Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini
Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini
Metodi Matematici Della Fisica (Cap 4) - Bernardini, Ragnisco, Santini
,r~IETODI MATEMATICI
DELLA FISICA
I.ri.:!. I'oli (' singolarita essenziali 69
l.r;.:\' Classificazione delle funzioni analitiche monodrome 71
. I. I'o]idrolllia 72
I. 7.1. Rami di funzioni polidrome 72
1.7.2. Superfici di Riemann 74
1. 7.3. Considerazioni topologiche sulle superfici di Riemann 77
I problemi fisici determinati dallo studio dei fenomeni pili comuni sono
spesso rappresentati nella forma di equazioni di evoluzione nel tempo di
una 0 pili variabili caratterizzanti il sistema in esame. A prima vista,
questi problemi sembrano appartenere a due distinte categorie. La
prima e quella della evoluzione di un sistema "preparato" in una confi-
gurazione non d'equilibrio stabile mediante l'imposizione di "condizioni
iniziali": a partire da quelle condizioni, il sistema evolve "spontanea-
mente" senza bisogno di sollecitazioni esterne e, generalmente, nei casi
realistici finisce con il riportarsi a qualche configurazione d'equilibrio
a causa della dissipazione di energia. La seconda categoria di problemi
corrisponde invece al caso in cui un sistema in equilibrio stabile viene
sollecitato con continuita da un agente esterno (input), generando se-
gnali di risposta (output) che vengono osservati dallo sperimentatore
mediante l'analisi del comportamento nel tempo delle variabili carat-
terizzanti. Esempi del primo tipo sono: un pendola che e lasciato
and are da una posizione pill alta di quella corrispondente alla quota
minima, oppure un gas inizialmente reso non spazialmente uniforme
in densita 0 temperatura. Esempi del secondo tipo sono: un circuito
elettrico sollecitato da un generatore 0 un solido irradiato con onde
sonore 0 elettromagnetiche (input), che rispondono rispettivamente
con la corrente misurata in qualche elemento del circuito 0 generando
nuove onde (output).
Per comodita di illustrazione, ci riferiremo per cominciare a problemi
della seconda categoria. Supponiamo che il sistema 5' sia sollecitato
da un input h(t) e che risponda con un output RI(t). Se invece esso
e sollecitato da un diverso input 12(t) rispondera con l'output R2(t).
Immaginiamo ora di sollecitare 5' con la sovrapposizione dei due in-
put precedenti, cioe con l'input h(t) + h(t). Quando accade che,
p~r qualunque coppia di input, la risposta sia la somma delle risposte
(output) R1(t) + R2(t), il sistema si dice lineare: questa descrizione
e semplice e immediatamente comprensibile, e ha grande importanza
pratica. Si dice allora che per i sistemi lineari vale il cosiddetto "prin-
cipio di sovrapposizione", benche sia improprio chiamare "principio"
una regola di classificazione. Quando invece il principio di sovrappo-
sizione non vale, allora il sistema e classificato come non-lineare.
Della struttura generale delle relazioni input-output per i sistemi
lineari abbiamo gEt parlato nei parr. 1.2.3 e 2.4. Vogliamo ora os-
servare che anche per i problemi della prima categoria, corrispondenti
cioe a sistemi preparati mediante opportune condizioni iniziali, e pos-
sibile adottare una formulazione analoga introducendo, mediante op-
portune funzioni "generalizzate" che tratteremo al successivo par. 4.4,
sollecitazioni impulsive che simulano l'effetto "istantaneo" dell'atto di
preparazione del sistema (talvolta questo atto di preparazione va sotto
il nome di "regime balistico"). Accenniamo poi a un'altra caratte-
rizzazione dei sistemi in studio che, talvolta, e di qualche importanza
pratica: se un sistema S e sollecitato da un input sinusoidale di fre-
quenza qualsiasi e risponde sempre con un output che ha la stessa
frequenza dell'input, allora esso e lineare. Se invece nell'output sono
presenti (anche) frequenze diverse da quell a della sollecitazione, allora
si tratta di un sistema non-lineare. E un utile esercizio di riflessione
rendersi conto di questa proprieta dei sistemi non-lineari; per quanta
riguarda il caso dei sistemi lineari sollecitati, la proprieta e abbastanza
elementare ma di portata non trascurabile, in quanto legata alla tec-
nica di soluzione mediante scomposizione dell'input in componenti si-
nusoidali e successiva ricomposizione dell'output (analisi di Fourier)
di cui parleremo diffusamente nel seguito (e a cui abbiamo gia fatto
cenno ai parr. 2.5 e 3.6.8): si tratta di uno degli strumenti pili po-
tenti nell'analisi dei problemi lineari, purtroppo non immediatamente
efficace nel caso dei problemi non-lineari.
La rilevante attenzione dedicata ai sistemi fisici lineari ha almeno
una buona motivazione pratica. L'ambiente terrestre e, nell'universo,
abbastanza eccezionale: esso e a bassissima temperatura, prossima
allo zero assoluto, a differenza dei molto pili comuni ambienti stellari.
Sulla Terra coesistono sistemi solidi, liquidi e gassosi (elettricamente
neutri), a riprova del fatto che il contenuto energetico dei vari gradi di
liberta che costituiscono la materia e molto basso rispetto alle energie
di legame dei costituenti. Al confronto, la materia stellare e costituita
quasi esclusivamente da materia ionizzata allo stato detto di "plasma"
in cui almeno i gradi di liberta dei costi~uenti atomici sono energeti~
camente molto eccitati. La materia terrestre e percio quasi sempre
prossima a condizioni di equilibrio stabile, e Ie sollecitazioni che su
di essa esercitiamo con mezzi ordinari sono generalmente di piccola
entita, come e ben noto dai problemi pili comuni della dinamica ele-
mentare. Lo scostamento dall'equilibrio, generalmente "piccolo", de-
termina percio forze (generalizzate) di richiamo verso la configurazione
stabile, che sono di tipo elastico, cioe lineari.
Vi sono poi alcune teorie fondamentali della fisica, come la teoria
di Maxwell dei campi elettromagnetici 0 la meccanica ondulatoria di
Schroedinger, che si presentano nei loro fondamenti come intrinseca-
mente lineari, indipendentemente dalle circostanze in cui esse vengono
applicate, cioe dallo stato dell'ambiente. Pertanto, 10 studio dei pro-
blemi lineari ha un ruolo centrale in buona parte dello sviluppo delle
conoscenze fisiche contemporanee, sia per motivi pratici che per motivi
fondamentali.
Ma vi sono anche - e da qualche decennio ricevono attenzione cre-
scente - molti sistemi non-lineari di grande interesse. Per i risultati
rilevanti dell'idrodinamica e dell'aerodinamica, per esempio, Ie tec-
niche lineari appaiono insufficienti: un problema tipico e quello delIa
turbolenza; una classe pili generale di problemi non-lineari e quell a
che va sotto il nome di meteorologia. Un altro esempio e quello della
relativita generale e dello studio dei problemi dei campi gravitazionali
molto intensi e della cosmologia. Non ci occuperemo, se non occasio-
nalmente e per cenni, di problemi non-lineari, perche riteniamo che la
comprensione delle caratteristiche di quelli lineari sia un prelim inare
indispensabile; ma vogliamo qui avvertire dell'importanza conoscitiva
della non-linearita, che present a situazioni profondamente differenti da
quelle di cui qui prevalentemente ci occupiamo.
II prototipo dei modelli di sistemi lineari e l'oscillatore armonico,
eventualmente smorzato. Con Ie notazioni che abbiamo usato sopra
per Ie relazioni input-output, l'equazione differenziale per un oscillatore
sollecitato da un input I(t) e della forma
Se nella derivata delIa fase si distinguono due parti, una dominante de-
terminata dal termine lineare nella [4.2], che sopravvive anche quando la
non-linearita e assente, e l'altra "piccola" (come "piccola" sara, in qualche
La proposta di Krylov e Bogoliubov consiste nell'imporre che l'espressione
[4.4] delia derivata prima di R(t) sia ancora esattamente come quella cor-
rispondente all'oscillatore lineare, doe
Questo implica che tra A(t) e B(t) sussista una relazione differenziale che
cancella i termini "piccoli"; la relazione, arbitraria ma lecita perche con la
[4.3] e stato raddoppiato il numero delle incognite che, percio, non possono
essere indipendenti, e, tenendo conto delia [4.5],
A'(t) = (~)F(AcoSB,~wAsinB)sinB
¢'(t) = (~A)F(AcoSB,~wAsinB)cosB
Indicando con < g( B) > il valor medio di una funzione g delia fase (cal-
colato ovviamente, per A costante, sull'intervallo di fase (0,27r) e per una
distribuzione uniforme dei valori di B), la [4.8] e la [4.9] diventano:
Definizioni
Dato un punta di riferimento 0 (origine) del nostro spazio ambiente
tridimensionale, ogni punto P di tale spazio e in corrispondenza biu-
nivoca con un segmento orientato 0 vettore 1!. che va dall'origine al
punto P. Un vettore dello spazio puo essere moltiplicato per uno
scalare a E R dando luogo a un nuovo vettore, diretto come il prece-
dente, la cui lunghezza e la[ volte quell a del precedente e il cui verso
e concorde 0 discorde a second a che asia positivo 0 negativo. Due
vettori 1!.1 e 1!.2 che emanano dall'origine 0 possono essere sommati at-
traverso la regola del parallelogramma, dando luogo a un terzo vettore
1!.3 che emana anch'esso dall'origine.
di fig. 4.2 sono legati dalla relazione algebrica lineare 11.2 - a1L1 = Q; essi
sono quindi ottenibili l'uno dall'altro attraverso l'operazione b e sono
pertanto detti dipendenti. I vettori non paralleli 1L1 e 1L2 di fig. 4.3,
per i quali non esiste invece una relazione del tipo a11L1 + a21L2 = 0 (ad
eccezione del caso banale in cui a1 = a2 = 0), sono detti indipendenti.
Se pero si aggiunge ad essi il vettore 1L3 = a11L1+a21L2 ad essi coplanare,
allora ciascuno dei tre vettori eottenibile dagli altri due attraverso
un'opportuna combinazione delle operazioni a e b e i tre vettori sono
dipendenti. In astratto, dato un insieme di vettori {;r.(j)} di uno spazio
vettoriale V, si possono verificare Ie seguenti due situazioni:
a) esistono m scalari a1, ... , am non tutti nulli tali che
m
Lajx(j) =0
j=l
Tre vettori non coplanari 1L1,1L2 e 1L3 dello spazio ordinario sono in-
dipendenti e ogni altro vettore 1L dello spazio e esprimibile come com-
binazione line are del tipo: 1L = 2::=1
CilLi. E naturale quindi scegliere
q Ilesti vettori come base rispetto aHa quale descrivere ogni vettore 11
(lello spazio; gli scalari Ci sono Ie coordinate di Q rispetto alla base, che
(Idinisce quindi un vero e proprio sistema di coordinate. In astratto
diremo che un insieme di vettori {;J;(j)} di V, linearmente indipendenti,
(\ una base (un sistema di coordinate) di V, se ogni vettore ;r;.E V ()
Ilua combinazione lineare del tipo
x
- = '"
L. cx(j)
J-
j
k=l
"0 1)('1' collvenienza tipografica, col simbolo (6, ... , ~n)T; ~k e la com-
1)( >II('IItc k-esima (0 coordinata k-esima) del vettore { E en, ma anche
,1,,1 vdlo['(, :f E V nella base {;r;.(j)}j=1· Le operazioni di somma;r;. + JL
"i "II" vdtori :f, y EVe di moltiplicazione c;r;.per uno scalare c E C in-
,III<" >Ij( " al.traver~o l'isomorfismo [4.14], Ie seguenti ben note operazioni
11:1 v,'!.Lori <Ii en:
Alla base {;r;.(j)}j=l di V e inoltre associata la base canonica {~(j)}j=l
di en, dove la componente k-esima e~) del vettore ~(j) vale Okj, k,j =
1, ... ,no
Questo isomorfismo tra il generico spazio vettoriale V reale (com-
pies so) e Rn (en), spiega perche la maggior parte delle nozioni algebri-
co-geometriche astratte associate a spazi vettoriali hanno un significato
familiare nel nostro spazio ambiente; il lettore e incoraggiato a questo
esercizio di confronto.
m
Lj n ( L Lk) = {Q}, j = 1, ... , m
k=l,k#j
Infatti, se, per assurdo, ammettiamo che Lj n (~;=l,k#j Lk) =I {Q} per
qualche j, allora deve esistere un JLE Lj tale che JL= ~;=1,#j JLk' JLk E
Lk· Quindi;;£.j + JLj+ ~k#j (;;£.k- JLk) sarebbe un'altra rappresentazione
di;;£.E V. Si puo mostrare che vale anche l'opposto: se vale la proprieta
[4.21], aHora Ie varieta Lj, j = 1, ... , m sono linearmente indipendenti.
La decomposizione di uno spazio nella somma diretta di sottospazi
indipendenti e una "buona" decomposizione, grazie aHa proprieta di
unicita discuss a sopra, e sara uno dei fili conduttori di questo capitolo.
E utile raccogliere questi e altri risultati suHa somma e decompo-
sizione di spazi vettoriali astratti nel seguente teorema.
Teorema 4.1. Teorema sulla somma di spazi vettoriali:
1. Dati i sottospazi Lj, j = 1, ... , m dello spazio vettoriale L, le
seguenti tre affermazioni sono equivalenti:
a) L e la somma diretta di L1, ... , Lm: L = ffiLj, cioe ogni elemento
;;£. E L pub essere messo nella forma;;£. = ~;=
1 ;;£'j,;;£'j
E Lj in uno ed
un solo modo;
b) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';1 Lj (cioe ogni
elemento ;;£. EVe decomposto nella somma;;£. = ~';1 :£(j), ;;£.(j) E
Lj, j = 1, ... , m) e inoltre le varieta Lj, j = 1, ... ,m sono linearmente
indipendenti;
c) L e la somma ordinaria di L1, ... , Lm : L = ~';=1
Lj e inoltre
l'intersezione di ogni varieta Lj con la somma delle altre e il vettore
nullo: Li n (~#i Lj) = {Q}.
2. Se L e la somma diretta di m spazi vettoriali L1, ... , Lm, allora
m
dimL = LdimLj
j=l
Sappiamo operare sui vettori dello spazio ordinario in vario modo: sap-
piamo ad esempio proiettare un vettore 1!.su un piano perpendicolar-
mente ad esso 0 parallelamente ad una direzione assegnata; sappiamo
ruotarlo di un certo angola 0 invertirlo. Queste operazioni a noi fa-
miliari sono esempi di trasformazioni (0 operatoTi, 0 applicazioni, 0
operazioni) lineaTi; un operatore lineare A su uno spazio lineare V
e una trasformazione che assegna ad ogni vettore ;£ E V un vettore
A;£ E V che gode delle proprieta di linear ita
vale solo se i due spazi X e Y coincidono! Si noti inoltre che, una volta
caratterizzato it range R(A) dell'operatore A, aHora'Vy E R(A) esiste
una soluzione;r EX dell'equazione [4.25]; essa e unica se la condizione
ii e soddisfatta. L'operatore A : X -t R(A) e quindi invertibile se e
solo se N(A) = {Q}.
Se X e Y sono finito-dimensionali e se A e invertibite, allora A-I
e, al pari di A, continuo e limitato (cfr. par. 4.5). Limitandoci ora a
considerare operatori lineari su V (A : V -t Il), mostreremo che Ie con-
dizioni i e ii, entrambe necessarie nel caso generale per caratterizzare
operatori invertibili, sono ridondanti se V e finito-dimensionale.
Teorema 4.2. Teorema sull'invertibilita di operatori lineari su spazi
finito-dimensionali: CNES affinche un operatore lineare A su uno
spazio finito-dimensionale V sia invertibile 10 che, Ify E V, esista un
;r E V tale che A;r = y (cioe che R( A) = V); oppure che I' equazionc
A;r = Q implichi che £= Q (cioe che N(A) = {Q}).
Dimostrazione. Se A e invertibile, Ie condizioni i e ii sono entramb(~
soddisfatte; quindi R(A) = V e N(A) = {Q}. Viceversa, l'equazione
[4.24J d~duogo alle due serie di implicazioni: N(A) = {Q} =? dim R(A)
= dim V =? R(A) = V =? :JA -\ R(A) = V =? dimN(A) = 0 =>
N(A) = {Q} =? :JA -1.
a12
a,n)
C'
a21 a22 a2n
(A) = :
an1 an2 ann
(il simbolo (A) verra usato, quando necessario, per distinguere 130rap
presentazione matriciale dell'operatore A in una certa base dall'opera-
tore stesso). Gli scalari (ail, ai2, ... , ain) e (a1j, a2j, ... , anj)T costitui
scono rispettivamente 130i-esima rig a e 130 j-esima colonna dell a matric('
A. L'elemento aij di (A) e 130i-esima componente del vettore A;rCiJ
e quindi 130j-esima colonna di (A) e costituita dalle coordinate del
vet tore A;r(j). Lo spazio delle matrici nxn e isomorfo allo spazio degli
operatori lineari su spazi vettoriali di dimensione n. Infatti 130[4.2KJ
associa, attraverso 130base {;r(j)}j=1, ad ogni operatore A la matrie('
(A); viceversa l'assegnazione dell a matrice (A) e di una base di V
permette di determinare univocamente l'operatore A, nel senso che (\
nota 130sua azione su un qualunque vettore ;r = l.:~=l ~k;r(k) E V:
A;r = l.:~=l ~kA;r(k) = l.:~=l (l.:~=l aik~k);r(i).
Questo isomorfismo permette di stabilire immediatamente Ie ben
note regole di addizione e di moltiplicazione tra matrici quadrate e 130
loro applicazione su vettori colonna.
Proposizione 4.1. Se aij e bij sono Ie rappresentazioni matriciali degli
operatori A e B rispetto aHa base {;r(j)}j'=l1 allora Ie matrici che
realizzano gli operatori: i) exA + f3B, ex, f3 E C; ii) AB; iii) 0; iv)
I sono, rispettivamente: i) exaij + f3bij; ii) l.:~=l aikbkj; iii) (O)ij;
iv) (I)ij = Dij' Inoltre, se ;r, JL E V sono legati dall'operatore A
tramite l'equazione A;r = y, allora i vettori colonna (6, ... , ~n)T e
(7]1,... , TJn)T, che realizzano-rispettivamente;re JLnella base {;r(j) }j=1'
sono legati dall'equazione
n
TJi = I>ik~k' i = 1,... , n =? !l = (A)~
k=l
a12
a'n )
:I~,.
a21 a22
(A) =
C" :
am1 an2
n2
nl
z
~
/ \
/ \
/ \
/
[4.34] P~ =.:Ii., ~ E V
Dalla definizione segue che gli operatori di proiezione sono lineari; che
se P e un proiettore su M lungo N, allora I - P e un proiettore su
N lungo M: (I - P)~ = y; che il rango di P e la dimensione diM c
quello di 1- P e la dimensione di N. Gli operatori di proiezione HOIIII
inoltre caratterizzati dalla seguente proposizione.
LP(i) = 1
i=l
f(;r) = L fi~i
i=l
",n
Rispetto alIa base {;r(j)*}r l'equazione
(.)*
j = A* f, con j = 2:n_
)-1
jxUl*,
)-
f = 6j=1 fj;r) E V*, ammette quindi la realizzazione
n n
n
L aik!;k = 1/i, i = 1, ... , n,
k=1
dove (CA) e la matrice dei cofattori di (A). Per poter trasferire questo
risultato in V dovremo pero assicurarci che l'invertibilita delIa matrice
(A) sia una proprieta condivisa da tutte Ie matrici che rappresentano
l'operatore A, non dip end a cioe dalla base prescelta. Nel nostro e-
sempio ci piacerebbe quindi associare ad ogni operatore su uno spazio
finito-dimensionale una nozione intrinseca di determinante, indipen-
dente dalla base.
In generale, nella formulazione matematica delle leggi delIa fisica gio-
cano un molo import ante Ie proprieta di invarianza rispetto a sistemi
di riferimento diversi 0, come si dice, per trasformazioni di coordinate
o per cambiamenti di base. E quindi importante:
i) stabilire come si trasformano gli enti matematici (gli scalari, i vettori,
Ie matrici e, pili in generale, i tensori) che descrivono Ie quantita fisiche,
in seguito a tali trasformazioni;
ii) individuare quelle quantita che restano invarianti rispetto a lall
trasformazioni e che quindi rappresentano delle proprieta "intrillsI'dll'
dell'oggetto fisico".
Consideriamo un cambiamento di base {z(j)H ---* {;r.(j)'}!', .1,-
scritto dall'operatore lineare T mediante la trasformazione
n n
[4.46] ;r.(j)' = T;r.(j) = 2: Tkj;r.(k) = 2: (TT)jk;r.(k) , j = 1, ... , n
k=1 k=1
-X = "\"' tx(j)
~ ':,1,_ = L-t
"\"' t'x(j)
':,1,- I
i=1 i=l
~i = 2:.1ik~k' =} ~/ = L:)T- 1
)ik~k
k=l k=1
(T) = Rre)
\
= (co~e
~ sm e
sine)
cos e
che ruota gli assi cartesiani di un angolo e. Considerando il punta di
vista alternativo, al generico vettore ;r. e applicato l'operatore (R( e))-1
= R( -e), che 10 ruota di -e.
Possiamo quindi affermare che:
i) i vettori (6, ... ,~nf e (6""',~n'f di en sono Ie coordinate di
uno stesso vettore di V nelle basi h(j) H e {±(j)' H rispettivamente,
se e solo se vale la [4.48];
ii) i vettori ± e {k di V hanno Ie stesse coordinate nelle basi h(j)'}]' e
{;r.(j)}]' rispettivamente, se e solo se valgono Ie [4.49] [4.50].
In seguito a1 cambiamento di base [4.46] valgono risultati analoghi
per i vettori delIo spazio duale e per Ie trasformazioni lineari su V;
essi sono raccolti nella seguente proposizione, la cui dimostrazione e
lasciata al let tore.
Proposizione 4.5
i) In seguito alla trasformazione [4.46] Ie basi {±(j)*H e {;r.cn*'}]',
duali di {;r.(j)}]' e di {;r.(j)'}]', si trasformano secondo l'equazione
n
[4.51] ±(j)*' = B±(j)* = LBkj±(k)*, (Bf = (T)-l
k=l
LTikA~j =
k=l
CAI = T-1(cA)T
A' +B =
I
T-1(A + B)T, A/B =
I
T-1(AB)T
E inoltre possibile most rare che anche tr A e det A sono invarianti per
trasformazioni di similitudine:
i=l il <i2
n
c3 = (_1)n-3 L AilAi2Ai3"'" cn = II Ai
il<i2<i3 i=l
n-l n-j-l
Q(A) = 2::
j=O
j
QjA , Qj = 2::
8=0
Cn_j_s_l
AS
n-l
R = 2::
j=O
cn-jAj = PA(A)
che consiste nel determinare per quali va10ri del parametro comples8o
A I' equazione agli autovalori [4.62] ammette soluzioni Jl. E V non nullc.
Lo seal are A ed il vettore Jl. non nullo di V che verificano la [4.62]
sono detti, rispettivamente, autovalore (0 valore caratteristico 0 va-
lore proprio) ed autovettore (0 vettore caratteristico 0 vettore proprio)
deH'operatore A. L'insieme degli autovalori di A costituisce il cosid-
detto spettro (discreto) di A. Si ha che A appartiene all'insieme degli
autovalori di A se e solo se l'operatore AI - A non e invertibile.
Rispetto a una certa base, l'equazione [4.62] si riduce al sistema
algebrico omogeneo
che ammette una soluzione VI, ... , Vn non nulla se e solo se A e una
delle radici del polinomio caratteristico PA(A) = O.
Essendo invariante per cambiamenti di base, il polinomio caratte-
ristico e una quantita intrinseca dell'operatore A; cosl come 10 sono
Ie sue radici Aj, j = 1, ... , n, che quindi costituiscono l'insieme degli
autovalori di A.
Se, in una certa base, un operatore acquista una forma matriciale sem-
plice, ad esempio diagonale, triangolare, diagonale a blocchi, e possibile
dedurre molte proprieta spettrali e di struttura dell'operatore col mi-
nima sforzo. Dato un operatore su V nasce quindi il duplice problema
di cap ire se esso puo assumere una certa forma matriciale semplice e
come ottenerla, cioe come individuare la base ad essa associata.
Ci chiediarno, ad esempio, se un operatore e diagonalizzabile, se cioe
esista una base rispetto alla quale esso e diagonale, e quale sia questa
base; giungiamo allora al risultato seguente: un operatore lineare A
sullo spazio vettoriale n-dimensionale V e
diagonalizzabile se e solo se
esso possiede n autovettori indipendenti.
Infatti, se {J,Jj) r?e la base associata aHa forma diagonale Aij =
ajOij di A, allora
Tn
Ax(j)
_ =~
~ Ak.]_x(k) = n,.·x(j)
'--']_' J. = 1, ... , n
k=1
AJl.(j) = 2::
n
i=1
AijJl.(i) = AjJl.(j) '* Ai] = OJ)Aj
Se (A) e la rappresentazione matriciale dell'operatore A diagonaliz--
zabile in una data base {~(j) n,
e logico chiedersi Quale sia la trasfor-
mazione (di similitudine) che trasforma la matrice (A) in AD, I"
trasformazione cioe che "diagonalizza" (A). Essa e fornita dall'equa-
zione
dove vij
) e la i-esima componente del j-esimo autovettore di A nella
base h(j) n. Infatti, nella base data,
n n n
j j
LAikvi ) = Ajvi ) =} LAikTkj = AjTij = LTikDkjAj
k=l k=l k=l
LP(i) =I
i=l
j
dove vi ) e la componente i-esima delj-esimo autovettore di A rispetto
alla base {;r:(j)}.
iii) La matrice AD = diag(Al,"" An) rappresenta l'operatore A nella
base dei suoi autovettori. La matrice (A) che lo rappresenta nella base
h(j)} e trasformata nella matrice diagonale AD (e cioe diagonaliz-
zata) attraverso la trasformazione di similitudine
m
A = Ll1kP(k)
k=l
nl nl+n2
p(l) = L p(S), P (2) =
A '"
L pS',( ) ...
8=1
m
\p(i)
L..-i
= I
i=l
Lk = N((A -- fLkI)nk)
Infatti, se J:. E V==? 3y E V tale che J:. = F(j)(A)U ==? (A ~ fLkI)nkJ:. =
T (A)p A (A)y = 0, per l'identit8. di Cayley-Hamilton. Viceversa, se
; e tale chelA - fLkI)nkJ:. = 0, aHora dall'equazione [4.81] segue che
J:. = 2:~n=lF(k) (A)J:. = F(j)(Ah E Lj.
Si ha che (AILk - J1kI)nkJ:. = 0, \h E Lj, e quindi (A - fLkI)nk e
l'operatore nullo su Lj e possiede, al pari dell'operatore (A - fLkI), il
°
solo autovalore con molteplicita algebrica pari a dim Lk ==? PAl Lj (A) =
(fLk - A)dim Lk. D'altra parte per una tale decomposizione di V e possi-
bile scegliere un'opportuna base di V rispetto alIa Quale A e rappresen-
tato da una mat rice quasi diagonale am blocchi: (A) = [AI, ... , Am]
e che Ak e la matrice che rappresenta l'operatore AILk su Lk. Quindi
PA (..\) =n:=l PAl Lk (A) = n:=l
(Jik - /\)dim Lk; dal confronto con [4.78]
si deduce infine che dimLk = dimN((A - JikI)nk) = nk.
Raccogliamo questi risultati nel seguente teorema.
PA(A) = rr(fLk~A)nk,
k=l
o 0
o 0
Ihuwstrazione
i) Se:£ E Gk (:£ E N(Ck),:£ 'f. N(Ck-1)), allora Ck-1(C:£) = .0. =?
k 1
(;;1: E N(C - ). k Z
Inoltre C:£ 'f. N(C - ), percM altrimenti Ck-Z(C:£)
Ck-1:£ = 0, contraddicendo l'ipotesi.
ii) Se :£1" .. ':£s E G k e sono indipendenti, si consideri l'equazione
)~, (~s(C:£s) = 0 (con:£s E Gs e CXs E Gk-d. Ne segue che C (L:c as
.rJ = 0 =? L:s as:£s E N(C), e quindi L:s as:£s appartiene sia a Gk
dl(~ a N(C) = G1. AHora L:s as:£s =.0. =? as = O\ls.
hi) Segue direttamente da i e ii.
ill) Se :£ E N(CV) = L, allora:£ = :£v + ]Lv' con :£v E Gv e ]Lv E
N(C//-1). Quindi]Lv = :£v-1 + ]Lv-I' con :£//-1 E GV-1 e ]Lv-1 E
N(CI/-Z); e cosl via, fino a concludere che:£ = L:~=l:£S' :£s E Gs> S =
I, ,1/ =? L = L:~=1 Gs. Per mostrare infine che gli !nsiemi Gs> S =
I, ,1/ sono indipendenti, si parte dall'equazione L:s=l Xs = .o.,:£sE
(:". Applicando ad essa l'operatore C//-1 si giunge all'equazione C//-1
:r// = .0., cioe:£// E N(C//-1), e quindi:£v =.0.. ~pplicando poi C//-2
si trlostra in modo analogo che :£//-1 = .0. e cosi a catena, sino alla
condusione che :£s = .0., S = 1, ... ,1/.
q\l(~sta decomposizione suggerisce la seguente scelta della base di
vdtori di L. Siano :£(1),... , :£(9v) gv vettori indipendenti di G//. Per
ogni :£(j), j = 1, ... , gv costruiamo il seguente insieme di vettori in-
dipendenti:
... ,J",=(fLm),'"
1
,J",=rnm
(fLm)]
1 IIJLII2': 1(.:r.,JL) 1
11.:r.1
Se i vettori {.:J;(j) }j'=1 della base non sono ortogonali, dobbiamo invece fer-
marci alla scrittura:
(;r,y) = LLO:iiJj(;rCi),;rU))
i=1 j=1
(1) _ ;r(1)
f: - 11;r( 1) II'
j-l
;r(j) - 2..: (f:(s),;r(j»)f:(s)
s=l
j-l
11;r(j) - 2..: (.f:(s),;r(j»)f:(s)11
8=1
Gli esempi di spazi vettoriali finito-dimensionali dei paragrafi prece-
denti sono altrettanti esempi di spazi euclidei.
L IX l2 ij
i,j=l
L IX ij - Y;j12
i,j=l
Una base naturale per tale spazio, ortonormale rispetto alIa [4.95]' e
fornita dalle n2 matrici elementari X(i,j), i, j = 1, ... , n i cui elementi
sono definiti dalle equazioni
(A, B) = (t
i,j=1
AijX(i,j), t
k,I=1
BkIX(k,I)) L
n
i,j=1
AijBij
(;r,y) = 11
x(t)y(t)dt
;r = L(:I"Ck), ~)'Q(k)
k=l
e tale che ~ - ;r e perpendicolare ad ogni 'Q(j), j = 1, ... , m, e quindi
al sottospazio M. L'unicita delIa proiezione ortogonale si dimostra
facilmente per assurdo.
La nozione di proiezione ortogonale su un sottospazio ]I,{ di V per-
mette di decomporre in modo naturale 10 spazio V nella somma diretta
Proposizione 4.11. Gli operatori lineari A1, ... ,Am sullo spazio eu-
clideo V godono delle seguenti proprieta (che valgono anche per Ie
rispettive rappresentazioni matriciali):
i) (AI + ... + Am)+ = At + ... + A~;
ii) (cA)+ = cA +;
iii) (A +)+ = A;
iv) (A1A2 ... Am)+ = A~ ... At At;
v) se esiste A-I => (A -1)+ = (A +)-1,
la cui dimostrazione e lasciata al let tore.
Notiamo che esiste una forte analogia tra l'operazione di coniugazio-
ne hermitiana di operatori lineari su spazi euclidei e la nozione di co-
niugazione complessa di numeri complessi. Se, infatti, z E C e A e un
A---+A+
cA ---+ cA+
Zi + Z2 ---+ Zi + Z2 Ai + A2 ---+ At + At
Z=Z (A+)+ =A
tr(A +A) = tr(AA +) :::::0
L ZiZi = L IZil2 = 0 =} Zi =0
i=i
L'analogo dei numeri immaginari, cioe tali che Z = -Z, e dato dagli
operatori "anti-hermitiani", definiti dall'equazione
Allora gli n vettori y(i) di componenti vii) = Uki (Ie colonne delIa
mat rice U) e gli n vettori 1Q(i) di componenti wit) = Uik (le righe di
U) costituiscono due sistemi ortonormali di vettori di cn:
n
(y(i) ,y(j)) = 'LU!::Ukj = Dij
k=l
LP(i) =I
i=1
(p(k))" t)
_
-- Vi
(k)
Vj
(k)
dove v(k) e 100 componente i-esima dell 'autovettoTe 1!.(k) nella base {§.Ul}.
v) La t'rnatTice AD = diag(A1,"" An) rappTesenta l'operatore A nella
base oTtonormale dei suoi autovettori. La matrzce herrmtzana (A) che
10 rappresenta nella base {s::.(j)}l e trasformata nella rnatrice diagonale
AD (e cioe diagonalizzata) attraverso 10. tmsfoT'rnazione (dz szmzlztu-
dine) unitaria
vi) Se gli autovettoTi sono degeneri nel modo descritto dalla [4.71],
allora vale 10. decomposizione spettmle [4.72], cioe
m
A = l: JLkP(k)
k=1
attmverso i proiettori ortogonali definiti dalle [4.73] ehe soddisfano le
[4.74] e quindi decompongono lo spazio V nella somma diretta di m
sottospazi M1, ... Mm ,mutuamente ortogonali ed invarianti rispetto ad
A, can A;r = l1i;r, ;r;} EMi, e tali che dim Mk = nk, k = 1, ... , m,
dove nk e la moltepl~eita algebrica dell'autovalore 11k.
vii) Un qualunque polinomio p(A) dell'operatore A ammette la seguente
decomposizione spettrale (efr. [4.75])
m
p(A) = "LP(l1k)p(k)
k=l
prodotto:
AB = (aobo + a· b)I + [aob + boa + i(a 1\ b)] . (j
dove 1\ indica l'usuale prodotto vettoriale tra due vet~ori in 3.dimen-
sioni. Poiche il commutatore di A e B e ~ato dall'umco termme non
simmetrico dell a formula del prodotto, cioe
[A, B] = 2i(a 1\ b) . (j
. . , d' d atrici A e B si traduce in
la condizione di commutatlvlta 1 ue m . ~ ~ ~ ~ Vk
una condizione di parallelismo dei relativi vetton a, b : a = kb, ~
[A,B] =0.
U
sa talvolta una decomposizione delle matrici in due fattori che
Si . 1" "modulo" e
e l'analogo delIa fattorizzazione dei numer.I comp eSSIm
"fattore di fase" (efr. par. 1.1.1). Pili precIsamente:
A=HU
dove H e una matrice hermitiana e U e una matrice unitaria. La rap~
. . t . e H e U non commutano,
presentazione non e necessanamen e umca, s
una forma equivalente e:
A=VH'
' 't' PoicM, per l'unitarieta
dove, ancora, H' e hermitiana e V e um ana.
di U eVe per la hermiticita di H e H':
VH'U+ = H = (VH'U+)+ = UH'V+
segue che possiamo scegliere V = U. A questo punto 8 facile deter-
minare H e H':
00
f(A) = L n anA"
o
ia
e = fo + h
e-ia = fo -·h
risolvendo per fo, h si otterra la notevole formula (di Euler-De Moivre
generalizzata) :
n-1
lim f(A1 + E) - f(A1)
d~1 f(A1) = L m mfmA';'-1
(;~O E
1
Per gli esempi pili semplici (1'insieme dei numeri reali 0 comples~i:
l'insieme delle n-ple di numeri reali 0 complessi, l'insieme delle matncl
n x n, l'insieme dei polinomi di grade :s: n 1) rimandiamo al par.
4.2.1.
Esempi pili esotici, ma che saranno oggetto import ante d'indagine,
sono dati dalle successioni di numeri reali 0 complessi (la somma di
due successioni essendo definita come la successione i cui clementi
sono la somma degli elementi omologhi delle successioni di partenza),
o dall'insieme delle funzioni (reali 0 complesse) continue di variabile
reale, con Ie definizioni:
(aJ)(t) = af(t)
Sempre nell'ambito delle funzioni, altri esempi sono forniti dalle fun-
zioni di modulo (0 di modulo quadrato) integrabile su una linea ecc.
n
L ai.:f(i) = Q
i=1
n
.;f(i) = L x;{(j)
j=l
L aixj =0 (j = 1, ... , n)
i=l
Per provare che gli spazi 11' sono spazi metrici, occorre most rare che la .Ii
sl.anza d1' sopra introdotta:
00 1
2::
00 00 100 1
1 1
IXkYkl ::; (2:: IXkl 1'
) P (2:: IYkl q
) q; -+-=1
p q
k=l k=l k=l
Osserviamo che, per t :::::0, la funzione J(t) = to. (a < 1) si trova sempre al
di sotto della sua tangente in t = 1, di equazione g( t) = at + 1 - a (fig. 4.6).
L ~k 17~-0.::::a L ~k + (1 - a) L 17k
k=J k k
(X)
L ~kr)~-o. ::::Dc + 1 -- a = 1
k=l
1 1 1
R = . max d(;[j,Q)
J=l, ... ,N
lirn d(;r(n),;r)
n-+oo
= °
Le definizioni di punto di aderenza e punto di accumulazione si possono
allora riformulare, dicendo che ;r e di aderenza per M' e M se e solo
se esiste una successione di elementi di M' convergente a ;r, e che ;r e
di accumulazione per M' se e solo se esiste una successione di elementi
a due a due distinti convergenti a ;r.
Di notevole importanza per Ie applicazioni e il concetto di sottoin-
sieme denso di uno spazio metrico: spesso infatti basta dimostrare
che una proprieta vale in un sottoinsieme denso di M per essere certi
della sua validita su tutto M. Un sottoinsieme M' e denso su M se
M' ::2 M 0, in altre parole, se ogni punta di M e di aderenza per M'.
Cosl l'insieme dei razionali e den so sui reali, l'insieme dei vettori a
,'oillponenti razionali in Rn e denso su R;, l'insieme delle S\lcc(~ssiOlli
.Ii lIurneri razionali aventi soltanto un numero finito di tennilli 11011
1IIIIlitodenso su lp e, come mostra un importante teorema dovuto a 1\.
Wpicrstrass:
~;i puo anche mostrare che 10 spazio delle funzioni continue (~d(~w:',
::11L2[a,bj (nella metrica d2(j,g) =U: dtlf(t) - g(t)12)1/2 C da ci,.
:,i dcduce facilmente che 10 spazio dei polinorni e denso su L2111" "I
(lldia stessa metrica). Spazi come R;, lp, Cla,b], L2[a, b] che ammct.t.ollo
varida lineari numerabili ovunque dense si dicono separabili: in flltlilo
,.j occuperemo unicamente di spazi metrici separabili.
L Ixi n
) - xim) 12 < (2 per n, m > Nc
1=1
, (rn)
Xl = rn->oo
I1m Xl
L Ixi n
) - xfm)12 < (2 per n, m > Nc
1=1
00
lim d(;f(n),;f) = 0
n->oo
Xl = Xl(n)- ((n)
Xl - Xl )
L I l1X
2
~ 2 L Ixfn)12 + 2 L: Ixfn) - xzl2 < 00
1=1 1=1 1=1
cioe;f E l2'
In modo concettualmente analogo si mostra la completezza di q",1'I:
dal fatto che una successione di funzioni f(k)(t) E Cra,b] e di Callcll.Y,
:-;q;ue, \It E [a, b], la convergenza della successione numerica f(k) (i);
la continuita di f(t) segue dalla convergenza uniforme delle funJliolii
continue f(k)(t):
-1 ~ t ~ -l/n
-l/n ~ t ~ l/n
l/n ~ t ~ 1
n
;£(n) = I: O!kr.(k)
k=l
Hm d(;£(n),;£) =0
n-+oo
:[.(n) = I: Xk~(k)
k=l
e una base per Cra,b], grazie al gia citato teorema di Weiestrass, ed e quindi
anche una base per £2[a, b].
III. La base di Fourier: {1,cosmt,sinmt} (m = 1, ... ,00) una base per e
10 spazio delle funzioni continue in [-Jr,Jr] tali che f(Jr) = f(-Jr). Infatti,
una funzione continua di due variabili reali, X e y, grazie a una estensione
bi-dimensionale del teorema di Weierstrass, sara il limite uniforme di una
successione di polinomi nelle variabili X ed y:
N M
9 (x,y ) = I.
N~~~ '" '" kl (N,M)
L.JL.Ja Xk yI
I'd_OCl k=O l=O
N M
e
Per ogni r fissato, la funzione g(r, tI) una funzione periodica (di periodo
2Jr) dell a variabile 0, e la formula precedente, riconducendo (sin tI)k, (cos tI)1
a seni e coseni di angoli multipli di e,
ci dice allora che una funzione continua
in [-Jr, Jr] tale che f(rr) = f( -Jr), si puo scrivere come limite uniforme di una
'''H:cessione di "polinomi trigonometrici", cioe di una combinazionc 1 ill<':l.1I ,
,Ii dementi della base di Fourier,
IV, La base di Fourier e anche una base per £2[-"-,,,-); infatti, ricor,I;l.Il<lo
dlC 10 spazio delle funzioni continue e denso su £2[-"-,,,-) (nella metrica 11./'),
hastera mostrare che ogni funzione continua puo essere considerata COliI<'il
limite, nella metric a di £2, di una successione di funzioni continue f(n)(I)
t.ali che f(n)(Jr) = f(n)( -Jr); una tale successione si puo facilmente cost.I'llill',
scegliendo ad esempio Ie funzioni j<n)(t) che coincidono con f(t) pCI' I I
[Jr(1 - I/n), Jr(1 - I/n)] e variano linearmente nei rimanenti intel'valli III
Illodo da assumere 10 stesso valore in -Jr e Jr (fig. 4.7).
Si ha allora:
Un teorema import ante valido negli spazi metrici completi, clw al>
lJiamo avuto occasione di utilizzare nel par. 2,2 nel corso della <Ii
lllostrazione del teorema di Cauchy, il cosiddetto e
Teorema delle sjiT"
chiuse "incapsulate" ("nested" in inglese, "emboitees" in franc(~s('),
Esso afferma che:
Teorema 4.9. CNES affinche M sia uno spazio metrico completo i: ('!I"
ogni successione Bn di sfere chiuse incapsulate il cui raggio tend,' II
zero abbia una intersezione non vuota.
(Sia infatti ;r. = lim ::r.(n) e sia ;r.' = A;r.; poiche d(;r., x(n)) r;;:=;oo" 0,
risulta d' (::r.', ;r.'(n)) r;;:=;oo" 0). Se la trasformazione continua A e in-
vertibile (cioe se stabilisee una corrispondenza biunivoca tra M eM')
e la sua inversa A-I e anch'essa continua, essa prende il nome di omeo-
morfismo; Ie isometrie (cfr. anehe par. 4.2) sono quei particolari omeo-
morfismi che preservano la distanza (d(;r., y) = d(;r.', y') V ;r., y E M).
Le rotazioni nell'ordinario spazio euclideo tridimensionale sono un e-
sempio di isometrie.
Un'altra classe import ante di trasformazioni continue sono le cosid-
dette contrazioni: A e una contrazione se, can Ie solite notazioni,
risulta d'(x',y') :::; ad(x,y) 0 < a < 1. Vale il seguente importante
teorema, sulle cui applicazioni torneremo nel seguito (par. 4.5.6).
+ d(;r.(m-n);;r.(m-n)) :::;
L'utilita del teorema delle contrazioni consiste non solo nel garan
tire l'unicita della soluzione di un'equazione (anche non lineare!) <1,,1
tipo ;r. = A;r., ma anche nel fornire un procedimento costruttivo (il
metodo delle approssimazioni successive) per determinarla. Si !Iot.i
che il metodo puo applicarsi anche ad equazioni del tipo:
nel caso in cui la metrica sia invariante per traslazioni (come in t.IJUi
gli esempi espliciti fin qui considerati), cioe tale che:
d(.;£(l)',.;£(2)1) = d(lL + A.;£(l),lL + A.;£(2»)=
= d(A.;£(1), A.;£(2»):::;ad(x(l), x(2»)
Tutti gli esempi espliciti di spazi metrici che abbiamo sin qui consi-
derato sono altrettanti esempi di spazi normati, cioe di spazi lineari in
cui la metric a e indotta da una nozione primitiva, quella di lunghezza 0
norma di un vettore. Tecnicamente, uno spazio lineare V e uno spazio
normato se su di esso e definito un funzionale (cioe un'applicazione da
V in R) che indicheremo con II . II, tale che:
Esempi:
I. Lo spazio metrico R~ e uno spazio normato, con 11:fllp = (L~=l IXkIP)l/p.
II. Lo spazio delle successioni lp e uno spazio normato con
d (x )- ~ ~ 11.;£-lLlln a> 1
a -, lL - ~ an 1+ 11.;£ - lLlln
Per la fisica, gli esempi di spazi lineari metrici di pili frequent" llii
lizzazione sono quelli in cui la metrica e, come si dice, "indotta" ,I:d
prodotto scalare: essi vengono chiamati spazi euclidei e sono Ilna /',<'
neralizzazione dell'ordinario spazio euclideo tridimensionale, in cui j.
definito l'angolo tra due vettori.
Per completezza, richiamiamo alcune definizioni e proprieta fonda
mentali introdotte nel par. 4.2.6. Ricordiamo che uno spazio liJwail'
V, che supponiamo per maggiore generalita complesso, e uno spa~,i"
euclideo E se ad ogni coppia di vettori.;£, y EVe associato un IIlllIl<'r<)
complesso, che indicheremo di solito con (i, JL) e chiameremo pro<!oU"
scalare di .:f e y, che gode delle seguenti proprieta (cfr. ancora par.
4.2.6): --
1. (.:f, y) = (y, ;r;)
2. (.:f, >,y) = ).(.:f, y) VA E C
3. (;12, Y -=+- K) = (£y) + (x, z)
4. (;12, i) ?: 0; (.:f, i) = 0 -¢=? .:f = 0
Un'applicazione ("mapping") dal prodotto cartesiano V x V in C che
goda delle proprieta 1-3 e detta applicazione sesquilineare ("sesquili-
near mapping"); uno spazio lineare munito di un "sesquilinear map-
ping" che non soddisfi la proprieta di positivita 4 si dice anche pseudo--
euclideo. L'esempio pili familiare e quello dello spazio di Minkowski, 10
spazio vettoriale delle 4-ple di numeri reali col prodotto pseudoscalare
3
(.:f,y) = xoYo - I:i=J XiYi·
I~ uno spazio euclideo la distanza tra due vettori e data da d(;12, y) =
11.:f- yll (invariante per traslazioni), dove la norma 0 lunghezza 11;1211
del vettore .:f e definita come:
A tale scopo, consideriamo il numero reale non negativo 11;r. + Al{W = (;r. +
AY, ;r.+ AY), ricordando che esso e nullo se e solo se ;r.,= - ,\y. Per;r., y fissati,
esso e una funzione a valori reali del numero complesso A;- -
- 1(;r.,yW
f(Ao,Ao) = (;r.,;r.) - -( -) :::::0
y,y
Nel par. 4.2.6 sono state introdotte Ie nozioni di angola tra vdl.ori
[4.94] e di ortogonalita, che sono ovviamente indipendenti dalla dilllCl1
sione dello spazio. Nel caso di uno spazio euclideo oo-dimensiollal,·,
definiremo base (ortonormale) un sistema (ortonormale), neccssari;l
mente infinito, di vettori, che sia completo, secondo la definizioll(' "i
completezza di un insieme di elementi di uno spazio metrico, dat.a 11<'1
par. 4.3.3.
Negli spazi euclidei separabili, ogni sistema artonormale e finit.o 0 al
pili infinito rmmerabile. Sia infatti {§.(a)} un tale sistema (l"'indicc" tl
potendo a priori variare con continuita); risulta:
Allora Ie sfere aperte Ba(§.(a), 1/2) di centro §.(a) e raggio 1/2 SOli"
a due a due disgiunte. Sia {;r,Ji)} un insieme numerabile di vdl.orj
ovunque denso su E: in ognuna delle sfere Ba deve allora cadcn, al
meno uno degli ;1;.(i): quindi l'insieme delle sfere, e di consegucnza il
sistema degli §.(a), puo essere al pili infinito-numerabile.
i
§.(i) = L aik;]2(k) (i = 1,2, ... )
k=l
N N
d}y = (;]2 - L Cl:i§.(i), ;]2 - L Cl:j§.(j)) =
i=l j=l
N N
N N
d}y = IIxl12 + L lCl:i - ~i12 - L l~il2
i=l i=l
valida per ogni ld. e per ogni sistema ortonormale {~(i)}, si chiama
diseguaglianza di Bessel, gia mostrata al par. 4.2.6 per spazi euclidei
finito-dimensionali.
La diseguaglianza di Bessel contiene in realta due informazioni:
i) la successione {~i}~1 e di modulo quadrato sommabile (appartiene
cioe a l2);
ii) la somma della serie:
s= ~1~iI2
i=1
non puo superare 11ld.112.
Se, per ogni ld. E E, vale l'uguaglianza:
2
11;1211 = ~ l~il2
i=1
lim d(;12, ~
N -+co
~i~(i)) =0 V;12 E E
i=1
Sia infatti {~(i)} una base; aHora Vld. E E vale l'uguaglianza di Panwval:
2
11;1211 = ~ l~il2
i=1
=
11,,2211 L l~il2
2
i=l
(,,22,1£) = L XiYi
k=l
00
00
He(x, y) = He L XkYk
k=l
Im(x, y) = 1m L .TkYk
k=l
4.4
Funzionali lineari e distribuzioni
Q!):
Quindi, f e limitato su una sfera di raggio < 8(" Allora, POIICIlc!O .'I
(8<)-1:r, si ha:
E
If(l!) 1 < 8< per 11It.1I < 1
Viceversa, se f(:r) e limitato sulla sfera unitaria, cioe se esiste 0 < ('. ''',
tale che: