Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
Vai al contenuto

Confederazione polacco-lituana

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Confederazione polacco-lituana
Motto: Si Deus nobiscum quis contra nos
"Se Dio [è] con noi, chi [sarà] contro di noi?"[nota 1]
Confederazione polacco-lituana - Localizzazione
Confederazione polacco-lituana - Localizzazione
La Polonia-Lituania nel 1619, al suo apogeo
Dati amministrativi
Nome completoCorona del Regno di Polonia e Granducato di Lituania
Nome ufficiale(PL) Rzeczpospolita Obojga Narodów
(LT) Abiejų tautų respublika
Lingue ufficialipolacco, latino
Lingue parlatelituano, ruteno, altre
InnoGaude Mater Polonia
CapitaleCracovia (1569-1596)
Varsavia (1596-1795)[1][nota 2]
Politica
Forma di governoMonarchia ereditaria[2]
(1569–1573)
Monarchia elettiva[2]
(1573–1791 / 1792–1795)
Monarchia costituzionale[2]
(1791–1792)
Capo di StatoRe di Polonia
Granduca di Lituania
Nascita1569
CausaUnione di Lublino
Fine1795
CausaTerza spartizione della Polonia
Territorio e popolazione
Territorio originale815 000 km² nel 1582[3]
Massima estensione1100000 km² nel 1650[4]
Popolazione7 500 000 abitanti nel 1582[3][5]
11 000 000 abitanti nel 1650[6]
12 000 000 abitanti nel 1772[7]
Economia
ValutaZłoty
Religione e società
Religione di Statocattolicesimo
Religioni minoritarieortodossia, luteranesimo, calvinismo, ebraismo, islam
La Confederazione nel 1714
Evoluzione storica
Preceduto da Regno di Polonia
Granducato di Lituania
Succeduto da Regno di Prussia
R. di Galizia e Lodomiria
Russia (bandiera) Impero russo
Ora parte diPolonia (bandiera) Polonia
Lituania (bandiera) Lituania
Bielorussia (bandiera) Bielorussia
Lettonia (bandiera) Lettonia
Estonia (bandiera) Estonia
Ucraina (bandiera) Ucraina
Russia (bandiera) Russia
Moldavia (bandiera) Moldavia (la Transnistria (bandiera) Transnistria)

La Confederazione polacco-lituana (in polacco Rzeczpospolita Obojga Narodów; in lituano Abiejų tautų respublika; in bielorusso Рэч Паспалітая?; in ucraino Річ Посполита?; in latino Res Publica Utriusque Nationis), formalmente nota come Corona del Regno di Polonia e Granducato di Lituania[8] o Repubblica delle Due Nazioni[9][10] e, dopo il 1791, Confederazione di Polonia, fu uno Stato federale composto da Polonia e Lituania governato da un comune monarca in unione reale, che agiva in veste sia di re di Polonia sia di granduca di Lituania.[2] Durante il periodo in cui esistette, riuscì a diventare una delle più grandi e popolose entità nazionali dell'Europa tra il XVI e il XVII secolo.[11][12] Nella fase di massima estensione territoriale, all'inizio del XVII secolo, la Confederazione copriva quasi 1 100 000 di km²[4] e nel 1772 faceva registrare a livello demografico una popolazione di circa 12 milioni di abitanti.[7] Il polacco e il latino risultavano le due lingue ufficiali, mentre tra le più diffuse figuravano il lituano, il ruteno e lo yiddish.

La Confederazione vide la luce con l'Unione di Lublino nel luglio 1569, ma la Corona del Regno di Polonia e il Granducato di Lituania erano già entrati in un'unione personale de facto dal 1386 con il matrimonio della regina polacca Edvige e il granduca della Lituania Jogaila, che fu incoronato re jure uxoris Ladislao II Jagellone di Polonia. La prima spartizione nel 1772 e la seconda nel 1793 ridussero notevolmente le dimensioni dello Stato e la Confederazione sparì dalle mappe del continente europeo con la terza spartizione nel 1795.

L'Unione possedeva molte caratteristiche uniche tra gli Stati contemporanei: il sistema politico si contraddistingueva per rigidi controlli sul potere monarchico, grazie a una legislatura (sejm) controllata dalla nobiltà locale (szlachta). Questo sistema idiosincratico, nonostante precursore di alcuni dei moderni sistemi di democrazia[2] e a partire dal 1791 convertito in una monarchia costituzionale,[13][14] si rivelò impreparato a reagire alle aggressive potenze confinanti perché frammentato dalle frange politiche interne.[15] Sebbene i due Stati componenti della Confederazione ricoprissero un ruolo gerarchicamente uguale, la Polonia appariva innegabilmente la metà dominante nell'unione.[16]

Tra gli aspetti più caratterizzanti della Confederazione polacco-lituana figuravano alti livelli di diversità etnica e una relativa tolleranza religiosa, garantiti dall'atto di Varsavia del 1573;[17][18][nota 3] tuttavia, il grado di libertà religiosa variò nel corso del tempo.[19] La Costituzione del 1791 riconosceva il cattolicesimo come la "religione dominante", a differenza della Confederazione di Varsavia, ma con essa era ancora concessa la libertà di religione.[20]

Dopo diversi decenni di prosperità,[11][21] affrontò una prolungata parentesi di declino politico,[15][22] oltre che militare ed economico.[2] La sua crescente debolezza portò alla sua divisione tra i suoi vicini (Austria, Prussia e Russia) durante la fine del XVIII secolo. Poco prima della sua dissoluzione, la Confederazione promulgò una massiccia riforma grazie all'introduzione della Costituzione del 3 maggio, la prima ad essere codificata nella storia europea moderna e la seconda nella storia del mondo moderno (dopo quella degli Stati Uniti).[20][23][24][25][26]

Denominazione

[modifica | modifica wikitesto]

Il nome ufficiale dello Stato era "Regno di Polonia e Granducato di Lituania" (in polacco Królestwo Polskie i Wielkie Księstwo Litewskie; in lituano Lenkijos Karalystė ir Lietuvos Didžioji Kunigaikštystė, in latino Regnum Poloniae Magnusque Ducatus Lithuaniae) e l'impiego della formula in latino compariva anche nei trattati internazionali e in campo diplomatico.[27]

Nel XVII secolo e nei decenni a venire era conosciuta anche come "Serenissima Confederazione della Polonia" (in polacco: Najjaśniejsza Rzeczpospolita Polska, in latino: Serenissima Res Publica Poloniae)[28] o Confederazione della Polonia.[29]

Gli europei occidentali spesso semplificavano il nome in "Polonia" e nella maggior parte delle fonti passate e moderne si utilizza l'espressione Regno di Polonia o, più semplicemente, Polonia.[27][30] I termini "Confederazione di Polonia" e "Confederazione delle Due Nazioni" (in polacco: Rzeczpospolita Obojga Narodów, in latino: Res Publica Utriusque Nationis) vennero utilizzati nella Garanzia reciproca delle due nazioni, una delle disposizioni transitorie legate alla Costituzione del 1791.[31]

Altri nomi informali includono "Repubblica nobiliare" (Rzeczpospolita szlachecka) e "Prima Repubblica" (I Rzeczpospolita), quest'ultima relativamente comune nella storiografia per distinguerla dalla Seconda Repubblica di Polonia.[2]

L'Unione di Lublino unì il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania nel 1569

La Polonia e la Lituania affrontarono una serie alternata di guerre e alleanze durante il XIV secolo e l'inizio del XV secolo: diversi accordi tra i due (nello specifico, l'Unione di Cracovia e Vilnius, l'Unione di Krewo, l'Unione di Vilnius e Radom, l'Unione di Grodno e l'Unione di Horodło) furono conclusi prima dell'unione permanente del 1569 di Lublino. Quest'accordo rientrava tra gli atti voluti da Sigismondo II Augusto, l'ultimo monarca della dinastia Jagellone: questi credeva di poter preservare la sua dinastia adottando la monarchia elettiva, ma la sua morte nel 1572 fu seguita da un interregno di tre anni durante il quale si apportarono degli adeguamenti al sistema costituzionale; questi aggiustamenti aumentarono significativamente il potere della nobiltà polacca e stabilirono una monarchia realmente elettiva.[32]

La Confederazione raggiunse il suo periodo di massimo splendore all'inizio del XVII secolo. Il suo potente parlamento era dominato da nobili riluttanti a farsi coinvolgere nella guerra dei trent'anni; questa neutralità risparmiò il Paese dalle devastazioni di un conflitto politico-religioso che lacerò varie aree del resto del continente. La Confederazione riuscì a tenere testa alla Svezia, allo Zarato di Russia e ai vassalli dell'Impero ottomano, lanciando inoltre offensive espansionistiche di successo contro i suoi vicini. Nel corso del travagliato periodo dei torbidi, la Polonia-Lituania riuscì a entrare nell'allora fragile Russia e minacciò seriamente Mosca nel corso della guerra polacco-moscovita (1605-1618) non solo sul campo di battaglia, in quanto si intendeva installare un sovrano polacco sul trono: si trattò di uno dei momenti di maggior peso politico a livello internazionale di Varsavia.[33]

La Confederazione polacco-lituana nel 1582

Il potere della Confederazione iniziò a calare dopo una serie di eventi accaduti nei decenni successivi. Una grande ribellione dei cosacchi ucraini nella parte sud-orientale del territorio (la rivolta di Chmel'nyc'kyj nell'odierna Ucraina) iniziò nel 1648. Ne derivò una richiesta ucraina, secondo i termini del trattato di Perejaslav, per la protezione da parte dello zar russo.[34] L'annessione russa di parte dell'Ucraina soppiantò gradualmente l'influenza polacca. Un'altra grana per la Confederazione riguardò l'invasione svedese nel 1655, passata alla storia come diluvio, che fu sostenuta dalle truppe del duca della Transilvania Giorgio II Rákóczi e Federico Guglielmo I di Brandeburgo. I tartari del Khanato di Crimea e dell'Orda Nogai effettuarono delle incursioni per fare prigionieri schiavi quasi annualmente nei territori orientali controllati da Varsavia.[35][36]

Alla fine del XVII secolo, il sovrano di uno Stato ormai indebolito, Giovanni III Sobieski, si alleò con l'imperatore del Sacro Romano Impero Leopoldo I per tentare di invertire la tendenza delle sconfitte schiaccianti riportate contro l'Impero ottomano. Nel 1683 la battaglia di Vienna segnò la svolta finale nella lotta durata 250 anni tra le forze dell'Europa cristiana e gli ottomani di fede musulmana. Per via della sua secolare opposizione agli aggressori musulmani, la Confederazione si guadagnò l'appellativo di Antemurale Christianitatis (baluardo del cristianesimo) assieme ai croati e agli ungheresi.[37][38] Durante i successivi sedici anni, la guerra austro-turca avrebbe spinto i turchi permanentemente a sud del fiume Danubio e Istanbul non fu più in grado di minacciare l'Europa centrale.[39]

Nel XVIII secolo, la destabilizzazione del sistema politico portò la Confederazione sull'orlo della guerra civile: i vari problemi interni la resero vulnerabile alle influenze straniere. Quando nel 1715 scoppiò una vera e propria guerra tra il re e la nobiltà, l'efficace mediazione chiesta allo zar Pietro il Grande lo mise in grado di indebolire ulteriormente lo Stato:[40][41] l'esercito russo era infatti presente al cosiddetto Sejm silenzioso del 1717, in cui si limitò la dimensione delle forze armate a 24 000 uomini e si ridiscusse dei finanziamenti pubblici riservati al settore militare, si riaffermò la pratica destabilizzante del liberum veto e si bandì l'esercito sassone del re; lo zar doveva fungere da garante dell'accordo.[40][41] Un altro fattore interessante da segnalare è che il crescente sfruttamento e interesse delle risorse nelle Americhe da parte di potenze occidentali quali Inghilterra, Spagna, Portogallo e Francia rese molto netto il divario con le disponibilità tecnologiche ed economiche possedute invece dalla Polonia-Lituania o dalla Russia.[42]

Nel 1764 il nobile Stanisław August Poniatowski fu eletto monarca con la connivenza e il sostegno della sua ex amante Caterina la Grande, imperatrice di Russia.[43] Nel 1768 la Confederazione polacco-lituana cominciò ad essere considerata dai russi come protettorato dell'Impero (nonostante il fatto che fosse ufficialmente ancora uno Stato indipendente).[40] La maggioranza del controllo sulla Polonia era centrale per le strategie diplomatiche e militari di Caterina.[44] I tentativi di riforma, come la convocazione del sejm dei quattro anni che portò alla stesura della Costituzione di maggio, si rilevarono tardivi. Il Paese finì per venire suddiviso in tre fasi dal vicino Impero russo, dal Regno di Prussia e dalla monarchia asburgica. Nel 1795 la Confederazione sparì del tutto dalle mappe dell'Europa; la Polonia e la Lituania non tornarono ad esistere come Paesi indipendenti se non nel 1918.[13]

Organizzazione e politica dello Stato

[modifica | modifica wikitesto]

Libertà dorata

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Libertà dorata.
La Repubblica all'apice del suo potere in un'opera di Jan Matejko: l'elezione reale rappresentata è quella del 1573

La dottrina politica della Confederazione era riassumibile nella massima "il nostro stato è una repubblica sotto la presidenza del re".[40] Il cancelliere Jan Zamoyski riassunse questa dottrina quando affermò: Rex regnat et non-gubernat ("Il re regna ma non governa").[45] La Confederazione vantava un parlamento, il sejm, nonché un senato e un re eletto. Il sovrano era obbligato a rispettare i diritti dei cittadini specificati negli articoli enriciani e nella Pacta conventa, negoziati al momento della sua elezione. Nel corso del tempo, i primi furono fusi ai secondi.[46]

Il potere del monarca era limitato a favore della numericamente considerevole classe nobile. Ogni nuovo re doveva impegnarsi a sostenere gli articoli enriciani, ovvero la base del sistema politico della Polonia (i quali includevano garanzie quasi senza precedenti in tema di tolleranza religiosa). Da quel momento in poi, il re diveniva effettivamente un membro della classe nobile e veniva costantemente supervisionato da un gruppo di senatori. Il Sejm poteva porre il veto al re su questioni importanti, inclusa l'adozione di nuove disposizioni legislative, gli affari esteri, la dichiarazione di guerra e la tassazione (modifiche delle tasse esistenti o la riscossione di nuove imposte).[47]

La fondazione del sistema politico confederato, la cosiddetta "libertà dorata" (in polacco Złota Wolność, termine usato dal 1573 in poi), includeva:[9]

  • Sejm, il parlamento della Confederazione che il re doveva tenere ogni due anni;
  • Pacta conventa (latino), "accordi concordati" negoziati con il re eletto, inclusa una carta dei diritti, vincolante per il re, derivata dai precedenti articoli enriciani;
  • Libertà religiosa garantita dall'atto di Varsavia del 1573;[19]
  • Rokosz (insurrezione), il diritto della szlachta di ribellarsi legalmente al re che avesse violato le loro libertà così come garantite dagli atti legislativi;
  • Liberum veto (latino), il diritto di un singolo deputato del Sejm di opporsi a una decisione presa dalla maggioranza in una sessione parlamentare. Quando si esprimeva tale veto, tutta la legislazione precedentemente approvata nella stessa sessione decadeva. Durante la crisi della seconda metà del XVII secolo, i nobili polacchi furono in grado di sfruttare il liberum veto nei sejmik provinciali;
  • Konfederacja (dal latino confederatio), il diritto di formare un'organizzazione per la realizzazione di un determinato scopo agendo al posto delle autorità costituite o cercando di imporre il suo volere ad esse.[48]

Le due regioni principali (Polonia e Lituania) della Confederazione godevano di una discreta autonomia:[49] ogni voivodato aveva un proprio parlamento (sejmik), che esercitava un potere politico effettivo, in particolare con relazione alla scelta del deputato (poseł) al Sejm nazionale e l'incarico al deputato di specifiche istruzioni di voto. Il Granducato di Lituania aveva un proprio esercito separato, un suo erario e la maggior parte delle altre istituzioni ufficiali: solo dal 1791 lo Stato divenne effettivamente unitario.[50][51]

La nobiltà diede vita a un'entità politica insolita per la sua epoca, in quanto si sperimentò l'esempio opposto dell'assolutismo francese, con l'autorità di molti influiva pesantemente sulle scelte del monarca.[52] In un momento storico in cui il grosso dei Paesi europei convergeva infatti verso la centralizzazione, la monarchia assoluta e le guerre religiose e dinastiche, la Confederazione convisse con il decentramento, una quasi totale assenza di un'amministrazione congiunta, la democrazia e tolleranza religiosa ma, al contempo, fragilità innanzitutto a livello militare nell'ultimo secolo di esistenza.[52][53]

A generare un simile sistema politico, come detto insolito per il suo tempo, fu la vertiginosa ascesa dell'aristocrazia, la szlachta, sulle altre classi sociali e nell'organigramma politico della monarchia. Col tempo, la nobiltà accumulò abbastanza privilegi (come quelli stabiliti dall'atto Nihil novi del 1505) tali per cui nessun monarca avrebbe potuto sperare anche solo di rompere la presa della szlachta sulla gestione dell'esecutivo.[2][54] Pur essendo la Confederazione difficilmente inquadrabile in una categoria delle forme di governo esistite in epoca moderna, si può tentare di descriverla come una miscela di:

  • Caratteristiche tipiche di una federazione, specie per quanto riguardava l'ampia autonomia delle sue regioni;
  • Oligarchia, poiché solo la szlachta godeva di diritti politici;[55]
  • Democrazia, poiché tutti gli aristocratici avevano medesimi diritti e privilegi, mentre il Sejm poteva porre il veto al re in diverse circostanze e ambiti governativi:[47] i nobili costituivano circa il 10% della popolazione, una percentuale superiore a quella di qualunque altro Paese europeo anche del XIX secolo se si eccettua la Spagna:[56][57] gli storici fanno infatti notare che nel 1820 in Francia solo l'1,5% della popolazione adulta maschile disponeva del diritto di voto e nel 1840 in Belgio solo il 5%;[57][58]
  • Monarchia elettiva, poiché il monarca, eletto dalla szlachta, assumeva il ruolo di capo dello Stato;
  • Monarchia costituzionale, poiché il monarca era vincolato dai pacta conventa e da altre leggi, mentre lo szlachta poteva disobbedire a qualsiasi decreto del re ritenuto illegittimo;
  • Repubblica, è ufficialmente riconosciuta come la prima repubblica polacca.

Fragilità strutturali

[modifica | modifica wikitesto]
La torta di Troelfth, allegoria della prima spartizione della Polonia realizzata da Jean-Michel Moreau

La scomparsa della dinastia degli Jagelloni nel 1572, dopo quasi due secoli di dominio, interruppe il fragile equilibrio del governo della Confederazione. Il potere scivolò via via sempre più dal governo centrale in favore della nobiltà.[40][45][47]

Quando si presentavano periodiche opportunità per occupare il trono, la szlachta mostrava preferenze per i candidati stranieri che non pareva potessero stabilire dinastie stabili e durature: una simile scelta spesso portò alla nomina di monarchi inefficienti o in costante conflitto debilitante con la nobiltà.[59] Inoltre, a parte eccezioni degne di nota come l'abile Stefano I Báthory dalla Transilvania (1576-1586), il quale cercò di rimediare alla fragilità delle armate nazionali reclutando i temibili cosacchi di Zaporižžja, i re di origine straniera erano inclini a subordinare gli interessi della Confederazione a quelli del proprio Paese e casa regnante.[59] Ciò si riscontrò in maniera sensibile nelle politiche e nelle azioni dei primi due sovrani eletti del Casato svedese di Vasa, scatenando dissapori con Stoccolma culminati in un conflitto passato alla storia come diluvio, uno degli eventi che segnarono la fine del secolo d'oro della Confederazione e l'inizio del declino.[59][60]

La ribellione di Sandomierz (1606-1607) segnò un sostanziale aumento del potere dei magnati polacchi e la trasformazione della democrazia szlachta in un'oligarchia dei magnati, i nobili più abbienti e di maggiore spicco.[59] Il sistema politico appariva spesso vulnerabile a interferenze esterne, poiché i deputati del Sejm corrotti da potenze straniere potevano usare il loro diritto di veto per bloccare i tentativi di riforma: infatti, poiché anche un singolo deputato che poneva il veto poteva paralizzare l'apparato legislativo, la macchina statale si trovò spesso impossibilitata a prendere i provvedimenti che erano stati sottoposti all'iter di approvazione.[61][62] Questa situazione generò un'anarchia che regnò per oltre cento anni, dalla metà del XVII secolo alla fine del XVIII, mentre i suoi vicini stabilivano i loro affari interni e accrescevano la propria potenza militare.[40]

Riforme tardive

[modifica | modifica wikitesto]
La Costituzione del 3 maggio adottata nel 1791, tra le prime moderne in Europa

Alla fine, la Confederazione effettuò un serio tentativo di riformare il suo sistema politico adottando nel 1791 la Costituzione del 3 maggio 1791, che lo storico Norman Davies definisce la prima del suo genere in Europa.[40] La rivoluzionaria legge costituzionale ristrutturò l'ex Confederazione polacco-lituana come uno Stato federale con una monarchia ereditaria e abolì alcune delle caratteristiche deleterie del vecchio sistema. Nello specifico:

  • Abolì il liberum veto e bandì le confederazioni dello szlachta;
  • Sancì una separazione dei poteri del potere legislativo, esecutivo e giudiziario;
  • Stabilì la "sovranità popolare" ed estese i diritti politici per includere non solo la nobiltà ma pure la borghesia;
  • Accrebbe i diritti dei contadini;
  • Preservò la tolleranza religiosa (ma con una condanna dell'apostasia da parte della fede cattolica).

Le riforme si dimostrarono però tutto sommato tardive: l'appoggio del re alla riforma del grande Sejm portò alla costituzione della confederazione di Targowica e alla seconda spartizione della Polonia.[40] Le potenze vicine non si accontentarono infatti dopo il 1791 di quanto ottennero frammentando una prima volta la Polonia nel 1772 poiché, anziché preservarla come debole Stato cuscinetto, scelsero di reagire con forza ai tentativi del re Stanislao II Augusto e degli altri riformatori volti a rafforzare la posizione di Varsavia.[63][64] La Russia temeva le implicazioni rivoluzionarie delle riforme politiche della Costituzione del 3 maggio e la prospettiva della Confederazione di riconquistare la sua posizione di potenza europea. Pertanto, Caterina la Grande si affrettò a bollare la costituzione polacca come giacobina e poi a intervenire prontamente quando non fu più impegnata nella guerra russo-turca (1787-1792).[63] Fu Grigorij Aleksandrovič Potëmkin a redigere il sopraccitato statuto della confederazione di Targowica, riferendosi alla costituzione come ad un "contagio di idee democratiche".[65] Nel frattempo, la Prussia e l'Austria colsero l'occasione per un'ulteriore espansione territoriale.[66] Il ministro prussiano Ewald Friedrich von Hertzberg definì la costituzione "un colpo alla monarchia prussiana",[67] temendo che una Polonia rafforzata avrebbe potuto creare nuove rogne alla Prussia.[67][68] Alla fine, la costituzione del 3 maggio non fu mai pienamente attuata e, dopo la terza spartizione, non rimase alcuna repubblica su cui regnare.[40]

Danzica, principale porto marittimo e centro commerciale della Confederazione da cui le merci venivano trasportate lungo il fiume Vistola a Varsavia, Cracovia e altre città del Paese
Esportazioni di cereali negli anni 1619-1799. L'agricoltura, un tempo estremamente redditizia per la nobiltà, lo divenne molto meno dopo la metà del XVII secolo

L'economia della Confederazione si basava perlopiù sull'agricoltura e sul commercio, nonostante vi fosse un'abbondanza di botteghe artigiane e manifatture, in particolare cartiere, concerie di cuoio, ferriere, vetrerie e fornaci;[69] alcune grandi città ospitavano artigiani impegnati in vari settori di produzione, gioiellieri e orologiai.[70] La maggior parte delle industrie e dei commerci si concentrava nel Regno di Polonia; il Granducato di Lituania era più rurale e il settore primario, unito alla produzione di tessuti, continuò ad essere il motore trainante della regione anche dopo lo scioglimento della Confederazione.[71] L'attività mineraria si sviluppò invece nella regione sud-occidentale della Polonia, ricca di risorse naturali quali il piombo, carbone, rame e il salgemma (si pensi alle celebri miniere di Wieliczka).[72] La valuta utilizzata in Polonia-Lituania era lo złoty (che significa "oro") e in centesimi si usava il grosz. Le monete straniere sotto forma di ducati, talleri e scellini venivano ampiamente accettate e scambiate.[73] La città di Danzica aveva il privilegio di coniare una propria moneta,[74] ma è solo dal 1794 che Tadeusz Kościuszko autorizzò l'emissione delle prime banconote polacche.[73][75]

Il Paese svolse un ruolo significativo nell'approvvigionamento dell'Europa occidentale per via dell'esportazione di grano (in particolare segale), bovini (buoi), pellicce, legname, lino, canapa, cenere, catrame, acido carminico e ambra.[76] I cereali, il bestiame e le pellicce rappresentavano quasi il 90% delle esportazioni del Paese verso i mercati europei attraverso il commercio terrestre e marittimo nel XVI secolo.[76] Da Danzica, le navi trasportavano merci verso i principali porti delle Fiandre e dei Paesi Bassi, come Anversa e Amsterdam,[77] mentre le rotte terrestri, per lo più verso le province tedesche del Sacro Romano Impero facenti capo a Lipsia e Norimberga, si percorrevano per l'esportazione di bovini vivi (mandrie di circa 50 000 capi), sale, tabacco, canapa e cotone dalla Grande Polonia.[78] Viceversa, la Confederazione importava vino, birra, frutta, spezie esotiche, beni di lusso (quali ad esempio arazzi), mobili, tessuti e prodotti industriali come acciaio e utensili di vario genere.[73]

Il settore agricolo era dominato da un feudalesimo basato su un'economia di piantagione e legato alla servitù della gleba.[79] La schiavitù andò proibita in Polonia nel XV secolo, mentre fu formalmente abolita in Lituania nel 1588, ma la pratica si dimostrò dura a morire.[80] Il folwark, un sistema di produzione agricola su larga scala basato appunto sulla servitù della gleba, assunse un ruolo dominante nel panorama economico della Polonia già a partire dalla fine del XV secolo e per i successivi trecento anni.[81][82] Questa modalità di gestione dall'agricoltura, controllata incontrovertibilmente dalla nobiltà dell'Europa centro-orientale, si discostava da quelle adottate nella sezione occidentale del continente, dove elementi di capitalismo e industrializzazione si stavano sviluppando in misura molto maggiore, con la conseguente crescita di una classe borghese e della sua influenza politica.[83] L'apice del commercio agricolo raggiunto nel XVI secolo, combinato alla manodopera contadina fornita gratuitamente in cambio di vitto o alloggio o decisamente a buon mercato, rese l'economia del Paese tutto sommato florida fino a quando non avvenne un brusco calo dalla fine del XVII secolo in poi.[83] Le relazioni commerciali furono infatti interrotte dalle guerre e la Confederazione si dimostrò incapace di migliorare le sue infrastrutture di trasporto o le sue pratiche agricole.[83] La condizione dei servi si era fatta inoltre sempre più insostenibile, tanto che aumentarono i casi di fuga in concomitanza con l'entrata in crisi del sistema:[83] i principali tentativi della Confederazione di arginare il problema e migliorare la produttività si rivelarono controproducenti, poiché consistevano nell'aumentare il carico di lavoro dei servi e nel restringere ulteriormente le loro già poche libertà.[83][84]

Il proprietario di un folwark, di solito, firmava un contratto con i mercanti di Danzica, che controllavano l'80% di questo commercio interno, per spedire il grano a nord verso quel porto marittimo sul mar Baltico.[85] Furono innumerevoli fiumi e i corsi d'acqua funzionali a organizzare le spedizioni, inclusi la Vistola, il Pilica, il Bug Occidentale, il San, il Nida, il Wieprz e il Nemunas. I corsi d'acqua vantavano infrastrutture sulle rive relativamente sviluppate, con porti fluviali e capienti granai: il grosso delle spedizioni fluviali transitava verso settentrione, in quanto il trasporto nella direzione inversa si rivelava meno redditizio e chiatte e zattere venivano spesso vendute a Danzica per il legname. Hrodna divenne un sito importante dopo la formazione di una dogana ad Augustów nel 1569, che funse da punto di controllo per i mercanti che si recavano nelle terre della Corona dal Granducato.[86]

Stemma della Confederazione su una moneta da 15 ducati raffigurante Sigismondo III, 1617
Banconota da 5 złoty emessa nel 1794

La popolazione urbana della Confederazione era bassa rispetto all'Europa occidentale. I numeri esatti dipendono dai metodi di calcolo: secondo una prima fonte, il dato si attesterebbe a circa il 20% del totale nel XVII secolo, rispetto a circa il 50% nei Paesi Bassi e in Italia.[87] Un'altra ricostruzione suggerisce cifre molto più basse: 4-8% di popolazione urbana in Polonia, 34-39% nei Paesi Bassi e 22-23% in Italia.[88] La preoccupazione della Confederazione per l'agricoltura, unita alla posizione privilegiata dei nobili rispetto alla borghesia, si tradusse in un processo di urbanizzazione piuttosto lento e quindi in uno sviluppo decisamente piatto delle industrie.[89] La nobiltà poteva altresì regolare il prezzo del grano a proprio vantaggio, acquisendo dunque ancor maggiore peso specifico. Tra le più grandi fiere tenutesi nella storia della Confederazione, figurano quelle avvenute a Lublino.[90]

Diverse antiche rotte commerciali, tra cui la via dell'ambra,[91] attraversavano sia la Polonia che la Lituania e già prima del 1569 esse attiravano mercanti o coloni stranieri.[91] Innumerevoli beni e manufatti di interesse culturale continuarono a circolare da una regione all'altra attraverso la Confederazione, perché il Paese fungeva, sia pur in parte minore, da crocevia tra il Medio Oriente, l'Impero ottomano e l'Europa occidentale.[92] Si pensi a titolo di esempio ai tappeti Isfahan, importati dalla Persia nella Confederazione ed erroneamente conosciuti come "tappeti polacchi" (in francese Polonaise) nell'Europa occidentale.[93]

Gli ussari alati erano una formazione di cavalleria pesante al servizio della Corona del Regno di Polonia nel corso del XVI e XVII secolo
Milizia di Cracovia, una formazione di guardie locali nella Confederazione durante i secoli XVI e XVII

L'esercito nella Confederazione polacco-lituana subì delle modifiche per via della fusione degli eserciti del Regno di Polonia e del Granducato lituano, sebbene ogni federato avesse mantenuto la propria divisione.[50] Le forze armate unite comprendevano l'esercito della Corona (armia koronna), reclutato in Polonia, e l'esercito lituano (armia litewska) nel Granducato:[94] a capo di esse vi era l'etmano, un grado paragonabile a quello di un odierno generale supremo. I monarchi non potevano dichiarare guerra o convocare un esercito senza il consenso del Sejm o del Senato.[47] La marina della Confederazione polacco-lituana non svolse un ruolo importante nella struttura militare dalla metà del XVII secolo in poi.[95]

La formazione più illustre dell'esercito polacco risultava la sua cavalleria pesante del XVI e XVII secolo, rappresentata dagli ussari alati (husaria), mentre le guardie reali (Regiment Gwardii Pieszej Koronnej) erano l'élite della fanteria; il reggimento si occupava della protezione del re e della sua famiglia.[96] Nel 1788 il Grande Sejm abbozzò delle riforme volte a ridefinire le future strutture militari; l'esercito della Corona doveva essere diviso in quattro divisioni, con diciassette reggimenti di fanteria da campo e otto brigate di cavalleria escluse le unità speciali; l'esercito lituano doveva essere suddiviso in due divisioni, otto reggimenti da campo e due brigate di cavalleria escluse le unità speciali.[97] Se attuata, la riforma prevedeva un esercito di quasi 100 000 uomini.[98]

Le armate di quegli Stati differivano dall'organizzazione comune in altre aree del continente; secondo Greengrass, le formazioni mercenarie (wojsko najemne), comuni nell'Europa occidentale, non riscossero mai grande popolarità in Polonia.[59] Snyder, tuttavia, fa notare che i mercenari stranieri formavano una parte significativa delle unità di fanteria più elitarie (in particolare cosacchi), almeno fino all'inizio del XVII secolo.[99] Nella Polonia del XVI secolo, molte altre formazioni costituivano il nucleo dell'esercito:[100] vi era un piccolo gruppo permanente, l'obrona potoczna ("difesa continua") circa 1 500-3 000 forti, pagati dal re, e principalmente di stanza presso i difficili confini meridionali e orientali.[100][101] Questo fu integrato da due formazioni mobilitate in caso di guerra: la pospolite ruszenie, espressione polacca che sta per arruolamento di massa e che indicava un meccanismo di reclutamento tipico a quello dell'adoa istituita nel Regno di Sicilia, e il wojsko zaciężne, ovvero il reclutamento dai comandanti polacchi nell'imminenza di un conflitto: al termine delle schermaglie, le formazioni mercenarie venivano sciolte, cosa che non sempre accadeva in Europa occidentale.[102]

Un dragone polacco, XVII secolo

Diversi anni prima dell'Unione di Lublino, l'obrona potoczna aveva sperimentato una procedura di riforma, poiché il Sejm statuì nel 1562-1563 la creazione del wojsko kwarciane (un gruppo di unità di base che potessero essere sempre impiegate), dal nome della tassa della kwarta riscossa sui feudi per pagare le spese e mantenerla operativa.[103] I guerrieri principali erano perlopiù membri della cavalleria leggera controllati dalla szlachta e comandate da etmani.[104] Spesso, in tempo di guerra, il Sejm legiferava un aumento temporaneo delle dimensioni del wojsko kwarciane.[104]

Dopo la terza spartizione, la tradizione militare polacca venne portata avanti dalle legioni polacche napoleoniche e dall'esercito del ducato di Varsavia.[105]

Scienza e letteratura

[modifica | modifica wikitesto]
Un razzo multistadio disegnato nell'Artis Magnae Artilleriae pars prima di Casimir Siemienowicz

La Confederazione si rivelò un importante centro europeo per lo sviluppo delle moderne idee sociali e politiche: era famosa per il suo raro sistema politico quasi democratico, elogiato dai filosofi, e durante la Controriforma si distinse per la singolare tolleranza religiosa, che vedeva la pacifica coesistenza di cattolici, ebrei, ortodossi, protestanti e musulmani (sufi) comunità. Nel XVIII secolo, lo storico francese cattolico Claude-Carloman de Rulhière scrisse della Polonia del XVI secolo: "Questo paese, che ai nostri giorni abbiamo percepito diviso con il pretesto della religione, è il primo stato in Europa che metta in atto la tolleranza. In questo stato, sono sorte moschee tra chiese e sinagoghe".[106] La Confederazione permise lo sviluppo e la proliferazione della famosa setta cristiana setta dei Fratelli Polacchi, antenati degli unitariani.[107]

Va segnalata la comparsa di alcuni politologi e giuristi, tra cui Andrzej Frycz Modrzewski (1503-1572), Wawrzyniec Grzymała Goślicki (1530-1607) e Piotr Skarga (1536-1612). In seguito, i lavori di Stanisław Staszic (1755-1826) e Hugo Kołłątaj (1750-1812) contribuirono a spianare la strada all'avveniristica Costituzione del 3 maggio 1791.[20]

La Confederazione indicata come Polonian Empyre (Impero polacco) nel frontespizio del The Counselor di Wawrzyniec Grzymała Goślicki pubblicato in Inghilterra nel 1598

L'Università Jagellonica di Cracovia è tra le più antiche del mondo e la seconda apparsa in Europa centrale per fondazione dopo Praga (risale al 1364),[108] insieme all'Accademia dei Gesuiti di Wilno (del 1579) figuravano tra i maggiori centri accademici e scientifici della Confederazione. Il Komisja Edukacji Narodowej, espressione polacca che sta Commissione per l'Educazione Nazionale, formata nel 1773, fu il primo Ministero dell'Istruzione nazionale al mondo.[109] Tra gli scienziati si possono poi menzionare: Martin Kromer (1512-1589), storico e cartografo; Michael Sendivogius (1566-1636), alchimista e chimico; Jan Brożek (latinizzato in Ioannes Broscius) (1585-1652), artista poliedrico concentratosi perlopiù su matematica, medicina e astronomia; Krzysztof Arciszewski (in portoghese Crestofle d'Artischau Arciszewski) (1592-1656), ingegnere, etnografo, generale e ammiraglio dell'esercito della Compagnia olandese delle Indie occidentali nella guerra con l'Impero spagnolo per il controllo del Brasile;[110] Kazimierz Siemienowicz (1600-1651), ingegnere militare, specialista di artiglieria e ideatore del missile;[111] Johannes Hevelius (1611-1687), astronomo e grande appassionato della topografia lunare; Michał Boym (1612-1659), orientalista, cartografo, naturalista e diplomatico al servizio della dinastia Ming; Adam Adamandy Kochański (1631-1700), matematico e ingegnere; Ba'al Shem Tov (in ebraico ישראל בן אליעזר?, Yiśrā'ēl ben Ĕlī‛ezer) (1698-1760), considerato il fondatore del giudaismo chassidico; Marcin Odlanicki Poczobutt (1728-1810), astronomo e matematico; Jan Krzysztof Kluk (1739-1796), naturalista, agronomo ed entomologo; John Jonston (1603-1675) studioso e medico, discendeva dalla nobiltà scozzese.[112] Nel 1628 l'insegnante, scienziato, educatore e scrittore ceco Giovanni Comenio si rifugiò nella Confederazione quando i protestanti furono perseguitati dalla Controriforma.[113]

Le opere di molti autori della Confederazione sono considerate dei classici, comprese quelle di Jan Kochanowski, Wacław Potocki, Ignacy Krasicki e Julian Niemcewicz. Molti membri della szlachta realizzarono scritti e diari personali, di cui tra le opere più famose, rientrano le Memorie di storia polacca di Albrycht Radziwiłł (1595-1656) e le Memorie di Jan Chryzostom Pasek (1636-1701 circa). Jakub Sobieski (1590-1646, padre di Giovanni III Sobieski) si occupò della stesura di altri diari degni di nota. Durante la campagna di Chocim, nel 1621 realizzò un diario chiamato Commentariorum chotinensis belli libri tres (Diario della guerra di Chocim), pubblicato nel 1646 a Danzica. Questo servì come spunto per il poema di Wacław Potocki intitolato Transakcja wojny chocimskiej (L'andamento della guerra di Chocim). Si occupò infine delle istruzioni per il viaggio dei suoi figli a Cracovia (1640) e in Francia (1645), circostanza che fornisce un buon esempio dell'educazione liberale dell'epoca.[114]

Arte e musica

[modifica | modifica wikitesto]
Un esempio di ritratto su bara risalente alla metà del XVII secolo

L'arte e la musica della Confederazione seguirono in gran parte modellate dalle tendenze europee prevalenti, sebbene anche le minoranze del Paese, gli stranieri e le culture popolari autoctone abbiano contribuito alla sua natura versatile. Una forma d'arte comune intrecciatasi con il sarmatismo riguarda i ritratti su bara (Portrety trumienne), utilizzati in funerali e altre cerimonie solenni.[115] Di regola, tali ritratti erano inchiodati su lamiera, di forma a sei o otto lati, fissati alla parte anteriore di una bara posta su un alto catafalco ornato:[115] si trattava di una caratteristica unica e precipua dell'alta cultura della Confederazione, non presente altrove in Europa (una tradizione simile era praticata solo nell'Egitto romano).[115][116] Monarchi e nobili polacchi spesso invitavano e incentivavano l'insediamento di pittori e artigiani stranieri, in particolare dai Paesi Bassi, oltre che dalle Fiandre, dalla Germania e dall'Italia.[117] Gli interni delle residenze, dei palazzi e dei manieri delle classi alte erano adornati da arazzi a muro (arazzi o tappezzerie) importati dall'Europa occidentale; la collezione più rinomata è composta dagli arazzi degli Jagelloni esposti al castello del Wawel a Cracovia.[118]

Abito alla polonnaise (a sinistra) e letto polacco (a destra), entrambi del XVIII secolo

I legami economici, culturali e politici tra la Francia e la Polonia-Lituania hanno dato origine al termine à la polonaise, che significa "in stile polacco".[119] Con il matrimonio di Maria Leszczyńska con Luigi XV di Francia nel 1725, la cultura polacca iniziò a presentarsi anche nel Palazzo di Versailles;[120] i letti alla polacca (lit à la polonaise) drappeggiati con baldacchini divennero un elemento centrale del mobilio di Luigi XV nei castelli francesi.[120] I già diffusi motivi floreali, così come la moda polacca, acquisirono ulteriore popolarità negli abiti alla polonaise (robe à la polonaise) indossati dagli aristocratici a Versailles.[120]

Le culture religiose della Polonia-Lituania coesistettero e si miscelarono a vicenda per l'intera storia della Confederazione: malgrado alcuni gruppi preservarono con grande gelosia e senso di appartenenza le proprie tradizioni (è il caso degli ebrei, differentemente da quanto accadde in Germania dove in nulla si distinguevano dai tedeschi),[121] prestiti e calchi divennero comuni nelle chiese cattoliche presenti in regioni perlopiù abitate da protestanti, i cui edifici religiosi di questi ultimi si presentavano più sobri nell'arredamento.[122] L'influenza reciproca si riflesse inoltre nella grande popolarità delle icone bizantine e che ricalcavano la figura della Vergine Maria nei territori prevalentemente latini della Polonia (si pensi soprattutto alla Vergine nera di Częstochowa) e della Lituania odierna (Nostra Signora della Porta dell'Aurora).[123] D'altro canto, si rintraccia anche talvolta l'influsso latino nell'arte ortodossa e protestante rutena.[124]

La musica assunse sempre un ruolo di spessore nella cultura locale: per questo motivo, molti nobili fondarono cori di chiese e scuole e impiegarono i propri gruppi di musicisti. Alcuni, come Stanisław Lubomirski, costruirono i propri teatri d'opera (a Nowy Wiśnicz, nel sud della Polonia). Altri, come Janusz Skumin Tyszkiewicz e Krzysztof Radziwiłł, acquisirono una discreta fama perché mecenati degli artisti che si esibivano nelle loro orchestre permanentemente riunite, nello specifico presso le loro corti a Vilnius.[125] Le attività musicali fiorirono ulteriormente sotto il Casato di Vasa, permettendo a compositori sia stranieri che nazionali di essere attivi in varie città. Sigismondo III portò spesso compositori e direttori d'orchestra italiani come Luca Marenzio, Annibale Stabile, Asprilio Pacelli, Marco Scacchi e Diomede Catone per l'orchestra reale. Anche musicisti autoctoni di spessore suonarono e composero per la corte del sovrano, tra cui Bartłomiej Pękiel, Jacek Różycki, Adam Jarzębski, Marcin Mielczewski, Stanisław Sylwester Szarzyński, Damian Stachowicz, Mikołaj Zieleński e Grzegorz Gorczycki.[125]

Il palazzo di Wilanów, completato nel 1696, intendeva mostrare l'opulenza delle residenze reali e nobili nella Confederazione

L'architettura delle città locali rifletteva una combinazione di tendenze polacche, tedesche e italiane. Il manierismo italiano o il tardo rinascimento ebbero un profondo impatto sull'architettura tradizionale borghese ben visibile anche oggi: castelli e tenute presentavano cortili centrali all'italiana composti da logge ad arco, colonnati, erker, balconi, portali e balaustre ornamentali.[126] Anche gli affreschi sul soffitto, gli sgraffiti, i plafond e i cassettoni (in polacco kaseton) erano assai diffusi.[127] I tetti presentavano generalmente tegole di terracotta, ma la caratteristica più distinguibile del manierismo polacco era legata agli attici decorativi situati sopra il cornicione della facciata.[127] Le città della Polonia settentrionale, della Lituania e della Livonia adottarono lo stile anseatico (o "olandese") come forma principale di espressione architettonica e scultorea, paragonabile a quella dei Paesi Bassi, del Belgio, della Germania settentrionale e della Scandinavia.[128]

L'influenza degli stili italiani è evidente nell'architettura polacca. Caratteristica distintiva sono gli attici e i pinnacoli aguzzi lungo il cornicione

I primi esempi di architettura barocca riguardano diverse chiese gesuite e cattoliche, in particolare la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Cracovia, la chiesa del Corpus Domini a Njasviž, la cattedrale di Lublino e il santuario tutelato dall'UNESCO a Kalwaria Zebrzydowska. Ulteriori esempi di barocco decorativo e rococò includono Sant'Anna a Cracovia e la Collegiata Fara a Poznań. L'uso del marmo nero all'interno, un altro tratto distintivo dei canoni di costruzione dell'epoca, divenuto popolare dopo la metà del XVII secolo,[129] emerse anche in altari, fontane, portali, balaustre, colonne, monumenti, lapidi, mausolei e intere stanze (è il caso della sala dei marmi del Castello Reale di Varsavia, della cappella di San Casimiro della Cattedrale di Vilnius e della cappella Vasa della Cattedrale del Wawel).[129]

I magnati intrapresero spesso progetti di costruzione a mo' di monumenti per auto-celebrarsi; chiese, cattedrali, monasteri e palazzi come l'attuale Palazzo presidenziale a Varsavia e il castello di Pidhirci furono costruiti per ordine del grande etmano Stanisław Koniecpolski.[130] I progetti maggiori coinvolsero intere città, generalmente battezzate in onore del mecenate, anche se nel tempo alcuni di essi non andarono in porto per via degli eccessivi costi o furono abbandonati. Tra gli esempi più memorabili rientra Zamość, fondata da Jan Zamoyski e progettata dall'architetto italiano Bernardo Morando sullo schema della città ideale.[131] I magnati di tutta la Polonia gareggiavano con i re al fine di mettersi in mostra: ne è una dimostrazione il monumentale castello Krzyżtopór, costruito seguendo i canoni del palazzo in fortezza tra il 1627 e il 1644, aveva diversi cortili circondati da fortificazioni, allo stesso modo dei complessi fortificati simili di Łańcut e Krasiczyn.

Il fascino per la cultura e l'arte dell'Oriente nel periodo tardo barocco si riflette nel palazzo cinese della regina Maria Casimira a Zoločiv (Złoczów).[132] I palazzi dei magnati del XVIII secolo rappresentano il tipo caratteristico di residenza suburbana barocca costruita con una corte d'onore e un giardino. Questo stile, che fonde l'arte europea con le antiche tradizioni edilizie della Confederazione, è visibile nel palazzo di Wilanów a Varsavia, nel palazzo di Branicki a Białystok, nel palazzo Potocki a Radzyń Podlaski, nel palazzo di Raczyński a Rogalin, nel palazzo di Nieborów e Kozłówka vicino a Lubartów. La nobiltà minore risiedeva in case padronali di campagna conosciute come dworek. Il neoclassicismo rimpiazzò il barocco nella seconda metà del XVIII secolo: l'ultimo sovrano della Polonia-Lituania, Stanislao II Augusto, ammirava in maniera particolare l'architettura classica dell'antica Roma e la esaltava a simbolo dell'Illuminismo polacco.[133] Il palazzo sull'isola (situato in un parco dell'odierna capitale) e l'esterno della chiesa di Sant'Anna a Varsavia rientrano nell'eredità neoclassica trasmessaci dalla Confederazione.

La szlachta e il sarmatismo

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Szlachta e Sarmatismo.
Elżbieta Sieniawska ritratta in una posa sarmata e con un indumento da uomo chiamato delia
Il sarmatismo coinvolgeva anche l'abbigliamento e lo stile di un nobile polacco: i baffi, il soprabito kontusz in rosso e la fascia con richiami blu detta pas kontuszowy con in basso il simbolo dell'Ordine dell'Aquila Bianca

L'ideologia prevalente della szlachta si può riassumere in un solo termine con sarmatismo, un sostantivo derivante dal nome dei Sarmati, presunti antenati dei polacchi.[134][135] Questo sistema di credenze ricoprì una parte importante della cultura szlachta, penetrando in tutti gli aspetti della vita degli aristocratici. Il sarmatismo esaltava valori quali l'uguaglianza tra i nobili, la nobile arte dell'equitazione, le tradizioni nazionali, la vita bucolica da godersi nelle tenute, la pace e il pacifismo; inoltre, si diffusero anche in tema di moda alcuni indumenti che contraddistinguevano chiaramente i nobili polacchi da quelli di altre nazioni. In tale fase storica comparvero infatti lo zupan, il kontusz, il sukmana, il pas kontuszowy, la delia e la szabla. Si incentivava pure la proliferazione dell'architettura barocca in patria e si promuoveva l'utilizzo del latino come idioma da adoperare nei circoli letterari e tra i membri dell'élite polacca, lituana e straniera: un simile clima favorì l'integrazione di una nobiltà proveniente da diverse regioni geografiche e generò un senso di unità e di orgoglio quasi nazionalistico nel corso della libertà dorata, oltre che portare avanti il processo di polonizzazione di alcuni aristocratici baltici.[134][135]

Nella sua prima forma idealistica, il sarmatismo rappresentava un movimento culturale positivo, in quanto non reprimeva le fedi religiose diverse dal cattolicesimo e lodava valori quali l'onestà, l'orgoglio nazionale, il coraggio, l'uguaglianza e la libertà. Col tempo, tuttavia, questo concetto subì una distorsione e negli ultimi decenni di esistenza della Confederazione l'insieme di credenze si trasformò in fanatismo: l'onestà si trasformò in ingenuità politica, l'orgoglio in arroganza, il coraggio in testardaggine e la libertà in anarchia.[136] Le colpe del sarmatismo furono accusate della fine del Paese dalla fine del XVIII secolo in poi. La critica, spesso unilaterale ed esagerata, fu usata dai riformisti polacchi per spingere a cambiamenti radicali. Nel momento in cui si diffuse questa ventata di autocritiche, gli storici tedeschi, russi e austriaci si affrettarono a dimostrare che la Polonia stessa fu la principale causa della sua caduta.[136][137]

Alcuni dei ceti sociali nella società della Confederazione nel 1655. Da sinistra: l'ebreo, il barbiere, il pittore, il macellaio, il musicista, il sarto, l'oste, farmacista, il calzolaio, l'orafo, il commerciante e l'armeno
Densità della rete urbana per ogni voivodato (provincia) nel 1650

La Confederazione polacco-lituana si distinse per il suo immenso multiculturalismo per tutta la durata della sua esistenza, comprendendo infatti innumerevoli identità religiose e minoranze etniche che abitavano il vasto territorio del Paese.[138] Il numero preciso dei gruppi minoritari e delle loro popolazioni può tuttavia essere solo ipotizzato.[138] Statisticamente, i gruppi più consistenti erano formati da polacchi, lituani, tedeschi, ruteni ed ebrei,[139] a cui si univa un numero considerevole di minoranze composte da cechi, ungheresi, livoni, rom, valacchi, armeni, italiani, scozzesi e olandesi (Olędrzy), classificati come mercanti, coloni o rifugiati in fuga dalla persecuzione religiosa.[139]

Prima di avvicinarsi definitivamente alla Lituania, il Regno di Polonia era molto più omogeneo; circa il 70% della popolazione era polacca e cattolica.[139] Dopo l'Unione di Lublino, il numero di polacchi rispetto alla popolazione totale scese al 50%.[139] Nel 1569 la popolazione ammontava a 7 milioni, di cui circa 4,5 erano polacchi, 750 000 lituani, 700 000 ebrei e 2 milioni ruteni.[140] Lo storico Kazimierz Bem suggerisce che con l'espansione territoriale dopo la pace di Deulino nel 1618 e i decenni tutto sommato tranquilli vissuti da lì al 1650, si toccarono gli 11 000 000 di abitanti, di cui i polacchi costituivano solo il 40%.[6][141] A quel tempo la nobiltà rappresentava il 10% dell'intera popolazione e i borghesi circa il 15%.[141] La densità media di popolazione per chilometro quadrato era pari a 24 abitanti nella Masovia, 23 nella Piccola Polonia, 19 nella Grande Polonia, 12 nel Palatinato di Lublino, 10 nell'area di Leopoli, 7 in Podolia e Volinia e 3 nel Voivodato di Kiev. Si verificò a un certo punto una tendenza delle persone dai territori occidentali più densamente popolati a migrare verso est.[142]

Un improvviso cambiamento nella demografia del Paese si verificò a metà del XVII secolo.[143] La seconda guerra del nord e il diluvio, seguiti dalla carestia nel periodo dal 1648 al 1657, causarono almeno 4 milioni di morti e, considerando le ulteriori perdite territoriali, si comprende come mai nel 1717 la popolazione fosse scesa a 9 milioni.[143][144] La popolazione si riprese lentamente per tutto il XVIII secolo; poco in anticipo rispetto alla prima spartizione della Polonia nel 1772, la popolazione della Confederazione si attestava a circa 12 milioni di abitanti,[7] di cui quasi due terzi viveva nel Granducato di Lituania.[145] Nel 1792 la popolazione della Polonia era di circa 11 milioni e comprendeva 750 000 nobili.[145]

La città più multiculturale e in crescita a livello economico del Paese rimase Danzica, un porto marittimo anseatico fondamentale sul Baltico e facente capo alla regione più ricca della Polonia, senza oltretutto essere nemmeno troppo lontana dalla Lituania. Danzica vedeva la presenza di una folta maggioranza tedesca per vari secoli (anche successivi alla dissoluzione della Confederazione)[146] e inoltre ospitava un gran numero di mercanti stranieri, in particolare di origini scozzesi, olandesi o scandinave.[147] Storicamente, il Granducato di Lituania era più diversificato del Regno di Polonia e veniva considerato un crogiolo di varie culture e religioni.[17] Tra l'altro, gli abitanti del Granducato erano noti collettivamente come Litvin indipendentemente dalla loro nazionalità, con l'eccezione degli ebrei residenti in Lituania, chiamati litvak.

Nonostante la tolleranza religiosa garantita, la graduale polonizzazione e la controriforma cercarono di ridurre la diversità interna; l'obiettivo era quello di sradicare alcune minoranze imponendo la lingua polacca, il latino, la cultura polacca e la religione cattolica romana, ove possibile.[148] Entro la fine del XVIII secolo, l'idioma, la cultura e l'identità lituana divennero vulnerabili.[134][135]

La Confederazione di Varsavia, firmata il 28 gennaio 1573, assicurava i diritti delle minoranze e delle religioni;[17][18] essa permetteva infatti a tutti i sudditi di venerare qualsivoglia divinità, sebbene la tolleranza religiosa non seguì un andamento costante.[19] Come sottolineato da Norman Davies, "la formulazione e la sostanza della dichiarazione della Confederazione di Varsavia assunse un ruolo straordinarie rispetto alle condizioni prevalenti altrove in Europa; inoltre, su di essa si ressero i principi della vita religiosa nella Repubblica per oltre duecento anni".[149]

Considerate le persecuzioni variamente in corso in altre nazioni, molti esponenti delle sette religiose più radicali si rifugiarono nella Confederazione polacco-lituana.[149] Nel 1561 Giovanni Bernardino Bonifacio d'Oria, un religioso esule residente in Polonia, scrisse delle virtù del suo Paese di adozione a un collega tornato in Italia: "Potresti vivere qui secondo le tue idee e preferenze, godendo inoltre delle maggiori libertà, compresa la scrittura e la pubblicazione. Nessuno ti reprimerà per questo".[150] Altri, in particolare i gesuiti e legati papali, si dimostrarono più scettici in merito alla politica religiosa riservata dalla Confederazione.

«Questa realtà è diventata un luogo sicuro per gli eretici»

Atto originale della Confederazione di Varsavia nel 1573, il primo in cui si sanciva libertà religiosa in Europa

Nelle regioni più marginali della Confederazione, mentre la nobiltà era in genere cattolica, i ceti più umili, specie nelle odierne Ucraina e Bielorussia aderivano all'ortodossia o alle chiese cattoliche di rito orientale.[152] Sempre in riferimento a tale area geografica, poiché spesso gli aristocratici vantavano solo antenati polacchi veri e propri, iniziò a diffondersi dal XVI secolo un'espressione specifica con cui si designava tale categoria: "gente Ruthenus, natione Polonus" (ruteno di sangue, polacco di nazionalità).[152][153]

La Cattedrale greco-cattolica di San Giorgio a Leopoli fu costruita tra il 1746 e il 1762 a seguito della legge di unificazione dell'arcieparchia di Leopoli con la Santa Sede[154]
La chiesa di Kam"janec'-Podil's'kyj fu convertita in moschea durante l'occupazione turca tra il 1672 e il 1699, con l'aggiunta del minareto di 33 metri durante quella parentesi[155]

In un quadro socio-demografico siffatto, si intuisce come l'aristocrazia polacca o polonizzata dominasse su una popolazione perlopiù rurale che non abbracciava il cattolicesimo né era etnicamente polacca. I decenni di pace ingenerarono una politica volta a colonizzare la scarsamente abitata Ucraina occidentale e centrale,[156] cosa che acuì le tensioni tra nobili, ebrei, cosacchi (tradizionalmente ortodossi), contadini polacchi e ruteni. Questi ultimi, privati dei loro protettori nativi che costituivano la nobiltà rutena, si rivolsero in cerca di aiuto ai cosacchi, i quali furono tra i responsabili della rottura della Confederazione.[152] Le tensioni furono aggravate sia per via dello scarso interesse di Varsavia a risolvere definitivamente la situazione sia per via dei conflitti tra ortodossi e cattolici sorti in seguito all'Unione di Brest, che finì per discriminare i primi.[152] Nell'ovest e nel nord, molte città avevano considerevoli minoranze tedesche, spesso legate al luteranesimo o al calvinismo.[157][158] La Confederazione ospitava anche una delle più nutrite comunità ebraiche del mondo: verso la metà del XVI secolo l'80% degli ebrei del mondo viveva in Polonia e Lituania.[159]

Con l'avvento della Riforma, i nobili aderirono presto al luteranesimo, desiderosi com'erano di porre un argine ai poteri di cui disponeva il clero cattolico. Fu dopo la Controriforma, quando la Chiesa cattolica riprese il potere in Polonia, che la szlachta ritornò quasi tutta ad abbracciare il vecchio credo.[160]

A seguito della dissoluzione della Confederazione, il legame al cattolicesimo in Polonia e Lituania si dimostrò precipuo nel XIX secolo per conformare un'identità nazionale, considerati i contrasti che sorsero con gli ortodossi russi.[161]

Primo inno dell'anniversario della Costituzione del 3 maggio 1791 (1792) in ebraico, polacco, tedesco e francese
  • Polacco - ufficialmente riconosciuto;[162] lingua dominante, usata dalla maggior parte della nobiltà della Confederazione[163][164] e dai contadini nella provincia della Corona; lingua ufficiale nella cancelleria della Corona e dal 1697 nella cancelleria del Granducato.[162][165][166] Lingua dominante nelle città.[162]
  • Latino - in disuso, pur essendo ufficialmente riconosciuto;[167] comunemente usato nelle relazioni estere e popolare come seconda lingua tra alcuni nobili.[165][168]
  • Francese - non ufficialmente riconosciuto; rimpiazzò il latino presso la corte reale di Varsavia all'inizio del XVIII secolo come idioma utilizzato nelle relazioni estere.[169] Era comunemente usata come lingua della scienza e della letteratura e come seconda lingua tra alcuni nobili.[170]
  • Ruteno - noto anche come slavo della cancelleria.[165] Fu la lingua ufficiale nella cancelleria del Granducato fino al 1697 (quando venne sostituito dal polacco) e nei voivodati di Bracław, Czernihów, Kiev e Volinia fino al 1673;[171] usato in alcune relazioni estere.[165][167][172] I suoi dialetti (precursori del bielorusso e ucraino moderno) erano ampiamente usati nel Granducato e nelle parti orientali della Corona come lingua parlata.[166]
  • Lituano - non ufficialmente riconosciuto,[164] ma utilizzato in alcuni documenti ufficiali nel Granducato[173] e, principalmente, usato come lingua parlata nella parte più settentrionale del paese (in Lituania propria)[174] e la parte settentrionale della Prussia ducale (al tempo feudo polacco).
  • Tedesco - in disuso, utilizzato in alcune relazioni estere,[165] nel Ducato di Prussia e da minoranze nelle città soprattutto nella Prussia reale.[166][175]
  • Ebraico - essendo assai numerose le comunità ebraiche localizzate in Polonia e Lituania, sia questo idioma che l'aramaico risultavano abbastanza diffusi anche in ambito accademico e legale. Non era tuttavia ufficiale;[176]
  • Yiddish: non ufficialmente riconosciuto,[177] utilizzato dagli ebrei nella loro vita quotidiana;[166]
  • Italiano - non ufficialmente riconosciuto e utilizzato in alcune relazioni estere e dalle minoranze italiane nelle città.[178]
  • Armeno - in disuso, utilizzato dalla minoranza armena.[179]
  • Arabo - non ufficialmente riconosciuto; usato in alcune relazioni estere[180] e dai tartari nelle loro questioni religiose, i quali scrivevano anche in ruteno oltre che in arabo.[181]
Lo stesso argomento in dettaglio: Intermarium.

Il Ducato di Varsavia, fondato nel 1807 da Napoleone Bonaparte, traeva origine di certo in parte dalla Confederazione. Altri movimenti di rinascita apparvero durante la rivolta di novembre (1830-1831), la rivolta di gennaio (1863-1864) e negli anni 1920, con il tentativo fallito di Józef Piłsudski di creare una federazione Intermarium (Międzymorze) a guida polacca che, secondo le idee del generale, avrebbe dovuto estendersi dalla Finlandia a nord ai Balcani a sud.[182] La contemporanea Repubblica di Polonia si considera un successore della Confederazione;[nota 4] la Repubblica di Lituania, ristabilita alla fine della prima guerra mondiale, percepì la partecipazione dello Stato lituano nell'antica Confederazione, in virtù del fatto che affrontò un processo di polonizzazione e quasi di denigrazione dei lituani e dei polacchi,[183][184][185] anche se ultimamente si sta procedendo a una rivisitazione storiografica di quel periodo storico.[185]

Suddivisioni amministrative

[modifica | modifica wikitesto]
Mappa che mostra i voivodati della Confederazione delle Due Nazioni
Mappa che mostra la Confederazione polacco-lituana nelle sue suddivisioni dopo la pace di Deulino del 1618, sovrimposta agli attuali confini nazionali:

     Corona del Regno di Polonia

     Granducato di Lituania

     Ducato di Prussia, feudo polacco

     Ducato di Livonia

     Ducato di Curlandia e Semigallia, feudo confederato

Mentre il termine "Polonia" veniva comunemente impiegato per denotare anche l'intero sistema politico, la Polonia costituiva in realtà solo una parte di un insieme più grande, la Confederazione appunto, la quale comprendeva innanzitutto:

  • La Corona del Regno di Polonia (Polonia propriamente detta), colloquialmente "la Corona";
  • Il Granducato di Lituania, colloquialmente "Lituania".

La nazione era ulteriormente suddivisa in unità amministrative minori note come voivodati (województwa), governati da un voivoda (wojewoda, governatore). I voivodati si suddividevano ancora in starostwa, a cui capo si collocava uno starosta. Le città erano governate dai castellani, benché vi fossero delle frequenti eccezioni a queste regole, che spesso coinvolgevano la subunità detta ziemia.[139]

Le terre che un tempo appartenevano alla Confederazione sono oggi in gran parte distribuite tra diversi Paesi dell'Europa centrale e orientale: Polonia, Ucraina, Moldavia (Transnistria), Bielorussia, Russia, Lituania, Lettonia ed Estonia.[186][187] Anche alcune piccole città nell'Alta Ungheria (oggi principalmente Slovacchia), divennero parte della Polonia nel trattato di Lubowla (città di Spiš).

I confini della Confederazione si spostarono per via guerre e trattati, a volte più volte in meno di un decennio, soprattutto nelle parti orientali e meridionali. L'ampliamento dei confini generò la crescita demografica che portò la nazione a superare i 10 milioni di abitanti nel XVII-XVIII secolo.[6][7]

Piccola Polonia

[modifica | modifica wikitesto]

La provincia della Piccola Polonia (in polacco: Małopolska) includeva la Polonia meridionale e due città molto popolose: la capitale storica Cracovia, rimasta dopo il 1596 capoluogo, e Lublino, a nord-est:

Grande Polonia

[modifica | modifica wikitesto]

La provincia della Grande Polonia (Wielkopolska) includeva la Polonia centro-occidentale intorno a Poznań e il corso del fiume Warta:

Granducato di Lituania

[modifica | modifica wikitesto]

La Lituania propria (in lituano: Didžioji Lietuva) includeva il Granducato dell'omonima nazione. La sezione nordoccidentale, la parte in cui erano presenti più cattolico e più lituani, aveva capitale Vilnius:

La Prussia reale (Prusy Królewskie), situata sulla sponda meridionale del mar Baltico, era un'area autonoma sin dalla seconda pace di Toruń (1466), incorporata nella Corona nel 1569 con la nascita della Confederazione. A livello amministrativo inferiore figuravano:

Ducato di Livonia

[modifica | modifica wikitesto]

Il Ducato di Livonia (Inflantia), compreso nell'odierna Lettonia, Estonia meridionale e una piccola sezione dell'Ingria, risultava un dominio congiunto della Corona e del Granducato di Lituania. Alcune aree andarono perdute in favore della Svezia nel 1620 e nel 1660:

La Slesia (Śląsk) non rientrava della Confederazione, ma piccole sezioni appartennero nel corso del periodo di esistenza della Confederazione a vari monarchi; in particolare, i Vasa furono duchi di Opole (Oppeln) e Racibórz (Ratibor) dal 1645 al 1666.[188]

Suddivisioni ecclesiastiche

[modifica | modifica wikitesto]
La confederazione alla sua massima espansione nel 1619: in marroncino è evidenziato il Granducato di Lituania, in rosa chiaro invece le acquisizioni territoriali sotto Sigismondo III Vasa, in giallo chiaro i territori della Corona Polacca e infine le linee gialle e rosa indicano i territori indipendenti dal governo reale (Curlandia e Prussia Orientale)

Nel XVI secolo, il vescovo e cartografo polacco Marcin Kromer, formatosi in gioventù a Bologna, pubblicò un atlante in latino, intitolato Polonia sive de situ, populis, moribus, magistratibus et Republica regni Polonici libri duo (Polonia: sulla sua posizione, la gente, la cultura, gli uffici e la Confederazione polacca), considerata tra le guide più complete del Paese.[189]

Le opere di Kromer e altre mappe contemporanee, come quelle di Gerardo Mercatore, propongono la Confederazione come per lo più pianeggiante. La parte nord-orientale e centro-orientale della nazione, per cui è stato coniato il termine Kresy nel Novecento con l'intenzione di identificare quei territori che, in parte, ancora facevano capo a Varsavia nel periodo interbellico, ma che invece oggi non rientrando nemmeno per un chilometro nel territorio polacco, era famosa per le sue steppe.[190][191][192] I Carpazi delineavano il confine meridionale, mentre la catena dei monti Tatra risultava più alta; il Mar Baltico formava la delimitazione settentrionale della Confederazione. Come nella maggior parte dei Paesi europei all'epoca, la Confederazione aveva un'ampia copertura forestale, specialmente a est: oggi, ciò che resta della foresta di Białowieża costituisce l'ultima macchia verde primordiale restata in gran parte intatta in Europa e che ospita specie rare come il bisonte europeo (Bison bonanus).[193]

Galleria d'immagini

[modifica | modifica wikitesto]

Note al testo

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ Il motto fu rimpiazzato nel XVIII secolo da "Pro Fide, Lege et Rege", cioè "Per la Fede, per la Legge e per il Re": Carlisle, p. 227.
  2. ^ Alcuni storici datano lo spostamento della capitale polacca da Cracovia a Varsavia tra il 1595 e il 1611, anche se Varsavia non fu ufficialmente designata capitale se non nel 1793 (Carter, p. 187). Il Sejm della Confederazione cominciò a riunirsi a Varsavia subito dopo l'Unione di Lublino e i suoi governanti generalmente mantennero lì i loro tribunali, anche se le incoronazioni continuarono a svolgersi a Cracovia (Carter, p. 187). Il concetto moderno di una singola capitale era in qualche misura inapplicabile nella Confederazione feudale e decentralizzato: (Carter, p. 187) nonostante questo, Varsavia viene descritta da alcuni storici come la capitale dell'intera Confederazione (Stone, p. 221; Bideleux e Jeffries, p. 126). Wilno, capitale del Granducato (Davies, p. 657; Vassallo, p. 403), è talvolta definita alla stregua di seconda capitale (Ocker, p. 232; Cornis-Pope e Neubauer, p. 11).
  3. ^ Questa qualità della Confederazione fu riconosciuta dai suoi contemporanei. Robert Burton, nella sua Anatomia della malinconia, pubblicato per la prima volta nel 1621, scrive della Polonia: "La Polonia è un ricettacolo di tutte le religioni, dove convivono samaritani, sociniani, fotiniani [...], ariani, anabattisti"; "In Europa, la Polonia e Amsterdam sono i santuari comuni [per gli ebrei]".
  4. ^ Lo sancisce il preambolo della Costituzione della Repubblica di Polonia del 1997 in cui si stabilisce: "Richiamando le migliori tradizioni della Prima e della Seconda Repubblica, obbligati a trasmettere alle generazioni future tutto il meglio di oltre mille anni di storia, memori delle amare esperienze dei momenti in cui le libertà fondamentari e i diritti umani vennero violati in Patria...".

Note bibliografiche

[modifica | modifica wikitesto]
  1. ^ (EN) A Very Short History of Kraków, su ces.uj.edu.pl. URL consultato il 14 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 12 marzo 2009).
  2. ^ a b c d e f g h Arianna Angeli, La circolazione del sistema francese di decentramento regionale nell'Europa centro-orientale, FrancoAngeli, ISBN 978-88-91-77766-9.
  3. ^ a b (EN) Ryszard Zięba, Poland's Foreign and Security Policy, Springer Nature, 2019, p. 16, ISBN 978-30-30-30697-7.
  4. ^ a b (EN) Rein Taagepera, Expansion and Contraction Patterns of Large Polities: Context for Russia, in International Studies Quarterly, vol. 41, n. 3, settembre 1997, p. 497, DOI:10.1111/0020-8833.00053, JSTOR 2600793. URL consultato il 14 aprile 2021.
  5. ^ Teresa Bela, Clarinda Calma e Jolanta Rzegocka, Publishing Subversive Texts in Elizabethan England and the Polish-Lithuanian Commonwealth Library of the Written Word, BRILL, 2016, p. 85 (nota 23), ISBN 978-90-04-32080-2.
  6. ^ a b c (EN) Kazimierz Bem, Calvinism in the Polish Lithuanian Commonwealth 1548-1648: The Churches and the Faithful, BRILL, 2020, p. 9, ISBN 978-90-04-42482-1.
  7. ^ a b c d (EN) Ian D. Armour, A History of Eastern Europe 1740-1918: Empires, Nations and Modernisation, 2ª ed., Bloomsbury Publishing, 2012, p. 61, ISBN 978-18-49-66660-2.
  8. ^ F.F. de Daugnon, Gli italiani in Polonia dal IX secolo al XVIII, Рипол Классик, 1907, p. 11, ISBN 978-58-80-22436-4.
  9. ^ a b Vincenzo Mistrini, Le guerre polacco-ottomane (1593-1699), vol. 1, Soldiershop Publishing, 2016, pp. 60-61, ISBN 978-88-93-27175-2.
  10. ^ Gabriele De Rosa e Francesca Lomastro, L'età di Kiev e la sua eredità nell'incontro con l'Occidente, Viella Libreria Editrice, 2013, p. 265, ISBN 978-88-83-34924-9.
  11. ^ a b (EN) Wayne C. Thompson, Nordic, Central, and Southeastern Europe 2019-2020, 19ª ed., Rowman & Littlefield, 2019, p. 323, ISBN 978-14-75-85180-9.
  12. ^ (EN) David Althoen, That Noble Quest: from True Nobility to Enlightened Society in the Polish-Lithuanian Commonwealth 1550-1830, DMA, 2001, p. 26.
  13. ^ a b Renata Ago e Vittorio Vidotto, Storia moderna, Gius.Laterza & Figli Spa, 2004, p. 174, ISBN 978-88-58-11654-8.
  14. ^ Giuseppe Vedovato e Maria Grazia Melchionni, L'identità europea alla fine del 20. secolo, Biblioteca della Rivista di studi politici internazionali, 2001, p. 173.
  15. ^ a b Giuseppe Pavanello, Antonio Canova: il principe Henryk Lubomirski come Amore, Silvana, 2007, p. 44, ISBN 978-88-36-60927-7.
  16. ^ (EN) Harry E. Dembkowski, The formation of the Polish-Lithuanian Commonwealth in contemporary American scholarship, in The Polish Review, vol. 30, n. 4, University of Illinois Press, 1985, pp. 437-443.
  17. ^ a b c Claudio Madonia, Fra l'orso russo e l'aquila prussiana: La Polonia dalla Repubblica Nobiliare alla IV Repubblica (1506-2006), Clueb Edizioni, 2013, p. 17, ISBN 978-88-49-13800-9.
  18. ^ a b Palka, p. 292.
  19. ^ a b c (EN) Feliks Gross, Citizenship and Ethnicity: The Growth and Development of a Democratic Multiethnic Institution, Greenwood Publishing Group, 1999, p. 122, ISBN 978-03-13-30932-8.
  20. ^ a b c Palka, p. 286.
  21. ^ (EN) Poland, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 14 aprile 2021.
    «A metà del 1500, la Polonia unita risultava lo stato più grande d'Europa e forse il più potente del continente dal punto di vista politico e militare»
  22. ^ (EN) Martin van Gelderen e Quentin Skinner, Republicanism, vol. 1, Cambridge University Press, 2002, p. 54, ISBN 978-05-21-80203-1.
  23. ^ (EN) Isaac Kramnick e James Madison, The Federalist Papers, Penguin Classics, 1987, p. 13, ISBN 0-14-044495-5.
  24. ^ Vittoria Barsotti e Vincenzo Varano, La tradizione giuridica occidentale: Testo e materiali per un confronto civil law common law, 5ª ed., G Giappichelli Editore, 2014, p. 207, ISBN 978-88-34-84858-6.
  25. ^ Angelo Lascioli, Pedagogia speciale in Europa: problematiche e stato della ricerca, FrancoAngeli, 2007, p. 32, ISBN 978-88-46-49633-1.
  26. ^ Jan Białostocki, Il Cavaliere polacco e altri saggi di storia dell'arte e di iconologia, Mimesis, 2015, p. 206 (nota 637), ISBN 978-88-57-53272-1.
  27. ^ a b (EN) Wacław Lednicki, Life and Culture of Poland as Reflected in Polish Literature, Roy publishers, 1944, p. 91.
  28. ^ (FR) Antoine-François-Claude Ferrand, Histoire des trois démembremens de la Pologne: pour faire suite à l'histoire de l'Anarchie de Pologne par Rulhière, vol. 1, Deterville, 1820, p. 182.
    «Ex quo serenissima respublica Poloniae in corpore ad exempluin omnium aliarnm potentiarum, lilulum regiuin Borussiae recognoscere decrevit (...)»
  29. ^ (EN) Józef Andrzej Gierowski, The Polish-Lithuanian Commonwealth in the XVIIIth Century: From Anarchy to Well-organised State, Nakładem Polskiej Akademii Umiejętności, 1996, p. 137, ISBN 978-83-86-95615-9.
  30. ^ (EN) David Biale et al., Hasidism: A New History, Princeton University Press, 2017, p. 18, ISBN 978-06-91-17515-7.
  31. ^ Testo originale della Garanzia reciproca delle due nazioni. URL consultato il 14 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 23 dicembre 2015).
  32. ^ (EN) Poland - The Historical Setting ("The Elective Monarchy"), su info-poland.buffalo.edu, 1992. URL consultato il 14 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 4 giugno 2011).
    «La bassa nobiltà era ora inclusa nel processo di selezione e il potere del monarca veniva ulteriormente circoscritto a favore dell'aristocrazia in fase di crescita. Da quel momento, il re rimase di fatto inferiore alla classe nobile, in quanto costantemente supervisionato da un gruppo di senatori»
  33. ^ (EN) Mark A. Kishlansky, Patrick J. Geary e Patricia O'Brien, A Brief History of Western Civilization: The Unfinished Legacy, 3ª ed., Longman, 2002, p. 323, ISBN 978-03-21-09700-2.
  34. ^ Pereyaslav Agreement, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 14 aprile 2021.
    «Nel 1651, di fronte a una crescente minaccia proveniente dalla Polonia e priva dei suoi tradizionali alleati tartari, Chmel'nyc'kyj chiese allo zar di incorporare l'Ucraina come ducato autonomo sotto la protezione russa»
  35. ^ (EN) Orest Subtelny, Ukraine: A History, 4ª ed., University of Toronto Press, 2009, p. 106, ISBN 978-1-4426-4016-0.
    «Le incursioni tartare, di solito dirette contro le province di Kiev e Braslaŭ (sebbene anche Galizia, Volinia e Podolia non siano state risparmiate), risultarono particolarmente devastanti tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. [...] Nella sola Podilia, circa un terzo di tutti i villaggi finì devastato o abbandonato tra il 1578 e il 1583»
  36. ^ (EN) Galina I. Yermolenko, Roxolana in European Literature, History and Culture, Ashgate Publishing, Ltd., 2010, p. 111, ISBN 978-14-09-40374-6.
  37. ^ Sofia Boesch Gajano e Raimondo Michetti, Europa sacra: raccolte agiografie e identità politiche in Europa fra Medioevo ed età moderna, Carocci, 2002, p. 128, ISBN 978-88-43-02377-6.
  38. ^ Stefano Santoro, L'Italia e l'Europa orientale: diplomazia culturale e propaganda 1918-1943, FrancoAngeli, 2005, p. 153, ISBN 978-88-46-46473-6.
  39. ^ Piero Pasini e Marco Patrioli, Belgrado e la Serbia, EDT srl, 2017, p. 359, ISBN 978-88-59-23968-0.
  40. ^ a b c d e f g h i Davies, pp. 733-736.
  41. ^ a b Paolo Alatri, L'Europa dopo Luigi XIV (1715-1731), Sellerio, 1986, p. 136, ISBN 978-88-38-90002-0.
  42. ^ (EN) Rey Koslowski, Migrants and citizens: demographic change in the European state system, Cornell University Press, 2000, p. 51, ISBN 978-0-8014-3714-4.
  43. ^ Massimo Vassallo, Storia dell'Ucraina: Dai tempi più antichi ad oggi, Mimesis, 2020, p. 115, ISBN 978-88-57-57310-6.
  44. ^ (EN) Russia's Rise as a European Power, 1650-1750, in History Today, vol. 36, 8 agosto 1986. URL consultato il 14 aprile 2021.
  45. ^ a b Gloria Pirzio Ammassari, Le terre di mezzo, FrancoAngeli, 2007, p. 119, ISBN 978-88-46-48476-5.
  46. ^ Nicola Tranfaglia e Massimo Firpo, La Storia: i grandi problemi dal Medioevo all'età contemporanea, vol. 3, UTET, 1988, p. 449, ISBN 978-88-02-04051-6.
  47. ^ a b c d R. Butterwick, The Polish-Lithuanian Monarchy in European Context, C.1500-1795, Springer, 2001, p. 182, ISBN 978-03-33-99380-4.
  48. ^ (EN) Adam Perłakowski, The Polish-Lithuanian Commonwealth and Electoral Saxony in the Early Eighteenth Century: Crisis and Cooperation (XML), pp. 281–291. URL consultato il 1º marzo 2021.
  49. ^ Jan Władysław Woś, Politica e religione nella Polonia tardo medioevale, Dipartimento di scienze filologiche e storiche, 2000, p. 17, ISBN 978-88-84-43098-4.
  50. ^ a b (EN) Josef Macha, Ecclesiastical Unification, Pont. Institutum Orientalium Studiorum, 1974, p. 154.
  51. ^ (EN) Andrej Kotljarchuk, In the Shadows of Poland and Russia: The Grand Duchy of Lithuania and Sweden in the European Crisis of the Mid-17th Century, Stockholm University, 2006, pp. 37 e 87, ISBN 978-91-89-31563-1.
  52. ^ a b Dabrowski, p. 144.
  53. ^ Alessandro Truini, Federalismo e regionalismo in Italia e in Europa: centro e periferie a confronto, vol. 1, 2ª ed., CEDAM, 2003, p. 64, ISBN 978-88-13-24799-7.
  54. ^ Vincenzo Mistrini, Le guerre polacco-ottomane (1593-1699), vol. 1, Soldiershop Publishing, 2016, p. 85, ISBN 978-88-93-27175-2.
  55. ^ Baccio E. Maineri, La Polonia e l'Europa, G.Civelli, 1888.
  56. ^ (EN) Howard Louthan e Graeme Murdock, A Companion to the Reformation in Central Europe, BRILL, 2015, p. 416, ISBN 978-90-04-30162-7.
  57. ^ a b (EN) Filip Ejdus, Memories of Empire and Entry into International Society, Taylor & Francis, 2017, p. 87, ISBN 978-13-17-20548-7.
  58. ^ Gabriela Bukowska, Europa orientale si tempi della Confederazione polacco-lituana, su istitutocalvino.edu.it, 25 maggio 2018. URL consultato il 15 aprile 2021.
  59. ^ a b c d e Mark Greengrass, La cristianità in frantumi: Europa 1517-1648, 2ª ed., Gius.Laterza & Figli Spa, 2020, pp. 519-520, ISBN 978-88-58-14143-4.
  60. ^ Giovanna Motta, Il Baltico: Un mare interno nella storia di lungo periodo, Edizioni Nuova Cultura, 2013, p. 17, ISBN 978-88-68-12158-7.
  61. ^ Mark Greengrass, La cristianità in frantumi: Europa 1517-1648, 1ª ed., Gius.Laterza & Figli Spa, 2017, p. 407, ISBN 978-88-58-14143-4.
  62. ^ Vincenzo Mistrini, Le guerre polacco-ottomane (1593-1699), vol. 2, Soldiershop Publishing, 2016, p. 34, ISBN 978-88-93-27177-6.
  63. ^ a b Fortunato Giannini, Storia della Polonia e delle sue relazioni con l'Italia, Treves, 1916, p. 286.
  64. ^ Francesco Vecchiato e Antonella Gargano, Matthias e Werner von der Schulenburg, Del Bianco, 2006, p. 142.
  65. ^ (EN) Richard Kwiatkowski, The Country That Refused to Die: The Story of the People of Poland, Xlibris Corporation, 2016, p. 242, ISBN 978-15-24-50915-6.
  66. ^ Gianni Fazzini, Il gentiluomo dei tre mondi, Alberto Gaffi, 2008, p. 274, ISBN 978-88-61-65011-4.
  67. ^ a b (EN) Marian Hillar, The Polish constitution of May 3, 1791: myth and reality, in The Polish Review, vol. 37, n. 2, University of Illinois Press, 1992, pp. 185-207.
  68. ^ R.R. Palmer, The Age of the Democratic Revolution: A Political History of Europe and America, 1760-1800, Princeton University Press, 2014, p. 439, ISBN 978-06-91-16128-0.
  69. ^ Philipp Blom, Il primo inverno: La piccola era glaciale e l'inizio della modernità europea (1570-1700), Marsilio Editori spa, p. 276, ISBN 978-88-31-71400-6.
  70. ^ (EN) Andrei S. Markovits, Nationbuilding and the Politics of Nationalism: Essays on Austrian Galicia, Harvard University Press, 1982, p. 187, ISBN 978-06-74-60312-7.
  71. ^ Simonetta Cavaciocchi, Alimentazione e nutrizione, secc. XIII-XVIII, Le Monnier, 1997, p. 219, ISBN 978-88-00-72228-5.
  72. ^ International Atomic Energy Agency, Naturally Occurring Radioactive Materials (NORM IV), International Atomic Energy Agency, 2005, pp. 13-14, ISBN 978-92-01-10305-5.
  73. ^ a b c (EN) Andrzej Wyrobisz, Power and Towns in the Polish Gentry Commonwealth: The Polish-Lithuanian State in the Sixteenth and Seventeenth Centuries, in Theory and Society, vol. 18, n. 5, Springer, settembre 1989, pp. 611-630.
  74. ^ (EN) Rick Steves e Cameron Hewitt, Rick Steves Snapshot Kraków, Warsaw & Gdansk, 6ª ed., Hachette UK, 2019, p. 288, ISBN 978-16-41-71123-4.
  75. ^ Banconote del 1794, su commons.m.wikimedia.org. URL consultato il 16 aprile 2021.
  76. ^ a b (EN) Darius Žiemelis, The Structure and Scope of the Foreign Trade of the Polish–Lithuanian Commonwealth in the 16th to 18th Centuries: The Case of the Grand Duchy of Lithuania, in Lithuanian Historical Studies, vol. 17, n. 1, dicembre 2012, pp. 91-123, DOI:10.30965/25386565-01701004.
  77. ^ Dal Bug a Danzica, il commercio di grano nella Prima Repubblica di Polonia, su polinow.pl. URL consultato il 15 aprile 2021.
  78. ^ (EN) Nicholas L. Chirovsky, The Lithuanian-Rus'commonwealth, the Polish domination, and the Cossack-Hetman state, Philosophical Library, 1984, p. 367, ISBN 0-8022-2407-5.
  79. ^ (EN) Daron Acemoglu e James A. Robinson, Perché le nazioni falliscono. Alle origini di potenza, prosperità, e povertà, Il Saggiatore, 2013, p. 120, ISBN 978-88-42-81873-1.
  80. ^ (EN) Johannes Nichtweiss e Gwyn Seward, The Second Serfdom and the So-Called "Prussian Way", vol. 3, n. 1, Research Foundation of State University of New York, estate 1979, pp. 99-140.
  81. ^ Ernesto Sestan, Storiografia dell'Otto e Novecento, Le Lettere, 1991, p. 102, ISBN 978-88-71-66040-0.
  82. ^ Università degli Studi Parma, Omaggio a Ildebrando Imberciadori: studi di storia dell'agricoltura (secoli XIII-XIX), Pàtron, 1981, p. 231, ISBN 978-88-55-51743-0.
  83. ^ a b c d e (EN) Andrzej Kamiński, Neo-Serfdom in Poland-Lithuania, in Slavic Review, vol. 34, n. 2, Cambridge University Press, gennaio 1975, pp. 253-268, DOI:10.2307/2495187.
  84. ^ (EN) Dirk Hoerder, Horst Rössler e Inge Blank, Roots of the Transplanted: Late 19th century east central and southeastern Europe, East European Monographs, 1994, p. 119, ISBN 978-08-80-33288-0.
  85. ^ (EN) Krzysztof Olszewski, The Rise and Decline of the Polish–Lithuanian Commonwealth due to Grain Trade (PDF), 2007, pp. 7-8. URL consultato il 16 aprile 2021.
  86. ^ (EN) J.T. Kotilaine, Russia's Foreign Trade and Economic Expansion in the Seventeenth Century, BRILL, 2005, p. 47, ISBN 978-90-04-13896-4.
  87. ^ (EN) Steven T. Katz, The Shtetl: New Evaluations, NYU Press, 2009, p. 31, ISBN 978-08-14-74831-2.
  88. ^ (EN) Robert C. Allen, Economic structure and agricultural productivity in Europe, 1300-1800 (PDF), in European Review of Economic History, n. 3, Cambridge University Press, 2000, p. 9.
  89. ^ (EN) John Hunter Harley, The Polish Review, vol. 2, George Allen & Unwin Limited, 1918.
  90. ^ (EN) Arnon Rubin, The Rise and Fall of the Jewish Communities in Poland and Their Relics Today, AR, 2007, p. 14, ISBN 978-96-59-07442-6.
  91. ^ a b (EN) Simonetta Massimi e Maria Letizia Arancio, Ambra. Dalle rive del Baltico all'Etruria, Gangemi Editore spa, p. 23, ISBN 978-88-49-27535-3.
  92. ^ (EN) Murat Çizakça, Incorporation of the Middle East into the European World-Economy, vol. 8, n. 3, Research Foundation of State University of New York, inverno 1985, p. 366.
  93. ^ Hossein Fayaz Torshizi, Il manuale dei tappeti, Fayaz editore, 2008, p. 139, ISBN 978-88-90-16143-8.
  94. ^ (PL) Bolesław Twardowski e Władysław Bartynowski, Wojsko polskie Kościuszki w roku 1794, Nakładem Ksie̜garni Katolickiej, 1894, p. 279.
  95. ^ (EN) Alexander Mikaberidze, The Napoleonic Wars: A Global History, Oxford University Press, 2020, p. 20, ISBN 978-01-99-95106-2.
  96. ^ (EN) Robert I. Frost, The Northern Wars: War, State and Society in Northeastern Europe, 1558 - 1721, Routledge, 2014, p. 317, ISBN 978-13-17-89857-3.
  97. ^ (PL) Bolesław Twardowski e Władysław Bartynowski, Wojsko polskie Kościuszki w roku 1794, Nakładem Ksie̜garni Katolickiej, 1894, pp. 23-25.
  98. ^ (EN) Robert Forczyk, Case White: The Invasion of Poland 1939, Bloomsbury Publishing, 2019, p. 19, ISBN 978-14-72-83493-5.
  99. ^ Timothy Snyder, La paura e la ragione, Rizzoli, 2018, p. 122, ISBN 978-88-58-69331-5.
  100. ^ a b (EN) Robert I. Frost, The Northern Wars: War, State and Society in Northeastern Europe, 1558 - 1721, Routledge, 2014, p. 317, ISBN 978-13-17-89857-3.
  101. ^ (EN) Jacek Kochanowicz, Backwardness and Modernization: Poland and Eastern Europe in the 16th-20th Centuries, Routledge, 2018, p. 68, ISBN 978-13-51-12578-9.
  102. ^ (EN) Brian Davies, Warfare in Eastern Europe, 1500-1800, BRILL, 2012, p. 75, ISBN 978-90-04-22196-3.
  103. ^ (EN) Andrew A. Michta, Red Eagle: The Army in Polish Politics, 1944 - 1988, Hoover Press, 1990, p. 21, ISBN 978-08-17-98863-0.
  104. ^ a b Bardach et al., pp. 229–230.
  105. ^ (EN) Alan Forrest, Karen Hagemann e Jane Rendall, Soldiers, Citizens and Civilians: Experiences and Perceptions of the Revolutionary and Napoleonic Wars, 1790-1820, Palgrave Macmillan, 2009, p. 61, ISBN 978-02-30-54534-2.
  106. ^ Wacław Lednicki, Life and Culture of Poland as Reflected in Polish Literature, Roy publishers, 1944, p. 100.
  107. ^ (EN) G.M.B. Leon Szadurski, An Epitome of the History of Poland: In Three Parts, Selbstverl., 1842, p. 63.
  108. ^ Jan Woś, In finibus Christianitatis: figure e momenti di storia della Polonia medioevale e moderna, Città di Vita, 1988, p. 42.
  109. ^ (EN) Norman Davies, God's Playground: A History of Poland, Columbia University Press, 2005, p. 167, ISBN 0-231-12819-3.
  110. ^ Francesco Surdich, Miscellanea di storia delle esplorazioni, Fratelli Bozzi, 1975, p. 85.
  111. ^ (EN) International Academy of Astronautics, Essays on the History of Rocketry and Astronautics, vol. 2, NASA, Scientific and Technical Information Office, 1977, p. 136.
  112. ^ (EN) Curtis G. Murphy, Scots in the Polish-Lithuanian Commonwealth, 16th–18th Centuries, in The Polish Review, vol. 59, n. 4, University of Illinois Press, 2014, pp. 112-114, DOI:10.5406/polishreview.59.4.0112.
  113. ^ Claudio Stroppa, Jan Amos Comenius e il sogno urbano, FrancoAngeli, 2001, p. 31, ISBN 978-88-46-42796-0.
  114. ^ (EN) Jacek Jędruch, Constitutions, Elections, and Legislatures of Poland, 1493-1977: A Guide to Their History, University Press of America, 1982, p. 125, ISBN 978-08-19-12509-5.
  115. ^ a b c Nathalie Boutin, De ma fenêtre: des artistes et leurs territoires, Ecole nationale supérieure des beaux-arts, 2004, p. 69, ISBN 978-28-40-56170-5.
  116. ^ (EN) Bartłomiej Łyczak, The Coffin Portrait and Celebration of Death in Polish–Lithuanian Commonwealth in the Modern Period, in Ikon, n. 4, gennaio 2011, pp. 233-242, DOI:10.1484/J.IKON.5.100699.
  117. ^ (EN) Koen Ottenheym, Konrad Ottenheym e Krista de Jonge, The Low Countries at the Crossroads: Netherlandish Architecture as an Export Product in Early Modern Europe (1480-1680), Isd, 2013, p. 173, ISBN 978-25-03-54333-8.
  118. ^ Nathalie Boutin, De ma fenêtre: des artistes et leurs territoires, Ecole nationale supérieure des beaux-arts, 2004, p. 47, ISBN 978-28-40-56170-5.
  119. ^ Edmond de Goncourt e Jules de Goncourt, La donna nel XVIII secolo, Sellerio Editore srl, 2013, p. 233, ISBN 978-88-38-92884-0.
  120. ^ a b c La moda a Versailles nel XVIII secolo, su National Geographic, 19 ottobre 2020. URL consultato il 16 aprile 2021.
  121. ^ (EN) David Biale et al., Hasidism: A New History, Princeton University Press, 2017, p. 503, ISBN 978-06-91-17515-7.
  122. ^ (EN) Centro di Ricerca Polacca, The Protestant Churches in Poland, Munro Press, 1944, p. 24.
  123. ^ Brian Stanley, Christianity in the Twentieth Century: A World History, Princeton University Press, 2019, p. 52, ISBN 978-06-91-19684-8.
  124. ^ Jaroslav Dmytrovyč Isajevyč, Voluntary Brotherhood: Confraternities of Laymen in Early Modern Ukraine, 2ª ed., Canadian Institute of Ukrainian Studies Press, 2006, p. 81, ISBN 978-18-94-86502-9.
  125. ^ a b (EN) Michael J. Mikoś, Baroque, su staropolska.pl.
  126. ^ (EN) Gershon Hundert, An Advantage to Peculiarity? The Case of the Polish Commonwealth, in AJS Review, vol. 6, Cambridge University Press, 1981, pp. 21-38.
  127. ^ a b Rinascimento in Polonia, su hisour.com. URL consultato il 16 aprile 2021.
  128. ^ (EN) Elettra Carbone, Sculpture and the Nordic Region, Routledge, 2017, p. 30, ISBN 978-13-51-54952-3.
  129. ^ a b Letizia Gianni, Polonia: Varsavia, Lublino, Cracovia, Breslavia, Torun, Danzica, i monti Tatra e la Masuria, Touring Editore, 2007, p. 32, ISBN 978-88-36-52923-0.
  130. ^ IG, Insight Guides Explore Warsaw, Rough Guides UK, 2017, p. 88, ISBN 978-17-86-71839-6.
  131. ^ a b Zamość, la città ideale, su gazzettaitalia.pl, 8 agosto 2018. URL consultato il 17 aprile 2021.
  132. ^ (EN) Ashley Hardaway, Ukraine, Other Places Publishing, 2011, p. 112, ISBN 978-19-35-85004-5.
  133. ^ Nathalie Boutin, De ma fenêtre: des artistes et leurs territoires, Ecole nationale supérieure des beaux-arts, 2004, p. 120, ISBN 978-28-40-56170-5.
  134. ^ a b c Tomas Venclova, Il mito dell'inizio (PDF), in Res Balticae, 1995, pp. 187-193. URL consultato il 16 aprile 2021.
  135. ^ a b c Ambasciata della Repubblica di Polonia in Italia, La storia della Polonia (PDF), Roma, 2002, pp. 12-13. URL consultato il 16 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2021).
  136. ^ a b (EN) Wojciech Zembaty, The Elegant Downfall of the Polish Sarmatians, su culture.pl, 14 gennaio 2019. URL consultato il 16 aprile 2021.
  137. ^ (EN) Tamara Trojanowska, Joanna Niżyńska e Przemysław Czapliński, Being Poland: A New History of Polish Literature and Culture since 1918, University of Toronto Press, 2018, p. 3, ISBN 978-14-42-65018-3.
  138. ^ a b Annunziata Berrino e Alfredo Buccaro, Delli Aspetti de Paesi. Vecchi e nuovi Media per l'Immagine del Paesaggio, FedOA, 2018, p. 1212, ISBN 978-88-99-93000-4.
  139. ^ a b c d e (EN) Satoshi Koyama, The Polish-Lithuanian Commonwealth as a Political Space: Its Unity and Complexity (PDF), pp. 137-149.
  140. ^ (EN) Zofia Kaleta, The Surname as a Cultural Value and an Ethnic Heritage: Tracing Your Polish Roots, Inst. Slawistyki PAN, 1997, p. 19, ISBN 978-83-86-61907-8.
  141. ^ a b Mappa demografia della Polonia del 1618 (JPG), su homepage.interaccess.com. URL consultato il 16 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2013).
  142. ^ (EN) R.B. Wernham, The New Cambridge Modern History, vol. 3, 3ª ed., CUP Archive, 1968, p. 377, ISBN 978–05-21-04543-8.
  143. ^ a b Nicola Tranfaglia e Massimo Firpo, La Storia: i grandi problemi dal Medioevo all'età contemporanea, vol. 3, UTET, 1988, p. 150, ISBN 978-88-02-04051-6.
  144. ^ Mappa demografia della Polonia del 1717 (JPG), su homepage.interaccess.com. URL consultato il 16 aprile 2021 (archiviato dall'url originale il 17 febbraio 2013).
  145. ^ a b (EN) Richard Butterwick, The Polish Revolution and the Catholic Church, 1788-1792: A Political History, OUP Oxford, 2012, p. 5, ISBN 978-01-99-25033-2.
  146. ^ Andrea Corsale, Geografia delle minoranze tra Baltico e Mar Nero, FrancoAngeli, p. 86, ISBN 978-88-91-73895-0.
  147. ^ Rick Steves e Cameron Hewitt, Rick Steves Scandinavian & Northern European Cruise Ports, 3ª ed., Hachette UK, 2018, p. 618, ISBN 978-16-41-71053-4.
  148. ^ (EN) Linda Gordon, Cossack Rebellions: Social Turmoil in the Sixteenth Century Ukraine, SUNY Press, 1983, p. 51, ISBN 978-08-73-95654-3.
  149. ^ a b (EN) The Confederation of Warsaw of 28th of January 1573: Religious tolerance guaranteed, su unesco.org. URL consultato il 16 aprile 2021.
  150. ^ Giovanni Bernardino Bonifacio. URL consultato il 16 aprile 2021.
    «Testo in latino originale: "magnam, immo maximam haberes hic libertatem tua sententia arbitratuque vivendi, item scribendi et edendi. Nemo esset censor"»
  151. ^ Cesare Cantù, Gli eretici d'Italia, vol. 2, Torino Unione Tipografico-editrice, 2014, p. 83.
  152. ^ a b c d Dvornik, p. 419.
  153. ^ Serhii Plokhy, The Origins of the Slavic Nations: Premodern Identities in Russia, Ukraine, and Belarus, Cambridge University Press, 2006, p. 169, ISBN 978-11-39-45892-4.
  154. ^ Alberto Elli, Breve storia delle Chiese cattoliche orientali, 2ª ed., Edizioni Terra Santa, p. 223, ISBN 978-88-62-40532-4.
  155. ^ Vincenzo Mistrini, Le guerre polacco-ottomane (1593-1699), vol. 2, Soldiershop Publishing, 2016, p. 64, ISBN 978-88-93-27177-6.
  156. ^ Paul R. Magocsi, A History of Ukraine: The Land and Its Peoples, University of Toronto Press, 2010, p. 190, ISBN 978-14-42-61021-7.
  157. ^ Mark Greengrass, La cristianità in frantumi: Europa 1517-1648, Gius.Laterza & Figli Spa, 2020, p. 311, ISBN 978-88-58-14143-4.
  158. ^ (EN) Max von Habsburg, The Reformation in Europe, c1500–1564, Cambridge University Press, 2015, p. 91, ISBN 978-11-07-57321-5.
    «Nel momento di massima diffusione del calvinismo, il credo era stato abbracciato dal 45% della nobiltà e dal 20-25% della popolazione»
  159. ^ (EN) Jewish communities in Poland, su eurojewcong.org. URL consultato il 5 aprile 2021 (archiviato dall'url originale l'11 dicembre 2008).
  160. ^ (EN) Willfried Spohn e Anna Triandafyllidou, Europeanisation, national identities, and migration: changes in boundary constructions between Western and Eastern Europe, Routledge, 2003, p. 127, ISBN 0-415-29667-6.
    «Così, al momento della prima spartizione nel 1772, la Confederazione polacco-lituana era composto per il 43% da cattolici latini, per il 33% da greco-cattolici, per il 10% da cristiani ortodossi, per il 9% da ebrei e per il 4% da protestanti»
  161. ^ Francesco Guida, L'altra metà del continente: l'Europa centro-orientale dalla formazione degli Stati nazionali all'integrazione europea, CEDAM, 2003, p. 29, ISBN 978-88-13-24779-9.
  162. ^ a b c Butterwick, p. 164.
  163. ^ (EN) Stephen Barbour e Cathie Carmichael, Language and Nationalism in Europe, OUP Oxford, 2000, p. 194, ISBN 978-01-91-58407-7.
  164. ^ a b (EN) Östen Dahl e Maria Koptjevskaja-Tamm, The Circum-Baltic Languages: Typology and Contact, vol. 1, John Benjamins Publishin, 2001, pp. 44-45, ISBN 978-90-27-23057-7.
  165. ^ a b c d e Kevin O'Connor, Culture and Customs of the Baltic States, Greenwood Publishing Group, 2006, p. 115, ISBN 978-03-13-33125-1.
  166. ^ a b c d (EN) Mikulas Teich e Roy Porter, The National Question in Europe in Historical Context, Cambridge University Press, 1993, p. 295, ISBN 978-05-21-36713-4.
  167. ^ a b Stone, p. 46.
  168. ^ (EN) Karin Friedrich, The Other Prussia: Royal Prussia, Poland and Liberty, 1569-1772, Cambridge University Press, 2000, p. 88, ISBN 978-05-21-58335-0.
  169. ^ (EN) Mikołaj Gliński, When Polish Was King: The Global History (& Geography) of the Polish Language, 16 ottobre 2019. URL consultato il 16 aprile 2021.
  170. ^ Butterwick, p. 70.
    «Erano le prime scuole cattoliche in cui una delle principali lingue di insegnamento era il polacco. [...] Sebbene seguisse Locke nell'attribuire peso alla lingua madre, in generale il latino perse terreno rispetto al francese piuttosto che sul polacco»
    .
  171. ^ Patricia Kennedy Grimsted, The Ruthenian (Volhynian) Metrica: Polish Crown Chancery Records for Ukrainian Lands, 1569-1673, in Harvard Ukrainian Studies, vol. 14, n. 1/2, Harvard Ukrainian Research Institute, giugno 1990, pp. 7-83.
    «Sebbene a volte ancora in uso entro la fine del XVII secolo e in mancanza di un decreto ufficiale come quello per la cancelleria del Granducato, non esisteva una metrica rutena separata dal 1673»
  172. ^ (EN) Piotr Eberhardt, Ethnic Groups and Population Changes in Twentieth-Century Central-Eastern Europe, M.E. Sharpe, 2003, p. 177, ISBN 978-07-65-61833-7.
  173. ^ (EN) Anna Grześkowiak-Krwawicz, The Political Discourse of the Polish-Lithuanian Commonwealth: Concepts and Ideas, Routledge, 2020, p. 12, ISBN 978-10-00-19708-2.
  174. ^ Stone, p. 4.
  175. ^ (EN) Czeslaw Milosz, The History of Polish Literature, University of California Press, 1983, p. 108, ISBN 978-05-20-04477-7.
  176. ^ (EN) Elijah Zvi Soloveitchik, The Bible, the Talmud, and the New Testament, University of Pennsylvania Press, 2019, p. 3, ISBN 978-08-12-25099-2.
  177. ^ (EN) Shlomo Sand, The Invention of the Jewish People, Verso Books, 2020, p. 321, ISBN 978-17-88-73661-9.
  178. ^ (EN) Wojciech Tygielski, Italians in Early Modern Poland: The Lost Opportunity for Modernization?, Peter Lang Edition, 2015, p. 300, ISBN 978-36-31-64134-7.
  179. ^ (EN) Andrzej Sulima Kamiński, Republic Vs. Autocracy: Poland-Lithuania and Russia, 1686-1697, Harvard University Press, 1993, p. 18, ISBN 978-09-16-45849-2.
  180. ^ (EN) Jan K. Ostrowski, Art in Poland, 1572-1764: Land of the Winged Horsemen, Art Services International, 1999, p. 32, ISBN 978-08-83-97131-4.
  181. ^ (EN) Lola Romanucci-Ross, George A. De Vos e Takeyuki Tsuda, Ethnic Identity: Problems and Prospects for the Twenty-first Century, Rowman Altamira, 2006, p. 84, ISBN 978-07-59-10973-5.
  182. ^ (EN) Giacomo Gabellini, Weltpolitik. La continuità economica e strategica della Germania, goWare, 2019, p. 283, ISBN 978-88-33-63200-1.
  183. ^ (EN) Andrzej Chwalba e Krzysztof Zamorski, The Polish-Lithuanian Commonwealth: History, Memory, Legacy, Routledge, 2020, p. 18, ISBN 978-10-00-20399-8.
  184. ^ (EN) Grigorijus Potašenko, The Peoples of the Grand Duchy of Lithuania, Aidai, 2002, p. 24, ISBN 978-99-55-44552-4.
  185. ^ a b Frost, p. VII.
  186. ^ Giuseppe Pavanello, Antonio Canova: il principe Henryk Lubomirski come Amore, Silvana, 2007, p. 153, ISBN 978-88-36-60927-7.
  187. ^ (EN) Sarah Johnstone, Ukraine, Lonely Planet, 2008, p. 27, ISBN 978-1-74104-481-2.
  188. ^ (EN) Wojciech Giełżyński, Poland, 4ª ed., Arkady, 1999, p. 150, ISBN 978-83-21-33895-8.
  189. ^ Girolamo Imbruglia, Rolando Minuti e Luisa Simonutti, Traduzioni e circolazione delle idee nella cultura europea tra '500 e '700, Bibliopolis, 2007, p. 76, ISBN 978-88-70-88537-8.
  190. ^ Gabriele Eschenazi e Gabriel M. Nissim, Ebrei invisibili: i sopravvissuti dell'Europa orientale dal comunismo a oggi, A. Mondadori, 1995, p. 109, ISBN 978-88-04-37241-7.
  191. ^ Università di Roma, Istituto di filologia slava, Ricerche slavistiche, G. Casini, 1994, p. 356.
  192. ^ Francesco Guida, L'altra metà del continente: l'Europa centro-orientale dalla formazione degli Stati nazionali all'integrazione europea, CEDAM, 2003, p. 31, ISBN 978-88-13-24779-9.
  193. ^ Neal Bedford, Polonia, EDT srl, 2008, p. 62, ISBN 978-88-60-40297-4.
  194. ^ Marija Gimbutas, I Baltici, Il Saggiatore, 1967, p. 52.
  195. ^ Jan Malarczyk, La fortuna di Niccolò Machiavelli in Polonia, Ossolineum, 1962, p. 9.
  196. ^ Elena Dai Prà, La storia della cartografia e Martino Martini, FrancoAngeli, pp. 15-23, ISBN 978-88-91-73579-9.
  197. ^ Margherita Hack, Notte di stelle, Sperling & Kupfer, 2010, ISBN 978-88-73-39172-2.
  198. ^ Luigi Zangheri, Storia del giardino e del paesaggio: il verde nella cultura occidentale, Leo S. Olschki, 2003, p. 112, ISBN 978-88-22-25171-8.
  199. ^ (EN) Polin Travel, Lancut, su jewish-guide.pl. URL consultato il 17 aprile 2021.
    «Dopo che un incendio distrusse la sinagoga in legno, nel 1733 Stanislaw Lubomirski decise di farne edificare una in mattoni»

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN280847926 · GND (DE1060577984