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La Coscienza di Zeno si presenta come un’autobiografia

scritta da Zeno Cosini all’età di cinquantasette anni seguendo


l’indicazione dello psicoanalista che lo ha in cura, Zeno infatti
è convinto di essere malato “La malattia è una convinzione ed
io nacqui con quella convinzione”. Il romanzo è diviso in
cinque capitoli intitolati: Il fumo, La morte di mio padre, La
storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di
un’associazione commerciale, due capitoli: Prefazione e
Preambolo aprono il romanzo, il capitolo intitolato Psico-anal-
isi lo chiude. Nella Prefazione il dottor S. spiega di avere
consigliato al suo paziente di scrivere un’autobiografia per
prepararsi alla cura psico-analitica e di averla pubblicata per
vendicarsi del fatto che il paziente si è “sul più bello …
sottratto alla cura”. Nel Preambolo viene introdotto l’io
narrante del romanzo, Zeno Cosini, un borghese
ultracinquantenne, ricco, sposato, con il vizio del fumo e vari
dolori psicosomatici da cui sta cercando di liberarsi con la
psico-analisi. Zeno tenta di vedere la propria infanzia, ma non
ci riesce, vede la locomotiva di un treno che sbuffa
arrancando su una salita e un bambino in fasce, che però non
è lui da piccolo, ma un nipote appena nato. I cinque capitoli
centrali raccontano le vicende avvenute tra il 1890 e il 1895,
Zeno è un trentenne alle prese con l’inizio della sua vita di
adulto, un adulto nevrotico, pigro e inconcludente, che non
riesce a smettere di fumare, ha un pessimo rapporto con il
padre, sposa una donna che non ama, la tradisce, finge di
lavorare, si comporta in modo imbarazzante e scorretto con
parenti, amici e conoscenti, racconta a se stesso e agli altri
un mucchio di bugie. L’ultimo capitolo è presentato come un
diario scritto tra il 3 maggio 1915 e il 24 marzo 1916 dopo che
Zeno ha deciso di interrompere la cura psicoanalitica iniziata
sei mesi prima.
La malattia.
Presentando il suo romanzo Svevo scrive “Il romanzo è la
storia della vita di Zeno che si crede un malato eccezionale di
una malattia a percorso lungo e delle sue cure”. La malattia è
il tema principale del romanzo, nel romanzo Svevo utilizza le
teorie di Freud nella rappresentazione della malattia del
protagonista e della cura psicoanalitica a cui si sottopone. È
Svevo stesso a riconoscere l’importanza di Freud per il suo
romanzo, nel Profilo autobiografico steso in terza persona nel
1928 su richiesta di un editore scrive “Il secondo avvenimento
letterario e che allo Svevo parve allora scientifico fu l’incontro
con le opere del Freud. Dapprima le affrontò solo per giudicare
delle possibilità di una cura che veniva offerta ad un suo
congiunto. Per vario tempo lo Svevo lesse libri di psicanalisi.
Lo preoccupava d’intendere che cosa fosse una perfetta
salute morale. Nient’altro. Durante la guerra, nel 1918, per
compiacere un suo nipote medico che, ammalato, abitava da
lui, si mise in sua compagnia a tradurre l’opera del Freud sul
sogno. La compagnia del dotto medico (che però non
praticava la psicanalisi) rese quella traduzione più
interessante. Fu allora che lo Svevo talora si dedicò (solitario,
ciò ch’è in perfetta contraddizione alla teoria e alla pratica del
Freud) a qualche prova di psicanalisi su se stesso”.
Nei suoi studi sulle donne isteriche Freud si accorse che
esisteva nelle sue pazienti un “contenuto psichico nascosto”
che determinava la loro malattia. Studiando questo contenuto
psichico nascosto, che chiamò in vari modi, inconscio, libido,
Es, etc., Freud osservò che esso non era proprio solo delle
giovani donne isteriche che chiedevano il suo aiuto, ma che
esso apparteneva a tutti gli uomini e le donne, malati o sani
che fossero. Scrive in proposito Freud nell’Introduzione alla
psicoanalisi (1915-1917): “Nel corso dei tempi l’umanità ha
dovuto sopportare due grandi mortificazioni che la scienza ha
recato al suo ingenuo amore di sé. La prima quando apprese
che la nostra terra non è al centro dell’universo bensì una
minuscola particella di un sistema cosmico che, quanto a
grandezza, è diffìcilmente immaginabile. Questa scoperta è
associata per noi al nome di Copernico, benché la scienza
alessandrina avesse già detto qualcosa di simile. La seconda
mortificazione si è verificata poi, quando la ricerca biologica
annientò la pretesa posizione di privilegio dell’uomo nella
creazione, gli dimostrò la sua provenienza dal regno animale e
l’inestirpabilità della sua natura animale. Questo
sovvertimento di valori è stato compiuto ai nostri giorni sotto
l’influsso di Charles Darwin, di Wallace e dei suoi precursori,
non senza la più violenta opposizione dei loro contemporanei.
Ma la terza e più scottante mortificazione, la megalomania
dell’uomo è destinata a subirla da parte dell’odierna indagine
psicologica, la quale ha l’intenzione di dimostrare all’Io che
non solo egli non è padrone in casa propria, ma deve fare
assegnamento su scarse notizie riguardo a quello che avviene
inconsciamente nella sua psiche. Anche questo richiamo a
guardarsi dentro non siamo stati noi psicoanalisti né i primi né
i soli a proporlo, ma sembra che tocchi a noi sostenerlo nel
modo più energico e corroborarlo con un materiale empirico
che tocca da vicino tutti quanti gli uomini”. L’Io dunque “non è
padrone in casa propria” perché è abitato da una dimensione
inconscia che l’uomo ha sempre evitato di considerare, perché
un inganno narcisistico gli ha fatto credere di essere al centro
dell’universo, creatura di Dio, e padrone dell’orizzonte
dispiegato dalla sua coscienza e dal suo procedere razionale.
(Umberto Galimberti racconta “Freud, Jung e la psicoanalisi”,
La Biblioteca di Repubblica, 10 Capire la filosofia. La filosofia
raccontata dai filosofi, 2011, p.12)
Dunque Freud afferma che noi agiamo credendo che sia la
nostra coscienza, che egli chiama Io, a determinare le nostre
azioni, ma in realtà dobbiamo essere consapevoli che le
nostre azioni sono determinate da qualcosa che non
conosciamo e su cui non abbiamo alcun controllo.
Ne La coscienza di Zeno Svevo non fa che sviluppare questa
idea di Freud, la vicenda narrativa che Svevo elabora per
rappresentare questa idea è quella della “malattia” del
protagonista e della sua “cura e guarigione” (le virgolette
stanno a indicare che i termini: malattia, cura e guarigione
sono catacresi, ovvero sono termini utilizzati per indicare
un’idea o un oggetto per i quali la lingua non ha un termine
proprio). Svevo crea un meccanismo narrativo che mette in
scena la “coscienza incosciente” di Zeno.
Dall’analisi del testo emerge con una certa chiarezza che la
malattia di cui Zeno soffre è la nevrosi, che Freud descrive
come un disturbo psichico determinato da un “conflitto” tra la
componente inconscia della psiche e la coscienza.
Freud distingue la psiche in due componenti: la coscienza e
l’inconscio. Queste vengono al loro volta divise in tre province
o istanze: l’Es, il Super-io e l’Io. L’Es e il Super-io sono
inconsci, l’Io è la coscienza. L’Es, presente fin dalla nascita, è
la parte oscura e inaccessibile della nostra personalità, Freud
lo chiama caos, è la sede dell’energia, detta Eros o libido,
dominata dal principio di piacere, che tende al
soddisfacimento (inteso come riduzione dell’eccitazione) delle
pulsioni (eccitamenti interni dovuti ai bisogni somatici), tra le
quali dominante è la pulsione sessuale (l’aggettivo sessuale
ha per Freud un significato più ampio di quello che usualmente
si attribuisce a questo termine, per il quale Freud utilizza
l’aggettivo genitale). L’Es non conosce né giudizi di valore, né
il bene e il male, né la moralità, né la nozione di tempo. Il
Super-io nasce dal lungo periodo in cui il bambino vive in stato
di dipendenza dai genitori ed è l’istanza che rappresenta i
divieti che i genitori impongono al bambino. Il Super-io è una
porzione del mondo esterno che è diventata parte integrante
del mondo interno dell’Io, ed è avvertita nella sua funzione
giudicante come coscienza morale. L’Io è quella parte della
psiche munita di organi per la ricezione degli stimoli e di
dispositivi di difesa contro gli stimoli, che è in relazione con il
mondo esterno e con l’interno, l’Es e il Super-io. Compito
dell’Io è l’autoconservazione verso il mondo esterno, la realtà,
e verso quello interno, l’inconscio. “Un’azione dell’Io, in tanto
è corretta in quanto si dimostra all’altezza delle esigenze
dell’Es, del Super-io e della realtà” (S.Freud, Cinque
conferenze, L’Io e l’Es, Compendio di psicoanalisi, Bollati
Boringhieri, 2011, p.182). Per questo Freud dice che l’Io è il
servo di tre severissimi padroni, il mondo esterno, l’Es e il
Super-io, e non c’è da stupirsi se spesso fallisce nel suo
compito di mettere d’accordo le esigenze e pretese dei suoi
tre tiranni. Nella sua analisi Freud descrive le fasi dello
sviluppo psichico che avviene nella primissima infanzia.
L’ultima delle tre fasi individuate, denominata fase genitale o
fase edipica, è per Freud la più importante perché determina
l’identità e l’orientamento relazionale del bambino. Freud parla
di complesso edipico, il bambino ama la madre e prova odio
per il padre (Freud distingue tra bambino e bambina, la
versione femminile del complesso edipico presenta alcune
complicazioni e differenze). Freud dà al complesso il nome di
Edipo, il personaggio della tragedia di Sofocle che uccide il
padre e sposa la madre. Il bambino imita il padre nel tentativo
di conquistare la madre, l’impossibilità di sostituirsi al padre
provoca un sentimento negativo che deve essere superato
spostando la propria libido verso un oggetto diverso dalla
madre, così facendo il bambino supera il complesso edipico e
acquisisce la propria identità e capacità relazionale. Il non
superamento del complesso edipico in età infantile genera la
persona nevrotica. Le nevrosi non hanno cause specifiche
(fatta eccezione per le nevrosi traumatiche) si acquisiscono
solo nell’infanzia, fino all’età dei sei anni, e si generano
sempre a partire da pulsioni sessuali. “La nevrosi è un
indebolimento assoluto o relativo dell’Io, tale da impedirgli
l’adempimento del suo compito (…) L’Io è indebolito a causa
dei suoi conflitti interni, dobbiamo accorrere in suo soccorso”
(S.Freud, op.cit. pp.212-213). Scopo della psicoanalisi è che la
parte cosciente, l’Io, si rafforzi, diventi più indipendente dal
Super-io, ampli il suo campo percettivo e perfezioni la sua
organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell’Es.
Freud dice che il sogno è una psicosi, ovvero una occupazione
totale anche se momentanea da parte dell’inconscio della
psiche, ed è per questo che lo psicoanalista si apre la strada
verso l’inconscio attraverso l’analisi e l’interpretazione dei
sogni.

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