Modulo 9 Psicologia Dello Sviluppo6
Modulo 9 Psicologia Dello Sviluppo6
Modulo 9 Psicologia Dello Sviluppo6
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TEORIA DEGLI STADI COGNITIVI DI PIAGET
La teoria di Jean Piaget resta, ad oggi, ancora una delle teorie dello sviluppo
cognitivo più ampiamente conosciute. La sua influenza si è diffusa in tutte le aree della
psicologia e anche in altre discipline, come l’educazione e la filosofia. Il suo pensiero,
rivoluzionario per l’epoca, è riconducibile alla concezione “strutturalista” in base alla
quale le persone “costruiscono” le conoscenze, nel senso che prendono parte attiva al
processo del conoscere e contribuiscono anche alla forma che prende la conoscenza.
Approccio stadiale
Forse l’innovazione maggiore apportata dall’elaborazione teorica dell’autore è
proprio l’idea che lo sviluppo cognitivo passa attraverso una serie di stadi. Lo stadio è
un periodo di tempo in cui il pensiero e il comportamento del bambino in una varietà
di situazioni riflettono un tipo particolare di struttura mentale. La teoria stadiale di
Piaget possiede alcune caratteristiche salienti:
1. Uno STADIO è una totalità strutturata in uno stato di equilibrio. Gli
schemi o le operazioni dello stadio formano una totalità organizzata di pensiero e
comportamento. Il passaggio da uno stadio ad un altro comporta cambiamenti
qualitativi (più che quantitativi) della struttura.
2. Ogni stadio deriva dallo stadio precedente, lo incorpora e lo trasforma.
Quindi quando il bambino arriva ad uno stadio successivo non dispone più di
quello precedente.
3. Gli stadi seguono una sequenza invariante. Nessuno stadio può essere
saltato, la sequenza è obbligatoria.
4. Gli stadi sono universali. Essi valgono per tutti gli uomini
universalmente anche se il tempo del divenire degli stadi varia da individuo a
individuo.
5. Ciascuno stadio include una preparazione ad essere un essere e un
essere vero e proprio. All’inizio lo stadio è instabile
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Descrizione degli stadi
Ogni stadio eredita i frutti dello stadio precedente e contiene i semi per quello
successivo.
1. Periodo sensomotorio (0-24 mesi): conoscenza ottenuta dal
bambino tramite le operazioni fisiche esercitate sul mondo.
Il bambino ha innata la configurazione fisica consistente in una serie di
riflessi per acquisire la conoscenza del mondo, non conosce niente del mondo, ma
in lui c’è la potenzialità di conoscere ogni cosa. Il bambino apprende i concetti di
“categorie a priori”: spazio, tempo, causa, oggetto che secondo Kant danno forma
all’esperienza, concetti quindi che non sono innati.
Piaget a questo riguardo non era soddisfatto né della visione empirista né di quella
innatista.
Stadio 1 – Modificazione dei Riflessi (0-1 mese). Per Piaget i bambini alla nascita
sono in possesso solo dei riflessi che vengono esercitati secondo degli schemi (sequenza
organizzata di operazioni). I riflessi sono risposte fisse attivate da muscoli particolari.
Dopo essere stati stimolati molte volte, cominceranno a modificarsi ed a perfezionarsi
conformandosi meglio agli stimoli permettendo anche una maggiore discriminazione
degli oggetti. I riflessi sono autoalimentati dalle abilità del bambino che esercita i propri
schemi (p.e. succhiare) ad una gamma svariata di oggetti rafforzando, generalizzando e
differenziando comportamenti.
Gli schemi sono di tipo riflesso o volontario: il bambino che succhia il seno della
madre opera uno schema riflesso mentre quello che succhia un oggetto per “conoscerlo”
opera uno schema di tipo volontario.
Tipico del bambino di questa età è di operare secondo una modalità circolare.
Modalità circolare: azione che provoca piacere che a sua volta provoca l’azione.
Piaget ne identifica 3 tipi:
1 – modalità circolare primaria: esercitata sul proprio corpo
2 – modalità circolare secondaria: esercitata su oggetti esterni al corpo
3 – modalità circolare terziaria: combinazioni di schemi con intensità viariata non
a caso
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Stadio 2 – Reazioni Circolari Primarie (1-4 mesi). Il bambino opera diverse
operazioni circolari primarie (su o intorno al suo corpo e non su altri oggetti) e si verifica
uno sviluppo diffuso e rapido.
Stadio 3 – Reazioni Circolari Secondarie (4-8 mesi). Secondarie perché centrate
su oggetti esterni al proprio corpo. Il bambino agisce casualmente su un oggetto e ne
studia l’effetto, generalizza un’azione che ha provocato in precedenza un effetto
interessante su altri oggetti (“procedimenti per far durare spettacoli interessanti”).
Stadio 4 – Coordinazione degli Schemi Secondari (8-12 mesi). Combina gli
schemi in modo complesso usando pianificazione ed intenzionalità in comportamenti
strumentali (usa oggetti come mezzi) e comportamenti finalizzati (fini). Differenzia i
mezzi dai fini. Si applica a situazioni nuove.
Stadio 5 – Reazioni Circolari Terziarie (12-18 mesi). Intervento sugli oggetti
programmato variando l’intensità di un’azione e valutandone gli effetti ottenuti (come
uno scienziato), tentativi per prove ed errori: ripetizione con variazione. È la scoperta di
mezzi nuovi attraverso la sperimentazione attiva.
Stadio 6 – Invenzione di mezzi nuovi mediante Operazioni Mentali (18-24 mesi).
Il pensiero del bambino comincia a non essere più manifesto; può ora usare simboli
mentali per rappresentarsi oggetti ed eventi.
– Interrompe il procedimento di prove ed errori
– Trova soluzioni nuove sul momento
– Manipola immagini mentali che corrispondono ad eventi esterni: gioco
simbolico (funzione semiotica).
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D) Cognizione sociale limitata:
a) difficoltà di porsi in relazione con la società (ruoli e comunicazione) a causa
dell’egocentrismo;
b) confondere eventi umani con eventi naturali;
c) trascurare fattori interni quali p.e. l’intenzionalità di una colpa commessa (è più
colpevole il bambino che rompe 15 bicchieri nel cercare di aiutare la mamma piuttosto di
quello che ne rompe uno cercando di rubare un biscotto dalla credenza).
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Le varie nozioni non si sviluppano contemporaneamente e necessitano di un certo
quantitativo di tempo. Il pensiero diviene dinamico, decentrato e reversibile, ma
considera le cose concrete, tangibili manifestando difficoltà a manipolare concetti astratti
ed ipotetici.
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L’adolescente è capace di riflettere sul proprio pensiero (p.e. “lui pensa che io
penso che lui sta pensando a lei”).
Sono completate le strutture cognitive.
Visione d’insieme
Una volta percorsa tutta la teoria può essere utile evidenziare alcuni processi
mentali fondamentali per la comprensione della realtà, in relazione alle differenti età.
Percezione
Si sviluppa in maniera quantitativa. Piaget distingue la percezione dalla
cognizione: la percezione arriva fino alle operazioni semi-reversibili (periodo
preoperazionale) mentre la cognizione permette di raggiungere le operazioni reversibili
(periodo operazionale). La percezione è approssimativa e non dà certezza ed è un
sottosistema delle strutture intellettuali che la condizionano.
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Piaget si concentra su illusioni visive, stima della lunghezza delle linee o
dimensione degli oggetti: alcuni degli errori dovuti alla centrazione su alcuni aspetti
vengono in periodo successivo corretti da una più attenta e varia analisi degli stimoli. I
lavori inerenti la percezione sono presentati in modo rigoroso e preciso. Ciò rappresenta
un’eccezione.
Memoria
Rappresenta il punto più critico della teoria. Famoso l’esperimento con i
bastoncini di grandezza diversa mostrati a gruppi di bambini di età diverse. Dopo una
settimana agli stessi bambini si chiese di effettuare un disegno dei bastoncini:
3-4 anni: bastoncini in fila e tutti della stessa altezza;
5-6 anni: alcuni bastoncini disegnati con altezza diversa; 7 anni: disegno corretto.
Si può dedurre che il bambino può ricordare l’ordinamento della fila solo quando
ha colto completamente il concetto di ordine.
6 mesi più tardi richiese agli stessi bambini di rieffettuare il disegno: il 75% dei
bambini disegnò una serie di bastoncini cognitivamente più avanzata rispetto a 6 mesi
prima. Si può dedurre che attraverso il cambiamento delle strutture cognitive avviene
anche una riorganizzazione della memoria. Tutto ciò è contrario al normale senso comune
dell’oblio mnestico.
Considerazioni conclusive
Quando Piaget pubblicò i suoi primi scritti sui bambini, rimase sbalordito dal fatto
che venivano considerati come affermazioni conclusive su alcuni problemi cognitivi,
piuttosto che come tentativi o proposte di soluzione. Infatti egli stesso lavorò alla sua
teoria sottoponendola a modifiche, espansioni e rielaborazioni fino all’età di ottant’anni
circa. In sintesi i maggiori punti di forza e debolezza della sua teoria.
Punti di forza della teoria:
Riconoscimento del ruolo centrale svolto dalla cognizione
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Mentre il comportamentismo degli anni ’50 era entrato in crisi poiché non dava
risposte soddisfacenti riguardo alla nozione di pulsione, allo sviluppo del linguaggio, alla
pratica e rinforzo, alla costruzione della teoria di Hull che invece richiedono spiegazioni
di tipo cognitivo, Piaget mutava il corso della psicologia dello sviluppo ponendo domande
nuove e tracciando una modalità nuova di ricerca nell’ambito della psicologia (p.e. prima
il comportamento dei bambini veniva quasi esclusivamente studiato in laboratorio ovvero
negli istituti).
Dagli anni ’60 (viene tradotto in inglese) i suoi concetti hanno un grande successo
e vengono estesi anche ai campi dello sviluppo sociale, della psicologia clinica e
dell’educazione.
Piaget ricercava le cause del comportamento e non le caratteristiche manifestate
esteriormente che rappresentavano l’oggetto degli studi dei comportamentisti.
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L’ampia portata della teoria
La teoria tenta di spiegare sia gli stati cognitivi che le transizioni da stato a stato.
Si esprime in merito anche ad altre discipline (epistemologia, filosofia, scienza ed
educazione) ed ha implicazioni dei campi dello sviluppo sociale, dello sviluppo emotivo,
e dell’apprendimento.
Validità ecologica
La teoria ci parla del mondo reale in cui il bambino vive (non da istituto), è
focalizzata sull’adattamento del bambino al mondo che incontra giorno dopo giorno,
descrive il comportamento in atto e quotidiano.
Incongruenze
a) La modalità di apprendimento cambia a seconda dei materiali usati con i
bambini (decalage orizzontale).
b) La conservazione della sostanza si sviluppa prima della conservazione del
peso.
c) Non esiste un’omogeneità indiscutibile tra i compiti e la struttura sottostante.
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d) Alcuni bambini prodigio hanno uno spiccato sviluppo solo di una parte del
pensiero (p.e. matematica)
Critiche di Flavell
a) I cambiamenti qualitativi potrebbero essere causati da cambiamenti quantitativi
(maggiore attenzione, maggiore stabilità e generalità dei concetti)
b) La piena maturità funzionale viene raggiunta solo dopo che lo stadio è
ufficialmente chiuso?
c) C’è asincronia di sviluppo delle varie abilità. Esistono interazioni anche su stadi
diversi?
d) Com’è possibile che certi elementi cognitivi di uno stadio possano integrarsi se
sono asincroni?
e) L’ambiente di verifica condiziona i processi cognitivi?
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La maggior parte delle osservazioni di Piaget è stata fatta sui suoi 3 figli. Gli stessi
test sono stati fatti in condizioni e modalità diverse. Il metodo clinico può condizionare il
bambino e segue un iter sempre diverso, inoltre non è detto che il bambino abbia già una
capacità senza saperla esprimere. Piaget cercava di evitare gli errori positivi mentre gli
psicologi anglosassoni faceva il contrario.
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LA TEORIA PSICOANALITICA DI FREUD
Si può dire che la teoria psicoanalitica e la teoria piagetiana sono i giganti delle
teorie dello sviluppo. Nonostante le ramificazioni delle teorie di origine psicoanalitiche e
le numerose rielaborazioni operate dallo stesso Freud in primis, l’approccio generale è
rimasto costante. Secondo il pensiero del padre della psicoanalisi, l’uomo genera al suo
interno una energia nervosa crescente che secondo i principi della fisica deve scaricarsi
(trasformarsi).
L’energia psichica compie un lavoro psicologico che può avere manifestazioni di
varia natura. Tale energia viene prodotta da 2 istinti (pulsioni biologiche) relati a qualche
organo del corpo e che creano nella mente un bisogno: Eros (sesso, amore, unità e
conservazione) e Istinto di distruzione (odio, aggressione, morte, separazione).
Anche la teoria psicoanalitica freudiana ha un approccio strutturale, infatti le
pulsioni non conducono direttamente al comportamento, ma si costruisce un’architettura
della mente entro la quale si svolgono i processi mentali. Le strutture principali sono 3:
– Es: parte oscura e inaccessibile della personalità, sede dei desideri innati, fonte
principale dell’energia psichica. Si traduce in azioni o immagini mentali per il
soddisfacimento della pulsione (processo di pensiero primario). Opera per tutta la vita e
soprattutto nei sogni, nell’immaginazione e nei comportamenti impulsivi, autocentrati,
piacere-amore.
– Io: guida il pensiero razionale (pensiero del processo secondario), necessario per
la sopravvivenza fisica e psicologica. Coordina le percezioni, il pensiero logico, la
soluzione di problemi, memoria… Media le richieste di Es, Superio e il mondo fisico, tra
impulsi interni e richieste del mondo esterno. Rapporto Io – Es come quello fra cavaliere
e cavallo.
Io accompagnato da sentimenti come l’angoscia che avverte pericolo. Se
l’angoscia è troppo persistente, entrano in gioco i meccanismi di difesa: processi mentali
che scaricano parzialmente l’energia accumulata provocando però distorsioni della realtà:
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- rimozione (negare o dimenticare il pericolo);
- formazione reattiva (agire in modo opposto a quanto si
prova);
- proiezione (attribuire ad altri i propri impulsi inaccettabili);
- regressione (ritornare ad una forma più primitiva di
comportamento);
- fissazione (non progredire psicologicamente).
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dell’abbandono della madre). Frustrazioni possono insorgere anche quando i
genitori impongo lo svezzamento: abbandono del seno materno, divieto di
succhiare oggetti sporchi o pericolosi… Deve essere raggiunto un certo equilibrio
fra proibizione e concessione in quanto il praticare solo una o l’altra può causare
o frustrazione regressione. Sono sempre i genitori che insegnano al bambino
come scaricare l’energia delle proprie pulsioni in modo accettabile per la società.
In questa fase si instaura l’attaccamento alla madre, fondamentale per tutte le
relazioni amorose future in entrambi i sessi. Da questo il bambino acquisisce
sicurezza.
2. Stadio Anale (1-3 anni): aggiunta di una nuova serie di bisogni che
segnano nuovi conflitti fra il bambino e il mondo. La defecazione produce piacere
nel bambino, ma rappresenta un potenziale di frustrazione se il bambino non
riesce a tenersi pulito e teme di essere rifiutato dai genitori. È importante che il
bambino non riceva un training di pulizia personale autoritario e rigido.
Gratificare il bambino lodandolo nelle sue funzioni organiche significa rafforzare
in lui il senso di fiducia, autostima e generosità. Anche la modalità con cui viene
espletata la defecazione indica il carattere del bambino.
3. Stadio fallico (3-5 anni): è più intenso nei maschi, ma viene vissuto
anche dalle bambine a causa della loro invidia del pene. Il bambino quando
orienta la sua carica sessuale verso la madre soffre di gelosia nei confronti del
padre (complesso di Edipo) al quale tenta quindi di assomigliare (il padre è
accettato dalla madre) cercando di sostituirlo (lo interiorizza). Al contempo teme
il padre che pensa lo voglia castrare. Le bambine colpevolizzano la madre per non
averle dotate del pene e ciò causa un inferiore livello di interiorizzazione.
Piuttosto lega più con il padre dal quale non ha ragioni di temere di essere castrata.
In ragione del fatto che Freud identifica nelle persone sia componenti maschili
sia femminili, il complesso di Edipo riguarda entrambi i sessi e verso entrambi i
genitori.
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4. Periodo di latenza (5-pubertà): periodo di calma sessuale relativa,
vengono migliorate le abilità cognitive, i valori culturali, gli interessi sociali ed i
meccanismi di difesa inibenti la sessualità.
Considerazioni conclusive
Come possiamo constatare da questa breve sintesi, la natura umana per
Freud è piena di contrasti: l’uomo è spinto dalle passioni e a queste risponde
cercando di imporre uno stato di equilibrio. Anche la società esterna contribuisce
a modificare la manifestazione delle pulsioni. La totalità dell’essere è vagamente
organizzata (quanto è il contributo di Es, Io e Superio), ma capace di
autoregolazione. L’uomo è sia passivo sia attivo.
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TEORIA DELLO SVILUPPO DELLA PERCEZIONE DI GIBSON
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l’ha provocato. Le unità relazionali complesse devono essere percepite
sufficientemente in tutti quegli aspetti che consentono all’individuo di soddisfare
le sue esigenze. L’ambiente mette a disposizione informazioni caratteristiche per
poter essere manipolato e conosciuto: le affordances.
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Tendenze evolutive dell’apprendimento percettivo
Nei cambiamenti percettivi apparentemente diversi che avvengono durante la
fanciullezza Gibson identifica tre tendenze di tipo evolutivo:
1. Aumento della specificità della percezione: con il maturare dell’età e
dell’esperienza, il bambino acquisisce la capacità di cogliere informazioni
sempre più precise, specifiche e dettagliate. È stato constatato un aumento delle
differenziazione delle forme nell’età compresa fra i 4 e gli 8 anni.
2. Ottimizzazione dell’attenzione: l’uso efficiente dell’attenzione permette
di cogliere un numero maggiore di informazioni relative agli stimoli e quindi di
accrescere il valore percettivo. Gibson ha proposto 3 fasi di sviluppo attentivo:
Prima fase (0-4 mesi) – attenzione del bambino per i movimenti
percepibili nel suo campo visivo. Proprietà elementari degli oggetti: profondità,
unità degli oggetti, relazioni causa tra gli eventi. Guardare assieme ad ascoltare e
tastare.
Seconda fase (4-7 mesi) – attenzione per le affordances degli oggetti. Le
aumentate capacità motorie possono evidenziare negli oggetti esplorati nuove
caratteristiche.
Terza fase (8-12 mesi) – con la deambulazione la sua attenzione si allarga
a contesti più vasti: spazialità, prospettive degli oggetti, gli oggetti possono essere
trasportati.
Maggiore efficienza dell’attenzione in senso:
–uso più intensivo (maggiore attenzione prestata)
– uso più economico (identificazione del tipo di attenzione più utile da
prestare)
– uso più efficiente (migliore strategia)
– uso più saggio (più esperienza)
3. Aumento dell’economia nella raccolta delle informazioni: l’aumento di
efficienza nell’identificazione delle caratteristiche salienti deriva da:
A – caratteristiche distintive: cosa cogliere per identificare e
contraddistinguere l’oggetto;
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B – invarianti: comprensione delle caratteristiche che rimangono
inalterate nel tempo e nello spazio;
C – unità di struttura: comprensione più generale delle strutture delle
informazioni (suoni, parole, scrittura…). Secondo l’autore lo sviluppo della
percezione è determinato da 3 meccanismi:
1. Astrazione: rilevazione delle caratteristiche distintive;
2. Filtraggio: eliminazione delle caratteristiche irrilevanti;
3. Meccanismi periferici dell’attenzione: coordinamento
sensomotorio.
Considerazioni conclusive
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LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO DI JOHN BOWLBY
L’etologia è lo studio del comportamento di una specie nel suo ambiente naturale
che risulti significativo dal punto di vista evoluzionistico. Pone l’uomo nel sistema
dell’intero mondo vivente selezionato dall’evoluzione. L’essere umano è solo una piccola
parte del vasto regno animale in evoluzione. Dal punto di vista dell’evoluzione, l’uomo è
un esperimento della natura.
Lo studio dell’etologia è basato su 4 concetti principali
1. I comportamenti innati sono come gli organi del corpo e si accomunano
agli esemplari della stessa specie (specie-specifici) per: uguaglianza, ereditarietà,
tipologia adattiva.
Il comportamento è innato se:
A – riproduce una serie sempre uguale di
azioni,
B – presente senza un precedente
apprendimento,
C – presente in tutti i membri della specie,
D – non modificabile sostanzialmente dall’apprendimento e
dall’esperienza.
2. La prospettiva dell’evoluzione.
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Gli attuali comportamenti sociali sono il frutto di una lunga selezione
evolutiva ed hanno permesso la sopravvivenza in modo maggiore rispetto ad altri.
Inoltre la mutazione ha generato nuove forme di comportamento.
3. Le predisposizioni ad apprendere
Esistono periodi particolari (periodi di sensibilità o periodi critici)
in cui l’organismo è predisposto a certi apprendimenti.
4. La metodologia etologica
Per l’etologia è importante studiare l’insieme dei comportamenti che sono
strategici alla conservazione della specie.
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- Il comportamento di attaccamento:
come quel comportamento che ha la duplice funzione di assicurare la
vicinanza a una figura di attaccamento e proteggere il piccolo dal pericolo;
pur avendo carattere pulsionale, è per sua natura interazionale, ossia spinge
a ricercare con l’altro un’interazione e non semplicemente un contatto per ottenere
gratificazioni o per canalizzare le pulsioni;
ha una motivazione propria e non deriva dai sistemi che favoriscono
l’accoppiamento e la nutrizione (gli studi etologici hanno infatti portato Bowlby a
considerare il comportamento di attaccamento come determinato da istinti svincolati
dalla nutrizione).
viene innescato dalla separazione o dalla minaccia di separazione dalla figura
di attaccamento, e può essere eliminato o mitigato per mezzo della vicinanza (che
può variare dal semplice essere in vista, alla vicinanza fisica senza contatto ma
accompagnata da parole di conforto, fino all’essere tenuti stretti e coccolati
può manifestarsi in circostanze diverse e nei confronti di individui diversi.
Il bambino infatti possiede delle gerarchie di preferenza, per cui se nel momento di
necessità la figura di attaccamento privilegiata (generalmente la madre) non è
disponibile, egli può ripiegare su altri individui cui è legato, fino a giungere ad
affidarsi e aggrapparsi a persone sconosciute ma adulte e quindi con una potenziale
funzione rassicurante.
La conseguenza e il fine del comportamento di attaccamento è la relazione di
attaccamento può essere definita dalla presenza di tre caratteristiche:
1. Ricerca di vicinanza a una figura preferita.
Inizialmente Bowlby spiegò questo fenomeno facendo un’analogia con il
fenomeno dell’imprinting, per cui giovani uccelli si attaccano ad ogni figura mobile alla
quale vengono esposti nel “periodo sensibile” del loro sviluppo. Tuttavia, studi successivi
hanno dimostrato che l’imprinting non avviene in egual modo nei primati, esso non è un
fenomeno di “tutto o nulla”, si sviluppa come risultato di un processo graduale di sviluppo
programmato geneticamente e di apprendimento sociale.
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2. L’effetto “base sicura”.
Nel 1940, prima di incontrare e conoscere Bowlby, Mary Ainsworth aveva già
usato nella sua tesi di laurea l’espressione “base sicura” per descrivere l’atmosfera creata
dalla figura di attaccamento per la persona che le si attacca.
L’essenza della base sicura è che essa crea un trampolino per la curiosità e
l’esplorazione. Il comportamento di attaccamento non è confinato ai soli bambini, ma si
riferisce anche a chi fornisce l’accudimento. Si pensi all’ansia provata da certe madri
quando sono lontane dai loro bambini, anche quando questi sono affidati
temporaneamente a persone di fiducia.
Dove non esiste una base sicura, l’individuo fa ricorso a manovre di protezione
per minimizzare la sofferenza ed eventualmente manipolare la relazione per ottenere
sostegno a scapito di una interazione realmente reciproca.
3. La protesta per la separazione.
Bowlby identificò la protesta come la risposta primaria provocata nei bambini dalla
separazione dai genitori. Pianto, urla, morsi, calci sono reazioni normali ed hanno la
doppia funzione di riparare il legame di attaccamento la cui rottura è minacciata dalla
separazione, e di punire chi si cura del bambino per evitare ulteriori separazioni.
Una interessante caratteristica dei legami di attaccamento è la loro resistenza.
Essi persistono nonostante maltrattamenti e punizioni severe e non adeguate al contesto.
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sorriso tanto più il bambino continuerà a sorridere. Stern (1985) considera lo sguardo
reciproco tra madre e bambino come l’elemento chiave nello sviluppo del mondo interno
del bambino. L’invariabilità del viso della madre dà al bambino un senso primitivo di
“storia”, di continuità attraverso il tempo che è indispensabile per la costruzione del senso
del sé. Oltre al guardare è anche importante il tenere. A questo proposito Bowlby fa un
esplicito riferimento al concetto di holding elaborato da Winnicott (1971) il quale
intendeva connotare con questo non solo il sostegno fisico, ma anche l’intero sistema
psicofisiologico di protezione, sostegno, cura e contenimento che circonda il bambino e
senza il quale egli non sopravvivrebbe né fisicamente, né emotivamente.
Intorno al terzo mese diventa evidente come abbia inizio una relazione di
attaccamento: il bambino discrimina di più mentre guarda, ascolta e reagisce
differentemente alla voce di sua madre, piange in modo diverso se lei se ne va o se si
allontanano altre persone, la saluta differentemente e comincia ad alzare le braccia verso di
lei per essere preso in braccio. La madre ovviamente risponde a questi segnali e si
stabilisce così un sistema reciproco di feedback e di omeostasi, che porta ad una reciproca
conoscenza, elemento centrale per una relazione di tipo sicuro.
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Terza fase: dai 3 anni in poi. La formazione di una relazione reciproca
Con l’avvento del linguaggio sorge un pattern molto più complesso che non può
essere descritto in termini di semplice comportamento. Il bambino può ora cominciare a
pensare ai genitori come a persone separate con propri scopi e progetti, ed escogitare modi
per influenzarli. Attaccamento e dipendenza rimangono attivi lungo tutto il ciclo di vita,
sebbene nella vita adulta non siano evidenti allo stesso modo che nei bambini piccoli.
Bowlby vedeva nel matrimonio la manifestazione adulta dell’attaccamento. Egli
evidenzia infatti come il rapporto tra coniugi costituisca una base sicura cui entrambi
possono attingere nei momenti di difficoltà, e che consente ad entrambi di realizzarsi, anche
promuovendo e lasciando spazio all’esplorazione, individuale e comune.
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relazione. I teorici dell’attaccamento postulano una relativa stabilità dei modelli di
attaccamento nel corso della vita, tuttavia un cambiamento nello stile di attaccamento è
possibile anche nella vita adulta, ciò non toglie che nel corso del cambiamento, o a
cambiamento avvenuto, in fasi di particolare stress non si ricorra ai vecchi modelli di
riferimento. L’adattamento individuale così come lo vede Bowlby è un processo continuo
e attivo nel quale una persona reagisce e modella il proprio ambiente interpersonale.
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durante i primi tre mesi di vita, accoglievano con gioia il ritorno delle loro madri dopo una
breve separazione nella Strange Situation. Le avvicinavano cercando l’interazione o il
contatto stretto, si tranquillizzavano abbastanza rapidamente e tornavano poi a giocare.
Questi bambini venivano classificati come sicuri (gruppo B).
I bambini delle madri insensibili ai loro segnali durante le interazioni quotidiane
evitavano la madre al suo ritorno rimproverandola, guardando lontano, voltandosi o
allontanandosi, oppure rifiutavano le offerte di interazione (insicuri-evitanti o gruppo A).
Altri bambini rispondevano in maniera ambivalente quando la madre tornava:
essi cercavano il contatto fisico ravvicinato, ma mostravano anche comportamenti di
rabbia e resistenza. I bambini classificati in questo gruppo, detto insicuro-ambivalente
(gruppo C), volevano essere presi in braccio, ma erano troppo stressati per avvicinarsi
alla madre.
Esiste poi un quarto gruppo di bambini chiamati insicuri-disorganizzati (gruppo
D) il cui comportamento non corrisponde a nessuna delle tre categorie individuate dalla
Ainsworth.
Va notato comunque che, sebbene la sensibilità della madre possa giocare un ruolo
fondamentale nello stabilire il tono iniziale della relazione, una volta che particolari modelli
di comunicazione si sono stabiliti in una diade, essi tendono ad essere mantenuti da
entrambi i partner. Così:
le madri dei bambini che erano stati evitanti nella Strange Situation desideravano
giocare con i propri figli, purché essi stessero esplorando i giochi con piacere; viceversa
si allontanavano quando i bambini mostravano sentimenti negativi.
D’altra parte gli stessi bambini evitanti non tendevano a comunicare con i loro
genitori o a cercare il contatto fisico con loro nei momenti di disagio dovuti alla
separazione.
I bambini sicuri, al contrario, non stavano mai lontani dai genitori quando si
sentivano infelici.
Le loro madri li guardavano tranquillamente giocare tenendosi da parte finché i
bambini non avevano bisogno di loro; in tal caso, ai primi segni di disagio, si univano a
loro sostenendoli. Inge Bretherton suggerisce che le distorsioni dei modelli di
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comunicazione possono cominciare molto presto, anche molto prima che il bambino
acquisisca il linguaggio.
La protesta:
In questa fase i bambini piangevano ed invocavano amaramente i loro genitori e
rifiutavano ogni aiuto proveniente dallo staff medico che tentava di distrarli. La protesta
riemergeva anche quando questi bambini venivano riuniti ai genitori, i quali divenivano
oggetto di un misto di sentimenti e comportamenti, che andavano dal rifiuto (che poteva
giungere fino all’incapacità dei bambini di riconoscere i loro genitori), agli attacchi adirati,
agli abbracci stretti e prolungati.
Il ritiro in sé stessi:
I bambini osservati in questa fase si isolavano dai coetanei, fissavano immobili il
vuoto, giocando e mangiando molto poco. Dopo la protesta, dunque, subentravano noia ed
apatia.
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Considerazioni conclusive
La teoria dell’attaccamento offre una cornice di riferimento fondamentale sia per
lo studio della prima infanzia e delle relazioni madre-padre-bambino, che per ambiti come
quello educativo e formativo. Vengono introdotti il costrutto dell’attaccamento; l’utilizzo
della strange situation e le correlazioni tra pattern di attaccamento nel bambino e
nell’adulto. Gli effetti di una “base sicura” o al contrario della trascuratezza,
deprivazione, maltrattamento, abuso, sono visti sia alla luce dello sviluppo neuropsichico
e relazionale del bambino, sia in funzione della comprensione della psicopatologia
dell’infanzia. Il contributo allo studio della relazione adulto di riferimento-bambino ha
determinato lo sviluppo di modalità di intervento centrate su un approccio non neutrale,
di sostegno all’accudimento e allo sviluppo di relazioni empatiche.
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TEORIA DI VYGOTSKIJ E I CONTESTUALISTI
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4. Macrosistema: modello comprendente i primi 3.
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inglese scaffold, che, letteralmente, indica “impalcatura” o “ponteggio”, ovvero
attrezzi usati dagli operai per svolgere un lavoro di costruzione. Quindi, così come gli
operai costruiscono una casa, l’adulto o il tutor aiuta il bambino a costruire le proprie
competenze cognitive. Il termine scaffolding è quindi usato per indicare l’aiuto, il
sostegno, dato da una persona competente a un’altra, per apprendere nuove nozioni o
abilità (Wood, Bruner, & Ross, 1976).
Questo termine fu utilizzato per la prima volta in un articolo scritto da Wood,
Bruner e Ross pubblicato dal Journal of Child Psychology and Psychiatry in cui si
presentavano i risultati ottenuti da uno studio in cui si osservavano un tutor e un
bambino impegnati nella costruzione di una piramide tridimensionale con blocchi di
legno.
I risultati evidenziarono che quando il bambino era supportato e sostenuto dal
tutor era in grado di implementare e arricchire al meglio le sue capacità cognitive.
Questa posizione deriva dall’assunto che ognuno possiede un potenziale cognitivo che
può essere arricchito e corredato per mezzo dell’interazione con una persona più
competente. Lo spazio dell’interazione, zona di sviluppo prossimale, costituisce una
area di apprendimento in cui le capacità cognitive del bambino aumentano e possono
essere sviluppate delle nuove forme di conoscenza.
Inoltre, nell’articolo, gli autori evidenziano che il sostegno dato dal tutor al
bambino deve essere un processo in divenire perché adattato ai progressi dell’allievo.
Quindi, è un supporto costante e sempre in evoluzione che porta il bambino
all’attuazione delle competenze acquisite in piena autonomia. Lo scaffolding è usato
anche attualmente quando uno studente è in difficoltà nell’ambito dell’acquisizione
di nuove nozioni in ambito scolastico.
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Considerazioni conclusive
L’assimilazione del lavoro di Vygotskij a quello della psicologia dello sviluppo
contemporanea fornisce un esempio interessante per lo studio delle influenze socio-
culturali sulla scienza.
I punti di forza dell’approccio contestualista sono la sua attenzione per il contesto
socio-culturale dell’evoluzione, l’integrazione degli apprendimenti quotidiani nello
sviluppo e la sensibilità alla varietà dell’evoluzione. Inoltre, come abbiamo visto, il
concetto di zona di sviluppo prossimale ha promosso l’elaborazione di studi e ricerche
che oggi hanno consentito di mettere a punto raffinate ed efficaci modalità di facilitazione
degli apprendimenti come lo scaffolding e il fading.
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BIBLIOGRAFIA
Bruner J. S., Prime fasi dello sviluppo cognitivo, Armando Editore, Roma 1991
Siegel Daniel J., Hartzell Mary, Errori da non ripetere. Come la conoscenza della
propria storia aiuta a essere genitori. Raffaello Cortina Editore, Firenze 2016
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