Pieve di Val Taleggio
Val Taleggio | |||||
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Informazioni generali | |||||
Capoluogo | Vedeseta 500 circa abitanti (1790) | ||||
Dipendente da | Provincia di Milano | ||||
Suddiviso in | 1 comune | ||||
Amministrazione | |||||
Forma amministrativa | Pieve | ||||
Podestà | lista sconosciuta | ||||
Organi deliberativi | Consiglio di valle | ||||
Evoluzione storica | |||||
Inizio | 1454 | ||||
Causa | Pace di Lodi | ||||
Fine | 1797 | ||||
Causa | Trattato di Campoformio | ||||
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Cartografia | |||||
La Pieve di Val Taleggio era un'antica ed atipica pieve amministrativa del Ducato di Milano istituita in seguito agli esiti degli eventi bellici che contrapposero la Lombardia al Veneto nella prima metà del Quattrocento. Ad essa si contrapponeva l'omonimo e ben più ampio ambito territoriale facente parte dello Stato Veneto.
Il suo territorio corrispondeva al solo comune di Vedeseta col quale condivideva le magistrature pubbliche, mentre dal punto di vista religioso rimase sempre soggetta alla Valsassina di cui prima del 1454 faceva parte anche amministrativamente.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Il conflitto internazionale fra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia del primo Quattrocento, che evolse in un senso favorevole all'esercito veneto, portò nel 1433 all'invasione della Val Taleggio, all'epoca territorio lecchese e quindi milanese, da parte delle armate di San Marco. La politica espansionistica veneziana, tuttavia, non aveva finalità imperialistiche ma bensì commerciali, e quindi accompagnava alla forza delle armi quella della diplomazia attraverso l'offerta di ampie autonomie alle popolazioni conquistate, onde creare quel consenso popolare all'annessione indispensabile per dare stabilità politica e fornire quella tranquillità propizia per l'instaurazione di proficui scambi commerciali. Per contrastare tale strategia, anche Milano fu dunque costretta a proporre simili concessioni alle zone contese, onde impedirne il passaggio al nemico per semplice dedizione popolare. Nella zona della Val Taleggio, se la quasi totalità dei valligiani aderì all'offerta veneziana, fu la sola comunità di Vedeseta a ritenere più conveniente mantenersi nello Stato di Milano, strappando la concessione dell'autonomia amministrativa dalla Valsassina, l'autogoverno in ambito giurisprudenziale, e vantaggiose esenzioni fiscali.[1]
Stabilizzatasi nei secoli successivi la situazione internazionale, a metà del Seicento le autorità spagnole nel frattempo insediatesi a Milano tentarono di revocare tali privilegi, ma gli abitanti di Vedeseta riuscirono efficacemente ad opporvisi. Furono quindi solo gli sconvolgimenti rivoluzionari portati dall'invasione napoleonica del 1797 a porre fine all'autonomia della Val Taleggio milanese,[2] riunificando la valle sotto la gestione amministrativa bergamasca.
Territorio
[modifica | modifica wikitesto]Nella seconda metà del XVIII secolo, il territorio della pieve era così suddiviso:
Pieve civile | Pieve ecclesiastica |
Comune di Vedeseta | --[3] |
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Comune di Vedeseta, 1400-1797
- ^ Tra l'altro ci fu un brevissimo esperimento amministrativo comasco a opera dell'imperatore Giuseppe II fra il 1786 e il 1791.
- ^ In questo caso c'era discrasia fra pieve civile ed ecclesiastica, dato che il comune corrispondeva alla Parrocchia di Sant'Antonio abate, compresa ecclesiasticamente nella Pieve dei Santi Pietro e Paolo di Primaluna.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Liber notitiae sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero. Manoscritto della Biblioteca Capitolare di Milano, a cura di M. Magistretti, U. Monneret de Villard, Milano, 1917.
- Diocesi di Milano. Sinodo 46°, Milano, 1972, Pubblicazione curata dall'ufficio stampa della Curia arcivescovile di Milano.
- G. Vigotti, La diocesi di Milano alla fine del secolo XIII. Chiese cittadine e forensi nel “Liber Sanctorum” di Goffredo da Bussero, Roma, 1974.
- Istituzione dei nuovi vicariati urbani e foranei, 11 marzo 1971, Giovanni Colombo, arcivescovo di Milano, Rivista Diocesana Milanese, 1971.