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Riassunti Letteratura Italiana

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Romanticismo

Contesto culturale
• ci troviamo nel periodo post rivoluzione francese, risorgimento e epoca napoleonica, con le
trasformazione della società industriale
• Nuovo sentire tra gli intellettuali: un cambiamento è in atto, caratterizzato dal sentimento di
disarmonia tra il piano reale e quello ideale
• La base filosofica più importante per il Romanticismo è l’idealismo tedesco (si sviluppa a partire dal
700) con in particolare la visione di Fichte e Shelling
• Influenza anche da parte di Hegel che teorizza lo sviluppo razionale di una Storia universale
• In contrasto con la filosofia hegeliana abbiamo altri correnti di pensiero che valorizzano il principio
della libertà, da cui si svilupperà la teoria politica del liberalismo, che riconduce la libertà
individuale all’esistenza di diritti naturali inviolabili della persona e sostiene l’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge. Si sviluppa anche la teoria economica del liberismo che postula la
capacità dei mercati di autoregolarsi senza l’intervento dello stato.
Si può affermare che il romanticismo riprende e reimposta in chiave del tutto nuova questioni che già
in precedenza si erano poste come centrali (es. La natura, la concezione artistica, il concetto di
imitazione). Allo stesso tempo acquistano peso nuovi nodi come la dialettica fra individuale e
collettivo, il dissidio io-mondo, l’impossibilità di mantenersi nei sistemi dei generi, la necessitò di
forzare o violare le forme erediate dal passato. In questo senso possiamo vedere come il
romanticismo si oppone all’illuminismo e al neoclassicismo e invece assume un atteggiamento di
continuità nei confronti della sensibilità preromantica.
Il romanticismo scopre il sentimento, inteso come strumento conoscitivo; l’idea della società cambia,
al modello meccanicistico si sostituiscono visioni provvidenzialistiche; gli atteggiamenti egualitari
dell’Illuminismo lasciano il posto a atteggiamenti individualistici di tipo eroico-titanico.
Nuclei centrali del sentire romantico
• tensione all’infinito (streben) identificazione io-assoluto mediata dall’arte
• Anelito alla libertà come valore spirituale
• Valore assoluto dell’arte, espressione del genio
• Centralità dell’io (eroe romantico= malinconia,titanismo,vittimismo,egotismo,fuga)
La nascita del romanticismo in Italia
Si cominciò a parlare di romanticismo quando iniziarono a circolare le opere di Madame de Stael, che
erano costruite sulla contrapposizione tra civiltà tedesca e quella francese, la prima libertà di
immaginazione e sensibilità, la seconda freno razionale e rigido classicismo. Da queste
contrapposizioni iniziarono a entrare nella cultura italiana come l’antitesi tra letteratura classica e
quella romantica.. la nascità ufficiale del romanticismo è databile intorno al 1816 quando uscì
l’articolo di Madame de Stael Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni il quale provocò un acceso
dibattito. Dibattito che si “svolse” sulla neorivista il conciliatore fondata da Berchet e Borsieri (pro al
romanticismo). Secondo critico Asorrosa, due anime: realista, patetico sentimentale
• classicisti: eterna bellezza raggiuntà già nell’antica Grecia, imitazione, lingua aulica, cultura elitaria
• Romantici: storicismo, originalità, modelli autori moderni, cristianesimo, lingua parlata, ideale di
popolo
Hegel definisce il romanzo “epopea borghese”

Alessandro Manzoni 1785-1873 (Milano)


• 1820-1822
Cinque maggio
Marzo 1821
Inizia Fermo e Lucia (pubblica a episodi)
• 1823
Lettera a D’azeglio sul romanticismo
• 1827
Prima edizione Promessi sposi
• 1840-42
Edizione finale de I Promessi sposi
Alessandro Manzoni di cultura illuminista, il padre biologico era Verri e il nonno era Cesare Beccaria,
prende dall’illuminismo il culto del vero e l’esigenza della giustizia, mentre del Romanticismo
condivide il rifiuto della mitologia, e la battaglia per una cultura del popolo.
“Utile per scopo, vero per soggetto, interessante come mezzo”
Poetica del vero:
• priorità della dimensione conoscitiva e della riflessione (contro la mitologia)
• Accordo ideale tra ragione e sentimento
• Pensiero che coniuga fede, ragione e politica
• Nuovo linguaggio letterario, più autentico e meno aulico
La lirica civile
5 maggio
• “Ei fu” passato remoto—> azioni portate a termine perchè è morto
• Genio romantico
• “ ei si nomò: due secoli l’uno contro l’altro armato, sommessi a lui si volsero come aspettando il
fato” ( collegamento con Hegel, la ragione si incarna in personaggi storici come Napoleone)
• Sembra un inno dedicato a Napoleone, ma poi viene evidenziato il suo carattere di titanismo che
cerca di rendersi superiore a Dio, questa sua superbia porterà Napoleone al naufragio politico, ma
sarà questo abissarsi che consentirà al condottiero di essere salvato dalla fede
Marzo 1821
• poesia fortemente legata alle esigenze e ai sentimenti dei contemporanei, si presenta come
espressione di speranze nazionali che emergono sia attraverso il contenuto sia attraverso le scelte
metriche ( attraverso i decasillabi abbiamo un ritmo ribattuto e insistito)
• Tema è il diritto di ogni popolo alla libertà
• “Una d’arme, di lingua, d’altare, di sangue e di cor” —> prospettiva risorgimentale: unità sotto
valori civili e culturali, bellici, stesa fede e passione nazionale
• Utilizzo delle similitudini “per mercede nel suol stranier star doveva in sua terra in lombardo l’altrui
voglia era legge per lui il suo fato un segreto d’altrui la sua parte servire e tacere” similitudine tra
mendicante in terra straniera e chi abita a in Lombardia che era costretto a chiedere “mercede”
all’oppressore straniero
Romanzi
I promessi sposi
• Paradigma per la lingua italiana (fiorentino parlato colto)
• destinazione popolare, in Italia non c’era una borghesia moderna, quindi “Manzoni deve
ricominciare da zero” (Giovanni Macchia)
• Manzoni riesce a “rimpiazzare una letteratura d’intrattenimento con una “letteratura di idee””
Spinazzola
• Narratore onnisciente e giudicante
• Vuole educare il lettore alla riflessione critica e proponga per la collettività un sistema di valori che
preveda l’alleanza tra la fede e la ragione
• Sceglie dei personaggi umili e un linguaggio realistico per rendere il lettore (e quindi il popolo)
consapevole della finzione letteraria e non schiavo di essa
• I personaggi di Manzoni sono “personaggi uomini” De Benedetti, non c’è un protagonista, i
personaggi hanno una molteplice natura che viene scoperta durante il racconto, eroe e antieroe si
fondono
• La storia è senza un vero lieto fine, Lucia oppone all’uomo artefice del proprio destino (Renzo) il
modello cristiano, che corrisponde a una paziente sopportazione della vita per avere una buona
condizione in Paradiso
• La provvidenza, controbilancia la presenza del male, non è consolatoria ed è un disegno
imperscrutabile e problematico, che costringe gli uomini a interrogare a fondo la loro coscienza
• Visione dell’amore, inesprimibile

Giacomo Leopardi 1798-1837


• nasce a Recanati (borgo immobile, studia da autodidatta e traduce molti classici greci e latini)
• 1816 abbiamo la conversione al bello e la sua partecipazione al dibattito sul conciliatore e si
schiera nella fazione dei romantici. Inizia a scrivere lo Zibaldone
• 1819 conversione filosofica, Ultimo canto di Saffo e Infinito (passaggio da natura benigna a natura
matrigna)
• 1822 si trasferisce a Roma, ma rimarrà deluso per la solitudine e l’ipocrisia
• 1823 prima edizione delle Canzoni e delle Operette morali
• 1828 si trasferisce a Pisa e scrive A Silvia / Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
• 1830 abbandona definitivamente Recanati, torna a Firenze e pubblica l’ultima edizione dei canti
• 1833 con il suo amico Ranieri si trasferisce nei pressi di Napoli e scrive sul letto di morte La
Ginestra
• 1837 muore per aggravata condizione fisica
Il pensiero di Leopardi si può definire “poetante”, ovvero che si incarna nelle sue poesie
Teoria del piacere, legata al pessimismo
• natura dell’uomo e la ricerca del piacere che da felicità, questo piacere è illimitato e insufficiente
mentre l’uomo è limitato
• Per raggiungere il piacere bisogna utilizzare la facoltà dell’immaginazione (ovvero la poesia) “il più
solido piacere di questa vita è il piacere vano delle illusioni”
Teoria della natura, divisione scolastica del pessimismo
• pessimismo storico= natura benigna e uomo in armonia con essa, armonia che viene distrutta dal
progresso e dalla razionalità (Infinito e A Silvia)
• Pessimismo cosmico= pensiero che inizia con lo studio della letteratura greca, ci rendiamo conto
che la natura è indifferente verso l’uomo (Ultimo canto di Saffo, Dialogo tra la natura un islandese)
• Titanismo, leopardi assume un atteggiamento ironico e rassegnato, non nega un progresso civile
ma cerca di crearlo sulla base del suo pessimismo (La Ginestra)

Infinito (idillio —> breve componimento)


• sensismo leopardiano = a partire dalle sensazioni si può immaginare
• Andamento fluido —> enjambements —> nessun verso è isolabile, continuità ritmica
• Deissi —> utilizzo pronomi determinativi questo/quello
• Luigi Blasucci. Corrispondenza tra significato e significante (modi indefiniti e parole polis sillabe)
A Silvia —> prima delle canzoni
• Silvia personifica la giovinezza e alter ego di Giacomo
• Presente sensismo (canto)
• (Lingua mortal non dice) limite della parola collegamento con Dante nel paradiso
• Natura matrigna
• La sorte di Silvia si estende all’umanità
• Contini poesia di Leopardi, riferimento alla poesia latina (Virgilio e Lucrezio)
Ultimo canto di Saffo Pessimismo cosmico
• assonanze, accentua i toni dell’elegia
• Latinismi, iperbati —> Virgilio/ Orazio “se il poeta, massime il lirico, non è ardito nelle metafore, e
teme l’infinito, sarà anche privo del nuovo”
• Plurale maiestatis, Saffo personifica l’umanità
• Ironia
• La natura diventa matrigna, nemmeno gli antichi provocano solo felicità
• Saffo, alter ego della natura
Canto notturno di un pastore errante dall’Asia
• quello che vale per l’uomo di ogg vale per l’uomo di sempre
• Antitesi tra la vita eterna della luna e la vita breve del pastore
• Passaggio dall’individuale all’universale
• Domande esistenziali
• Gli animali sono beati perchè sono ignoranti (collegamento con Schopenhauer )
La ginestra
• polemica contro antropocentrismo, progressismo e spiritualismo
• “Magnifiche sorti e progressive” ironia, ambivalenza del progresso
• “Libertà va sognando” Virgilio dantesco, cammino che conduce all’emancipazione dell’errore
• Ginestra “nobil natura” perchè è umile
• Leopardi vuole dire la verità “io non finirò sotterra con la vergogna di non aver detto la verità”
• Nonostante il Vesuvio continui a distruggere tutto la ginestra continua a mostrare la sua bellezza,
l’uomo non deve mai smettere di dare il meglio di se “solidal catena”
• Ginestra molto meno sciocca degli uomini, ne da te ne da altri fatta immortale
Operette morali
• ogni opera ha una morale
• Massimo pessimismo leopardiano
• No antropocentrismo e umanesimo
• No vittimismo, domina una virtù eroica ( collegamento con il naufragio di Lucrezio l’uomo non ha
possibilità di salvarsi ma deve andare avanti cercando comunque di fare del suo meglio

Dialogo della natura e di un islandese


• passaggio anche qui dal pessimismo storico a quello cosmico
• Viene messa sotto accusa la natura, meccanismo di produzione e distruzione dell’esistenza
• Ridimensionata la contrapposizione fra antichi e moderni, anche gli antichi erano infelici
• Il viaggio dell’islandese corrisponde al viaggio intellettuale di leopardi

Età post-unitaria: contesto storico e culturale


Contesto storico
• spicca il personaggio di Otto von Bismarck
• Nascita del secondo impero francese con Napoleone III
• Guerra franco-prussiana nel 1870 vince la Prussia a Sedan (la Francia perde l’Alsazia e la Lorena )
• Sviluppo colonialismo e successivamente imperialismo
• Seconda rivoluzione industriale che causerà emigrazione
• Italia:
Completa unificazione con Roma e Veneto
Legge delle guarentigie e non expedit
Differenze tra Nord e Sud con malcontento nel meridione (leva obbligatoria e tassa sul
macinato)
Destra storica: obbligo scolastico e leva obbligatoria, duro sistema fiscale, ottennero il
pareggio di bilancio nel 1876
Sinistra storica: politiche sociali, ampliarono il suffragio maschile, istruzione elementare
obbligatoria e gratuita, protezionismo
Quadro culturale
L’intrapendenza della borghesia trova la propria elaborazione ideologica nel pensiero positivista. Il
positivismo fu teorizzato da Henri de Saint-Simon e sistematizzato da Auguste Comte, il positivismo
rilanciava quella fiducia nel progresso e nella scienza che era stata già dell’Illuminismo, leggendo la
storia dell’umanità come un percorso di progressiva affermazione della ragione (Hegel). L’interesse
primario di questo movimento è la realtà che l’intellettuale si propone di sistematizzare alla luce del
ragionamento e della sperimentazione scientifica.
Nel 1859 Charles Darwin pubblicò L’origine delle specie (popolazione in competizione tra di loro per
la sopravvivenza, la natura opera una selezione). Negli anni precedenti Herbert Spencer aveva
elaborato una propria riflessione sull’evoluzione della società umana. Tali teorie sull’evoluzione
sociale furono complessivamente indicate con la definizione di Darwinismo sociale.
Il francese Hippolyte Taine offrì la teorizzazione del movimento letterario del Naturalismo, che si
proponeva di indagare la psicologia dell’individuo e le dinamiche della società valorizzando gli stessi
metodi delle scienze naturali. Critica letteraria e sociologica che vedeva nelle azioni dell’uomo il frutto
dell’influenza di tre ordini di fattori: la “razza”, l’ “ambiente” e il “momento”.
Il realismo francese a metà Ottocento
Nella prima metà dell’Ottocento la Francia inaugura il genere del romanzo realista-introspettivo.
Questi romanzi riportano vicende tratte dalla realtà contemporanea, con protagonisti personaggi di
varia estrazione sociale, in essi la presenza dell’autore è molto forte (ancora influenzati dall’idea
romantica di un’attivazione partecipazione dell’autore). Si va poi a sviluppare un vero e proprio
movimento realista che sotto l’influenza della filosofia positivista e del darwinismo si evolverà a
partire dagli anni settanta, nel Naturalismo. Frutto di queste tendenze è la pubblicazione di Madame
Bovary, di Gustave Flaubert nel 1857, stesso anno della pubblicazione della rivista “realisme”.
Flaubert adotta nei suoi romanzi la tecnica dell’impersonalità che egli stesso spiega con la metafora
di Dio (presente dovunque, ma non è visibile in nessun luogo). Flaubert raggiunge un livello adeguato
livello di realismo descrivendo ogni dettaglio d’ambiente con la precisione delle scienze esatte, senza
imporre il proprio punto di vista.

Il naturalismo francese
Il termine Naturalismo viene usato per la prima volta in riferimento alla letteratura da Hippolyte Taine
in un saggio del 1858 a Balzac. Romanziere francese “artista poderoso e ponderoso, che ha, come
servitori e padroni, gusti e facoltà di naturalista”. Dieci anni dopo, Emil Zola utilizza il termine
naturalista per indicare una scuola di scrittori che porta avanti un’idea di romanzo incentrata
sull’osservazione diretta della realtà, senza lasciar affiorare la personalità dell’autore e senza
introdurre filtri romanzeschi.
Il Naturalismo rappresenta il punto conclusivo del realismo. I naturalisti si pongono l’obiettivo di
sondare tutti gli ambienti per “dipingere un’intera età sociale, nei fatti e nei sentimenti, e dipingere
questa età attraverso i mille dettagli dei costumi e degli avvenimenti”.
Emil Zola pubblica il primo romanzo naturalista Teresa Raquin, presentandolo come un grande studio
psicologico e fisiologico, contiene già il principale elemento della produzione naturalista: il concetto
dell’ereditarietà dei caratteri a cui viene ascritto il determinismo biologico che orienta le scelte e le
azioni dei personaggi. Nel saggio Il romanzo sperimentale Zola teorizza un’idea di letteratura come
esperimento e introduce la figura dello scrittore-scienziato. Secondo Zola, il Realismo si deve basare
non solo sull’osservazione esterna ma anche sulla sperimentazione dall’interno di ambienti sociali e
stili di vita. Zola intuisce anche che l’uomo è determinato dal contesto storico e sociale in cui si
colloca, per questo motivo il romanzo naturalista analizza e racconta l’uomo in relazione all’ambiente
sociale. Riprendendo le categorie di Taine, il romanziere francese intende costruire i propri
personaggi basandosi su ereditarietà biologica, contesto sociale e situazione storica.
Novità sul piano narrativo
Come ha scritto Pierluigi Pellini, sul piano narrativo il romanzo naturalista può essere contraddistinto
principalmente da tre aspetti:
• impersonalità narrativa (regressione dell’autore): connessa allo scenario politico-ideologico, il
romanziere rinuncia a proporre un suo sistema di valori, egli si deve limitare a registrare la
confusione dei valori della società
• Protagonista antieroico, una persona comune
• Ritmo circolare: ritmo lento, ripetitivo e circolare, spesso la narrazione viene sostituita dalla
descrizione
Nel romanzo naturalista vengono rappresentate tutte le classi sociali, con l’entrata in scena del
proletariato urbano. Dietro questa scelta vi sono degli intenti etici, poiché l’analisi e la comprensione
dei comportamenti umani sono finalizzati al miglioramento della società. Per i naturalisti questo
miglioramento è possibile solo dagli ordinamenti politici che devono occuparsi di una vera e propria
patologia sociale. Rivoluzione percepita come minaccia.
Il verismo italiano
Il verismo è il termine con cui viene indicata la corrente letteraria a cui appartengono le opere italiane
che si ispirano all’impersonalità narrativa di Flaubert e al mondo sperimentale di Zola. I principali
esponenti sono Capuana, Verga e De Roberto.

+ambientazione specifica

Luigi Capuana (1839-1915)


Nel 1879 scrive Giacinta, primo esempio di letteratura naturalistica in Italia, il romanzo prospetta una
caso di psicopatologia femminile.
Capuana sarà il primo a valorizzare l’opera di Verga, I Malavoglia, identificandone l’impersonalità
narrativa.
Federico de Roberto (1861-1927)
A partire dagli anni ottanta entra in contatto e collabora con Capuana e Verga, e influenzato
dall’ambiente catanese, elabora una poetica e uno stile personali riunendo le sue riflessioni in una
raccolta di recensioni intitolata Arabeschi.
In questo contesto fertile affina il suo stile sviluppando una particolare attenzione per i
comportamenti e per la psicologia dei personaggi : nasce il ciclo dei tre romanzi dedicati agli Uzeda
di Francalanza (antichi vicerè della Sicilia durante la dominazione spagnola): L’illusione (1981), I vicerè
(1894) e L’imperio (pubblicato postumo nel 1929).
Il ciclo degli Uzeda di Francalanza
Si tratta di una saga familiare che ha luogo nel periodo tra la fine del regno delle due Sicilia e i primi
decenni del neonato regno d’Italia.
• L’illusione la protagonista è Teresa Uzeda, di cui viene raccontata la triste biografia, con sfondo
una società nobiliare e patriarcale, una vita fatta di illusioni, tradimenti che la porteranno al
disincanto dell’età adulta. L’impersonalità della narrazione non viene realizzata attraverso la
regressione dell’autore ma tramite l’utilizzo del discorso indiretto libero
• I vicerè la vicenda è narrata dal punto di vista di Giovannino Radalì, che paga con il suicidio la
frustrazione di non aver potuto prendere in sposa Teresa Uzeda e la delusione storico-politica di
non assistere a un ricambio delle classi dirigenti dopo l’unità d’Italia (collegamento con Foscolo e
Jacopo Ortis)
• L’imperio ha una struttura narrativa duplice: racconta da un lato le vicende dell’ultimo discendente
degli Uzeda, Consalvo, all’interno del contesto politico romano, mentre dall’altro lato la vita
giornalistica di Federico Rinaldi, che fedele agli ideali risorgimentali, osserva la corruzione della
politica romana e la mancanza di scrupoli del nobile deputato. Pensato come una continuazione
dei vicerè, il romanzo fu lasciato però inconcluso e pubblicato postumo nel 1929
L’ideologia pessimista di De Roberto nei confronti dell’unità d’Italia può essere riassunta nella frase
messa in bocca al duca di Oragua “ ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri” la frase, è
un’elaborazione parodica e cinica delle celebri parole di Massimo d’Azeglio “ora che l’Italia è fatta
dobbiamo fare gli italiani”, esprime la totale diffidenza di de Roberto nei confronti del processo di
unificazione e la sfiducia in un possibile (e promesso) riscatto economico della Sicilia.
Il modo in cui questi romanzi sono stati scritti, fa ricondurre De Roberto alla corrente verista,
linguaggio costruito sui modi di dire e espressioni del parlato, inoltre de Roberto riprende le teoria
sulla razza in chiave ironica, gli Uzeda sono convinti in quanto nobili di essere superiori al resto della
gente.
Giovanni Verga (1840-1922)
• 1871 pubblica Storia di una capinera
• 1873 pubblica Eva (critica contro la società borghese)
• 1878 pubblica Rosso Malpelo
• 1880 pubblica Vita dei campi
• 1881 I malavoglia
• 1889 Mastro don Gesualdo
Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di orientamento anti borbonico e liberale.
Cresce immerso nella cultura patriottica e romantica. Nella sua vita porta aventi parallelamente
l’impegno politico e l’attività di scrittore. A partire dal 1865 inizia a frequentare la città di Firenze dove
riesce a esprimere il meglio il suo senso di inadeguatezza dovuto alla vita provinciale. Incontra Luigi
Capuana con cui stringe una forte amicizia. Pubblica “Storia di una capinera” nel 1871, affermandosi
con questo romanzo nella scena letteraria italiana. Nell’anno successivo si trasferisce a Milano dove
sollecitato dalla vita borghese dei salotti letterari, pubblica Eva nel 1873. Nello stesso periodo
pubblica la novella Nedda, che lo apre a una nuova scena letteraria. Nella seconda metà degli anni
settanta, influenzato dai romanzieri del Naturalismo francese, Verga elabora una nuova poetica;
pubblica il racconto verista Rosso Malpelo e inizia a riflettere su un ciclo di romanzi ispirati alla teoria
darwiniana della lotta per la vita.
La nuova poetica trova espressione con le raccolte di novelle Vita nei campi e Novelle rusticane, ma
viene accolta con distacco dalla critica, ne è un esempio lo scarso successo del romanzo I
Malavoglia, che costringe lo scrittore a dedicarsi ancora a opere di stampo borghese. Ebbe però
molto successo il romanzo Mastro Don Gesualdo uscito nel 1889. Nel 1893 Verga decide di rientrare
in Sicilia dove riprende a lavorare al terzo romanzo del ciclo la Duchessa di Leyra, senza però riuscire
a pubblicarlo e si dedica soprattutto all’attività teatrale, con La Lupa.
Verga muore a Catania nel 1922.

Possiamo individuare varie stagioni letterarie


• scritti a Catania, risente della formazione culturale dell’autore, fondata su ideali patriottici e sul
modello dei romanzi storici. Si ascrive a questa fase il romanzo epistolare Storia di una capinera,
che narra le vicende di Maria, orfana di madre, costretta alla vita monastica(elemento del
sentimento) e impazzita per amore (echeggiano i modelli della monaca di Monza di Manzoni) dal
positivismo prende tutte le tecniche narrative.
• Periodo milanese(scapigliatura): nei primi romanzi gli ideali amorosi dei protagonisti si scontrano
con la realtà misera e ne subiscono una sconfitta. Essi tradiscono una concezione fallimentare del
progresso (prefigura la successiva svolta verista), qui Verga sviluppa il pensiero che l’arte ha il solo
compito di scavare nei comportamenti mondani per raccontare con veridicità e senza filtri i
sentimenti e le virtù che si celano dietro le persone. In questo senso il romanzo Eva rappresenta
una svolta, in quanto costituisce un’immagine sconfortante della società moderna e del progresso
e dell’artista, il quale per trovare una collocazione deve rinunciare ai propri ideali e accettare dei
compromessi. Questa prospettiva rimane ancora limita alla realtà cittadina, mentre la società rurale
preindustriale è proposta ancora come un’alternativa alla modernità. La novità sta nella presenza di
più punti di vista che permettono all’autore di evitare la narrazione soggettiva.
• Milano: adesione al Naturalismo, adesione di tipo formale e stilistico, “questione meridionale” e
divorzio dal romanticismo: ambientazione siciliana e descrizione dei tipi uomini (Vita dei Campi e
Novelle rusticane), infedeltà perché non ha fiducia nel progresso
Inizio del periodo verista
Realtà arretrata e rustica della Sicilia
Testo come “documento umano”
Metodo positivistico e deterministico
Predilezione all’osservazione
Vita dei campi
Otto novelle pubblicate tra il 1878 e
il 1880, vicende sullo sfondo di una
Sicilia arretrata e sofferente,
oggetto dei racconti sono i destini
dei singoli personaggi, marchiati
dal sottosviluppo economico
dell’isola e vittime di leggi tribali
che impediscono qualunque
riscatto individuale o di
emancipazione sociale. Rispetto a
ciò Verga non esprime alcun
giudizio ne propone soluzioni. Nella
novella Fantasticheria Verga
teorizza l’ideale dell’ostrica, ovvero
quel principio che determina
l’attaccamento tenace dei più
sfortunati allo “scoglio sul quale la
fortuna li ha lasciati cadere” per
non essere divorati dal mondo.
Nella novella Rosso Malpelo la letteratura si pone come documento che racconta in modo oggettivo
le condizioni disumane di lavoro di fanciulli e cerca di trasmettere al lettore anche gli aspetti emotivi e
psicologici che li accompagnano. In questa novella abbiamo il passaggio al verismo.
Aggiungere Nedda
Rosso malpelo
L’impianto del testi è prevalentemente descrittivo e ha come obiettivo principale quello di presentare
il protagonista e il contesto storico e sociale in cui si trova. Possiamo dividere il testo in diversi
episodi: la morte del padre mastro Misciu, il ritrovamento del cadavere del padre, la morte dell’asino
“grigio”, la morte di ranocchio e la morte di malpelo.
Questi episodi sono narrati mediante il passato remoto e dell’imperfetto. Ma il focus della narrazione
non è sui singoli episodi, ma su una ricostruzione di una condizione esistenziale che si ripete nel
tempo.
In Rosso Malpelo l’autore regredisce fino a scomparire dietro le voci della comunità dei minatori. La
voce narrante è ostile al protagonista, come si evince dagli epiteti, dalle similitudini e dal
rovesciamento dei nessi di causa-effetto (Luperini analizza questa causale che viene dal mondo
narrato e che segna il passaggio dal romanticismo al naturalismo). Caratteristica inoltre del passaggio
al naturalismo è l’utilizzo del discorso indiretto libero, riporta un pensiero soggettivo senza però che il
soggetto sia indicato; in questo caso il discorso indiretto libero viene utilizzato per introdurre in modo
assertivo un binomio causa-effetto alogico.
Il punto di vista del narratore rispecchia la mentalità dei minatori, creando un effetto di straniamento
nel lettore che pensa il contrario di quanto affermato, questo utilizzo della narrazione assume la
funzione antifrastica, perchè induce il lettore a pensare il contrario di quanto letto.
L’assenza di un autore che racconta formulando una verità, il procedimento antifrastico e lo
straniamento narrativo favoriscono una maggiore partecipazione del lettore agli eventi narrati.
Malpelo, a differenza del padre capisce che la realtà è dominata da una legge violenta di
supremazione dei più forti su i più deboli e che quest’ultimi sono costretti a subire. Egli stesso,
perchè orgoglioso, contribuisce ad alimentare la legge del darwinismo sociale prendendosela con i
più deboli. Malpelo inoltre non esita ad accelerare la morte del “grigio”, arriva sino ad impartire un’
“educazione violenta” (Pellini) per togliersi ogni illusione sui rapporti umani.
L’accanimento di Malpelo nei confronti dei più deboli ha una duplice matrice: oltre a essere dettata
da un impulso di ribellione e orgoglio, allo stesso tempo è legata ad un cupo pessimismo, che
intravede nella morte l’unica possibilità di uscita. Questo pessimismo porta il protagonista ad
adattarsi alle logiche sociali ingiuste, fino ad accentuarle anche a proprio svantaggio “sapendo che
era malpelo egli si acconciava a essere il peggio che fosse possibile”

I Malavoglia
• all’inizio il ciclo dei vinti doveva chiamarsi Marea
• Che raffiguri la “lotta per la vita che si estende dal cenciaiuolo al ministro e all’artista e assume
tutte le forme, dall’ambizione, all’avidità del guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del
grottesco umano”
• Nel 1881 viene pubblicato il romanzo
• Possiamo definire il romanzo, un “romanzo sperimentale”; ciò lo si evince dalla forma del romanzo:
la struttura è frammentaria e rappresenta una novità rispetto a tutta la produzione letteraria
precedente.
• Ogni riferimento a un’idea di totalità è assente, nel romanzo domina una narrazione “episodica e
molecolare” (Luperini) costruita attraverso blocchi narrativa
• Composto da 15 capitoli
Trama
La famiglia Toscano ( Malavoglia) è composta da padron ‘Ntoni, dal figlio Bastianazzo, dalla nuora
Maruzza (detta la Lunga) e dai nipoti: ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Contrariamente al soprannome
i Malvoglia sono conosciuti per essere dei grandi lavoratori, proprietari della “casa del nespolo” e
della barca “la Provvidenza”. Per preparare la dote a Mena e sopperire all’assenza di Ntoni che deve
partire per il servizio militare, padron Ntoni decide di acquistare un carico di lupini (grano)
indebitandosi con Zio Crocifisso. I lupini si perdono in mare in una tempesta che colpisce la
Provvidenza. Nello stesso naufragio trova la morte Bastianazzo.
Il debito contratto e la morte di Bastianazzo segnano l’inizio della rovina della famiglia. Ntoni torna dal
servizio militare, deve andare a lavorare con il nonno per guadagnare i soldi per ripagare il debito e la
barca. Contemporaneamente Luca, chiamato alle armi muore e la Provvidenza appena restaurata
viene distrutta da una tempesta. La parabola discendente della famiglia è accelerata da un lato
dall’onestà di padron Ntoni che sceglie di pagare il debito pur avendo la possibilità di non farlo,
dall’altro dalla disonestà di Silvestro ( il segretario comunale) che per sbarazzarsi di Ntoni, decide di
far cadere in miseria la famiglia che sarà costretta a lasciare la casa del nespolo-
Negli ultimi cinque capitoli del romanzo domina la figura del giovane Ntoni che dopo aver visitato la
grande città e essere rimasto affascinato dal progresso, dopo la morte di Maruzza per il colera, parte
per Trieste. Ritorna più povero di prima e non riesce più a riconoscersi nel sistema di valori in cui è
cresciuto. Successivamente accoltella il brigadiere Michele e viene processato. Il processo diventa
occasione di vergogna per la sorella Lia, in quanto l’avvocato per difendere Ntoni rivela la relazione
tra Michele e Lia, la quale per la vergogna fugge a Catania. Successivamente a Catania muore solo e
abbandonato Padron Ntoni.
In questa storia, alla fine solo Alessi, riesce a ricostruire dalle macerie: riacquista con grandi sacrifici
la casa del nespolo e va ad abitarvi con la moglie Nunziata e Mena. Ntoni ritornerà dopo il carcere ma
abbandonerà il paese definitivamente sentendosi un estraneo.

• i due motivi dello sviluppo narrativo ( il debito, e il traviamento di Ntoni) sono temi che fanno
affiorare problematiche sociali e di carattere storico
• Per soddisfare le esigenze documentaristiche Verga inserisce nel testo dati e informazioni minute
di carattere sociologico, etnologico e antropologico. Romanzo ricco di proverbi,tradizioni popolari,
usi religiosi. Informazioni tratte dai suoi studi di sociologia e intrecciate a notizie riguardo le
strutture economico-sociali (questione delle tasse, corruzione delle amministrazioni locali, l’usura
ecc.)
• Nei Malavoglia Verga compie un lavoro di “ricostruzione intellettuale” da lontano (infatti si trova a
Milano quando scrive questo romanzo) ma non si lascia influenzare dal sentimento nostalgico di
una realtà perduta, ma mantiene il romanzo un documento sociali, in linea con i dettami del
Verismo.
Il sistema dei personaggi
• i personaggi sono calati nel romanzo “senza nessuna presentazione” per dare “l’illusione completa
della realtà”. Questo genera disorientamento nel lettore, ma se guardiamo la storia da “lontano” ci
accorgiamo che i personaggi sono basati su uno schema preciso di poli opposti.
L’onestà della famiglia Toscano, in particolare di padron Ntoni, in opposizione dell’ideologia
utilitaristica incentrata sull’interesse rappresentata dalla maggior parte dei compaesani e in
particolari dall’usuraio zio Crocifisso
Anche all’interno della famiglia Toscano si verifica una frattura, i nipoti Ntoni e sua sorella Lia
rifiutano e si allontanano progressivamente dai valori di padron Ntoni
I personaggi possono essere contrapposti tra semplici (la cui identità si risolve nel quadro
delle logiche comunitarie) e complessi (proiettati verso una società moderna fatta di singoli
individui)
Gli aspetti narratologici e le scelte linguistiche
• come già teorizzato da Flaubert, nel romanzo Verga applica la totale regressione dell’autore (la
voce di un intellettuale colto avrebbe deformato e tradito l’essenza del mondo rappresentante)
• La voce narrante proviene dalla scena popolare e per questo si è parlato di “plurivocità narrativa”
• A rendere efficace questo effetto di plurivocità è anche il “primato dello sfondo” (Luperini): la
narrazione dei fatti essenziali viene spesso sommersa e opacizzata dal chiacchiericcio (cosiddetto
“riempitivo”); la drammaticità delle vicende risulta dissimulata dietro eventi secondari (es affari di
don silvestro e lo zio crocifisso)
• Questo “primato dello sfondo” ha come obiettivo porre in primo piano il mondo popolare: dietro il
quotidiano si intravedono le grandi questioni economiche e sociali
• Come afferma Verga nell’intervista rilasciata a Ugo Ojetti, la psicologia dei personaggi è nascosta
dietro i fatti da essi compiuti, l’autore fotografa il personaggio, il lettore osserva e ricava da ciò che
appare in superficie elementi sociali e condizione dei personaggi.
• Il linguaggio del narratore anonimo deve corrispondere a quello utilizzato nei dialoghi, Verga non
attinge al vero dialetto ma da origine a una lingua originale, artificiale e concreta allo stesso tempo.
Parte dalla lingua italiana e la arricchisce con elementi tratti dalla cultura siciliana, costituisce
un’operazione linguistica innovativa
• Stretta relazione tra lingua e soggetto (nella prefazione ai Malavoglia parla di un linguaggio che
“tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti”) e sceglie una
lingua in grado di esprimere “la fisionomia” dell’intelletto e del contesto sociale dei personaggi. In
questo senso si parla di “forma inerente al soggetto”.
A differenza di Zolà, che guarda alle conquiste del mondo moderno e al cammino trionfale
dell’umanità nel loro valore complessivo, Verga vuole rappresentare la società del progresso secondo
l’ottica dei vinti.
Questo desiderio nasce dopo l’esperienza della realtà metropolitana di Milano dove il mondo dei
pescatori riaffiora nell’immaginario di Verga, il quale intende mostrare gli effetti che la lotta per il
benessere e per il progresso ha sulle fasce più deboli.
• i personaggi sono mossi dal desiderio di conquista che è dettato dall’eco del progresso che
dall’unità d’Italia giunge al borgo di Aci Trezza.
• Per la famiglia il gesto di cambiamento verso la modernità comincia con la decisione di investire
nel carico di lupini, che la grande marea del progresso e delle illusioni che porta, affonderanno
insieme alla Provvidenza.
• Le cause della caduta della famiglia vanno ricondotte si alle cause naturali, ma alla base
all’avvenimento del progresso. Da ciò evince l’ideale di pessimismo antiprogressista di Verga, che
ritiene che le classi subordinate non potranno mai cambiare la loro condizione.
Prefazione ai Malavoglia
• Funge non solo da prefazione al romanzo, ma introduce l’intero progetto del ciclo dei Vinti
• Viene descritto il tema centrale “come devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni, le
prime (perchè il romanzo è il primo del ciclo) irrequietudini per benessere” e introduce una
notazione di carattere metodologico “studio sincero e spassionato” ovvero senza le passioni
tipiche del romanticismo
• Metafora della “fiumana del progresso” esso è visto come un fiume che travolge
• Si propone di rappresentare “il movente dell’attività umana” ovvero che cosa spinge l’uomo ad
agire nella società del progresso in ogni gradino delle classi sociali
• Breve presentazione di tutti i romanzi del ciclo con una logica ascensionale. Verga si propone di
ricostruire il “meccanismo delle passioni”, i rapporti di causa-effetto che guidano il cammino verso
la “ricerca del meglio”: dai bisogni materiali (Malavoglia) fino alle ambizioni ( Mastro Don Gesualdo)
alla vanità ( Duchessa de Leyra/ Onorevole Scipioni / L’uomo di lusso)
• Nelle ultime righe esprime la sua poetica la quale prevede l’osservazione, la mancanza di giudizio e
di passioni e di adeguare la forma al contenuto ( “i colori adatti”). Infine afferma che tutto questo
deve avere come obiettivo la rappresentazione della realtà o una sua ricostruzione attendibile.
• Verga apre il romanzo verista a tutte le classi sociali, contemplando la possibilità di modificare lo
stile in funzione della materia narrata
• Verga decide di porre la sua attenzione non sulla conquista del progresso quanto al cammino
necessario per raggiungere tale risultato “quando si conosce dove vada questa immensa corrente
dell’attività umana, non si domanda al certo come ci va”
• La conquista del progresso appare da lontano “grandioso nel suo risultato” ma se osservato da
vicino mostra il grumo di avidità, egoismo e interessi particolari che stanno a monte.
• Il suo studio senza passione non va interpretato come disimpegno, ma come frutto della perdita di
fiducia nella possibilità di dare soluzioni alternative. Come disse il critico Guido Baldi “se non si
danno alternative all’esistente, ogni intervento giudicante è inutile e privo di senso, e non resta che
lasciar parlare da se la realtà”
La famiglia Malavoglia
• Funzione di presentare i personaggi e il loro contesto. Struttura eventi, divisa in tre parti
Presentazione della famiglia “buona e brava gente di mare” con particolare attenzione al
personaggio di padron Ntoni
Tratteggiato il quadro sociale con riferimenti storici (tricolore, unità, leva militare)
Introdotto l’evento che inizia la decadenza della famiglia, ovvero la partenza di Ntoni per la
leva militare
• Spazio definito,ma tempo indefinito che rende possibile al narratore di collocare la vicenda in una
prospettiva “favolistica”
• Il primo personaggio presentato è Padron Ntoni, che non ha una descrizione, ma viene presentato
attraverso il suo stesso linguaggio, fatto di proverbi e sentenze.
• Per descrivere il sistema di valori “per menare il remo bisogna che le cinque dita si aiutino l’un
l’altro” (importanza dell’unità della famiglia) e “ gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito
grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo” (struttura famigli
patriarcale). Queste due sentenze sono utilizzate da padron Ntoni per spiegare il “miracolo” del
benessere raggiunto. Ma l’efficacia di queste sentenze sarà smentita dal romanzo stesso.
• La lingua e lo stile mirano a riprodurre il colore locale
• Abbiamo la contrapposizione tra gli antichi valori di Padron Ntoni e quelli dei personaggi che hanno
assorbito le trasformazioni del progresso (Silvestro e zio Crocifisso)
• Le sentenze del vecchio si riveleranno una “saggezza inutile” (Pellini) perchè non si adattano alla
nuova società a cui invece si adattano gli altri abitanti di Trezza
La tempesta
• i fatti volgono al peggio progressivamente
• Narratore omodiegetico, ovvero testimone della vicenda
• Narratore verista: conformemente al credo paesano, attribuisce ai santi la salvezza dei personaggi
• Similitudini animalesche, la tempesta “muggisce, contribuiscono a caricare la vicenda
• Appare l’opposizione tra Ntoni e Alessi, il primo dimostra i valori del coraggio e della tempestività
nel prendere decisioni, tanto da ricevere il benestare del nonno, mentre il secondo risulta ancora
fragile e fanciullesco
L’addio di Ntoni
• il racconto può essere suddiviso in tre parti
Sono raccontati i cambiamenti vissuti dalla famiglia Malavoglia nel periodo precedente al
ritorno di Ntoni
Viene descritto il ritorno di Ntoni, dopo cinque anni di reclusione
Viene descritto il vero e proprio addio di Ntoni al paese. La narrazione è strutturata sul
confronto tra il mondo premoderno di Trezza e il doloroso sentimento di esclusione di Ntoni
• Nel brano ricorre la parola cuore che rimarca il contrasto tra la condizione dei fratelli e la situazione
di Ntoni. Il “cuore in pace” di Mena, il “cuore stretto” di Ntoni. Il “cuore” sembra essere il motore
delle azioni dei membri della famiglia Malavoglia.
• Il coro malevolo e pettegolo dei compaesani lascia spazio a un “narrare pietoso e malinconico”
(Luperini)
• Idea della ripetizione che scandisce la vità della comunità di Trezza è comunicata attraverso l’uso
continuo della rima “sedette, stette, pensando, guardando” (Luperini)
• Alla fine abbiamo il rovesciamento dei ruoli all’interno della famiglia, Ntoni non si è dimostrato
all’altezza dell’investitura ricevuta dal nonno durante la tempesta.
• Contrapposizione tra Padron Ntoni che è un personaggio “epico e monologico” (Luperini) cioè
conosce un’unica verità e resta uguale a se stesso; Ntoni è un personaggio “romanzesco e
problematico”, l’eroe alla ricerca di una nuova identità e un senso.
Mastro-don Gesualdo 1888-1889
• escono due versioni totalmente diverse, “non rivenduto, ma interamente rifatto”
Trama
La vicenda si svolge tra il 1820 e il 1848, in Sicilia, ancora sotto il dominio borbonico, due mondi in
conflitto: l’aristocrazia tardo feudale in declino e la borghesia terriera più ricca e influente. Il romanzo
racconta l’ascesa economica e sociale, di Gesualdo, il quale riesce ad accumulare enormi ricchezze
(la “roba”). Per riscattarsi, Gesualdo non esita a lasciare la sua domestica, Diodato con la quale
aveva avuto due figli, per sposare l’aristocratica Bianca Trao, che doveva mascherare la sua
relazione col cugino. Dal matrimonio con Bianca nasce Isabella, che sarà educata ma poi fuggirà con
il cugino. Sarà costretta anche lei, come la madre a sposarsi con un aristocratico, il duca di Leyra.
Dopo la morta della moglie, Gesualdo si trasferisce a Palermo nella casa del genero, ma sia lui sia la
figlia proverranno disgusto nell’averlo in casa. Entrambi lo abbandoneranno alle cure della servitù.
Gesualdo assiste al tramonto delle sue illusioni e si rende conto che la “roba” accumulata nel corso
di tutta la sua vita si è polverizzata nel nulla. Muore da solo, schifato anche dai suoi servitori.
Il narratore, i personaggi e il carattere dell’opera
• l’ambiente di sfondo non è come le era nei Malavoglia, ovvero omogeneo, la cittadina in cui vive il
protagonista è abitata da ogni estrazione sociale. La narrazione del “coro” di Trezza lascia il posto
alle differenti voci dei personaggi. L’italiano parlato si alterna all’italiano colto e mondano, in una
narrazione polifonica che si fonda sulla molteplicità dei linguaggi. In questo modo l’autore crea
letture discordanti e molteplice delle vicende, realizzando pienamente il principio dell’impersonalità
• Su questo sfondo sociale si sviluppa la parabola discendente del protagonista. La peculiarità del
protagonista è di avere un’identità sociale ambigua e in un certo senso sdoppiata. Il nome è
formato dalla giustapposizione di due appellativi contrapposti: “mastro” è il manovale di origine
popolana e “don” è un epiteto che si usa davanti ai nomi dei nobili. I due termini perciò esprimono
perciò due identità distanti e inconciliabili, che invece il protagonista tenta di riunire in sè attraverso
la sua storia. Tale tentativo risulta fallimentare: il percorso di ascesa sociale costringe Gesualdo a
tagliare i ponti con suoi affetti della vita popolana e nonostante ciò egli non apparterrà mai al
mondo aristocratico della moglie e della figlia, che addirittura si vergognano di lui.
• La scissione sociale di Gesualdo emerge nei rapporti fallimentari, con il padre che procura solo
dissesti finanziari alla famiglia, con la moglie Bianca che sul piano ideologico e culturale ha una
visione totalmente differente, e con la figlia che vede il padre come un “fiore di un’altra pianta”
• La parte finale mostrano la morte di Gesualdo, vinto dall’illusione del progresso, la conversione di
Gesualdo in oggetto concreto e materiale, la stessa “roba” che per tutta la vita ha cercato.
• Come ha scritto il critico Luperini, mentre I Malavoglia è un romanzo “duramente realistico ma
anche liricamente allusivo”, il Mastro-don Gesualdo è dominato da un’ironia distruttiva. Luperini
definisce il Mastro un “romanzo senza mito” poichè viene spazzato via l’ultimo baluardo dell’età
moderna: il mito del successo individuale ed economico.
Lettura critica “il parlato dai Malavoglia al Mastro-don Gesualdo”
• l’aspetto che colpisce della sperimentazione linguistica da parte di verga, è il fatto che essa non
rimane mai statica, ma si evolve “in relazione alla più diretta e realistica presa di coscienza delle
trasformazioni strutturali e del travaglio sociale che investono il mondo isolano” ( Spinazzola). Alla
luce di ciò Gian Paolo Biasin introduce un confronto tra l’uso del parlato nei Malavoglia e in
Mastro-don Gesualdo, sottolineandone l’evoluzione.
• Se la lingua dei pescatori dei Malavoglia era punteggiata da proverbi e motti degli antichi, i
personaggi che ruotano attorno a Gesualdo hanno una lingua costituita soprattutto da luoghi
comuni, ma anche da espressioni latine.
• Il risultato è quello che Bachtin chiamava il romanzo “polifonico” o la “eteroglossia”.
• Esempio nell’incendio di casa Trao, dove la relazione amorosa tra Bianca Trao e il cugino viene
descritta in tre dettati diversi.
La morte di Gesualdo
• il brano può essere diviso in due parti in base al punto di vista del narratore; la prima parte vede il
protagonista Gesualdo che tenta di dialogare con la figlia, ma alla fine si consegna alla morte da
solo, e la seconda parte caratterizzata dai pensieri dei domestici e in particolare di don Leopoldo,
che controvoglia lo accudisce
• Il monologo interiore di Gesualdo subisce un’evoluzione emotiva. Nella prima parte Gesualdo
rimpiange gli affetti della propria vita, ma non fa ancora ammenda. Poi l’atteggiamento si tramuta
in rancore, verso chi è responsabile delle sue disgrazie. Infine, parlando con sua figlia, irrompono
una serie di dichiarazioni affettive, calcate dalla figura retorica della reticenza.
• Nel momento in cui Gesualdo perde conoscente da soggetto diventa oggetto, ai monologhi
interiori si sostituiscono espressioni grottesche e offensive che danno la misura dell’estraneità della
voce narrante rispetto alla sofferenza del protagonista.
• La disperazione ostentata di Isabella è del tutto inautentica, l’artificiosità del suo atteggiamento si
scontra con la compostezza di Gesualdo e i suoi pochi gesti che racchiudono tutta la sua
disperazione. A impedire qualunque comunicazione autentica è la loro diversa collocazione sociale.
L’ultimo Verga
• nelle ultime novelle, affronta il tema dell’amore e quello della vita a teatro
• Dopo il trasferimento a Catania si dedica alla scrittura teatrale. Adatta alla scena alcune tra le sue
novelle più celebri. L’autore però considererà il teatro una “forma inferiore e primitiva” dell’arte, per
la presenza degli attori che deformano la natura dell’opera, e per la presenza del pubblico che è
radunato a folla ed è pertanto mutevole
• Negli ultimi anni della sua vita Verga si affievolisce sotto il peso del pessimismo e non conclude il
ciclo dei vinti, lasciando incompleto Duchessa di Leyra
Italia post-unitaria, il problema dell’educazione: De Amicis e Collodi
Nell’Italia postunitaria si impone con urgenza il problema dell’educazione per far fronte alla piaga
diffusa dell’analfabetismo, a fianco della formazione scolastica emerge l’esigenza di trasmettere dei
fondamenti culturali. Gli intellettuali si specializzano nella produzione di libri per l’infanzia e di testi
scolastici. Edmondo de Amici e Collodi rispondono a questa esigenza in modi opposti.

Simbolismo e Decadentismo
Il 1857 è segnato dalla pubblicazione di Madame Bovary di Gustave Flaubert aveva inaugurato una
nuova forma di romanzo realista, esce I fiori del male di Charles Baudelaire, prefigurazione del
Simbolismo. A loro volta Realismo e Simbolismo avranno un influsso significativo sulla successiva
letteratura novecentesca: il realismo a partire dagli anni Settanta si evolverà nel naturalismo, mentre il
simbolismo, negli anni ottanta confluirà nel più ampio movimento del Decadentismo.
Il Decadentismo, sarà un movimento organizzato solo in Francia - attorno alla rivista “Le Decadent”-.
Tra gli autori che possiamo ricondurre a questa corrente troviamo Oscar Wilde, Huysmans,
D’Annunzio e Pascoli. Prima ancora che si parlasse di Decadentismo, i poeti simbolisti erano già
conosciuti come “decadenti” in senso dispregiativo per sottolineare la loro distanza dalla società e
dalla cultura ufficiali. La maggior parte di loro, conduce un’esistenza anticonformista, è la vita da
bohemien, ovvero da sradicati e emarginati dalla società borghese. A questo stile di vita un’altra
parte di artisti, preferisce lo stile di vita del dandy, l’uomo raffinato che disprezza la massa e tutte le
sue manifestazioni e tratta la vita come un’opera d’arte.
Abbiamo due concezioni di poeti:
• Poeti veggenti: l’autore in quanto conosce e decifra la verità nascosta delle cose è come un
veggente secondo la definizione data da Arthur Rimbaud nella “Lettera del Veggente”, l’autore
utilizza la lingua dell’irrazionalità e riesce a esprimere le corrispondenze fra la dimensione reale e le
altri dimensioni ignote
• Poeti maledetti: la loro vita è irregolare, la loro poesia si colloca fuori dal dominio della razionalità
per cercare la verità nascosta, essi rinunciano alla comunicazione logica, per privilegiare l’aspetto
fonosimbolico e i procedimenti analogici.
I fiori del male- ossimoro, bagliori di bellezza estratti dal mondo contemporaneo, l’albatro
rappresenta gli artisti,nei cieli è grande, mentre nella società borghese non riesce muoversi.
Il romanzo decadente
La poetica decadente porta alla produzione di romanzi opposti a quelli naturalistici, perchè
disinteressati a condurre un’analisi oggettiva della realtà. Gli scrittori decadentisti si soffermano
invece sull’interiorità dei personaggi, le pulsioni contraddittorie della psiche e l’irrazionalità che si
nasconde dietro alla razionalità apparente.
Si tratta sia di una poetica, ma anche di uno stile di vita, quello dell’Estetismo (dal greco percezione),
la tendenza cioè a considerare la vita stessa come un’opera d’arte. L’eroe dell’Estetismo era il dandy,
un uomo colto, raffinato, eccentrico che disprezza la quotidianità.
Componenti e aspetti del decadentismo, di Guglielmino
Deteriorarsi del positivismo
Il sorgere della sensibilità decadente è da mettere in relazione col progressivo declino della corrente
del positivismo, che a partire dagli 80 viene sempre seguita di meno:
• Sia perchè le premesse scientifiche di tale narrativa approdano ad una concezione deterministica
che diventa una sfiducia nell’opera dell’uomo (Verga)
• Sia perchè si diffuse l’impressione che i naturalisti “vedevano l’esistenza tutta d’un pezzo,
l’accettavano condizionata solo ad elementi verosimili, quando invece nel mondo l’inversimile non
è sempre un’eccezione” come dichiarava Huysmans
• Collegata ad un processo involutivo della classe dominante borghese che si arroccava su posizioni
difensive e progressivamente abbandonava la mentalità positivistici
Ciò che accomuna i decadenti:percepisce il mondo circostante come in decadenza, contro
progresso, vite irregolari.
Gabriele D’Annunzio (1863-1938)
Nasce a Pescara nel 1863, si trasferisce a Roma nel 1881 diventando un perfetto esempio di dandy.
Nel 1883 si sposa, ma per tutta la vita matrimoniale avrà numerose relazioni extraconiugali. Con la
pubblicazione del romanzo Il piacere si afferma con successo. Si trasferisce a Napoli. Il rientro a
Pescara inaugura la fase letteraria del superomismo e l’inizio dell’impegno politico. Compie un
viaggio in Grecia che ispira un nuovo ciclo di componimenti (le Laudi ). Si afferma come oratore
pubblico. Nel 1910 si trasferisce a Parigi, e ritorna in Italia nel 1915 cominciando un’intensa
campagna interventista. Si arruola come volontario e nel 1916 resta ferito all’occhio destro. Il 12
settembre 1919 tenta di conquistare Fiume, ma viene fermato da Giolitti. Negli ultimi anni si ritira nella
sua villa, il Vittoriale degli italiani, dove muore nel 1938.
I mille volti di D’Annunzio
• egli concepisce la propria vita come un’opera d’arte, all’insegna del “vivere inimitabile”.
• Possiamo dire che non si può distinguere la produzione letteraria dalla vita dell’autore, il quale è
ossessionato dal desiderio di riversare la propria esperienza nella scrittura.
• Complementare a questa ricerca della bellezza è la costruzione della propria immagine in chiave
eroica. La costruzione del proprio personaggio rappresenta una promozione della propria opera,
ma allo stesso tempo rappresenta la necessità di riaffermare la centralità dell’artista della moderna
società
• Per questa propaganda, con anche l’utilizzo dei mass media, D’Annunzio fu il primo scrittore
pienamente consapevole delle nuove risorse comunicative offerte dal mercato culturale
• Le letture di D’Annunzio sono vaste e aggiornate, così lo rendono in grado di cogliere sul nascere
le nuove tendenze, anche sul piano musicale e artistico.
• Costanti tematiche: accesa sensualità (celebra il godimento dei sensi e la fusione dell’uomo con gli
elementi naturali), una sensibilità di tipo decadente (percezione della crisi d’identità del soggetto e
dell’intellettuale) e i temi della morte, della malattia e del disfacimento. N
Fase giovanile
• influenzato da Carducci, nella prima raccolta Primo vere, che contiene anche traduzioni da poeti
latini e greci e anche il titolo è in latino
• Influenzato anche da Verga, scrive le Novelle della Pescara, che guarda a Vita dei campi, da cui
riprende l’uso del discorso indiretto libero, la scelta di personaggi ai margini della società. Manca
ogni intento di analisi sociale e quello che più domina sono le atmosfere di un universo dominato
dalle pulsioni e dalla sensualità
Stagione dell’Estetismo
• D’Annunzio entra in contatto con il Decadentismo, e difronte alla crisi dell’individuo egli reagisce
seguendo diverse direzioni
• Nell’estetismo egli oppone all’inciviltà della moderna società il culto della bellezza
• Il compito dell’artista è quello di riscoprire e conservare le “molte belle cose e rare”
• Ben presto D’Annunzio si rende conto che la figura dell’esteta e questa concezione dell’arte non
possono costituire una risposta efficace. L’artista non ha alcuna possibilità di opporsi alla
degradazione. Di questa crisi è testimone il romanzo Il piacere dove il protagonista Andrea Sperelli
- alter ego dell’autore - è un intellettuale che cerca rifugio nel godimento di una raffinata
dimensione estetica, ma è volubile, passivo costretto a patire le conseguenze della propria debole
volontà e ad assistere al fallimento dei suoi amori.
La fase della bontà
• durante il soggiorno napoletano, grande fase di sperimentalismo guardando ai romanzi russi, di
Dostoevskij , il poeta assume come principio ispiratore il dolore degli umili e degli inermi,
pubblicando L’innocente
Superomismo
• La fase della bontà è solo transitoria, a partire dal 1893 D’Annunzio elabora una nuova idea di
intellettuale, dotato di forte volontà
• È il modello del superuomo, che guarda alla bellezza come ideale assoluto, ma che sceglie di
immergersi nella realtà. Forza e bellezza convivono in lui, è raffinato e allo stesso tempo
prepotente, perchè alla letteratura deve unire l’azione pratica ed eroica
• Il superuomo dannunziano ha anche un compito politico, deve condurre l’Italia al suo destino
imperialista
• Concreta traduzione esistenziale, nell’adesione di D’Annunzio alla prima guerra mondiale, nella
beffa di Beccari, il volo su Vienna e la spedizione di Fiume
• Nell’elaborazione del modello superomistico ha una parte importante la lettura delle opere di
Nietzsche che esaltava la “volontà di potenza”, quella dannunziana è un’interpretazione assai
personale, egli si dirige verso una direzione antiborghese e antidemocratica
• Il superuomo si rivela nel romanzo Le vergini delle rocce e Forse che si forse che no
Fase del notturno
• inizia con il progetto delle Laudi
• D’Annunzio reinterpreta la poetica del superomismo innestandola sul motivo della fusione panica
con la natura
• Finisce con l’ultima opera di D’Annunzio Il notturno
Il primato dello stile
In un’intervista a Ugo Ojetti D’Annunzio dichiara “la vita dell’opera d’arte dipende essenzialmente
dallo stile, come la vita dell’animale dall’organo della circolazione”. Parliamo infatti per la produzione
dannunziana di primato dello stile, che si affida all’onnipotenza del linguaggio poetico. Trova la sua
concretizzazione nella cura maniacale della forma tanto per la prosa quanto per la poesia. In questo
modo l’autore difende l’autonomia della scrittura letteraria.
La prosa dannunziana ha un’impostazione “lirica” e per questo il critico Pier Vincenzo Mengaldo ha
parlato di “ambivalenza prosaico-poetica”. Essa è ricca di vocaboli preziosi, poco comuni a arcaici, è
organizzata in una sintassi paratattica ed è percorsa da un filo melodico, da un ritmo musicale.
Queste caratteristiche si fanno più marcate nella fase del notturno, il che ci consente di parlare di un
progressivo abbandono delle strutture narrative tradizionali.
D’Annunzio nutrì un “amor sensuale della parola”, predilige un lessico raro, erudito, colto e raffinato.
D’Annunzio tende a rinnovare il significato di molte parole tornando alle loro radici etimologiche e al
loro significato originario. Utilizzò anche di termini stranieri con un intento esotico, e non per
scioccare il lettore come avverrà per le Avanguardie. D’Annunzio rivolge un’estrema attenzione alla
sostanza fonica delle parole, al loro suono.
Si parla di monostilismo in quanto prosa e poesia sono accumunate da alcuni tratti stilistici, con
tendenza all’enfasi e all’amplificazione; l’opera dannunziana è perciò raffinata e “aristocratica”.
Esasperato utilizzo di figure retoriche, soprattutto la ripetizione.

Il piacere
Trama
• Il protagonista è Andrea Sperelli, che incarna il tipo perfetto di esteta, dandy raffinato. Tuttavia,
Sperelli è un uomo debole, privo di una sicura personalità, incapace di prendere decisioni. È un
personaggio “malato” che porta con se i segni della decadenza. È attratto contemporaneamente
da due donne, che rappresentano i due aspetti opposti ma inscindibili del femminile e dell’amore:
Elena Muti, incarnazione della donna fatale, sensuale e voluttuosa (femme fatale) e Maria Ferres, la
donna innocente e casta “pura madonna senese”. Questa opposizione è solo apparente: come per
Elena, anche per Maria il protagonista prova solo un sentimento di “profonda seduzione”, la
seconda infatti lo abbandona.
La vicenda narra il fallimento esistenziale del protagonista, allo stesso tempo la sua parabola
rispecchia la sua inadeguatezza di fronte alla società moderna. Il romanzo segna una presa di
distanza dall’estetismo e una svolta ideologica importante, D’Annunzio riconosce che l’esteta, nella
realtà dei fatti è destinato a fallire.
L’autore mantiene un atteggiamento ambivalente nei confronti del protagonista: lo giudica e dice di
aver descritto “non senza tristezza, tanta corruzione e tanta depravazione e tante sottilità e falsità e
crudeltà vane”; dall’altra parte ne rimane affascinato, e in lui si riconosce e si identifica: si spiega così
il suo insistere su una sessualità morbosa.
Sul piano stilistico, Il Piacere è essenzialmente una lirica, preziosa, raffinata, domina il gusto per le
parole ricercate, immagini evocative e descrizioni suggestive.

T1: La sacra Maria e la profana Elena


• Andrea Sperelli ripensa a entrambe le donne di cui si era innamorato, in una stanza che rievoca i
ricordi del suo amore per Elena. All’inizio pensa solamente a Maria, ma successivamente compare
alla memoria anche Elena. Le due donna si sovrappongono nella fantasia Andrea e la voluttà che
contrassegnava il suo rapporto con Elena si trasferisce nei pensieri che riguardano Maria. Il brano
si chiude con una lunga descrizione della stanza, l’ambiente circostante rievoca, anche
richiamando il nome della Vergine, la Maria che Andrea sta trascinando nelle fantasie lussuriose
riservate normalmente a Elena. Ciò da luogo a una mescolanza tra sacro e profano che risulta
solamente un gioco di chi non è capace di amare.
• Nel brano è evidente il gusto per la parola ricercata, in particolare nella descrizione della stanza. Lo
scopo è rendere la lingua sublime “lirica”, con il ricorso a forme grafiche poco comuni o antiquate,
ripetizioni e accumulo paratattico di immagini, descrizioni, favorisce una scrittura antinarrativa, una
prosa allusiva e dunque “poetica”.
• Descrizione minuziosa è espressione del raffinato gusto estetico del protagonista. Andrea Sperelli
si riconosce in questo mondo. D’Annunzio si focalizza fin dall’inizio con il rapporto di Andrea con
l’arte, che ha ereditato dal padre “Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte”
• Il rapporto con le due donne esemplifica l’atteggiamento decadente di Andrea, nell’amore per
Maria Ferres, la possibilità di un riscatto, gradatamente, egli si rende conto che quell’amore in
realtà un’altra avventura fine a se stessa. Al sentimento idealizzato per Maria si sovrappone la
passione per Elena, della quale Maria diventa una specie di sostituta.
T2 La fine di un’illusione
• impostazione tradizionale, breve descrizione dello sfondo su cui si svolgerà l’azione, (Roma)
descrizione dell’asta, fuga di Andrea e il suo ritorno a palazzo Zuccari, nuova fuga e nuovo ritorno
al palazzo
• L’elemento che risalta è la ripetizione, conferendo un ritmo melodico
• Scrittura artificiosa
• l’attenzione del lettore si concentra sul protagonista, sulle sue incertezze e sulla sua fuga. I
sentimenti sono in primo piano, ciò che interessa non sono i fatti in se, ma il significato che assume
per il protagonista
• L’asta segna il fallimento del modo di concepire l’esistenza nel culto assoluto della bellezza.
• Il critico Giancarlo Mazzacurati ha parlato di “un’allegria di un funerale a piùferetri: di un amore, di
un’illusione sociale, di un modo di esistere e di concepire la funzione intellettuale”. Il romanzo si
chiude con l’immagine di Andrea Sperelli che segue l’armadio proprio come in un funerale,
lentamente, quasi con solennità
Le vergini delle rocce
• pubblicato nel 1896, concepito come una trilogia ma gli altri due romanzi non furono pubblicati
• Il titolo allude ad un dipinto di Leonardo Da Vinci, e poichè il quadro ritrae la Madonna, il titolo
allude a qualcosa di sacro
• Protagonista è Claudio Cantelmo che racconta in prima persona la propria vicenda: in polemica
con la realtà politica e sociale che lo circonda, egli vuole realizzare in se il tipo perfetto di
superuomo e generare chi sarà capace di guidare l’Italia all’antica gloria e potenza. Fa visita ai
Montaga e resta a lungo indeciso tra Anatolia, Massimilia e Violante. Sceglie Anatolia che però lo
rifiuta per prendersi cura del padre.
• Nel romanzo si assiste alla celebrazione e alla consacrazione del superuomo. Questo nuovo
modello non nega l’estetismo, ma lo ingloba in sè: al culto del bello, si associa ora una volontà
sicura,energiaca e potente.
• Alla volontà di potenza di Cantelmo si oppone la realtà culturale, nel romanzo trova spazio la
polemica contro l’imbarbarimento della società borghese, di cui è tragico esempio della condizione
di Roma. Spetta al superuomo ricondurre Roma e di conseguenza l’intera Italia all’antica potenza.
• Il progetto del protagonista fallisce, D’Annunzio infatti nel momento in cui teorizza il ruolo del
nuovo intellettuale ne registra il limite, ovvero l’impossibilità di agire concretamente sulla realtà
• Simbolo di questo decadimento è il giardino in cui le donne si rifugiano, un hortus conclusus che di
fatto le imprigiona
• Rappresenta una sintesi e una rielaborazione di motivi già presenti nelle opere precedenti, da un
lato nel tema del superuomo e nel motivo del giardino chiuso, del sogno estetico che era
caratteristico del Poema paradisiaco
Il ciclo delle Laudi
Il progetto delle Laudi, nasce nel 1899, in un momento che il poeta chiamò “fiume di poesia”, ma si
arrestò ai primi cinque volumi, Maya,Elettra,Alcyone,Merope e Asterope.
• Maya, celebrazione del progresso, esaltazione del nazionalismo
• Alcyone, fusione panica tra uomo e natura (tregua del superuomo)
T8: La sera fiesolana
• Il componimento si organizza in tre tempi, che corrispondono alle tre strofe lunghe che colgono
momenti della sera, a ogni strofa segue un gruppo di tre versi, in cui il poeta si rivolge direttamente
alla sera.
• Strofa 1 chiarore diffuso dalla luna che sorge, nel silenzio interrotto solo dal gesto del contadino
rimasto a raccogliere le foglie dei gelsi
• Strofa 2 l’umidità della terra bagnata dalla pioggia, commiato della primavera
• Strofa 3 sono i profumi che si diffondono al momento del tramonto, e le colline che si vedono
all’orizzonte mentre la sera ha ormai lasciato il posto alla notte
• Al centro della lirica, vi sono le sensazioni che il poeta prova nella contemplazione estatica della
sera estiva; il componimento si sviluppa come se fosse un motivo musicale. La struttura della
poesia è formata da una serie di immagini che si susseguono, quasi fondendosi una nell’altra, esse
non hanno un valore descrittivo ma “suggestivo” (Contini)
• La musicalità è data dalla sintassi, ogni strofa è organizzata in un unico periodo, fluente, la prima
strofa alterna relative e temporali, costellata di congiunzioni “e” a cui è affidato il compito di legare
sintatticamente le varie parti rendendo il tutto unitario.
• D’Annunzio ricorre all’analogia, le immagini nascono per libera associazione, sfruttata è anche la
personificazione, ripetizioni, anafore, enumerazioni
• Grande attenzione rivolta alla sostanza fonica delle parole, scelte per la carica musicale ed
evocativa più che per il loro preciso significato
• Celebrazione della sera, come momento supremo di pace e armonia; atmosfera incantata, il poeta
è immerso, l’elogio si trasforma in profonda partecipazione
• Inno che ricorda la lauda di San Francesco, come ha scritto Pietro GIbellini “si avverte, quasi ad
ogni sillaba, un’eco del cantico di frate Sole: quasi una laude voltata di segno e fatta pagana.
Diremo meglio: una laude improntata a un sentimento e a un linguaggio sacri piegati a una
religione senza Dio, una lode delle creature senza il creatore”
• Nella natura l’uomo si identifica, si annulla: il poeta rimane una voce; anche il contadino non è un
uomo, ma un gesto e un rumore, natura e uomo diventano un unico flusso vitale, si anticipa la
metamorfosi della Pioggia nel pineto
• Il poeta prova il desiderio di cantare le lodi della sera, di esprimere l’ineffabilità; la natura acquista
una sostanza umana, la sera si trasforma in una donna. Il processo di antropomorfizzazione
coinvolge tutti gli elementi naturali: la luna è personificata, la primavera prende “commiato” i pini
hanno “rosei diti”, il fiume “chiama”.
T9: La pioggia nel pineto
• Lo spunto è una passeggiata di due amanti, che mentre attraversano un bosco, si fondono prima
l’uno con l’altra, e successivamente con i fenomeni naturali.
• La poesia è formata da quattro “strofe lunghe”, ognuna è composta da trentadue versi, in cui la
misura varia incredibilmente e l’estrema capacità e libertà di versificazione raggiunge qui il suo
apice, il componimento è un capolavoro per la fluidità e l’elasticità dei versi.
• Frasi semplici, che rimandano alla musicalità della natura, ricorso alle onomatopee, assonanze,
consonanze, lessico che appartiene all’area semantica del suono e del canto, ripetizioni
• La lirica è giocata sul senso dell’udito, l’attacco con il perentorio invito a tacere ha infatti una
doppia funzione, crea attesa, ma anche motivo di ascolto
• Il sogno di un completo annullamento dell’uomo e della donna nella natura, osmosi con l’elemento
vegetale. I personaggi perdono i loro contorni di creature umane, metamorfosi in chiave panica.
• Apertura e chiusura, D’Annunzio accenna alla “favola bella” è l’amore tra il poeta e la donna, che
però ha un carattere illusorio, perchè è appunto una “favola” (che ieri/t’illuse, che oggi m’illude)
L’ultima stagione: la prosa “notturna” e gli scritti autobiografici
• una scrittura di tipo autobiografico e introspettivo, volontà di tracciare la propria storia interiore,
D’Annunzio ripiegato su se stesso, preferisce la dimensione breve.
• Nel gennaio 1916 D’Annunzio riporta un grave trauma all’occhio, che lo costringe ad un periodo di
riposo al buio. Nel 1921 pubblica con l’aiuto della sorella, il Notturno, e lo presenta come
“commentario delle tenebre” di un “poeta orbo veggente”.
• A predominare è il tema funebre, con la meditazione intorno alla morte di amici e compagni di
guerra, sono presenti anche altri temi: la musica, la descrizione delle esperienze sensoriali che
sostituiscono la vista, e soprattutto la memoria
• La scrittura del Notturno è visionaria, influenzata dalla lettura di Rimbaud; nella prosa a volte sono
inserite delle poesie, rendendolo un prosimetro.
T12: “Scrivo nell’oscurità”
Possiamo dividerlo in quattro momenti:
• autore descrive la condizione nella quale si trova
• Tema della scrittura
• Ricordo del medico e delle sue disposizioni
• Conferma che la propria intuizione è già riconosciuta come geniale illuminazione artistica.
La novità del Notturno, ai periodi ampi e complessi dei romanzi precedenti si sostituisce un periodare
spezzato, riprodurre l’andamento libero dei pensieri. La struttura narrativa tradizionale, successione
progressiva di argomenti, ora diventa un fluire di informazioni. Espedienti formali, similitudini,
metafore, parallelismi, sinestesie.
La creazione artistica è una necessità e un atto individuale, per questo inventa uno stratagemma che
gli consente di fare poesia, in un nuovo modo di conoscere e creare.
Motivi tipicamente dannunziani come la morte e il mito del superuomo, che è forzato all’inattività solo
per un accidente e non per libera scelta.
Giovanni Pascoli 1855-1912
Nasce nel 1855 a San Mauro di Romagna, la sua infanzia è caratterizzata da tragici eventi, il padre
viene assassinato nel 1867 e poco dopo vive la morte della madre e di due fratelli. Nel 1878 si iscrive
all’Università di Bologna, diviene allievo di Giosuè Carducci. Nel 1879 viene arrestato dopo una
manifestazione socialista. Si laurea nel 1882 e comincia la sua carriera da insegnante. Nel 1885 va a
vivere con le sorelle, si lega in maniera insana ad esse, tanto da trasferirsi quando la sorella piccola,
Ida decide di sposarsi e lasciare la casa. Tra il 1885 e 1887 scrive Myricae e i Poemetti e diviene
amico di D’Annunzio. Nel 1896 riceve un primo incarico all’Università di Bologna e alle Università di
Messina e Pisa. Nel 1904 pubblica i Canti di Castelvecchio e i Poemi conviviali. Nel 1905 ottiene la
cattedra che era stata di Carducci, quella di letteratura italiana all’Università di Bologna e sulla scia
del maestro alla poesia storicizzante e nazionalista. Muore nel 1912.
La forza conoscitiva della poesia
• concezione pascoliana del mondo, constatazione di uno stato di precarietà e di sofferenza
dell’uomo sia come individuo sia sul piano collettivo, una condizione che spinge l’essere umano a
procurare dolore ai propri simili, rendendo la Terra un “atomo opaco del Male” (ultimo verso del X
Agosto). Questa percezione è alla base delle radicali perplessità che egli nutre da subito nei
confronti delle certezze offerte dalla scienza. (Guglielmino dice deluso dalla fede e dal progress,
come leopardi)
• Molto importante sarà il pensiero di Schopenhauer e quello di James Sully, che scrive Studi
sull’infanzia
• L’insieme di queste suggestioni convince Pascoli che il cosmo è pervaso da un’energia vitale in
mutamento, che genera due sentimenti opposti, percezione incertezza e angoscia dell’uomo di
fronte al tutto e poi dell’impulso a negare le gerarchie
• La morte per Pascoli, costituisce una certezza assoluta, a causa di un dolore esistenziale che non
può essere negato in alcun modo e offre un movente su cui fondare valori quali la solidarietà e la
fratellanza. (Pensiero di Pascoli si incontra con quello di Leopardi nella Ginestra)
• Un altro filone è quello sociale e politico. Nella vita dell’uomo si ravvisa la costante presenza del
male e del dolore che solo la fratellanza tra gli uomini può alleviare.
• La poesia: unico strumento in grado di sondare il mistero che si cela dietro le cose. Solo la poesia
può andare oltre i limiti della conoscenza, solo se si riesce a recuperare il linguaggio originario. Tale
concezione è illustrata nel saggio Il fanciullino. Qui sostiene che la poesia dipende da una voce
interiore di bambino, che alberga dentro ognuno di noi, ma che solo il poeta sa ascoltare.
• Pascoli, a differenza di D’Annunzio, è al tempo stesso poeta e studioso, studia il latino da poster
essere definito bilingue. Lo influenza l’esperienza di studioso della tradizione italiana e dedicherà
saggi a Leopardi, Manzoni e Petrarca e Dante.
• Per riuscire a sondare il mistero la poesia deve avere lo sguardo assoluto e innocente di un
bambino, colmo di stupore. Allo stesso modo deve essere il linguaggio.
• In secondo luogo la poesia deve dare voce a tutti i soggetti, per fare ciò Pascoli ricorre a tutti i
linguaggi sia quelli aulici sia espressioni dialettali o popolari
• Un altro aspetto della scelta linguistica di Pascoli è stato sottolineato dal critico Gianfranco Contini
che parla di due tendenze contrapposte ma complementari. Una che punta al linguaggi
pregrammaticato, cioè ai suoni della natura oppure dalle onomatopee; in secondo luogo quella
postgrammaticale, fondata sull’iperspecializzazione del linguaggio. In entrambi i casi è evidente il
tentativo pascoliano di forzare i limiti stessi del linguaggio ai suoi opposti confini.
• Infine, la poesia per Pascoli deve restituire la condizione “vertiginosa” degli esseri che vengono dal
nulla, per questo il poeta nei suoi componimenti Pascoli tende a dissolvere le coordinate spaziali e
temporali.
• La poesia per Pascoli è educatrice delle civiltà, funzione di promuovere la moralità, la solidarietà e
la giustizia.
• Pascoli riesce a sviluppare tutti i tratti del Simbolismo europeo, egli compie una rivoluzione, la sua
poesia non da corpo ad alcun realismo, ma alla voce soggettiva delle cose.
• I risultati formali sono affini a quelli di D’Annunzio, anche se Pascoli vi arriva lavorando sull’antichità
classica e non come D’Annunzio, recependo le novità delle letterature straniere a lui
contemporanee. Entrambi i poeti accompagnano la letteratura italiana al Novecento, fornendole un
repertorio lessicale, metrico e retorico che il critico Pier Vincenzo Mengaldo definisce “koinè” cioè
“lingua comune” alla generazione poetica successiva. De Benedetti “rivoluzione inconsapevole”
Il fanciullino
• primo nucleo pubblicato tra il gennaio e l’aprile 1897 con il titolo Pensieri sull’arte poetica, il testo
viene completato e assume il titolo odierno nell’edizione dei Miei pensieri di varia umanità del 1903.
• Si afferma che la poesia dipende da una voce interiore che alberga in ogni uomo, ma che solo il
poeta è in grado di mantenere viva e far parlare. Questa idea sottende la convinzione, di matrice
simbolista, che la poesia sia forma di conoscenza intuitiva e irrazionale, analoga a quella dei
bambini.
• L’idea del fanciullino, trova consonanze nel dibattito del “Marzocco”, ma viene anche dal pensiero
romantico che risale a Giambattista Vico, e infine dagli studi sull’infanzia di Sully.
• Grazie alle ricerche dello psicologo inglese, il poeta identifica le caratteristiche di un pensiero altro
presente nel vissuto di ognuno e osservabile nei bambini, che procede per immagini, che altera le
proporzioni.
Myricae
• titolo viene dal secondo verso della quarta elogia di Virgilio “non omnes arbusta iuvant humilesque
myricae”, “non a tutti sono graditi gli arbusti e le umili tamerici”. Questi riferimenti a Virgilio
assumono un criterio di continuità in tutte le successive opere pascoliane.
• Prima edizione nel 1887, il filo conduttore è un’immaginazione passeggiata in campagna di un
soggetto che si prepara alla ripresa dell’autunno. I testi sono dunque organizzati secondo il
trascorrere di una giornata, struttura che Pascoli assumerà per strutturare l’intera raccolta di
Myricae. Nel 1891 un’edizione provvisoria, e la prima edizione effettiva di Myricae nel 1890, e
comprenderà 72 testi non canora divisi in sezioni. Nel 1894, con la terza edizione, che Pascoli
troverà nel motivo funebre e nel “nido” familiare i temi centrali del suo primo libro di poesie: Il
giorno dei morti che viene scelto come componimento di apertura. Con la quarta e ultima edizione
nel 1897, si arriva a un numero complessivo di 152 componimenti, suddivisi secondo lo scorrere
delle stagioni.
• La struttura è riconducibile al modello dantesco e alla sua logica ternaria che era tipica della Vita
nuova. Ma questa decisione potrebbe nascondere, secondo il critico Capovilla poichè “in nove-
otto figli più la madre- rimasero i Pascoli dopo l’uccisione di Ruggiero” in quanto Pascoli definisce
la raccolta come “canti su la tomba di mio padre”
• Termini di confronto anche con i Canti di Leopardi e i fiori del male di Baudelaire. Dal primo Pascoli
prende l’autonomia tematica e metrica delle varie sezioni. Mentre da I fiori del male raccoglie: la
riflessione sulla poesia e sulla figura del poeta e il carattere dualistico e contraddittorio del
messaggio poetico.
• Myricae è caratterizzato da uno sfondo campestre, dunque in profondo rapporto con la natura e
con un tempo ciclico. La natura è intrinsecamente buona, Myricae presenta uno scenario
costantemente minacciato dalla presenza incombente della morte. Il motivo della morte ha
funzione essenziale in tutto il libro, perchè connesso alla modalità di rappresentazione, quella del
sogno e della dimensione onirica. La poesia appare lo strumento più potente e raffinato per
sondare il mistero racchiuso nel cammino dell’esistenza, Pascoli si rivela erede della tradizione
simbolista del poeta veggente.
• Un altro tema molto importante è quello della memoria, che ha spesso una funzione consolatoria,
ed evidenzia che la felicità non può mai essere colta nella dimensione del presenta, ma in quella
del passato. Spetta al poeta ricordare non solo il bene ma anche il male e opporre a esso la sua
assoluta innocenza.
• Myricae può essere considerato come la concreta realizzazione dei principi espressi nel
Fanciullino.
• Per lo stile, Pascoli esprime la dimensione onirica attraverso una sintassi paratattica e franta , la
smaterializzazione delle coordinate spazio-temporali, alternanza di registri, ricorso a sinestesie,
enjambements, onomatopee, puntini di sospensione.
Canti di Castelvecchio
• nascono da un’ispirazione che si pone tra passato e presente. Quasi tutti i componimenti
rimandano al presente, mentre la parte finale della raccolta, rimanda al passato.
• Il nucleo originario uscì nel 1897, ma la pubblicazione dei Canti arriva nel 1903. L’ultima edizione,
nel 1912
• I canti sono dedicati alla madre. Nella Prefazione ai Canti il ricordo dei genitori serve a ispirare nei
lettori il “ribrezzo del male”.
• I testi sono organizzati all’interno del ciclo annuale dei lavori campestri, basata sulla successione
delle stagioni, suggerisce da una parte un ripetersi di una sequenza di morte e rinascita e la
percezione dell’irreversibile fuga del tempo.
• Una seconda tematica è quella degli affetti familiari, il motivo della visione notturna e della voce dei
cari.
• Volontà di Pascoli di rendere i Canti un libro di maggiore impegno, acquisisce ancora più
importanza la natura simbolica dei testi, partendo da un dato naturalistico apparentemente
oggettivo. “La poesia è ciò che della scienza fa coscienza”. Come era stato per Leopardi, essa
pone le domande esistenziali e indaga il senso della vita individuale e quella cosmica.
• Tema del sogno, che costituisce una visione più profonda del mistero delle cose. Motivo del
presagio, con la ripresa di antiche credenze popolari.
• Tema anche meta poetico, la poesia si interroga su se stessa
• Lo stile dei Canti si presenta più elevato rispetto a Myricae, aumenta lo scarto tra forme altamente
letterarie e forme popolari. Anche la metrica raggiunge il massimo delle sue potenzialità, il poeta
sperimenta il novenario.
• Molti sono i modelli che ispirano i Canti, Dante e Leopardi, da cui prende due grandi temi: il
rapporto fra l’uomo e la natura e la funzione della memoria. Ma l’atteggiamento di Pascoli è meno
battagliero di quello Leopardiano, Pascoli è più portato alla rinuncia e quasi al gusto
dell’autodissoluzione. Per quanto riguarda il tema della memoria, abbiamo una memoria
involontaria, fonte di dolore e non di conoscenza
L’ETA’ DELLE AVANGUARDIE
Contesto storico
• sistema di alleanze, con blocchi contrapposti. Prima guerra mondiale, rivoluzione russa
• In Italia, scontento nel meridione, crisi di fine secolo con protesta a Milano e assassinio di Umberto
I, età giolittiana, emigrazione di massa negli Stati Uniti. Prima guerra mondiale con delusione, si
parla di vittoria mutilata, D’Annunzio occupa Fiume
Contesto culturale
• dal termine della guerra franco-prussiana, abbiamo un periodo di pace e stabilità, in cui scienza e
tecnologie avevano portato ad un miglioramento delle condizioni di vita; la borghesia celebrava le
proprie esposizioni con le esposizioni universali ( la prima fu a Londra nel 1851), l’arte e la cultura
producevano forme di intrattenimento (cabaret o cinema).
• L’ottimismo e la fiducia nel progresso, trovarono i loro fondamenti nella corrente del Positivismo
• Sul finire dell’Ottocento, nella stessa Parigi si diffuse un movimento di intellettuali che
manifestavano il proprio senso di estraneità rispetto ai valori della società che li circondava. Le
linee fondamentali della loro poetica furono esposte nella rivista “le Decadent” e per questo il
movimento fu detto Decadentismo.
• Ad accomunare le molteplici correnti di questo movimento è una sostanziale insoddisfazione nei
confronti della scienza e della ragione. La presa di coscienza dei limiti della scienza si approfondirà
durante la crisi di fine secolo e lo scivolamento della società borghese, e ciò spinse gli intellettuali a
volgersi alle varie forme di spiritualismo e irrazionalismo.
• Le correnti antipositiviste furono sostenute dal pensiero pessimista di Schopenhauer e di
Nietzsche, il cui pensiero da luogo al concetto dell’oltre uomo, che si libera dalle catene
dell’ipocrisia di massa per raggiungere l’apice della sua forza vitale. Il concetto di “slancio vitale” fu
ripreso anche da Henri Bergson, che aggiunge l’intelligenza come motore per lo slancio (oltre
all’’impulso)
• Alla crisi della fiducia nel progresso scientifico, contribuì anche la teoria della relatività di Einstein e
il principio di indeterminazione di Heinsemberg. La scienza veniva così di fatto rifondata su basi di
tipo probabilistico.
• Il campo in cui la fede positivista si incrinò di più fu quello dello studio della personalità dell’uomo,
e gli studi di Sigmund Freud che consacrò la psicanalisi come scienza. Teorizzò la presenza di tre
componenti nella psiche umana; Es, Ego e Super-ego. Lo studio del subconscio ebbe un impatto
decisivo per la nascita del romanzo psicologico, caratterizzato da monologhi interiori.
• Il rifiuto della cultura borghese è espresso da numerose correnti artistico-letterarie, note come
avanguardie. Pur diversi nel modo di esprimersi, questi movimenti sono accumunati da un
antagonismo rispetto alla cultura e alla mentalità vigenti, che si manifesta nelle scelte espressive,
sperimentarono forme poetiche che davano una comunicazione immediata dei moti dell’inconscio
• In alcuni casi la poetica dell’avanguardia, si associa all’esaltazione della tecnica e del progresso, è
il caso del Futurismo, i cui fondamenti furono espressi da Tommaso Marinetti nel Manifesto del
Futurismo, celebrazione della rapidità del progresso, in contrapposizione alle forme d’arte
ottocentesche e l’esaltazione del nazionalismo, del militarismo e della guerra (esasperazione)
• Invece più tardi, la corrente del Dadaismo farà proprio un messaggio di protesta contro la guerra,
proponendo una forma del nichilismo. Un’ulteriore evoluzione del Dadaismo sarà costituita dal
Surrealismo, teorizzato da Breton che esporrà i principi di un’arte che esprimesse “il
funzionamento reale del pensiero” in piena libertà rispetto a ogni inibizione morale, estetica o
razionale.
• In Italia il personaggio più eccentrico e discusso all’inizio del Novecento fu Gabriele D’Annunzio
che si fece portavoce di una concezione estetica di ispirazione decadentista, che concepiva la vita
come culto assoluto del bello. Anche Tommaso Marinetti fu molto influente nel suo pensiero che
sulla celebrazione del dinamismo fondò la propria teorizzazione della poetica futurista. Di tutt’altro
tenore è la produzione di Italo Svevo, che presenta nei suoi romanzi il profilo dell’uomo inetto.
• Maggiore fu l’influenza esercitata dall’opera di George Sorel, sociologo fortemente critico della
borghesia e della cultura positivista. Sorel vede nel sindacato l’unico possibile fulcro di una
rivoluzione socialista, tramite lo sciopero generale, che causerà una repressione borghese
• I giudizi di Benedetto Croce influenzarono i giudizi dell’Italia all nuove tendenze dall’estero. Croce
si fece portavoce di uno storicismo assoluto che ha come oggetto la storia e rifiuta la metafisica.
Croce elaborò una concezione di estetica che propugnava l’assoluta autonomia dell’arte. Profonda
l’incidenza di Croce anche sulla politica, liberale e laico fu ministro della pubblica istruzione
durante il governo Giolitti. Gramsci lo definirà “il papa laico della cultura laica”
• Dibattito sulle riviste letterarie, “Il Convito” denuncia della società borghese, il cui affarismo aveva
corrotto la politica e il tessuto sociale italiano. “Il Marzocco”, il cui manifesto fu steso da
D’Annunzio con la propria esaltazione dell’ “arte per l’arte”. “La Voce” fondata da Giuseppe
Prezzolini e Giovanni Papini, tentativo di indurre l’intellettuale italiano a guidare il rinnovamento
della classe dirigente nazionale e rinunciò all’arte per l’arte
La nascita delle avanguardie
• all’inizio del XX secolo, molti movimenti tra loro diversi, ma accomunati da tendenza comune,
esplicita volontà innovatrice. Si apre la stagione delle avanguardie, ciò che le caratterizza rispetto
alle altre correnti è il forte radicalismo e una tendenza inconoclasta, avversa ai ripiegamenti
estetizzanti del Decadentismo, ma distante anche dal rapporto con la tradizione che il Modernismo
continua a intrattenere.
• Baudelaire, utilizzò la metafora militare per indicare drappelli di intellettuali che si sentivano investiti
della missione di innovare le arti. L’uso di questa immagine si prolungherà fino al Secondo
dopoguerra, per distinguerle da loro, le avanguardie primo-novecentesche sono definite storiche.
• L’idea di avanguardia militare traduce con esattezza l’attivismo battagliero di questi movimenti, la
loro tendenza all’azione collettiva e la loro risoluta insofferenza ai languori fin de siecle. Inclini allo
sperimentalismo, essi spingono l’innovazione delle forme tradizionali fino alla dissacrazione e alla
distruzione, e ambiscono a un’idea di arte totale capace di aderire alle forme della vita in perenne
evoluzione.
• Pre-avanguardie: scapigliatura
• Odiato dalle avanguardie: Manzoni
Il futurismo
• il nome che sceglie Tommaso Marinetti dichiara il desiderio di rottura con il passato che lo anima e
la proiezione verso tutto ciò che è innovativo, moderno e proteso al futuro.
• Segnale di questo svecchiamento è il progresso scientifico e tecnologico, confini e limiti fisici che
per secoli non si era supposto di poter superare paiono ora sgretolarsi.
• I futuristi non si isolano sdegnosamente dalla folla alla ricerca di una verità nascosta come avevano
fatto i simbolisti e i decadenti. Ma essi non scelgono nemmeno la via dell’oggettivazione immediata
e non cercano di ritrarre la realtà per come appare, come avevano fatto i naturalisti. Al contrario i
futuristi cercano nuove tecniche espressive, per ridefinire la pratica artistica portandola su un piano
di materialità fisica, meccanica.
• Filippo Tommaso Marinetti, nasce nel 1876 e studia a Parigi, qui Marinetti compie il vero lancio,
pubblicando sul quotidiano “Le Figaro” il Manifesto di fondazione del Futurismo, il 20 febbraio
1909. La scelta della capitale francese rivela l’intento di Marinetti di conquistare un pubblico più
ampio possibile. Il Futurismo si afferma così come una novità di rilievo mondiale. Altre personalità
di primo piano sono i poeti Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi e i pittori Boccioni e Balla. Se la fase di
effettiva validità del Futurismo si esaurisce entro il 1920, le letture critiche continueranno fino alla
morte di Marinetti nel 1944.
• Marinetti è determinante anche per capire la posizione del Futurismo nei confronti del movimento
fascista. Le affinità ideologiche sono l’esaltazione della guerra, il nazionalismo, l’attivismo,
l’irrazionalismo. Ma sono anche fattori di divisione, come l’anarchismo e anticlericalismo.
• È stato inoltre osservato da De Maria che con l’affermazione del fascismo, coincidente con il
declino del futurismo, avviene una sorta di travaso: il fascismo assorbe le energie propulsive del
movimento e ne neutralizza l’anarchismo. Comunque Marinetti rimane vicino al Regime fascista e
nel 1918 fonda il “partito politico futurista” che l’anno dopo confluisce nei Fasci di combattimento.
Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali fascisti
• I futuristi vogliono liberare l’Italia “dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e
d’antiquari, dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri”
• Vogliono far entrare in letteratura e in arte un nuovo immaginario legato alla modernità, identificata
con l’avanzamento tecnologico, con la macchina, i futuristi esaltano “ il movimento aggressivo,
l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno” e persino la guerra
considerata “sola igiene del mondo”
• Incendio, elemento che ricorre spesso nell’immagine mitologica futurista, in quanto legato all’idea
di distruzione del passato
• Varie influenza filosofiche, Nietzsche con il superomismo, Bergson con lo “slancio vitale” e anche
un darwinismo sociale
• Apparente contraddizione, da un lato l’arte si fonda sul dispiegarsi senza vincoli
dell’immaginazione, dall’altro viene celebrata la morte dell’io creatore. Vi è l’idea che l’arte si
sostanzi in un vitalismo intrinseco, che l’artista non deve infondere dall’esterno, ma lasciando
emergere l’energia vitale in essa. L’attività artistica deve concentrarsi sull’oggetto concreto e
svilupparsi attraverso automatismi e procedimenti seriali
• Sul piano formale la stesura dei testi deve realizzarsi in modo rapido e automatico. È necessario
distruggere la sintassi, abolire la punteggiatura, usare verbi all’infinito, seguendo personali catene
d’immagine (“immaginazione senza fili”), senza rispettare le righe e facendo uso di diversi caratteri
tipografici, cosiddetto metodo delle “parole in libertà” e danno vita allo stile del paroliberismo
• In tutte le arti abbiamo l’adesione ai principi della nuova estetica, i pitturi futuristi ritraggono “le
cose in movimento”, le regole della prospettiva sono abolite; gli spazi si intersecano i corpi si
sovrappongono. Dopo la fine della prima guerra mondiale si afferma l’aeropittura, teorizzata da
Marinetti nel 1919 e finalizzata a esprimere l’esperienza del volo aereonautico. Nel teatro abbiamo
il rifiuto del dramma borghese, e vediamo la nascita del “teatro sintetico”.

T1 Manifesto di fondazione del Futurismo


Manifesto del futurismo
1. Cantare amore per il pericolo, l’abitudine dell’energia e alla temerità
2. Il coraggio, l’audacia, la ribellione
3. La letteratura adesso deve esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa,
il salto mortale, lo schiaffo e il pugno
4. La bellezza della velocità
7. Non v’è bellezza se non nella lotta
8. Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo sfondare le misteriose porte dell’Impossibile?
9. Glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei
libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna
10. Canteremo le grandi folle agitate dal lavoro
Manifesto di violenza travolgente e incendiaria. Per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di
rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli.
• le frasi sono molto brevi, i punti enunciati si susseguono senza un vero sviluppo logico;
estetizzazione dell’azione politica e della rivolta sociali, descritta da Marinetti come “maree
multicolori o polifoniche”. Abbiamo molte metafore che presentano le macchine e i luoghi
industriali in termini umani e animali: stazioni “ingorde” di treni, i piroscafi “fiutano” l’orizzonte, le
locomotive “scalpitano” sulle rotaie come cavalli impazienti.
Poeti crepuscolari
Esordiscono all’interno del XX secolo insieme ai futuristi, ma non sono un movimento, condividono
concezione del mondo e scelte letterarie. Della spinta risorgimentale scorgono solamente un eco,
essi avvertono invece la crisi del nuovo stato liberale.
“Chi sono?” Domanda ricorrente che si riferisce a una condizione storica e al ruolo dell’intellettuale
nella società.
La denominazione “crepuscolari” nasce da un’etichetta critica fatta da Giuseppe Antonio Borgese il
quali riteneva questi poeti “una voce crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne”.
La poesia crepuscolare rimanda a una realtà umile e grigia, essi dipingono una vita di provincia lenta
e monotona, che si svolge intorno a pochi eventi marginali ed è popolata di personaggi e oggetti
scoloriti. Si oppone volontariamente a Carducci,Pascoli e D’Annunzio, ma comunque ne rimangono
influenzati specialmente nella visione di poesia intima del Fanciullino.
Dal punto di vista stilistico e metrico abbiamo una rivoluzione silenziosa, il lessico è quotidiano e
umile, rime semplici e imperfette, caratterizzato da un andamento prosastico.
Guido Gozzano 1833-1916
Nasce vicino a Torino, si forma leggendo Nietzsche e Schopenhauer e i poeti simbolisti franco-belgi.
Si ammala di tubercolosi, compie un viaggio in India con la speranza di guarire, torna in Italia e muore
di malattia nel 1916.
Di opere ricordiamo La via del rifugio (1907) e I colloqui (1911).
Gozzano rifiuta il modello dannunziano e si distingue dagli altri crepuscolari per l’ironia con cui
osserva e descrive se stesso e il mondo. Si rifugia in un mondo di cose semplici e quotidiane, ma non
può identificarsi con esso ma nemmeno rimpiangerlo; Gozzano mette in scena la solitudine del
letterato e osserva i personaggi mettendo una nostalgica distanza tra se e il mondo.
Oltre che nei temi l’ironia di Gozzano si rispecchia nel lessico e nella metrica, come ha scritto
Montale “Gozzano fu il primo dei poeti del Novecento che riuscisse ad attraversare D’Annunzio per
approdare a un territorio suo”. L’ironia di Gozzano si attua come sempre ha scritto Montale “facendo
cozzare l’aulico col prosaico” con esempio calzante La signorina Felicita.
T6 La signorina Felicita ovvero la felicità
• racconta di un idillio impossibile tra un colto avvocato e una ragazza di provincia, non più
giovanissima e non molto attraente (a confronto delle femme-fatale dannunziane). L’avvocato
immagina di poter trascorrere una vita semplice con la fanciulla.
• L’andamento è discorsivo per effetto dei numerosi enjambements “questi/miei versi”, abbiamo un
lessico che presenta una particolare mescolanza tra prosaico e aulico. Sono aulici i riferimenti
dannunziani “cerulea Dora” e Leopardiani “borgo natio”.
• Esempio perfetto per capire come Gozzano ha fatto “cozzare l’aulico col prosaico” secondo
Montale è il ritratto della donna dove l’autore mescola lessico quotidiano con espressioni della
tradizione più alta “l’iridi sincere/azzurre d’un azzurro stoviglia”.
Italo Svevo 1861-1928
• nasce a Trieste nel 1861 da una famiglia ebraica di alta borghesia, si traferisce in Germania per
studiare e li scopre l’amore per la scrittura. Il fallimento della ditta di famiglia lo costringe a lavorare
a Trieste alla Union Bank senza abbandonare la scrittura. Inizia pubblicando romanzi a sue spese
che non riscuotono successo. Nel 1896 sposa Livia Veneziani abiurando l’ebraismo e
battezzandosi, da lei avrà l’unica figlia Letizia. Nel 1899 viene assunto dalla ditta di famiglia della
moglie e inizia a viaggiare come imprenditore. Nel 1907 per migliorare il suo inglese, conosce
James Joyce con il quale stringe una forte amicizia. Proprio grazie all’autore inglese che prosegue
la sua attività letteraria, scrive ininterrottamente e si interessa a Freud e alla psicanalisi. Nel 1923
pubblica La coscienza di Zeno e dal 1925 grazie a Joyce e Montale, i suoi romanzi iniziano
finalmente ad essere considerati dei capolavori. La sua fama letteraria viene interrotta dalla sua
morte improvvisa nel 1928.
Un letterato dilettante
• influenzato profondamente dalla sua originaria fede ebraica, vede la propria esperienza come una
condizione esistenziale, che traspare molto nei suoi personaggi
• Temi in comune con altri scrittori del territorio dell’impero austro-ungarico, l’opposizione tra forti e
deboli, salute e malattia; la famiglia come formale istituzione borghese ecc.
• Influenzato dalle letture di Schopenhauer da cui prende il tema della contrapposizione tra
personaggi con la tendenza all’autoinganno, l’immutabilità del carattere dell’individuo, l’idea che un
uomo, qualsiasi esperienza viva, non cambierà mai la sua natura
• Legge anche Nietzsche da cui trae la pluralità dell’io e della visione della vita come lotta tra chi è
forte e chi è debole
• Non essendo un letterato di professione, nei confronti della tradizione letteraria matura un
atteggiamento di maggiore libertà
• Mettere al posto l’attività concreta è un modo per Svevo per difendersi dal pericolo dell’eccesso di
formalismo. Come afferma lui stesso l’artificio è dannoso. Per lui la scrittura assume un valore
terapeutico. “Fuori dalla penna non c’è salvezza”.
• Lo scrittore non si deve limitare a illustrare la realtà, egli piuttosto deve interpretarla e ricercare le
motivazioni più profonde della coscienza dell’uomo (diverso da verismo)
• Secondo Svevo la scrittura, prima che un esercizio di stile, è una forma di conoscenza e quindi
quanto più lontana dall’artificio e dal virtuosismo dell’estetismo
• Riguardo la psicanalisi egli ha un atteggiamento perplesso e ironico “pericoloso di spiegare ad un
uomo com’era fatto” attraverso la terapia, ma legittimo attraverso la scrittura addentrarsi nel
proprio io. La psicanalisi fallisce quando si propone di curare la malattia dell’uomo ma mantiene la
sua validità in quanto costituisce uno stimolo all’attività creativa.

Temi e il carattere dei personaggi


• Svevo mette al centro dei suoi romanzi uomini ordinari di classe borghese, il suo intento è quelllo di
smascherare le debolezze di questi personaggi e mettere in luce gli istinti, gli egoismi che si celò al
dietro la presunta normalità dell’uomo borghese.
• Questa contraddizione viene vissuta in prima persona da Svevo che fa di se un elemento da
indagare
• Questa spinta a sondare gli impulsi dell’uomo non arriva a un sentimento tragico dell’esistenza
come succede invece in Pirandello, ma quest’analisi è alleggerita da un sentimento di distacco con
una pungente ironia che svela i sentimenti nascosti
• La produzione sveniana ruota intorno a personaggi inetti: deboli, immaturi, inadatti alla vita pratica
e sognatori che rappresentano la crisi che in questi decenni investe l’immagine dell’individuo e in
particolare la figura dell’intellettuale.
• I personaggi di Svevo spesso sono “malati”, ma la loro malattia non è un semplice accidente fisico,
quanto più un modo di essere che non è curabile, in quanto la vita stessa è malattia. È il segno
della sua inconfondibile singolarità che va quindi preservata.
• Con il terzo romanzo “La coscienza di Zeno” Svevo conduce riflessioni sul ruolo della memoria che
permette di ritornare sui fatti trascorsi, riordinandoli e reinterpretandoli, ma allo stesso tempo si
dimostra ingannevole. Solo la scrittura può opporsi allo scorrere del tempo e al vanificarsi della
memoria (collegamento con Foscolo i sepolcri)
La lingua e lo stile
• rinnovamento della prosa italiana: sia i temi e personaggi, sia la struttura narrativa sono assai
lontane dalla tradizione italiana
• Per dare spazio ai pensieri dei protagonisti Svevo fa ampio uso del discorso indiretto libero e del
racconto in prima persona, destrutturando la sequenza cronologica degli avvenimenti in favore di
una successione frammentaria dei fatti
• Ostile ai formalismi la prosa non è particolarmente ricercata, ma assume un linguaggio quotidiano
• La lingua è mista in quanto l’autore cresce in una città mitteleuropea, si spiegano così le irregolarità
e le disarmonie sintattiche
Una vita
• pubblicato nel 1893 il romanzo esce a spese dell’autore
• Descrive un tentativo di affermazione e ascesa sociale del protagonista che tenta la scalata della
società, ma fallisce e per questo si uccide.
• Si rifa ai modelli ottocenteschi, vengono presentati gradualmente i personaggi, tre sezioni
principali, la prima si sofferma su Alfonso, la seconda sulla relazione sentimentale con Annetta; la
terza racconta il soggiorno nel paese natale e il ritorno in città.
• Formula narrativa in terza persona e presenta un impianto tradizionale
• Attenzione rivolta soprattutto alla psicologia del personaggi
• Alfonso Nitti rappresenta il personaggio dell’inetto, nel corso della vicenda si rivela debole,
maschino e incapace di sentimenti veri. Mente a se stesso riguardo ai propri scopi e alle proprie
emozioni. La debolezza di Alfonso trova il suo esatto contrario in Macario, sano elegante e sicuro
di se. Alfonso pensa a una morte eroica, alla Jacopo Ortis ma non possiede dei principi etici che
vuole difendere e ribadire togliendosi la vita.
• Rispetto a tutti questi comportamenti il narratore ha un atteggiamento distaccato e ironico, non
interviene mai in prima persona
• Parlando di questo romanzo, Montale ha descritto Trieste un “luogo piuttosto metafisico che
mentale”
Senilità
• pubblicato nel 1898, nel 1927 seconda edizione con buon successo
• Emilio Brentani, esistenza monotona insieme alla sorella Amalia. Scrittore fallito si innamora di
Angiolina, una ragazza spregiudicata. Situazione si scombussola quando arriva Stefano Balli, di cui
si innamora Amalia e anche Angiolina si sente attratta. Emilio cerca di allontanare stefano quindi
Amalia si droga e si ammala di polmonite, morendo poco dopo. Emilio decide di interrompere la
sua relazione con Angelina e tornare alla sua triste vita.
• Anche questo romanzo segue un andamento lineare ma viene introdotta la tecnica narrativa del
discorso indiretto
• Tipo diverso di inetto, Emilio passa molto tempo ad analizzarsi ma si inganna sulla propria natura.
Non si preoccupa della sorella, presume di avere sentimenti autentici nei confronti di Angelina, ma
è spinto solamente da desiderio fisico. Si dimostra incapace di una minima solidarietà umana, crea
nella propria mente un immagine di se stesso virile e forte. È un intellettuale fallito.
• Il narratore è in aperto contrasto con la prospettiva del personaggio, il romanzo si regge sulla
contrapposizione tra la visione distorta e mistificata del protagonista e la narrazione oggettiva del
narrativa.
La coscienza di Zeno
• iniziato nel 1919 pubblicato nel 1923.
• Il romanzo ha un titolo esplicito, il vero protagonista non è tanto Zeno quanto la sua coscienza
• Zeno Cosini ha ricevuto in eredità dal padre l’azienda di famiglia, si rivolge a un psicanalista, vuole
liberarsi dall’ossessione del fumo. Il dottor s gli chiede di scrivere i propri ricordi, ma dopo sei mesi
di terapia decide di interrompere le sedute. Lo psicanalista decide di pubblicare le pagine che Zeno
gli ha mandato. La parte finale si presenta come un diario, in cui Zeno dichiara la propria avventura
guarigione, ma solo per la ritrovata stabilità economica.
• I tre romanzi possono essere accumunati da uno stesso tema di fondo, la conoscenza di se
attraverso l’autoanalisi interiore. Per certi versi è considerabile la terza tappa di un percorso:
dall’analisi del protagonista immerso nella società, Svevo passa alla descrizione dei rapporti e
approda all’analisi del protagonista. Attorno a Zeno ruotano molti personaggi ma nessuno di loro
ha una propria personalità, vivono unicamente nella coscienza del protagonista.
• Usa l’espediente del manoscritto narrativo, come aveva fatto Manzoni.
• Il romanzo si propone come un memoriale autobiografico, organizzato con una Prefazione, un
Preambolo, sei capitoli (il fumo, mio padre, fidanzamento e matrimonio con Augusta, relazione
extraconiugale con Carla, tentativo fallito di avviare un’impresa commerciale con il cognato Guido
e il suo conseguente suicidio) il capitolo finale contiene una condanna della psicanalisi.
• La struttura del romanzo presenta una radicale novità, la narrazione si frantuma in tanti
frammenti e con il passaggio da un impianto ancora tradizionale a una struttura narrativa aperta
• Rivoluziona il trattamento del tempo, la memoria del passato si fonde con il presente del narratore
con un sovrapporsi di analessi e prolessi.
• La narrazione si colloca fuori dal tempo storico in una dimensione interiore (rende svevo moderno)
• Il narratore coincide con il protagonista, Zeno distorce, manipola il racconto per giustificarsi. Nella
prefazione il lettore è messo in guardia e invitato a diffidare, il medico dichiara le confessioni di
Zeno “accumulo di verità e bugie”. Narratore diventa inattendibile.
• Manca il giudizio dell’autore, il lettore è completamente disorientato
• Ciò che distingue Zeno da Nitti e Brentani è la consapevolezza della sua inettitudine. Ha lucidità
grazie alla quale può sorridere alla propria fragilità. La conquista di Zeno è il disincanto, la
coscienza che la malattia fa parte della vita. Per questo è inutile cercare di guarire e infatti il
romanzo si chiude con l’affermazione di Zeno che “qualunque sforzo di darci la salute è vano”
• Opposizione tra personaggi deboli e forti, a Zeno si contrappone figure energiche ed estroverse, il
cognato Guido, la moglie e sono perfettamente integrati nella società borghese. Riguardo la
moglie, ammirazione e vorrebbe assomigliarle, ma anche fa notare il suo attaccamento alle cose
banali.
• Nella prefazione il dottor S informa sul sentimento di “antipatia”, mostra uno scetticismo,
nell’ultimo capitolo Zeno annuncia l’intenzione di interrompere la terapia.
Lettura critica di Mario Lavagetto “L’importanza della psicanalisi nella Coscienza di Zeno”
• la psicanalisi: “in alcuni casi il debito è esplicito […] in altri casi la collaborazione è indiretta”
• La teoria freudiana ha finito per decolorarsi
• Il primo e più riconoscibile debito di svevo inizia con “l’avvenimento più importante della vita” di
Zeno, la morte del padre che assume un duplice introito, sul piano della struttura, come evento
cruciale attorno al quale si intrecciano vari episodi del romanzo, e sul piano del personaggio che lo
vive come oroscopo e progetto di edificazione.
Luigi Pirandello (1867- 1936)
Nasce a Caos, nel 1867 e dopo aver frequentato il liceo a Palermo, si trasferisce a Roma dove
prosegue gli studi universitari. Nel 1901 pubblica L’esclusa, nel 1908 il saggio L’umorismo e nel 1904
Il fu Mattia Pascal. Nel 1926 Uno, nessuno e centomila. Nel 1915 parte per la Prima guerra mondiale
e torna a Roma nel 1919, anno in cui la moglie viene internata in un ospedale psichiatrico.
Successivamente si concentra sul teatro pubblicando Così è (se vi pare) (1917), l’anno dopo Sei
personaggi in cerca d’autore e l’anno ancora dopo Enrico IV.
Nel 1924 dirige il teatro di Roma, dopo aver aderito al Partito fascista, nel 1934 riceve il premio Nobel
per la letteratura e due anni dopo, nel 1936 muore a Roma.

Poetica
• percorso letterario che parte dalla Sicilia verista e arriva a una rivoluzionario rappresentazione della
modernità, ma la materia delle sue opere rimane sempre la stessa, proveniente dall’osservazione
del proprio mondo o dalla riflessione autobiografica, per lo più i soggetti sono di piccola borghesia.
• Sul materiale umano lo sguardo oppressante di Pirandello esercita una pressione tale da rivelare lo
scarto che esiste tra identità e maschera sociale.
Possiamo distinguere alcune fasi
1. Dal 1892 al 1903 influenzato dalle poetiche veriste e naturalistiche
2. Dal 1904 al 1915 fase dell’umorismo che si traduce nella forma narrative della novella e del
romanzo
3. Dal 1916 al 1920 scoperta del dramma
4. Dal 1921 al 1929 fase del metateatro
5. Dal 1930 al 1936 ulteriori sviluppi del suo teatro in chiave filosofica e simbolica

Il lavoro sui personaggi


Il nucleo fondamentale dell’opera di Pirandello e della sua creatività riguarda i personaggi, descritti
come la versione figurativa e drammatica della persona umana. Gli altri aspetti delle opere sono
sviluppi dell’intuizione sui personaggi e sul problema della personalità. Pirandello concepisce i suoi
personaggi come aggregazione debole di tratti caratteriali. Sotto l’apparente identità della maschera
sociale si celano personalità distinte, talora persino contraddittorie e il personaggio entra in crisi,
perchè non sa più chi è.
Questa teoria prende le distanze da quella concepita di Freud che vedeva la personalità come una
struttura a più livelli ma comunque unitaria, ed è una prospettiva scientifica e terapeutica. Pirandello
invece si richiama all’opera dello psicologo francese Alfred Binet il quale ritiene che coesistano
molteplici personalità le quali però non possono essere ricomposte in una persona.
I personaggi di Pirandello non agiscono, ma riflettono: devono affermare la propria verità, protestare
contro le immagini e le interpretazioni degli altri. L’autore approfondisce storie di personaggi che
ricercando la propria verità approdano a una dimensione di pura esistenza, prive di maschere
sociale.
L’unica liberazione possibile per Pirandello è quella di abbandonare a una a una tutte le maschere,
che noi stessi indossiamo o che gli altri ci mettono. Ma questo ha un costo altissimo, significa
diventare nessuno e condannarsi a vivere in una condizione di solitudine, nella follia o nella
marginalità.
Da ciò deriva la straordinaria vitalità dei personaggi che diventano autonomi rispetto all’autore,
Pirandello arriva infatti a fornire una riflessione meta letteraria, rappresentando per esempio la
situazione paradossale di personaggi che vivono al di fuori del testo letterario ( Sei personaggi in
cerca d’autore)
La letteratura per Pirandello deve rappresentare il tormento della misera umanità contemporanea.
L’opera di Pirandello predilige gli aspetti strani, i personaggi eccentrici perchè sa vedere in essi una
sofferenza.
La lingua e lo stile
Nei testi più marcamente siciliani lo scrittore mostra una grande forza espressiva. Nel mondo dei
piccoli borghesi abbiamo una lingua convenzionale, che si sviluppa e si specializza nel teatro in
senso dialettico e dialogico. Uno degli aspetti più caratteristici è il furore retorico dei personaggi che
sono continuamente impegnati a dimostrare, protestare e a giustificare il proprio modo di essere.
Un altro elemento, in particolare evidenziato dal critico Giovanni Macchia è la profonda osmosi tra
un’opera e l’altra, i personaggi “escono da una novella ed entrano in un romanzo, escono da un
romanzo e vanno a finire in un saggio”. Pirandello pensa alla propria opera come a un continuum, a
un’unica grande riflessione sulla vita. I testi pirandelliani sono pensiero in atto, letteratura che
contiene già al suo interno le proprie ragioni speculative.
L’umorismo 1908
• è la formulazione più organica della poetica di Pirandello, non costituisce il punto di arrivo (manca
infatti una riflessione sul teatro)
• Lo scrittore ripensa in forma saggistica e in termini sistematici ciò che ha scoperto quattro anni
prima scrivendo Il fu Mattia Pascal. Il saggio infatti si apre con una dedica “alla buon’anima di
Mattia Pascal bibliotecario”. Mattia è il capostipite dei personaggi umoristici
• Nella Parte Prima viene spiegata l’etimologia del termine umorismo, non è soltanto un
atteggiamento estetico e psicologico. È anche una tradizione letteraria, gli scrittori umoristici
contrappongono strutture narrative e compositive tendenzialmente disarmoniche.
• Nella Parte Seconda l’autore espone la sua originale interpretazione dell’umorismo come modo di
comprendere la realtà. Pensiamo a una situazione buffa ci soffermiamo prima sull’avvertimento del
contrario ma se riflettiamo meglio ci soffermiamo sulle cause della situazione. La riflessione ci fa
vedere le ragioni che stanno oltre la maschera e arriviamo al “sentimento del contrario” che è la
caratteristica fondamentale dell’umorismo.
“Esteticamente e psicologicamente, l’umorismo può considerarsi come un fenomeno di
sdoppiamento nell’atto della concezione: erma bifronte, che ride per una faccia del pianto della
faccia opposta” completamente diverso da Bergson che considera il riso e il comico opposti
all’immedesimazione, Pirandello invece concepisce l’umorismo come superamento del comico.
Le novelle
• la produzione delle novelle lo accompagna per tutta la sua carriera letteraria
• Nel 1894 esce la prima raccolta Amori senza amore
• A partire dal 1922 decide di riorganizzare l’intero corpus di novelle in Novelle per un anno,
l’obiettivo era quello di arrivare a 365 novelle ma l’autore riuscirà a pubblicarne e produrne
solamente 250
• A differenza della produzione romanzesca e teatrale, nelle novelle non abbiamo un’evoluzione
• La produzione di narrativa è il “laboratorio” creativo di Pirandello, che racchiude centinaia di
situazioni e di personaggi
• L’ambizione di Pirandello è quella di indagare e approfondire la problematica dei personaggi
umoristici che in mano di questo autore sono portatori di una storia complessa e di un’identità
problematica
• Numerosa varietà tematica, molte di ambientazione siciliana con personaggi grotteschi e bizzarri,
abbiamo anche un ambiente più grigio come quello della capitale, un mondo piccolo-borghese
• Emerge così un quadro straordinariamente sfaccettato della società italiana tra Ottocento e
Novecento
• L’attenzione di Pirandello è rivolta al momento in cui la maschera sociale va in crisi e si apre
un’intuizione del vuoto e della verità dell’esistenza
• Molte novelle approfondiscono i meccanismi della finzione che trova estreme conseguenze nella
sua produzione teatrale.
La carriola (1917)
Il narratore racconta in prima persona dell’episodio in cui scopre di non riconoscersi più nella sua
identità e successivamente ogni giorno si concede dei momenti per vivere la sua follia, avendo come
unico spettatore la sua cagnolina a cui fa fare la carriola.
“ vidi a un tratto, come da fuori, me stesso e la mia vita, ma per non riconoscermi e per non
riconoscerla come mia”
I romanzi
• dal 1893 al 1915, nel 1904 esce Il fu Mattia Pascal mentre nel 1926 pubblica Uno, nessuno e
centomila, ricordiamo anche L’esclusa nel 1893 (ambientazione siciliana e tema del tradimento)
Il fu Mattia Pascal
Trama
Mattia Pascal, sollecitato da un amico, decide di riscrivere la sua storia. Un giorno non sopportando
più la vita domestica, decide di fuggire. Vince alla roulette e mentre è in treno per tornare a casa in
treno legge sul giornale la notizia della sua morte. Mattia decide di cogliere l’occasione per iniziare
una nuova vita. Con il nome di Adriano Meis inizia a viaggiare e poi si trasferisce a Roma dove entra
in contatto con Anselmo Paleari, personaggio che formulerà alcune delle idee più rappresentative del
romanzo, come la “lenterninosofia” e lo “strappo nel cielo di carta”. Mattia successivamente decide
di rinunciare alla sua identità di Adriano Meis, inscenando un suicidio e riprendendo la sua vecchia
identità di Mattia Pascal. Tornato nel suo paese, la gente lo esclude e lui ai margini della vita, visita la
propria tomba al cimitero.
• Mattia Pascal fa l’esperienza radicale dello sdoppiamento, della perdità d’identità,
dell’incomunicabilità
• Sperimenta la “vita nuda” che però gli permette di osservare la realtà dall’esterno e di sviluppare
uno sguardo distaccato, di comprendere l’inconsistenza e la fragilità delle maschere sociali
Premessa seconda (filosofica)
Il narratore Mattia Pascal, si rappresenta nell’atto di scrivere e di raccontare la propria vicenda. Si
tratta di una riflessione meta narrativa.
Riflessione su Copernico che Mattia sviluppa, riguarda il posto dell’uomo nell’universo e l’importanza
delle storie individuali. Finchè si riteneva che la Terra fosse il centro del cosmo, le vicende umane
erano eroiche e potenti, ma da quando si è scoperto che la Terra è solo “un’invisibile trottolina” le
storie umane hanno perso di valore. A questo punto il narratore deve chiedersi se la sua storia è
degna di essere raccontata.
“Uno strappo nel cielo di carta del teatrino”
• Questo passo sembra voler annunciare lo sviluppo teatrale della poetica pirandelliana degli anni
seguenti.
• Acceso contrasto umoristico tra serio e comico (tragedia di Oreste viene recitata da marionette)
• Strappo nel cielo di carta = caduta della quarta parete e lo svelamento della finzione, lo strappo
mostra che la realtà è una finzione e il personaggio scopre di essere solo una “marionetta”
La “lanterninosofia”
Questa filosofia rovescia i tradizionali rapporti di valore: la verità dell’essere sta nel buio, che sembra
buio solo perchè la coscienza umana accende il “lanternino”. Quando questo si spegne scompaiono
insieme alla coscienza le angoscia e le incertezze. Radicale pessimismo: i lanternini individuali
riflettono i grandi lanternoni di alcune idee comuni all’umanità, anch’esse fittizie e destinate a
spegnersi. Pirandello ne prende le distanze perchè l’ attribuisce in versione umoristica al personaggio
di Paleari.
Uno, nessuno e centomila
• Iniziato nel 1908 e pubblicato nel 1926
Trama
Il protagonista Vitangelo Moscarda, che credeva inizialmente di essere “uno”, scopre poco a poco di
essere tanti individui diversi. Attraverso questo percorso che il protagonista approda alla
consapevolezza di voler essere “Nessuno”. All’inizio lavora come banchiere nel paese siciliano di
Richieri, successivamente a un’osservazione fattagli dalla moglie, aveva il naso pendente a destra, in
Vitangelo si innesca un’accanita inchiesta sulla propria identità. Intraprende così una riflessione
autodistruttiva che gli far distruggere una ad una le immagini che gli altri si sono fatti di lui. La gente
comincia a considerarlo pazzo e la moglie lo lascia facendolo anche rinchiudere in un “ospizio per
matti”. L’unica persona che lo difende è Anna Rosa che comunque alla fine esasperata gli spara. È
proprio durante la sua testimonianza in tribunale che Vitangelo riconosce di aver raggiunto una
condizione di vita senza più nome.
• il romanzo si presenta come un lungo monologo, prevalgono le parti riflessive che porta alle
estreme conseguenze la poetica umoristica pirandelliana
• La parte soggettiva è talmente predominante che sembra schiacciare i fatti reali
Non conclude
• il capitolo conclusivo del romanzo, ma il suo titolo è tipico della letteratura umoristica in quanto
sembra contraddire le convenzioni del genere perchè indica una prosecuzione nella vita silenziosa
che sto oltre le ultime parole del narratore.
• Si è conclusa la storia del protagonista, ma non si conclude la vita, che è puro presente
• Mediante la negazione sistematica delle false idee di se, il protagonista approda all’anonimato e
alla condizione di essere realmente “nessuno”
• L’immediatezza del rapporto con la natura implica, nel caso di Moscarda, l’anonimato, la perdita
dell’identità, e la marginalità sociale
• Tipico effetto dell’avvenimento del contrario perchè si avverte un contrasto comico tra ciò che è e
ciò che dovrebbe essere. Ma il lettore non può ridere: egli sperimenta così il “sentimento del
contrario”
Approfondimento: Pirandello e la follia
Il critico Elio Gioanola nel libro Pirandello la follia afferma che i personaggi folli di Pirandello sono
caratterizzati da una forma di schizofrenia, si staccano dal flusso della vita, osservandola dall’esterno
e perdendo la sintonia con la società. Questo distacco dalla società viene innescato da un momento
rivelatorio di estrema lucidità, con la riduzione della personalità. Si tratta di una follia fredda che si
esprime in comportamenti destabilizzanti non perchè violenti o insensati. Questi personaggi cadono
in una crisi d’identità, non sono più in grado di indossare le maschere richieste dal vivere sociale.
Non perdono però la facoltà ragionativa, esse sono le persone che hanno compreso l’inautenticità
della vita e optano per un’esistenza ascetica.
Il teatro
Pirandello vi si dedica in modo continuo solo dal 1915, quando vede nel teatro la concreta
realizzazione dei temi portanti della sua produzione narrativa: i casi paradossali, la riflessione
umoristica, la caratterizzazione espressiva dei personaggi, la tendenza al dialogo.
Varie fasi:
• Teatro regionale o verista: ambiente siciliano, personaggi e relazioni interpersonali
• Dislocamento dell’artificio: ambiente borghese, inchiesta verbale, identità vs apparenza,
molteplicità dei punti di vista
• Teatro nel teatro: messinscena realistica e discorso logico-razionale, rapporto tra
autore,attore,personaggio e spettatore, realtà vs finzione, riflessione umoristica
• Teatro dei miti, problemi sociali della modernità, utopia di società, fede e arte, figure e modi teatrali
di carattere simbolico.
Sei personaggi in cerca d’autore
Il sipario è alzato, le luci sul palco sono accese, e uno alla volta vi entrano gli attori di una compagnia
che devono mettere in scena una commedia di Pirandello. Iniziano le prove, ma dalla platea arrivano
sei misteriose figure che si presentano come Personaggi. Essi sono stati concepiti da un autor che
poi non ha voluto dar loro compimento e trasporre il dramma in forma artistica. I Personaggi
convincono gli Attori a rappresentare la loro storia. Ma ne derivano scontri e incomprensioni tra i
Personaggi che raccontano la vicenda e gli Attori che la devono rappresentare che vogliono tagliare
alcune parti o imporre la loro tecnica di rappresentazione.
Ecco la storia: padre e madre avevano avuto un figlio, ma poi era nato un amore tra la madre e un
altro uomo da cui erano nati figliastra, giovinetti e bambina; morto l’altro uomo, la starta dove
lavorava la figliastra la fa diventare una ruffiana, e un giorno arriva come cliente il padre. La scena
incestuosa è interrotta dell’arrivo della Madre. Il padre, assillato dalla colpa accoglie tutta la famiglia
in casa sua. Situazione intollerabile, ostilità del figlio altezzoso, culmina con la Bambina che annega,
e il giovinetto che si spara.
Si tratta di un dramma scabroso, che mette in imbarazzo la compagnia. I personaggi insistono per
rappresentare tutte le scene, soprattutto le scene più traumatiche, che sono fissate per sempre la
loro identità e la loro storia.
I personaggi non si riconoscono nella rappresentazione che gli attori provano a dare del loro
dramma. Ne derivano polemiche continue, risulta evidente che la “vita autentica” non può essere
rappresentata nella messia scena teatrale. Compare anche la sarta in forma di fantasma., la finzione
sembra cadere del tutto alla notizia drammatica che, come nella storia, la bambina è annegata e il
giovinetto si è ucciso. I personaggi spariscono lasciando sulla scena gli attori allibiti. Fuori scena si
sente l’amata risata della figliastra.

Questa rappresentazione non presenta atti, ne scene, tutti i personaggi sono sempre in scena
Tratto peculiare è la vitalità dei personaggi, l’autore dei Personaggi ha avuto paura della narrazione
troppo vera e troppo scandalosa
Con “Sei personaggi il cerca di autore” Pirandello svela la finzione teatrale e come essa non possa
rappresentare la realtà autentica. L’apparizione dei sei personaggi fa crollare l’illusione scenica.
Scompare la quarta parete, il teatro diventa una povera realtà quotidiana.
Lettura critica “Pirandello e il teatro della tortura” di Giovanni Macchia
• elemento di attualità di Pirandello sta nell’aver affrontato la crisi del teatro e averne allontanato la
distruzione
• La crisi è all’interno delle forme drammatiche
• Non accetta alcuna distinzione tra realtà empirica e mondo ideale
• Il teatro interroga, acuisce, aggrava, non conforta ne lenisce
• Più di qualsiasi altro drammaturgo moderno ha avvertito il declino della tragedia nel teatro
moderno
• L’esistenza pesa sui personaggi
• Il dramma diventa una cosa sola con la discussione del dramma. Le persone si tramutano in
personaggi teatrali, quando raggiungono quel minimo di coscienza e di volontà che non hanno
avuto nella vita e che possono gridare nel teatro
• La sua concezione dell’umorismo può essere vista come una diversa manifestazione di crudeltà,
l’umorismo diventa la forma di una diabolica volontà di abiezione. Egli si servì anche dell’umorismo
per negare all’uomo qualsiasi illusione ed entra di diritto nelle forme di questo teatro della tortura.

Quadro culturale 1920-1950


• crisi del positivismo, la scienza viene rifondata su basi di tipo probabilistico
• Analoga trasformazione in campo filosofico, interrogarsi sui limiti della conoscenza, epistemologia
• Abolizione della libertà di parola proclamata con le leggi speciali del 1926, intellettuale chiuso nella
“torre d’avorio” tanto criticata da Gramsci.
• Primo polo di aggregazione fu la rivista romana “La Ronda” si proponeva di vigilare sugli scrittori
che si fossero allontanati dall’ideale di separazione tra attività letteraria e impegno politico, per
ricondurli alla concezione di arte come puro esercizio di stile.
• Eccezione nella rivista “Solaria” che si schierò apertamente contro il nazionalismo culturale,
dedicando grande attenzione alla cultura europea e americana.
• Il rifiuto della “torre d’avorio” riferimento importante nella casa editrice Einaudi, ispirata all’impegno
civile in opposizione all’ideologia fascista. L’attività degli intellettuali antifascisti spianò il terreno
per la letteratura neorealista.
Giuseppe Ungaretti 1888-1970
Nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, nel 1912 si trasferisce a Parigi dove segue le lezioni di Henri
Bergson. Nel 1914 si sposta a Milano, e successivamente allo scoppio della prima guerra mondiale si
arruola volontario e viene mandato sul Carso. Li compone la sua prima raccolta poetica Il porto
sepolcro. Nel 1920 si trasferisce a Roma dove matura una nuova poetica, il “ritorno all’ordine”, e nel
1922 aderisce al fascismo. Nel 1928 aderisce al cristianesimo e dal 1937 al 1942 insegna
all’università di San Paolo in Brasile approfondendo la sua conoscenza su Dante, Petrarca e
Leopardi. Si apre una nuova stagione letteraria basata sulla riflessione riguardo la cultura barocca e
dal confronto con i classici italiani. Ma nel 1939 la morte del figlio Antonietto, sconvolge la vita del
poeta, alla quale si aggiunge anche il secondo conflitto mondiale, da cui nascerà la raccolta Il dolore.
Nel 1942 torna a Roma, dove raggiunge l’apice del suo successo, muore poi a Milano il 2 Giugno
1970.
Poetica
“Sono un frutto / d’innumerevoli contrasti d’innesti” così Ungaretti definisce la propria identità
intellettuale e poetica. Numerose furono le influenze della letteratura francese, dalla lettura di
Mallarmè che si rivela decisiva per il valore fonosimbolico dei vocaboli e per la riflessione sul vuoto
che si apre al di sotto delle parole, sull’impossibilità di attingere a verità nascoste, e da Charles
Baudelaire, con il quale ha in comune l’idea di poesia, intesa come esplorazione dell’abisso.
Per Ungaretti la poesia è la tensione a cogliere il segreto dell’essere “ il vero poeta anela a
chiarezza: è smanioso di svelare ogni segreto”. La poesia è strumento di conoscenza (come Svevo);
alla parola spetta il compito di esprimere l’eterno e per questo ha un carattere sacro.
Ungaretti se visto come poeta nomade, aspira a un luogo in cui radicarsi, ma la verità si rivela
continuamente sfuggente, oltre le certezze e per questo il poeta è sempre in movimento.
Questa tensione verso l’oltre convive nel primo Ungaretti con la necessità di un viaggio in profondità.
Le immagini simboliche sono quelle del palombaro, del lupo di mare ecc..
L’attività poetica di Ungaretti è caratterizzata da un continuo revisionare e correggere, come
conseguenza alla concezione che il poeta ha della poesia: ricerca mai interrotta della verità, alla quale
è possibile solo avvicinarsi.
A cominciare dal 1942 Ungaretti unisce le sue poesie nella raccolta Vita d’un uomo che simboleggia
un legame diretto tra biografia e opere.
L’allegria
Pubblicò prima Il porto sepolto, nel 1916, raccolta che confluirà successivamente nell’Allegria di
naufragi del 1919. La raccolta presenta una struttura attentamente calcolata, organizzata in cinque
sezioni: Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago e Prime.
Il Porto sepolto si conferma come nucleo generativo dell’ispirazione poetica ungarettiana. Questo
titolo allude all’inabissarsi del poeta nelle profondità della realtà e dell’animo umano per poi
riportarne in superficie il segreto.
Il titolo del secondo volume è un ossimoro “l’uomo quando crede di essere arrivato in porto, ci arriva
da naufrago, dopo aver lasciato molte illusioni. Ma il fatto di essere arrivato, da comunque un
discreto piacere, allegria”. Dunque la gioia è associata al dolore, e l’espressione di una volontà
caparbiamente positiva che il critico Gianfranco Contini definì “un quasi fisiologico ottimismo”.
Le poesie di questa raccolta presentano una radicale novità, spesso sono molto brevi, si basano
sull’uso del “versicolo”, cioè di un verso ridotto alla misura di una singola parola, spesso un aggettivo
o un avverbio. Le poesie si sorreggono su una fitta rete di richiami fonici. La poesia di Ungaretti non è
poesia dell’immediatezza, ma è ricerca inesausta di senso che “s’incontra religiosamente attorno a
una parola” (Contini). E infatti la parola è isolata perchè possa sprigionare la sua carica semantica.
Anche attraverso l’uso dell’analogia, il poeta cerca di rendere lo spessore semantico, l a parola è
usata per evocare “immagini senza fili”.
Le liriche sono una sorta di diario di guerra, la presenza di luogo e data significa che è nella
concretezza della storia che la poesia può ritrovare senso d’esistenza.
L’esperienza da cui trae maggiormente ispirazione è la guerra, e di conseguenza l’attaccamento alla
vita. La guerra diventa l’occasione per prendere coscienza della “condizione umana, della fraternità
degli uomini nella sofferenza, dell’estrema precarietà della loro condizione”.
T6 Il porto sepolcro
• Nella prima strofa il poeta definisce la poesia come discesa nella profondità dell’essere e della
parola e della successiva riemersione, nella seconda strofa, egli si esprime in prima persona.
• Fare poesia significa condividere, rivelare agli altri il segreto, e allo stesso tempo far luce in se
• Nella seconda strofa l’inafferrabilità del “segreto” è espressa mediante un’espressione di vaghezza
raggiunge mediante l’utilizzo dei dimostrativi: Ungaretti assimila qui la lezione di Leopardi
• Ripresa di un topos antico, ovvero quello della discesa degli inferi, l’immersione per purificarsi
T9 Fratelli
• Nella lirica parla una voce unanime e corale, unico verbo all’inizio, e una serie di sostantivi che
hanno la sola funzione di apposizione del termine chiave “fratelli”. Essi esprimono diverse
caratteristiche della fratellanza: è un sentimento che nasce inaspettato nell’animo del poeta
soldato, ma nello stesso tempo è l’inizio della rivolta contro l’inumanità della guerra.
• Frequenti analogie, sensazioni di precarietà e fragilità, ma anche di coraggiosa resistenza di fronte
alla guerra
• I soldati sono accomunati dallo stesso vissuto tragico, quindi si devono unire per mettere fine alla
guerra
T10 Sono una creatura
• tre strofe: la prima è dedicata alla pietra paragonata al pianto nella seconda strofa, la terza strofa
conclude lapidariamente in forma di aforisma, la vita è una continua sofferenza
• Aggettivi riferiti a pietra che formano una climax ascendente, sottolineata dall’anafora dell’avverbio
così.
• Il motivo della pietrificazione è reso attraverso la consonanza della t
• concepisce il “grido di pietra”, muto che sarà emblema della poesia novecentesca
Il dolore
Raccolta pubblicata nel 1947, trae ispirazione dai lutti e dalla seconda guerra mondiale.
Si distingue per un’esasperata ricercatezza formale, risente della ricerca barocca, ma è anche il
riflesso di una poesia che si chiude in se stessa. L’insistenza sulle ripetizioni foniche, il preziosismo
delle metafore, il proliferare degli artifici retorici finiscono per svuotare la parola: il linguaggio troppo
pieno è un tentativo di colmare il vuoto che incombe.

T15 Tutto ho perduto


• la scomparsa del fratello significa per il poeta la perdita irrimediabile del mondo infantile, inteso
come momento iniziale e stato di edenica felicità
• La realtà è una “spada invisibile/mi separa da tutto”
• Motivo della pietrificazione “roccia di gridi”, la sofferenza riesce a esprimersi solo attraverso un
grido momentaneo e subito interrotto.
• Tema della perdita, reso evidente dal verbo e dalla ripetizione della parola stessa, associando il
destino del poeta a quello dell’infanzia
• La ripetizione a v.3 e 14 della parola grido assume un duplice significato, prima sfogo liberatorio,
poi simbolo di mancanza di vita
• L’impossibilità di un ritorno alle origini significa dunque perdita della forza vitale e cancellazione di
ogni speranza di felicità
Eugenio Montale
Nasce a Genova nel 1896, compie studi di ragioneria. Partecipa alla guerra in Trentino, poi torna a
Genova, pubblica nel 1925 Ossi di seppia. Successivamente collabora con la rivista “Solaria” e con il
“Corriere della Sera”. Nel 1949 instaura una relazione sentimentale con Maria Luisa Spaziani,
pubblica La bufera e altro, Satura, Diario del 71’ e del 72’, Quaderni di quattro anni. Viene premiato
nel 1975 con il Nobel per la letteratura, muore a Milano nel 1981.
Poetica
Montale si forma autonomamente, la sua poesia nasce da una serie di suggestioni che non si limitano
ai soli testi letterari, dal 1920 al 1980. Ricoprono un ruolo fondamentale gli studi musicali che compie
parallelamente alla produzione letteraria; questo esercizio di fusione tra poesia e musica, sono
ancora reduci dell’influenza Simbolista ma sono anche segno di un’attenzione e di una sensibilità per
le suggestioni musicali della parola.
Influenzato anche dal pensiero di Shopenhauer, che affiora nella problematica del “male di vivere”.
Ma il pessimismo shopenhaueriano è attenuato dal pensiero del filosofo Emile Boutroux che
introduce la possibilità di liberarsi dalle leggi di necessità e causalità, proponendo una difesa della
libertà individuale in chiave spiritualistica.
Montale non guarda alla classicità con un tono di sfida ma sviluppa il suo stile e la sua forma poetica
in modo tale che dialoghino criticamente con la tradizione.
Rapporto con D’Annunzio: lo attraversa e lo ribalta. Nel saggio Stile e tradizione prende distanze dalla
poesia nazionale e iper letteraria di D’Annunzio e da Carducci, denunciando l’assenza di una
letteratura non elitaria, che dovrebbe essere “civile, colta e popolare insieme”. Montale propone una
letteratura più semplice e chiara, con un abbassamento dello stile e una semplificazione del
linguaggio.
Montale presenta anche un legame molto stretto con la letteratura straniera, poiché traduce T.S.
Elliot (da cui trarrà il correlativo oggettivo)
Temi
• condizione umana nella sua precarietà e fragilità, schiacciata dal “male di vivere”, senso personale
d’esclusione, percezione di estraneità, ma soprattutto c’è un disagio storico e culturale, proprio
dell’uomo dell’intellettuale novecentesco ( evidente anche in Svevo e Pirandello, con i personaggi
inetti e spaesati)
• Montale cerca di compensare quella disarmonia attraverso la costante ricerca di risposte, nella
speranza di trovare una via di salvezza. La sua poesia è “sguardo che fruga d’intorno” che “indaga
accorda disunisce”
• Questa ricerca porta alla duplice funzione della poesia: storica e metafisica. Sul piano storico
assume un valore etico, si fa invito alla consapevolezza e alla conoscenza in opposizione
all’indifferenza degli uomini. Sul piano metafisico mira a svelare la realtà più autentica della
condizione umana per trovare il segreto dell’esistenza e investe una funzione salvifica
• Forma la poetica del correlativo oggettivo ( che condivide con T.S.Elliot ) l’oggetto irrompe nel
testo senza che sia espressa l’occasione spinta, ovvero il dato emotivo o concettuale a esso legato
e la sua valenza simbolica. Il significato degli oggetti resta indefinito e gli oggetti stessi si caricano
di una valenza evocativa e allusiva molto forte.
• Nelle ultime raccolte lo stile è caratterizzato da un taglio diaristico e narrativo, abbassamento di
tono e un o stile prosastico
Ossi di Seppia
• La prima edizione esce nel 1925
• Appare come un libro, o come una biografia in versi, i componimenti sono raccolti in sezioni,
ricostruiscono il percorso dell’antieroe, segnato da un “senso d’inadattamento”
• Il titolo da già mostra alla capacità evocativa di Montale: gli ossi di seppia sono i residui della parte
calcarea dei molluschi, che il mare restituisce alla riva, prosciugati di vita.
• L’intera raccolta è costituita dalla costante oscillazione di sentimenti antitetici, l’io rimane alla
costante ricerca della speranza, della manifestazione di una verità. È un percorso di ricerca amaro
e doloroso
• Lo sfondo è il paesaggio ligure, emblema della condizione esistenziale di oscillazione, da un lato
con la sua aridità e secchezza, esprime la desolazione e il sentimento doloroso dell’esistenza,
dall’altro rispecchia l’atteggiamento ascetico e stoico dell’individuo che resiste. L’immobilità e
immutabilità del mare è l’unico luogo che può custodire il mistero e diventa amblema della salvezza
continuamente ricercata.
• Luperini oscillazione costitutiva degli Ossi, quella tra illusione e disincanto, trova il suo riflesso
nell’oscillazione tra la presa di consapevolezza dell’impotenza della poesia e la speranza che a
essa possa essere ancora riservato un ruolo salvifico.
• Rapporto ambivalente con i classici, il “male di vivere” risente del pessimismo leopardiano e della
lettura di Shopenhauer.
• È fondamentale il rapporto con Alcyone, il libro infatti può essere considerato come una replica
dell’opera dannunziana. Ossi è concepito come un racconto in progressione ed è dominato da
atmosfere marine, quello di Montale è però un paesaggio assai distante dalla fusione panica di
D’Annunzio. La sostanza della poesia di Montale che nasce proprio dal superamento della
tradizione simbolista dannunziana.
• Sempre secondo Luperini, Montale recupera i versi della tradizione, ma li sbriciola. I versi più
utilizzati sono gli endecasillabi (che presentano talvolta irregolarità), la forte attenzione agli aspetti
fonologici del testo è un’eredità dantesca forte
T1 I limoni
• poeti laureati = Carducci, Pascoli e D’Annunzio
• Spesso riferimenti alla “Pioggia nel pineto” = “bossi ligustri o acanti”
• “Qui delle divertite passioni/per miracolo tace la guerra”: considera la guerra una passione deviata
nel paesaggio dei limoni si placa per miracolo il conflitto
• Nella parte finale abbiamo un messaggio di speranza con l’immagine delle “trombe d’oro della
solarità” (omaggio a Mallarmè)
• Infine il paesaggio della campagna si contrappone alla città, simbolo del completo disincanto ormai
raggiunto
• Montale si muove liberamente all’interno e al di fuori della tradizioni letterarie
• Rigoroso gioco di rime e assonanze
• Non è poesia realistica: ogni elemento viene caricato di significati reconditi
• Tema della funzione della poesia che può essere il mezzo per cercare il senso ultimo, creando
degli squarci improvvisi (come l’albero dei limoni)
T2 Non chiederci la parola
• Montale esorta il lettore a non attribuire al poeta la capacità di fornire letture rivelatrici sulla natura
umana
• Montale non ha alcuna certezza da dare “Codesto solo oggi possiamo dirti/ciò che non siamo, ciò
che non vogliamo”
• Prende le distanze dal poeta vate ma anche dall’uomo medio che è sicuro di se
T3 Meriggiare pallido e assorto
• “com’è tutta la vita e il suo travaglio/in questo seguitare una muraglia/che ha in cima cocci aguzzi di
bottiglia” il testo si apre e si chiude con l’immagine del muro (limitazione delle capacità osservative
dell’uomo, collegamento con l’infinto di Leopardi)
• Richiamo a Dante nella tecnica di affidare alle figure di suono la funzione di evocare l’asprezza del
paesaggio (“schiocchi”, “scaglie”)
• Rovesciamento del topos dell’ora meridiana, che se nella tradizione assumeva un significato di
armonia tra uomo e natura, adesso rimanda a una concezione dolorosa della vita
T4 Spesso il male di vivere ho incontrato
• “ spesso il male di vivere ho incontrato/era il rivo strozzato che gorgoglia/era l’incartocciarsi di una
foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato”
• Contrapposizione tra immagini alte e basse (rivo basso contrapposto con la progressione
ascensionale della statua, della nuvola e del volo del falco)
• Alternanza tra suoni aspri e levigati
• La divina Indifferenza (lettera maiuscola la divinizza), male di vivere inteso come malessere
esistenziale assoluto, la soluzione è mantenere un atteggiamento di impassibilità
Le occasioni
La prima edizione esce nel 1939, si pone in un rapporto di continuità con Ossi di Seppia, si ripete
l’organizzazione interna, scandita in quattro sezioni e “incorniciata” da due componimenti, il libro
segue un doppio filo narrativo, la storia con Clizia, e la progressione storica segnata dal fascismo.
• ambientazione è frammentaria e prevalentemente urbana (Liguria è luogo della memoria)
• Il tempo è discontinuo e franto, composto da singole occasioni ( occasioni-spinta ) che riportano
la memoria a rivivere precisi istanti di vita
• La poetica delle occasioni-spinta è strettamente connessa alla poetica del correlativo-oggettivo
• Sotteso ai testi è il senso di esclusione dell’intellettuale non organico al regime, l’unica salvezza è
la cultura di cui è emblema il personaggio di Clizia, figura per lo più invocata, ma di fatto assente
(novella Beatrice)
T10 Non recidere forbice
• Montale riflette sul tema della memoria legandola all’assenza della donna amata. Dapprima
esprime il desiderio di ricordare il volto Clizia, l’unica immagine a spiccare da un passato che tende
a confondersi nella nebbia della dimenticanza; poi concretizza il tragico svanire della memoria
nell’immagine autunnale dell’albero
• “Non recidere forbice, quel volto/solo nella memoria che si sfolla” quel volto è la possibilità di
salvezza
• “Belletta” termine Dantesco
Lettura critica: La poesia, l’io e il “regno dei morti” (Giorgio Barbieri Squarotti)

La bufera e altro
Pubblicata nel 1956, costituisce una sintesi dei primi due libri, l’aridità e la negatività dell’esistenza
diventano una condizione universale di sofferenza, di cui guerra e distruzione sono l’allegoria.
Domina una simbologia religiosa.
Il poeta è travolto dalla bufera della Seconda guerra mondiale. Si presenta come una raccolta
frammentaria e rapsodica, divisi in sette sezioni: a ciascuna di esse corrisponde un momento della
vita e della riflessione di Montale.
Montale recupera il motivo petrarchesco dell’amore sublimato e riprende la figura salvifica di Clizia,
connotata come donna-angelo unica apportatrice di speranza e salvezza.
La poesia Iride dimostra come la funzione salvifica associata a Clizia divenga a questo punto per
Montale insufficiente, a metà delle raccolte Clizia diventa Cristofora, occorre che la donna si distacchi
dalla terra e come Cristo, soffra per tutti. Così si consuma il sacrificio di Clizia nella Primavera
hitleriana, fino al suo dileguamento.
Alla scomparsa di Clizia corrisponde alla comparsa di Maria Luisa Spaziani nominata con
l’appellativo “Volpe” e simboleggia la nuova figura salvifica di Montale. Se Clizia è associata al sole,
la Volpe predilige l’ombra. La sua presenza è spesso accomunata al calore del fuoco.
Montale conclude la raccolta con la sezione Conclusioni provvisorie a cui affida una riflessione di
carattere civile, il poeta intende difendere le proprie scelte laiche e indipendenti. Il fascismo, la guerra
rappresentano per Montale delle parentesi tragiche ma passeggere e vanno inserite in un discorso
più ampio di carattere filosofico e esistenziale.
• rigorosa tessitura metrica e stilistica, come risposta alla proliferazione della cultura di massa.
Prende dalla Commedia di Dante il plurilinguismo, pluristilismo e la pluralità di interpretazioni.
T13 La primavera hitleriana
• prima parte focalizza il discorso su una serie di dettagli inquietanti: la “strage delle falene
impazzite” o il “muso dei capretti uccisi”
• Parte seconda introduce la figura di Clizia e la sua figura salvifica, la prospettiva del riscatto passa
attraverso il sacrificio di Clizia
• Elemento dei participi passati legati alle azioni di Hitler lo rinchiudono in un momento determinato
• Contrasto tra realismo e elementi astratti biblici
• Gli uomini sono corresponsabili del male del dittatore. Per questo motivo il poeta definisce con
l’ossimoro “miti carnefici” i cittadini inconsapevoli delle conseguenze della loro azioni
• Il poeta prende atto che la cultura e l’antifascismo non bastano davanti a Hitler
• “Tutto per nulla dunque?” Il polline della primavera non da più vita ma diventa infernarle “che stride
come il fuoco”
• Promessa di un riscatto futuro (stella cadente) nella figura di Cristofora.
L’ultimo Montale
1971 pubblica Satura dopo un lungo periodo di pausa, che ha una motivazione profonda: Montale
ritiene che l’industrializzazione e la mediatizzazione abbiano condotto l’uomo a una condizione di
frenesia impotente e ridotto la poesia a una “balbuzie”. Il linguaggio dell’ultimo Montale si riduce al
prosaico, la sua ultima produzione poetica tende alla parodia di se stessa, con titoli neutri ben lontani
da quelli evocativi dell’esordio letterario. Eppure Montale ritiene che la poesia sia ancora garante
della dignità umana.
T16 Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
• Nella prima strofa metafora del viaggio come esistenza ma anche come occorrenza di vita
quotidiana
• La seconda settimana si riferisce a una distinzione tra vista interiore e esteriore “perchè sapevo
che di noi due/le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate/erano le tue”, denota Drusilla di
un’intelligenza straordinariamente acuta, in grado di cogliere la realtà effettiva
• Stile prosaico e una lingua colloquiale, ambito del parlato “almeno un milione di scale “(iperbole)
Umberto Saba
Nato a Trieste nel 1883, e si trasferisce nel ghetto ebraico cittadino. Stringe rapporti con intellettuali e
uomini di cultura, pubblica le prime raccolte di versi, nel 1929 inizia una terapia psicanalitica. A
seguito dell’occupazione tedesca, fugge a Firenze in clandestinità, ultimando la seconda edizione del
Canzoniere (1945). Negli anni successivi Storia e cronistoria del Canzoniere (1948). Muore a Gorizia
nel 1957.
Poetica e stile
Si pone su una linea diversa rispetto alle avanguardie, si inserisce nella tradizione italiana. Trova la
sua ragione d’essere nella ricerca di un’identità culturale per chi, era nato in una città mitteleuropea
con popoli diversi.
Saba condanna i versi solo “appariscenti” e “clamorosi” di D’Annunzio. È quindi all’interno della più
antica tradizione italiana, che egli cerca il proprio spazio.
Esseri fedeli alla tradizione vuol dire attribuire grande importanza alla forma “col dolore/ e col sangue
ricreo l’antico stile”, la sua poesia vuole essere semplice ma elegante, contrapponendosi ai
crepuscolari. Nella poesia di Saba manca l’ironia, anche nella scelta del metro è fedele agli schemi
tradizionali, sonetto e canzone.
Alla radice della poesia di Saba, ci sono una serie di conflitti: tra figura materna e paterna, tra
ebraismo e cristianesimo, tra sentimento di estraneità e aspirazione a un’armoniosa partecipazione
alla comunità umana. La contraddizione di fondo si concretizza sulla pesantezza e la leggerezza,
continua tensione verso la leggerezza (figura paterna) che non viene mai raggiunta e sempre
controbilanciata dall’attrazione esercitata dal fantasma materno.
Il Canzoniere
Esce per la prima volta nel 1921 e poi arricchito nel 1945; esso è per Saba “l’opera di tutta la mia
vita”, attraverso la scrittura il poeta cerca di dare un senso alla propria esistenza, di attingere alle
radici profonde del male. Continua revisione che fa emergere sempre di più significati nascosti,
riprendendo in mano il proprio passato e cercare di spiegarlo. La poesia ha valore consolatorio e
terapeutico.
La critica ha definito il lessico del canzoniere, inclusivo, aperto a registri diversi, dall’aulico al
quotidiano. In questo Saba è “antinovecentesco”, è piuttosto la sintassi a garantire la “poeticità” con
frequenti anastrofi e iperbati. Per influenza della contemporanea poesia ermetica (Ungaretti e
Montale) la scrittura si fa più evocativa, la parola è isolata e risalta di più.
Fra il 1944 e il 1947 Saba scrive un commento della propria opera poetica, Storia e cronistoria del
Canzoniere. Parla in terza persona sotto lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei, lo scopo è quello
di proclamare la grandezza e l’originalità della propria opera contro la “scarsa comprensione” della
critica. Il poeta si fa interprete di se stesso, fornendo una propria personale interpretazione.
T1 Qualità e difetti di Saba
• serie di punti relativi alla propria poesia, l’intento è quello di difendere la propria opera di fronte a
una critica che secondo l’autore stesso, lo ha poco compreso
• Il brano si chiude con un invito al lettore non solo “a comprendere” ma anche “ad apprezzare” la
sua lirica
• Terza persona singolare, precisa volontà di distanziare e oggettivare gli eventi traumatici
• Interpretazione soggettiva, spiccano egocentrismo e dilettantismo
• Lo stile conservatore per avere sicurezza
Lettura critica: Il Canzoniere e la poetica dell’impurità (Mario Lavagnetto)
• È il poeta più lontano dalla poesia pura (Ungaretti)
• Non c’è nessuna volontà di elevare il linguaggio all’assoluto, di scavargli intorno il vuoto dove
possa esplicarsi
• La parola è portatrice di oggetti, la opprimono sul filo della prosa
T3 A mia moglie
• “Tu sei come la rondine/che torna in primavera/Ma in autunno riparte/e tu non hai quest’arte/Tu
questo hai della rondine/le movenze leggere”
• La conclusione dichiara la somiglianza di Lina a tutte le femmine di animali, la sua corrispondenza
con le creature del regno animale più che di quello umano.
• Anafora “Tu sei” e molti parallelismi danno ritmo alla poesia
• Il lessico è preciso e asciutto, lingua parlata e quotidiana ma con alcuni termini di carattere
letterario “gravezza” viene dalla poesia Alcyone
• Per Saba la poesia deve descrivere e narrare, senza mai abbandonarsi alla poetica del frammento
e dell’illuminazione
• Lina subisce un processo di “maternizzazione” (la giovenca che è gravide, la coniglia che deve
partorire) forse rimanda a una concezione di Saba nei confronti della donna solo in veste di
mamma
T4 La capra
• Due momenti. Nel primo il poeta quasi parla con scherzo dell’animale, nel secondo percepisce la
fraternità e l’eternità del dolore della capra, si pone in ascolto.
• Riconoscendosi nel dolore che avvolge tutto “il dolore è eterno” si sente vicino alla capra e si sente
un tutt’uno con qualsiasi elemento della realtà
L’Ermetismo
• tendenza poetica prevalente negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta del Novecento (1930
Acque e terre di Salvatore Quasimodo)
• condividono una visione della poesia e si riconoscono nell’articolo di Carlo Bo intitolato Letteratura
come vita, per gli ermetici la letteratura coincide con la vita stessa ed è “l’unica nostra ragion
d’essere”, ed è un’attività completamente autonoma. Vuole tentare di sondare il mistero dell’io
• Alla parola poetica viene attribuita una funzione salvifica
• Opposto a D’Annunzio dove era la vita a trasformarsi in letteratura e non il contrario.
• La poesia rimane una domanda senza risposta, quindi temi come il silenzio, l’assenza o l’attesa.

• è stato il critico Francesco Flora a usare per primo il termine “ermetismo”


• Alla base della poetica ermetica è l’identità tra intuizione ed espressione, la parola deve essere
usata in modo creativo
Il critico Pier Vincenzo Mengaldo ha individuato le caratteristiche formali:
• evitato l’uso dell’articolo
• Il plurale è preferito al singolare per il loro effetto vago
• Le preposizioni impiegate con totale libertà
• I costrutti sono stravolti
• I sostantivi sono usati con funzione di apposizione, creando analogie
• Lessico prezioso
• Latinismi e termini eruditi
• Frequenti le sinestesie e l’enallage
In base alle caratteristiche trovate dalla critica, l’ermetismo poteva trovare posto solamente nella
poesia. Influenzati dalla letteratura simbolista francese.
Salvatore Quasimodo
• Esordio nel 1930, Acque e terre, centralità riconosciuta alla singola parola
• Ed è subito sera (1942), preferenza per il frammento, la frequenza di parole astratte, l’uso improprio
delle preposizioni, alone evocativo
• Tema frequente il ricordo della Sicilia, memoria dell’infanzia
Alle fronde dei salici
• “ e come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra al cuore”
• Tema della seconda guerra mondiale, come sia possibile comporre ancora versi, di fronte a tanto
dolore anche il poeta rimane ammutolito
• Lessico realistico e crudo, i tre enjambements inducono a soffermarsi sui passaggi più tragici della
poesia, spicca l’immagine dell’urlo nero per la sua violenza
• Riscrittura del salmo rende il dolore universale
• Il poeta però non si sente solo, soggetto plurale
Prosa tra le due guerre
Alberto Moravia
• l’indifferenza, la mancanza di volontà e la corruzione morale della borghesia, sono temi centrali
dello scrittore e della sua prima opera Gli indifferenti . Società solo apparentemente regolata,
ordinata e pulita, contrastata da forze sotterranee e pulsioni istintive
Gli indifferenti
• “il dramma della ricerca di una ragione assoluta d’azione e di vita”
• All’inadeguatezza della realtà e alla perdita di vitalità delle cose corrisponde l’angosciosa
incomunicabilità tra i personaggi
• Carla e Michele, vivono con disagio la situazione familiare. La loro madre Maria Grazia, ha per
amante Leo, che sta per impossessarsi della loro villa di famiglia. Leo inizia a sedurre Carla, che
non rifiuta rinunciando alla prospettiva di un amore. Michele si mette con Lisa, amica della madre e
ex amante di Leo, la quale gli rivela della storia d’amore tra Leo e Carla. Michele cerca di uccidere
Leo, ma con un lapsus (in realtà perchè non avverte un’indignazione autentica) si dimentica di
caricare la rivoltella. Carla si sposa con Leo e Michele entra in affari con il neo cognato.
La letteratura del secondo Dopoguerra
L’urgenza più immediata è costituita dalla narrazione della realtà concreta del contesto postbellico,
che costituisce il nucleo essenziale del Neorealismo. Descrizione di ambienti circoscritti e provinciali.
Lettura critica “Le voci di un’epoca” dalla prefazione del Sentiero di nidi di ragno di Calvino
• usciti dalla guerra, carica propulsiva della battaglia appena conclusa, l’essere usciti da
un’esperienza che non aveva risparmiato nessuno, stabiliva un filo di comunicazione tra lo scrittore
e il pubblico
• La rinata libertà di parlare fu principio di smania di raccontare
• Il neorealismo non fu una scuola, fu insieme di voci, una molteplice scoperta delle diverse Italie.
Senza la varietà dei dialetti, non ci sarebbe stato un “neorealismo”
• Il linguaggio, lo stile, il ritmo aveva tanta importanza per noi, per questo nostro realismo che
doveva essere il più possibile distante dal naturalismo
Le opere di questo periodo non hanno una fisionomia uniforme, sia nella poetica che nello stile.
Ricordiamo Sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino, disegna la realtà attraverso lo sguardo e
ottiene una trasfigurazione fiabesca.
Pier Paolo Pasolini
Nasce nel 1922 a Bologna, nel 1942 si trasferisce con la madre a Casarsa, dopo la laurea nel 1945
milita nel Partito comunista italiano. Nel 1950 si trasferisce a Roma, pubblicando Ragazzi di vita.
Diventa uno dei protagonisti della scena pubblica e letteraria, negli anni sessanta entra nel mondo del
cinema e del teatro. Viene assassinato nel 1975.
Fino a metà degli anni sessanta guarda con adesione e partecipazione all’ambiente nel quale vive: il
mondo arcaico del Friuli. Condivide la marginalità, lacerazioni e contraddizioni, ne è affascinato fino a
idealizzarlo.
Dalla metà degli anni sessanta fino agli anni settanta, abbiamo una frattura storico-antropologica
nella società.
Poetica
• primo tempo Pasolini recupera generi, strutture, stili tradizionali: per il romanzo storie compiute e
personaggi ben definiti, ai quali definisce parlata e psicologie autentiche
• Metà anni sessanta, in poesia testi frammentari, nel romanzo strutture aperte, mostra progressivo
disinteresse verso la distinzione in generi.
Italo Calvino
Nasce a Santiago de Las Vegas nel 1923, da padre agronomo e madre botanica (influenzato dalla
scienza). Si trasferisce a Sanremo dove riceve un’educazione laica, nel 1944 si iscrive al Partito
comunista italiano. Si laurea nel 1947, nello stesso anno è assunto dalla casa editrice Einaudi.
Intraprende viaggi in America e in Asia, nel 1967 si stabilisce a Parigi. Nel 1980 si trasferisce a Roma
e nel 1985 muore a Siena.
• ritiene che il compito della scrittura sia quello di comprendere non la soggettività ma il mondo.
Delinea personaggi letterari “trasparenti”. Narrazione intesa come arte combinatoria o in cui è il
mondo a guardare l’io.
• Anni Quaranta-Cinquanta ispirazione neorealista e creazione fantastica, narrazione rigorosa e
razionale. Anni sessanta si interroga sulla modernità attraverso un linguaggio e un’immaginazione
fortemente improntati alla scienza.
• Letteratura come un’attività libera e autonoma, arte di combinare tra loro le diverse possibilità
narrative, leggerezza, rapidità.
• Scrittura sobria, precisa e incisiva. Ricorre al comico per non risultare patetico, lavoro continuo e
minuzioso.

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