Scritture Aliene albo 3
Di Enzo Milano, Marco Milani, Flavio Firmo e
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Anteprima del libro
Scritture Aliene albo 3 - Enzo Milano
Copyright Edizioni diversa sintonia
Editrice GDS- Via G.Matteotti 23
20069 Vaprio D'adda-Mi
www.bookstoregds.com
www.gdsedizioni.it
Scritture aline albo n 3 a cura di Vito Introna
hanno collaborato in questo albo: Marco Vecchi, Marco Milani, Enzo Milano, Flavio Firmo, Marco Romanello, Paola B. Rossini
Tutti i diritti sono riservati
Illustrazione copertina © UGO SPEZZA
RACCOLTA DI CAMPIONI
Flavio Firmo
Il treno regionale Milano - Brescia stava rallentando in vista di un passaggio a livello. La nebbia si era impadronita della pianura e per i passeggeri non c'era modo di vedere oltre una trentina di metri. Una donna si avvicinò al controllore, mostrò il biglietto e chiese quanto mancasse alla sua fermata. L'uomo guardò fuori dal finestrino timbrando il biglietto senza rispondere.
Che cafone
pensò la donna tornando a sedere. Accavallò le gambe, incrociò le braccia e si accorse che il suo dirimpettaio la fissava con aria assente. Non guardava le gambe e non sembrava particolarmente eccitato dalla sua presenza. Marina si era sempre comportata da brava ragazza: nessuna scollatura, niente trucco appariscente o vistose pettinature cotonate. Sul treno si deve passare inosservati, era uno dei consigli del suo ex fidanzato.
Riconobbe la stazione di Rovato e si tranquillizzò, era quasi a casa. L'uomo ora guardava verso il corridoio, aveva il biglietto che fuoriusciva dalla tasca della giacca e il controllore l'aveva già vidimato. Prese una scatola in legno con il lucchetto di ferro e se la mise sulle ginocchia. La teneva stretta e con lo sguardo saettava continuamente tra il corridoio e la nebbia fuori dal finestrino.
La scatola si mosse, un movimento leggero e quasi impercettibile. Marina era molto attenta ai particolari, il suo ex fidanzato lasciava tracce di amanti in ogni luogo della casa e lei aveva sviluppato un sesto senso per i più piccoli indizi. L'uomo strinse le dita e controllò il lucchetto.
Nello scompartimento, oltre a Marina e all'uomo con la scatola, c’erano due ragazzi che si tenevano stretti. La ragazza poggiava la testa sulla spalla del fidanzato che le carezzava i capelli. Non notarono il movimento della scatola e nemmeno il nervosismo del suo proprietario.
Mentre il treno rallentava l’uomo si alzò lentamente e uscì dallo scompartimento reggendo la scatola tra le mani. Marina si sentì sollevata, quegli occhi vuoti l'avevano spaventata. I due ragazzi seguirono la scia dell'uomo. Marina riconobbe la stazione e seguì i suoi compagni di viaggio verso l'uscita.
La stazione era immersa nel freddo e nella nebbia, i passeggeri scendevano dal treno come automi, qualcuno si fermava a controllare il tabellone luminoso; la maggior parte uscivano dalle porte vetrate e si riversavano per le vie della città. L'uomo con la scatola scese nel sottopassaggio e sparì alla vista.
Lo sguardo della donna, il dondolio del treno e le effusioni dei due fidanzati avevano innervosito l'uomo che ora camminava con decisione verso il suo rifugio. Finalmente la sua scatola era in salvo, fuori dagli sguardi della gente. Oltrepassò un gruppo di ragazzi che fumavano e si facevano piccoli scherzi. Arrivato sotto al ponte di cemento aprì una porta di ferro, entrò nell'intercapedine e scese le scale nel buio.
Che stupida esistenza
. Appoggiò la scatola sul tavolo d’acciaio.
Da quando aveva ricevuto il compito di portare a termine la missione si era dato con tutto il suo entusiasmo al servizio del popolo. Gli inizi erano stati disastrosi, per poco non si era fatto scoprire e aveva messo in pericolo la sopravvivenza della sua razza. Con il tempo era divenuto più scaltro e ora svolgeva il suo compito in automatico, svuotato di ogni emozione.
Appoggiò l'indice al lucchetto e la scatola si aprì. Ormai il contenuto si era completamente sedato e il rantolo sul vagone del treno doveva essere stato l'ultimo alito di vita. Versò un liquido schiumoso nella scatola e il fumo giallo riempì la stanza. Attese la fine della reazione chimica e tolse l'oggetto dalla scatola. Una sottile patina luccicante ricopriva il miscuglio di carne e peluria umana.
Tessuto umano. Saranno contenti di questo nuovo campione. Con questo sono diecimila e dovrebbero bastare, altrimenti siamo governati da un gruppo di incapaci
.
Si ritrasse. Strinse le labbra come a pentirsi di quello che era stato capace di pensare, dopo tutto quel tempo trascorso in mezzo agli umani cominciava a ragionare come loro. Aveva visto la civiltà terrestre compiere minuscoli passi verso il progresso, erano stati abili a mettere fine alle loro guerre con una bomba atomica, scelta interessante anche se poco pratica. Da qualche decennio vivevano in pace e non si preoccupavano più di scrutare lo spazio. Erano passati solo venti anni terrestri dallo sbarco sulla Luna e ogni viaggio spaziale si era fermato.
Inserì il brandello di carne in un contenitore nero e attese. La smaterializzazione poteva durare un minuto come due ore, dipendeva dal grado di complessità del campione. Trattandosi di tessuto umano la macchina avrebbe lavorato per quattro cicli. Aveva tempo per riposarsi, si tolse il travestimento e rimase nudo, salvo che per la copertura in pelle umana. Appoggiò la nuca al gancio che fuoriusciva dalla parete e attese il contatto. L'ago ricurvo si infilò alla base del collo e penetrò nella spina dorsale. Il liquido nutritivo irrorò le cellule e la creatura si addormentò.
L'ispettore Danieli era in piedi davanti alla buca. Le mani infossate nell'impermeabile e la voce dell'agente Marvulli che gli raccontava del ritrovamento. Il cane di un cacciatore si era messo a scavare sul fianco del fiume e il padrone aveva chiamato la polizia. Il cadavere era fresco di un paio di giorni, forse anche meno e il soggetto risultava sconosciuto.
– Che palle Marvulli, sempre la stessa tiritera. Lo vedo anch'io che il cadavere è fresco e non identificato. L'abbiamo appena trovato.
L'ispettore gettò il mozzicone nel fiume e attese che gli agenti estraessero il corpo. Il medico confermò la diagnosi fatta da Marvulli con il suo accento spiccatamente sardo.
– Donna, direi sulla cinquantina. Dai vestiti e dall'incuria potrebbe trattarsi di una vagabonda o di una prostituta da quattro lire. Tagli netti sulle braccia e sui polsi, ma non sono la causa della morte; le ferite non sono abbastanza profonde. Si tratta di un grosso ematoma sulla tempia e alla base del cranio.
Danieli si avvicinò al corpo e indicò le natiche, la schiena e il collo. Il dottore strinse le spalle e guidò gli agenti fino alla porta dell'ambulanza. Marvulli tossì un paio di volte e sputò un grumo di catarro nel fiume.
– Il bastardo si è divertito a toglierle dei pezzi di carne. Per me è lo stesso del mercato e della collinetta. Siamo di fronte a un serial killer, come nei film americani.
L'ispettore si grattò la barba togliendosi la cuffia di lana. Il freddo della mattina era pungente e se non se la rimetteva subito avrebbe sofferto di mal di testa per una settimana.
– Marvulli, ti prego. Lascia stare i film americani e cerchiamo di tenere la notizia per noi. Tra poco arrivano i giornalisti e non voglio che racconti queste stronzate. Il nostro uomo è uno dei soliti pazzoidi che si divertono a uccidere le donne, non è il primo e non sarà l'ultimo. Adesso faranno le analisi sul corpo e tempo una decina di giorni lo beccheremo. Fino ad allora tappati la bocca e non parlare con nessuno. Serial killer… ma dove l'hai sentita questa parola?
Recintarono la buca con il nastro bianco e rosso e allargarono il perimetro delle indagini includendo anche il fiume, così da lasciare i giornalisti fuori dalla scena. L'ispettore non sperava di trovare tracce dell'assassino sul terreno fangoso, ma non sopportava che altri potessero speculare sugli indizi.
Danieli salì sulla volante con Marvulli e tornarono in sede. L'ispettore guardò la nebbia e annusò l'odore di umidità sui vestiti, mentre cominciava a mettere in ordine le idee. Il numero di omicidi era più o meno il solito, qualcuno aveva una matrice comune, altri sembravano casi isolati. Semplice routine del crimine. Eppure vicino a quella buca aveva percepito una sensazione diversa. La volante passò con il giallo e l'ispettore insultò l'autista. Due anziani con il cane al guinzaglio alzarono le braccia in direzione dei poliziotti e in cuor suo Danieli diede loro ragione.
– Qualcosa non mi convince – disse l'ispettore al medico incaricato di eseguire l'autopsia. Si tolse l'impermeabile, tentò di accendere una sigaretta, ma venne subito gelato dallo sguardo del dottore. Danieli non riusciva a mettere a fuoco la propria sensazione, guardò il corpo della donna aprirsi sotto l'autopsia e uscì dalla stanza.
L'odore. C'era uno strano odore vicino alla buca.
Finalmente focalizzò la sua intuizione: si aspettava si sentire nebbia, fango e putrefazione. Succede sempre quando un corpo rimane sotto terra per qualche giorno. Invece mancava la puzza, quella che avvolge la gola e spinge a vomitare. Possibile che nessuno se ne fosse accorto? Tornò nel laboratorio proprio mentre