Vinea

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Sono ben visibili in questa ricostruzione dell'assedio di Avarico le vinea, poste una dietro l'altra a formare lunghe gallerie fin sotto le mura della città assediata.

La Vinea o Vigna era un mezzo di assedio che, come ci racconta Vegezio,[1] consisteva in una tettoia mobile alta circa 7 piedi, larga 8 piedi e lunga 16 (2,1 x 2,4 x 4,8 metri), riparata sui lati da vimini. Se ne potevano unire numerose in modo da formare un corridoio protetto e coperto per proteggere i soldati che si avvicinavano alle mura. Il punto debole era il pericolo di incendio quando gli assediati buttavano giù dalle loro mura materiale incendiabile. Per ovviare in parte a questi inconvenienti spesso si coprivano le vigne con pelli o coperte bagnate. Alla base poi avevano dei pali appuntiti per poterli fissare al terreno e consentire a chi li trasporta di riposarsi.[2]

Di queste opere ci racconta sia Tito Livio durante l'assedio di Sagunto del 219 a.C. ad opera dei Cartaginesi, quando Annibale fu costretto ad utilizzarle per proteggere i suoi soldati dai continui lanci degli assediati ed avvicinare alle mura un nuovo ariete.[3] Oppure sappiamo di loro durante l'assedio di Avarico del 52 a.C., quando le armate romane di Gaio Giulio Cesare riuscirono a battere quelle della popolazione gallica degli Biturigi.[4] Anche Sallustio racconta dell'uso delle vigne nelle guerre giugurtine, durante i vari assedi che i romani affrontarono in questa guerra.

Voci correlate

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