Undici Donne nelle Pagine di un Diario
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Da Giulia che combatte con la depressione a Monica che affronta un tradimento d’amore passando per Serena che scrive una lettera alla bambina che tiene in grembo: questo testo di Ginevra Roberta Cardinaletti ci permette di leggere una pagina del loro diario, una fotografia dei loro pensieri, un fermoimmagine della loro storia in cui scopriamo la loro voglia di non arrendersi e di non fermarsi, e in cui, soprattutto, troviamo una parte di noi che forse teniamo nascosta. E che invece ci permetterebbe di volare.
Forse stiamo fingendo tutti, ma per dimostrarci cosa?
Non sarebbe più facile se ci aprissimo agli altri, se ammettessimo le nostre incertezze?
Parlare con sincerità di noi ci farebbe sentire più libere, e sentire le storie e i sentimenti delle altre donne ci aiuterebbe a capire che non siamo poi così strane.
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Anteprima del libro
Undici Donne nelle Pagine di un Diario - Ginevra Roberta Cardinaletti
ama.
Connessioni
Spavento ogni nuova paura mostrandole
tutto ciò che ho già saputo affrontare.
Uno dei regali più preziosi che ho ricevuto nella mia esperienza di psicologa e di autrice è stato quello di imparare ad ascoltare. Ascoltare vuol dire entrare in contatto, mettersi nei panni dell’altro, provare le sue stesse emozioni. Moltissime persone si sono raccontate a me, e io, ascoltandole, ho vissuto con loro esperienze, sensazioni, storie. Tante volte mi hanno rivolto parole e gesti di gratitudine per ciò che faccio, per ciò che scrivo, e questo mi ha sempre portato ad andare avanti, nonostante i momenti di sconforto, nonostante le difficoltà. Ci siamo arricchiti a vicenda.
Quando scrivo delle mie fragilità, so che qualcuno ci si può ritrovare, e quando ascolto storie ed esperienze diverse dalla mia, so che posso trovarci piccole parti di me.
Nessuna storia è inutile e nessuna storia è così lontana come può sembrare a un primo sguardo. Ho imparato a diffidare del a me non accadrà mai
. Si può imparare ad abbracciare anziché additare. Si può imparare a infondere e ricevere coraggio.
Non mi interessa ridere degli altri. Io voglio ridere in faccia alla paura.
Qui non racconto le mie o le vostre storie, racconto le nostre storie, parti di noi. C’è una connessione e un’affinità di emozioni tra tutti noi che spesso non riusciamo a vedere, non riusciamo neanche a immaginare. E invece siamo sguardi complici, anche quando non ci guardiamo.
Le donne che si raccontano in queste pagine sono undici donne differenti o forse sono undici differenti aspetti della stessa donna.
Ognuno di noi è stato molte persone, ha attraversato periodi e situazioni e affetti che hanno fanno sbocciare o fiorire o appassire germogli che aveva dentro di sé, a volte senza saperlo neppure.
Chissà quante persone è stato ognuno di noi.
Chissà quante donne possono esserci in una donna sola.
Forse la differenza sta in quante vite sei riuscito a vivere in una vita sola.
Queste sono pagine di diario e quando decidiamo di raccontarci su un diario è perché abbiamo bisogno di far uscire le nostre emozioni, di dar loro voce. Sono sfoghi, momenti delicati, fasi della vita, emozioni che ci colgono di sorpresa. Voler scrivere le nostre emozioni però significa anche voler fare qualcosa, voler agire, è un grido di vita, è il primo piccolissimo passo per nascere ancora.
Questi sono undici pezzetti di cuore. E il cuore ha sempre qualcosa da dire, anche quando non gli esce la voce e invece vorrebbe urlare. A volte fatica a trovare le parole, a volte le dice con il tono di voce sbagliato, ma se sai ascoltare allora potrai scoprire quella connessione invisibile e ritrovare pezzetti di te, del tuo stesso cuore nel cuore degli altri.
L’undici è un numero grigio chiaro, quasi bianco.
E’ snello, deciso e un po’ spavaldo.
E’ un numero primo ed è un palindromo.
E’ così coraggioso da voler comparire dopo la prima decina, quando abbiamo finito le dita su cui contare.
Anna
Mi hai insegnato tu a fare a meno di te.
Anna è un nome di colore bianco.
Mi devo delle spiegazioni. Soprattutto per ogni volta che, per inseguire qualcuno, ho lasciato indietro me.
Sono qui con il corpo, ma io sono altrove. Da molto tempo, da ormai troppo tempo. Vorrei volare via, non so neanche io dove, so soltanto che vorrei trovarmi lontano da qui. No, anzi, non vorrei volare, vorrei sprofondare o dissolvermi, scomparire.
Vorrei svegliarmi una mattina e scoprire che la mia vita non è più questa. Come in quel film in cui Nicolas Cage si sveglia in un’altra vita, quella che sarebbe stata la sua se avesse fatto altre scelte. Ecco, vorrei anche io un’altra possibilità, un piano B, rifare tutto da zero, perché forse ho sbagliato tutto, forse ho sbagliato vita.
Questa non è vita, e non è la mia.
Quando ho smesso di vivere? Quando ho smesso di amare? Quando ho smesso di respirare? Sono in apnea da ormai troppo tempo.
Immobile.
Non riesco neanche a ricordare come mi sentivo prima, non mi sembra neanche possibile che ci sia stato un prima. Quando eravamo innamorati, entusiasti, sorridenti. Era tutto così diverso, era tutto così intenso. Ridevamo insieme, mi piaceva ascoltarlo parlare e mi piaceva raccontargli le mie giornate, i mie sogni, i miei gusti. Avevamo