La Trinità
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Anteprima del libro
La Trinità - Sant'Agostino
La Trinità
La Trinità
Copyright
PROLOGO
LIBRO PRIMO
LIBRO SECONDO
LIBRO TERZO
LIBRO QUARTO
LIBRO QUINTO
LIBRO SESTO
LIBRO SETTIMO
LIBRO OTTAVO
LIBRO NONO
LIBRO DECIMO
LIBRO UNDICESIMO
LIBRO DODICESIMO
LIBRO TREDICESIMO
LIBRO QUATTORDICESIMO
LIBRO QUINDICESIMO
Copyright
Autore
Sant'Agostino
Editore
Le Vie della Cristianità
Copyright © 2016 Le Vie della Cristianità
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Ringraziando con te Nostro Signore per tutti i suoi benefici, non ci resta che augurarti tanta pace e tanto bene, assicurando la nostra preghiera per te e per tutti i tuoi cari.
PROLOGO
Agostino invia cristiani saluti al vescovo Aurelio, signore beatissimo e degno d’esser venerato con la più sincera carità, santo fratello e collega nell’episcopato
I libri sulla Trinità, sommo e vero Dio, li cominciai da giovane e li ho pubblicati da vecchio. Avevo smesso quest’opera dopo aver scoperto che m’erano stati portati via anzitempo o trafugati i libri prima ancora ch’io avessi potuto condurli a termine e sottoporli a un’accurata revisione, com’era mia precisa volontà. Avevo infatti stabilito di pubblicare quei libri non già separatamente, ma tutti insieme secondo il suddetto criterio per il fatto che i seguenti sono connessi strettamente ai precedenti dal filo della progressiva indagine. Poiché dunque il mio piano non s’era potuto realizzare a causa di alcuni individui ai quali i libri erano potuti giungere prima che io lo volessi, avevo interrotto la dettatura, pensando di lamentarmene in qualcuno dei miei scritti perché sapessero quanti l’avessero potuto che i medesimi libri non erano stati pubblicati da me, ma che m’erano stati portati via prima ancora che mi sembrassero degni d’esser pubblicati. Tuttavia in seguito alle pressanti richieste di molti fratelli e soprattutto in seguito all’autorevole tuo invito ho procurato di terminare, con l’aiuto di Dio, un’opera così laboriosa. Dopo aver corretto i libri non come avrei voluto, ma solo come ho potuto, per non renderli troppo discordanti da quelli che m’erano stati trafugati ed erano già diffusi tra le mani della gente, li ho inviati alla tua Reverenza per mezzo di un carissimo nostro figlio e collega di diaconato, e ho permesso a chiunque di ascoltarli, di copiarli, di leggerli. Se avessi potuto attuare il mio piano, questi libri, pur contenendo le medesime idee, sarebbero stati tuttavia svolti più compiutamente e più chiaramente, nella misura permessa dalle difficoltà che presentano questioni sì profonde e dalle mie facoltà. Ci sono alcuni i quali hanno i primi quattro o meglio cinque libri mancanti dell’introduzione e il decimosecondo mancante dell’ultima parte che non è piccola; ma se verrà a loro conoscenza questa edizione, potranno eliminare tutte queste lacune, sempre che ne abbiano volontà e capacità. Per parte mia io ti chiedo di far aggiungere questa lettera, a parte bensì, ma come prologo ai medesimi libri. Prega per me.
LIBRO PRIMO
Scrive contro coloro che abusando della ragione corrompono la fede. Tre specie di errori su Dio
1. 1. Il lettore di questo nostro trattato sulla Trinità sappia, prima di tutto, che la nostra penna intende vigilare contro le false affermazioni di quelli che disprezzano di partire dalla fede 1 e sono tratti in inganno da uno sconsiderato quanto fuorviato amore della ragione. Di costoro, alcuni si sforzano di applicare alle sostanze incorporee e spirituali ciò che hanno percepito intorno alle sostanze corporee per mezzo dell’esperienza sensibile, o ciò che appresero intorno ad esse grazie alla natura stessa dell’ingegno umano, alla acutezza della riflessione e con l’aiuto della scienza, e vogliono misurare e rappresentarsi quelle sulla base di queste. Intorno a Dio altri hanno un’idea, se questo è averne un’idea, conforme alla natura e agli affetti dell’animo umano. Da questo errore consegue che nelle loro discussioni su Dio seguono regole non rette e fallaci 2. Ve ne sono altri poi che si sforzano di trascendere l’universo creato, evidentemente mutevole, per innalzare lo sguardo sulla sostanza immutabile che è Dio; ma, appesantiti dalla loro stessa natura mortale, volendo apparire sapienti in ciò che non sanno ed incapaci di sapere ciò che vogliono conoscere 3, insistono con troppa audacia nelle congetture e si precludono le vie dell’intelligenza, preferendo persistere nelle loro opinioni erronee, anziché mutare l’opinione che difendono. Questo è il vero male delle tre categorie di persone di cui si è parlato 4: di coloro cioè che pensano Dio alla maniera degli enti corporei, di quelli che lo concepiscono in modo conforme alla creatura spirituale, come l’anima; di quelli infine che, pur tenendosi lontani dalle cose corporee e spirituali, pensano Dio in maniera erronea 5, tanto più allontanandosi dalla verità in quanto la loro idea di Dio non è tratta né dall’esperienza sensibile né dalla creatura spirituale, né dallo stesso Creatore. Erra infatti chi si immagina Dio, per esempio, come bianco o rosso; ma tuttavia questi colori li troviamo negli enti corporei; non meno in errore è colui che invece si fa di Dio l’idea di un essere capace di dimenticanza e di memoria o di altri simili stati 6, ma tuttavia questi li ritroviamo realmente nell’animo umano. Ma coloro che pensano Dio così potente da generare se stesso, errano tanto più gravemente in quanto non solamente Dio ma nessuna creatura spirituale o corporea è concepibile a questo modo: non c’è assolutamente alcuna cosa che si generi per esistere 7.
La Scrittura non esitò ad usare i vocaboli di ogni genere di cose per elevare il nostro intelletto alle verità divine
1. 2. Per purificare l’animo umano da questi errori, la Sacra Scrittura, adeguandosi alla nostra piccolezza, non esitò ad usare i vocaboli di ogni genere di cose per far assurgere gradatamente il nostro intelletto, quasi nutrendolo, alle verità sublimi e divine. Parlando di Dio infatti usò espressioni desunte dalle cose corporee, come, per esempio, quando dice: Nascondimi all’ombra delle tue ali 8. Allo stesso modo traspose nel discorso su Dio molte espressioni proprie del mondo spirituale, per significare una realtà certamente diversa da questa, ma opportunamente esprimibile in modo analogo a questa, come: Io sono un Dio geloso 9; e: Mi pento di aver fatto l’uomo 10. Ma, da ciò che non esiste, la Scrittura non trasse nessun termine con cui creare allegorie o intrecciare degli enigmi. Pertanto più perniciosa e vana è la perdizione cui conduce, allontanando dalla verità, questo terzo genere di errore per il quale si suppone esistere in Dio ciò che non può essere in Dio stesso né in alcuna creatura 11. Con questi riferimenti alle cose create la Sacra Scrittura ama quasi divertire innocentemente per incamminare lo sguardo delle deboli creature, secondo le loro capacità, alla ricerca delle realtà superiori e a rinunciare alle inferiori. Ma troviamo assai raramente che la Sacra Scrittura usi delle espressioni in senso esclusivo di Dio senza alcun riscontro nelle creature, come quella rivolta a Mosè: Io sono colui che sono; e: Colui che è, mi mandò a Voi 12. Infatti non si esprimerebbe così, se non mirasse ad un senso esclusivo, dato che l’essere si predica e dei corpi e delle anime. Similmente l’Apostolo che usa l’espressione: Il solo che possiede l’immortalità 13, dal momento che anche l’anima in un certo senso si dice ed è immortale, non affermerebbe: Il solo che possiede, se la vera immortalità non fosse quella immutabilità che nessuna creatura può avere in quanto è del solo Creatore. Lo afferma pure Giacomo: Ogni grazia eccellente, ogni dono perfetto è largito dall’alto, dal Padre della luce, in cui non c’è né mutamento né ombra di variazione 14. Ugualmente Davide: Li cambierai ed essi muteranno, ma tu rimani il medesimo 15.
Nutriti dalla fede siamo resi capaci di attingere le realtà divine
1. 3. Da ciò scaturisce la difficoltà di penetrare e conoscere pienamente la sostanza divina che senza mutamento fa le cose mutevoli 16 e, al di fuori di ogni successione temporale, crea le cose temporali. Per vedere ineffabilmente quella realtà ineffabile è pertanto necessario purificare il nostro spirito 17; fino a quando ciò non avvenga, nostro nutrimento è la fede, affinché attraverso più agevoli sentieri diveniamo atti e idonei all’intelligenza di quel mistero. Perciò l’Apostolo, pur affermando che in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza 18, tuttavia a persone già rigenerate dalla sua grazia ma ancora carnali e come bambini in Cristo, non presentò il Cristo nella sua potenza divina, che ha comune con il Padre, ma nella sua debolezza umana per la quale fu crocifisso 19. Dice dunque l’Apostolo: Infatti non volli sapere in mezzo a voi altro che Gesù Cristo e questi crocifisso. Aggiunge poi: Ed io fui tra voi debole, timoroso, tutto tremante 20. E più avanti dice loro: Né io, fratelli, potei parlare a voi come a persone spirituali, ma come a persone carnali, come a fanciulli in Cristo. Vi diedi da bere del latte, non cibo solido, perché ancora non lo potevate digerire, ma nemmeno ora lo potete 21. Quando lo si dice a certuni, ciò li irrita e li offende. Regolarmente essi, piuttosto che sentirsi incapaci d’intendere quanto si dice loro, preferiscono giudicare sprovvisti di argomenti coloro che parlano così. E talvolta nel discutere con essi non trattiamo quello che chiedono su Dio sia perché non è alla loro portata, sia perché nemmeno noi lo sappiamo cogliere o spiegare, e ci limitiamo a mostrare quanto siano lontani dal poter intendere quello che pretendono. Allora, insoddisfatti nelle loro richieste, o ci accusano di coprire astutamente la nostra stessa ignoranza o di rifiutare loro maliziosamente la scienza. Così se ne vanno sdegnati e sconvolti.
Scopo e piano dell’opera
2. 4. Per questo motivo con l’aiuto del Signore Dio nostro prenderemo la parola per spiegare, per quanto possiamo, come ci chiedono anche i nostri avversari, in qual modo la Trinità sia un solo unico e vero Dio e come sia pienamente esatto dire, credere e pensare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono di un’unica e medesima sostanza o essenza 22, in modo che gli avversari non abbiano a pensare di essere tratti in inganno dai nostri giri di parole 23, ma sperimentino direttamente che quel bene sommo che si manifesta solo agli spiriti pienamente purificati, esiste e non può essere da loro conosciuto e compreso, perché il debole acume dello spirito umano non può penetrare in quella luce tanto sublime, se non si alimenta e rinvigorisce con la giustizia della fede 24. Ma occorre per prima cosa dimostrare, fondandosi sull’autorità delle Sacre Scritture, se tale è l’insegnamento della fede. Solo in un secondo tempo, se Dio vorrà e ci verrà in aiuto, aiuteremo forse codesti loquaci ragionatori, più arroganti che competenti e proprio per questo colpiti da un morbo tanto più grave, a trovare qualcosa di cui non possano dubitare e a incolpare così la propria intelligenza in quello che non sono riusciti a trovare, invece che incolpare la verità stessa o le nostre spiegazioni 25. Se rimane loro un minimo di amore e di timore di Dio, per questa via ritornino alla fede come principio e metodo di conoscenza, ormai convinti di quale rimedio di salvezza abbiano i fedeli nella santa Chiesa: una pietà guardinga risana la nostra debole intelligenza 26 perché sia in grado di apprendere la verità immutabile e non precipiti in dannosi errori per una temerarietà sconsiderata 27. Da parte mia poi se mi troverò nel dubbio non esiterò a cercare né, se mi troverò nell’errore, mi vergognerò di apprendere.
Disposizione di animo che il Santo richiede ai suoi lettori
3. 5. Chiunque legge quest’opera, dunque, prosegua con me se avrà la mia stessa certezza, ricerchi con me se condividerà i miei dubbi; ritorni a me se riconoscerà il suo errore, mi richiami se si avvedrà del mio. Insieme ci metteremo così sui sentieri della carità, in cerca di Colui del quale è detto: Cercate sempre il suo volto 28. In questa disposizione d’animo pia e serena vorrei trovarmi unito, davanti al Signore Dio nostro, con tutti i miei lettori di tutti i miei libri ma soprattutto di questo che indaga l’unità della Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, poiché non c’è altro argomento a proposito del quale l’errore sia più pericoloso, la ricerca più ardua, la scoperta più feconda 29. Se poi, leggendo, qualcuno dirà: Ciò non è stato bene spiegato, perché io non capisco
, se la prenda con il mio modo di esporre, ma non con la fede. Certamente la spiegazione avrebbe potuto essere più facile, ma nessun uomo parlò mai in modo che tutti lo intendessero su ogni cosa. Pertanto colui che troverà questa lacuna nel mio trattato, veda se, mentre non comprende me, è invece in grado di comprendere gli scritti di altri, competenti in questi argomenti e questioni. Se sarà così, lasci il mio libro, magari lo butti, se gli pare, e dedichi piuttosto fatica e tempo a coloro che è in grado di capire. Non pensi tuttavia che io avrei dovuto tacere perché non ho potuto esprimermi con tutta la facilità e chiarezza di quelli che egli capisce. Infatti non tutti gli scritti di tutti gli autori cadono nelle mani di tutti; e può accadere che alcuni che sono in grado di comprendere questo nostro lavoro non abbiano l’occasione di trovarne di più facili, ma trovino soltanto questo. È dunque utile che vengano scritti anche intorno alle stesse questioni da autori diversi molti libri con stile differente ma con identica fede, affinché la stessa cosa giunga a quanti più lettori è possibile, agli uni in un modo, agli altri in un altro 30. Ma se chi deplorasse di non aver capito questo mio scritto non fosse mai riuscito a capire nessun’altra spiegazione del genere, per quanto diligente e penetrante, costui se la prenda con se stesso, faccia propositi e sforzi per progredire, e non se la prenda con me per farmi tacere con le sue lamentele ed invettive. Chi infine leggendo dicesse: Comprendo bene quanto qui si dice, ma tutto ciò non risponde a verità
, sostenga se crede la sua tesi e, se può, confuti la mia. Se farà questo, spinto dalla carità e dalla verità, e si prenderà cura di farmene partecipe, se sarò ancora in vita, trarrò da questo mio lavoro abbondantissimo frutto. E se poi non potrà comunicare con me, lo farà con quanti potrà, ed io sarò consenziente e contento. Per quanto mi riguarda mediterò sulla legge del Signore 31, se non giorno e notte 32, almeno ogni volta che posso e affido alla penna le mie meditazioni, perché la memoria non mi tradisca, e spero che la misericordia di Dio mi darà perseveranza in tutte quelle verità di cui ho certezza. Se il mio sentire sarà diverso dal vero, Egli me lo manifesterà 33 mediante ispirazioni e ammonimenti interiori o con l’aperta testimonianza della sua parola, oppure attraverso i colloqui con i fratelli. Di questo lo prego e affido il mio impegno ed il mio desiderio a Colui che so capace di custodire ciò che ha donato e di dare ciò che ha promesso 34.
Agostino preferisce essere criticato da chi critica l’errore, piuttosto che essere lodato da chi loda l’errore
3. 6. Non mancherà certamente qualche lettore così ottuso da trovare in alcuni passi dei miei libri ciò che io non ho pensato e da non vedere invece ciò che ho pensato davvero. L’errore di costui, com’è chiaro, non deve essermi imputato, se, mentre mi segue senza capirmi, cade nel falso, mentre io sono costretto a farmi strada attraverso sentieri intricati ed oscuri; come del resto all’autorità delle Sacre Scritture nessuno può imputare ragionevolmente il gran numero e la varietà degli errori degli eretici, sebbene tutti si sforzino di difendere le loro opinioni false e fallaci ricorrendo alla Scrittura medesima 35. E tuttavia la legge di Cristo, cioè la carità 36, chiaramente mi ammonisce e con dolcissimo comando mi ordina che, se gli uomini ritengono che nei miei scritti ho difeso qualche errore che io non vi posi e questo piace ad alcuni e dispiace ad altri 37, io scelga di essere ripreso da chi combatte l’errore piuttosto che lodato da chi lo approva. Dal primo posso essere ingiustamente accusato per un’idea che non è mia, ma l’errore medesimo è biasimato a ragione, il secondo invece attribuendomi ciò che offende la verità non loda rettamente né me né l’opinione che mi attribuisce. Ed ora, in nome del Signore, poniamo mano all’opera intrapresa.
La dottrina cattolica sulla Trinità
4. 7. Tutti gli interpreti cattolici dei Libri sacri dell’Antico Testamento e del Nuovo che hanno scritto prima di me sulla Trinità di Dio e che io ho potuto leggere, questo intesero insegnare secondo le Scritture: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con la loro assoluta parità in una sola e medesima sostanza mostrano l’unità divina e pertanto non sono tre dèi, ma un Dio solo 38, benché il Padre abbia generato il Figlio e quindi non sia Figlio colui che è Padre; benché il Figlio sia stato generato dal Padre e quindi non sia Padre colui che è Figlio; benché lo Spirito Santo, non sia né Padre né Figlio ma solo lo Spirito del Padre e del Figlio, pari anch’egli al Padre e al Figlio, appartenente con essi all’unità della Trinità 39. Tuttavia non la Trinità medesima nacque dalla vergine Maria, fu crocifissa e sepolta sotto Ponzio Pilato, risorse il terzo giorno ed ascese al cielo 40, ma il Figlio solamente. Così non la Trinità medesima scese in forma di colomba su Gesù nel giorno del suo battesimo 41 o nel giorno della Pentecoste, dopo l’ascensione del Signore, si posò su ciascuno degli Apostoli, con il suono che scendeva dal cielo come fragore di vento impetuoso e mediante distinte lingue di fuoco, ma lo Spirito Santo solamente 42. Né infine la medesima Trinità pronunciò dal cielo le parole: Tu sei il Figlio mio 43, quando Gesù fu battezzato da Giovanni, o sul monte quando erano con lui i tre discepoli 44, oppure quando risuonò la voce dicendo: L’ho glorificato e ancora lo glorificherò 45, ma era la voce del Padre solamente che si rivolgeva al Figlio, sebbene il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo operino inseparabilmente, come sono inseparabili nel loro stesso essere 46. Questa è la mia fede, perché questa è la fede cattolica.
Le tre questioni che turbano alcuni
5. 8. Ma alcuni restano fortemente turbati nella loro fede al sentire che si parla di un Dio Padre e di un Dio Figlio e di un Dio Spirito Santo e che tuttavia questa Trinità non è tre dèi, ma un solo Dio. Chiedono come intendere ciò, dato soprattutto che i Tre, si dice, operano inseparabilmente in ogni attività divina e tuttavia è stata udita la voce del Padre 47 che non è la voce del Figlio; il Figlio solo si incarnò, patì, risorse ed ascese al cielo; solo lo Spirito Santo discese in forma di colomba 48. Essi vogliono capire in che modo quella voce in cui il Padre solo parlò sia opera della Trinità, quella carne in cui il Figlio solo nacque dalla Vergine 49 sia stata creata dalla Trinità, quella forma di colomba in cui solamente lo Spirito Santo apparve sia opera della Trinità medesima. In caso contrario la Trinità non opera inseparabilmente, ma alcune cose opera il Padre, altre il Figlio, altre lo Spirito Santo; oppure, se operano insieme solo alcune cose ed altre separatamente, la Trinità non può dirsi inseparabile. Ma c’è un’altra difficoltà: come nella Trinità vi è uno Spirito Santo non generato dal Padre né dal Figlio né da entrambi insieme, sebbene sia lo Spirito del Padre e del Figlio?. Poiché sono queste le domande che ci rivolgono, e lo fanno fino a tediarci, così, se la nostra piccolezza approda a qualche conoscenza con la grazia di Dio, la esponiamo loro come meglio possiamo e senza imitare colui che è roso dall’invidia 50. Mentiamo se diciamo che non siamo soliti pensare a questi argomenti; ma, se confessiamo che questi ci stanno fissi in mente perché siamo trascinati dal desiderio di cercare la verità, essi vogliono sapere in nome della carità i risultati della nostra ricerca. Non che abbia già conseguito il premio e raggiunto ormai la perfezione 51 (se osò dirlo l’apostolo Paolo, quanto più lo potrei io che sono tanto lontano da lui, sotto i suoi piedi?) 52, ma, secondo le mie capacità, dimentico ciò che mi sta alle spalle e mi slancio in avanti e con tutte le mie forze corro verso il premio della vocazione celeste 53. Così mi si chiede quanta strada abbia percorso e a che punto dalla fine io sia arrivato. Desiderano saperlo certe persone che la libera carità mi costringe a servire. Ma bisogna anche, e Dio me lo concederà, che giovi a me stesso, mentre preparo questi scritti per loro perché li possano leggere, e che il desiderio di rispondere a chi mi interroga, mi aiuti a trovare ciò che ho continuato a cercare 54. Ho intrapreso questo lavoro per ordine e con l’aiuto del Signore Dio nostro non per ragionare con autorità delle cose che conosco, ma per conoscerle più a fondo, parlandone con pietà.
Il Figlio è vero Dio, della stessa sostanza del Padre
6. 9. Chi disse che il Signore Dio nostro Gesù Cristo non è Dio o non è vero Dio o non è unico e solo Dio con il Padre o non è veramente immortale perché mutevole, fu convinto d’errore dalla evidentissima e unanime testimonianza delle Scritture, dove leggiamo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 55. È chiaro che nel Verbo di Dio noi riconosciamo il Figlio unico di Dio, del quale Giovanni dice più avanti: E il Verbo si fece carne ed abitò fra noi 56, perché si è incarnato nascendo nel tempo dalla Vergine. In questo passo Giovanni afferma non soltanto che il Verbo è Dio ma anche che è consustanziale al Padre, perché dopo aver detto: E il Verbo era Dio, aggiunge: Questi era in principio presso Dio e tutte le cose per mezzo di lui furono fatte e niente fu fatto senza di lui 57. E poiché quando dice: tutte le cose, intende significare tutte le cose che furono fatte, ossia tutte le creature, si può con certezza affermare che non è stato fatto Colui per mezzo del quale furono fatte tutte le cose. E se non è stato fatto, non è creatura; se non è creatura, è consustanziale al Padre. Infatti ogni sostanza che non è Dio è creatura, e quella che non è creatura è Dio. Ma, se il Figlio non è della medesima sostanza del Padre, evidentemente è una sostanza creata; ma se è tale, non tutte le cose furono fatte per mezzo di lui. Se però ogni cosa per mezzo di lui fu fatta, allora egli è una sola e medesima sostanza con il Padre. E perciò non è soltanto Dio ma anche vero Dio. È quanto Giovanni dice con somma chiarezza nella sua Epistola: Sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza perché conosciamo il vero Dio, e siamo nel suo vero Figlio Gesù Cristo. Questi è il vero Dio e la vita eterna 58.
Tutta la Trinità è immortale
6. 10. Da ciò consegue che l’apostolo Paolo non si riferiva solo al Padre quando disse: Il solo che possiede l’immortalità 59, ma parlava dell’unico e solo Dio, che è la Trinità stessa. Infatti la vita eterna non può essere mortale per mutazione, ma il Figlio di Dio è la vita eterna; perciò anch’egli è compreso con il Padre nelle parole: Il solo che possiede l’immortalità 60. E noi stessi, fatti partecipi 61 della sua vita eterna, diventiamo immortali nel modo a noi concesso. Ma una cosa è la vita eterna di cui diventiamo partecipi, altra cosa siamo noi che, per quella partecipazione, vivremo in eterno. Nemmeno se l’apostolo Paolo avesse scritto: Nei tempi stabiliti lo manifesterà il Padre, beato e solo sovrano, Re dei re, Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità
, dovremmo escludere il Figlio. Infatti il Figlio dicendo in veste di Sapienza (egli è infatti la Sapienza di Dio 62): Da sola ho percorso la volta del cielo 63, non ha escluso il Padre. Quanto meno è dunque necessario intendere come dette solo del Padre e non anche del Figlio le parole: Il solo che possiede l’immortalità, parole che fanno parte del seguente passo: Osserva questi precetti senza macchia e senza rimprovero fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo che nei tempi stabiliti sarà manifestato dal beato ed unico sovrano, Re dei re, il Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità ed abita in una luce inaccessibile, che nessun uomo ha visto né mai può vedere. A lui onore e gloria nei secoli dei secoli 64. In questo passo non si nomina propriamente né il Padre né il Figlio né lo Spirito Santo, ma il beato ed unico sovrano, il Re dei re, il Signore dei signori, cioè l’uno e solo vero Dio, la Trinità medesima.
Invisibilità del Figlio e di tutta la Trinità
6. 11. Tuttavia ciò che segue farà forse nascere difficoltà contro questa interpretazione. L’Apostolo infatti aggiunge: Colui che nessun uomo vide né può vedere 65. Ma anche queste parole vanno riferite a Cristo considerato nella sua divinità, che non fu visibile ai Giudei, sebbene essi abbiano visto e crocifisso la sua carne. La divinità infatti da nessun occhio umano può essere vista. La vede solo l’occhio che si possiede quando non si è più uomini ma superiori agli uomini. Giustamente dunque si riconosce il Dio Trinità nelle parole: Beato e solo potente che manifesta la venuta del Signore nostro Gesù Cristo nei tempi stabiliti. Dice infatti l’Apostolo: Il solo che possiede l’immortalità nello stesso senso in cui è stato scritto nei Salmi: Colui che solo opera meraviglie 66. Vorrei sapere a chi riferiscano i miei avversari questa affermazione. Se infatti si tratta solamente del Padre, in che modo può essere vero ciò che dice il Figlio: Qualunque cosa fa il Padre, la fa similmente anche il Figlio 67? Forse vi è tra le meraviglie cosa più prodigiosa che risuscitare e vivificare i morti? E lo stesso Figlio tuttavia dice: Come il Padre risuscita i morti e li vivifica, così anche il Figlio vivifica chi vuole 68. In che modo dunque il Padre solo opera meraviglie, se queste parole non permettono il riferimento a lui solo né al Figlio soltanto, ma all’unico solo vero Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo?
Il Figlio creatore di tutte le cose
6. 12. Così, quando il medesimo Apostolo dice: Per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale provengono tutte le cose e noi siamo in lui, e un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono state create, e noi siamo per mezzo di lui 69, chi potrebbe dubitare che si riferisce a tutte le cose create nello stesso senso in cui Giovanni dice: Tutte le cose per mezzo di lui sono state fatte 70? Domando dunque di chi parli l’Apostolo in un altro passo: Poiché da lui, per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli 71. Se infatti egli vuol parlare del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo in modo che le singole parole si riferiscano alle singole Persone: cioè da lui, dal Padre, per mezzo di lui, per mezzo del Figlio, in lui, nello Spirito Santo, è chiaro che Padre, Figlio e Spirito Santo sono un Dio solo, giacché conclude al singolare: a lui gloria nei secoli dei secoli. E all’inizio di questo passo non dice: O abisso della ricchezza, della sapienza e della scienza, riferendosi al Padre o al Figlio o allo Spirito Santo, ma della sapienza e della scienza di Dio! E quanto imperscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! Chi conobbe il pensiero del Signore? E chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per primo per aver diritto ad essere retribuito? Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose: a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen 72. Se pretendono di intendere questo testo come se parlasse unicamente del Padre, come mai allora secondo queste parole le cose sono state create dal Padre, mentre secondo l’Epistola ai Corinti furono create dal Figlio: Un solo Signore Gesù Cristo per mezzo del quale tutte le cose sono 73, e come dice Giovanni nel suo Vangelo: Tutte le cose per mezzo di lui furono fatte 74? Se infatti alcune cose sono state fatte per mezzo del Padre ed altre per mezzo del Figlio, non si può affermare che tutte sono state fatte per mezzo del Padre né tutte per mezzo del Figlio. Ma se tutte sono state fatte per mezzo del Padre e tutte per mezzo del Figlio, le stesse cose sono state fatte per mezzo del Padre e per mezzo del Figlio. Il Figlio è dunque uguale al Padre e l’operare del Padre è inseparabile da quello del Figlio: perché, se il Padre ha fatto perfino il Figlio dal quale non è stato fatto il Padre, non tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio, ma è attestato invece che tutte le cose sono state fatte per mezzo del Figlio. Egli dunque non è stato fatto, ed ha fatto insieme al Padre tutte le cose che sono state fatte. In verità l’Apostolo non tacque queste parole decisive, poiché disse nel modo più aperto: Colui che, sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio 75. E qui con il termine Dio designa propriamente il Padre, nel senso in cui altrove dice: Il Capo di Cristo è Dio 76.
Anche lo Spirito Santo è vero Dio, perfettamente uguale al Padre e al Figlio
6. 13. Anche per quanto riguarda lo Spirito Santo si raccolsero testimonianze - e quelli che ci precedettero nella trattazione di questi argomenti se ne sono largamente serviti - secondo le quali lo Spirito Santo è Dio, non una creatura. E se non è una creatura, non soltanto è Dio (anche gli uomini furono detti dèi 77) ma anche vero Dio. Pertanto perfettamente uguale al Padre e al Figlio e consustanziale e coeterno ad essi nell’unità della Trinità 78. Che lo Spirito Santo non sia una creatura risulta chiaramente soprattutto da quel passo importantissimo in cui ci viene comandato di servire non alla creatura ma al Creatore 79. Non si tratta di un servizio come quello che la carità ci impone gli uni verso gli altri 80 - in greco - ma di quello che è dovuto al solo Dio e che in greco si esprime con , vocabolo da cui deriva il nome idolatra, attribuito a chi presta agli idoli il culto dovuto a Dio. A questo culto si riferisce il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai 81. Il testo greco è più espressivo ed usa . Ora, se ci è proibito di rendere alla creatura questa specie di culto per il comandamento: Adorerai il Signore Dio tuo e lui solo servirai - di qui l’esecrazione dell’Apostolo per coloro che adorano e servono la creatura invece del Creatore - non può essere assolutamente creatura lo Spirito Santo al quale tutti i cristiani prestano tale tipo di servizio, come attesta l’Apostolo: I circoncisi siamo noi che serviamo lo Spirito di Dio 82, dove il testo greco usa . Anche molti codici latini hanno: Noi che serviamo lo Spirito di Dio; quelli greci tutti o quasi. Però in alcuni esemplari latini non si trova: Serviamo lo Spirito di Dio, ma: Serviamo Dio con lo spirito. Ma coloro che qui cadono in errore e si rifiutano nei riguardi di questo testo di dar credito ad una lezione più autorevole trovano forse variato nei codici anche questo passo: Non sapete che i vostri corpi sono il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che voi ricevete da Dio 83? Ora che cosa di più insensato e sacrilego che qualcuno osi dire che le membra di Cristo sono il tempio di una creatura che secondo i nostri avversari è inferiore a Cristo? Infatti in un altro passo l’Apostolo afferma: I vostri corpi sono le membra di Cristo 84. Se dunque quelle che sono le membra di Cristo sono il tempio dello Spirito Santo, lo Spirito Santo non è una creatura, perché colui al quale offriamo quale tempio il nostro corpo deve ricevere necessariamente quell’adorazione che si deve solo a Dio, e che è precisata dalla lingua greca con il vocabolo . Per questo motivo l’apostolo Paolo conclude: Glorificate dunque Dio nel vostro corpo 85.
Il Figlio come uomo inferiore al Padre ed anche a se stesso
7. 14. Queste testimonianze ed altre di tale natura hanno permesso ai nostri predecessori che, come ho detto, ne hanno fatto largo uso, di sgominare le imposture e gli errori degli eretici; esse rivelano alla nostra fede l’unità e l’uguaglianza della Trinità. Ma nelle Sacre Scritture vi sono molti passi a motivo dell’incarnazione del Verbo di Dio - incarnazione avvenuta per la nostra salvezza cosicché il mediatore tra Dio e gli uomini fosse l’uomo Gesù Cristo 86 - passi che fanno pensare o anche esplicitamente affermano che il Padre è superiore al Figlio. Per questo alcuni troppo poco attenti nello scrutare il senso e nell’afferrare l’insieme delle Scritture hanno tentato di riferire ciò che fu detto di Gesù Cristo in quanto uomo alla sua natura che era eterna prima dell’incarnazione e che è sempre eterna. Su questa base essi pretendono che il Figlio sia inferiore al Padre, poiché il Signore stesso ha detto: Il Padre è più grande di me 87. Ma la verità mostra che in questo senso il Figlio è inferiore anche a se stesso. Come infatti non sarebbe divenuto tale colui che si esinanì assumendo la natura di servo 88? Infatti non assunse la natura di servo così da perdere quella di Dio nella quale era uguale al Padre. Pertanto, se la natura di servo fu assunta in modo tale che egli non perdette la sua natura divina - poiché come servo e come Dio egli è lo stesso e unico Figlio di Dio Padre, uguale al Padre 89 nella sua natura divina, e mediatore di Dio e degli uomini nella sua natura di servo, l’uomo Gesù Cristo 90 - è chiaro che considerato nella sua natura divina anche lui è superiore a se stesso, mentre è a se stesso inferiore se considerato nella natura di servo. La Scrittura molto giustamente dunque si esprime in duplice modo, affermando che il Figlio è uguale al Padre e che il Padre è superiore al Figlio. Nel primo caso riconosce una conseguenza della sua natura divina, nel secondo una conseguenza della sua natura di servo, fuori d’ogni confusione. Un capitolo di una Epistola dell’apostolo Paolo fornisce questa regola da seguire per risolvere il problema in questione attraverso tutto il complesso delle Sante Scritture. In quel capitolo si raccomanda molto chiaramente la distinzione accennata: Colui che sussistendo in natura di Dio, non considerò rapina la sua uguaglianza con Dio, ma si esinanì prendendo la natura di servo, divenuto simile agli uomini, ritrovato in stato d’uomo. Per natura dunque il Figlio di Dio è uguale al Padre, per stato inferiore a lui. Nella natura di servo, che ha assunto, è inferiore al Padre, nella natura divina nella quale sussisteva, anche prima di assumere quella di servo, è uguale al Padre. Nella natura di Dio è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte 91, nella natura di servo fu formato da donna, formato sotto la Legge, per riscattare coloro che erano soggetti alla Legge 92. Perciò nella natura di Dio ha fatto l’uomo, nella natura di servo si è fatto uomo. Se il Padre solamente e non anche il Figlio avesse fatto l’uomo, non sarebbe scritto: Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza 93. Poiché dunque la natura di Dio ha assunto la natura di servo, Dio è l’uno e l’altro, come l’uomo è l’uno e l’altro. Ma Dio lo è, perché ha assunto l’uomo; l’uomo lo è perché è stato assunto da Dio. Infatti nell’incarnazione nessuna delle due nature si è mutata nell’altra: la divinità non fu certamente mutata nella creatura, cessando di essere divinità, né la creatura divenne divinità, cessando di essere creatura 94.
Il Figlio come uomo è sottomesso al Padre
8. 15. Le parole dello stesso Apostolo: Quando tutte le cose gli saranno state sottomesse, allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 95, possono servire contro l’opinione secondo cui lo stato preso da Cristo nella natura umana si sarebbe poi convertito nella stessa divinità, o meglio deità, la quale non è creatura ma la stessa unità incorporea, immutabile e per natura consustanziale e coeterna con se stessa, della Trinità; oppure se qualcuno pretende che le parole: allora il Figlio di Dio si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 96 possano intendersi, come alcuni hanno inteso, nel senso che questa sottomissione sarà la trasformazione e conversione della creatura nella stessa sostanza o essenza del Creatore, cioè che quella che era la sostanza della creatura diverrebbe la sostanza del Creatore, allora costui conceda almeno questo che è certissimo: tale trasformazione non era ancora avvenuta quando il Signore diceva: Il Padre è maggiore di me. Infatti egli disse queste parole non solo prima di ascendere al cielo ma anche prima della sua passione e risurrezione dai morti. Ora chi ammette che in Cristo la natura umana si muti e si trasformi nella sostanza della deità e chi sostiene che le parole: Allora il Figlio stesso si sottometterà a colui il quale ogni cosa gli sottomise 97 significhino: Allora lo stesso Figlio dell’uomo e la natura umana assunta dal Verbo di Dio si trasformerà nella natura di colui che tutto gli sottomise, suppone che ciò avverrà quando (dopo il giorno del giudizio) avrà consegnato il regno a Dio Padre 98. Ma anche a stare a questa interpretazione, resta ben fermo che il Padre è superiore alla natura di servo, che il Figlio ha ricevuto dalla Vergine 99. Anche se alcuni sostengono che l’uomo Gesù Cristo si è già mutato nella sostanza di Dio, costoro non possono certamente negare che la natura umana sussisteva ancora, prima della passione, quando diceva: Il Padre è più grande di me 100, per cui ci pare non ci sia più alcun motivo di esitazione circa il senso di quelle parole: il Padre è superiore alla natura di servo del Figlio, che è uguale al Padre nella natura divina. Leggendo queste parole dell’Apostolo: Quando dice che tutto è stato sottomesso, è chiaro che si deve eccettuare colui che tutto gli ha sottomesso 101, nessuno pensi di interpretarle nel senso che il Padre abbia sottomesso tutte le cose al Figlio, come se anche lo stesso Figlio non avesse sottomesso a sé tutte le cose. Lo spiega chiaramente l’Apostolo ai Filippesi: La nostra dimora è nei cieli, da dove aspettiamo, come Salvatore, il Signore Gesù Cristo che trasformerà il corpo della nostra umiliazione, rendendolo simile al corpo della sua gloria, secondo l’operazione con cui può rendere a sé soggette tutte le cose 102. L’operare del padre e l’operare del Figlio sono inseparabili; altrimenti neppure il Padre ha sottomesso a sé tutte le cose. Gliele ha sottomesse il Figlio che ha consegnato a lui il regno e distrugge ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 103. Proprio del Figlio fu detto: Quando consegnerà il regno a Dio Padre dopo aver distrutto ogni principato, ogni potestà, ogni virtù 104. Colui che sottomette è lo stesso che distrugge.
Il Figlio non consegnerà il regno al Padre, privandosene lui stesso
8. 16. Non cadremo nell’errore di credere che Cristo consegnerà il regno a Dio Padre per privarsene lui stesso, anche se alcuni sciocchi l’hanno creduto. La Scrittura che dice: Consegnerà il regno a Dio Padre, non indica una separazione del Figlio dal Padre, perché il Figlio è un solo Dio con il Padre. Ma a trarre in inganno chi è indifferente alle Scritture ma per contro è amico delle dispute, c’è l’espressione: fino a che. Infatti il testo continua così: È necessario che egli regni fino a che ponga tutti i nemici sotto i suoi piedi 105, quasi che il suo regno dovesse aver fine quando ciò sarà accaduto. Questi non vedono che questa frase ha lo stesso senso di quest’altra: Il suo cuore è stabile e non temerà finché vedrà abbattuti i suoi nemici 106, dove non si vuol dire evidentemente che da quel momento egli dovrà incominciare a temere. Che significa dunque: Quando consegnerà il regno a Dio Padre? Che questi ancora non lo possiede? No, di certo. Significa invece che l’uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, condurrà tutti i giusti, sui quali ora regna, per la loro vita nella fede, a quella contemplazione che lo stesso Apostolo chiama visione a faccia a faccia. Perciò l’espressione: Quando consegnerà il regno a Dio Padre, equivale a quest’altra: Quando condurrà i credenti a contemplare Dio Padre
. Come infatti dice il Signore: Ogni cosa mi fu consegnata dal Padre mio: nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo vorrà rivelare 107; allora il Figlio rivelerà il Padre, quando avrà abbattuto ogni principato, ogni potestà e virtù 108, quando cioè non sarà più necessario distribuire i simboli per mezzo degli ordini angelici, dei principati, delle potestà, delle virtù. È di essi che si può convenientemente intendere questo testo del Cantico dei cantici: Ti faremo ornamenti d’oro ageminati d’argento, fino a che il re è nel suo convito 109, cioè finché Cristo rimane nascosto perché la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio; quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi pure apparirete con lui nella gloria 110. Prima che ciò avvenga, noi vediamo per specchio, in enigma, cioè per mezzo di simboli, ma allora vedremo a faccia a faccia 111.
La contemplazione di Dio ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni
8. 17. Questa contemplazione ci è promessa come fine di tutte le nostre azioni e pienezza eterna del nostro gaudio. Infatti siamo figli di Dio ed ancora non è stato mostrato ciò che saremo. Ma sappiamo che quando ciò sarà manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è veramente 112. Ciò che ha dichiarato al suo servo Mosè: Io sono colui che sono; e annuncerai questo ai figli d’Israele: Colui che è mi ha mandato a Voi 113, questo contempleremo quando vivremo eternamente. Similmente disse il Signore: La vita eterna è questa, che conoscano te unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo 114. Questo avverrà quando il Signore sarà venuto e avrà illuminato ciò che si nasconde nelle tenebre 115, quando sarà dissipata l’oscurità di questo stato mortale e corruttibile 116. Sarà il nostro mattino, quello di cui parla il Salmista: Al mattino mi disporrò dinanzi a te e ti contemplerò 117. Le parole dell’Apostolo: Quando consegnerà il regno a Dio Padre si riferiscono, mi sembra, a questa contemplazione, cioè al momento in cui l’uomo Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, avrà condotto tutti i giusti, sui quali ora regna per la loro vita nella sua fede, alla contemplazione di Dio Padre 118. Se qui cado in errore mi corregga chi ha meglio compreso. A me non sembra che ci siano altre interpretazioni. Tuttavia non cercheremo altro quando saremo giunti alla contemplazione che non possiamo avere ora, finché la nostra gioia è tutta riposta nella speranza. Ma la speranza che si scorge non è speranza: come infatti ciò che uno scorge può anche sperarlo? Ma se speriamo in ciò che non vediamo è per mezzo della pazienza che noi l’aspettiamo 119, finché il re si trova nel suo convito 120. Si compirà allora quanto è scritto: Mi riempirai di gioia con la tua presenza 121. Dopo questa gioia non si cercherà più nulla, perché non vi sarà altro da cercare; il Padre si mostrerà a noi e questo ci basterà. È ciò che aveva ben capito Filippo quando diceva: Signore, mostraci il Padre e questo ci basterà 122. Ma non aveva ancora capito che avrebbe potuto dire allo stesso modo: Signore, mostraci te stesso e questo ci basterà
. E perché capisse questo il Signore gli rispose: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre 123. Ma poiché voleva che egli vivesse di fede prima che la visione gli fosse possibile, aggiunse: Non credi tu che io sono nel Padre e il Padre in me? 124.Infatti finché siamo presenti nel corpo, noi siamo lontani dal Signore, perché camminiamo per fede, non per visione 125. La contemplazione è certamente la ricompensa della fede, è il premio a cui i cuori si preparano purificandosi con la fede, come è scritto: Avendo purificato i loro cuori per mezzo della fede 126. Che i cuori si purifichino per quella contemplazione è testimoniato soprattutto da questo passo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 127. E poiché questa è la vita eterna, Dio dice nel Salmo: Lo sazierò di una lunga durata di giorni e gli mostrerò la mia salvezza 128. Pertanto allorché ascoltiamo: Mostraci il Figlio
, ascoltiamo: Mostraci il Padre 129. È la stessa cosa, perché nessuno dei due può essere mostrato senza l’altro. Sono appunto una sola cosa, così come ha detto anche il Signore: Io e il Padre siamo una sola cosa 130. Per questa inseparabilità può essere sufficiente attribuire talvolta alla sola presenza del Padre o del Figlio la pienezza della nostra felicità 131.
Lo Spirito Santo basta alla nostra beatitudine, perché inseparabile dal Padre e dal Figlio
8. 18. Da questa unità non può essere separato lo Spirito di ambedue, cioè lo Spirito del Padre e del Figlio. È questo lo Spirito Santo, che la Scrittura propriamente chiama: Spirito di verità che il mondo non può ricevere 132. Ora la nostra gioia perfetta della quale nulla c’è di più alto, è godere di Dio Trinità che ci ha fatto a sua immagine 133. Per questo talvolta si parla dello Spirito Santo come se bastasse lui solo alla nostra beatitudine, e davvero basta, in quanto non può essere separato dal Padre e dal Figlio, allo stesso modo in cui basta il Padre solo, perché indivisibile dal Figlio e dallo Spirito Santo, e basta il Figlio solo, perché non si può separare dal Padre e dallo Spirito Santo. Che senso hanno queste parole del Signore: Se mi amate, osservate i miei comandamenti ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore perché sia con voi in eterno, lo Spirito di verità che questo mondo (cioè chi ama questo mondo) non può ricevere 134? L’uomo carnale infatti non comprende le cose dello Spirito di Dio 135. Ma ancora può sembrare che in base all’espressione: Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un nuovo difensore 136 il Figlio solo non basti per la nostra felicità. In un altro passo poi si dice dello stesso Spirito, come se solo bastasse pienamente: Quando verrà lo Spirito di verità, vi insegnerà tutta la verità 137. Ma forse si vuole con questo testo escludere il Figlio come se non insegnasse egli stesso tutta la verità, o come se lo Spirito Santo dovesse colmare le lacune dell’insegnamento del Figlio? I nostri avversari sostengano pure, allora, se così loro piace, che lo Spirito Santo è superiore al Figlio, mentre sono soliti considerarlo inferiore. Forse concedono che si debba credere che anche il Figlio insegna insieme con lo Spirito Santo, in quanto la Scrittura non dice: Lo Spirito solamente
, oppure: Nessuno all’infuori di lui vi insegnerà la verità
? L’Apostolo ha dunque escluso il Figlio dalla conoscenza di queste cose di Dio quando disse: Così nessuno conosce le cose di Dio, eccetto lo Spirito di Dio 138, cosicché a questo punto questi insensati possano concludere affermando che il Figlio per quanto riguarda i segreti di Dio va a scuola dallo Spirito Santo come uno più piccolo da uno più grande. Il Figlio stesso spinge la sua deferenza verso lo Spirito Santo fino a dire: Perché vi ho detto queste cose la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ma io vi dico la verità: è meglio per voi che io me ne vada; se non me ne andrò il difensore non verrà a voi 139.
A volte quando si parla di una Persona divina si intendono implicitamente anche le altre
9. 18. Ma il Signore ha detto questo non a motivo dell’ineguaglianza tra il Verbo di Dio e lo Spirito Santo, ma perché la presenza del Figlio dell’uomo tra i discepoli impediva, per così dire, la venuta di Colui che non gli era inferiore perché non si era esinanito prendendo la natura di servo 140, come ha fatto invece il Figlio. Era necessario dunque che fosse sottratta ai loro sguardi la natura di servo la cui vista faceva loro credere che Cristo non fosse nient’altro che quello che vedevano. Ecco perché Gesù dice: Se mi amate, vi rallegrerete con me che io vada al Padre, perché il Padre è più grande di me 141, che era quanto dire: bisogna che io vada al Padre