Catasto murattiano di Gaeta
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Anteprima del libro
Catasto murattiano di Gaeta - Giuseppe Nocca
Presentazione di Salvatore Ciccone
Nel giugno 2021 a Gaeta, io e Giuseppe Nocca in una nostra libera conversazione voluta dall’Associazione Culturale Cajé, illustrammo il paesaggio dell’area del Golfo attraverso una carrellata di immagini; ci fu complice la terrazza del bastione La Favorita
con una stupefacente visione del circondario che pose noi e gli astanti nell’argomento, meglio che in uno spazio virtuale.
Dai rispettivi saperi di architetto e di agronomo emerse il significato di paesaggio quale insieme dei fattori ambientali e culturali, da non confondere con il panorama che di quello rappresenta solo un’ampia parte visibile.
Questa cognizione è importante soprattutto di fronte alle convulse trasformazioni attuali, poiché, ai guasti visuali di un sito, subentra la logica del declassamento per avallare interventi di più ampia e definitiva alterazione: anche qualora un panorama fosse stato rovinato, il paesaggio può conservare le componenti valoriali potenzialmente integre, risorse anzitutto sotto specifica tutela, da utilizzare all’incremento culturale e poi al miglioramento economico di una comunità.
Il paesaggio, espressione dei più vari aspetti di un popolo, nelle pretese esigenze di sviluppo vede oggi strutture e infrastrutture prevalere specificatamente sull’aspetto naturale sia pure non originario. Ciò è dovuto al fatto che prima il diretto sostentamento dalla terra investiva gran parte della popolazione, poi con l’avvento dell’industria e dello sviluppo tecnologico si è capovolta la composizione sociale, traboccata in altri settori e restringendo l’attività agricola. Il risultato non deve quindi meravigliare: a stupende vedute dominate dal verde, corrispondono oggi estensioni edificate spesso confuse e feriti i siti panoramici; sulla terra incolta si vuole ricchezza ricoprendola di cemento e di asfalto; abbandono e alterazione sono causa di disastrosi dissesti idrogeologici.
Nondimeno nella dinamica di consumo sono da annoverare, e da temere, le pretenziose soluzioni urbanizzanti
di ambiti di pregio in favore del turismo e l’enucleazione dai contesti di quegli elementi giudicati di valore per lo sviluppo economico.
Questo tema non può che spronare verso ulteriori approfondimenti e iniziative; ecco quindi il presente volume generato da Giuseppe Nocca sul Catasto Murattiano nel territorio di Gaeta. Al di là degli aspetti tecnici e normativi a fini fiscali di un registro catastale, da esso si ricompone la consistenza ed uso dei terreni nel periodo a cavallo tra Settecento e Ottocento, nelle colture agricole, nelle specie vegetali, nelle produzioni distintive e note. Consente perciò di attraversare la stratificazione dei fattori culturali, far rivivere e risalire la storia e le tradizioni alimentari ed enogastronomiche, quello cioè che rappresentava il paesaggio di allora, ma anche quello attuale sia pure così decisamente modificato. Infatti, come ho prima detto, all’apparenza di un sito pur molto alterata, possono sopravvivere risorse che rappresentano l’identità di un territorio e di un popolo che, se riconosciute, possono fornire più corretti indirizzi di miglioramento dell’economia e dell’occupazione, oltre che dello stesso equilibrio del pianeta.
Questo appunto ci è offerto nel libro, dai documenti e dalle ricostruzioni che da essi derivano del paesaggio e che solo parzialmente possono confrontarsi con rade e generiche illustrazioni degli artisti. Infatti puntuale è la definizione delle culture, finanche nel modo inconsueto di come erano organizzate vicino agli insediamenti, nel perseguire la sufficienza alimentare degli abitanti; di questi poi riaffiorano nomi talvolta con soprannomi, i mestieri, tipo e condizione degli alloggi e di locali utilitari. Tutto è individuato sul territorio attraverso l’antico sistema toponomastico, direttamente preciso in quanto proiezione di una conoscenza diffusa e inscindibilmente legata all’agricoltura; nomi di luoghi che risalivano talvolta nella più remota antichità e oggi dissipati, più che dal sistema particellare, proprio dall’allontanamento dalla terra.
Dunque una multiforme quantità di informazioni, dove ognuno potrà trovare curiosità e notizie anche sui propri avi ed averi, più specifiche e di riscontro per gli studiosi, per la qual cosa questo libro non può essere compiutamente spiegato, bensì letto e studiato.
Devo aggiungere che questo libro non è solitario e calzato sulla sola realtà municipale di Gaeta, poiché l’Autore ha appena pubblicato della finitima Formia i documenti del medesimo Catasto pur riferiti a Gaeta, benché questo comune si fosse costituito nel frangente napoleonico. Ciò induce a considerare alle due città un unico paesaggio, evoluto su una storia comune e inscindibile, di trasferimento altomedievale delle istituzioni cittadine dall’antica Formiae al promontorio di Caieta, suo porto naturale. Questa realtà deve appassionare chiunque voglia comprendere questo particolare territorio e intraprendere qualsivoglia attività che del comune patrimonio del paesaggio possa essere rispettosa e di valorizzazione.
Ritengo infatti che questa considerazione e questa volontà debba superare gli schemi istituzionali con il principale e vivo interessamento delle popolazioni; è in esse che deve crescere l’idea di paesaggio come loro stessa identità, per essere orgogliose di viverlo nella sua più completa dimensione e prospettiva per sé e per i propri discendenti.
Questo libro certamente concorre alla comprensione di questo valore, non relegato alla storia, ma a sentirlo proprio nell’attualità e nella prospettiva di nuove scelte e positivi cambiamenti.
Introduzione
Presso l’Archivio di Stato di Latina è conservato in ottime condizioni il catasto redatto in esecuzione del Regio Decreto del 12 agosto 1809 dell’intero comune di Gaeta. Il lavoro di stesura, in conformità alle Istruzioni Ministeriali del 1 Ottobre dello stesso anno, fu terminato il 30 ottobre del 1812, come risulta dalla datazione apposta nell’ultima pagina del Registro delle Sezioni. Il censimento delle unità immobiliari faceva seguito al catasto onciario portato a termine solo pochi decenni prima ed avrebbe dovuto assumere un carattere del tutto provvisorio, ciò nonostante esso conservò la sua efficacia fino alla seconda metà dell’800, successivamente alla costituzione del Regno d’Italia. Il catasto provvisorio
è ancora oggi meglio conosciuto come Catasto Murattiano, poiché fondato su principi ispirati alle norme francesi divulgate in Italia a seguito della conquista napoleonica.
Il catasto provvisorio si compone di tre tipologie di registri:
lo stato delle Sezioni
il Partitario
il registro delle Matricole
Il registro delle Sezioni, distinto con il n. 248, riporta un elenco numerato di proprietari ed unità immobiliari, sia rustiche che urbane, in totale continuità, ciascuna completa sia della qualità di coltura che della superficie, oltre che della località all’interno della quale essa ricade. Il registro prende tale denominazione, poiché il territorio era stato suddiviso in sezioni all’interno delle quali sono state inserite le unità immobiliari secondo i criteri già esposti. In ogni sezione le unità immobiliari assumono una numerazione progressiva a partire da 1.
L’intero territorio di Gaeta è stato suddiviso in undici sezioni a partire dalla A fino alla M. Le sezioni dalla A alla E coincidono pressappoco con l’attuale territorio del comune di Formia, mentre le sezioni F, G, H, I, L, M includono il territorio amministrativo del comune di Gaeta. La ripartizione tra i due comuni, operata nel seguente saggio, è puramente qualitativa, poiché non si può escludere che alcune unità della sezione E siano state poi successivamente incluse nell’odierno territorio amministrativo di Gaeta e viceversa per alcune unità della sezione F relativamente al comune di Formia.
Il partitario si compone di cinque registri originari (dal 220 al 224) all’interno dei quali sono contenute le variazioni di titolarità relative ad ogni ditta catastale. Esso è direttamente collegato con il registro delle Sezioni da cui attinge la lettera della sezione ed il numero progressivo. Ogni variazione genera uno scarico dalla ditta alienante ed un carico della medesima proprietà in favore della ditta acquirente, in modo del tutto similare al moderno catasto in vigore.
Il registro delle matricole consiste in una semplice rubrica alfabetica e riporta solo l’elenco dei titolari contribuenti.
Dell’intera documentazione citata è stato integralmente trascritto solo il Registro dello Stato delle Sezioni relativamente all’odierno territorio della città di Gaeta; analogo lavoro è stato già in precedenza effettuato per le sezioni del comune di Formia, sebbene limitatamente ai terreni con esclusione delle unità urbane.
La scelta di trascrivere solo lo Stato delle Sezioni è stata dettata principalmente da un facile approccio alla tematica erariale anche da parte di un pubblico non necessariamente edotto sull’argomento. Infatti l’elenco di proprietari, di unità patrimoniali e di località apre di fatto una finestra sull’intera città di Gaeta agli inizi dell’800 restituendoci un tessuto urbano nei suoi particolari prima che l’assedio di qualche decennio più tardi ne sconvolgesse la trama. Poco interesse avrebbero destato le variazioni di titolarità che hanno abbracciato un arco temporale ben più ampio del solo triennio 1809-1812.
Lo stato delle Sezioni ci restituisce in un solo momento l’intera struttura patrimoniale della città, arricchita dei cognomi ed in alcuni casi anche dai soprannomi e mestieri. Non è inoltre trascurabile l’interesse per il recupero delle denominazioni delle località che già all’epoca presentavano un’identità non dissimile dall’attuale. I dati desunti dallo Stato delle Sezioni hanno consentito anche un totale recupero delle unità di paesaggio che caratterizzavano il territorio gaetano prima che l’avvento della industrializzazione e dell’agricoltura intensiva ne modificassero profondamente l’assetto. L’analisi delle qualità di coltura ha consentito inoltre una ricostruzione dell’intera economia agricola della città con le sue risorse alimentari; non emerge tuttavia alcun dato relativo all’economia del mare, se non per un laconico cenno al quartuccio
. Molto interessante è apparsa l’organizzazione religiosa della città, già strutturata in parrocchie, chiese, monasteri; decisivo per la vita della città è il ruolo svolto dalla Chiesa della Annunziata, titolare di numerosi immobili; sono emersi i nomi di sacerdoti e canonici di strutture religiose che già all’epoca erano scomparse. Non potevano inoltre mancare riferimenti precisi alle strutture militari che costituivano l’ossatura difensiva della città che traeva dalla sua posizione un ruolo dominante. Nelle tavole fuori testo sono