Riassunti Letteratura Italiana
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Contesto culturale
• ci troviamo nel periodo post rivoluzione francese, risorgimento e epoca napoleonica, con le
trasformazione della società industriale
• Nuovo sentire tra gli intellettuali: un cambiamento è in atto, caratterizzato dal sentimento di
disarmonia tra il piano reale e quello ideale
• La base filosofica più importante per il Romanticismo è l’idealismo tedesco (si sviluppa a partire dal
700) con in particolare la visione di Fichte e Shelling
• Influenza anche da parte di Hegel che teorizza lo sviluppo razionale di una Storia universale
• In contrasto con la filosofia hegeliana abbiamo altri correnti di pensiero che valorizzano il principio
della libertà, da cui si svilupperà la teoria politica del liberalismo, che riconduce la libertà
individuale all’esistenza di diritti naturali inviolabili della persona e sostiene l’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge. Si sviluppa anche la teoria economica del liberismo che postula la
capacità dei mercati di autoregolarsi senza l’intervento dello stato.
Si può affermare che il romanticismo riprende e reimposta in chiave del tutto nuova questioni che già
in precedenza si erano poste come centrali (es. La natura, la concezione artistica, il concetto di
imitazione). Allo stesso tempo acquistano peso nuovi nodi come la dialettica fra individuale e
collettivo, il dissidio io-mondo, l’impossibilità di mantenersi nei sistemi dei generi, la necessitò di
forzare o violare le forme erediate dal passato. In questo senso possiamo vedere come il
romanticismo si oppone all’illuminismo e al neoclassicismo e invece assume un atteggiamento di
continuità nei confronti della sensibilità preromantica.
Il romanticismo scopre il sentimento, inteso come strumento conoscitivo; l’idea della società cambia,
al modello meccanicistico si sostituiscono visioni provvidenzialistiche; gli atteggiamenti egualitari
dell’Illuminismo lasciano il posto a atteggiamenti individualistici di tipo eroico-titanico.
Nuclei centrali del sentire romantico
• tensione all’infinito (streben) identificazione io-assoluto mediata dall’arte
• Anelito alla libertà come valore spirituale
• Valore assoluto dell’arte, espressione del genio
• Centralità dell’io (eroe romantico= malinconia,titanismo,vittimismo,egotismo,fuga)
La nascita del romanticismo in Italia
Si cominciò a parlare di romanticismo quando iniziarono a circolare le opere di Madame de Stael, che
erano costruite sulla contrapposizione tra civiltà tedesca e quella francese, la prima libertà di
immaginazione e sensibilità, la seconda freno razionale e rigido classicismo. Da queste
contrapposizioni iniziarono a entrare nella cultura italiana come l’antitesi tra letteratura classica e
quella romantica.. la nascità ufficiale del romanticismo è databile intorno al 1816 quando uscì
l’articolo di Madame de Stael Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni il quale provocò un acceso
dibattito. Dibattito che si “svolse” sulla neorivista il conciliatore fondata da Berchet e Borsieri (pro al
romanticismo). Secondo critico Asorrosa, due anime: realista, patetico sentimentale
• classicisti: eterna bellezza raggiuntà già nell’antica Grecia, imitazione, lingua aulica, cultura elitaria
• Romantici: storicismo, originalità, modelli autori moderni, cristianesimo, lingua parlata, ideale di
popolo
Hegel definisce il romanzo “epopea borghese”
Il naturalismo francese
Il termine Naturalismo viene usato per la prima volta in riferimento alla letteratura da Hippolyte Taine
in un saggio del 1858 a Balzac. Romanziere francese “artista poderoso e ponderoso, che ha, come
servitori e padroni, gusti e facoltà di naturalista”. Dieci anni dopo, Emil Zola utilizza il termine
naturalista per indicare una scuola di scrittori che porta avanti un’idea di romanzo incentrata
sull’osservazione diretta della realtà, senza lasciar affiorare la personalità dell’autore e senza
introdurre filtri romanzeschi.
Il Naturalismo rappresenta il punto conclusivo del realismo. I naturalisti si pongono l’obiettivo di
sondare tutti gli ambienti per “dipingere un’intera età sociale, nei fatti e nei sentimenti, e dipingere
questa età attraverso i mille dettagli dei costumi e degli avvenimenti”.
Emil Zola pubblica il primo romanzo naturalista Teresa Raquin, presentandolo come un grande studio
psicologico e fisiologico, contiene già il principale elemento della produzione naturalista: il concetto
dell’ereditarietà dei caratteri a cui viene ascritto il determinismo biologico che orienta le scelte e le
azioni dei personaggi. Nel saggio Il romanzo sperimentale Zola teorizza un’idea di letteratura come
esperimento e introduce la figura dello scrittore-scienziato. Secondo Zola, il Realismo si deve basare
non solo sull’osservazione esterna ma anche sulla sperimentazione dall’interno di ambienti sociali e
stili di vita. Zola intuisce anche che l’uomo è determinato dal contesto storico e sociale in cui si
colloca, per questo motivo il romanzo naturalista analizza e racconta l’uomo in relazione all’ambiente
sociale. Riprendendo le categorie di Taine, il romanziere francese intende costruire i propri
personaggi basandosi su ereditarietà biologica, contesto sociale e situazione storica.
Novità sul piano narrativo
Come ha scritto Pierluigi Pellini, sul piano narrativo il romanzo naturalista può essere contraddistinto
principalmente da tre aspetti:
• impersonalità narrativa (regressione dell’autore): connessa allo scenario politico-ideologico, il
romanziere rinuncia a proporre un suo sistema di valori, egli si deve limitare a registrare la
confusione dei valori della società
• Protagonista antieroico, una persona comune
• Ritmo circolare: ritmo lento, ripetitivo e circolare, spesso la narrazione viene sostituita dalla
descrizione
Nel romanzo naturalista vengono rappresentate tutte le classi sociali, con l’entrata in scena del
proletariato urbano. Dietro questa scelta vi sono degli intenti etici, poiché l’analisi e la comprensione
dei comportamenti umani sono finalizzati al miglioramento della società. Per i naturalisti questo
miglioramento è possibile solo dagli ordinamenti politici che devono occuparsi di una vera e propria
patologia sociale. Rivoluzione percepita come minaccia.
Il verismo italiano
Il verismo è il termine con cui viene indicata la corrente letteraria a cui appartengono le opere italiane
che si ispirano all’impersonalità narrativa di Flaubert e al mondo sperimentale di Zola. I principali
esponenti sono Capuana, Verga e De Roberto.
+ambientazione specifica
I Malavoglia
• all’inizio il ciclo dei vinti doveva chiamarsi Marea
• Che raffiguri la “lotta per la vita che si estende dal cenciaiuolo al ministro e all’artista e assume
tutte le forme, dall’ambizione, all’avidità del guadagno, e si presta a mille rappresentazioni del
grottesco umano”
• Nel 1881 viene pubblicato il romanzo
• Possiamo definire il romanzo, un “romanzo sperimentale”; ciò lo si evince dalla forma del romanzo:
la struttura è frammentaria e rappresenta una novità rispetto a tutta la produzione letteraria
precedente.
• Ogni riferimento a un’idea di totalità è assente, nel romanzo domina una narrazione “episodica e
molecolare” (Luperini) costruita attraverso blocchi narrativa
• Composto da 15 capitoli
Trama
La famiglia Toscano ( Malavoglia) è composta da padron ‘Ntoni, dal figlio Bastianazzo, dalla nuora
Maruzza (detta la Lunga) e dai nipoti: ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Contrariamente al soprannome
i Malvoglia sono conosciuti per essere dei grandi lavoratori, proprietari della “casa del nespolo” e
della barca “la Provvidenza”. Per preparare la dote a Mena e sopperire all’assenza di Ntoni che deve
partire per il servizio militare, padron Ntoni decide di acquistare un carico di lupini (grano)
indebitandosi con Zio Crocifisso. I lupini si perdono in mare in una tempesta che colpisce la
Provvidenza. Nello stesso naufragio trova la morte Bastianazzo.
Il debito contratto e la morte di Bastianazzo segnano l’inizio della rovina della famiglia. Ntoni torna dal
servizio militare, deve andare a lavorare con il nonno per guadagnare i soldi per ripagare il debito e la
barca. Contemporaneamente Luca, chiamato alle armi muore e la Provvidenza appena restaurata
viene distrutta da una tempesta. La parabola discendente della famiglia è accelerata da un lato
dall’onestà di padron Ntoni che sceglie di pagare il debito pur avendo la possibilità di non farlo,
dall’altro dalla disonestà di Silvestro ( il segretario comunale) che per sbarazzarsi di Ntoni, decide di
far cadere in miseria la famiglia che sarà costretta a lasciare la casa del nespolo-
Negli ultimi cinque capitoli del romanzo domina la figura del giovane Ntoni che dopo aver visitato la
grande città e essere rimasto affascinato dal progresso, dopo la morte di Maruzza per il colera, parte
per Trieste. Ritorna più povero di prima e non riesce più a riconoscersi nel sistema di valori in cui è
cresciuto. Successivamente accoltella il brigadiere Michele e viene processato. Il processo diventa
occasione di vergogna per la sorella Lia, in quanto l’avvocato per difendere Ntoni rivela la relazione
tra Michele e Lia, la quale per la vergogna fugge a Catania. Successivamente a Catania muore solo e
abbandonato Padron Ntoni.
In questa storia, alla fine solo Alessi, riesce a ricostruire dalle macerie: riacquista con grandi sacrifici
la casa del nespolo e va ad abitarvi con la moglie Nunziata e Mena. Ntoni ritornerà dopo il carcere ma
abbandonerà il paese definitivamente sentendosi un estraneo.
• i due motivi dello sviluppo narrativo ( il debito, e il traviamento di Ntoni) sono temi che fanno
affiorare problematiche sociali e di carattere storico
• Per soddisfare le esigenze documentaristiche Verga inserisce nel testo dati e informazioni minute
di carattere sociologico, etnologico e antropologico. Romanzo ricco di proverbi,tradizioni popolari,
usi religiosi. Informazioni tratte dai suoi studi di sociologia e intrecciate a notizie riguardo le
strutture economico-sociali (questione delle tasse, corruzione delle amministrazioni locali, l’usura
ecc.)
• Nei Malavoglia Verga compie un lavoro di “ricostruzione intellettuale” da lontano (infatti si trova a
Milano quando scrive questo romanzo) ma non si lascia influenzare dal sentimento nostalgico di
una realtà perduta, ma mantiene il romanzo un documento sociali, in linea con i dettami del
Verismo.
Il sistema dei personaggi
• i personaggi sono calati nel romanzo “senza nessuna presentazione” per dare “l’illusione completa
della realtà”. Questo genera disorientamento nel lettore, ma se guardiamo la storia da “lontano” ci
accorgiamo che i personaggi sono basati su uno schema preciso di poli opposti.
L’onestà della famiglia Toscano, in particolare di padron Ntoni, in opposizione dell’ideologia
utilitaristica incentrata sull’interesse rappresentata dalla maggior parte dei compaesani e in
particolari dall’usuraio zio Crocifisso
Anche all’interno della famiglia Toscano si verifica una frattura, i nipoti Ntoni e sua sorella Lia
rifiutano e si allontanano progressivamente dai valori di padron Ntoni
I personaggi possono essere contrapposti tra semplici (la cui identità si risolve nel quadro
delle logiche comunitarie) e complessi (proiettati verso una società moderna fatta di singoli
individui)
Gli aspetti narratologici e le scelte linguistiche
• come già teorizzato da Flaubert, nel romanzo Verga applica la totale regressione dell’autore (la
voce di un intellettuale colto avrebbe deformato e tradito l’essenza del mondo rappresentante)
• La voce narrante proviene dalla scena popolare e per questo si è parlato di “plurivocità narrativa”
• A rendere efficace questo effetto di plurivocità è anche il “primato dello sfondo” (Luperini): la
narrazione dei fatti essenziali viene spesso sommersa e opacizzata dal chiacchiericcio (cosiddetto
“riempitivo”); la drammaticità delle vicende risulta dissimulata dietro eventi secondari (es affari di
don silvestro e lo zio crocifisso)
• Questo “primato dello sfondo” ha come obiettivo porre in primo piano il mondo popolare: dietro il
quotidiano si intravedono le grandi questioni economiche e sociali
• Come afferma Verga nell’intervista rilasciata a Ugo Ojetti, la psicologia dei personaggi è nascosta
dietro i fatti da essi compiuti, l’autore fotografa il personaggio, il lettore osserva e ricava da ciò che
appare in superficie elementi sociali e condizione dei personaggi.
• Il linguaggio del narratore anonimo deve corrispondere a quello utilizzato nei dialoghi, Verga non
attinge al vero dialetto ma da origine a una lingua originale, artificiale e concreta allo stesso tempo.
Parte dalla lingua italiana e la arricchisce con elementi tratti dalla cultura siciliana, costituisce
un’operazione linguistica innovativa
• Stretta relazione tra lingua e soggetto (nella prefazione ai Malavoglia parla di un linguaggio che
“tende ad individualizzarsi, ad arricchirsi di tutte le mezze tinte dei mezzi sentimenti”) e sceglie una
lingua in grado di esprimere “la fisionomia” dell’intelletto e del contesto sociale dei personaggi. In
questo senso si parla di “forma inerente al soggetto”.
A differenza di Zolà, che guarda alle conquiste del mondo moderno e al cammino trionfale
dell’umanità nel loro valore complessivo, Verga vuole rappresentare la società del progresso secondo
l’ottica dei vinti.
Questo desiderio nasce dopo l’esperienza della realtà metropolitana di Milano dove il mondo dei
pescatori riaffiora nell’immaginario di Verga, il quale intende mostrare gli effetti che la lotta per il
benessere e per il progresso ha sulle fasce più deboli.
• i personaggi sono mossi dal desiderio di conquista che è dettato dall’eco del progresso che
dall’unità d’Italia giunge al borgo di Aci Trezza.
• Per la famiglia il gesto di cambiamento verso la modernità comincia con la decisione di investire
nel carico di lupini, che la grande marea del progresso e delle illusioni che porta, affonderanno
insieme alla Provvidenza.
• Le cause della caduta della famiglia vanno ricondotte si alle cause naturali, ma alla base
all’avvenimento del progresso. Da ciò evince l’ideale di pessimismo antiprogressista di Verga, che
ritiene che le classi subordinate non potranno mai cambiare la loro condizione.
Prefazione ai Malavoglia
• Funge non solo da prefazione al romanzo, ma introduce l’intero progetto del ciclo dei Vinti
• Viene descritto il tema centrale “come devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni, le
prime (perchè il romanzo è il primo del ciclo) irrequietudini per benessere” e introduce una
notazione di carattere metodologico “studio sincero e spassionato” ovvero senza le passioni
tipiche del romanticismo
• Metafora della “fiumana del progresso” esso è visto come un fiume che travolge
• Si propone di rappresentare “il movente dell’attività umana” ovvero che cosa spinge l’uomo ad
agire nella società del progresso in ogni gradino delle classi sociali
• Breve presentazione di tutti i romanzi del ciclo con una logica ascensionale. Verga si propone di
ricostruire il “meccanismo delle passioni”, i rapporti di causa-effetto che guidano il cammino verso
la “ricerca del meglio”: dai bisogni materiali (Malavoglia) fino alle ambizioni ( Mastro Don Gesualdo)
alla vanità ( Duchessa de Leyra/ Onorevole Scipioni / L’uomo di lusso)
• Nelle ultime righe esprime la sua poetica la quale prevede l’osservazione, la mancanza di giudizio e
di passioni e di adeguare la forma al contenuto ( “i colori adatti”). Infine afferma che tutto questo
deve avere come obiettivo la rappresentazione della realtà o una sua ricostruzione attendibile.
• Verga apre il romanzo verista a tutte le classi sociali, contemplando la possibilità di modificare lo
stile in funzione della materia narrata
• Verga decide di porre la sua attenzione non sulla conquista del progresso quanto al cammino
necessario per raggiungere tale risultato “quando si conosce dove vada questa immensa corrente
dell’attività umana, non si domanda al certo come ci va”
• La conquista del progresso appare da lontano “grandioso nel suo risultato” ma se osservato da
vicino mostra il grumo di avidità, egoismo e interessi particolari che stanno a monte.
• Il suo studio senza passione non va interpretato come disimpegno, ma come frutto della perdita di
fiducia nella possibilità di dare soluzioni alternative. Come disse il critico Guido Baldi “se non si
danno alternative all’esistente, ogni intervento giudicante è inutile e privo di senso, e non resta che
lasciar parlare da se la realtà”
La famiglia Malavoglia
• Funzione di presentare i personaggi e il loro contesto. Struttura eventi, divisa in tre parti
Presentazione della famiglia “buona e brava gente di mare” con particolare attenzione al
personaggio di padron Ntoni
Tratteggiato il quadro sociale con riferimenti storici (tricolore, unità, leva militare)
Introdotto l’evento che inizia la decadenza della famiglia, ovvero la partenza di Ntoni per la
leva militare
• Spazio definito,ma tempo indefinito che rende possibile al narratore di collocare la vicenda in una
prospettiva “favolistica”
• Il primo personaggio presentato è Padron Ntoni, che non ha una descrizione, ma viene presentato
attraverso il suo stesso linguaggio, fatto di proverbi e sentenze.
• Per descrivere il sistema di valori “per menare il remo bisogna che le cinque dita si aiutino l’un
l’altro” (importanza dell’unità della famiglia) e “ gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito
grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo” (struttura famigli
patriarcale). Queste due sentenze sono utilizzate da padron Ntoni per spiegare il “miracolo” del
benessere raggiunto. Ma l’efficacia di queste sentenze sarà smentita dal romanzo stesso.
• La lingua e lo stile mirano a riprodurre il colore locale
• Abbiamo la contrapposizione tra gli antichi valori di Padron Ntoni e quelli dei personaggi che hanno
assorbito le trasformazioni del progresso (Silvestro e zio Crocifisso)
• Le sentenze del vecchio si riveleranno una “saggezza inutile” (Pellini) perchè non si adattano alla
nuova società a cui invece si adattano gli altri abitanti di Trezza
La tempesta
• i fatti volgono al peggio progressivamente
• Narratore omodiegetico, ovvero testimone della vicenda
• Narratore verista: conformemente al credo paesano, attribuisce ai santi la salvezza dei personaggi
• Similitudini animalesche, la tempesta “muggisce, contribuiscono a caricare la vicenda
• Appare l’opposizione tra Ntoni e Alessi, il primo dimostra i valori del coraggio e della tempestività
nel prendere decisioni, tanto da ricevere il benestare del nonno, mentre il secondo risulta ancora
fragile e fanciullesco
L’addio di Ntoni
• il racconto può essere suddiviso in tre parti
Sono raccontati i cambiamenti vissuti dalla famiglia Malavoglia nel periodo precedente al
ritorno di Ntoni
Viene descritto il ritorno di Ntoni, dopo cinque anni di reclusione
Viene descritto il vero e proprio addio di Ntoni al paese. La narrazione è strutturata sul
confronto tra il mondo premoderno di Trezza e il doloroso sentimento di esclusione di Ntoni
• Nel brano ricorre la parola cuore che rimarca il contrasto tra la condizione dei fratelli e la situazione
di Ntoni. Il “cuore in pace” di Mena, il “cuore stretto” di Ntoni. Il “cuore” sembra essere il motore
delle azioni dei membri della famiglia Malavoglia.
• Il coro malevolo e pettegolo dei compaesani lascia spazio a un “narrare pietoso e malinconico”
(Luperini)
• Idea della ripetizione che scandisce la vità della comunità di Trezza è comunicata attraverso l’uso
continuo della rima “sedette, stette, pensando, guardando” (Luperini)
• Alla fine abbiamo il rovesciamento dei ruoli all’interno della famiglia, Ntoni non si è dimostrato
all’altezza dell’investitura ricevuta dal nonno durante la tempesta.
• Contrapposizione tra Padron Ntoni che è un personaggio “epico e monologico” (Luperini) cioè
conosce un’unica verità e resta uguale a se stesso; Ntoni è un personaggio “romanzesco e
problematico”, l’eroe alla ricerca di una nuova identità e un senso.
Mastro-don Gesualdo 1888-1889
• escono due versioni totalmente diverse, “non rivenduto, ma interamente rifatto”
Trama
La vicenda si svolge tra il 1820 e il 1848, in Sicilia, ancora sotto il dominio borbonico, due mondi in
conflitto: l’aristocrazia tardo feudale in declino e la borghesia terriera più ricca e influente. Il romanzo
racconta l’ascesa economica e sociale, di Gesualdo, il quale riesce ad accumulare enormi ricchezze
(la “roba”). Per riscattarsi, Gesualdo non esita a lasciare la sua domestica, Diodato con la quale
aveva avuto due figli, per sposare l’aristocratica Bianca Trao, che doveva mascherare la sua
relazione col cugino. Dal matrimonio con Bianca nasce Isabella, che sarà educata ma poi fuggirà con
il cugino. Sarà costretta anche lei, come la madre a sposarsi con un aristocratico, il duca di Leyra.
Dopo la morta della moglie, Gesualdo si trasferisce a Palermo nella casa del genero, ma sia lui sia la
figlia proverranno disgusto nell’averlo in casa. Entrambi lo abbandoneranno alle cure della servitù.
Gesualdo assiste al tramonto delle sue illusioni e si rende conto che la “roba” accumulata nel corso
di tutta la sua vita si è polverizzata nel nulla. Muore da solo, schifato anche dai suoi servitori.
Il narratore, i personaggi e il carattere dell’opera
• l’ambiente di sfondo non è come le era nei Malavoglia, ovvero omogeneo, la cittadina in cui vive il
protagonista è abitata da ogni estrazione sociale. La narrazione del “coro” di Trezza lascia il posto
alle differenti voci dei personaggi. L’italiano parlato si alterna all’italiano colto e mondano, in una
narrazione polifonica che si fonda sulla molteplicità dei linguaggi. In questo modo l’autore crea
letture discordanti e molteplice delle vicende, realizzando pienamente il principio dell’impersonalità
• Su questo sfondo sociale si sviluppa la parabola discendente del protagonista. La peculiarità del
protagonista è di avere un’identità sociale ambigua e in un certo senso sdoppiata. Il nome è
formato dalla giustapposizione di due appellativi contrapposti: “mastro” è il manovale di origine
popolana e “don” è un epiteto che si usa davanti ai nomi dei nobili. I due termini perciò esprimono
perciò due identità distanti e inconciliabili, che invece il protagonista tenta di riunire in sè attraverso
la sua storia. Tale tentativo risulta fallimentare: il percorso di ascesa sociale costringe Gesualdo a
tagliare i ponti con suoi affetti della vita popolana e nonostante ciò egli non apparterrà mai al
mondo aristocratico della moglie e della figlia, che addirittura si vergognano di lui.
• La scissione sociale di Gesualdo emerge nei rapporti fallimentari, con il padre che procura solo
dissesti finanziari alla famiglia, con la moglie Bianca che sul piano ideologico e culturale ha una
visione totalmente differente, e con la figlia che vede il padre come un “fiore di un’altra pianta”
• La parte finale mostrano la morte di Gesualdo, vinto dall’illusione del progresso, la conversione di
Gesualdo in oggetto concreto e materiale, la stessa “roba” che per tutta la vita ha cercato.
• Come ha scritto il critico Luperini, mentre I Malavoglia è un romanzo “duramente realistico ma
anche liricamente allusivo”, il Mastro-don Gesualdo è dominato da un’ironia distruttiva. Luperini
definisce il Mastro un “romanzo senza mito” poichè viene spazzato via l’ultimo baluardo dell’età
moderna: il mito del successo individuale ed economico.
Lettura critica “il parlato dai Malavoglia al Mastro-don Gesualdo”
• l’aspetto che colpisce della sperimentazione linguistica da parte di verga, è il fatto che essa non
rimane mai statica, ma si evolve “in relazione alla più diretta e realistica presa di coscienza delle
trasformazioni strutturali e del travaglio sociale che investono il mondo isolano” ( Spinazzola). Alla
luce di ciò Gian Paolo Biasin introduce un confronto tra l’uso del parlato nei Malavoglia e in
Mastro-don Gesualdo, sottolineandone l’evoluzione.
• Se la lingua dei pescatori dei Malavoglia era punteggiata da proverbi e motti degli antichi, i
personaggi che ruotano attorno a Gesualdo hanno una lingua costituita soprattutto da luoghi
comuni, ma anche da espressioni latine.
• Il risultato è quello che Bachtin chiamava il romanzo “polifonico” o la “eteroglossia”.
• Esempio nell’incendio di casa Trao, dove la relazione amorosa tra Bianca Trao e il cugino viene
descritta in tre dettati diversi.
La morte di Gesualdo
• il brano può essere diviso in due parti in base al punto di vista del narratore; la prima parte vede il
protagonista Gesualdo che tenta di dialogare con la figlia, ma alla fine si consegna alla morte da
solo, e la seconda parte caratterizzata dai pensieri dei domestici e in particolare di don Leopoldo,
che controvoglia lo accudisce
• Il monologo interiore di Gesualdo subisce un’evoluzione emotiva. Nella prima parte Gesualdo
rimpiange gli affetti della propria vita, ma non fa ancora ammenda. Poi l’atteggiamento si tramuta
in rancore, verso chi è responsabile delle sue disgrazie. Infine, parlando con sua figlia, irrompono
una serie di dichiarazioni affettive, calcate dalla figura retorica della reticenza.
• Nel momento in cui Gesualdo perde conoscente da soggetto diventa oggetto, ai monologhi
interiori si sostituiscono espressioni grottesche e offensive che danno la misura dell’estraneità della
voce narrante rispetto alla sofferenza del protagonista.
• La disperazione ostentata di Isabella è del tutto inautentica, l’artificiosità del suo atteggiamento si
scontra con la compostezza di Gesualdo e i suoi pochi gesti che racchiudono tutta la sua
disperazione. A impedire qualunque comunicazione autentica è la loro diversa collocazione sociale.
L’ultimo Verga
• nelle ultime novelle, affronta il tema dell’amore e quello della vita a teatro
• Dopo il trasferimento a Catania si dedica alla scrittura teatrale. Adatta alla scena alcune tra le sue
novelle più celebri. L’autore però considererà il teatro una “forma inferiore e primitiva” dell’arte, per
la presenza degli attori che deformano la natura dell’opera, e per la presenza del pubblico che è
radunato a folla ed è pertanto mutevole
• Negli ultimi anni della sua vita Verga si affievolisce sotto il peso del pessimismo e non conclude il
ciclo dei vinti, lasciando incompleto Duchessa di Leyra
Italia post-unitaria, il problema dell’educazione: De Amicis e Collodi
Nell’Italia postunitaria si impone con urgenza il problema dell’educazione per far fronte alla piaga
diffusa dell’analfabetismo, a fianco della formazione scolastica emerge l’esigenza di trasmettere dei
fondamenti culturali. Gli intellettuali si specializzano nella produzione di libri per l’infanzia e di testi
scolastici. Edmondo de Amici e Collodi rispondono a questa esigenza in modi opposti.
Simbolismo e Decadentismo
Il 1857 è segnato dalla pubblicazione di Madame Bovary di Gustave Flaubert aveva inaugurato una
nuova forma di romanzo realista, esce I fiori del male di Charles Baudelaire, prefigurazione del
Simbolismo. A loro volta Realismo e Simbolismo avranno un influsso significativo sulla successiva
letteratura novecentesca: il realismo a partire dagli anni Settanta si evolverà nel naturalismo, mentre il
simbolismo, negli anni ottanta confluirà nel più ampio movimento del Decadentismo.
Il Decadentismo, sarà un movimento organizzato solo in Francia - attorno alla rivista “Le Decadent”-.
Tra gli autori che possiamo ricondurre a questa corrente troviamo Oscar Wilde, Huysmans,
D’Annunzio e Pascoli. Prima ancora che si parlasse di Decadentismo, i poeti simbolisti erano già
conosciuti come “decadenti” in senso dispregiativo per sottolineare la loro distanza dalla società e
dalla cultura ufficiali. La maggior parte di loro, conduce un’esistenza anticonformista, è la vita da
bohemien, ovvero da sradicati e emarginati dalla società borghese. A questo stile di vita un’altra
parte di artisti, preferisce lo stile di vita del dandy, l’uomo raffinato che disprezza la massa e tutte le
sue manifestazioni e tratta la vita come un’opera d’arte.
Abbiamo due concezioni di poeti:
• Poeti veggenti: l’autore in quanto conosce e decifra la verità nascosta delle cose è come un
veggente secondo la definizione data da Arthur Rimbaud nella “Lettera del Veggente”, l’autore
utilizza la lingua dell’irrazionalità e riesce a esprimere le corrispondenze fra la dimensione reale e le
altri dimensioni ignote
• Poeti maledetti: la loro vita è irregolare, la loro poesia si colloca fuori dal dominio della razionalità
per cercare la verità nascosta, essi rinunciano alla comunicazione logica, per privilegiare l’aspetto
fonosimbolico e i procedimenti analogici.
I fiori del male- ossimoro, bagliori di bellezza estratti dal mondo contemporaneo, l’albatro
rappresenta gli artisti,nei cieli è grande, mentre nella società borghese non riesce muoversi.
Il romanzo decadente
La poetica decadente porta alla produzione di romanzi opposti a quelli naturalistici, perchè
disinteressati a condurre un’analisi oggettiva della realtà. Gli scrittori decadentisti si soffermano
invece sull’interiorità dei personaggi, le pulsioni contraddittorie della psiche e l’irrazionalità che si
nasconde dietro alla razionalità apparente.
Si tratta sia di una poetica, ma anche di uno stile di vita, quello dell’Estetismo (dal greco percezione),
la tendenza cioè a considerare la vita stessa come un’opera d’arte. L’eroe dell’Estetismo era il dandy,
un uomo colto, raffinato, eccentrico che disprezza la quotidianità.
Componenti e aspetti del decadentismo, di Guglielmino
Deteriorarsi del positivismo
Il sorgere della sensibilità decadente è da mettere in relazione col progressivo declino della corrente
del positivismo, che a partire dagli 80 viene sempre seguita di meno:
• Sia perchè le premesse scientifiche di tale narrativa approdano ad una concezione deterministica
che diventa una sfiducia nell’opera dell’uomo (Verga)
• Sia perchè si diffuse l’impressione che i naturalisti “vedevano l’esistenza tutta d’un pezzo,
l’accettavano condizionata solo ad elementi verosimili, quando invece nel mondo l’inversimile non
è sempre un’eccezione” come dichiarava Huysmans
• Collegata ad un processo involutivo della classe dominante borghese che si arroccava su posizioni
difensive e progressivamente abbandonava la mentalità positivistici
Ciò che accomuna i decadenti:percepisce il mondo circostante come in decadenza, contro
progresso, vite irregolari.
Gabriele D’Annunzio (1863-1938)
Nasce a Pescara nel 1863, si trasferisce a Roma nel 1881 diventando un perfetto esempio di dandy.
Nel 1883 si sposa, ma per tutta la vita matrimoniale avrà numerose relazioni extraconiugali. Con la
pubblicazione del romanzo Il piacere si afferma con successo. Si trasferisce a Napoli. Il rientro a
Pescara inaugura la fase letteraria del superomismo e l’inizio dell’impegno politico. Compie un
viaggio in Grecia che ispira un nuovo ciclo di componimenti (le Laudi ). Si afferma come oratore
pubblico. Nel 1910 si trasferisce a Parigi, e ritorna in Italia nel 1915 cominciando un’intensa
campagna interventista. Si arruola come volontario e nel 1916 resta ferito all’occhio destro. Il 12
settembre 1919 tenta di conquistare Fiume, ma viene fermato da Giolitti. Negli ultimi anni si ritira nella
sua villa, il Vittoriale degli italiani, dove muore nel 1938.
I mille volti di D’Annunzio
• egli concepisce la propria vita come un’opera d’arte, all’insegna del “vivere inimitabile”.
• Possiamo dire che non si può distinguere la produzione letteraria dalla vita dell’autore, il quale è
ossessionato dal desiderio di riversare la propria esperienza nella scrittura.
• Complementare a questa ricerca della bellezza è la costruzione della propria immagine in chiave
eroica. La costruzione del proprio personaggio rappresenta una promozione della propria opera,
ma allo stesso tempo rappresenta la necessità di riaffermare la centralità dell’artista della moderna
società
• Per questa propaganda, con anche l’utilizzo dei mass media, D’Annunzio fu il primo scrittore
pienamente consapevole delle nuove risorse comunicative offerte dal mercato culturale
• Le letture di D’Annunzio sono vaste e aggiornate, così lo rendono in grado di cogliere sul nascere
le nuove tendenze, anche sul piano musicale e artistico.
• Costanti tematiche: accesa sensualità (celebra il godimento dei sensi e la fusione dell’uomo con gli
elementi naturali), una sensibilità di tipo decadente (percezione della crisi d’identità del soggetto e
dell’intellettuale) e i temi della morte, della malattia e del disfacimento. N
Fase giovanile
• influenzato da Carducci, nella prima raccolta Primo vere, che contiene anche traduzioni da poeti
latini e greci e anche il titolo è in latino
• Influenzato anche da Verga, scrive le Novelle della Pescara, che guarda a Vita dei campi, da cui
riprende l’uso del discorso indiretto libero, la scelta di personaggi ai margini della società. Manca
ogni intento di analisi sociale e quello che più domina sono le atmosfere di un universo dominato
dalle pulsioni e dalla sensualità
Stagione dell’Estetismo
• D’Annunzio entra in contatto con il Decadentismo, e difronte alla crisi dell’individuo egli reagisce
seguendo diverse direzioni
• Nell’estetismo egli oppone all’inciviltà della moderna società il culto della bellezza
• Il compito dell’artista è quello di riscoprire e conservare le “molte belle cose e rare”
• Ben presto D’Annunzio si rende conto che la figura dell’esteta e questa concezione dell’arte non
possono costituire una risposta efficace. L’artista non ha alcuna possibilità di opporsi alla
degradazione. Di questa crisi è testimone il romanzo Il piacere dove il protagonista Andrea Sperelli
- alter ego dell’autore - è un intellettuale che cerca rifugio nel godimento di una raffinata
dimensione estetica, ma è volubile, passivo costretto a patire le conseguenze della propria debole
volontà e ad assistere al fallimento dei suoi amori.
La fase della bontà
• durante il soggiorno napoletano, grande fase di sperimentalismo guardando ai romanzi russi, di
Dostoevskij , il poeta assume come principio ispiratore il dolore degli umili e degli inermi,
pubblicando L’innocente
Superomismo
• La fase della bontà è solo transitoria, a partire dal 1893 D’Annunzio elabora una nuova idea di
intellettuale, dotato di forte volontà
• È il modello del superuomo, che guarda alla bellezza come ideale assoluto, ma che sceglie di
immergersi nella realtà. Forza e bellezza convivono in lui, è raffinato e allo stesso tempo
prepotente, perchè alla letteratura deve unire l’azione pratica ed eroica
• Il superuomo dannunziano ha anche un compito politico, deve condurre l’Italia al suo destino
imperialista
• Concreta traduzione esistenziale, nell’adesione di D’Annunzio alla prima guerra mondiale, nella
beffa di Beccari, il volo su Vienna e la spedizione di Fiume
• Nell’elaborazione del modello superomistico ha una parte importante la lettura delle opere di
Nietzsche che esaltava la “volontà di potenza”, quella dannunziana è un’interpretazione assai
personale, egli si dirige verso una direzione antiborghese e antidemocratica
• Il superuomo si rivela nel romanzo Le vergini delle rocce e Forse che si forse che no
Fase del notturno
• inizia con il progetto delle Laudi
• D’Annunzio reinterpreta la poetica del superomismo innestandola sul motivo della fusione panica
con la natura
• Finisce con l’ultima opera di D’Annunzio Il notturno
Il primato dello stile
In un’intervista a Ugo Ojetti D’Annunzio dichiara “la vita dell’opera d’arte dipende essenzialmente
dallo stile, come la vita dell’animale dall’organo della circolazione”. Parliamo infatti per la produzione
dannunziana di primato dello stile, che si affida all’onnipotenza del linguaggio poetico. Trova la sua
concretizzazione nella cura maniacale della forma tanto per la prosa quanto per la poesia. In questo
modo l’autore difende l’autonomia della scrittura letteraria.
La prosa dannunziana ha un’impostazione “lirica” e per questo il critico Pier Vincenzo Mengaldo ha
parlato di “ambivalenza prosaico-poetica”. Essa è ricca di vocaboli preziosi, poco comuni a arcaici, è
organizzata in una sintassi paratattica ed è percorsa da un filo melodico, da un ritmo musicale.
Queste caratteristiche si fanno più marcate nella fase del notturno, il che ci consente di parlare di un
progressivo abbandono delle strutture narrative tradizionali.
D’Annunzio nutrì un “amor sensuale della parola”, predilige un lessico raro, erudito, colto e raffinato.
D’Annunzio tende a rinnovare il significato di molte parole tornando alle loro radici etimologiche e al
loro significato originario. Utilizzò anche di termini stranieri con un intento esotico, e non per
scioccare il lettore come avverrà per le Avanguardie. D’Annunzio rivolge un’estrema attenzione alla
sostanza fonica delle parole, al loro suono.
Si parla di monostilismo in quanto prosa e poesia sono accumunate da alcuni tratti stilistici, con
tendenza all’enfasi e all’amplificazione; l’opera dannunziana è perciò raffinata e “aristocratica”.
Esasperato utilizzo di figure retoriche, soprattutto la ripetizione.
Il piacere
Trama
• Il protagonista è Andrea Sperelli, che incarna il tipo perfetto di esteta, dandy raffinato. Tuttavia,
Sperelli è un uomo debole, privo di una sicura personalità, incapace di prendere decisioni. È un
personaggio “malato” che porta con se i segni della decadenza. È attratto contemporaneamente
da due donne, che rappresentano i due aspetti opposti ma inscindibili del femminile e dell’amore:
Elena Muti, incarnazione della donna fatale, sensuale e voluttuosa (femme fatale) e Maria Ferres, la
donna innocente e casta “pura madonna senese”. Questa opposizione è solo apparente: come per
Elena, anche per Maria il protagonista prova solo un sentimento di “profonda seduzione”, la
seconda infatti lo abbandona.
La vicenda narra il fallimento esistenziale del protagonista, allo stesso tempo la sua parabola
rispecchia la sua inadeguatezza di fronte alla società moderna. Il romanzo segna una presa di
distanza dall’estetismo e una svolta ideologica importante, D’Annunzio riconosce che l’esteta, nella
realtà dei fatti è destinato a fallire.
L’autore mantiene un atteggiamento ambivalente nei confronti del protagonista: lo giudica e dice di
aver descritto “non senza tristezza, tanta corruzione e tanta depravazione e tante sottilità e falsità e
crudeltà vane”; dall’altra parte ne rimane affascinato, e in lui si riconosce e si identifica: si spiega così
il suo insistere su una sessualità morbosa.
Sul piano stilistico, Il Piacere è essenzialmente una lirica, preziosa, raffinata, domina il gusto per le
parole ricercate, immagini evocative e descrizioni suggestive.
Poetica
• percorso letterario che parte dalla Sicilia verista e arriva a una rivoluzionario rappresentazione della
modernità, ma la materia delle sue opere rimane sempre la stessa, proveniente dall’osservazione
del proprio mondo o dalla riflessione autobiografica, per lo più i soggetti sono di piccola borghesia.
• Sul materiale umano lo sguardo oppressante di Pirandello esercita una pressione tale da rivelare lo
scarto che esiste tra identità e maschera sociale.
Possiamo distinguere alcune fasi
1. Dal 1892 al 1903 influenzato dalle poetiche veriste e naturalistiche
2. Dal 1904 al 1915 fase dell’umorismo che si traduce nella forma narrative della novella e del
romanzo
3. Dal 1916 al 1920 scoperta del dramma
4. Dal 1921 al 1929 fase del metateatro
5. Dal 1930 al 1936 ulteriori sviluppi del suo teatro in chiave filosofica e simbolica
Questa rappresentazione non presenta atti, ne scene, tutti i personaggi sono sempre in scena
Tratto peculiare è la vitalità dei personaggi, l’autore dei Personaggi ha avuto paura della narrazione
troppo vera e troppo scandalosa
Con “Sei personaggi il cerca di autore” Pirandello svela la finzione teatrale e come essa non possa
rappresentare la realtà autentica. L’apparizione dei sei personaggi fa crollare l’illusione scenica.
Scompare la quarta parete, il teatro diventa una povera realtà quotidiana.
Lettura critica “Pirandello e il teatro della tortura” di Giovanni Macchia
• elemento di attualità di Pirandello sta nell’aver affrontato la crisi del teatro e averne allontanato la
distruzione
• La crisi è all’interno delle forme drammatiche
• Non accetta alcuna distinzione tra realtà empirica e mondo ideale
• Il teatro interroga, acuisce, aggrava, non conforta ne lenisce
• Più di qualsiasi altro drammaturgo moderno ha avvertito il declino della tragedia nel teatro
moderno
• L’esistenza pesa sui personaggi
• Il dramma diventa una cosa sola con la discussione del dramma. Le persone si tramutano in
personaggi teatrali, quando raggiungono quel minimo di coscienza e di volontà che non hanno
avuto nella vita e che possono gridare nel teatro
• La sua concezione dell’umorismo può essere vista come una diversa manifestazione di crudeltà,
l’umorismo diventa la forma di una diabolica volontà di abiezione. Egli si servì anche dell’umorismo
per negare all’uomo qualsiasi illusione ed entra di diritto nelle forme di questo teatro della tortura.
La bufera e altro
Pubblicata nel 1956, costituisce una sintesi dei primi due libri, l’aridità e la negatività dell’esistenza
diventano una condizione universale di sofferenza, di cui guerra e distruzione sono l’allegoria.
Domina una simbologia religiosa.
Il poeta è travolto dalla bufera della Seconda guerra mondiale. Si presenta come una raccolta
frammentaria e rapsodica, divisi in sette sezioni: a ciascuna di esse corrisponde un momento della
vita e della riflessione di Montale.
Montale recupera il motivo petrarchesco dell’amore sublimato e riprende la figura salvifica di Clizia,
connotata come donna-angelo unica apportatrice di speranza e salvezza.
La poesia Iride dimostra come la funzione salvifica associata a Clizia divenga a questo punto per
Montale insufficiente, a metà delle raccolte Clizia diventa Cristofora, occorre che la donna si distacchi
dalla terra e come Cristo, soffra per tutti. Così si consuma il sacrificio di Clizia nella Primavera
hitleriana, fino al suo dileguamento.
Alla scomparsa di Clizia corrisponde alla comparsa di Maria Luisa Spaziani nominata con
l’appellativo “Volpe” e simboleggia la nuova figura salvifica di Montale. Se Clizia è associata al sole,
la Volpe predilige l’ombra. La sua presenza è spesso accomunata al calore del fuoco.
Montale conclude la raccolta con la sezione Conclusioni provvisorie a cui affida una riflessione di
carattere civile, il poeta intende difendere le proprie scelte laiche e indipendenti. Il fascismo, la guerra
rappresentano per Montale delle parentesi tragiche ma passeggere e vanno inserite in un discorso
più ampio di carattere filosofico e esistenziale.
• rigorosa tessitura metrica e stilistica, come risposta alla proliferazione della cultura di massa.
Prende dalla Commedia di Dante il plurilinguismo, pluristilismo e la pluralità di interpretazioni.
T13 La primavera hitleriana
• prima parte focalizza il discorso su una serie di dettagli inquietanti: la “strage delle falene
impazzite” o il “muso dei capretti uccisi”
• Parte seconda introduce la figura di Clizia e la sua figura salvifica, la prospettiva del riscatto passa
attraverso il sacrificio di Clizia
• Elemento dei participi passati legati alle azioni di Hitler lo rinchiudono in un momento determinato
• Contrasto tra realismo e elementi astratti biblici
• Gli uomini sono corresponsabili del male del dittatore. Per questo motivo il poeta definisce con
l’ossimoro “miti carnefici” i cittadini inconsapevoli delle conseguenze della loro azioni
• Il poeta prende atto che la cultura e l’antifascismo non bastano davanti a Hitler
• “Tutto per nulla dunque?” Il polline della primavera non da più vita ma diventa infernarle “che stride
come il fuoco”
• Promessa di un riscatto futuro (stella cadente) nella figura di Cristofora.
L’ultimo Montale
1971 pubblica Satura dopo un lungo periodo di pausa, che ha una motivazione profonda: Montale
ritiene che l’industrializzazione e la mediatizzazione abbiano condotto l’uomo a una condizione di
frenesia impotente e ridotto la poesia a una “balbuzie”. Il linguaggio dell’ultimo Montale si riduce al
prosaico, la sua ultima produzione poetica tende alla parodia di se stessa, con titoli neutri ben lontani
da quelli evocativi dell’esordio letterario. Eppure Montale ritiene che la poesia sia ancora garante
della dignità umana.
T16 Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
• Nella prima strofa metafora del viaggio come esistenza ma anche come occorrenza di vita
quotidiana
• La seconda settimana si riferisce a una distinzione tra vista interiore e esteriore “perchè sapevo
che di noi due/le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate/erano le tue”, denota Drusilla di
un’intelligenza straordinariamente acuta, in grado di cogliere la realtà effettiva
• Stile prosaico e una lingua colloquiale, ambito del parlato “almeno un milione di scale “(iperbole)
Umberto Saba
Nato a Trieste nel 1883, e si trasferisce nel ghetto ebraico cittadino. Stringe rapporti con intellettuali e
uomini di cultura, pubblica le prime raccolte di versi, nel 1929 inizia una terapia psicanalitica. A
seguito dell’occupazione tedesca, fugge a Firenze in clandestinità, ultimando la seconda edizione del
Canzoniere (1945). Negli anni successivi Storia e cronistoria del Canzoniere (1948). Muore a Gorizia
nel 1957.
Poetica e stile
Si pone su una linea diversa rispetto alle avanguardie, si inserisce nella tradizione italiana. Trova la
sua ragione d’essere nella ricerca di un’identità culturale per chi, era nato in una città mitteleuropea
con popoli diversi.
Saba condanna i versi solo “appariscenti” e “clamorosi” di D’Annunzio. È quindi all’interno della più
antica tradizione italiana, che egli cerca il proprio spazio.
Esseri fedeli alla tradizione vuol dire attribuire grande importanza alla forma “col dolore/ e col sangue
ricreo l’antico stile”, la sua poesia vuole essere semplice ma elegante, contrapponendosi ai
crepuscolari. Nella poesia di Saba manca l’ironia, anche nella scelta del metro è fedele agli schemi
tradizionali, sonetto e canzone.
Alla radice della poesia di Saba, ci sono una serie di conflitti: tra figura materna e paterna, tra
ebraismo e cristianesimo, tra sentimento di estraneità e aspirazione a un’armoniosa partecipazione
alla comunità umana. La contraddizione di fondo si concretizza sulla pesantezza e la leggerezza,
continua tensione verso la leggerezza (figura paterna) che non viene mai raggiunta e sempre
controbilanciata dall’attrazione esercitata dal fantasma materno.
Il Canzoniere
Esce per la prima volta nel 1921 e poi arricchito nel 1945; esso è per Saba “l’opera di tutta la mia
vita”, attraverso la scrittura il poeta cerca di dare un senso alla propria esistenza, di attingere alle
radici profonde del male. Continua revisione che fa emergere sempre di più significati nascosti,
riprendendo in mano il proprio passato e cercare di spiegarlo. La poesia ha valore consolatorio e
terapeutico.
La critica ha definito il lessico del canzoniere, inclusivo, aperto a registri diversi, dall’aulico al
quotidiano. In questo Saba è “antinovecentesco”, è piuttosto la sintassi a garantire la “poeticità” con
frequenti anastrofi e iperbati. Per influenza della contemporanea poesia ermetica (Ungaretti e
Montale) la scrittura si fa più evocativa, la parola è isolata e risalta di più.
Fra il 1944 e il 1947 Saba scrive un commento della propria opera poetica, Storia e cronistoria del
Canzoniere. Parla in terza persona sotto lo pseudonimo di Giuseppe Carimandrei, lo scopo è quello
di proclamare la grandezza e l’originalità della propria opera contro la “scarsa comprensione” della
critica. Il poeta si fa interprete di se stesso, fornendo una propria personale interpretazione.
T1 Qualità e difetti di Saba
• serie di punti relativi alla propria poesia, l’intento è quello di difendere la propria opera di fronte a
una critica che secondo l’autore stesso, lo ha poco compreso
• Il brano si chiude con un invito al lettore non solo “a comprendere” ma anche “ad apprezzare” la
sua lirica
• Terza persona singolare, precisa volontà di distanziare e oggettivare gli eventi traumatici
• Interpretazione soggettiva, spiccano egocentrismo e dilettantismo
• Lo stile conservatore per avere sicurezza
Lettura critica: Il Canzoniere e la poetica dell’impurità (Mario Lavagnetto)
• È il poeta più lontano dalla poesia pura (Ungaretti)
• Non c’è nessuna volontà di elevare il linguaggio all’assoluto, di scavargli intorno il vuoto dove
possa esplicarsi
• La parola è portatrice di oggetti, la opprimono sul filo della prosa
T3 A mia moglie
• “Tu sei come la rondine/che torna in primavera/Ma in autunno riparte/e tu non hai quest’arte/Tu
questo hai della rondine/le movenze leggere”
• La conclusione dichiara la somiglianza di Lina a tutte le femmine di animali, la sua corrispondenza
con le creature del regno animale più che di quello umano.
• Anafora “Tu sei” e molti parallelismi danno ritmo alla poesia
• Il lessico è preciso e asciutto, lingua parlata e quotidiana ma con alcuni termini di carattere
letterario “gravezza” viene dalla poesia Alcyone
• Per Saba la poesia deve descrivere e narrare, senza mai abbandonarsi alla poetica del frammento
e dell’illuminazione
• Lina subisce un processo di “maternizzazione” (la giovenca che è gravide, la coniglia che deve
partorire) forse rimanda a una concezione di Saba nei confronti della donna solo in veste di
mamma
T4 La capra
• Due momenti. Nel primo il poeta quasi parla con scherzo dell’animale, nel secondo percepisce la
fraternità e l’eternità del dolore della capra, si pone in ascolto.
• Riconoscendosi nel dolore che avvolge tutto “il dolore è eterno” si sente vicino alla capra e si sente
un tutt’uno con qualsiasi elemento della realtà
L’Ermetismo
• tendenza poetica prevalente negli anni Trenta e nei primi anni Quaranta del Novecento (1930
Acque e terre di Salvatore Quasimodo)
• condividono una visione della poesia e si riconoscono nell’articolo di Carlo Bo intitolato Letteratura
come vita, per gli ermetici la letteratura coincide con la vita stessa ed è “l’unica nostra ragion
d’essere”, ed è un’attività completamente autonoma. Vuole tentare di sondare il mistero dell’io
• Alla parola poetica viene attribuita una funzione salvifica
• Opposto a D’Annunzio dove era la vita a trasformarsi in letteratura e non il contrario.
• La poesia rimane una domanda senza risposta, quindi temi come il silenzio, l’assenza o l’attesa.