Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
Vai al contenuto

Fabrizio De André (album 1981)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da L'indiano)
Fabrizio De André
album in studio
ArtistaFabrizio De André
Pubblicazione21 luglio 1981
Durata40:02
Dischi1
Tracce8
GenereBlues
Musica d'autore
Folk rock
Blues rock
EtichettaDischi Ricordi SMRL 6281
Metronome 0065.025 (stampa tedesca)
ArrangiamentiMark Harris, Oscar Prudente
RegistrazioneGennaio 1981
Stone Castle Studios, Carimate
FormatiMC, LP
Altri formatiCD
Certificazioni FIMI (dal 2009)
Dischi d'oroItalia (bandiera) Italia[1]
(vendite: 25 000+)
Fabrizio De André - cronologia
Album successivo
(1984)

Fabrizio De André è il decimo album in studio del cantautore italiano Fabrizio De André, pubblicato nel 1981.

L'album è stato inciso nel 1981 ed è stato scritto in collaborazione con Massimo Bubola, con cui De André aveva già collaborato per l'album precedente, Rimini; come in Rimini, l'accordo tra i due cantautori prevedeva che le canzoni presenti nell'album avessero la firma di entrambi, pur essendo in realtà il contributo alla scrittura non sempre identico per i due autori (fa eccezione Ave Maria, che è un canto tradizionale sardo già noto nell'incisione di Maria Carta).[2]

L'album è stato pubblicato, nello stesso anno, in Germania Ovest dalla Metronome.

Tra i coristi che hanno preso parte alla registrazione del disco vi è Mara Pacini, cantante beat nota negli anni sessanta come Brunetta.

Testi e musiche di Fabrizio De André e Massimo Bubola, eccetto dove indicato.

  1. Quello che non ho – 5:51
  2. Canto del servo pastore – 3:13
  3. Fiume Sand Creek – 5:37
  4. Ave Maria (rielaborazione del canto religioso popolare sardo Deus ti salvet Maria, adatt. di Albino Puddu) – 5:30
  5. Hotel Supramonte – 4:32
  6. Franziska – 5:30
  7. Se ti tagliassero a pezzetti – 5:00
  8. Verdi pascoli – 5:18

L'album è conosciuto come L'indiano oppure L'album dell'indiano, anche se tali espressioni non sono presenti nel titolo ufficiale, per via della copertina, su cui compare l'immagine di un nativo americano a cavallo (immagine attinente alle tematiche del disco),[3][4][5] un'opera dell'artista statunitense Frederic Remington intitolata The Outlier (1909).

Come diversi altri lavori discografici di De André, l'album è un concept album: il suo tema è il confronto tra due popoli, il popolo dei sardi e quello dei pellerossa, per certi versi affini e per certi altri molto diversi, entrambi vittime della colonizzazione[6][7].

Quello che non ho

[modifica | modifica wikitesto]

Il primo brano è caratterizzato da un ritmo blues, particolarità pressoché unica nella produzione musicale di De André; il testo mette in evidenza le differenze tra i popoli autoctoni e quelli che rappresentano gli "oppressori", rappresentate dalle cose che gli oppressi, a differenza degli oppressori, non possiedono. Introdotto da spari e urla registrati durante una reale caccia al cinghiale in Gallura[8], il pezzo è scandito dallo shuffle di una chitarra elettrica e accompagnato dall'armonica a bocca; nella parte finale entrano anche le tastiere di Mark Harris e si manifestano vaghe influenze hard rock.[8]

Nel 2000 il varesino Kaso ha riproposto il brano in chiave rap nel disco Preso Giallo, riprendendo alcune rime dalla canzone di De André.

Nel 2012 il gruppo rock Litfiba ha riproposto il brano in chiave rock in occasione dell'omonimo programma televisivo Quello che (non) ho di Fabio Fazio e Roberto Saviano.

Il canto del servo pastore

[modifica | modifica wikitesto]

Nel secondo brano la natura viene cantata in prima persona da un servo pastore, un uomo semplice che non conosce neanche il proprio nome e le proprie origini, ma, vivendo separato dalla comunità umana e immerso nell'ambiente incontaminato, possiede una grande sensibilità per la realtà che lo circonda, tanto da fondersi con essa («Mio padre un falco, mia madre un pagliaio»).

La canzone è ambientata nelle lande dell'entroterra sardo; il cisto, il rosmarino, le sughere, le fonti e i rivi contribuiscono a delineare il paesaggio come spesse pennellate di colore.

Fiume Sand Creek

[modifica | modifica wikitesto]

Nella terza canzone De André paragona i sardi agli indiani. Il brano ha come tema un massacro di pellerossa avvenuto nella realtà il 29 novembre 1864, quando alcune truppe della milizia del Colorado, comandate dal colonnello John Chivington, attaccarono un villaggio di Cheyenne e Arapaho situato vicino al fiume Big Sandy Creek, massacrando molte donne e bambini (il numero preciso delle vittime tra gli indiani è stimato essere tra le 125 e le 175). L'episodio è raccontato attraverso il linguaggio innocente e quasi surreale di un bambino, che sopravvive all'avvenimento e crede che tutto ciò che ha visto sia solo un sogno:

«Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio e nell'altro il paradiso»

Lo stesso De André ha dichiarato di aver tratto i maggiori spunti per il brano da Memorie di un guerriero Cheyenne[9], libro/intervista che raccoglie le memorie del guerriero Cheyenne Gambe di Legno[10].

Rispetto all'episodio storico, De André e Bubola cambiano il grado militare e l'età del colonnello Chivington, all'epoca dell'età di 43 anni, che diventa "un generale di vent'anni", incrociandolo evidentemente con George Armstrong Custer (il quale in realtà, nonostante sia spesso definito come generale, non raggiunse mai tale grado in forma definitiva, ma solo temporanea), autore della parallela strage di nativi del Washita (e forse anche per motivi di metrica).

Il pezzo termina, in terza persona, nel modo più doloroso possibile:

«Ora i bambini dormono sul fondo del Sand Creek»

Musicalmente, è una ballata in stile folk-rock americano ma allo stesso tempo, per alcuni critici, presenta analogie con il brano Summer '68 dall'album Atom Heart Mother dei Pink Floyd.[11]

Luciano Ligabue l'ha interpretata nel 2000 nell'album tributo Faber, amico fragile.

Loredana Bertè l'ha interpretata con i New Trolls in concerto nel 2007.

Nel 2019 i Pinguini Tattici Nucleari registrano una cover della canzone, inserita nell'album tributo Faber nostrum[12].

L'attenzione torna sul popolo sardo con Ave Maria (da non confondersi con la canzone di De André dallo stesso titolo ma del 1970 e contenuta nell'album La buona novella), cantata con voce alta e potente da Mark Harris[13], tastierista e co-arrangiatore dell'album, trasformando l'originale in un folk-rock elettrico assai duro[14]. De André interviene solo come seconda voce nei cori.

È una versione del canto tradizionale in sardo Deus ti salvet Maria, scritto nel XVIII secolo dal poeta Bonaventura Licheri[15] e concepito come strumento adatto alla catechesi tra i ceti popolari. Il brano di De André è rielaborato da un adattamento di Albino Puddu.[16]

Hotel Supramonte

[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di un adattamento della canzone di Massimo Bubola "Hotel Miramonti" (scritta da Bubola all'Hotel Miralago di Alleghe, di cui era ospite[17]); la versione originale viene a volte riproposta dal vivo dal cantautore veneto.[2]

Il brano è fortemente autobiografico, in quanto parla del sequestro e della prigionia di cui De André e la compagna Dori Ghezzi furono vittime in Sardegna tra l'agosto e il dicembre del 1979, per mano dell'Anonima sequestri (si ricordi che L'indiano è il primo disco pubblicato da De André dopo tale vicenda).

Il titolo è dato dal Supramonte, massiccio montuoso dell'entroterra sardo, storico nascondiglio dei più famosi criminali dell'isola[18], spacciato nel brano per una sorta di albergo in cui far soggiornare gli ospiti (anche se i due cantanti, mentre erano prigionieri, non si erano mai trovati presso il Supramonte).

Dal punto di vista musicale il pezzo è il più intimo dell'album: la strumentazione usata è perlopiù acustica (chitarra, basso, violino), con un leggero tappeto d'archi elettronici nella seconda parte del brano.

Nel 1994 la canzone è stata interpretata da Mia Martini, inclusa nell'album La musica che mi gira intorno.

In occasione del concerto in memoria di De André, Roberto Vecchioni ha interpretato una sua versione che poi sarà incisa, nel 2003, nell'album Faber, amico fragile. Vecchioni inciderà nuovamente la canzone nel 2011 nel CD Chiamami ancora amore.

Nel 2019 gli Zen Circus registrano una cover della canzone inserita nell'album tributo Faber nostrum.

Riguardo a questa canzone, De André affermò di essersi ispirato ai racconti dei suoi rapitori; la stessa descrizione fisica e psicologica del bandito della canzone è ripresa dall'aspetto e dall'abbigliamento dei sequestratori.

Vi si narra la difficile storia vissuta da una giovane e dal suo compagno, un bandito che si è dato alla macchia.

La ragazza è costretta quasi alla clausura per la gelosia del fidanzato (i suoi occhi come due cani) ed alla solitudine perché lui è latitante. Il suo dolore si acuisce quando vede anche l'ultima delle sue sorelle sposarsi.

D'altra parte, nemmeno il bandito (definito poeticamente "marinaio di foresta") ha un'esistenza serena, costretto a spostarsi di continuo, sempre lontano dalla sua amata: la notte, solo la sua fotografia e il rosario di lei, oltre al fucile, gli fanno compagnia[19].

La canzone ha sonorità e struttura molto simili alla canzone di Jackson Browne Linda Paloma, incisa cinque anni prima dal cantautore americano nell'album The Pretender.

Se ti tagliassero a pezzetti

[modifica | modifica wikitesto]

"Se ti tagliassero a pezzetti" una canzone d'amore e insieme un inno alla libertà. In seguito alla censura, il verso «signora libertà, signorina anarchia» è stato modificato nella versione in studio in «signora libertà, signorina fantasia», così come «il polline di un dio, di un dio il sorriso» viene spesso modificato in «il polline di dio, di dio il sorriso».

Molto importante è la riflessione sulla libertà, che è sempre perseguibile, nonostante gli uomini stessi a volte ne impediscano la completa realizzazione.

La paternità della canzone è di Bubola, per quanto probabilmente il testo sia stato integrato e sicuramente reso proprio da De André.[2]

Secondo quanto dichiarato da Bubola, la canzone contiene un'allusione alla strage di Bologna del 1980: «T'ho incrociata alla stazione / che inseguivi il tuo profumo / presa in trappola da un tailleur grigio fumo / i giornali in una mano e nell'altra il tuo destino / camminavi fianco a fianco al tuo assassino».[20]

Nel 2019 The Leading Guy registra una cover della canzone inserita nell'album tributo Faber nostrum.

Verdi pascoli

[modifica | modifica wikitesto]

Questa canzone parla del paradiso come lo concepiscono gli Indiani d'America, e viene descritto da De André con molta libertà e fantasia. Musicalmente parlando, è l'unico pezzo dell'artista genovese a iniziare con un assolo di batteria per proseguire con un ritmo reggae giamaicano (allora in voga grazie a Bob Marley), con un caratteristico tempo in levare e non in battere.[21]

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
Dizionario del pop-rock[22]

Secondo il Dizionario del pop-rock, Fabrizio De André sarebbe l'album più compiuto del cantautore prima della sua svolta etnica. Lo stesso tomo ritiene che l'album "gode di un eccellente stato di grazia" e che le sue canzoni sono "vibranti e maestose".[22]

  1. ^ Fabrizio De André (certificazione), su FIMI. URL consultato il 7 giugno 2021.
  2. ^ a b c Franco Fabbri. Le cento e più canzoni di Fabrizio De André (2004), in AA.VV. Volammo davvero. Milano, BUR, 2007.
  3. ^ Riccardo Bertoncelli, Belin, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André, 1ª ed., Giunti, 2003, pp.104-105; p.108; p.126; p.181; p.186, ISBN 978-88-09-02853-1.
  4. ^ Silvia Sanna, Fabrizio De André. Storie, memorie ed echi letterari, Effepi Libri, 2009, p.26, ISBN 978-88-6002-015-4.
  5. ^ Doriano Fasoli, Fabrizio De Andrè: passaggi di tempo : da Carlo Martello a Princesa, Edizioni associate editrice internazionale, 2001, p.62, ISBN 978-88-267-0309-1.
  6. ^ «De André gli comunicò l'intenzione di realizzare un concept album basato sugli indiani d'America, usati come allegoria del popolo sardo, anch'esso vittima della colonizzazione nel corso di tutta la sua storia. [...] "Gli indiani di ieri e i sardi di oggi sono due realtà lontane solo apparentemente, perché sono due popoli emarginati e autoctoni. Gli indiani sterminati dal generale Custer, chiusi nelle riserve. E i sardi cacciati sui monti dai cartaginesi, fatti schiavi dai romani, colonizzati poi. Le analogie fra le due civiltà sono tante. La caccia è un denominatore comune. Attraverso la caccia, tribù diverse (gli indiani) e persone che abitano in paesi diversi (i sardi) riescono ad avere rapporti sociali. Per loro è anche uno sfogo, un modo per conoscersi, per dimenticare di essere odiati senza motivo. Conosco alcuni sardi che si odiano per sentito dire, fino a quando non si incontrano nelle battute al cinghiale."» Viva, Luigi (2000). Non per un dio ma nemmeno per gioco: Vita di Fabrizio De André, Feltrinelli Editore
  7. ^ «A dispetto di ogni previsione, il sequestro servì per rafforzare l'amore di De André per la Sardegna e, come già detto, si concretizzò in un album incentrato sul rapporto di similitudine tra il popolo sardo e il popolo indiano, preannunciato dall'immagine di copertina del pittore americano Frederic Remington, rappresentante un pellerossa a cavallo» Sanna, Silvia (2009). Fabrizio De André: storie, memorie ed echi letterari, Effepi Libri, p.93
  8. ^ a b Note di copertina di Fabrizio De André (album 1981), Fabrizio De André, Dischi Ricordi, 6281, LP, 1981.
  9. ^ Kum-Mok-Quiv-Vi-Ok-Ta, La lunga marcia verso l'esilio: Memorie di un guerriero Cheyenne (Wooden Leg: A Warrior Who Fought Custer), a cura di Thomas B. Marquis, Milano, Rusconi Editore, 1970..
  10. ^ Lorenzo Coveri. I dialetti (e le lingue) di De André (2000), in AA.VV. Volammo Davvero. Milano, BUR, 2007
  11. ^ Michelone 2011, p. 56.
  12. ^ Cecilia Bressanelli, Pinguini Tattici Nucleari. La nostra musica è come un fiume. Tutto finisce nel grande Po(p), su corriere.it, 27 aprile 2019. URL consultato il 25 settembre 2019.
  13. ^ Intervista a Mike Harris in Dentro Faber, vol. 6, Il Sacro, min. 48:39
  14. ^ Michelone 2011, p. 31.
  15. ^ Il testo dell'Ave Maria in sardo logudorese fu attribuito al Licheri da Giovanni Saba, vescovo di Oristano dal 1842 al 1860 Cfr. Antonio Strinna nel sito Canto Sardo a Chitarra, 1 settembre 2008
  16. ^ Discografia Nazionale della Canzone Italiana
  17. ^ Fonte: Intervista a Massimo Bubola in Riccardo Bertoncelli, Belin, sei sicuro?: storia e canzoni di Fabrizio De André, Giunti, 2003 - ISBN 88-09-02853-8
  18. ^ Soggiorno all’Hotel Supramonte, su girodivite.it. URL consultato il 24 novembre 2008.
  19. ^ Walter Pistarini, Il libro del mondo. Le storie dietro le canzoni di Fabrizio De André, Prato, Giunti, 2010, pp. 224-226, ISBN 88-09-74851-4.
  20. ^ Riccardo Bertoncelli, Belìn, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André: Con gli appunti inediti de "I Notturni", Intervista al coautore Massimo Bubola, pag. 108
  21. ^ Michelone 2011, p. 141.
  22. ^ a b Enzo Gentile, Alberto Tonti, Il dizionario del pop-rock 2014, Zanichelli, 2014.
  23. ^ Riccardo Bertoncelli, Intervista a Massimo Bubola, in Belin, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André, 1ª ed., Giunti, 2003, p.106, ISBN 978-88-09-02853-1.
  • Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Siena, Barbera Editore, 2011. ISBN 978-88-7899-511-6.
  • Luigi Viva, Non per un dio ma nemmeno per gioco - vita di Fabrizio De André, Milano, Feltrinelli, 2009. ISBN 978-88-0781580-5.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Musica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di musica