Storia
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In Russia, nel 1905, la popolazione inizia a protestare contro l'aumento del costo della vita
provocato dalla guerra. 200.000 operai si riuniscono in un corteo guidato da un sacerdote
della chiesa ortodossa russa, Marciano pacificamente per consegnare una supplica
all'imperatore. L'esercito reagisce sparando sulla folla, episodio che riprese il nome di
domenica di sangue e che diede vita a scioperi e insurrezioni nelle campagne nelle città. Gli
operai danno vita, a San Pietroburgo, ai soviet, cioè ha dei consigli che non erano altro che
istituzioni democratiche e rappresentative che dovevano dirigere un'azione rivoluzionaria ed
esprimevano la volontà popolare. Lo zar, in abile nel tentativo di eliminare i soviet, il 17
ottobre e ma non manifesto nel quale prometteva l'istituzione di una camera dei deputati,
con controllo sull'operato del sovrano e sulla politica del governo. Questa istituzione, detta
Duma, Venne costituita, lo zar però riuscì a recuperare il potere scavalcando
sistematicamente la camera fino addirittura a sciogliere due volte la Duma. Questa
rivoluzione si conclude nel 1905 con un nulla di fatto, e la popolazione continua ad
arrancare.
Il comunismo in Russia
Nel febbraio del 1917 una rivoluzione in Russia obbliga lo zar ad abdicare, sale così al
potere un governo provvisorio. L'impero zarista comprendeva l'odierna Europa dell'est, sale
al trono Nicola secondo Romanov nel 1894. Tale impero basava gran parte della propria
economia sull'agricoltura, le industrie presenti erano concentrate in poche zone dell'impero.
La Russia primeggiava solamente nella produzione di petrolio, data l'attivazione vicino al
Mar Caspio. Le carenze industriali e logistiche dell'impero zarista emersero maggiormente
con lo scontro russo-giapponese il quale fu perso dall'esercito Russo a causa della scarsità
dei loro cannoni e per le difficoltà riscontrate con i rifornimenti tramite la ferrovia. Lo strazio e
le privazioni innescate dalla guerra diedero vita alla rivoluzione, a Nicola II rimase fedele
l'esercito e il suo impero non crollò. La classe operaia era in forte fermento.
Rivoluzione di febbraio
Ad accompagnare l'inizio del primo conflitto mondiale furono molte manifestazioni di
patriottismo. I liberali sostenevano la guerra al fianco dei giapponesi, nel 1914 liberali
appoggiarono lo zar nello schierarsi con Gran Bretagna e Francia ma pochi anni più tardi
risultarono piuttosto restii ad abbandonare l'alleanza e accettare la sconfitta della guerra
russo-giapponese, stipulando un armistizio separato con la Germania. L'errore dello zarro fu
l’assunzione del comando diretto delle operazioni militari, dunque quando iniziarono a
diventare numerose le sconfitte tutta la responsabilità ricade sulle scarse competenze dello
zar. un ulteriore peggioramento del prestigio della famiglia reale avvenne quando a corte il
ruolo di consigliere dello zar venne affidato a Rasputin, Monaco ignorante e corrotto. Questo
Monaco Venne ucciso da aristocratici alla fine del 1916, la monarchia era ormai al declino.
La guerra provocò un forte aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, nelle campagne,
alle mogli dei soldati al fronte, venne affidata la coltivazione delle terre punto le donne russe
erano molto arrabbiate, determinate nella protesta contro le privazioni difficili da contrastare.
Il 1916 in Russia fu caratterizzato dunque da una crisi alimentare ed iniziarono ad avanzare
le minoranze etniche che rivendicavano la propria autonomia. Gli scioperi, inizialmente
sviluppati dalle donne, diventarono generali e investono infatti tutta la città di pietrogrado,
mettendo in difficoltà le forze armate. Domenica 26 febbraio alcuni reparti spararono sulla
folla, provocando molte vittime, il giorno seguente si registrarono molti ammutinamenti e
gran parte dei soldati decise di non usare più le armi contro i manifestanti e si schierarono
contro la polizia.
Lo zar abdica
Il 28 febbraio la capitale vide nelle fabbriche le votazioni per eleggere i rappresentanti del
soviet cittadino, i quali avrebbero regolato le future ribellioni. Il 2 marzo una delegazione di
deputati della Duma si recò dallo zar per invitarlo ad abdicare. Il 12 marzo si formò un
governo provvisorio guidato da Georgij L’vov, con un unico ministro di sinistra, Aleksandr
Kerenskij: grazie a L’vov la corona passò al fratello dello zar, Michele Romanov, il quale però
firmò la rinuncia alla corona. La Russia divenne quindi una repubblica e il Parlamento diede
vita a un governo provvisorio: I soldati non si sentivano obbligati ad obbedire al governo
provvisorio e rifiutavano i loro ordini, si venne a creare una situazione di caos generale.
Grazie ai socialisti rivoluzionari i soviet si diffusero anche nelle zone rurali della Russia,
coinvolgendo anche molti contadini.
Menscevichi e bolscevichi
In Russia i seguaci di Marx si erano organizzati nel partito socialdemocratico. nell'Impero
zarista qualsiasi organizzazione dei lavoratori era illegale, per cui il partito socialdemocratico
Russo era molto debole, mal organizzato è clandestino. Il partito si era diviso in due correnti:
menscevichi, corrente minatoria, e bolscevichi, il partito della maggioranza. I menscevichi i
pensavano una vasta organizzazione di massa che arruolava militanti tra gli operai delle
fabbriche, mentre i bolscevichi ritenevano che l'oppressione del regime zarista obbligasse a
costruire un nuovo partito, composto da un nucleo ristretto di rivoluzionari. I menscevichi
erano marxisti e convinti che la Russia non fosse pronta per il socialismo, mentre i
bolscevichi pensavano che la guerra avesse accelerato i tempi e che bisognava stare al
passo con essi. I bolscevichi credevano che i soviet dovessero governare: a capo di questa
corrente vi era Lenin, che con il sostegno tedesco nel 1917 raggiunse pietrogrado, dopo un
breve periodo di esilio in Svizzera, lanciando quindi le tesi di Aprile, un programma
rivoluzionario che lasciò profondamente turbati anche alcuni suoi compagni di partito come
Stalin. Secondo i menscevichi il governo provvisorio era l'unica autorità legittima dello stato
e i soviet dovevano svolgere solamente un’attività di controllo. Terminata l'emergenza
rivoluzionaria il ruolo dei soviet sarebbe cessato totalmente per poi far subentrare
un'assemblea costituente. Secondo Lenin il governo provvisorio sarebbe dovuto essere
eliminato e avrebbe dovuto cedere il completo potere ai soviet: si può riassumere il suo
pensiero nella frase “pace immediata e tutto il potere ai soviet”. A spiccare nel governo
Russo fu Aleksandr Kerenskij, il quale fu ministro della guerra è capo del governo, era
piuttosto convinto che avrebbe portato la Russia alla Vittoria, ma anche l'ultima offensiva
lanciata sul fronte orientale non fu altro che un fallimento che provocò la morte di 400.000
soldati. La rabbia dei soldati era inarrestabile e comprensibile, iniziarono a disertare e fecero
ritorno ai loro villaggi.
Le tesi di Aprile
Lenin riesce a tornare nel caos a pietrogrado ed espone il suo programma in una tesi su
come bolscevichi avrebbero dovuto cambiare la Russia. Alcuni punti prevedevano: Non
appoggiare il governo provvisorio, i soviet sono l'unica forma di governo rivoluzionario
possibile e fino a quando i soviet saranno sottomessi dalla borghesia I bolscevichi non
faranno altro che spiegare perché è necessario il passaggio del potere statale ai soviet, non
deve rinascere la repubblica parlamentare ma è necessaria la Repubblica dei soviet dei
deputati operai/braccianti/contadini, deve essere soppressa alla polizia, il salario dei
funzionari non deve essere superiore al salario medio di un operaio.
La rivoluzione di ottobre
Le difficoltà che incontrò il governo kerenskij non fecero altro che aumentare il pensiero di
Lenin riguardo l'insurrezione e il colpo di stato. Il 10 ottobre 1917 sirui il comitato centrale e
bolscevico, Lenin impose la sua linea rivoluzionaria: la notte tra il 24 e il 25 ottobre avvenne
l'assalto al palazzo d'inverno, in cui risiedeva il governo provvisorio. Questo fu l'inizio della
rivoluzione d'ottobre. Alla guida del nuovo governo rivoluzionario sovietico, basato cioè sui
soviet, fu posto Lenin, il quale fu affiancato da un consiglio dei commissari del popolo di cui
facevano parte Lev Trotsky e Stalin. Dopo aver sciolto nel 1918 l'assemblea costituente da
poco eletta, Lenin stipulò con Austria e Germania la pace di brest-litovsk: siamo nel marzo
1918. Tra le tante difficoltà del governo bolscevico, Lenin ordinò di trasferire la capitale da
pietrogrado a Mosca, la quale era più facile da difendere. I nemici più pericolosi di Lenin
erano gli eserciti Bianchi guidati da Generali che non riconoscevano alcun valore al colpo di
stato del 1917. Gli eserciti Bianchi erano così chiamati per il colore della loro divisa e per
contrapposizione verso i rossi, sostenitori dei soviet. Gli eserciti Bianchi erano sostenuti
militarmente dalla Francia, dall'Inghilterra, dall'Italia, dal Giappone e dagli Stati Uniti, si
aggiunse a questi anche un gruppo di soldati cecoslovacchi che rifiutarono il regime
bolscevico e che minacciarono la città in cui lo zar si era rifugiato con la sua famiglia. Per
impedire che questi ultimi venissero Liberati, il 16 luglio 1918 I bolscevichi decisero di
fucilarli. La guerra tra armata bianca e armata rossa si concluse nel 1919 con la vittoria dei
bolscevichi. Dal momento in cui si diffuse l'idea che nel regime bolscevico vi erano gli ebrei,
negli eserciti Bianchi si diffusero il protocolli dei Savi anziani di Sion, quindi i bianchi animati
da questo forte odio uccisero più di centomila ebrei. Negli anni della guerra civile Lenin
intraprese un programma di controllo forzato su tutta la produzione, in particolare agricola,
chiamato comunismo di guerra. Alle resistenze dei contadini colpiti dalla crisi agricola e
carestie il governo rispose con le repressioni, attuate dalla Ceka, la polizia segreta di stato.
La Prima guerra mondiale causò ben 17 milioni di morti e 20 milioni tra feriti e mutilati, solo
un terzo degli uomini che parteciparono tornò illeso. In Europa inoltre si propagò
un’epidemia influenzale, chiamata “la spagnola”. Il disegno dei nuovi confini però sollevò il
problema dei profughi e delle minoranze etniche. Durante la guerra erano state spese
somme gigantesche, ciò produsse un pesante indebitamento. Il problema maggiore però fu
la riconversione industriale, le risorse economiche furono dirottate nell’industria pesante
perciò ora si dovette passare da un’economia di guerra ad un’economia di pace. Questa
operazione fu rallentata dalla mancanza di risorse pubbliche. Si verificò anche un crollo della
produzione agricola causato dall’abbandono delle campagne. Dovettero quindi importare
grandi quantità di beni da paesi extraeuropei e questo causò un rialzo dei prezzi e una forte
inflazione. Tutto ciò portò ad una forte crisi economica e finanziaria che colpì soprattutto
Inghilterra, Francia, Germania e Italia. In Italia i problemi del dopoguerra si innestarono sugli
squilibri già presenti nel campo economico e sociale. La crisi ebbe il suo culmine nel 1921,
con il fallimento di alcuni grandi trust. La Germania si trovò ancor più disastrata, a causa
delle punitive richieste di risarcimenti di guerra. Tutto ciò era peggiorato da alcuni fattori: la
chiusura dei tradizionali mercati tedeschi, la perdita delle colonie e la perdita del bacino
minerario della Saar. La richiesta della Germania di dilazionare i pagamenti fu rifiutata dagli
altri paesi poichè miravano ad affondarla.
La crisi portò alcune importanti conseguenze in Europa:
➢ la fine della centralità dell’Europa e l’ascesa degli Usa;
➢ l’intervento dello Stato nelle dinamiche economiche;
➢ l’aumento del tasso di disoccupazione e l’aumento del costo della vita.
La disoccupazione aumentò vertiginosamente; ma mentre in Germania e in Inghilterra i
disoccupati chiesero l’intervento protettivo dello Stato, in Italia si trovò una valvola di sfogo
nell’emigrazione, questa volta con nuove mete. Le limitazioni poste dagli Stati Uniti infatti
dirottarono il flusso migratorio in Francia e verso gli altri continenti. Gli Stati Uniti usciti dalla
Prima guerra mondiale si trovarono in una posizione dominante. Si erano affermati come i
principali esportatori di prodotti, beni e capitali. Alle elezioni presidenziali del 1920 il
repubblicano Warren G. Harding venne eletto come nuovo presidente; egli adottò misure
protezionistiche come l’imposizione di alte tariffe doganali a difesa del prodotto nazionale.
Favorì così le grandi imprese e le grandi concentrazioni industriali e finanziarie. La scelta
dell’isolazionismo fu appoggiata da gran parte degli americani poichè così sarebbero potuti
essere al riparo da nuovi eventuali conflitti in Europa. Gli Usa iniziarono ad avere la
necessitàdi aprirsi sul mercato internazionale, poichè l’economia americana andò in crisi di
sovrapproduzione; con gli anni la situazione migliorò ma si iniziò anche a dare risposta a
quest’esigenza di ampliare il mercato. Decisero quindi di iniziare a riaprire l’esportazione
verso il Vecchio
continente, questo era anche il presupposto per la ricostruzione economica dei paesi
europei. Ebbe così origine il “piano Dawes”, ideato dal banchiere e politivo Charles Dawes.
Questo piano prevedeva anche la riduzione dei costi di riparazione alla Germania; tutto ciò
aiutò molti paesi che parteciparono alla guerra. Diventò anche più “semplice” allontanare il
pericolo di una rivoluzione di stampo bolscevico. Il piano ebbe successo, gli Usa fecero
affluire nuovamente i capitalo in eccedenza. L’intensificarsi degli scambi internazionali
determinò un enorme giro di affari e contribuì allo sviluppo economico che poi sfociò in un
boom.