici
Altri mezzi di trasporto
Mobili
3,0
Articoli
in gomma
e materie
plastiche
Prodotti dell'agricoltura,
silvicoltura e pesca
Computer, apparecchi
elettronici e ottici
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 17
3. Aree e principali paesi
L’aumento del surplus commerciale realizzato dall’Italia nel 2015 è il frutto
di variazioni molto diverse con le principali aree. Il saldo positivo con il Nor-
damerica è passato da 18 a 24 miliardi di euro, sospinto dalla forte crescita
(21 per cento) delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Sono migliorati con-
siderevolmente anche i saldi con il Medio Oriente, l’Africa settentrionale e
l’Asia centrale, grazie al calo dei prezzi delle importazioni di materie prime
energetiche. Per contro, si è ampliato il disavanzo con l’Asia orientale, e in
particolare quello con la Cina, passato da 15 a 18 miliardi circa, come risulta-
to dell’inattesa gelata delle esportazioni (-0,7 per cento). È inoltre sceso da 15
a 11,5 miliardi il surplus con l’Unione Europea, come risultato di andamenti
negativi in diversi paesi, tra cui Germania, Irlanda e Polonia, che hanno più
che compensato i miglioramenti dei saldi con altri partner, tra cui il Regno
Unito e la Spagna.
Nei primi quattro mesi del 2016 sono emerse tendenze parzialmente diver-
se. Il surplus con l’Unione Europea è tornato ad aumentare, sospinto da una
crescita delle esportazioni superiore a quella delle importazioni, in partico-
lare in Francia e in Spagna. Le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno subito
un netto rallentamento, ma il surplus dell’Italia ha continuato ad ampliarsi
per il contestuale calo delle importazioni. Il disavanzo con la Cina è rimasto
pressoché invariato, a seguito di una netta flessione di entrambi i flussi di in-
terscambio. Il surplus con i paesi produttori di petrolio si è ulteriormente ac-
cresciuto, continuando a riflettere l’andamento favorevole dei prezzi relativi.
Nell’ultimo biennio le esportazioni italiane verso la Russia sono state penaliz-
zate principalmente dagli effetti della grave recessione che ha colpito il pae-
se, in conseguenza del calo dei prezzi delle materie prime. Le sanzioni adot-
tate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea in risposta alla crisi ucraina e le
ritorsioni russe hanno aggravato la situazione, non soltanto per i loro effetti
sulle vendite dei prodotti direttamente coinvolti, ma anche per l’impatto sul-
la percezione del rischio-paese e sul finanziamento del commercio estero.17
Un altro caso in cui le relazioni commerciali bilaterali sono fortemente con-
dizionate da quelle politiche è l’Iran, il cui mercato ha un grande potenziale
di crescita, che potrebbe essere attivato dalla fine delle sanzioni e, in futu-
ro, da un’eventuale adesione all’Omc. Le difficoltà che si frappongono sono
ancora molte, legate al complicato intreccio tra tensioni politiche interne e
internazionali. Tuttavia, le opportunità che potrebbero aprirsi per le imprese
italiane sono ampie, anche in considerazione degli intensi rapporti commer-
ciali esistenti in passato.18
L’orientamento geografico delle esportazioni italiane può essere rappresen-
tato sinteticamente con la mappa delle loro quote nei diversi mercati. Ne
emerge in primo luogo il ruolo della distanza geografica, che sottintende la
diversa incidenza dei costi di trasporto sull’intensità degli scambi bilaterali.
In generale, le quote delle esportazioni italiane sono più elevate della media
nell’Unione Europea, dove gioca favorevolmente anche l’assenza di barriere
doganali, ma raggiungono livelli ancora più elevati in altri mercati mediter-
17 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Le sanzioni contro la Russia e le esportazioni italiane, cit..
18 Cfr. l’approfondimento di A. Goldstein, L’Iran dopo le sanzioni – reintegro nell’economia
globale, impatto sul benessere e prospettive per l’Italia, cit..
I saldi commerciali
dell’Italia sono migliorati
con il Nordamerica e
i paesi produttori di
materie prime, sono
peggiorati con l’Asia
orientale e l’Unione
Europea.
18 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
ranei (Balcani e Nordafrica), nei quali – a parità di prossimità geografica – la
posizione dominante dell’Italia è favorita da fattori diversi, tra cui il ritardo
con cui alcuni di questi paesi si stanno inserendo nel sistema multilaterale
degli scambi. Si nota infine che in alcuni casi (Argentina, Australia, Brasile) la
grande distanza geografica è parzialmente compensata dalla forza dei lega-
mi culturali e produttivi generati dalla presenza di grandi comunità di origine
italiana.
Grafico 11 - Quote di mercato delle esportazioni italiane per paesi
Quote percentuali 2015
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of
Customs
Negli ultimi anni, come è stato già rilevato, le quote di mercato delle espor-
tazioni italiane hanno manifestato segni di ripresa, dopo un lungo periodo di
declino. Considerando il quinquennio 2010-15, i principali mercati possono
essere suddivisi in tre gruppi. Nel primo, che include gli Stati Uniti, il Giap-
pone e altri paesi asiatici, le esportazioni italiane hanno guadagnato quota
sia rispetto a quelle mondiali che all’Area dell’euro. Nel secondo compaiono
mercati, come la Germania e la Russia, dove le quote italiane, pur essendo-
si ridotte rispetto alle esportazioni mondiali, sono aumentate nei confronti
dell’Area dell’euro. Infine il terzo gruppo include i mercati critici, tra cui la
Cina, la Francia e il Regno Unito, nei quali le esportazioni italiane hanno per-
so terreno in entrambe le direzioni di confronto.
Le partecipazioni produttive all’estero delle imprese italiane sono diminuite
negli ultimi anni, sia in termini di addetti che di fatturato delle imprese par-
tecipate. Il peso dell’Unione Europea come area di destinazione si è progres-
sivamente ridimensionato, lasciando spazio a una maggiore diversificazione
verso il Nordamerica e l’Asia.
Pur rimanendo assai inferiore a quella dei maggiori paesi europei, è invece
leggermente aumentata la presenza delle multinazionali straniere in Italia.
Anche in questo caso, nell’ultimo quinquennio, la quota delle partecipazioni
in Italia di imprese dell’Unione Europea è diminuita, a vantaggio soprattutto
Legenda
oltre 8,0%
da 3,9% a 8,0%
da 1,9% a 3,8%
fino a 1,8%
n.d.
Quota media: 2,8%
I mercati di maggiore
successo delle
esportazioni italiane
sono stati gli Stati Uniti,
il Giappone e altri paesi
asiatici.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 19
del Medio Oriente e dell’Asia orientale, in cui si trovano alcuni dei Fondi so-
vrani più attivi nelle operazioni di acquisizione internazionale.
Grafico 12 - Quote italiane: andamento rispetto alle esportazioni del
mondo e dell’Area dell’euro (periodo 2010-15)
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots, Eurostat e Istituti nazionali di statistica.
4. I settori
L’ulteriore incremento registrato dal surplus commerciale dell’Italia nel 2015
è il risultato della forte riduzione del disavanzo dell’industria estrattiva, do-
vuta al calo del valore delle importazioni di petrolio e di altre materie prime.
Il saldo attivo dell’industria manifatturiera, per la prima volta dopo quattro
anni di aumento progressivo, è diminuito, passando da 99 a 94 miliardi. La
crescita delle importazioni (6,9 per cento), attivata dalla ripresa produttiva,
ha sopravanzato nettamente quella delle esportazioni (3,7 per cento). Il diva-
rio si è manifestato in quasi tutti i principali settori, con le eccezioni dei deri-
vati del petrolio, dell’industria alimentare e – in misura minore – del sistema
dei prodotti per l’arredamento.
Anche la dinamica degli scambi nel terziario sembra riflettere i segni dell’av-
vio della ripresa: il disavanzo è aumentato in quasi tutti i settori dei servizi
intermedi (trasporti, servizi finanziari, servizi informatici, di informazione e di
telecomunicazione, altri servizi alle imprese). Viceversa, si è ampliato il saldo
attivo dei viaggi all’estero.
I primi mesi del 2016 (gennaio-aprile) sono stati ancora caratterizzati da una
contrazione del disavanzo energetico, ma il surplus manifatturiero ha subito
un’ulteriore flessione, a cui ha contribuito principalmente il comparto dei
mezzi di trasporto, in cui le esportazioni di autoveicoli hanno nettamente
rallentato.
Peraltro negli ultimi anni è stato proprio il comparto degli autoveicoli (inclusa
Russia
Francia
Regno Unito
Spagna
Svizzera
Belgio
Stati Uniti
Polonia
Cina
Turchia
Austria
Romania
Emirati Arabi Uniti
Germania
Paesi Bassi
Hong Kong
Giappone
Arabia Saudita
Repubblica Ceca
Corea del Sud
-2
0
-4
2
4
6
-1,2 -0,7 -0,2 0,3 0,8 1,3
Grafico 3.3 - Quote italiane: andamento rispetto alle esportazioni del mondo e dell'Area dell'euro (periodo 2010-15)
La dimensione della bolla rappresenta la dimensione del mercato nel 2015, calcolata come quota del paese
sulle importazioni mondiali.
Variazioniassolutedellaquoteitalianesulleesportazioni
dell'Areadell'euro2010-2015
Variazioni assolute delle quote italiane sulle
esportazioni mondiali 2010-2015
La ripresa economica
ha fatto crescere le
importazioni, riducendo il
surplus manifatturiero.
20 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
la produzione di componenti) a trainare la crescita delle esportazioni e della
produzione manifatturiera in Italia. Dopo aver subito in misura particolar-
mente forte l’impatto della crisi globale, il settore si è giovato dei processi
di ristrutturazione e riqualificazione in corso da molti anni, reagendo alla
caduta della domanda interna con una rinnovata espansione internazionale.
Oltre alla fusione tra Fiat e Chrysler, che ha cambiato radicalmente la strut-
tura industriale del settore, si è manifestata progressivamente la capacità
competitiva dei produttori di componenti, che sono riusciti a rafforzare la
propria posizione in tutti i principali centri produttivi mondiali.19
Nei principali settori dell’industria manifatturiera il 2015 ha confermato una
tendenza già in corso da tempo a una crescita dei prezzi delle esportazioni
a tassi inferiori a quelli dei valori unitari. Sia pure con la cautela che deriva
dalla diversità dei metodi statistici usati per la costruzione degli indici, si può
ipotizzare che questo divario, particolarmente evidente nei settori di punta
del made in Italy, rifletta un processo di miglioramento qualitativo del mix
di prodotti esportati, con un aumento di peso di quelli di fascia più elevata.
Inoltre, potrebbero avervi concorso i processi di selezione competitiva delle
imprese esportatrici, che tendono a espellere dai mercati quelle meno pro-
duttive, spesso collocate su fasce di prodotto di valore unitario inferiore, o
incentivano la delocalizzazione all’estero delle attività di valore meno eleva-
to.
Grafico 13 - Prezzi alla produzione e valori medi unitari delle esportazioni per
alcuni settori del Made in Italy
Tassi di crescita medi annui 2011-2015
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
Scontando l’impatto nominale negativo del deprezzamento dell’euro, la quo-
ta dell’Italia sulle esportazioni mondiali di manufatti ha subito una flessione
nel 2015, passando dal 3,6 al 3,4 per cento. Le perdite hanno coinvolto quasi
tutti i settori, con l’eccezione degli autoveicoli e dei derivati del petrolio.
19 Cfr. l’approfondimento di A. Lanza e A. Dossena, Il commercio con l’estero del settore
automotive italiano, pubblicato nel capitolo 4.
Continua a migliorare la
composizione qualitativa
dei prodotti esportati.
-1
0
1
2
3
4
5
6
Alimentari, bevande
e tabacco
Tessile,
abbigliamento
e articoli in pelle e simili
Macchinari e
apparecchiature
Mobili Totale
attività manifatturiere
Grafico 13 - Prezzi alla produzione e valori medi unitari delle esportazioni per alcuni settori del Made in Italy
Tassi di crescita medi annui 2011-2015
n Prezzi alla produzione sul mercato interno
n Prezzi alla produzione sui mercati esteri, zona non euro
n Prezzi alla produzione sui mercati esteri, zona euro
n Valori medi unitari delle esportazioni
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 21
Tuttavia, per valutare meglio, anche a livello settoriale, la prestazione com-
petitiva delle esportazioni italiane, è opportuno adottare una prospettiva
temporale più lunga e distinguere l’andamento delle loro quote di mercato
misurate sulle esportazioni mondiali e su quelle dell’Area dell’euro. Emergo-
no anche in questo caso, con riferimento al periodo 2010-15, i tre tipi di ten-
denze già evidenziati nell’analisi per mercati. In realtà soltanto un settore, la
farmaceutica, ha recuperato posizioni sia rispetto alle esportazioni mondiali
che a quelle dell’Area dell’euro, ma ce ne sono altri (autoveicoli, meccani-
ca, chimica, alimentare e filiera della carta-stampa) il cui successo rispetto
all’Area dell’euro si accompagna a un’erosione molto lieve delle quote sulle
esportazioni mondiali. Quasi tutti gli altri settori hanno perso quote di mer-
cato in entrambe le dimensioni.
Grafico 14 - Quote dell’Italia sulle esportazioni del mondo e dell’Area
dell’euro per settori manifatturieri (1)
Variazioni assolute delle quote percentuali a prezzi correnti tra il 2010 e il 2015
(1)
Il valore a margine dell’etichetta indica il peso percentuale medio del settore sulle
esportazioni mondiali (2010-2015).
Fonte: elaborazioni Ice su dati Eurostat e istituti nazionali di statistica
Mentre, quando si considerano le esportazioni mondiali di manufatti, gli anni
duemila erano stati contrassegnati da un’ampia redistribuzione di quote da-
gli Stati Uniti e dal Giappone verso la Cina, nell’ultimo quinquennio gli Stati
Uniti hanno recuperato terreno, anche se è stata di nuovo la Cina a consegui-
re l’incremento di quota più elevato. Appare ragionevole ipotizzare, come già
accennato, che questi cambiamenti riflettano almeno in parte le conseguen-
ze degli investimenti diretti realizzati in Cina dalle multinazionali statunitensi
e giapponesi.
Uno dei settori manifatturieri messi maggiormente in difficoltà dall’avanzata
dei prodotti cinesi, anche in Italia, è la siderurgia. Per un insieme di ragioni
economiche e politiche, la Cina ha accumulato in questo settore un ingen-
te eccesso di capacità produttiva, che cerca sbocchi di mercato esercitando
una forte pressione al ribasso sui prezzi e compromettendo gli equilibri di
bilancio dei produttori europei. Ai vantaggi che ne derivano per i settori uti-
lizzatori di acciaio, in termini di costi più bassi, si associano dunque rilevanti
La farmaceutica,
gli autoveicoli, la
meccanica, la chimica,
l’industria alimentare
sono tra i settori di
maggiore successo delle
esportazioni italiane.
Prodotti alimentari, bevande e
tabacco (5,5)
Prodotti tessili, abbigliamento e
accessori (5,5)
Legno e prodotti in legno e
sughero (esclusi i mobili) (0,6)
Carta e prodotti di carta;
stampa (1,3)
Coke e prodotti petroliferi
raffinati (4,8)
Sostanze e prodotti chimici
(7,5)
Articoli farmaceutici, chimico-
medicinali e botanici (3,4)
Articoli in gomma e plastica
(2,5)
Vetro, ceramica, materiali non
metallici per l'edilizia (1,2)
Metalli di base e prodotti in
metallo (8,6)
Autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi (8)
Apparecchi elettrici (4,6)
Macchinari ed apparecchi
meccanici (8,9)
Altri mezzi di trasporto (3,4)
Prodotti delle altre industrie
manifatturiere (2,8)
-3
-2,5
-2
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1
Variazionedellaquotaitalianasulleesportazionidell'Areadell'euro
Variazione della quota italiana sulle esportazioni mondiali
Fonte: elaborazioni Ice su dati Eurostat e istituti nazionali di statistica
!"
Il valore a margine dell'etichetta indica il peso percentuale medio del settore sulle esportazioni mondiali (2010-2015).
22 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
problemi economici e sociali per la crisi del settore. L’introduzione di misure
di protezione, purché conformi al regime degli scambi in vigore, potrebbe of-
frire un sollievo temporaneo ai produttori europei, ma una soluzione soste-
nibile nel lungo periodo può essere ottenuta soltanto rafforzando i processi
di ristrutturazione e innovazione tecnologica.20
Considerando soltanto le esportazioni di manufatti dell’Area dell’euro, l’Italia
si distingue per aver mantenuto invariata la sua quota negli ultimi cinque
anni, dopo aver subito una perdita rilevante nel decennio precedente, con
punte particolarmente forti nel comparto della moda e nei mobili. Al contra-
rio, la Francia, che pure aveva perso ampiamente terreno negli anni duemila,
ha continuato a cedere quote anche tra il 2010 e il 2015. I paesi che hanno
avuto le prestazioni relativamente migliori in entrambi i periodi sono la Ger-
mania, la Slovacchia e la Spagna.
Nel settore dei servizi le quote di mercato delle esportazioni italiane hanno
subito una nuova lieve flessione nel 2015, sia in rapporto alle esportazioni
mondiali che a quelle dell’Unione Europea. La perdita è imputabile essenzial-
mente all’ampio raggruppamento degli “altri servizi commerciali”, in cui sono
classificati quasi tutti i servizi alle imprese.
Gli scambi internazionali di servizi potrebbero essere interessati, nei prossi-
mi anni, dall’esito del negoziato in corso per un nuovo accordo commerciale
plurilaterale, il Trade in Services Agreement (Tisa). L’entrata in vigore dell’ac-
cordo potrebbe creare, nel breve termine, problemi di aggiustamento ai pro-
duttori italiani di servizi, ma aprirebbe opportunità di benefici non soltanto
per i consumatori, ma anche per le imprese di tutti i settori, avvantaggiate
dall’aumento della concorrenza tra i fornitori di servizi intermedi.21
L’attività produttiva internazionale delle imprese italiane, misurata dalle loro
partecipazioni in imprese estere, ha subito una flessione nel 2015, in termini
di numero di partecipazioni, addetti e fatturato. Vi ha concorso in misura
notevole il fatto che alcune importanti multinazionali italiane siano state og-
getto di acquisizioni dall’estero, uscendo quindi dal campo di osservazione
delle statistiche sull’internazionalizzazione in uscita. In termini di addetti e
di fatturato realizzato dalle imprese partecipate, è aumentato nell’ultimo
quinquennio il peso dell’industria manifatturiera, essenzialmente nel settore
degli autoveicoli.
Anche considerando le imprese italiane a partecipazione estera, il peso
dell’industria manifatturiera è salito nell’ultimo quinquennio e i settori più di-
namici sono stati alcuni di quelli caratteristici del modello di specializzazione
dell’industria italiana, come il sistema moda e la meccanica. Sembra dunque
confermata l’ipotesi che le multinazionali straniere tendano a privilegiare
nelle loro acquisizioni imprese di punta del made in Italy, capaci di espandere
considerevolmente il proprio fatturato anche in anni di crisi.
I modelli di specializzazione commerciale dei diversi paesi non possono più
essere spiegati adeguatamente, senza tener conto anche delle varie forme
di produzione internazionale. La nuova metrica del valore aggiunto, già con-
siderata per interpretare meglio la dinamica aggregata delle esportazioni,
può essere applicata anche allo studio della loro struttura settoriale. La rap-
20 Cfr. l’approfondimento di F. Ferrari, Recenti sviluppi e prospettive per l’industria siderur-
gica europea. Come uscire dalla crisi?, pubblicato nel capitolo 4.
21 Cfr. il riquadro di P. Stanojevic, L’accordo sugli scambi di servizi (TISA): implicazioni per
l’economia italiana, nel capitolo 4.
Sono ancora diminuite
le quote italiane sulle
esportazioni di servizi.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 23
presentazione che se ne ricava per il modello italiano non è molto diversa da
quella tratta dai dati tradizionali di commercio estero: i settori di più marcata
specializzazione sono i macchinari e i prodotti in pelle. Tuttavia, l’intensità
dei vantaggi comparati appare attenuata quando è misurata sui dati in va-
lore aggiunto, perché la frammentazione internazionale della produzione
comporta, come si è visto in precedenza, un abbassamento del contenuto di
valore aggiunto interno delle esportazioni.22
5. Il territorio
Non è facile identificare con chiarezza, superando il filtro delle oscillazioni di
breve periodo, le tendenze di fondo della distribuzione regionale delle atti-
vità economiche, e in particolare delle esportazioni. Osservando l’arco degli
ultimi venti anni, si nota tuttavia una perdita di quota dell’Italia nord-occiden-
tale, che è andata prevalentemente a vantaggio del Nord-Est e del Centro,
mentre la quota del Mezzogiorno è rimasta marginale.
Grafico 15 - Esportazioni di merci delle ripartizioni territoriali italiane
Quote percentuali sul totale delle esportazioni regionali
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
In realtà, fino al 2012, la quota del Mezzogiorno era tendenzialmente salita.
Se negli anni novanta la sua ascesa rifletteva anche un processo di diffusione
della capacità di esportare nel tessuto imprenditoriale locale, nel decennio
successivo essa è stata sostenuta soltanto dalla crescita dei prezzi dei deri-
vati del petrolio, in cui sono specializzate le esportazioni siciliane e sarde.
Quando il ciclo dei prezzi si è invertito, la quota della ripartizione ha subito
un brusco arretramento. Il lieve recupero registrato nel 2015 è dovuto es-
senzialmente alle esportazioni di autoveicoli della Basilicata.
22 Cfr. l’approfondimento di L. Dell’Agostino e S. Nenci, Il modello di specializzazione della
manifattura italiana alla luce dei nuovi dati in valore aggiunto, pubblicato nel capitolo 4.
Negli ultimi venti anni, la
crescita delle esportazioni
è stata più forte nella
“Terza Italia”.
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Italia nord-occidentale Italia nord-orientale Italia centrale Mezzogiorno
Grafico 5.1 - Esportazioni di merci delle ripartizioni territoriali italiane
Quote percentuali sul totale delle esportazioni regionali
n 1995 n 2005 n 2015
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
24 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Tendenze parzialmente simili si riscontrano nei dati relativi al primo trime-
stre 2016. L’Italia nord-occidentale ha continuato a perdere quota, soprattut-
to per la caduta delle esportazioni piemontesi (-7 per cento). Ne hanno tratto
vantaggio principalmente l’Italia centrale, dove le esportazioni del Lazio e
dell’Umbria sono aumentate di oltre il 5 per cento, e il Mezzogiorno, dove la
forte crescita registrata da Abruzzo, Basilicata e Molise ha più che compen-
sato i cedimenti delle altre regioni, e in particolare delle Isole.
La distribuzione regionale degli scambi di servizi è più concentrata rispetto
a quelli di merci, perché le maggiori imprese che li realizzano sono localiz-
zate prevalentemente nei grandi centri urbani (Roma e Milano). Nel 2015,
tuttavia, gli incrementi più consistenti sono stati realizzati nel Nord-Est e nel
Mezzogiorno.
Il grado di apertura internazionale dei sistemi economici è molto variabile
tra le regioni. In generale, tende a essere più elevato in Italia settentrionale,
rispetto al Centro e soprattutto al Mezzogiorno. I divari di apertura appa-
iono in aumento: nelle regioni del Centro-Sud si osserva negli ultimi anni
una tendenziale flessione della quota di domanda interna soddisfatta dalle
importazioni e della propensione a esportare, benché nel 2015 il valore delle
esportazioni per addetto sia aumentato anche in diverse regioni meridionali.
Il ritardo del Mezzogiorno appare ancora più evidente quando si considera
l’internazionalizzazione produttiva. La sua quota sulle partecipazioni italiane
in imprese estere è molto bassa in termini numerici (4,5 per cento nel 2015)
e ancor più in termini di addetti (3 per cento) e fatturato (2,5 per cento), il che
rivela dimensioni medie delle imprese partecipate più contenute della media
nazionale e un divario negativo anche in termini di fatturato per addetto. Le
multinazionali più grandi, come fatturato all’estero, sono fortemente con-
centrate in poche regioni. Nell’ultimo quinquennio la quota del Piemonte è
progressivamente aumentata, ai danni di quelle del Lazio e della Lombardia.
Anche la capacità del Mezzogiorno di attrarre investimenti dall’estero appare
limitata. La sua quota sugli addetti nelle imprese italiane a partecipazione
estera si è attestata al 5,4 per cento nel 2015, dopo essere aumentata negli
ultimi anni, grazie soprattutto al contributo della Campania. Tra le altre re-
gioni, si nota il ridimensionamento della quota del Lazio, a vantaggio soprat-
tutto di Emilia-Romagna e Toscana. La presenza multinazionale in Italia resta
comunque fortemente concentrata nel Nord-Ovest, dove si trova oltre il 56
per cento degli addetti, e nel Lazio, per il ruolo svolto dall’area metropolitana
di Roma. In generale, in tutto il mondo le multinazionali tendono a preferire
i sistemi urbani per le loro scelte di localizzazione: i vantaggi che derivano
dalla concentrazione di risorse diversificate, tipica dei contesti metropolitani,
superano spesso i costi di congestione e consentono di ridurre le difficoltà di
accesso all’innovazione e ai mercati esteri.23
Più in generale, le regioni amministrative non sono le unità territoriali più
appropriate per analizzare i cambiamenti nella geografia del sistema eco-
nomico italiano. Le forze di concentrazione e dispersione che sottendono
le scelte localizzative delle imprese si manifestano generalmente a livelli di
disaggregazione territoriale più articolati. Le diversità dei sistemi locali con-
dizionano in modo rilevante la loro apertura internazionale. Ad esempio, i
costi di accesso ai mercati esteri sono molto differenziati tra le province ita-
23 Cfr. l’approfondimento di D. Castellani, La multinazionale va in città, pubblicato nel
capitolo 5.
Il Mezzogiorno continua
a scontare un grado di
apertura internazionale
molto basso
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 25
liane, anche all’interno delle ripartizioni territoriali, risentendo non soltanto
della distanza geografica e della dotazione infrastrutturale, ma anche del
complesso insieme di fattori culturali e sociali che, nel corso della storia dei
sistemi locali, ne hanno plasmato la distanza economica dal resto del mon-
do.24
Oltre che dal diverso grado di prossimità ai principali mercati di sbocco,
la probabilità di esportare delle imprese è influenzata da altre caratteristiche
dei sistemi locali in cui agiscono, come la qualità e l’efficienza della Pubblica
amministrazione e la dotazione di capitale umano e sociale.25
6. Le imprese
Il numero degli esportatori ha continuato a crescere nel 2015, raggiungendo
un nuovo massimo (oltre 214.000 operatori). È salito anche il valore medio
delle esportazioni per impresa, che ha sfiorato gli 1,9 milioni di euro.
Grafico 16 - Margine estensivo e intensivo delle esportazioni
Numero di operatori commerciali all’esportazione, valori medi espor-
tati in migliaia di euro
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
L’aumento del numero degli esportatori (il margine estensivo del fenomeno)
è alimentato dal basso, nella classe dimensionale più piccola, dalla compar-
sa di nuovi soggetti che si affacciano per la prima volta sui mercati esteri,
sospinti dalla necessità di trovare sbocchi alternativi rispetto alla debolez-
za della domanda interna e, più recentemente, dalle opportunità create dal
deprezzamento dell’euro. Tuttavia, molti di questi nuovi esportatori non
riescono a consolidare la propria presenza, andando oltre una comparsa
occasionale su pochi mercati. Nelle classi dimensionali maggiori continua
il processo di selezione competitiva delle imprese, anche se recentemente
24 Cfr. l’approfondimento di L. De Benedictis e A. M. Pinna, I costi del commercio interna-
zionale: il caso delle province italiane, pubblicato nel capitolo 5.
25 Cfr. l’approfondimento di P. De Matteis, F. Pietrovito e A. F. Pozzolo, La propensione
a esportare delle imprese italiane: il ruolo del contesto locale, pubblicato nel capitolo 5.
Il numero degli esportatori
e il valore medio delle loro
vendite continuano ad
aumentare.
1.400
1.500
1.600
1.700
1.800
1.900
2.000
185.000
190.000
195.000
200.000
205.000
210.000
215.000
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015(1)
Grafico 6.1 Margine estensivo e intensivo delle esportazioni
Numero di operatori commerciali all'esportazione, valori medi esportati in migliaia di euro
Operatori (scala sx) Valore medio esportato (scala dx)
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
(1)
Dati provvisori
26 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
sono emersi segni di recupero nel numero degli operatori più grandi, con un
fatturato export superiore ai 15 milioni di euro.
I tassi di incremento del valore medio delle esportazioni per operatore (il
margine intensivo) crescono al crescere delle dimensioni aziendali. Tuttavia,
rispetto al massimo del 2007, la quota delle imprese più grandi sul valore
delle esportazioni italiane non ha ancora recuperato la perdita subita nella
prima fase della crisi, proprio a causa del fatto che la riduzione nel numero
degli esportatori più grandi è stata proporzionalmente maggiore dell’incre-
mento del loro fatturato medio sui mercati esteri.
A confronto con i principali paesi dell’Area dell’euro, l’anomalia dell’Italia
emerge soprattutto considerando le grandi imprese (con oltre 250 addetti),
che hanno un peso nettamente inferiore che in Francia, Germania e Spagna,
sia in termini numerici che di valore delle esportazioni. Al polo opposto le mi-
cro-imprese esportatrici (fino a 9 addetti), pur essendo moltissime, incidono
poco sul valore delle vendite all’estero. Pesano invece molto di più le imprese
piccole e medie, che realizzano quasi la metà delle esportazioni italiane, ma
appena un quinto di quelle tedesche e un quarto di quelle francesi.
Il numero medio di mercati esteri per esportatore è cresciuto ulteriormente
nel 2015, raggiungendo un nuovo massimo (5,85). Di questo aumento nel
grado di diversificazione geografica delle esportazioni si ha riscontro anche
nella flessione della quota di imprese presenti soltanto in un mercato estero,
scesa al 42,8 per cento. A confronto con Francia e Spagna, l’Italia si caratte-
rizza per un numero relativamente più basso di imprese che esportano in un
solo mercato, ma la quota di esportazioni realizzata dalle imprese presenti in
più mercati è inferiore a quelle della Francia e della Germania.
L’aumento del grado di apertura esterna dell’economia italiana emerge al-
tresì dalla crescita della quota di imprese esportatrici sul totale delle imprese
attive, passata dal 4,2 al 4,5 per cento tra il 2008 e il 2013, anche se nel 2014
tale quota è rimasta invariata. Rispetto alle imprese che operano soltanto sul
mercato interno, le esportatrici sono generalmente più grandi e manifestano
livelli più elevati di produttività e di intensità di lavoro qualificato.26
La dinamica dell’occupazione è stata migliore nelle imprese esportatrici ri-
spetto alle altre, già prima della crisi. A partire dal 2008, il numero degli ad-
detti è diminuito in modo generalizzato, ma la perdita più forte è stata subita
dalle imprese attive soltanto sul mercato interno. A sua volta, la recente ri-
presa nel numero dei posti di lavoro è stata più forte nelle imprese esporta-
trici, e in particolare in quelle di minori dimensioni.27
26 Un’indagine sulle imprese milanesi conferma che dimensioni aziendali e produttività
più elevate favoriscono l’internazionalizzazione delle imprese. Cfr. l’approfondimento
di R. Calugi e F. Conza, Competitività e internazionalizzazione: rapporto fra produttività,
esportazioni e investimenti esteri delle imprese milanesi export-oriented, pubblicato nel
capitolo 5.
27 Cfr. l’approfondimento di S. Costa, F. Luchetti e D. Zurlo, Esportare crea occupazione?
La domanda di lavoro delle imprese manifatturiere esportatrici nel periodo 2014-2015,
pubblicato nel capitolo 6.
Il peso delle grandi
imprese sulle
esportazioni italiane
resta relativamente
basso.
Esportare crea
occupazione, ...
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 27
Grafico 17 - Dinamica dell’occupazione nell’industria manifatturiera
Numero di addetti: tassi di crescita medi annui
Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat.
Anche le importazioni, e in particolare quelle di beni intermedi, possono con-
correre a rafforzare la capacità innovativa e la competitività delle imprese. La
relazione positiva tra importazioni e produttività si manifesta in particolare
per le imprese esportatrici, soprattutto quelle che svolgono il ruolo di forni-
tori di input nelle reti produttive internazionali.28
D’altro canto, a valle delle catene produttive, gli intermediari commerciali
svolgono un ruolo cruciale per la competitività delle esportazioni, date le co-
noscenze specifiche sui mercati di cui sono portatori e il controllo che posso-
no esercitare sulla distribuzione dei prodotti. Tuttavia, in Italia questo settore
appare ancora frammentato e costituito in prevalenza da imprese orientate
verso il mercato interno e poco inclini ad adottare le tecnologie digitali.29
Il 40 per cento delle imprese esportatrici italiane è costituito da intermediari
commerciali, che però incidono per appena il 14 per cento sul valore delle
esportazioni, essendo di dimensioni generalmente minori e con un grado
di propensione all’export inferiore rispetto alle imprese manifatturiere. In
generale, il rapporto tra esportazioni e fatturato delle imprese manifatturie-
re cresce al crescere delle dimensioni aziendali, ma raggiunge il suo livello
massimo tra le medie imprese (50-249 addetti), la cui mediana supera quel-
la delle grandi imprese. Viceversa, nel caso degli intermediari commerciali,
la propensione a esportare appare inversamente correlata alle dimensioni
d’impresa.
28 Cfr. l’approfondimento di M. Agostino, A. Giunta, D. Scalera e F. Trivieri, Importazioni,
produttività e catene globali del valore: un'analisi sulle imprese europee, pubblicato nel
capitolo 6.
29 Cfr. l’approfondimento di S. Menghinello e B. Quintieri, Intermediari commerciali e ca-
tene internazionali del valore: quali prospettive per la crescita dell’export nazionale? pub-
blicato nel capitolo 6.
-6
-5
-4
-3
-2
-1
0
1
2006-2007 2008-2014
n Imprese manifatturiere esportatrici
n Imprese manifatturiere non esportatrici
n Totale imprese manifatturiere
...ma sono importanti
anche le importazioni, la
partecipazione alle reti
produttive internazionali,
gli intermediari
commerciali.
28 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Nel 2015, come già accennato, le partecipazioni italiane all’estero hanno su-
bito un ridimensionamento, per il secondo anno consecutivo, in termini di
numero, di addetti e di fatturato delle imprese partecipate. Si tratta tuttavia
prevalentemente dell’effetto del passaggio sotto il controllo estero di alcune
multinazionali italiane, più che di un vero arretramento dell’internazionaliz-
zazione produttiva. Considerando l’intero arco della crisi, anzi, le imprese
italiane hanno manifestato una capacità di difendere e in qualche caso di
espandere ulteriormente la loro presenza produttiva all’estero maggiore di
quella emersa in altre fasi recessive.
Il numero delle multinazionali italiane si è gradualmente innalzato negli ul-
timi due decenni, con un contributo crescente delle imprese di minori di-
mensioni. In termini di addetti e fatturato, il fenomeno resta tuttavia forte-
mente concentrato in un nucleo relativamente ristretto di grandi imprese,
capaci di adottare strategie di internazionalizzazione più sofisticate. Quelle
di dimensioni minori si sono orientate prevalentemente verso destinazioni
relativamente vicine, in Europa e nel Mediterraneo, spesso alla ricerca di op-
portunità di riduzione dei costi. Considerando i settori di attività, il contributo
delle piccole imprese si conferma più elevato nei settori manifatturieri “tra-
dizionali”, in particolare tessile, abbigliamento e pelli e cuoio, dove raggiunge
il 40 per cento del totale in termini di addetti. Le multinazionali italiane più
grandi sono relativamente più presenti in settori a forti economie di scala e
alta intensità di ricerca.
La presenza produttiva delle imprese italiane all’estero è ancora di taglia
inferiore rispetto a quella dei principali paesi europei, sia in termini di ad-
detti che di fatturato medio per impresa. Nell’industria manifatturiera la
quota prevalente del fatturato (63,7 per cento) è destinata al mercato in-
terno del paese di localizzazione delle imprese controllate, il 26,5 per cento
viene esportato in mercati terzi e soltanto il residuo 9,8 per cento è rivolto al
mercato italiano. Tuttavia, queste medie sottintendono distribuzioni molto
diverse tra i settori: nelle filiere del sistema moda la percentuale di fatturato
destinata al mercato italiano varia tra il 40 e il 45 per cento, segnalando che
la riduzione dei costi di produzione è più importante dell’accesso ai mercati
come motivazione per produrre all’estero. Va però rilevato che tale percen-
tuale si è ridotta tra il 2011 e il 2013, a vantaggio della quota di fatturato
destinata ai mercati di insediamento, il che sembra indicare un’evoluzione
delle strategie di internazionalizzazione delle imprese anche nei settori tra-
dizionali del made in Italy.
Il contributo delle multinazionali agli scambi internazionali emerge con evi-
denza anche considerando le imprese italiane a controllo estero. Esse hanno
realizzato nel 2013 circa la metà delle importazioni italiane e oltre un quarto
delle esportazioni, con punte del 77,5 per cento nella farmaceutica e del 52
per cento nei derivati del petrolio. Le esportazioni dei gruppi multinazionali
presenti in Italia sono costituite per il 39 per cento da scambi intra-aziendali,
percentuale che sale al 57 per cento per le importazioni.30
Le affiliate estere sono mediamente più grandi in termini di fatturato rispet-
to alle imprese uni-nazionali, operano in settori a più elevata intensità tecno-
logica, pagano salari più alti e assumono una quota maggiore di personale
qualificato. La loro presenza può esercitare effetti benefici di diffusione delle
30 Cfr. il riquadro di E. Mazzeo, L’internazionalizzazione delle imprese italiane: analisi delle
caratteristiche e dell’evoluzione del fenomeno con dati Fats, pubblicato nel capitolo 6.
Negli ultimi anni le
multinazionali italiane
hanno accresciuto
le proprie attività,
orientandole verso
il miglioramento
dell’accesso ai mercati
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 29
conoscenze tecnologiche e manageriali nei sistemi economici locali.31
Tutta-
via, nel caso italiano, le affiliate delle multinazionali estere appaiono relati-
vamente meno attive delle multinazionali italiane nella ricerca industriale e
nella collaborazione con imprese, istituzioni e università locali, scontando
il loro più debole radicamento territoriale. Le politiche industriali, dunque,
devono intervenire non soltanto sull’attrazione degli investimenti esteri, ma
anche sulla capacità dei sistemi locali di assorbirne i benefici, nonché sullo
sviluppo delle strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane.32
7. Le politiche per l’internazionalizzazione
Il sistema pubblico di sostegno all’internazionalizzazione nel 2015 ha assisti-
to oltre 100.000 soggetti italiani, sia direttamente sia attraverso enti e impre-
se di servizi di diverso genere, che hanno redistribuito a un’utenza ancora
più ampia l’assistenza ricevuta.
A caratterizzare l’anno scorso è stato un netto aumento dei fondi spesi per i
servizi reali e in particolare per quelli promozionali, concentrato soprattutto
sulle Regioni, le cui attività sono tornate a crescere dopo la battuta di arresto
del 2014 (da 80 a 106 milioni di euro) e sull’Ice-Agenzia (Ice), che ha fatto re-
gistrare un balzo in avanti della spesa (da 65 a 110 milioni). La spesa del Mse
si è mantenuta sul livello del 2014 (30 milioni di euro), mentre quella delle
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Cciaa) è arretrata
per il secondo anno consecutivo (da 69 a 40 milioni). Nel caso del Mse è
sceso da 8 a 5 milioni di euro il contributo degli utenti ai costi, che è rimasto
invece pressoché stazionario per l’Ice, a quota 14 milioni. Il numero di utenti
non ha subito variazioni di rilievo, come effetto di una redistribuzione tra Ice
(56,6 per cento in più) e Cciaa (-26,3 per cento) e di una modesta contrazione
per il Mse. I dati mostrano gli effetti dell’impulso dato dal Governo alla con-
centrazione sull’Ice delle attività di sostegno e del crescente impegno delle
Regioni nell’offrire alle imprese una gamma ampia di incentivi all’internazio-
nalizzazione.
Sul versante dei servizi finanziari, nel 2015 la Sace ha conseguito risultati
migliori sotto il profilo delle imprese clienti, aumentate di 900 unità oltre
quota 24.400, e dei premi lordi, passati a 560 milioni di euro, pur in presenza
di una riduzione degli impegni assicurativi, scesi a 9,8 miliardi di euro dopo il
picco del 2014 (10,9 miliardi). Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha distribuito gli
investimenti a sostegno di operazioni con controparti estere su un numero
solo lievemente cresciuto di imprese clienti, aumentando a 1,4 miliardi di
euro i capitali propri mobilitati (da 1,1 nel 2014); a tale aumento ha fatto
riscontro una crescita a oltre 3 miliardi del valore delle operazioni assistite.
È dunque lievitato significativamente il valore medio per operazione. Stessa
tendenza mostrano i risultati di Simest, in cui a una riduzione piuttosto netta
del numero di imprese clienti ha fatto da contrappeso un raddoppio del va-
lore delle operazioni assistite, con un più forte effetto di leverage sui capitali
propri impegnati, aumentati solo marginalmente. Nel complesso si nota un
31 Cfr. il riquadro di M. Barzotto, I. Mariotti e M. Mutinelli, Presenza multinazionale ed
effetti sulla composizione della forza lavoro in Veneto, nel capitolo 6.
32 Cfr. l’approfondimento di C. Cozza e A. Zanfei, Multinazionali e creazione di legami con
imprese e università in Italia, pubblicato nel capitolo 6.
La presenza delle
multinazionali
straniere resta bassa
e relativamente poco
efficace nella creazione
di legami con le aree di
insediamento.
È aumentato l’impegno
pubblico per i servizi
reali e finanziari
all’internazionalizzazione
30 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
ritorno alla crescita del polo finanziario a proprietà pubblica, guidato da Cdp,
che traina un incremento delle operazioni di investimento e beneficia di un
consolidamento della clientela dei servizi assicurativi, sia pure sullo sfondo
di un aumento dei rischi per chi opera sui mercati esteri, evidenziata dall’au-
mento dei premi medi.
Il 2015 ha visto il dispiegarsi di un ampio ventaglio di attività promozionali
da parte del sistema pubblico di sostegno all’internazionalizzazione, princi-
palmente in relazione alle iniziative previste nel quadro del primo anno del
Piano triennale 2015-2017 per la promozione straordinaria del Made in Italy e
l’attrazione degli investimenti. L’assegnazione di risorse a questo piano rap-
presenta uno sforzo finanziario considerevole, in particolare in un contesto
caratterizzato da vincoli stringenti per la spesa pubblica, a riconoscimento
della rilevanza delle esportazioni per l’economia italiana, sia in termini di Pil
che di occupazione. Gli obiettivi dichiarati sono di espandere la presenza del-
le imprese italiane nei mercati a maggior potenziale, incrementare il numero
delle imprese stabilmente esportatrici e accrescere la capacità del sistema
economico di attrarre investimenti dall’estero, anche attraverso il reshoring.
Il Mse, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Inter-
nazionale (Maeci) e con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Fore-
stali (Mpaaf), ha pertanto messo a punto una serie articolata di iniziative, at-
tuate da Ice-Agenzia. Tra le azioni previste in Italia, l’appuntamento dell’Expo
di Milano ha rappresentato il volano ideale per avviare un programma di
rilancio delle più importanti manifestazioni fieristiche italiane di livello inter-
nazionale.
Nell’ambito delle iniziative straordinarie finanziate dal Piano, è proseguito il
progetto Roadshow Italia per le imprese, avviato con successo nel 2014, che
prevede una sessione plenaria in cui le istituzioni e le organizzazioni pre-
poste all’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano presentano
alle aziende, sul loro territorio, gli strumenti a disposizione per accedere ai
mercati esteri, seguita da incontri individuali di informazione e orientamento
per le imprese.
È inoltre partito un progetto di formazione di 400 temporary export manager,
al fine di incrementare la disponibilità sul mercato di queste figure profes-
sionali specializzate, coordinato dall’Ice in collaborazione con le Regioni, le
associazioni imprenditoriali, i sistemi camerale e universitario. Il tema del
rafforzamento organizzativo delle piccole e medie imprese, troppo spesso
poco strutturate per le sfide poste dall’internazionalizzazione, non solo a
causa delle ridotte dimensioni, ma soprattutto per la mancanza di compe-
tenze professionali specifiche, è stato affrontato anche tramite lo strumento
dei voucher per l’internazionalizzazione, contributi a fondo perduto per l’in-
serimento in azienda di un temporary export manager per almeno 6 mesi.33
Il sostegno all’impiego di strategie di penetrazione commerciale innovative
è un tratto distintivo del Piano per la promozione straordinaria del Made
in Italy: oltre alla promozione dell’e-commerce, tra le azioni rivolte all’estero
sono stati previsti accordi con le reti della grande distribuzione organizzata.
Il Mse e il Mpaaf hanno elaborato una strategia a regia condivisa per l’export
agroalimentare, basata sulla realizzazione di un segno distintivo unico per le
iniziative di promozione all’estero delle produzioni agricole e agroalimentari
33 Si veda il riquadro di P. Bulleri e F. Giorgio, Voucher per l’internazionalizzazione delle Pmi:
uno strumento di politica industriale, nel capitolo 7.
Sta trovando attuazione
il Piano straordinario
per il Made in Italy
e l’attrazione degli
investimenti.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 31
rappresentative della qualità italiana, denominato The Extraordinary Italian
Taste.
Oltre al potenziamento delle risorse e all’incremento degli strumenti promo-
zionali, il sistema di supporto pubblico all’internazionalizzazione ha previsto
l’individuazione di mercati prioritari sui quali puntare in base a caratteristi-
che come la dinamica della domanda e la posizione competitiva delle im-
prese italiane. Questi sono stati individuati negli Stati Uniti, nella Cina, ma
anche in altre aree emergenti come l’Asia sud-orientale, i paesi sudamericani
dell’Alleanza del Pacifico e l’Africa subsahariana.
In questa strategia resta centrale il ruolo delle missioni imprenditoriali a gui-
da istituzionale, focalizzate su paesi particolarmente promettenti in conside-
razione dei tassi di crescita sperimentati negli ultimi anni, della complemen-
tarietà con alcuni specifici settori del sistema produttivo italiano e del livello
complessivo delle relazioni bilaterali. Inoltre l’Italia è stata in prima fila nel
cogliere le opportunità derivanti dai mutati scenari geopolitici internazionali
che hanno visto il riaffacciarsi sui mercati di paesi rimasti, per motivi diversi,
difficilmente accessibili per anni, come Cuba e l’Iran.
Esaminando in particolare l’attività dell’Ice, oltre al già citato aumento delle
iniziative promozionali, si segnalano un ulteriore sviluppo dei servizi di assi-
stenza e consulenza alle imprese, il grande incremento dei servizi di forma-
zione manageriale (da 64 a 114 mila ore) e di formazione internazionale (da
9 a 21 mila ore) e la maggiore diffusione dei servizi informativi.
Inoltre hanno cominciato a svilupparsi le iniziative dell’Ice per l’attrazione
degli investimenti diretti esteri, con un accento particolare sul settore im-
mobiliare e sulle imprese manifatturiere in crisi. Su questo terreno è in atto
una forte collaborazione con Mse, Maeci e Regioni, grazie anche a nuovi stru-
menti legislativi e al lavoro di un Comitato di indirizzo.
Le azioni realizzate dal sistema pubblico di sostegno all’internazionalizza-
zione sono state sottoposte a studi volti a valutarne l’efficienza e l’efficacia,
anche a confronto con altri paesi. Essi identificano un’alta soddisfazione de-
gli utenti ed evidenziano aree di miglioramento. Uno degli studi, prodotto
dall’International Trade Center delle Nazioni Unite, mostra che ogni euro in
più investito nella promozione pubblica dell’Ice può generare oltre 230 euro
di esportazioni aggiuntive per le imprese.34
Da un altro studio, realizzato con-
giuntamente da Ice e Istat, emerge che le imprese clienti dei servizi Ice sono
tendenzialmente caratterizzate da un grado elevato di propensione a espor-
tare e di stabilità sui mercati internazionali.35
Dai confronti internazionali emerge un allineamento qualitativo rispetto a
paesi europei simili ma anche la conferma che il sistema pubblico di soste-
gno all’internazionalizzazione italiano soffre ancora di una carenza di risorse,
finanziarie e umane.
34 Cfr. il riquadro di M. Saladini, Investire in promozione degli scambi genera reddito, nel
capitolo 7.
35 Cfr. l’approfondimento di C. Castelli, L. Esposito, R. Sacilotto e L. Soriani, I clienti dell’A-
genzia Ice: grado di internazionalizzazione e persistenza sui mercati esteri, pubblicato nel
capitolo 7.
L’Ice ha potenziato la sua
attività, sottoponendola
a procedure di
controllo della qualità
e dell’efficacia degli
interventi.
32 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Considerazioni conclusive
L’incertezza dello scenario globale è aumentata, in un intreccio rischioso tra
tensioni politiche, instabilità dei mercati finanziari e rallentamento della pro-
duzione e degli scambi internazionali.
L’indebolimento della spinta propulsiva dei paesi emergenti e in via di svilup-
po, alcuni dei quali sono stati colpiti duramente dal calo dei prezzi delle ma-
terie prime, non appare compensato dai segni di ripresa nei paesi avanzati,
che restano diversificati e complessivamente deboli.
Il commercio mondiale stenta a ritrovare lo slancio degli anni precedenti alla
crisi globale, segnalando la fine della fase di più rapida espansione delle reti
produttive internazionali e dei connessi scambi di beni e servizi intermedi,
anche se gli investimenti diretti esteri sono tornati a crescere notevolmente,
sospinti da grandi operazioni di fusione e acquisizione.
Le politiche di integrazione dei mercati, volte a facilitare gli scambi e gli inve-
stimenti internazionali, continuano a mantenere un orientamento aperto, ma
i molteplici negoziati in corso, a diversi livelli istituzionali, non hanno ancora
prodotto i risultati necessari per un forte rilancio del sistema multilaterale.
L’Unione Europea attraversa una fase di crisi del suo progetto di integrazio-
ne, in cui l’incapacità di affrontare seriamente questioni comuni, come quelle
dell’immigrazione e degli squilibri distributivi di una crescita economica an-
cora insufficiente, alimenta pericolosi rigurgiti di nazionalismo.
Il condensarsi di queste ombre oscura anche le prospettive dell’economia
italiana, appena uscita da una lunga e profonda fase recessiva. I segni di ri-
presa sono evidenti, nell’occupazione, nei consumi, negli investimenti e nelle
importazioni, ma la loro ancora debole intensità ne svela la fragilità rispetto
ai rischi di shock esogeni.
Anche le esportazioni hanno ottenuto risultati positivi e si è arrestata, ormai
da qualche anno, la lunga tendenza declinante che aveva caratterizzato le
loro quote di mercato a partire dall’inizio degli anni novanta, anche a con-
fronto con quelle degli altri paesi europei. La maggiore vivacità della doman-
da di beni di consumo per la persona e per la casa e di macchinari industriali
proveniente dai paesi emergenti ha aperto opportunità nuove, che sono sta-
te colte dalla parte più dinamica del sistema imprenditoriale italiano.
I cambiamenti in corso nello scenario mondiale rendono tuttavia sempre
più evidente che, per valutare correttamente la posizione competitiva delle
diverse economie, è necessario analizzare in modo integrato gli scambi e le
altre forme di internazionalizzazione delle imprese. All’interno delle reti in
cui si realizza la nuova divisione del lavoro tra i paesi, le attività manifatturie-
re si intrecciano sempre più strettamente con la produzione e lo scambio di
servizi, favoriti dal rapido diffondersi dei paradigmi tecnologici dell’economia
digitale.
In questa prospettiva, l’economia italiana continua a manifestare ritardi im-
portanti, malgrado alcuni segni di progresso. Condizionate dai propri limiti
manageriali e finanziari, associati alle ridotte dimensioni medie aziendali, le
imprese italiane partecipano ancora in misura limitata alle varie forme di
produzione internazionale. Resta inoltre molto forte il divario rispetto agli
altri principali paesi europei nella capacità di attrarre investimenti e risorse
qualificate dall’estero.
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 33
Il consolidamento della ripresa economica è condizionato dalle difficoltà del
contesto internazionale. Un contributo positivo potrebbe tornare a nascere
dall’integrazione europea, se gli Stati fondatori, a sessanta anni di distanza
dal Trattato di Roma, ritroveranno il coraggio politico necessario per supera-
re le divisioni e rilanciare il progetto comune.
Tuttavia, un ruolo decisivo spetta ancora alla politiche economiche nazionali.
Occorre in primo luogo sostenere la domanda globale, rilanciando la crescita
dei redditi e dell’occupazione, pur nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
Occorrono programmi di investimenti pubblici di lungo termine, che orien-
tino quelli delle imprese e diffondano fiducia tra le famiglie. Occorre simul-
taneamente rafforzare le riforme strutturali già avviate, per aumentare la
produttività e propagare in tutto il sistema stimoli innovativi.
In questo contesto si inseriscono a pieno titolo le politiche di sostegno all’in-
ternazionalizzazione, concepita come una forma essenziale di innovazione
organizzativa delle imprese e dei sistemi locali.
Si tratta da un lato di aumentare il numero di imprese in grado di opera-
re con successo sui mercati internazionali, superando barriere di accesso
che talvolta derivano principalmente da una diffusione ancora insufficiente
delle necessarie competenze. Dall’altro, è necessario sostenere la parte più
dinamica del sistema imprenditoriale italiano, che già opera con successo in
molti mercati, ma non ha ancora valorizzato pienamente il proprio grande
potenziale. Infine appare essenziale un ulteriore sforzo di coordinamento di
tutte le politiche nazionali e locali volte ad aumentare la capacità dell’econo-
mia italiana di attrarre investimenti esteri, portandola verso livelli più simili a
quelli degli altri grandi paesi europei.
Anche in considerazione dei vincoli di bilancio, è ormai evidente che tutte
le politiche pubbliche devono basarsi su una grande capacità di apprendi-
mento collettivo, realizzato nel dialogo continuo tra istituzioni e imprese, e
su un forte coordinamento delle azioni di tutti i soggetti nazionali e locali. Il
lavoro fatto in questa direzione negli ultimi anni appare notevole, ma non
ancora sufficiente. Uno dei suoi aspetti positivi più importanti è il tentativo di
diffondere in tutti gli organismi coinvolti nel sistema la cultura della valuta-
zione dei risultati della propria azione. È doveroso procedere ulteriormente
lungo questa strada: ogni strumento di intervento pubblico dovrebbe essere
accompagnato fin dalla sua progettazione iniziale da un sistema rigoroso di
indicatori di controllo, che offra una misura credibile e verificabile dei cam-
biamenti da realizzare.
In sintesi, se il rilancio della domanda interna appare come una condizio-
ne indispensabile per alimentare la ripresa in corso, l’aumento del grado di
apertura internazionale del sistema economico resta il volano decisivo per
promuovere l’innovazione e sostenere la crescita futura.
Rapporto ICE 2016 Italia nel contesto globale
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 35
TAVOLE
STATISTICHE
36 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Tavola 1.1 - Scambi internazionali e investimenti diretti esteri nel mondo (1)
Valori in miliardi di dollari, variazioni in percentuale
2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Scambi di beni
Valori (2)
12.131 14.023 16.160 12.555 15.301 18.338 18.496 18.948 18.995 16.482
Variazioni percentuali - 15,6 15,2 -22,3 21,9 19,8 0,9 2,4 0,2 -13,2
Variazioni percentuali degli indici
Quantità 8,7 6,5 2,1 -12,1 14,1 5,5 2,3 2,7 2,7 3,0
Valori medi unitari 6,3 8,6 13,1 -11,8 6,7 13,8 -2,1 -0,6 -2,1 -16,1
Scambi di servizi commerciali
Valori 2.942 3.523 3.964 3.534 3.842 4.350 4.468 4.747 5.064 4.754
Variazioni percentuali - 19,7 12,5 -10,9 8,7 13,2 2,7 6,3 6,7
Investimenti diretti esteri
Valori 1.402 1.902 1.498 1.181 1.389 1.567 1.511 1.427 1.277 1.762
Variazioni percentuali - 36 -21 -21 18 13 -4 -6 -11 38
Rapporto percentuale sul commercio
di beni e servizi
9,3 10,8 7,4 7,3 7,3 6,9 6,6 6,0 5,3 8,3
(1)
Esportazioni per il commercio di beni e servizi e flussi in entrata per gli Ide.
(2)
Comprese le riesportazioni di Hong Kong.
Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc per il commercio di beni e servizi e Unctad per gli investimenti diretti esteri
Tavola 1.2 - Quote delle aree sulle esportazioni mondiali di merci
A prezzi correnti
Aree e paesi 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Unione Europea 38,4 38,7 37,1 37,3 34,3 33,7 31,9 32,8 32,9 32,8
Area dell'euro 29,8 30,4 29,1 29,4 26,7 26,1 24,8 25,3 25,5 25,2
Altri paesi dell'UE 8,6 8,3 8,0 7,9 7,5 7,6 7,1 7,6 7,5 7,6
Paesi europei non UE 6,0 6,2 6,8 6,1 6,1 6,5 7,1 6,5 6,2 6,0
Africa 2,9 2,9 3,3 2,9 3,2 3,1 3,2 3,0 2,8 2,4
America settentrionale 11,9 11,4 10,9 11,1 11,0 10,7 11,0 11,0 11,2 11,7
America centro-meridionale 5,7 5,6 5,6 5,6 5,8 6,1 6,1 5,9 5,8 5,8
Medio Oriente 5,2 5,1 6,4 5,2 5,8 6,6 7,0 6,7 6,4 5,4
Asia centrale 1,7 1,9 2,1 2,1 2,3 2,6 2,5 2,6 2,6 2,4
Asia orientale 27,0 27,0 26,3 28,1 29,9 29,0 29,5 29,8 30,4 32,2
Oceania e altri territori 1,3 1,3 1,4 1,5 1,7 1,8 1,7 1,7 1,6 1,5
Mondo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of Customs.
MONDO E UNIONE EUROPEA
Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 37
Tavola 1.3 - Distribuzione per aree delle importazioni mondiali di merci
A prezzi correnti
Aree e paesi 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Unione Europea 38,5 39,0 37,7 37,0 34,3 33,8 31,4 31,5 31,8 30,8
Area dell'euro 28,7 29,2 28,4 28,0 25,8 25,4 23,3 23,5 23,5 22,6
Altri paesi dell'UE 9,8 9,8 9,3 9,1 8,5 8,4 8,1 8,0 8,3 8,2
Paesi europei non UE 4,7 5,2 5,6 5,0 5,1 5,5 6,0 5,5 5,1 4,9
Africa 2,5 2,7 3,0 3,3 3,1 3,1 3,2 3,4 3,4 3,6
America settentrionale 18,6 17,0 15,8 15,4 15,5 14,7 14,9 14,8 15,0 16,0
America centro-meridionale 5,4 5,5 5,9 5,8 6,1 6,2 6,4 6,5 6,4 6,5
Medio Oriente 3,2 3,5 3,9 4,1 4,0 4,1 4,4 4,5 4,6 5,0
Asia centrale 2,2 2,5 2,9 3,0 3,2 3,5 3,6 3,5 3,5 3,6
Asia orientale 23,3 23,0 23,6 24,7 26,9 27,5 28,2 28,6 28,4 27,9
Oceania e altri territori 1,4 1,5 1,5 1,6 1,6 1,7 1,8 1,7 1,6 1,6
Mondo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0
Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of Customs.
38 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale
Tavola 1.4 - I primi 20 esportatori mondiali di merci
Valori in miliardi di dollari correnti e variazioni percentuali rispetto all’anno precedente
Graduatorie
Paesi
Valori Variazioni percentuali Quote percentuali
2010 2014 2015 2014 2015 2011-15(1)
2015 2010 2014 2015
1 1 1 Cina 2.342 2.275 7,6 -2,9 10,3 12,3 13,8
2 2 2 Stati Uniti 1.621 1.505 3,3 -7,1 8,4 8,5 9,1
3 3 3 Germania 1.495 1.329 1,1 -11,0 8,2 7,9 8,1
4 4 4 Giappone 690 625 -4,1 -9,5 5,0 3,6 3,8
5 5 5 Paesi Bassi 673 567 -0,2 -15,7 3,8 3,5 3,4
7 7 6 Corea del Sud 573 527 2,5 -8,0 3,0 3,0 3,2
11 9 7 Hong Kong 524 511 5,0 -2,6 2,6 2,8 3,1
6 6 8 Francia 580 506 -0,7 -12,8 3,4 3,1 3,1
9 10 9 Regno Unito 505 460 2,1 -8,9 2,7 2,7 2,8
8 8 10 Italia 530 459 0,5 -13,4 2,9 2,8 2,8
13 12 11 Canada 475 408 1,1 -14,0 2,5 2,5 2,5
10 13 12 Belgio 472 398 -0,5 -15,7 2,7 2,5 2,4
15 15 13 Messico 397 381 5,0 -4,1 1,9 2,1 2,3
14 14 14 Singapore 410 351 -0,1 -14,5 2,3 2,2 2,1
12 11 15 Russia 498 340 -3,2 -31,6 2,6 2,6 2,1
24 21 16 Svizzera 311 290 8,2 -6,9 1,3 1,6 1,8
16 20 17 Taiwan 320 285 0,8 -10,8 1,8 1,7 1,7
17 18 18 Spagna 325 282 2,1 -13,2 1,7 1,7 1,7
19 19 19 India 323 267 3,4 -17,2 1,5 1,7 1,6
20 16 20 Emirati Arabi Uniti 375 265 4,4 -29,3 1,4 2,0 1,6
Somma dei 20 paesi 13.438 12.032 2,3 -10,5 70,1 70,7 73,0
Mondo 18.995 16.482 1,5 -13,2 100,0 100,0 100,0
(1)
Tasso di crescita medio annuo a partire dal 2010.
Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc
Rapporto ICE 2016 Italia nel contesto globale
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  • 3. Il Rapporto è stato redatto da un gruppo di lavoro dell’Ufficio di supporto per la pianificazione strategica e il controllo di gestione dell’Ice Coordinamento generale Riccardo Landi Coordinamento scientifico Lelio Iapadre Il Rapporto è realizzato con il prezioso ausilio di un Comitato editoriale del quale hanno fatto parte Fabrizio Onida (Presidente), Simona Camerano, Giancarlo Corò, Luca De Benedictis, Vincenzo De Luca, Sergio De Nardis, Gabriella De Stradis, Silvia Fabiani, Marco Fortis, Giorgia Giovannetti, Lelio Iapadre, Alessandra Lanza, Roberto Monducci, Beniamino Quintieri, Marco Simoni, Lucia Tajoli, Alessandro Terzulli e Francesco Tilli. Hanno redatto il testo Cristina Castelli, Raffaele Di Pietro, Giulio Giangaspero, Leopoldo Gudas, Antonio Lembo, Rita Anabella Maroni, Elena Mazzeo, Alessia Proietti, Marco Saladini, Stefania Spingola, Pjero Stanojevic, Noemi Travaglini e, per il capitolo 7, Laura Barberi, Paolo Bulleri, Gabriella De Stradis, Fabio Giorgio (Ministero dello Sviluppo economico), Federico Bernardi, Paola Chiappetta e Nicola Lener (Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale), Davide Ciferri e Annachiara Palazzo (Cassa depositi e prestiti), Fabiola Carosini e Veronica Quinto (Simest), Ivano Gioia e Stefano Gorissen (Sace). Sintesi Giorgia Giovannetti e Lelio Iapadre. Hanno collaborato Mariarosaria Agostino, Rita Arcese, Mariachiara Barzotto, Roberto Calugi, Francesco Capecchi, Davide Castellani, Pamela Ciavoni, Fabio Conza, Stefano Costa, Claudio Cozza, Laura Dell’Agostino, Pietro De Matteis, Walter di Martino, Andrea Dossena, Laura Esposito, Stefano Federico, Alberto Felettigh, Federico Ferrari, Anna Giunta, Andrea Goldstein, Luca Incipini, Daniele Langiu, Francesca Luchetti, Andrea Maccanico, Gianni Marciante, Ilaria Mariotti, Stefano Menghinello, Sergio Monti, Marco Mutinelli, Silvia Nenci, Giacomo Oddo, Marialuisa Pappalardo, Giulia Pavese, Filomena Pietrovito, Anna Maria Pinna, Fabio Pizzino, Alberto Franco Pozzolo, Michele Repole, Michele Ruta, Renan Sacilotto, Paolo Sannini, Domenico Scalera, Lorenzo Soriani, Francesco Trivieri, Antonello Zanfei e Davide Zurlo Si ringraziano inoltre per la collaborazione Silvio Bevilacqua, Elisabetta Bilotta, Fabrizio Bubola, Rosa Buonocore, Rossana Ciraolo, Marco De Angelis, Cristina Gioffrè, Rosetta Grossi, Vincenzo Lioi, Francesca Mauri e Dalila Parisi. Assistenza per elaborazione dati Francesco Salierno, RetItalia Internazionale S.p.A. Nel Rapporto si fa riferimento anche ai dati riportati nell’Annuario statistico Istat-Ice Commercio estero e attività internazionali delle imprese - Edizione 2016, disponibile sul sito www.annuarioistatice.it La realizzazione del Rapporto è stata possibile grazie al contributo dell’Istat e della Banca d’Italia. Il Rapporto è stato redatto con le informazioni disponibili al 7 luglio 2016. Le opinioni espresse nel Rapporto sono riferibili agli autori e non riflettono necessariamente le opinioni dell’istituzione di appartenenza. Contatti pianificazione.controllo@ice.it Nel sito www.ice.gov.it sono disponibili il Rapporto e dati statistici aggiornati Finito di stampare nel mese di luglio 2016 presso Tiburtini - Via delle Case Rosse 23 00131 - Roma tel. [+39] 06 4190954 www.tiburtini.it - info@tiburtini.it
  • 4. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 3 INDICE APERTURA INTERNAZIONALE E CRESCITA DELLA DOMANDA INTERNA: LE SFIDE OLTRE LA CRISI 1. Lo scenario economico mondiale 5 2. L’Italia: quadro aggregato 13 3. Aree e principali paesi 17 4. I settori 19 5. Il territorio 23 6. Le imprese 25 7. Le politiche per l’internazionalizzazione 29 8. Considerazioni conclusive 32 TAVOLE STATISTICHE MONDO E UNIONE EUROPEA 1.1 Scambi internazionali e investimenti diretti esteri nel mondo 36 1.2 Quote delle aree sulle esportazioni mondiali di merci 36 1.3 Distribuzione per aree delle importazioni mondiali di merci 37 1.4 I primi 20 esportatori mondiali di merci 38 1.5 I primi 20 importatori mondiali di merci 39 1.6 Investimenti diretti esteri in entrata: principali paesi destinatari 40 1.7 Investimenti diretti esteri in uscita: principali paesi di origine 41 ITALIA 2.1 Bilancia dei pagamenti dell’Italia 42 2.2 Interscambio di beni e servizi 43 2.3 Analisi constant-market-shares della quota dell’Italia 44 2.4 Scambi di merci dell’Italia per aree e principali paesi 45 2.5 Dimensione dei mercati e quote delle esportazioni italiane 46
  • 5. 4 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 2.6 I primi 20 paesi di destinazione delle esportazioni italiane 47 2.7 I primi 20 paesi di provenienza delle importazioni italiane 48 2.8 Scambi con l’estero di merci per settori: valori 49 2.9 Scambi con l’estero di merci per settori: quantità e prezzi 50 2.10 Quote di mercato dell’Italia sulle esportazioni di merci per settori 51 2.11 Esportazioni di merci delle regioni italiane 52 2.12 Internazionalizzazione commerciale e produttiva delle imprese italiane 53 2.13. Distribuzione percentuale degli addetti e del fatturato delle partecipate estere per area geografica di localizzazione dell’impresa partecipata e classe dimensionale (addetti) dell’investitore 54 2.14 Sostegno pubblico all’internazionalizzazione, quadro d’insieme dei servizi promozionali e finanziari 55
  • 6. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 5 APERTURA INTERNAZIONALE E CRESCITA DELLA DOMANDA INTERNA: LE SFIDE OLTRE LA CRISI 1. Lo scenario economico mondiale Nel 2015 la fragile ripresa dell’attività economica globale ha subito un rallen- tamento, più marcato nella seconda metà dell’anno. Il 2016 è iniziato sotto il segno dell’incertezza e di un repentino deterioramento delle prospettive di crescita, particolarmente forte nelle economie emergenti e in quelle più fragili dell’Eurozona. Le conseguenze del recente referendum nel Regno Uni- to, dove gli elettori si sono espressi per l’uscita dall’Unione Europea, hanno inoltre aumentato l’incertezza e tutte le organizzazioni internazionali stanno rivedendo al ribasso le proprie stime: il tasso di crescita del prodotto inter- no lordo (Pil) mondiale dovrebbe risultare più basso di quanto previsto in precedenza e ben inferiore rispetto al periodo precedente alla grande crisi iniziata nel 2008. Gli andamenti del Pil nel 2015 sono stati disomogenei tra le diverse aree geografiche e in parte inattesi. Segnali di miglioramento si sono avuti nelle economie avanzate, soprattutto negli Stati Uniti. Nell’Area dell’euro invece il recupero dell’attività economica è rimasto lento e si sono accentuate le differenze fra paesi, con una crescita molto modesta in Germania, Francia e Italia e un andamento più dinamico in Spagna, l’unica fra le grandi economie europee con una dinamica sopra la media. Forti segnali di difficoltà, anche in questo caso con significative differenze tra paesi e aree, sono venuti dalle economie emergenti e in via di sviluppo. Il rallentamento che aveva caratterizzato gli ultimi cinque anni si è accentuato nel 2015, riducendo ancora il loro divario positivo di crescita rispetto ai paesi avanzati, che aveva raggiunto un picco nel 2009. Il tasso di crescita del Pil della Cina nel 2015 è stato il più basso dal 1990. La recessione si è aggravata in Brasile, ed è proseguita in Russia, pur con alcuni segnali di attenuazione negli ultimi mesi. L’unico dei paesi emergenti che ha continuato a crescere in modo sostenuto nel 2015 – e le cui stime di crescita non sono state riviste al ribasso – è l’India. Le incertezze sulle prospettive dell’economia mondiale hanno accentuato nel 2015 la discesa dei prezzi delle materie prime, con quotazioni dei metalli e del petrolio in netto calo nel corso dell’anno. Le fluttuazioni nei tassi di cambio sono state ampie, ma non sembrano aver influito in misura rilevante sulle esportazioni, anche per i cambiamenti nei modi di produrre e nei lega- mi fra paesi che hanno caratterizzato gli ultimi anni.1 1 Cfr. l'approfondimento di M. Ruta, Svalutazioni non-competitive: il ruolo delle catene produttive globali, pubblicato nel capitolo 1. In un clima di crescente incertezza, rallenta la crescita dell’economia mondiale. Il calo dei prezzi delle materie prime ha colpito duramente i paesi produttori.
  • 7. 6 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Grafico 1 - Prezzi in dollari delle materie prime e delle esportazioni di manufatti delle economie avanzate Indici 2006=100 F Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi Grafico 2 - Tassi di cambio effettivi nominali Indici 2006=100 Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015(1) 2016(1) 2017(1) Grafico 1.2 - Prezzi in dollari delle materie prime e delle esportazioni di manufatti delle economie avanzate Indici 2006=100 Energia Alimentari e bevande Metalli Manufatti Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi (1) Stime e previsioni. Real Renminbi Euro Yen Rublo Sterlina Dollaro 40 60 80 100 120 140 160 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 gennaio aprile 2016 Grafico 3 - Tassi di cambio effettivi nominali Indici 2006=100 Brasile Cina Area dell'euro Giappone Russia Regno Unito Stati Uniti Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi
  • 8. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 7 Anche la crescita del commercio mondiale è stata nel 2015 molto più lenta del previsto e nettamente inferiore a quella media del ventennio precedente alla crisi. Secondo le principali previsioni elaborate nei mesi scorsi, il volume degli scambi di beni e servizi dovrebbe segnare un incremento di circa il 3 per cento nel 2016, in lieve miglioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia i primi dati disponibili, relativi al periodo gennaio-aprile,2 mostrano che il volu- me degli scambi di merci è rimasto invariato rispetto allo stesso periodo del 2015 e si profila quindi il rischio di un consuntivo peggiore del previsto. Grafico 3 - Produzione e commercio mondiali Variazioni percentuali in volume Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi Questo andamento rende evidenti le difficoltà degli scambi di tornare a espandersi a un tasso molto superiore a quello del Pil. A partire dal 2012, in- fatti, l’elasticità apparente del commercio mondiale rispetto alla produzione si è assestata su un livello nettamente inferiore a quelli prevalenti nei decen- ni precedenti. I motivi di questo rallentamento non sono soltanto congiun- turali, ma potrebbero essere legati a fenomeni strutturali, quali ad esempio il diverso ruolo esercitato dalle reti produttive internazionali. Dopo una fase di grande sviluppo, la frammentazione internazionale della produzione po- trebbe aver ridotto il suo impulso espansivo sugli scambi, una volta raggiun- ta una configurazione di maggiore equilibrio nella divisione internazionale delle diverse fasi dei processi produttivi. In Cina, ad esempio, diversi segnali fanno intravedere un accorciamento delle catene del valore, con la progres- siva sostituzione di beni intermedi importati con produzione nazionale. A fronte del lieve aumento dei volumi, il valore in dollari delle esportazioni di beni e servizi si è attestato sul livello più basso dal 2011, con diminuzioni in tutti i comparti, ma soprattutto in quelli che producono materie prime e beni intermedi. Ciò si è tradotto in un forte aumento del peso relativo dei manufatti, diffuso in quasi tutti i settori, inclusi i beni di consumo tradizionali per la persona e per la casa. 2 Cfr. CPB, World Trade Monitor (including April 2016), Netherlands Bureau for Economic Policy Analysis, 2016. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 1990-1999 2000-2005 2006-2011 2012 2013 2014 2015(1) 2016(1) 2017(1) Grafico 1.4 - Produzione e commercio mondiali Variazioni percentuali in volume Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi n Prodotto interno lordo (ai tassi di cambio di mercato) n Scambi di merci e servizi (1) Stime e previsioni La crescita del commercio internazionale rimane lenta.
  • 9. 8 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Grafico 4 - Esportazioni di merci per area geografica nel 2015 Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc Grafico 5 - Importazioni di merci per area geografica nel 2015 Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc -40 -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 15 Europa Comunità degli stati indipendenti Africa Asia Medio Oriente America settentrionale America centro meridionale Grafico 4 - Esportazioni di merci per area geografica nel 2015 Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente Valori in dollari Volumi Media mondiale dei valori in dollari Media mondiale dei volumi -35 -30 -25 -20 -15 -10 -5 0 5 10 Europa Comunità degli stati indipendenti Africa Asia Medio Oriente America settentrionale America centro meridionale Grafico 5 - Importazioni di merci per area geografica nel 2015 Variazioni percentuali rispetto all'anno precedente Valori in dollari Volumi Media mondiale dei valori in dollari Media mondiale dei volumi
  • 10. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 9 Considerando il volume delle importazioni di merci, nel 2015, per la prima volta dopo molto tempo, i mercati più dinamici sono state le aree avanzate (Nordamerica e Unione Europea), dato il rallentamento o la flessione di quelle emergenti e in via di sviluppo. La graduatoria dei principali paesi esportatori evidenzia un aumento della concentrazione: la quota complessiva dei primi venti è passata dal 70,7 per cento del valore delle esportazioni mondiali nel 2014 al 73 per cento nel 2015, con la Cina che ha consolidato il proprio primato. Gli scambi mondiali di servizi sono diminuiti in misura inferiore a quelli di merci e il loro peso sul commercio mondiale ha raggiunto un massimo stori- co. La composizione settoriale è tuttavia cambiata nettamente, con un forte ridimensionamento del settore dei trasporti, a cui ha corrisposto un aumen- to di quello dei servizi informatici, di telecomunicazione e di informazione e degli altri servizi alle imprese. La diffusione delle tecnologie digitali nel com- mercio è aumentata, ma resta molto diversa tra i paesi.3 Rovesciando la tendenza degli ultimi anni, nel 2015 i flussi in entrata degli investimenti diretti esteri (Ide) a livello mondiale hanno registrato un netto incremento, raggiungendo il livello massimo dopo la crisi economica e finan- ziaria del 2008. Tale crescita si deve principalmente al forte aumento delle operazioni internazionali relative a fusioni e acquisizioni nelle economie svi- luppate. Gli Stati Uniti sono stati il paese che ha maggiormente attratto flussi di Ide a livello mondiale. I nuovi progetti greenfield si sono orientati in misura maggiore verso il Nord America, l’India, l’Indonesia e altri paesi asiatici, men- tre sono scese le quote della Russia e della Cina. Grafico 6 - Investimenti diretti esteri in entrata Flussi, valori in miliardi di dollari Fonte: elaborazioni Ice su dati Unctad 3 Si veda il riquadro di M. Saladini, Economia digitale e commercio estero, nel capitolo 1, che mette in evidenza come l’uso di Internet e dei software sviluppati per operare nel suo ambito stia cambiando il modo di condurre le transazioni commerciali. Non si tratta solo di un nuovo canale che si affianca ad altri già esistenti, ma di un’intera generazione di tecnologie e specializzazioni professionali grazie alle quali venditori e acquirenti, anche di paesi diversi, ampliano in modo notevole le proprie capacità di individuazione e conoscenza reciproca, gestiscono ogni transazione in tutti i suoi aspetti, relazionale, finanziario, amministrativo e logistico, e valutano e/o comunicano a terzi i suoi risultati nonché dati di vario genere circa l’interazione con la controparte. Aumenta il peso degli scambi di servizi. Gli investimenti internazionali sono cresciuti, sospinti da fusioni e acquisizioni nei paesi sviluppati. 0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400 1.600 1.800 2.000 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Grafico 1.10 - Investimenti diretti esteri in entrata Flussi, valori in miliardi di dollari Ide in entrata Paesi sviluppati Paesi in via di sviluppo Paesi in transizione Fonte: elaborazioni Ice su dati Unctad
  • 11. 10 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Lo sviluppo delle varie forme di produzione internazionale ha effetti rilevanti anche sulla distribuzione degli scambi. Non è più possibile valutare corretta- mente la posizione competitiva delle economie nazionali, senza tener conto di questa interdipendenza. Ad esempio, se si considera anche la produzione delle controllate estere delle multinazionali, i principali paesi avanzati (esclu- se Germania e Italia) hanno una quota di mercato mondiale sensibilmente più elevata della loro quota di esportazioni.4 A complicare il panorama dell’economia mondiale e soprattutto europea si sono aggiunte anche questioni geopolitiche. In primo luogo la già citata Brexit, cioè il voto per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, le cui conseguenze danneggiano in primo luogo l’economia britannica, ma anche la domanda internazionale di beni e servizi, compreso il turismo. In secondo luogo, il forte aumento della pressione migratoria verso l’Europa da parte dei rifugiati provenienti dai paesi in conflitto e dall’Africa, e soprattutto l’incapa- cità di gestire tale crisi, che mina le radici stesse della costruzione europea, come si vede dal rifiuto di alcuni paesi di condividere lo sforzo di solidarietà e soprattutto dalla crescita dei movimenti nazionalisti. Infine, pesano anche le divisioni fra i paesi europei sull’accordo con la Turchia per gestire la que- stione dei rifugiati, nonché diverse importanti scadenze elettorali. Restano rilevanti le conseguenze economiche e commerciali negative della crisi tra Russia e Ucraina, mentre i colpi del terrorismo continuano a mietere vittime innocenti e a minacciare i processi di integrazione internazionale.5 D’altro canto, nuove opportunità di sviluppo si aprono nei rapporti con l’Iran, dopo l’accordo sulla questione nucleare,6 e in quelli tra Cuba e Stati Uniti, dopo la fine dell’embargo.7 A fronte di una congiuntura internazionale gravata da tutti questi elementi di incertezza, continua a essere elevata l’attenzione sulle politiche volte a favo- rire gli scambi e gli investimenti internazionali. Si stima che le reti produttive internazionali in cui si è riorganizzata l’attività economica globale contribu- iscano ormai all’80 per cento delle esportazioni mondiali, ma il loro funzio- namento è potenzialmente soggetto ai problemi creati dal protezionismo. La frammentazione dei processi produttivi e la localizzazione delle funzioni aziendali in paesi diversi implicano che i beni si trovano a effettuare vari pas- saggi doganali, per cui gli effetti delle barriere commerciali, tariffarie e non, risultano amplificati. Nel 2014 è ripresa la tendenza discendente dei dazi effettivamente applica- ti, grazie soprattutto alla diminuzione delle tariffe sui beni di consumo, ma permangono forti differenze per gruppi di prodotti e per paesi. Il livello delle tariffe è in media più elevato nei paesi emergenti. Resta inoltre la preoccu- pazione circa gli effetti delle barriere non tariffarie sugli scambi di merci, per via della loro scarsa trasparenza e del fatto che – pur essendo spesso imposte come temporanee – di frequente non vengono eliminate alla sca- 4 Cfr. l’approfondimento di S. Federico, Misurare la competitività in presenza di imprese multinazionali, pubblicato nel capitolo 1. 5 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Le sanzioni contro la Russia e le esportazioni italiane, nel capitolo 3. 6 Cfr. l’approfondimento di A. Goldstein, L’Iran dopo le sanzioni – reintegro nell’economia globale, impatto sul benessere e prospettive per l’Italia, pubblicato nel capitolo 3. 7 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Il disgelo tra Cuba e Stati Uniti, nel capitolo 1. Le barriere agli scambi e agli investimenti esteri, benché in diminuzione, ostacolano il funzionamento delle reti produttive internazionali.
  • 12. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 11 denza. In questo quadro si inserisce la controversia sul riconoscimento del market economy status (Mes) alla Cina.8 Benché i dazi anti-dumping applicati finora dall’Unione Europea sui prodotti cinesi coprano un numero limitato di prodotti, la concessione immediata del Mes alla Cina potrebbe mettere a rischio molti posti di lavoro. Sarebbe necessario un coordinamento tra Unio- ne Europea, Stati Uniti e Giappone per un accordo con la Cina che rinvii la concessione del Mes, cercando di conciliare due esigenze contrapposte: da un lato salvaguardare le industrie colpite dal dumping e dalle sovvenzioni cinesi e dall’altro assicurare ai consumatori e alle imprese europee l’accesso a beni e input produttivi a basso prezzo. Come i beni intermedi, anche molti servizi (professionali, finanziari, di comu- nicazione e di trasporto) rappresentano un input produttivo che può essere fornito da imprese localizzate in vari paesi, organizzate in reti produttive. I servizi intermedi contribuiscono al valore aggiunto delle esportazioni di mer- ci per il 30 per cento circa, per cui facilitare la loro acquisizione all’estero può contribuire a incrementare la produttività delle imprese e la loro competitivi- tà, con ampie ricadute potenziali sulla crescita. Le limitazioni agli scambi internazionali di servizi, a differenza di quelle per le merci, derivano principalmente da regolamentazioni e procedure interne ai singoli paesi. Come per le barriere tariffarie, alcuni paesi emergenti mostra- no un grado di restrizione molto più elevato rispetto all’Unione Europea e ad altri paesi dell’area Ocse. Infine, in molti paesi permangono ostacoli di vario genere, anche di tipo nor- mativo, che possono disincentivare l’insediamento da parte delle imprese estere. Tuttavia, le misure adottate recentemente nei confronti degli Ide ten- dono spesso alla loro liberalizzazione, essendo riconosciuto il loro ruolo nel- le reti produttive internazionali e il fatto che la presenza di Ide comporta, di norma, importanti spillovers positivi in termini di maggiore produttività, oc- cupazione e trasferimento di conoscenza. Il grado di apertura è decisamente maggiore nel comparto secondario ed è molto più elevato nell’UE rispetto ad altri paesi Ocse e, ancor più, ai paesi non-Ocse. Per quel che riguarda gli accordi commerciali, la speranza di rilanciare i ne- goziati multilaterali in occasione della decima conferenza ministeriale di Nai- robi dell’Omc (15-19 dicembre 2015) non si è concretizzata. I risultati emer- si dalla conferenza sembrano sancire la conclusione implicita del round di Doha, pur essendo state assunte alcune rilevanti decisioni sul tema dell’agri- coltura (in particolare la regolamentazione dei sussidi) e su alcune questioni di interesse dei paesi meno avanzati. Dalla dichiarazione finale di Nairobi non è tuttavia emersa un’indicazione chiara su quale sia la via da seguire, an- che se viene messa in evidenza l’adozione del Trade Facilitation Agreement (Tfa), il primo accordo multilaterale dalla nascita dell’Omc, che contiene una serie di misure volte ad agevolare la circolazione transfrontaliera delle merci, a snellire le procedure doganali, a eliminare gli oneri burocratici esistenti – in misura minore o maggiore – in tutti i paesi.9 Il diverso approccio proposto a Nairobi sembra riferirsi all’inclusione di alcuni temi negoziali (quali gli in- vestimenti, la proprietà intellettuale, il commercio elettronico, le regolamen- 8 Cfr. l’approfondimento di F. Onida, La controversia sulla concessione alla Cina dello sta- tus di economia di mercato, pubblicato nel capitolo 1. 9 Cfr. il riquadro di C. Castelli, Le misure per la facilitazione degli scambi internazionali, nel capitolo 1. I negoziati commerciali multilaterali hanno fatto progressi...
  • 13. 12 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale tazioni interne) in accordi di tipo plurilaterale, con la partecipazione dei soli paesi membri interessati. Uno dei principali risultati scaturiti da Nairobi è stata proprio la conclusione dell’accordo plurilaterale sulle tecnologie dell’informazione (Information Te- chnology Agreement, Ita II), che prevede l’eliminazione dei dazi doganali su 201 prodotti. Sono poi in corso le trattative per liberalizzare il commercio di beni nel settore ambientale (Environmental Goods Agreement, Ega) e hanno subito un’accelerazione anche i negoziati plurilaterali riguardanti la liberaliz- zazione degli scambi di servizi (Trade in Services Agreement, Tisa) a cui parte- cipano 50 paesi che rappresentano circa il 70 per cento degli scambi mondiali di servizi. L’intento è quello di andare oltre quanto disposto dall’accordo mul- tilaterale in vigore (General Agreement on Trade in Services, Gats), prendendo come riferimento i contenuti degli accordi preferenziali più ambiziosi. Nel 2015 sono ancora aumentati gli accordi commerciali preferenziali a livello bilaterale e regionale (con 13 nuovi accordi entrati in vigore nel 2015 e uno nella prima metà del 2016) e si è avuto un forte protagonismo dei paesi dell’a- rea asiatica e in particolare di Corea del Sud e Cina. Tuttavia, a partire dal 2009, si nota un deciso rallentamento nella conclusione di nuovi accordi, che può essere, almeno in parte, attribuito alla complessità dei negoziati “di nuova generazione”, estesi a temi come la liberalizzazione degli investimenti, i diritti di proprietà intellettuale, la concorrenza, gli appalti pubblici. Tendenze analo- ghe si notano nella dinamica degli accordi bilaterali sugli investimenti interna- zionali, che ha perso slancio, dopo la grande espansione degli anni novanta. Grafico 7 - Accordi commerciali preferenziali attivi, notificati all’Omc, per anno di en- trata in vigore e cumulati (1) Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc Il grado di regionalizzazione degli scambi mondiali, dopo essere fortemente diminuito nel corso degli anni duemila, riflettendo il prevalere dei processi di globalizzazione, è tornato ad aumentare nel biennio 2013-14, quando ha perso intensità lo sviluppo della rete di relazioni commerciali extra-regionali della Cina.10 10 Cfr. l’approfondimento di C. Castelli, Accordi commerciali preferenziali e regionalizza- zione degli scambi, pubblicato nel capitolo 1. ...ma continuano le iniziative di liberalizzazione preferenziale. 0 50 100 150 200 250 300 350 0 4 7 11 14 18 21 25 Grafico 1.23 - Accordi commerciali preferenziali attivi, notificati all'Omc, per anno di entrata in vigore e cumulati (1) Merci e servizi (asse sn) Solo merci (asse sn) Cumulato (1) Dati aggiornati a giugno 2016, incluse accessioni
  • 14. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 13 Due importanti iniziative trans-regionali di politica commerciale hanno fatto passi avanti nel 2015: da un lato si è conclusa la trattativa sulla Trans-Pacific Partnership (Tpp) e dall’altro sono avanzati i negoziati per la Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) tra Stati Uniti e Unione Europea. L’UE inoltre persegue un programma ambizioso, esplicitato nella strategia Trade for all, volto a rafforzare i propri legami anche con l’America centrale e meridionale, a intensificare la politica europea di vicinato e a ridefinire i rapporti commerciali con Russia e Turchia. 2. L’Italia: quadro aggregato La lunga e profonda recessione che ha colpito l’economia italiana si è con- clusa nel 2015, lasciando il passo a una fase di ripresa debole e incerta, che tuttavia si avvale del ritrovato sostegno della domanda interna, premessa indispensabile per il suo possibile consolidamento. Le previsioni macroeco- nomiche di consenso indicano una lieve accelerazione della crescita del Pil nel 2016, che dovrebbe consentire di ridurre il divario negativo rispetto all’A- rea dell’euro. Si tratta tuttavia di stime elaborate prima dello shock generato dal referen- dum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, le cui ripercussioni, seppure ancora difficili da valutare nel quadro di grande incertezza sugli esiti effettivi della decisione inglese, che si espleteranno nell'arco di alcuni anni, possono essere negative anche nel breve periodo.11 La ripresa della domanda interna si è tradotta nel 2015 in una forte accele- razione delle importazioni di beni e servizi (+6 per cento), in particolare nelle componenti dei prodotti energetici, degli input intermedi e dei beni d’inve- stimento. Tuttavia, il surplus corrente di bilancia dei pagamenti si è ulterior- mente ampliato, raggiungendo il 2,2 per cento del Pil, avvantaggiandosi del forte calo dei prezzi delle materie prime importate. Vi ha contribuito anche l’accelerazione delle esportazioni che, favorite dal deprezzamento dell’euro, sono aumentate del 4,3 per cento nel 2015, nettamente al di sopra della domanda mondiale, pur continuando a crescere meno della media dell’Area dell’euro. Complessivamente, il grado di apertura internazionale dell’economia italiana è ulteriormente aumentato nel 2015, ma è rimasto inferiore a quello degli altri paesi europei di dimensioni comparabili, in particolare per quanto ri- guarda la penetrazione delle importazioni. 11 Una valutazione preliminare, disaggregata per settori e regioni, dell’esposizione dell’e- conomia italiana alle conseguenze della Brexit è contenuta nel contributo di A. Gold- stein e L. Incipini, Brexit e commercio estero dell'Italia – qualche indicazione sull’esposizio- ne di regioni e settori, pubblicato nel capitolo 5. L’economia italiana è in ripresa, ma le prospettive si stanno oscurando.
  • 15. 14 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Grafico 8 - Saldo di conto corrente e posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia (1) In percentuale del prodotto interno lordo (1) La revisione dei dati sulla posizione patrimoniale sull’estero da parte della Banca d’Italia ha riguardato il periodo 2009-2015. Fonte: elaborazioni Ice su dati Banca d’Italia e Istat I dati disponibili per il primo trimestre 2016, pur confermando la tendenza all’aumento del surplus corrente, mostrano un rallentamento degli scambi: il tasso di crescita tendenziale delle importazioni di beni e servizi è sceso all’1,2 per cento, appena al di sopra di quello del Pil (1 per cento). Le esportazioni hanno fatto registrare una lieve flessione (0,4 per cento). Segnali solo in parte simili si traggono dai dati doganali sugli scambi di merci, disponibili per il periodo gennaio-aprile 2016. La dinamica delle importazioni in volume appare ancora relativamente sostenuta (+3,8 per cento) rispetto ai primi quattro mesi del 2015. Le esportazioni sono rimaste sostanzialmente stabili (+0,2 per cento), mentre si stima che quelle dell’Area dell’euro siano cresciute in media dell’1,2 per cento.12 Viste in una prospettiva più lunga, le quote di mercato delle esportazioni italiane, che erano tendenzialmente diminuite nel ventennio tra il 1990 e il 2010, si sono stabilizzate negli ultimi anni, risentendo solo marginalmente delle oscillazioni del cambio reale dell’euro. In realtà l’aumento delle espor- tazioni italiane di beni in volume è stato superiore alla domanda potenziale nei singoli mercati di sbocco,13 ma la loro crescita aggregata è stata frenata dal fatto che esse sono ancora relativamente concentrate verso aree meno dinamiche della media. 12 Cfr. CPB, World Trade Monitor (including April 2016), cit.. 13 Cfr. Banca d’Italia, Relazione annuale – anno 2015, 2016, p. 103. -32 -24 -16 -8 0 8 16 24 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Grafico 2.5 - Saldo di conto corrente e posizione patrimoniale sull'estero dell'Italia In percentuale del prodotto interno lordo Saldo di conto corrente (scala sinistra) Posizione patrimoniale sull'estero: nuova serie (scala destra) Posizione patrimoniale sull'estero (scala destra) Le quote di mercato delle esportazioni italiane si sono stabilizzate, favorite dal mutamento di composizione della domanda mondiale.
  • 16. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 15 Grafico 9 - Competitività e quote di mercato delle esportazioni italiane di merci Quote in percentuale e indici Fonte: elaborazioni Ice su dati Banca d’Italia e Omc Valutata a prezzi correnti, la quota italiana sulle esportazioni mondiali si è assestata intorno al 2,8 per cento nell’ultimo triennio. Un esercizio di decom- posizione statistica presentato in questo Rapporto14 mostra che, in media, le quote italiane nei singoli mercati dei singoli prodotti sono diminuite, soprat- tutto nel 2015, riflettendo anche l’impatto nominale negativo del deprezza- mento dell’euro. Tuttavia, la quota aggregata è stata sostenuta dai cambia- menti nella composizione merceologica della domanda mondiale: il calo dei prezzi delle materie prime ha penalizzato tutti i paesi che le producono, av- vantaggiando quelli, come l’Italia, specializzati nei manufatti. In particolare, la quota italiana è stata favorita dalla relativa vivacità della domanda di beni di consumo per la persona e per la casa, che negli ultimi anni, invertendo una lunga tendenza negativa, hanno accresciuto il loro peso sul commercio mondiale, grazie all’espansione dei ceti medi nei paesi emergenti. Restano peraltro ampie le opportunità non ancora sfruttate dalle imprese italiane in questi mercati.15 Considerazioni analoghe valgono se si restringe l’analisi alla quota dell’Italia sulle esportazioni di merci dell’Area dell’euro, che ha mostrato segni di lieve ripresa nell’ultimo quinquennio, attestandosi al 10,6 per cento nel 2015. Il deprezzamento di una moneta può consentire alle imprese di applicare sui mercati esteri prezzi in valuta nazionale superiori a quelli proposti sul mercato interno, senza subire perdite di competitività. Ciò è accaduto an- che con l’euro nel 2015: i prezzi dei prodotti industriali italiani sono rimasti praticamente invariati nei mercati interni, ma sono aumentati dello 0,8 per 14 Cfr. l’approfondimento di G. Giangaspero e M. Repole, Le quote di mercato dei principali paesi europei: un’analisi constant-market-shares, pubblicato nel capitolo 2. 15 Cfr. l’approfondimento di D. Langiu e G. Marciante, Nuovi spazi per le esportazioni ita- liane? La crescente domanda di beni di consumo nei mercati emergenti, pubblicato nel capitolo 3. 90 92 94 96 98 100 102 104 2,0 2,2 2,4 2,6 2,8 3,0 3,2 3,4 3,6 3,8 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Grafico 2.8 - Competitività e quote di mercato delle esportazioni italiane di merci Quote in percentuale e indici Quota a prezzi costanti (base 2010, scala sinistra) Quota a prezzi correnti (scala sinistra) Competitività (reciproco dell'indicatore di competitività basato sui prezzi alla produzione dei manufatti, 1999=100, scala destra). Variazioni positive indicano aumenti della competitività e viceversa.
  • 17. 16 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Grafico 10 - Quote di mercato delle esportazioni italiane e dinamica della domanda mondiale per settori La dimensione della bolla rappresenta il peso del settore sulle esportazioni mondiali nel periodo 2010-15. Bolle verdi (grigie) indicano settori in cui la quota di mercato dell’Italia è cresciuta (diminuita) tra il 2010 e il 2015. Le linee tratteggiate rappresentano le variabili indicate nei due assi per il totale dei settori. Fonte: elaborazioni Ice su dati di Istituti nazionali di statistica cento nelle esportazioni al di fuori dell’Area dell’euro, con un lieve recupero nei margini relativi di profitto. Peraltro queste strategie di discriminazione di prezzo tra i mercati appaiono più prudenti che in altri paesi (Francia, Ger- mania, Spagna), dove il divario tra i prezzi praticati all’esterno e all’interno dell’Eurozona ha oscillato tra i due e i quattro punti percentuali. I cambiamenti nella divisione internazionale del lavoro, con la frammentazio- ne dei processi produttivi in reti di imprese collocate in paesi diversi e specia- lizzate per funzioni aziendali all’interno delle catene del valore, impongono l’uso di metriche diverse per valutare le posizioni competitive delle industrie nazionali. La crescente partecipazione delle imprese alle reti produttive in- ternazionali ha abbassato in tutti i paesi il contenuto di valore aggiunto inter- no delle esportazioni, allentando il legame tra la loro dinamica e la crescita del Pil. In Italia questo indicatore, pur essendo diminuito notevolmente a partire dalla seconda metà degli anni novanta, è rimasto comunque più ele- vato che negli altri principali paesi europei e superiore alla media mondia- le, rivelando anche in questa prospettiva un ritardo di apertura del sistema economico. Il migliore andamento delle esportazioni della Germania rispetto a quelle dell’Italia si deve in qualche misura anche alla più profonda integra- zione delle imprese tedesche nelle reti produttive internazionali. Al netto di questo effetto, la perdita di quota relativa delle esportazioni italiane appare più contenuta, se misurata in termini di valore aggiunto interno, invece che di valore lordo.16 16 Cfr. l’approfondimento di A. Felettigh e G. Oddo, Quote di mercato sul valore aggiunto e catene globali del valore, pubblicato nel capitolo 2. Macchinari ed apparecchi n.c.a. 1,5 Prodotti in legno,carta e Prodotti dell'industria -9 -7 -5 -3 -1 1 3 5 7 -1 1 3 5 7 9 11 Coke e prodotti petroliferi raffinati Metalli di base e prodotti in metallo Prodotti farmaceutici Prodotti alimentari, bevande e tabacco stampa estrattiva Quote di mercato dell'Italia sulle esportazioni mondiali (media 2010-2015) Variazionemediaannuadelleesportazionimondialiindollari correntitrail2010eil2015 Prodotti tessili e articoli d'abbigliamento Articoli in pelle Sostanze e prod. chimici Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi Apparecchi elettrici Altri mezzi di trasporto Mobili 3,0 Articoli in gomma e materie plastiche Prodotti dell'agricoltura, silvicoltura e pesca Computer, apparecchi elettronici e ottici
  • 18. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 17 3. Aree e principali paesi L’aumento del surplus commerciale realizzato dall’Italia nel 2015 è il frutto di variazioni molto diverse con le principali aree. Il saldo positivo con il Nor- damerica è passato da 18 a 24 miliardi di euro, sospinto dalla forte crescita (21 per cento) delle esportazioni verso gli Stati Uniti. Sono migliorati con- siderevolmente anche i saldi con il Medio Oriente, l’Africa settentrionale e l’Asia centrale, grazie al calo dei prezzi delle importazioni di materie prime energetiche. Per contro, si è ampliato il disavanzo con l’Asia orientale, e in particolare quello con la Cina, passato da 15 a 18 miliardi circa, come risulta- to dell’inattesa gelata delle esportazioni (-0,7 per cento). È inoltre sceso da 15 a 11,5 miliardi il surplus con l’Unione Europea, come risultato di andamenti negativi in diversi paesi, tra cui Germania, Irlanda e Polonia, che hanno più che compensato i miglioramenti dei saldi con altri partner, tra cui il Regno Unito e la Spagna. Nei primi quattro mesi del 2016 sono emerse tendenze parzialmente diver- se. Il surplus con l’Unione Europea è tornato ad aumentare, sospinto da una crescita delle esportazioni superiore a quella delle importazioni, in partico- lare in Francia e in Spagna. Le esportazioni verso gli Stati Uniti hanno subito un netto rallentamento, ma il surplus dell’Italia ha continuato ad ampliarsi per il contestuale calo delle importazioni. Il disavanzo con la Cina è rimasto pressoché invariato, a seguito di una netta flessione di entrambi i flussi di in- terscambio. Il surplus con i paesi produttori di petrolio si è ulteriormente ac- cresciuto, continuando a riflettere l’andamento favorevole dei prezzi relativi. Nell’ultimo biennio le esportazioni italiane verso la Russia sono state penaliz- zate principalmente dagli effetti della grave recessione che ha colpito il pae- se, in conseguenza del calo dei prezzi delle materie prime. Le sanzioni adot- tate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea in risposta alla crisi ucraina e le ritorsioni russe hanno aggravato la situazione, non soltanto per i loro effetti sulle vendite dei prodotti direttamente coinvolti, ma anche per l’impatto sul- la percezione del rischio-paese e sul finanziamento del commercio estero.17 Un altro caso in cui le relazioni commerciali bilaterali sono fortemente con- dizionate da quelle politiche è l’Iran, il cui mercato ha un grande potenziale di crescita, che potrebbe essere attivato dalla fine delle sanzioni e, in futu- ro, da un’eventuale adesione all’Omc. Le difficoltà che si frappongono sono ancora molte, legate al complicato intreccio tra tensioni politiche interne e internazionali. Tuttavia, le opportunità che potrebbero aprirsi per le imprese italiane sono ampie, anche in considerazione degli intensi rapporti commer- ciali esistenti in passato.18 L’orientamento geografico delle esportazioni italiane può essere rappresen- tato sinteticamente con la mappa delle loro quote nei diversi mercati. Ne emerge in primo luogo il ruolo della distanza geografica, che sottintende la diversa incidenza dei costi di trasporto sull’intensità degli scambi bilaterali. In generale, le quote delle esportazioni italiane sono più elevate della media nell’Unione Europea, dove gioca favorevolmente anche l’assenza di barriere doganali, ma raggiungono livelli ancora più elevati in altri mercati mediter- 17 Cfr. il riquadro di R. A. Maroni, Le sanzioni contro la Russia e le esportazioni italiane, cit.. 18 Cfr. l’approfondimento di A. Goldstein, L’Iran dopo le sanzioni – reintegro nell’economia globale, impatto sul benessere e prospettive per l’Italia, cit.. I saldi commerciali dell’Italia sono migliorati con il Nordamerica e i paesi produttori di materie prime, sono peggiorati con l’Asia orientale e l’Unione Europea.
  • 19. 18 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale ranei (Balcani e Nordafrica), nei quali – a parità di prossimità geografica – la posizione dominante dell’Italia è favorita da fattori diversi, tra cui il ritardo con cui alcuni di questi paesi si stanno inserendo nel sistema multilaterale degli scambi. Si nota infine che in alcuni casi (Argentina, Australia, Brasile) la grande distanza geografica è parzialmente compensata dalla forza dei lega- mi culturali e produttivi generati dalla presenza di grandi comunità di origine italiana. Grafico 11 - Quote di mercato delle esportazioni italiane per paesi Quote percentuali 2015 Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of Customs Negli ultimi anni, come è stato già rilevato, le quote di mercato delle espor- tazioni italiane hanno manifestato segni di ripresa, dopo un lungo periodo di declino. Considerando il quinquennio 2010-15, i principali mercati possono essere suddivisi in tre gruppi. Nel primo, che include gli Stati Uniti, il Giap- pone e altri paesi asiatici, le esportazioni italiane hanno guadagnato quota sia rispetto a quelle mondiali che all’Area dell’euro. Nel secondo compaiono mercati, come la Germania e la Russia, dove le quote italiane, pur essendo- si ridotte rispetto alle esportazioni mondiali, sono aumentate nei confronti dell’Area dell’euro. Infine il terzo gruppo include i mercati critici, tra cui la Cina, la Francia e il Regno Unito, nei quali le esportazioni italiane hanno per- so terreno in entrambe le direzioni di confronto. Le partecipazioni produttive all’estero delle imprese italiane sono diminuite negli ultimi anni, sia in termini di addetti che di fatturato delle imprese par- tecipate. Il peso dell’Unione Europea come area di destinazione si è progres- sivamente ridimensionato, lasciando spazio a una maggiore diversificazione verso il Nordamerica e l’Asia. Pur rimanendo assai inferiore a quella dei maggiori paesi europei, è invece leggermente aumentata la presenza delle multinazionali straniere in Italia. Anche in questo caso, nell’ultimo quinquennio, la quota delle partecipazioni in Italia di imprese dell’Unione Europea è diminuita, a vantaggio soprattutto Legenda oltre 8,0% da 3,9% a 8,0% da 1,9% a 3,8% fino a 1,8% n.d. Quota media: 2,8% I mercati di maggiore successo delle esportazioni italiane sono stati gli Stati Uniti, il Giappone e altri paesi asiatici.
  • 20. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 19 del Medio Oriente e dell’Asia orientale, in cui si trovano alcuni dei Fondi so- vrani più attivi nelle operazioni di acquisizione internazionale. Grafico 12 - Quote italiane: andamento rispetto alle esportazioni del mondo e dell’Area dell’euro (periodo 2010-15) Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots, Eurostat e Istituti nazionali di statistica. 4. I settori L’ulteriore incremento registrato dal surplus commerciale dell’Italia nel 2015 è il risultato della forte riduzione del disavanzo dell’industria estrattiva, do- vuta al calo del valore delle importazioni di petrolio e di altre materie prime. Il saldo attivo dell’industria manifatturiera, per la prima volta dopo quattro anni di aumento progressivo, è diminuito, passando da 99 a 94 miliardi. La crescita delle importazioni (6,9 per cento), attivata dalla ripresa produttiva, ha sopravanzato nettamente quella delle esportazioni (3,7 per cento). Il diva- rio si è manifestato in quasi tutti i principali settori, con le eccezioni dei deri- vati del petrolio, dell’industria alimentare e – in misura minore – del sistema dei prodotti per l’arredamento. Anche la dinamica degli scambi nel terziario sembra riflettere i segni dell’av- vio della ripresa: il disavanzo è aumentato in quasi tutti i settori dei servizi intermedi (trasporti, servizi finanziari, servizi informatici, di informazione e di telecomunicazione, altri servizi alle imprese). Viceversa, si è ampliato il saldo attivo dei viaggi all’estero. I primi mesi del 2016 (gennaio-aprile) sono stati ancora caratterizzati da una contrazione del disavanzo energetico, ma il surplus manifatturiero ha subito un’ulteriore flessione, a cui ha contribuito principalmente il comparto dei mezzi di trasporto, in cui le esportazioni di autoveicoli hanno nettamente rallentato. Peraltro negli ultimi anni è stato proprio il comparto degli autoveicoli (inclusa Russia Francia Regno Unito Spagna Svizzera Belgio Stati Uniti Polonia Cina Turchia Austria Romania Emirati Arabi Uniti Germania Paesi Bassi Hong Kong Giappone Arabia Saudita Repubblica Ceca Corea del Sud -2 0 -4 2 4 6 -1,2 -0,7 -0,2 0,3 0,8 1,3 Grafico 3.3 - Quote italiane: andamento rispetto alle esportazioni del mondo e dell'Area dell'euro (periodo 2010-15) La dimensione della bolla rappresenta la dimensione del mercato nel 2015, calcolata come quota del paese sulle importazioni mondiali. Variazioniassolutedellaquoteitalianesulleesportazioni dell'Areadell'euro2010-2015 Variazioni assolute delle quote italiane sulle esportazioni mondiali 2010-2015 La ripresa economica ha fatto crescere le importazioni, riducendo il surplus manifatturiero.
  • 21. 20 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale la produzione di componenti) a trainare la crescita delle esportazioni e della produzione manifatturiera in Italia. Dopo aver subito in misura particolar- mente forte l’impatto della crisi globale, il settore si è giovato dei processi di ristrutturazione e riqualificazione in corso da molti anni, reagendo alla caduta della domanda interna con una rinnovata espansione internazionale. Oltre alla fusione tra Fiat e Chrysler, che ha cambiato radicalmente la strut- tura industriale del settore, si è manifestata progressivamente la capacità competitiva dei produttori di componenti, che sono riusciti a rafforzare la propria posizione in tutti i principali centri produttivi mondiali.19 Nei principali settori dell’industria manifatturiera il 2015 ha confermato una tendenza già in corso da tempo a una crescita dei prezzi delle esportazioni a tassi inferiori a quelli dei valori unitari. Sia pure con la cautela che deriva dalla diversità dei metodi statistici usati per la costruzione degli indici, si può ipotizzare che questo divario, particolarmente evidente nei settori di punta del made in Italy, rifletta un processo di miglioramento qualitativo del mix di prodotti esportati, con un aumento di peso di quelli di fascia più elevata. Inoltre, potrebbero avervi concorso i processi di selezione competitiva delle imprese esportatrici, che tendono a espellere dai mercati quelle meno pro- duttive, spesso collocate su fasce di prodotto di valore unitario inferiore, o incentivano la delocalizzazione all’estero delle attività di valore meno eleva- to. Grafico 13 - Prezzi alla produzione e valori medi unitari delle esportazioni per alcuni settori del Made in Italy Tassi di crescita medi annui 2011-2015 Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat Scontando l’impatto nominale negativo del deprezzamento dell’euro, la quo- ta dell’Italia sulle esportazioni mondiali di manufatti ha subito una flessione nel 2015, passando dal 3,6 al 3,4 per cento. Le perdite hanno coinvolto quasi tutti i settori, con l’eccezione degli autoveicoli e dei derivati del petrolio. 19 Cfr. l’approfondimento di A. Lanza e A. Dossena, Il commercio con l’estero del settore automotive italiano, pubblicato nel capitolo 4. Continua a migliorare la composizione qualitativa dei prodotti esportati. -1 0 1 2 3 4 5 6 Alimentari, bevande e tabacco Tessile, abbigliamento e articoli in pelle e simili Macchinari e apparecchiature Mobili Totale attività manifatturiere Grafico 13 - Prezzi alla produzione e valori medi unitari delle esportazioni per alcuni settori del Made in Italy Tassi di crescita medi annui 2011-2015 n Prezzi alla produzione sul mercato interno n Prezzi alla produzione sui mercati esteri, zona non euro n Prezzi alla produzione sui mercati esteri, zona euro n Valori medi unitari delle esportazioni Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
  • 22. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 21 Tuttavia, per valutare meglio, anche a livello settoriale, la prestazione com- petitiva delle esportazioni italiane, è opportuno adottare una prospettiva temporale più lunga e distinguere l’andamento delle loro quote di mercato misurate sulle esportazioni mondiali e su quelle dell’Area dell’euro. Emergo- no anche in questo caso, con riferimento al periodo 2010-15, i tre tipi di ten- denze già evidenziati nell’analisi per mercati. In realtà soltanto un settore, la farmaceutica, ha recuperato posizioni sia rispetto alle esportazioni mondiali che a quelle dell’Area dell’euro, ma ce ne sono altri (autoveicoli, meccani- ca, chimica, alimentare e filiera della carta-stampa) il cui successo rispetto all’Area dell’euro si accompagna a un’erosione molto lieve delle quote sulle esportazioni mondiali. Quasi tutti gli altri settori hanno perso quote di mer- cato in entrambe le dimensioni. Grafico 14 - Quote dell’Italia sulle esportazioni del mondo e dell’Area dell’euro per settori manifatturieri (1) Variazioni assolute delle quote percentuali a prezzi correnti tra il 2010 e il 2015 (1) Il valore a margine dell’etichetta indica il peso percentuale medio del settore sulle esportazioni mondiali (2010-2015). Fonte: elaborazioni Ice su dati Eurostat e istituti nazionali di statistica Mentre, quando si considerano le esportazioni mondiali di manufatti, gli anni duemila erano stati contrassegnati da un’ampia redistribuzione di quote da- gli Stati Uniti e dal Giappone verso la Cina, nell’ultimo quinquennio gli Stati Uniti hanno recuperato terreno, anche se è stata di nuovo la Cina a consegui- re l’incremento di quota più elevato. Appare ragionevole ipotizzare, come già accennato, che questi cambiamenti riflettano almeno in parte le conseguen- ze degli investimenti diretti realizzati in Cina dalle multinazionali statunitensi e giapponesi. Uno dei settori manifatturieri messi maggiormente in difficoltà dall’avanzata dei prodotti cinesi, anche in Italia, è la siderurgia. Per un insieme di ragioni economiche e politiche, la Cina ha accumulato in questo settore un ingen- te eccesso di capacità produttiva, che cerca sbocchi di mercato esercitando una forte pressione al ribasso sui prezzi e compromettendo gli equilibri di bilancio dei produttori europei. Ai vantaggi che ne derivano per i settori uti- lizzatori di acciaio, in termini di costi più bassi, si associano dunque rilevanti La farmaceutica, gli autoveicoli, la meccanica, la chimica, l’industria alimentare sono tra i settori di maggiore successo delle esportazioni italiane. Prodotti alimentari, bevande e tabacco (5,5) Prodotti tessili, abbigliamento e accessori (5,5) Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili) (0,6) Carta e prodotti di carta; stampa (1,3) Coke e prodotti petroliferi raffinati (4,8) Sostanze e prodotti chimici (7,5) Articoli farmaceutici, chimico- medicinali e botanici (3,4) Articoli in gomma e plastica (2,5) Vetro, ceramica, materiali non metallici per l'edilizia (1,2) Metalli di base e prodotti in metallo (8,6) Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi (8) Apparecchi elettrici (4,6) Macchinari ed apparecchi meccanici (8,9) Altri mezzi di trasporto (3,4) Prodotti delle altre industrie manifatturiere (2,8) -3 -2,5 -2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 -2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 Variazionedellaquotaitalianasulleesportazionidell'Areadell'euro Variazione della quota italiana sulle esportazioni mondiali Fonte: elaborazioni Ice su dati Eurostat e istituti nazionali di statistica !" Il valore a margine dell'etichetta indica il peso percentuale medio del settore sulle esportazioni mondiali (2010-2015).
  • 23. 22 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale problemi economici e sociali per la crisi del settore. L’introduzione di misure di protezione, purché conformi al regime degli scambi in vigore, potrebbe of- frire un sollievo temporaneo ai produttori europei, ma una soluzione soste- nibile nel lungo periodo può essere ottenuta soltanto rafforzando i processi di ristrutturazione e innovazione tecnologica.20 Considerando soltanto le esportazioni di manufatti dell’Area dell’euro, l’Italia si distingue per aver mantenuto invariata la sua quota negli ultimi cinque anni, dopo aver subito una perdita rilevante nel decennio precedente, con punte particolarmente forti nel comparto della moda e nei mobili. Al contra- rio, la Francia, che pure aveva perso ampiamente terreno negli anni duemila, ha continuato a cedere quote anche tra il 2010 e il 2015. I paesi che hanno avuto le prestazioni relativamente migliori in entrambi i periodi sono la Ger- mania, la Slovacchia e la Spagna. Nel settore dei servizi le quote di mercato delle esportazioni italiane hanno subito una nuova lieve flessione nel 2015, sia in rapporto alle esportazioni mondiali che a quelle dell’Unione Europea. La perdita è imputabile essenzial- mente all’ampio raggruppamento degli “altri servizi commerciali”, in cui sono classificati quasi tutti i servizi alle imprese. Gli scambi internazionali di servizi potrebbero essere interessati, nei prossi- mi anni, dall’esito del negoziato in corso per un nuovo accordo commerciale plurilaterale, il Trade in Services Agreement (Tisa). L’entrata in vigore dell’ac- cordo potrebbe creare, nel breve termine, problemi di aggiustamento ai pro- duttori italiani di servizi, ma aprirebbe opportunità di benefici non soltanto per i consumatori, ma anche per le imprese di tutti i settori, avvantaggiate dall’aumento della concorrenza tra i fornitori di servizi intermedi.21 L’attività produttiva internazionale delle imprese italiane, misurata dalle loro partecipazioni in imprese estere, ha subito una flessione nel 2015, in termini di numero di partecipazioni, addetti e fatturato. Vi ha concorso in misura notevole il fatto che alcune importanti multinazionali italiane siano state og- getto di acquisizioni dall’estero, uscendo quindi dal campo di osservazione delle statistiche sull’internazionalizzazione in uscita. In termini di addetti e di fatturato realizzato dalle imprese partecipate, è aumentato nell’ultimo quinquennio il peso dell’industria manifatturiera, essenzialmente nel settore degli autoveicoli. Anche considerando le imprese italiane a partecipazione estera, il peso dell’industria manifatturiera è salito nell’ultimo quinquennio e i settori più di- namici sono stati alcuni di quelli caratteristici del modello di specializzazione dell’industria italiana, come il sistema moda e la meccanica. Sembra dunque confermata l’ipotesi che le multinazionali straniere tendano a privilegiare nelle loro acquisizioni imprese di punta del made in Italy, capaci di espandere considerevolmente il proprio fatturato anche in anni di crisi. I modelli di specializzazione commerciale dei diversi paesi non possono più essere spiegati adeguatamente, senza tener conto anche delle varie forme di produzione internazionale. La nuova metrica del valore aggiunto, già con- siderata per interpretare meglio la dinamica aggregata delle esportazioni, può essere applicata anche allo studio della loro struttura settoriale. La rap- 20 Cfr. l’approfondimento di F. Ferrari, Recenti sviluppi e prospettive per l’industria siderur- gica europea. Come uscire dalla crisi?, pubblicato nel capitolo 4. 21 Cfr. il riquadro di P. Stanojevic, L’accordo sugli scambi di servizi (TISA): implicazioni per l’economia italiana, nel capitolo 4. Sono ancora diminuite le quote italiane sulle esportazioni di servizi.
  • 24. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 23 presentazione che se ne ricava per il modello italiano non è molto diversa da quella tratta dai dati tradizionali di commercio estero: i settori di più marcata specializzazione sono i macchinari e i prodotti in pelle. Tuttavia, l’intensità dei vantaggi comparati appare attenuata quando è misurata sui dati in va- lore aggiunto, perché la frammentazione internazionale della produzione comporta, come si è visto in precedenza, un abbassamento del contenuto di valore aggiunto interno delle esportazioni.22 5. Il territorio Non è facile identificare con chiarezza, superando il filtro delle oscillazioni di breve periodo, le tendenze di fondo della distribuzione regionale delle atti- vità economiche, e in particolare delle esportazioni. Osservando l’arco degli ultimi venti anni, si nota tuttavia una perdita di quota dell’Italia nord-occiden- tale, che è andata prevalentemente a vantaggio del Nord-Est e del Centro, mentre la quota del Mezzogiorno è rimasta marginale. Grafico 15 - Esportazioni di merci delle ripartizioni territoriali italiane Quote percentuali sul totale delle esportazioni regionali Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat In realtà, fino al 2012, la quota del Mezzogiorno era tendenzialmente salita. Se negli anni novanta la sua ascesa rifletteva anche un processo di diffusione della capacità di esportare nel tessuto imprenditoriale locale, nel decennio successivo essa è stata sostenuta soltanto dalla crescita dei prezzi dei deri- vati del petrolio, in cui sono specializzate le esportazioni siciliane e sarde. Quando il ciclo dei prezzi si è invertito, la quota della ripartizione ha subito un brusco arretramento. Il lieve recupero registrato nel 2015 è dovuto es- senzialmente alle esportazioni di autoveicoli della Basilicata. 22 Cfr. l’approfondimento di L. Dell’Agostino e S. Nenci, Il modello di specializzazione della manifattura italiana alla luce dei nuovi dati in valore aggiunto, pubblicato nel capitolo 4. Negli ultimi venti anni, la crescita delle esportazioni è stata più forte nella “Terza Italia”. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 Italia nord-occidentale Italia nord-orientale Italia centrale Mezzogiorno Grafico 5.1 - Esportazioni di merci delle ripartizioni territoriali italiane Quote percentuali sul totale delle esportazioni regionali n 1995 n 2005 n 2015 Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat
  • 25. 24 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Tendenze parzialmente simili si riscontrano nei dati relativi al primo trime- stre 2016. L’Italia nord-occidentale ha continuato a perdere quota, soprattut- to per la caduta delle esportazioni piemontesi (-7 per cento). Ne hanno tratto vantaggio principalmente l’Italia centrale, dove le esportazioni del Lazio e dell’Umbria sono aumentate di oltre il 5 per cento, e il Mezzogiorno, dove la forte crescita registrata da Abruzzo, Basilicata e Molise ha più che compen- sato i cedimenti delle altre regioni, e in particolare delle Isole. La distribuzione regionale degli scambi di servizi è più concentrata rispetto a quelli di merci, perché le maggiori imprese che li realizzano sono localiz- zate prevalentemente nei grandi centri urbani (Roma e Milano). Nel 2015, tuttavia, gli incrementi più consistenti sono stati realizzati nel Nord-Est e nel Mezzogiorno. Il grado di apertura internazionale dei sistemi economici è molto variabile tra le regioni. In generale, tende a essere più elevato in Italia settentrionale, rispetto al Centro e soprattutto al Mezzogiorno. I divari di apertura appa- iono in aumento: nelle regioni del Centro-Sud si osserva negli ultimi anni una tendenziale flessione della quota di domanda interna soddisfatta dalle importazioni e della propensione a esportare, benché nel 2015 il valore delle esportazioni per addetto sia aumentato anche in diverse regioni meridionali. Il ritardo del Mezzogiorno appare ancora più evidente quando si considera l’internazionalizzazione produttiva. La sua quota sulle partecipazioni italiane in imprese estere è molto bassa in termini numerici (4,5 per cento nel 2015) e ancor più in termini di addetti (3 per cento) e fatturato (2,5 per cento), il che rivela dimensioni medie delle imprese partecipate più contenute della media nazionale e un divario negativo anche in termini di fatturato per addetto. Le multinazionali più grandi, come fatturato all’estero, sono fortemente con- centrate in poche regioni. Nell’ultimo quinquennio la quota del Piemonte è progressivamente aumentata, ai danni di quelle del Lazio e della Lombardia. Anche la capacità del Mezzogiorno di attrarre investimenti dall’estero appare limitata. La sua quota sugli addetti nelle imprese italiane a partecipazione estera si è attestata al 5,4 per cento nel 2015, dopo essere aumentata negli ultimi anni, grazie soprattutto al contributo della Campania. Tra le altre re- gioni, si nota il ridimensionamento della quota del Lazio, a vantaggio soprat- tutto di Emilia-Romagna e Toscana. La presenza multinazionale in Italia resta comunque fortemente concentrata nel Nord-Ovest, dove si trova oltre il 56 per cento degli addetti, e nel Lazio, per il ruolo svolto dall’area metropolitana di Roma. In generale, in tutto il mondo le multinazionali tendono a preferire i sistemi urbani per le loro scelte di localizzazione: i vantaggi che derivano dalla concentrazione di risorse diversificate, tipica dei contesti metropolitani, superano spesso i costi di congestione e consentono di ridurre le difficoltà di accesso all’innovazione e ai mercati esteri.23 Più in generale, le regioni amministrative non sono le unità territoriali più appropriate per analizzare i cambiamenti nella geografia del sistema eco- nomico italiano. Le forze di concentrazione e dispersione che sottendono le scelte localizzative delle imprese si manifestano generalmente a livelli di disaggregazione territoriale più articolati. Le diversità dei sistemi locali con- dizionano in modo rilevante la loro apertura internazionale. Ad esempio, i costi di accesso ai mercati esteri sono molto differenziati tra le province ita- 23 Cfr. l’approfondimento di D. Castellani, La multinazionale va in città, pubblicato nel capitolo 5. Il Mezzogiorno continua a scontare un grado di apertura internazionale molto basso
  • 26. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 25 liane, anche all’interno delle ripartizioni territoriali, risentendo non soltanto della distanza geografica e della dotazione infrastrutturale, ma anche del complesso insieme di fattori culturali e sociali che, nel corso della storia dei sistemi locali, ne hanno plasmato la distanza economica dal resto del mon- do.24 Oltre che dal diverso grado di prossimità ai principali mercati di sbocco, la probabilità di esportare delle imprese è influenzata da altre caratteristiche dei sistemi locali in cui agiscono, come la qualità e l’efficienza della Pubblica amministrazione e la dotazione di capitale umano e sociale.25 6. Le imprese Il numero degli esportatori ha continuato a crescere nel 2015, raggiungendo un nuovo massimo (oltre 214.000 operatori). È salito anche il valore medio delle esportazioni per impresa, che ha sfiorato gli 1,9 milioni di euro. Grafico 16 - Margine estensivo e intensivo delle esportazioni Numero di operatori commerciali all’esportazione, valori medi espor- tati in migliaia di euro Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat L’aumento del numero degli esportatori (il margine estensivo del fenomeno) è alimentato dal basso, nella classe dimensionale più piccola, dalla compar- sa di nuovi soggetti che si affacciano per la prima volta sui mercati esteri, sospinti dalla necessità di trovare sbocchi alternativi rispetto alla debolez- za della domanda interna e, più recentemente, dalle opportunità create dal deprezzamento dell’euro. Tuttavia, molti di questi nuovi esportatori non riescono a consolidare la propria presenza, andando oltre una comparsa occasionale su pochi mercati. Nelle classi dimensionali maggiori continua il processo di selezione competitiva delle imprese, anche se recentemente 24 Cfr. l’approfondimento di L. De Benedictis e A. M. Pinna, I costi del commercio interna- zionale: il caso delle province italiane, pubblicato nel capitolo 5. 25 Cfr. l’approfondimento di P. De Matteis, F. Pietrovito e A. F. Pozzolo, La propensione a esportare delle imprese italiane: il ruolo del contesto locale, pubblicato nel capitolo 5. Il numero degli esportatori e il valore medio delle loro vendite continuano ad aumentare. 1.400 1.500 1.600 1.700 1.800 1.900 2.000 185.000 190.000 195.000 200.000 205.000 210.000 215.000 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015(1) Grafico 6.1 Margine estensivo e intensivo delle esportazioni Numero di operatori commerciali all'esportazione, valori medi esportati in migliaia di euro Operatori (scala sx) Valore medio esportato (scala dx) Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat (1) Dati provvisori
  • 27. 26 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale sono emersi segni di recupero nel numero degli operatori più grandi, con un fatturato export superiore ai 15 milioni di euro. I tassi di incremento del valore medio delle esportazioni per operatore (il margine intensivo) crescono al crescere delle dimensioni aziendali. Tuttavia, rispetto al massimo del 2007, la quota delle imprese più grandi sul valore delle esportazioni italiane non ha ancora recuperato la perdita subita nella prima fase della crisi, proprio a causa del fatto che la riduzione nel numero degli esportatori più grandi è stata proporzionalmente maggiore dell’incre- mento del loro fatturato medio sui mercati esteri. A confronto con i principali paesi dell’Area dell’euro, l’anomalia dell’Italia emerge soprattutto considerando le grandi imprese (con oltre 250 addetti), che hanno un peso nettamente inferiore che in Francia, Germania e Spagna, sia in termini numerici che di valore delle esportazioni. Al polo opposto le mi- cro-imprese esportatrici (fino a 9 addetti), pur essendo moltissime, incidono poco sul valore delle vendite all’estero. Pesano invece molto di più le imprese piccole e medie, che realizzano quasi la metà delle esportazioni italiane, ma appena un quinto di quelle tedesche e un quarto di quelle francesi. Il numero medio di mercati esteri per esportatore è cresciuto ulteriormente nel 2015, raggiungendo un nuovo massimo (5,85). Di questo aumento nel grado di diversificazione geografica delle esportazioni si ha riscontro anche nella flessione della quota di imprese presenti soltanto in un mercato estero, scesa al 42,8 per cento. A confronto con Francia e Spagna, l’Italia si caratte- rizza per un numero relativamente più basso di imprese che esportano in un solo mercato, ma la quota di esportazioni realizzata dalle imprese presenti in più mercati è inferiore a quelle della Francia e della Germania. L’aumento del grado di apertura esterna dell’economia italiana emerge al- tresì dalla crescita della quota di imprese esportatrici sul totale delle imprese attive, passata dal 4,2 al 4,5 per cento tra il 2008 e il 2013, anche se nel 2014 tale quota è rimasta invariata. Rispetto alle imprese che operano soltanto sul mercato interno, le esportatrici sono generalmente più grandi e manifestano livelli più elevati di produttività e di intensità di lavoro qualificato.26 La dinamica dell’occupazione è stata migliore nelle imprese esportatrici ri- spetto alle altre, già prima della crisi. A partire dal 2008, il numero degli ad- detti è diminuito in modo generalizzato, ma la perdita più forte è stata subita dalle imprese attive soltanto sul mercato interno. A sua volta, la recente ri- presa nel numero dei posti di lavoro è stata più forte nelle imprese esporta- trici, e in particolare in quelle di minori dimensioni.27 26 Un’indagine sulle imprese milanesi conferma che dimensioni aziendali e produttività più elevate favoriscono l’internazionalizzazione delle imprese. Cfr. l’approfondimento di R. Calugi e F. Conza, Competitività e internazionalizzazione: rapporto fra produttività, esportazioni e investimenti esteri delle imprese milanesi export-oriented, pubblicato nel capitolo 5. 27 Cfr. l’approfondimento di S. Costa, F. Luchetti e D. Zurlo, Esportare crea occupazione? La domanda di lavoro delle imprese manifatturiere esportatrici nel periodo 2014-2015, pubblicato nel capitolo 6. Il peso delle grandi imprese sulle esportazioni italiane resta relativamente basso. Esportare crea occupazione, ...
  • 28. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 27 Grafico 17 - Dinamica dell’occupazione nell’industria manifatturiera Numero di addetti: tassi di crescita medi annui Fonte: elaborazioni Ice su dati Istat. Anche le importazioni, e in particolare quelle di beni intermedi, possono con- correre a rafforzare la capacità innovativa e la competitività delle imprese. La relazione positiva tra importazioni e produttività si manifesta in particolare per le imprese esportatrici, soprattutto quelle che svolgono il ruolo di forni- tori di input nelle reti produttive internazionali.28 D’altro canto, a valle delle catene produttive, gli intermediari commerciali svolgono un ruolo cruciale per la competitività delle esportazioni, date le co- noscenze specifiche sui mercati di cui sono portatori e il controllo che posso- no esercitare sulla distribuzione dei prodotti. Tuttavia, in Italia questo settore appare ancora frammentato e costituito in prevalenza da imprese orientate verso il mercato interno e poco inclini ad adottare le tecnologie digitali.29 Il 40 per cento delle imprese esportatrici italiane è costituito da intermediari commerciali, che però incidono per appena il 14 per cento sul valore delle esportazioni, essendo di dimensioni generalmente minori e con un grado di propensione all’export inferiore rispetto alle imprese manifatturiere. In generale, il rapporto tra esportazioni e fatturato delle imprese manifatturie- re cresce al crescere delle dimensioni aziendali, ma raggiunge il suo livello massimo tra le medie imprese (50-249 addetti), la cui mediana supera quel- la delle grandi imprese. Viceversa, nel caso degli intermediari commerciali, la propensione a esportare appare inversamente correlata alle dimensioni d’impresa. 28 Cfr. l’approfondimento di M. Agostino, A. Giunta, D. Scalera e F. Trivieri, Importazioni, produttività e catene globali del valore: un'analisi sulle imprese europee, pubblicato nel capitolo 6. 29 Cfr. l’approfondimento di S. Menghinello e B. Quintieri, Intermediari commerciali e ca- tene internazionali del valore: quali prospettive per la crescita dell’export nazionale? pub- blicato nel capitolo 6. -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2006-2007 2008-2014 n Imprese manifatturiere esportatrici n Imprese manifatturiere non esportatrici n Totale imprese manifatturiere ...ma sono importanti anche le importazioni, la partecipazione alle reti produttive internazionali, gli intermediari commerciali.
  • 29. 28 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Nel 2015, come già accennato, le partecipazioni italiane all’estero hanno su- bito un ridimensionamento, per il secondo anno consecutivo, in termini di numero, di addetti e di fatturato delle imprese partecipate. Si tratta tuttavia prevalentemente dell’effetto del passaggio sotto il controllo estero di alcune multinazionali italiane, più che di un vero arretramento dell’internazionaliz- zazione produttiva. Considerando l’intero arco della crisi, anzi, le imprese italiane hanno manifestato una capacità di difendere e in qualche caso di espandere ulteriormente la loro presenza produttiva all’estero maggiore di quella emersa in altre fasi recessive. Il numero delle multinazionali italiane si è gradualmente innalzato negli ul- timi due decenni, con un contributo crescente delle imprese di minori di- mensioni. In termini di addetti e fatturato, il fenomeno resta tuttavia forte- mente concentrato in un nucleo relativamente ristretto di grandi imprese, capaci di adottare strategie di internazionalizzazione più sofisticate. Quelle di dimensioni minori si sono orientate prevalentemente verso destinazioni relativamente vicine, in Europa e nel Mediterraneo, spesso alla ricerca di op- portunità di riduzione dei costi. Considerando i settori di attività, il contributo delle piccole imprese si conferma più elevato nei settori manifatturieri “tra- dizionali”, in particolare tessile, abbigliamento e pelli e cuoio, dove raggiunge il 40 per cento del totale in termini di addetti. Le multinazionali italiane più grandi sono relativamente più presenti in settori a forti economie di scala e alta intensità di ricerca. La presenza produttiva delle imprese italiane all’estero è ancora di taglia inferiore rispetto a quella dei principali paesi europei, sia in termini di ad- detti che di fatturato medio per impresa. Nell’industria manifatturiera la quota prevalente del fatturato (63,7 per cento) è destinata al mercato in- terno del paese di localizzazione delle imprese controllate, il 26,5 per cento viene esportato in mercati terzi e soltanto il residuo 9,8 per cento è rivolto al mercato italiano. Tuttavia, queste medie sottintendono distribuzioni molto diverse tra i settori: nelle filiere del sistema moda la percentuale di fatturato destinata al mercato italiano varia tra il 40 e il 45 per cento, segnalando che la riduzione dei costi di produzione è più importante dell’accesso ai mercati come motivazione per produrre all’estero. Va però rilevato che tale percen- tuale si è ridotta tra il 2011 e il 2013, a vantaggio della quota di fatturato destinata ai mercati di insediamento, il che sembra indicare un’evoluzione delle strategie di internazionalizzazione delle imprese anche nei settori tra- dizionali del made in Italy. Il contributo delle multinazionali agli scambi internazionali emerge con evi- denza anche considerando le imprese italiane a controllo estero. Esse hanno realizzato nel 2013 circa la metà delle importazioni italiane e oltre un quarto delle esportazioni, con punte del 77,5 per cento nella farmaceutica e del 52 per cento nei derivati del petrolio. Le esportazioni dei gruppi multinazionali presenti in Italia sono costituite per il 39 per cento da scambi intra-aziendali, percentuale che sale al 57 per cento per le importazioni.30 Le affiliate estere sono mediamente più grandi in termini di fatturato rispet- to alle imprese uni-nazionali, operano in settori a più elevata intensità tecno- logica, pagano salari più alti e assumono una quota maggiore di personale qualificato. La loro presenza può esercitare effetti benefici di diffusione delle 30 Cfr. il riquadro di E. Mazzeo, L’internazionalizzazione delle imprese italiane: analisi delle caratteristiche e dell’evoluzione del fenomeno con dati Fats, pubblicato nel capitolo 6. Negli ultimi anni le multinazionali italiane hanno accresciuto le proprie attività, orientandole verso il miglioramento dell’accesso ai mercati
  • 30. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 29 conoscenze tecnologiche e manageriali nei sistemi economici locali.31 Tutta- via, nel caso italiano, le affiliate delle multinazionali estere appaiono relati- vamente meno attive delle multinazionali italiane nella ricerca industriale e nella collaborazione con imprese, istituzioni e università locali, scontando il loro più debole radicamento territoriale. Le politiche industriali, dunque, devono intervenire non soltanto sull’attrazione degli investimenti esteri, ma anche sulla capacità dei sistemi locali di assorbirne i benefici, nonché sullo sviluppo delle strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane.32 7. Le politiche per l’internazionalizzazione Il sistema pubblico di sostegno all’internazionalizzazione nel 2015 ha assisti- to oltre 100.000 soggetti italiani, sia direttamente sia attraverso enti e impre- se di servizi di diverso genere, che hanno redistribuito a un’utenza ancora più ampia l’assistenza ricevuta. A caratterizzare l’anno scorso è stato un netto aumento dei fondi spesi per i servizi reali e in particolare per quelli promozionali, concentrato soprattutto sulle Regioni, le cui attività sono tornate a crescere dopo la battuta di arresto del 2014 (da 80 a 106 milioni di euro) e sull’Ice-Agenzia (Ice), che ha fatto re- gistrare un balzo in avanti della spesa (da 65 a 110 milioni). La spesa del Mse si è mantenuta sul livello del 2014 (30 milioni di euro), mentre quella delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (Cciaa) è arretrata per il secondo anno consecutivo (da 69 a 40 milioni). Nel caso del Mse è sceso da 8 a 5 milioni di euro il contributo degli utenti ai costi, che è rimasto invece pressoché stazionario per l’Ice, a quota 14 milioni. Il numero di utenti non ha subito variazioni di rilievo, come effetto di una redistribuzione tra Ice (56,6 per cento in più) e Cciaa (-26,3 per cento) e di una modesta contrazione per il Mse. I dati mostrano gli effetti dell’impulso dato dal Governo alla con- centrazione sull’Ice delle attività di sostegno e del crescente impegno delle Regioni nell’offrire alle imprese una gamma ampia di incentivi all’internazio- nalizzazione. Sul versante dei servizi finanziari, nel 2015 la Sace ha conseguito risultati migliori sotto il profilo delle imprese clienti, aumentate di 900 unità oltre quota 24.400, e dei premi lordi, passati a 560 milioni di euro, pur in presenza di una riduzione degli impegni assicurativi, scesi a 9,8 miliardi di euro dopo il picco del 2014 (10,9 miliardi). Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha distribuito gli investimenti a sostegno di operazioni con controparti estere su un numero solo lievemente cresciuto di imprese clienti, aumentando a 1,4 miliardi di euro i capitali propri mobilitati (da 1,1 nel 2014); a tale aumento ha fatto riscontro una crescita a oltre 3 miliardi del valore delle operazioni assistite. È dunque lievitato significativamente il valore medio per operazione. Stessa tendenza mostrano i risultati di Simest, in cui a una riduzione piuttosto netta del numero di imprese clienti ha fatto da contrappeso un raddoppio del va- lore delle operazioni assistite, con un più forte effetto di leverage sui capitali propri impegnati, aumentati solo marginalmente. Nel complesso si nota un 31 Cfr. il riquadro di M. Barzotto, I. Mariotti e M. Mutinelli, Presenza multinazionale ed effetti sulla composizione della forza lavoro in Veneto, nel capitolo 6. 32 Cfr. l’approfondimento di C. Cozza e A. Zanfei, Multinazionali e creazione di legami con imprese e università in Italia, pubblicato nel capitolo 6. La presenza delle multinazionali straniere resta bassa e relativamente poco efficace nella creazione di legami con le aree di insediamento. È aumentato l’impegno pubblico per i servizi reali e finanziari all’internazionalizzazione
  • 31. 30 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale ritorno alla crescita del polo finanziario a proprietà pubblica, guidato da Cdp, che traina un incremento delle operazioni di investimento e beneficia di un consolidamento della clientela dei servizi assicurativi, sia pure sullo sfondo di un aumento dei rischi per chi opera sui mercati esteri, evidenziata dall’au- mento dei premi medi. Il 2015 ha visto il dispiegarsi di un ampio ventaglio di attività promozionali da parte del sistema pubblico di sostegno all’internazionalizzazione, princi- palmente in relazione alle iniziative previste nel quadro del primo anno del Piano triennale 2015-2017 per la promozione straordinaria del Made in Italy e l’attrazione degli investimenti. L’assegnazione di risorse a questo piano rap- presenta uno sforzo finanziario considerevole, in particolare in un contesto caratterizzato da vincoli stringenti per la spesa pubblica, a riconoscimento della rilevanza delle esportazioni per l’economia italiana, sia in termini di Pil che di occupazione. Gli obiettivi dichiarati sono di espandere la presenza del- le imprese italiane nei mercati a maggior potenziale, incrementare il numero delle imprese stabilmente esportatrici e accrescere la capacità del sistema economico di attrarre investimenti dall’estero, anche attraverso il reshoring. Il Mse, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Inter- nazionale (Maeci) e con il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Fore- stali (Mpaaf), ha pertanto messo a punto una serie articolata di iniziative, at- tuate da Ice-Agenzia. Tra le azioni previste in Italia, l’appuntamento dell’Expo di Milano ha rappresentato il volano ideale per avviare un programma di rilancio delle più importanti manifestazioni fieristiche italiane di livello inter- nazionale. Nell’ambito delle iniziative straordinarie finanziate dal Piano, è proseguito il progetto Roadshow Italia per le imprese, avviato con successo nel 2014, che prevede una sessione plenaria in cui le istituzioni e le organizzazioni pre- poste all’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano presentano alle aziende, sul loro territorio, gli strumenti a disposizione per accedere ai mercati esteri, seguita da incontri individuali di informazione e orientamento per le imprese. È inoltre partito un progetto di formazione di 400 temporary export manager, al fine di incrementare la disponibilità sul mercato di queste figure profes- sionali specializzate, coordinato dall’Ice in collaborazione con le Regioni, le associazioni imprenditoriali, i sistemi camerale e universitario. Il tema del rafforzamento organizzativo delle piccole e medie imprese, troppo spesso poco strutturate per le sfide poste dall’internazionalizzazione, non solo a causa delle ridotte dimensioni, ma soprattutto per la mancanza di compe- tenze professionali specifiche, è stato affrontato anche tramite lo strumento dei voucher per l’internazionalizzazione, contributi a fondo perduto per l’in- serimento in azienda di un temporary export manager per almeno 6 mesi.33 Il sostegno all’impiego di strategie di penetrazione commerciale innovative è un tratto distintivo del Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy: oltre alla promozione dell’e-commerce, tra le azioni rivolte all’estero sono stati previsti accordi con le reti della grande distribuzione organizzata. Il Mse e il Mpaaf hanno elaborato una strategia a regia condivisa per l’export agroalimentare, basata sulla realizzazione di un segno distintivo unico per le iniziative di promozione all’estero delle produzioni agricole e agroalimentari 33 Si veda il riquadro di P. Bulleri e F. Giorgio, Voucher per l’internazionalizzazione delle Pmi: uno strumento di politica industriale, nel capitolo 7. Sta trovando attuazione il Piano straordinario per il Made in Italy e l’attrazione degli investimenti.
  • 32. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 31 rappresentative della qualità italiana, denominato The Extraordinary Italian Taste. Oltre al potenziamento delle risorse e all’incremento degli strumenti promo- zionali, il sistema di supporto pubblico all’internazionalizzazione ha previsto l’individuazione di mercati prioritari sui quali puntare in base a caratteristi- che come la dinamica della domanda e la posizione competitiva delle im- prese italiane. Questi sono stati individuati negli Stati Uniti, nella Cina, ma anche in altre aree emergenti come l’Asia sud-orientale, i paesi sudamericani dell’Alleanza del Pacifico e l’Africa subsahariana. In questa strategia resta centrale il ruolo delle missioni imprenditoriali a gui- da istituzionale, focalizzate su paesi particolarmente promettenti in conside- razione dei tassi di crescita sperimentati negli ultimi anni, della complemen- tarietà con alcuni specifici settori del sistema produttivo italiano e del livello complessivo delle relazioni bilaterali. Inoltre l’Italia è stata in prima fila nel cogliere le opportunità derivanti dai mutati scenari geopolitici internazionali che hanno visto il riaffacciarsi sui mercati di paesi rimasti, per motivi diversi, difficilmente accessibili per anni, come Cuba e l’Iran. Esaminando in particolare l’attività dell’Ice, oltre al già citato aumento delle iniziative promozionali, si segnalano un ulteriore sviluppo dei servizi di assi- stenza e consulenza alle imprese, il grande incremento dei servizi di forma- zione manageriale (da 64 a 114 mila ore) e di formazione internazionale (da 9 a 21 mila ore) e la maggiore diffusione dei servizi informativi. Inoltre hanno cominciato a svilupparsi le iniziative dell’Ice per l’attrazione degli investimenti diretti esteri, con un accento particolare sul settore im- mobiliare e sulle imprese manifatturiere in crisi. Su questo terreno è in atto una forte collaborazione con Mse, Maeci e Regioni, grazie anche a nuovi stru- menti legislativi e al lavoro di un Comitato di indirizzo. Le azioni realizzate dal sistema pubblico di sostegno all’internazionalizza- zione sono state sottoposte a studi volti a valutarne l’efficienza e l’efficacia, anche a confronto con altri paesi. Essi identificano un’alta soddisfazione de- gli utenti ed evidenziano aree di miglioramento. Uno degli studi, prodotto dall’International Trade Center delle Nazioni Unite, mostra che ogni euro in più investito nella promozione pubblica dell’Ice può generare oltre 230 euro di esportazioni aggiuntive per le imprese.34 Da un altro studio, realizzato con- giuntamente da Ice e Istat, emerge che le imprese clienti dei servizi Ice sono tendenzialmente caratterizzate da un grado elevato di propensione a espor- tare e di stabilità sui mercati internazionali.35 Dai confronti internazionali emerge un allineamento qualitativo rispetto a paesi europei simili ma anche la conferma che il sistema pubblico di soste- gno all’internazionalizzazione italiano soffre ancora di una carenza di risorse, finanziarie e umane. 34 Cfr. il riquadro di M. Saladini, Investire in promozione degli scambi genera reddito, nel capitolo 7. 35 Cfr. l’approfondimento di C. Castelli, L. Esposito, R. Sacilotto e L. Soriani, I clienti dell’A- genzia Ice: grado di internazionalizzazione e persistenza sui mercati esteri, pubblicato nel capitolo 7. L’Ice ha potenziato la sua attività, sottoponendola a procedure di controllo della qualità e dell’efficacia degli interventi.
  • 33. 32 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Considerazioni conclusive L’incertezza dello scenario globale è aumentata, in un intreccio rischioso tra tensioni politiche, instabilità dei mercati finanziari e rallentamento della pro- duzione e degli scambi internazionali. L’indebolimento della spinta propulsiva dei paesi emergenti e in via di svilup- po, alcuni dei quali sono stati colpiti duramente dal calo dei prezzi delle ma- terie prime, non appare compensato dai segni di ripresa nei paesi avanzati, che restano diversificati e complessivamente deboli. Il commercio mondiale stenta a ritrovare lo slancio degli anni precedenti alla crisi globale, segnalando la fine della fase di più rapida espansione delle reti produttive internazionali e dei connessi scambi di beni e servizi intermedi, anche se gli investimenti diretti esteri sono tornati a crescere notevolmente, sospinti da grandi operazioni di fusione e acquisizione. Le politiche di integrazione dei mercati, volte a facilitare gli scambi e gli inve- stimenti internazionali, continuano a mantenere un orientamento aperto, ma i molteplici negoziati in corso, a diversi livelli istituzionali, non hanno ancora prodotto i risultati necessari per un forte rilancio del sistema multilaterale. L’Unione Europea attraversa una fase di crisi del suo progetto di integrazio- ne, in cui l’incapacità di affrontare seriamente questioni comuni, come quelle dell’immigrazione e degli squilibri distributivi di una crescita economica an- cora insufficiente, alimenta pericolosi rigurgiti di nazionalismo. Il condensarsi di queste ombre oscura anche le prospettive dell’economia italiana, appena uscita da una lunga e profonda fase recessiva. I segni di ri- presa sono evidenti, nell’occupazione, nei consumi, negli investimenti e nelle importazioni, ma la loro ancora debole intensità ne svela la fragilità rispetto ai rischi di shock esogeni. Anche le esportazioni hanno ottenuto risultati positivi e si è arrestata, ormai da qualche anno, la lunga tendenza declinante che aveva caratterizzato le loro quote di mercato a partire dall’inizio degli anni novanta, anche a con- fronto con quelle degli altri paesi europei. La maggiore vivacità della doman- da di beni di consumo per la persona e per la casa e di macchinari industriali proveniente dai paesi emergenti ha aperto opportunità nuove, che sono sta- te colte dalla parte più dinamica del sistema imprenditoriale italiano. I cambiamenti in corso nello scenario mondiale rendono tuttavia sempre più evidente che, per valutare correttamente la posizione competitiva delle diverse economie, è necessario analizzare in modo integrato gli scambi e le altre forme di internazionalizzazione delle imprese. All’interno delle reti in cui si realizza la nuova divisione del lavoro tra i paesi, le attività manifatturie- re si intrecciano sempre più strettamente con la produzione e lo scambio di servizi, favoriti dal rapido diffondersi dei paradigmi tecnologici dell’economia digitale. In questa prospettiva, l’economia italiana continua a manifestare ritardi im- portanti, malgrado alcuni segni di progresso. Condizionate dai propri limiti manageriali e finanziari, associati alle ridotte dimensioni medie aziendali, le imprese italiane partecipano ancora in misura limitata alle varie forme di produzione internazionale. Resta inoltre molto forte il divario rispetto agli altri principali paesi europei nella capacità di attrarre investimenti e risorse qualificate dall’estero.
  • 34. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 33 Il consolidamento della ripresa economica è condizionato dalle difficoltà del contesto internazionale. Un contributo positivo potrebbe tornare a nascere dall’integrazione europea, se gli Stati fondatori, a sessanta anni di distanza dal Trattato di Roma, ritroveranno il coraggio politico necessario per supera- re le divisioni e rilanciare il progetto comune. Tuttavia, un ruolo decisivo spetta ancora alla politiche economiche nazionali. Occorre in primo luogo sostenere la domanda globale, rilanciando la crescita dei redditi e dell’occupazione, pur nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Occorrono programmi di investimenti pubblici di lungo termine, che orien- tino quelli delle imprese e diffondano fiducia tra le famiglie. Occorre simul- taneamente rafforzare le riforme strutturali già avviate, per aumentare la produttività e propagare in tutto il sistema stimoli innovativi. In questo contesto si inseriscono a pieno titolo le politiche di sostegno all’in- ternazionalizzazione, concepita come una forma essenziale di innovazione organizzativa delle imprese e dei sistemi locali. Si tratta da un lato di aumentare il numero di imprese in grado di opera- re con successo sui mercati internazionali, superando barriere di accesso che talvolta derivano principalmente da una diffusione ancora insufficiente delle necessarie competenze. Dall’altro, è necessario sostenere la parte più dinamica del sistema imprenditoriale italiano, che già opera con successo in molti mercati, ma non ha ancora valorizzato pienamente il proprio grande potenziale. Infine appare essenziale un ulteriore sforzo di coordinamento di tutte le politiche nazionali e locali volte ad aumentare la capacità dell’econo- mia italiana di attrarre investimenti esteri, portandola verso livelli più simili a quelli degli altri grandi paesi europei. Anche in considerazione dei vincoli di bilancio, è ormai evidente che tutte le politiche pubbliche devono basarsi su una grande capacità di apprendi- mento collettivo, realizzato nel dialogo continuo tra istituzioni e imprese, e su un forte coordinamento delle azioni di tutti i soggetti nazionali e locali. Il lavoro fatto in questa direzione negli ultimi anni appare notevole, ma non ancora sufficiente. Uno dei suoi aspetti positivi più importanti è il tentativo di diffondere in tutti gli organismi coinvolti nel sistema la cultura della valuta- zione dei risultati della propria azione. È doveroso procedere ulteriormente lungo questa strada: ogni strumento di intervento pubblico dovrebbe essere accompagnato fin dalla sua progettazione iniziale da un sistema rigoroso di indicatori di controllo, che offra una misura credibile e verificabile dei cam- biamenti da realizzare. In sintesi, se il rilancio della domanda interna appare come una condizio- ne indispensabile per alimentare la ripresa in corso, l’aumento del grado di apertura internazionale del sistema economico resta il volano decisivo per promuovere l’innovazione e sostenere la crescita futura.
  • 36. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 35 TAVOLE STATISTICHE
  • 37. 36 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Tavola 1.1 - Scambi internazionali e investimenti diretti esteri nel mondo (1) Valori in miliardi di dollari, variazioni in percentuale 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Scambi di beni Valori (2) 12.131 14.023 16.160 12.555 15.301 18.338 18.496 18.948 18.995 16.482 Variazioni percentuali - 15,6 15,2 -22,3 21,9 19,8 0,9 2,4 0,2 -13,2 Variazioni percentuali degli indici Quantità 8,7 6,5 2,1 -12,1 14,1 5,5 2,3 2,7 2,7 3,0 Valori medi unitari 6,3 8,6 13,1 -11,8 6,7 13,8 -2,1 -0,6 -2,1 -16,1 Scambi di servizi commerciali Valori 2.942 3.523 3.964 3.534 3.842 4.350 4.468 4.747 5.064 4.754 Variazioni percentuali - 19,7 12,5 -10,9 8,7 13,2 2,7 6,3 6,7 Investimenti diretti esteri Valori 1.402 1.902 1.498 1.181 1.389 1.567 1.511 1.427 1.277 1.762 Variazioni percentuali - 36 -21 -21 18 13 -4 -6 -11 38 Rapporto percentuale sul commercio di beni e servizi 9,3 10,8 7,4 7,3 7,3 6,9 6,6 6,0 5,3 8,3 (1) Esportazioni per il commercio di beni e servizi e flussi in entrata per gli Ide. (2) Comprese le riesportazioni di Hong Kong. Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc per il commercio di beni e servizi e Unctad per gli investimenti diretti esteri Tavola 1.2 - Quote delle aree sulle esportazioni mondiali di merci A prezzi correnti Aree e paesi 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Unione Europea 38,4 38,7 37,1 37,3 34,3 33,7 31,9 32,8 32,9 32,8 Area dell'euro 29,8 30,4 29,1 29,4 26,7 26,1 24,8 25,3 25,5 25,2 Altri paesi dell'UE 8,6 8,3 8,0 7,9 7,5 7,6 7,1 7,6 7,5 7,6 Paesi europei non UE 6,0 6,2 6,8 6,1 6,1 6,5 7,1 6,5 6,2 6,0 Africa 2,9 2,9 3,3 2,9 3,2 3,1 3,2 3,0 2,8 2,4 America settentrionale 11,9 11,4 10,9 11,1 11,0 10,7 11,0 11,0 11,2 11,7 America centro-meridionale 5,7 5,6 5,6 5,6 5,8 6,1 6,1 5,9 5,8 5,8 Medio Oriente 5,2 5,1 6,4 5,2 5,8 6,6 7,0 6,7 6,4 5,4 Asia centrale 1,7 1,9 2,1 2,1 2,3 2,6 2,5 2,6 2,6 2,4 Asia orientale 27,0 27,0 26,3 28,1 29,9 29,0 29,5 29,8 30,4 32,2 Oceania e altri territori 1,3 1,3 1,4 1,5 1,7 1,8 1,7 1,7 1,6 1,5 Mondo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of Customs. MONDO E UNIONE EUROPEA
  • 38. Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale 37 Tavola 1.3 - Distribuzione per aree delle importazioni mondiali di merci A prezzi correnti Aree e paesi 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Unione Europea 38,5 39,0 37,7 37,0 34,3 33,8 31,4 31,5 31,8 30,8 Area dell'euro 28,7 29,2 28,4 28,0 25,8 25,4 23,3 23,5 23,5 22,6 Altri paesi dell'UE 9,8 9,8 9,3 9,1 8,5 8,4 8,1 8,0 8,3 8,2 Paesi europei non UE 4,7 5,2 5,6 5,0 5,1 5,5 6,0 5,5 5,1 4,9 Africa 2,5 2,7 3,0 3,3 3,1 3,1 3,2 3,4 3,4 3,6 America settentrionale 18,6 17,0 15,8 15,4 15,5 14,7 14,9 14,8 15,0 16,0 America centro-meridionale 5,4 5,5 5,9 5,8 6,1 6,2 6,4 6,5 6,4 6,5 Medio Oriente 3,2 3,5 3,9 4,1 4,0 4,1 4,4 4,5 4,6 5,0 Asia centrale 2,2 2,5 2,9 3,0 3,2 3,5 3,6 3,5 3,5 3,6 Asia orientale 23,3 23,0 23,6 24,7 26,9 27,5 28,2 28,6 28,4 27,9 Oceania e altri territori 1,4 1,5 1,5 1,6 1,6 1,7 1,8 1,7 1,6 1,6 Mondo 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: elaborazioni Ice su dati Fmi-Dots e, per Taiwan, Taiwan Directorate General of Customs.
  • 39. 38 Sintesi Rapporto 2015-2016 | L’Italia nell’economia internazionale Tavola 1.4 - I primi 20 esportatori mondiali di merci Valori in miliardi di dollari correnti e variazioni percentuali rispetto all’anno precedente Graduatorie Paesi Valori Variazioni percentuali Quote percentuali 2010 2014 2015 2014 2015 2011-15(1) 2015 2010 2014 2015 1 1 1 Cina 2.342 2.275 7,6 -2,9 10,3 12,3 13,8 2 2 2 Stati Uniti 1.621 1.505 3,3 -7,1 8,4 8,5 9,1 3 3 3 Germania 1.495 1.329 1,1 -11,0 8,2 7,9 8,1 4 4 4 Giappone 690 625 -4,1 -9,5 5,0 3,6 3,8 5 5 5 Paesi Bassi 673 567 -0,2 -15,7 3,8 3,5 3,4 7 7 6 Corea del Sud 573 527 2,5 -8,0 3,0 3,0 3,2 11 9 7 Hong Kong 524 511 5,0 -2,6 2,6 2,8 3,1 6 6 8 Francia 580 506 -0,7 -12,8 3,4 3,1 3,1 9 10 9 Regno Unito 505 460 2,1 -8,9 2,7 2,7 2,8 8 8 10 Italia 530 459 0,5 -13,4 2,9 2,8 2,8 13 12 11 Canada 475 408 1,1 -14,0 2,5 2,5 2,5 10 13 12 Belgio 472 398 -0,5 -15,7 2,7 2,5 2,4 15 15 13 Messico 397 381 5,0 -4,1 1,9 2,1 2,3 14 14 14 Singapore 410 351 -0,1 -14,5 2,3 2,2 2,1 12 11 15 Russia 498 340 -3,2 -31,6 2,6 2,6 2,1 24 21 16 Svizzera 311 290 8,2 -6,9 1,3 1,6 1,8 16 20 17 Taiwan 320 285 0,8 -10,8 1,8 1,7 1,7 17 18 18 Spagna 325 282 2,1 -13,2 1,7 1,7 1,7 19 19 19 India 323 267 3,4 -17,2 1,5 1,7 1,6 20 16 20 Emirati Arabi Uniti 375 265 4,4 -29,3 1,4 2,0 1,6 Somma dei 20 paesi 13.438 12.032 2,3 -10,5 70,1 70,7 73,0 Mondo 18.995 16.482 1,5 -13,2 100,0 100,0 100,0 (1) Tasso di crescita medio annuo a partire dal 2010. Fonte: elaborazioni Ice su dati Omc