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Modi di dire napoletani

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Raccolta di modi di dire napoletani.

A

  • 'A Bella 'Mbriana.[1]
La fata benefica, protettrice della casa che frequenta.
  • A botavraccio.[2]
A "voltabraccio."
Lancio dello strummolo (tipo di trottola) imprimendo – in violazione delle regole di lancio – tutta la forza possibile per scagliarlo con violenza (a spaccastrómmole[2]) contro lo strummolo perdente abbandonato in balia degli avversari che avevano facoltà di spaccarlo.[3]Si dice anche del manrovescio inferto con il dorso della mano "'Nu buffettone 'a votavraccio"
  • A 'bbona 'e Ddio.[4]
Vada come vada.[5]
  • A botta 'e stiente.[6]
A furia (colpo) di stenti. Con enorme fatica.
  • 'A capa 'e l'ommo è na sfoglia 'e cepolla.[7]
La testa dell'uomo è (sottile come) una pellicola (brattea) di cipolla.
Le idee, le opinioni degli uomini mutano molto facilmente. Volto spesso anche in rima:" 'A cerevella è 'na sfoglia 'e cepolla"
  • 'A carne asotte[8] e 'e maccarune 'a 'coppa.[9]
La carne sotto e i maccheroni sopra.
Le capacità, i meriti non sono né riconosciuti né valorizzati mentre i mediocri e gli incapaci avanzano. Più in generale si dice di cose che vanno o vengono fatte alla rovescia.
  • 'A cera se struja e 'o muorto nun cammina.[10]
La cera si consuma e il funerale (il morto) non avanza.
Si è tutto arenato, ci si perde in troppi indugi, si perde tempo inutilmente.
  • A chi tanto, e a chi niente.[11]
(La vita è ingiusta), ad alcuni dà tanto, ad altri niente.
  • A cche serve u pparlà?[12]
A cosa serve il parlare?
È inutile parlare se chi ci ascolta non vuole capire. Oppure: Non c'è bisogno che tu mi dica altro, ho capito tutto e farò tutto il possibile per aiutarti.[13]
A pennello, alla perfezione. Es. È ghiuto tutto a ciammiello. Sto vestito me sta a ciammiello. (È andato tutto liscio, alla perfezione. Questa giacca mi sta a pennello.)
  • 'A ciuccia 'i Fechella: 99 chiaie e 'a cora fràceta![16]
L'asina di Fichella: 99 piaghe e la coda fradicia![17][18]
Si dice ironicamente del malato immaginario che si sente colpito da ogni male possibile.
  • 'A copp''a mano.[19]
Da sopra la mano.
Completamente di propria iniziativa, in modo improvviso ed inatteso; rispondere, commentare facendo immediatamente seguito, botta e risposta o anche interrompendo o sovrapponendosi all'altrui discorso. Es. Parlà 'a copp' 'a mano o 'a mana, parlare senza essere stati interpellati quando non spetta farlo, in un momento inopportuno; replicare, rintuzzare tempestivamente e risolutamente. Ribattere, contestare subito ed energicamente
  • ‘A copp' ‘a copp'.[20]
(Da) sopra (da) sopra.
Superficialmente, approssimativamente, inaccuratamente. Fa na cosa 'a copp' 'a copp': Fare qualcosa senza curarla, completarla in ogni dettaglio, farla approssimativamente.
A cuore a cuore.
Teneramente abbracciati.[22]
  • A ccraie[23] a ccraie, comm' 'a curnacchia.[24]
A domani a domani, come la cornacchia.
Si dice con ironia di chi se la prende comoda e rimanda sempre tutto senza realizzare nulla.[25]
Nella parlesia:[28]la chitarra.
  • 'A fàccia d''a càpa d''o casecavàllo.[29]
Letteralmente: Alla faccia della testa del caciocavallo!
Nientedimeno! Nientemeno! Addirittura!
  • A faccia d' 'o cazzo.[30]
Alla faccia del pene!'
Eclamazione di grandissimo stupore: Caspita, caspita! Nientedimeno! Addirittura!
  • Â faccia 'e chi ce vò male.[31]
Alla faccia di chi ci vuole male!
  • A faccia mia sott' e piede vuoste.[31]
La mia faccia sotto i Vostri[32] piedi.
Esagerando con un pizzico di benevola ed amichevole ironia: Non pensate neppure remotamente che le mie parole, il mio comportamento, la mia iniziativa costituiscano un'implicita contestazione del Vostro prestigio, della Vostra autorevolezza, della Vostra intelligenza. È fuori discussione che resto sempre un passo indietro rispetto a Voi e sottoposto in ogni momento alla Vostra autorità.
  • 'A fessa è gghiuta 'mmano a 'e criature.[33]
La vulva è finita nelle mani dei bambini.[34]
Quando si affidano cose a chi non ha capacità per gestirle.
  • 'A fìglia 'e dòn Camìllo: tutt'a vònno e nisciùno s'a pìglia.[35]
La figlia di don Camillo: tutti la vogliono e nessuno la piglia.
  • 'A fraveca 'e ll'appetito.[36]
La fabbrica dell'appetito.
Persona di formidabile appetito, difficile da saziare.
  • A funa è corta e 'o puzzo è funno.[37]
La fune è corta ed il pozzo è profondo.
Si dice quando due circostanze avverse concomitanti rendono impossibile realizzare qualcosa.
  • 'A gassosa cu 'a pallina.[38]
La gassosa con la pallina.
Gassosa venduta in una bottiglietta bianca dotata di un particolare sistema di chiusura dall'interno della bottiglia stessa: a fungere da tappo era una pallina contenuta all'interno della bottiglia; la pallina, spinta in alto dall'anidride carbonica, si incastrava presso l'uscita della bottiglia, tappandola.
  • 'A guapparia 'e Peppe Nasella: accerette 'a gatta dint' 'a senga d' 'a porta.[39]
La prodezza di Peppe Nasella: uccise la gatta nello spiraglio della porta.
Si dice per per prendere in giro chi si gloria, senza averne alcun motivo, di aver fatto qualcosa di straordinario.
  • 'A iurnata è 'nu muorzo.[40]
La giornata è un morso. (È breve, vola via in un baleno).
  • A la babbaloscia.[41]
Pigramente, svogliatamente
  • 'A Lecca e 'a Mecca.[42]
L'intero mondo. Tutto, di tutto; con ironia: un po' di tutto e anche qualcosa in più. Sapé 'a Lecca e 'a Mecca: sapere tutto, di tutto; essere a conoscenza, al corrente di cose cose che per l'età o altre ragioni non è verosimile che si sappiano.
A lucchetto.
Alla perfezione. A pennello. Es. È ghiuto tutto a licchetto. (È andato tutto alla perfezione.)
  • A mala nuttata e 'a figlia fémmena.[44]
La cattiva nottata e la figlia femmina.
La cattiva nottata e la figlia femmina! Due eventi avversi, due circostanze negative concomitanti o in successione, con effetto sinergico. Un "doppio" guaio, un grosso guaio.
  • 'A mamma e figlia.[45]
La mamma e figlia.
Le antiche due bustine per la preparazione della Idrolitina.
  • 'A Mamma pacchiana.[46]
La Mamma (chiamata affettuosamente:) contadina, grossolana, rustica.
La Madonna di Castello, venerata nel Santuario di Santa Maria a Castello a Somma Vesuviana.
  • 'A mana è bona: è 'a valanza ca vo' essere accisa...![47]
La mano è buona: è la bilancia che vuol essere uccisa...!
La bilancia, com'è ovvio, non ha alcuna colpa dell'uso fraudolento che ne fa il venditore disonesto; l'espressione, che capovolge ironicamente i termini, è rivolta a chi vuole far ricadere sugli altri colpe che sono soltanto sue.
A manico di secchio.
'E baffe, o: 'e mustacce a maneco 'e cato: baffi lasciati crescere pendenti sulle due pliche boccali.[50]
  • A' maronn v'accumpagna.[51] o: 'A Madonna v'accumpagna.[52]
[Al congedo, si augura a chi parte] Che la Madonna vi accompagni (e vi protegga).
  • A meglio a meglio.[53]
A meglio a meglio.
A gonfievele, nel migliore dei modi, a tutto andare, a tutto spiano.
  • A mente a mente.[54]
Essere proprio sul punto di ricordare qualcosa e poi farselo sfuggire dalla mente.
  • A mise 'a lengua into 'o pulito.[55]
Ha messo la lingua nel pulito.
Si dice con ironia, di chi, risalito, arricchitosi, si dà arie da gran signore parlando in un italiano pieno di errori.
  • 'A monaca 'e sant'Austino mettette doje cape 'ncopp' 'a nu cuscino.[56]
La monaca di Sant'Agostino mise due teste su un cuscino.
Cella monastica tutt'altro che solitaria, rigore eremitico più che mitigato. Come dire: specchiate virtù pubbliche e vizi privati.
  • 'A morte ncopp' 'a noce d' 'o cuollo.[57]
La morte sulla noce del collo.
La morte sulla nuca. La morte che minaccia molto da vicino. Una situazione o una persona angoscianti. Me pare 'a morte 'ncopp' 'a noce d' o cuollo! Mi sembri la morte sulla nuca! Mi stai angosciando, sei angosciante, opprimente!
  • 'A mosca dint'o viscuvato.[58]
La mosca nel palazzo vescovile.
Un'inezia in un'enormità, una goccia nel mare. Pare (o è gghiuta) 'a mosca dint' 'o viscuvato. Pare (o è andata) la mosca nel vescovato: una piccola razione di cibo per saziare una fame da lupo.
La musica giapponese.
Sorta di rumoroso frastuono creato per lo più da bande di scugnizzi (la più famosa delle quali proveniva dal quartiere di Barra) con voce, rudimentali strumenti a percussione e a fiato in occasione della Festa di Piedigrotta. Pare 'a musica giappunese: locuzione con cui ci si riferisce ad una riunione, un assembramento di persone chiassose e moleste o ad un'esecuzione musicale disarmonica, raffazzonata, sgradevole.
  • 'A na recchia me trase e all'ata me jesce.[61][62]
Da un orecchio mi entra e dall'altro mi esce.
Non faccio alcun conto di quello che dici.
  • A niente a niente.[63]
Letteralmente: a niente a niente.
Come minimo. A niente a niente ccà ce facimmo 'nteresse cocche migliaro 'e evuro, o anche: 'nc'appizzammo cocche migliaro 'e evuro: Come minimo qui spenderemo qualche migliaio di euro, o anche: ci rimetteremo qualche migliaio di euro.
  • A nu mantiello 'i prèvete se nne fa na scazzette.[64]
Da un mantello di prete, se ne fa una scarsella [borsellino].[65]
Si dice con ironia di chi allestisce grandi preparativi per poi ottenere scarsi risultati.
  • A nu palmo d'o culo mio chi fotte, fotte.[66] oppure: A 'nu parmene d' ' o culo mio fotte chi vo'.[31]
Ad un palmo dal mio didietro, chiunque vuole copuli pure.
Lontano da me e fintantoché non subisco alcun danno diretto faccia pure ognuno a suo bell'agio quello che più gli aggrada.
  • 'A 'o munno 'a verità.[67]
Al mondo della verità (all'altro mondo). Mo' stà a 'o munno 'a verità (Non è più in questo mondo. Adesso è nel mondo della verità, è all'altro mondo).
  • A pesielle pavammo.[68]
Pagheremo al tempo dei piselli.[69]
Pagheremo quando gli affari andranno bene.[70]}}
  • A pisce fetiente.[71]
A pesci graveolenti.
Fernì o Ascì a pisce fetiente. Finire o uscire a pesci che puzzano. Finire, uscire, degenerare, culminare – in progressivo, inarrestabile crescendo – in un'aspra, violenta lite; solitamente al termine di una discussione costellata da malintesi, oppure per suscettibilità di chi discute, o perché si è toccato un tasto dolente o per altri motivi.
  • A ppiede chiuppe.[72]
A pié pari.
  • A primma botta. [73]
Al primo colpo. Di primo acchito.
  • A quatt'e bastune.[74]
A quattro di bastoni.
(Stare) come il quattro di bastoni. Antica locuzione: lo si dice scherzosamente di chi giace supino, in totale relax, tenendo gambe e braccia larghe. T'he miso a quatt' 'e bastune!. Ti sei messo a quattro di bastoni! Ti sei proprio spaparanzato per bene, spaparacchiato alla grande!
  • A refrische 'e ll'anime d'o priatorio.[75]
A suffragio (refrigerio) delle anime del Purgatorio.
Formula che ricorre nelle preghiere per alleviare le pene delle anime del Purgatorio.[76]
La rete.
La squadra mobile, nel gergo della malavita antica.
  • ‘A rézza d''o còre.[78]
La rete del cuore.
Il pericardio.
La santa croce.
Il sillabario.
La scimmia sul trespolo (cilindrico rotante).
Una persona estremamente brutta e sgraziata.
  • 'A sciorta d'o piecoro: nasce curnuto e more scannato![82]
La fortuna dell'agnello, nasce cornuto e muore sgozzato!'
Locuzione riferita a persone particolarmente sfortunate.
  • 'A sciorta d'o pover'ommo.[83]
La sorte (o la fortuna) del pover'uomo.
Una triste sorte, una ben magra fortuna.
  • 'A sciorte 'i cazzette: iette pe ppiscià e se nne carette.[84]
La fortuna di cazzetto: andò per urinare e (il pene) se ne cadde.
Essere incredibilmente scalognati, presi di mira spietatamente, fino e oltre l'inverosimile dalla più nera sfortuna.
La Si Loca.
Antico gioco infantile: si giocava appendendo di nascosto alle spalle di un compagno un cartoncino con una scritta derisoria, canzonatoria.
  • 'A signora 'e quatti-quatte.[86]
La signora con quattro quarti di nobiltà,.
Signora blasonata (detto ironicamente).
  • 'A siè Giustina.[87]
La Signora Giustina.
La Giustizia, nel gergo della malavita antica.
  • 'A soccia mana sta 'int' 'e Guantare.[7]
La tua stessa mano sta nei Guantai.
Guantai era il nome di un quartiere di Napoli in cui erano ospitate numerose fabbriche di guanti che esponevano come insegna un guanto. L'espressione è riferita a un persona che rinvia a lungo i pagamenti.
Da sotto per i panconcelli!
'A sotto p' 'e chiancarelle Fate attenzione, scostatevi, scansatevi per non rischiare di essere colpiti dall'alto da palconcelli[90]in caduta: era il grido con cui gli operai che procedevano alla demolizione di un vecchio fabbricato avvertivano i passanti del pericolo. L'espressione è impiegata in riferimento o a commento di avvenimenti spaventosi, pericolosi, tali da suscitare orrore, stupore, sgomento. Come dire: Accidenti! Diamine!
A spaccatrottola.
Agire o parlare a casaccio.
  • A stracce e petacce.[93]
A stracci e brandelli.
  • A stracchimpacchio.[94]
A casaccio (stracchimpacchio: balordaggine).
La Strada Nuova
Antica denominazione toponomastica dialettale del Corso Vittorio Emanuele.
  • 'A tale e quale.[45]
La tale e quale.
La fotografia.
  • 'A ting-tang.[7]
La bicicletta.
  • 'A trubbéa d' 'e ceràse.[96]
L'acquazzone delle ciliegie.
Improvviso, breve, fortissimo rovescio temporalesco di maggio che causa una raccolta precoce delle ciliegie, vendute come primizie. Improvviso, breve, fortissimo temporale estivo.
  • 'A trummetta 'a Vicaria.[97]
La trombetta (il banditore, l'araldo) del Tribunale della Vicaria.
L'indiscrezione in persona, il pubblico banditore, l'infaticabile divulgatore, lo strombazzatore degli altrui segreti. Si dice anche di chi parla con voce assordante.
Ad occhio di maiale.
Abbondevolmemente, A scialacquo, A josa, Alla grossa, Largamente, Prodigalmente, Senza risparmio.[100]
  • 'A vacca se tire 'e zizze e buonanotte.[101]
La mucca ritrae le mammelle e buonanotte.
Il gonzo ha, una buona volta, aperto gli occhi e ha smesso di dispensare generosamente, con cieca prodigalità favori e benefici; per gli insaziabili, esosi approfittatori la pacchia è finita.
A vienitene.
Fa' 'na cosa a vieneténne: fare una cosa in modo raffazzonato, abborracciato, arruffato, superficiale, senza metterci alcun serio impegno.
In abbondanza, copiosamente, prodigalmente.
  • 'A zizzona 'e Battipaglia.[104]
Mozzarella di bufala di Battipaglia di notevoli dimensioni (fino a 15 Kg), sormontata al centro da una sporgenza a forma di capezzolo.
Assalto all'arma bianca (con speciali coltelli[106]) in un duello fra antichi camorristi.
Antica forma di duello fra camorristi.
  • Abbafà 'i zìfere 'i viente.[107]
Gonfiare di zefiro di vento.[108]
Riempire, farcire, saturare, subissare qualcuno di vacue chiacchiere, di vane promesse, vantando di capacità e prospettando imprese del tutto immaginarie; sommergerlo, quindi, in un diluvio di colossali menzogne.
Taccarià: tagliuzzare. L'abate Taccarella è chi, per innata vocazione, è solito parlar male degli altri. In Puoti, Vocabolario domestico napolitano-italiano: Chi parla assai e senza verun fondamento.
  • Abbiarse a ccuralle.[111]
Avviarsi verso i coralli.
Partire rapidamente per primi, anticipando tutti, verso una meta. L'espressione – nata fra i pescatori di Torre del Greco che lasciavano prendere il mare per primi i pescatori di corallo – è riferita a donne che, incinte dopo essere state violate, debbono affrettarsi a celebrare le nozze. Cfr. Comme se penza a Nnapule, p. 35.
  • Abbuccàrse 'a cafettèra.[112]
Letterarlmente: Inclinarsi, rovesciarsi la caffettiera.
Avere una polluzione notturna.
  • 'Accarèmia 'e ll'ova tosta.[113]
Accademia delle uova sode (dure).
Discussione molto animata su argomenti futili.
  • Accattarse 'o ccaso.[114]
Portarsi via (comprarsi) il formaggio.
Sfuggire ad un pericolo, scamparne incolumi avendone avuto sentore, come un topo che riesca a portarsi via l'esca senza farsi catturare nella trappola.
Acchiappa, acciuffa Peppe!
Proprio ora è l'occasione buona, non lasciartela sfuggire! È il momento, ora, ora! Apri gli occhi, attenzione a quello che sta accadendo o sta per accadere sotto i tuoi occhi!
Ecce Homo.
Pestato a sangue.
Ammazzati!
Ingiunzione perentoria di andarsene a quel paese...
  • Accuncià quatt'ova int'ô piatto.[118]
Aggiustare quattro uova nel piatto.
Mettere ordine nelle proprie faccende.
La parte superiore, la sommità, la parte che "affiora", la colmatura di un recipiente, di un contenitore.
Il meglio del meglio e, in senso antifrastico, il peggio. Âccuppatura d' 'a spasa 'e frutte. La parte superiore della cesta dei frutti: i frutti più belli disposti dai fruttivendoli bene in vista, sulla parte più alta della cesta. / È âccupparura d' 'e 'mbrugliune, d' 'e mariuole. È il fior fiore, il peggio degli imbroglioni, dei ladri.
Preparazione gastronomica che si ottiene soffriggendo in padella olio con aglio e peperoncino, si aggiunge acqua e si lascia bollire. Il condimento così ottenuto si versa su fette di pane.
  • «Acquajuo', ll'acqua è fresca?» «Manc' 'a neve!»[121]
«Acquaiolo, l'acqua è fresca?» «Neppure la neve (lo è altrettanto)!»
Come chiedere all'oste se il suo vino è buono.
  • Acquitamme 'a criatura![122]
Acquietiamo la creatura, il bambino!
Si dice con ironia a chi, montato su tutte le furie, non ascolta ragioni e non può essere placato in nessun modo. Si dice anche quando si chiede comprensione per qualcuno.[123]
  • Adderizzate tubbo... ca faie difetto areto![124] o Adderizzete, tubbo, ca faie difette![125]
Raddirizzati tubo... ché altrimenti si vede il difetto dietro! o Raddrìzzati, cappello a tuba, che fai difetto![126]
Raddrizzati, tubo (cilindro), che fai difetto dietro! (altrimenti si vede il difetto dietro!): lo si dice, spesso con l'accompagnamento sonoro di un robusto e inappellabile pernacchio, per prendere in canzonatura il borioso che, convinto di essere elegante, cammina dandosi delle arie, avanzando tronfio e impettito. Domenico Apicella riferisce che con queste parole le persone del popolo, in passato, si facevano beffe dei signori che usavano portare il cappello a tuba un po' inclinato di lato per darsi più arie.[127]
  • Addò l'haie fatto 'o pumpiere? Int''a vasca d''e capitune?[128]
Dove l'hai fatto il pompiere? Nella vasca dei capitoni?
Si dice per prendere in canzonatura chi dà prova di non saper fare il suo mestiere.
Dove va. Dove il vino va, dopo averlo bevuto, fa salute. Si dice in risposta a chi, alzato il bicchiere per un brindisi, augura: Salute! Ed anche: Cin-cin!, Alla salute! Prosit!, ma "nel senso che l'implicito augurio vada per ognuno nella auspicata, opportuna direzione.[130]"
Addó vaie c' 'o ciuccio? Dove vai con l'asino?
Sta' attento, bada a quello che fai, ti stai mettendo in una sistuazione difficile, rischiosa, pericolosa!
  • Addò vede e addò ceca.[133]
Dove vede e dove è cieco.
Riferito a persona non imparziale: pronta a vedere, riconoscere qualcosa quando gli fa piacere o comodo; completamente cieco, in caso contrario, anche di fronte all'assoluta evidenza.
  • Addurà 'o fieto 'o miccio.[134]
Annusare il puzzo della miccia.
Presentire, fiutare, subodorare, avere sentore, accorgersi di un pericolo o di un'insidia celati.
  • Aglie, fravàglie e fattura ca nun quaglie[135].[136]
Aglio, fragaglia, e fattura che non coglie.
Formula contro il malocchio.
  • Agniento de la guàllera.[137]
Unguento per l'ernia.
Farmaco, cosa, provvedimento inefficace.
Aiutiamo la barca!
Esortazione a dare un aiuto a provvedere alle necessità della famiglia o per evitare il definitivo fallimento di un affare che ha preso una cattiva piega.
  • Aità: susceme 'mmocca c' 'a patana me coce.[139]
Gaetà: soffiami in bocca, perché la patata mi sta scottando.
Si dice per deridere chi è stordito, intontito, tardo di comprendonio.
Alzare, caricarsi addosso. Aizà ncuollo e gghiresenne.[140] Fare i bagagli e andarsene. Aíza ncuollo e vattenne! Fai armi e bagali e vattene! Sparisci, togliti di torno! Aggio aizato ncuollo e me n'aggio ghiuto. Ho fatto armi e bagagli e me ne sono andato. Non sono rimasto un solo istante di più.
  • Aizammo 'stu cummò! [141]
Solleviamo questo canterano!
Facciamo questa pesante fatica! Facciamoci questa bella sgobbata!
  • 'Aje cacciato sta vongola![142]
Hai tirato fuori questa vongola!
Hai detto quest'assurdità, quest'enormità, questa bugia (anche: questa parolaccia)!
  • Alessio, Alè, e nu lucignolo ca mai fernisce![143]
Alessio [abbreviazione di "cantalesio": lunga cantilena[144]] Alè, è un lucignolo che non finisce mai!
Basta così, smettila con le tue lagne. Il tuo piagnisteo, le tue interminabili geremiadi mi hanno proprio annoiato!
  • All'anema da' palla![145]
Alla faccia della bufala![146]
Fare qualcosa alla sanfrasòn (sanfasòn o zanfasòn): farla alla carlona, in modo volutamente sciatto, superficiale, rozzo, con colpevole negligenza, trascuratezza.
Nella parlesia:[28]: la chitarra.
  • Allegrolillo o no poco sciasciariello.[149]
Allegro o un po' avvinazzato. Brillo, alticcio.
All'impiedi all'impiedi.
Sbrigativamente. Fà 'na cosa allerta allerta Fare una cosa alla svelta, sbrigativamente, pur di portarla a termine, anche rischiando di non farla in modo perfetto. Con questa espressione ci si riferisce anche, molto spesso, ad rapporto sessuale occasionale o imprevisto, consumato molto velocemente.
  • Allerta pe scummessa.[151]
In piedi per scommessa.
Stà allerta pe' scummessa. Stare, reggersi in piedi a stento, a malapena.
Leccasapone.
Coltello con lama poco tagliente o male affilato che si adoperava per prelevare dal contenitore il "sapone di piazza", sapone per il bucato di colore giallastro e consistenza pastosa. Si chiamava alliccasapóne anche lo spaccone, lo smargiasso, il fanfarone inconsistente e privo di carattere.
  • Allummarse dint'a l'acqua.[153]
Accendersi nell'acqua.
Adirarsi molto facilmente.
  • Allustrirse 'o curnicione.[154]
Forbirsi, tirarsi a lucido, lustrarsi la fronte. ('o curnicione: la grondaia, il bordo della pizza; in senso lato, la fronte dell'uomo tradito dalla moglie.)
Lo si dice dell'uomo – tradito da assai vispa consorte – che fa toeletta, si agghinda.
  • Ammacca e ssala, aulive 'e Gaeta.
Schiaccia e sala, olive di Gaeta!
Voce del venditore di olive che con queste parole ricorda la tecnica di conservazione delle olive, stipate a bagno in botticelle riempite con acqua salata; ma è anche un modo di esprimere disapprovazione verso chi opera in modo approssimativo, affrettato, arruffato, abborracciato.
  • 'Ammariélle 'e sciummo.[155]
Gamberetti di fiume.
Gamberetti del fiume Sarno, erano pescati in passato, quando le acque non erano inquinate. Mescolati con farina di mais, si dava all'impasto una forma di pizza che veniva fritta. La pizza prendeva un colore giallo-arancione molto intenso. Questo piatto poteva sfamare un'intera famiglia.[156].
  • Ammesùrate 'a palla![157]
Misurati la palla!
Non fare niente senza riflettere, valuta prima esattamente la situazione e le tue reali possibilità.
  • Ammiscà 'a lana c'a seta.[158]
Confondere (mischiare) la lana con la seta.
Confondere cose o persone di ineguale e opposto valore, svalutando le migliori e sovrastimando le peggiori.
Affilare i denti.[160]
Accingersi ad un banchetto sibaritico, ad un lauto pasto.
Anima di Dio.
Il bambino.
Restare bloccato in gola, non poter ingoiare.
Sentire una forte frustrazione per non aver potuto ottenere qualcosa.
All'improvviso.
  • Appennere (Pusà) 'e Fierre a Sant'Aloja.[164]
Appendere (posare) i ferri a Sant'Eligio.[165]
Ritirarsi dall'attività lavorativa per raggiunti limiti di età, oppure, aver esaurito il desiderio sessuale per raggiunti limiti di età.
  • Appennerse p' 'e felinie.[166]
Appendersi alle (per le) ragnatele.
Arrampicarsi sugli specchi. Tentare, invano, di giustificarsi con argomenti inconsistenti, insensati, cavillosi, spiegazioni cervellotiche, astrusi sofismi, goffi funambolismi verbali.
  • [L'] appesa 'e Pererotta.[7]
La salita di Piedigrotta.
L'ernia.
  • Appiccià 'na pippa.[167]
Accendere una pipa.
Attaccare, restare invischiati in un discorso interminabile.
Tura, chiudi!
Sta' zitto, non fiatare!
Tappare, zaffare la bocca.
Tappare, turare, zaffare, chiudere − in senso ovviamente figurato − la bocca a qualcuno: eliminare alla radice ogni suo motivo di insoddisfazione, recriminazione, risentimento e lagnanza, dandogli la più ampia soddisfazione. Togliere ogni pretesto per fare critiche o rivolgere accuse.
Conficcare, aguzzare. Ma anche: perdere, rimetterci denaro. 'Nce aggio apizzato denare a zeffunno. Ci ho perso, rimesso un sacco di soldi.
Appizzà 'e recchie. Conficcare, aguzzare, appuntare, tendere le orecchie.
  • Appizzà ll'uocchie.[170]
Conficcare, appuntire gli occhi. Aguzzare lo sguardo.
Appoggiare l'alabarda.
Appójà 'a libarda: Mangiare a casa altrui, senza fare le spese.[173]Mangiare a scrocco. Mangiare a scrocco in modo esoso.
Aratro a mano a scure; ad orecchioni; a piccone.[178]
Albeggiando giorno
All'alba.
Fanfarone. Chiacchierone. Capintesta. Sopracciò. Caporione.
  • Armammece e gghiate![181]
Armiamoci e andate!
Armato di rasoio.
Armato fino ai denti. Pronto ad agire con la massima determinazione.
Discosto, lontano sia.
Formula deprecatoria: Non sia mai.
Truffa, frode, raggiro, furto.
  • Arretirate, pìreto.[185]
Vade retro, ritirati, peto!
Hai passato la misura, ora basta! Smettila, rientra nei dovuti limiti, che è meglio! Non ti temo, non mi fai nessuna paura!
  • Arrostere 'o ccaso cu 'o fummo d''a cannela.[186]
Arrostire (affumicare)il formaggio con il fumo della candela.
Essere in miseria o: svolgere un'attività, realizzare un'opera con mezzi assolutamente inadeguati.
  • Articolo quinto «Chi tène 'mmano ha vinto».[187]
Articolo quinto: chi ha in mano (possiede) ha vinto.
Chi possiede, ad esempio denaro, è in notevole vantaggio e detta legge.
Uscire da sotto.
Ascì 'a sotto: trarsi fuori da una situazione di estrema difficoltà, grave, terribile. Essere stati discepoli (aver avuto come maestro).
  • Ascì p' 'a campata.[190]
Uscire per (procurarsi) il necessario per vivere.
Andare a lavorare.
La lucciola. Dalla formula magica asciacatascia, pronunciata anticamente dai bambini napoletani per catturare 'e luceluce le lucciole.[192]
Lascia fare alla Madonna.
Tutto si è risolto per il meglio; meno male oppure benissimo, è stata la Madonna a disporre tutto per il meglio!
Letteralmente: seccare, prosciugare percosse.
Buscarne di santa ragione.[195]
Prosciugare il mare con la conchiglietta.
Perseguire un obiettivo impiegando mezzi manifestamente inadeguati.
Il cabalista, detto anche assistito perché creduto dal popolo in possesso del dono della divinazione a lui specialmente concesso, il cabalista dava numeri da giocare al lotto in cambio di un modesto compenso.[199]
Solaio e cielo.
Casa astreco (o asteco) e cielo. Abitazione, alloggio all'ultimo piano di un immobile.
Uccello in gabbia.
Il detenuto, nel gergo della malavita antica.
Di nascosto, senza dare nell'occhio, segretamente, molto segretamente.
Avanzare il piede
Affrettare il passo. Affrettarsi.
  • Avanzaie Garibarde, avanze pure tu![204]
Avanzò Garibaldi, avanza anche tu!
Giocando sul doppio significato del verbo avanzà: avanzare, come Garibaldi nel 1860 e "avanzare" nel senso di essere creditore, si dice scherzosamente al commerciante che si intende comprare a credito.
Avere un tremito di freddo.
Avé nu lippeco 'e friddo.: avere un tremito di freddo. Avere un brivido.
  • Avè quaccheduno a ttaglio.[206]
Avere qualcuno a taglio. Avé a ttaglio: avere finalmente qualcuno (o qualcosa) a portata di mano, avere una buona volta l'opportunità di imbattercisi, incontrarlo, raggiungerlo. T'aggi' 'a avé a ttaglio! Ti devo avere a taglio!: prima o poi dovrai pur capitarmi fra le mani, a tiro, e allora faremo i conti e per te saranno dolori!
  • Avimme cumbinate 'a carrozza, nun cumbinamme u scurriate[207]?[208]
Abbiamo trovato l'accordo per la carrozza, non ci mettiamo d'accordo per la frusta?
Abbiamo raggiunto un accordo su tutti gli aspetti fondamentali, ora vogliamo far fallire tutto per qualche dettaglio di poco importanza?
  • Avimmo magnato, avimmo vippeto e c'è trasuto lo[131] riesto.[209]
Abbiamo mangiato, abbiamo bevuto e c'è entrato (rimasto) in tasca il resto.
Il bilancio dell'iniziativa, dell'operazione è stato positivo, vantaggioso.
Girare foglio.
Cambiare argomento.
Caspita! Accidenti!
  • Azzeccarse comm'a na sanguetta.[212]
Attaccarsi come una sanguisuga.
Seccare, annoiare smisuratamente, inesorabilmente.
  • Azzuppàrse 'o ppàne.[213]
Inzuppar(ci)si, intinger(ci)si il pane.
Spassarsela, godersela un mondo; trovare grande gusto nell'attizzare e rinfocolare liti.

B

Uomo grosso ed idiota, grosso e babbeo.
  • ['O] Begriffo.
Il Begriff.[215]
E begriffe: così erano chiamati i sostenitori napoletani della filosofia di Hegel che nel 1860 dopo il Plebiscito entrarono in grandissimo numero nell'Università di Napoli contrapponendosi aspramente ai giobertiani: "I partigiani del Begriff essendo più giovani, avevano più spesso il di sopra in questi filosofici tornei. Onde divennero in breve il terrore dei proprietari di caffè delle Puglie e della Calabria, che al vederli avvicinarsi gridavano ai garzoni: Chiudite, ca stanno venenno 'e Begriffe! Nacque così il termine di Begriffo per indicare i fedeli e i fanatici del dio Begriff" (Adriano Tilgher)
All'improvviso.
Bel mobile.
Persona piena, colma di qualità negative. È bello 'o mobbile!: (in senso antifrastisco) È proprio un bel personaggio! Come no, come no, davvero una gran bella persona!
Bene mio e cuore mio.
Fare bene mio e core mio è il modo di agire dell'ipocrita che simulando un forte e disinteressato affetto per una persona e di averne a cuore gli interessi, mira in realtà unicamente a perseguire i propri egoistici scopi.
  • Bona mana a ffà zéppele.[218]
Buona mano a fare zeppole.
Tene 'na bona mana a ffà zeppele: ha una buona mano a fare zeppole. Si dice con ironia di chi è del tutto incapace di generosità, di un avaro inveterato.
Buona stoffa, buono straccio.
Furfante, canaglia, manigoldo.
  • Bona notte ai sunature![220]
Bonanotte 'e sunature![221]
Buonanotte ai suonatori!
Tutto è finito, non c'è più niente da fare, non c'è più speranza.
  • Bonanotte 'o sicchio![222]
Buona notte al secchio.
Finito per sempre in fondo al pozzo: la cosa è senza rimedio.
  • Bona notte ai sunature![223]
Buonanotte ai suonatori!
Tutto è finito, non c'è più niente da fare, non c'è più speranza.
  • ['E] Bone 'nzateche.[224]
Letteralmente: Le pustole selvatiche.
Il vaiolo selvatico o ravaglione. La varicella.
Il bosco.
Via Toledo, nel gergo della malavita antica.
Un intruglio.
  • Buone manche pe se fà mpennere.[227]
Buono neppure per farsi impiccare.
Una persona assolutamente insignificante, completamente inutile.
  • Buono sì, ma fesso no.[228]
Sono buono, non però sprovveduto.
Ho capito chiaramente che mi si vuole imbrogliare.
  • Buongiorno Signo’ [229]
Buongiorno Signora
Il saluto dell’emigrante che al rientro cerca disperatamente l’integrazione.

C

  • C' 'o chiummo e c' 'o cumpasso.[230]
Col filo a piombo e col compasso.
Con estrema attenzione e meticolosa precisione. Es.: Parlà c' 'o chiummo e c' 'o cumpasso. Misurare bene le parole, parlare soppesandole. Jì c' 'o chiummo e c' 'o cumpasso. Andare (operare) con estrema attenzione, metodica precisione.
  • Ca ssotto nun ce chiove, jevano ricenne 'e pisci sott'all'acqua.[231][wellerismo]
Qui sotto non ci piove, andavano dicendo i pesci sott'acqua.
Non sono disposto a dimenticare ed alla prima occasione mi vendicherò.
Strano strano.
Si dice di chi con lentezza ed indifferenza simulate, con un'aria da nulla, si prepara a fare del male, ad arrecare danno.
  • Caccia' fuoco pe' l'uocchie.[234]
Gettare (tirare fuori) fuoco dagli (attraverso gli) occhi.
Essere adirato. Impiegato anche come iperbole.
  • Cafè carreco. Cafè corretto. Cafè lasco.[235]
Caffè carico (forte), caffè corretto (con qualche goccia di anice) "lento" (lungo, leggero).
  • Cafè 'e notte e ghiuorno.[235]
Caffè di notte e giorno.
Caffè aperti per ventiquattro ore su ventiquattro.[236]
Gazebo.[238]
  • Cammina jappica jappica.[239]
Cammina piano, passo dopo passo.
Non precipitarti.
  • Campà annascuso d' 'o Pateterno.[240]
Vivere di nascosto dal Padreterno.
Vivere come riuscendo ad occultarsi agli stessi occhi di Dio: vivere facendo sì che resti un impenetrabile mistero, un enigma insondabile da dove mai, in che modo si traggano mezzi economici tali da sostenere un tenore di vita che oltrepassa ampiamente, visibilmente le proprie possibilità. Si potrebbe − mutatis mutandis − anche dire così: "Si tratta di un indovinello, avvolto in un mistero all'interno di un enigma." (Winston Churchill)
Vivere giusto giusto ("preciso" "preciso").
Avere appena di che vivere, solo quello che è strettamente necessario.
Gano di Maganza.
E anche: traditore.
  • Cannéla appennetora.[243]
Candela appiccatoia (toscano). Era tenuta appesa alla parete.[244]
Gara di canto a responsorio fra due contendenti che, in occasione delle feste patronali, in piedi su sostegni – sovente botti – davanti al pubblico che decideva con il suo favore il successo, si rivolgevano reciprocamente astrusi quesiti sui particolari più minutamente dettagliati relativi alla vita di San Guglielmo da Vercelli, fondatore del tempio e del convento di Montevergine e del Goleto Presso Sant'Angelo dei Lombardi. Le risposte, come le domande, erano cantate.[246]
  • Cantà a ffronna 'e limone.[247]
Cantare a fronda di limone.
Come il cantà a figliola è un canto improvvisato connesso alla Festa di Montevergine. Se ne servivano, inoltre, parenti o amici per trasmettere messaggi ai detenuti.
"Testa eretta."
Testa calda, testa matta, persona capricciosa, focosa.
  • Capa 'e zì Vicienzo.[249]
Testa di zio Vincenzo.
Corruzione dell'espressione latina: caput sine censu, che designa il nullatenente.[250]
Testa o zucca vuota, cervello d'oca.[253]
Teste di pezze.
Con connotazione spregiativa: le suore.
  • ['O] Capitone senza rècchie.[255]
Il capitone senza orecchie.
Il pene.
Capo di settimana.
Lunedì.
  • Caporà è muorto l'Alifante.[257]
Caporale, è morto l'elefante.
È finita la pacchia.[258]
Uomo malvagio, duro, spietato, crudele.
Caricare il porco.
Carrecà 'o puorco: Aggiungere insolenze ad insolenze, insulti ad insulti rincarando sempre più la dose.
Carta canta nel cannello.[262]
La cosa è certa, le prove sono solide ed inconfutabili.
Carta bianca.
Innocente, senza malizia.
L'avaro.
Casa a due porte.
Una casa che non gode di buona reputazione: il doppio ingresso si rivela particolarmente conveniente per il coniuge inquieto, disinvolto, dedito ad attività extraconiugali: entrare discretamente e svignarsela in tutta impunità e sicurezza non è difficile. Facilità d'accesso, vie di fuga agevoli, fluidità di "traffico", flessibilità d'utilizzo, discrezione, innegabili vantaggi di una casa con doppia entrata. A scapitarne, purtroppo, è l'onorabilità della dimora che, dal complesso delle attività che vi fervono, risulta alquanto offuscata, decisamente compromessa.
  • ['O] Casale 'e Nola.[266]
Il Casale di Nola.
Il fondo schiena.
Casale saccheggiato.
Stanza, ambiente in cui regna incontrastato il totale disordine, l'ingovernabile confusione, il caos.
  • Cascetta 'e pulimmo.[268]
Cassetta, scatola da lustrascarpe.
Cascetta 'e polimmo – dalla forma parallelepipeda del busto che lo effigia – è l'ingiuria con cui le "parenti" inveiscono con estrema confidenza contro San Gennaro per spronarlo a compiere il miracolo della liquefazione del suo sangue se esso tarda a manifestarsi.
Antica locuzione riferita forse al formaggio piccante. (cellecuso[270], secondo Enrico Malato[271])
  • Caso cuotto cu ll'uoglio.[272]
Formaggio cotto con l'olio.
Due persone assolutamente estranee sia per parentela che per affinità. "Caso cuotto co' ll'uoglio, frase vivacissima del nostro dialetto, colla quale s'intendono due che nulla abbiano, o abbiano avuto di comune fra loro, forse perché il formaggio (caso) che serve per tante vivande è così eterogeneo all'olio, che ancor[273] esso è molto adoperato nella cucina, da non poter essere mai cotti insieme.[274]"
  • Castagnelle p'abballà.[275]
Castagnette per ballare.
Le nacchere.
  • Cavaliè, 'a capocchia![276]
Cavaliere, il glande!
Formula di derisorio riguardo impiegata per ridimensionare chi si dà eccessiva importanza o ha un atteggiamento borioso, spocchioso (il glande è qui menzionato come sinonimo di stupidità). Al Cavalié si può sostituire il nome della persona derisa. Se, come prevedibile, l'interessato non è di animo stoico, è possibile la replica: Te va ncule e se scapocchia, e se fa tante na capocchie![277]: (Il summenzionato glande, descrivendo un'inusitata traiettoria) ti va "a tergo" e si danneggerà fino al distacco totale dalla sede anatomica di origine; distacco e "residenza" nella nuova sede peraltro pressoché irreversibili, giacché, una volta avvenute, per buona misura, "se fa tante na capocchie!", esso cioè si enfierà, tumefacendosi nella maniera più abnorme.
  • ['O] cazone a zompafuosso.[278]
I pantaloni "a saltafosso".
I pantaloni alti alla caviglia.
Piccolo membro di re.
Donzella.[281]
Qui gli stracci, gli abiti smessi e qui il sapone.
Patti chiari: soldi (o lavoro) contro merce subito. Pagamento immediato, non vendo (o lavoro) a credito.
  • Ccà 'nce vò 'o campaniello d' 'a parrocchia.[284]
Qui ci vuole il campanello della parrocchia.
Campanello molto sonoro, necessario, figuratamente, per rintracciare, ritrovare persona o cosa introvabile, irreperibile.
  • Cca nisciuno è fesso.[285]
Qui nessuno è ingenuo.
  • Cca se ferma u rilorge![286]
Qui si ferma l'orologio!
È il massimo, l'eccellenza assoluta, il non plus ultra.
  • Ccà sotto non ce chiove.[287]
Qui sotto non ci piove.
Lo si dice puntando l'indice teso della mano destra sotto il palmo della sinistra rivolto verso il basso per dire che il torto subito non verrà dimenticato e che ci si vendicherà non appena se ne presenti l'occasione; magari int'a scurdata, a cose oramai dimenticate, quando meno l'avversario se lo aspetta.
Qui ci sono i ragazzi vostri.
Io sono a vostra completa disposizione; non dovete far altro che chiedere, ogni vostro desiderio è per me un ordine.
  • Cchiú nera d' 'a mezanotte nun po' venì![290]
Più nera della mezzanotte non può venire!
Ormai non può andare peggio di così; superato questo momento può solo andare meglio.
Si abbina bene, in modo armonico.
  • Cetrulo nzemmentuto.[292]'
Cetrulo nzemmentuto è il cetriuolo andato in semenza, che per esser divenuto insipidissimo, non è più atto a mangiarsi. Perciò in senso traslato dinota una persona assolutamente stupida, e senza sale in zucca.
Gelse ghiacciate, diacce.
Che anima di tua madre.
Ch'arm' 'e mammeta: che diavolo, cosa diavolo. Tu che arma de mammeta aie fatto?[295]Tu ch'arm' 'e mammeta hê fatto?: (ma) che diavolo hai fatto? cosa diavolo hai combinato?
Che dieci.
Che cosa grande, grave[297]. Che pezzo di, che gran pezzo di.
Che (frottole) mi stai raccontando? Ma che me staje ammaccanno?! Ma cosa mi stai raccontando, che razza di assurdità, balle, fandonie vorresti farmi credere?!
  • Che se díce? 'E ssàrde se màgnano ll'alíce![300]
Che si dice? Le sarde si mangiano le alici!
Risposta scherzosa o elusiva alla domanda (fatta per curiosità invadente): Che si dice?
  • Chella ca guarda 'nterra.[301]
Quella che guarda a terra.
La vagina.[302]
  • Chesta è 'a zita e se chiamma Sabella.[303]
Questa (questa che vedi, e solo questa) è la fanciulla e si chiama Isabella.
Eccoti quanto mi avevi richiesto, per te non posso altro, non chiedermi altro.[304]Più in generale: questa è la situazione e non ci sono alternative, non resta che prenderne atto ed accettarla così com'è. Ci si deve accontentare di ciò che si ha.
Chi mi ha accecato.
Chi me l'ha fatto fare.[306]
  • Chi songh'io e chi sì tu![307]
Chi sono io e chi sei tu!
Venì a chi songh'io e chi si tu!: mettere bene in chiaro – a chi l'ha dimnticato – come effetivamente stanno le cose. Ricordare, sottolineare, far valere, ribadire di fronte alla persona con cui si viene a diverbio il proprio superiore valore, richiamandolo energicamente al dovuto rispetto e intimandogli così di mantenere le dovute distanze. Misurare il rispettivo valore.
Chi viene dopo.
I posteri
  • Chi vene appriesso s'u chiagne.[309]
Chi viene dopo se lo piange.
Chi è addietro serri l'uscio, o Chi vien dopo serri la porta. / Saranno altri, quelli che verranno dopo, a sopportarne le conseguenze, a doversela sbrogliare.
Persona del tutto inconsistente. Eccelle incontrastato nella sua sola autentica dote: le inesauribili, vacue e inconcludenti chiacchiere.
  • Chiàgnene pure i pprete r'a via.[311]
Piangono anche le pietre della strada.
Al passaggio del corteo funebre piangono non solo le persone, ma anche le pietre della strada. Lo si dice, con enfasi, per dare risalto al dolore che si prova per la morte di una persona stimata e amata.
Cappio da impiccato (appeso).
Tipo poco raccomandabile, losco; canaglia, malvivente, avanzo di galera, tipo patibolare, pendaglio da forca.
Nella parlesia:[28] il vino.
  • Chiavarse 'a lengua 'nculo o 'ncanna.[313]
Mettersi la lingua nel didietro (o in gola).
Essere costretto a tacere perché si ha manifestamente torto o si è in una posizione indifendibile, insostenibile. Usato specie nell'espressione: Chiavate 'a lengua 'nculo! vale a dire: Taci! Tu parli pure? Non hai argomenti validi, non sei in condizioni di poter parlare, non hai titolo per poter parlare! Sei manifestamente in torto! Tu t'avisse sta' sulamente zitto! Tu dovresti solo tacere!
  • Chillo ca cumbine tutte 'e guaie.[314]
Quello che combina tutti i guai.
Il pene.
Quello di sopra.
Dio.
  • Chino 'i vacantarìa.[316]
Pieno di vuoto.
Si dice ironicamente di qualcosa, come un contenitore, un recipiente, un locale completamente vuoti.
  • Chiò chiò parapacchiò, cevezo mio.[317]
Che gran scioccone sei, amico mio.
Persona rozza, goffa, stupida; zotico, tanghero.
  • Chisto è nu cataplàsemo 'e semmente 'e lino.[320]
Questo è un cataplasma di semi di lino.
Questo è un uomo noioso e molesto.
  • Chiste è u paese 'i Mastu Rafele.[321]
Questo è il paese di Mastro Raffaele.
Qui ognuno fa i propri comodi, bada esclusivamente al proprio interesse e tutto, di conseguenza, versa nel più completo marasma.
Questi sono numeri!
È successo; sta accadendo qualcosa di così sorprendente, incredibile, inaudito che bisogna (attraverso la smorfia) tradurlo in numeri e giocarli al lotto! Roba da pazzi, roba da pazzi!
Ferire (a sangue scagliando una pietra) e medicare.
Dire una parola pungente, di critica, di rimprovero ed accompagnarla immediatamente, per attenuarne l'effetto, ad un'altra dolce, carezzevole, amichevole.
  • Cicchignacco 'ncopp' â vótta.[324]
«Cicchignacco» sulla botte.
oppure:
Cicchignacco 'int'â buttéglia.[325]
«Cicchignacco» nella bottiglia.
Cicchignacco è il nome con cui veniva venduto sulle bancarelle il «diavoletto di Cartesio». Locuzione riferita a personaggi di statura non alta e dal portamento goffo.
Ceci ammollati.
Cerimonie eccessive, moine, salamelecchi. Nun fà tutte 'sti ciceremmuolle! Non fare tutte queste cerimonie eccessive, tanti (finti) salamelecchi!
  • [Fà] Ciento mesure e uno taglio.[327]
(Fare) cento misure e un taglio.
Come i sarti che lavorano ripetutamente con metro e gesso prima di tagliare la stoffa, prepararsi con grande, eccessiva meticolosità, indugiando in minuziosi calcoli e prove prima di decidersi ad agire.
  • Cinco e ccinco a diece e lo[131]parrocchiano a quinnece.[328]
Cinque e cinque (sommano) a dieci, e (con) il parroco a quindici.
Si dice di chi va a sposarsi in chiesa; il particolare riferimento è al momento del rito in cui gli sposi congiungono le mani davanti al sacerdote che impartisce la benedizione.
  • Ciuccio cu 'a varda ncuollo.[329]
Asino con il basto addosso.
Asino calzato e vestito, persona di crassa ignoranza.
  • Ciuccio 'e carretta.[330]
Asino di carretta.
Uomo che lavora molto duramente.
Sussurrare, bisbigliare.
Sazio sazio (sazissimo). Rimpinzato ben bene. "Farse ciuotto ciuotto". Satollarsi, rimpinzarsi.
Cu 'o siddivò: Con il se Dio vuole.
Ghire co lo siddivò[333], in forma corrente: Jì cu 'o siddivò: andare con il se dio Vuole. Agire, operare molto molto a rilento, molto fiaccamente, svogliatamente, senza iniziativa, senza alcuna efficacia, incisività, affidandosi passivamente alla volontà e all'intervento risolutore di Dio.)
  • Cola mena a Ciccio e Ciccio 'a mena a Cola.[334]
Cola butta a Ciccio e Ciccio la butta a Cola.
Gettarsi reciprocamente la colpa addosso. Fare a scaricabarile.
Eccome! Altro che! Che di più non si può! Es.: Fa cavero comm'a cche! Chiove comm'a che! È bello comm'a che! Altroché se fa caldo! Piove, eccome! È bello, caspita se è bello, come puoi dubitarne!
  • Comm'è bera 'a morte.[338]
Come è vera la morte!
Comm'è vera 'a morte! Te / Ve lo giuro, devi / dovete credermi!
  • Comme ‘a mettimmo nomme?[339]
Come le mettiamo nome? Come la chiamiamo? Come la battezziamo?
Come la mettiamo? Come la risolviamo? E poi che si fa? E adesso che si fa? Come se ne viene, verrà fuori? (col sottinteso che è estremamente difficile se non impossibile trovare una soluzione, venirne fuori ed è quindi mille volte preferibile evitare 'o 'mpiccio, il guaio.)
  • Comme 'avuote e comme 'o ggire, sempe sissantanove è.[340]
Come lo volti e come lo giri, sempre sessantanove è.
La cosa è assolutamente evidente, incontrovertibile, immutabile. Questa è la nuda evidenza, questi sono i fatti, non c'è modo di considerarli, interpretarli altrimenti.
Come Dio comanda.
A regola d'arte.
  • Comme facette Scioscia, ca se magnaje 'a tosta e rummanette 'a moscia.[342]
Come fece Scioscia, che mangiò la dura e lasciò la morbida.
Scartò la parte morbida come alcunché di inedibile e mangiò la crosta, la scorza. Vale a dire: (a mo' di dileggio) Ma ti rendi conto, scioccone mio, di quel che hai fatto? Tutto sbagliato, tutto senza criterio, tutto a rovescio, tutto in tuo danno.
  • Comme facette Scioscia, mettette 'o culo a viento 'e terra e sciusciaje.[342]
Come fece Scioscia: mise, volse il sedere nudo orientandolo in direzione del vento di terra e "soffiò"...
Si narra che un certo Scioscia, sorpreso in mare da un'improvvisa bonaccia, ebbe la geniale trovata, per trarsi fuori dall'accalmia, di trasformarsi lui stesso in vento, scoprendo le natiche per gonfiare le vele a furia di peti. Il leggendario evento viene ricordato, per prenderli in giro, agli sciocconi, agli imbranatissimi che ne hanno combinata una delle loro.
  • Comme mme suone tu, così t'abballo.[343]
A seconda di come suoni, così io ballo.
Prestazioni e compenso devono essere commisurati.
  • Comme me vide, me scrive.[344]
Come mi vedi, (così) mi scrivi.
Sono così come mi vedi, non ho nulla da nascondere.
  • Comme te piace 'o vino cu' a neve![345]
Come ti piace il vino con la neve (con il ghiacco)!
(Di' la verità): questo ti fa tanto divertire, per questo te la stai spassando un mondo! ci stai provando gran gusto!
Scopiazzatura. Fà copia cupiella. Copiare di nascosto. Scopiazzare.
Proprio sopra.[348].
"Berretti di pene."
Niente. Si nun fatiche te magne coppole 'e cazzo. Se non lavori, non mangi un bel niente.
  • Coppola e denocchie![350]
Berretto alle ginocchia!
Giù il cappello!
  • ['A] cravatta a rabbà.
La cravatta à rabat. Si adoperava non annodata sul tight[351].
Regalo natalizio.
  • Cricco, Crocco e Manecancino.[354]
(I Signori) Martinetto, Gancio e Mano con l'uncino.
La Banda Bassotti napoletana. Gente, quindi, da cui stare alla larga.
Cresci santo.
Equivalente dell'italiano: Salute! Si dice ai bambini, ai ragazzi (e talvolta, scherzosamente, anche agli adulti) che starnutiscono.
  • Cu 'e ppacche dint'a ll'acqua.[356]
Con le natiche nell'acqua.
Sta' cu 'e ppacche dint'a ll'acqua. Essere in grande miseria.
  • Cu n'appietto 'e core.[357]
(Appietto 'e core: Asma.) Cu n'appietto 'e core, con una stretta al cuore.
  • Cu n'uocchio frjie 'o pesce 'e cu' 'nato guarda a gatta.[358]
Con un occhio frigge il pesce e con un altro guarda la gatta.
Cu n'uocchio friere 'o pesce e cu' n'ato guardà 'a gatta (o anche, in modo più sintetico: Friere 'o pesce e guardà 'a gatta): con un occhio friggere il pesce (seguirne la cottura) e con un altro guardare (sorvegliare) il gatto perché non lo mangi. Eseguire un'operazione, svolgere un compito restando estremamente e costantemente vigilanti.
  • Cu' na mano nnanze e n'ata areto.[359]
Con una mano davanti ed un'altra dietro.
Coprendosi natiche e genitali nudi con le mani: in miseria assoluta, in assoluta perdita, rimettendoci tutto, sconfitti e delusi, senza più prospettive, restando con un pugno di mosche in mano. Si veda, più in dettaglio: Fa zita bona.
  • Cu nna fúna 'ncànna.[360]
Con un cappio (fune) alla gola.
Fare qualcosa cu nna fúna 'ncànna: per costrizione, contro la propria volontà.
  • Cu 'o culo 'a fossa.[361]
Con il sedere nella fossa. Con il piede nella fossa. Stà cu 'o culo 'a fossa. (Essere prossimi alla morte).
  • Cu' 'o ttè' cu' 'o nnè, cu' 'o piripisso e cu' 'o papariallà!...[362]
Parole puramente onomatopeiche per denotare una persona assai brutta.[363]
  • Cu u cavalle 'i San Francische.[364]
Con il cavallo di San Francesco.
San Francesco, com'è ovvio, non possedeva cavalli; i piedi erano il solo mezzo di cui disponeva per viaggiare. Andare col cavallo di San Francesco significa quindi andare a piedi.
  • Cucchiere appatrunate. e Cucchiere d'affitte.[365]
Appatrunate, cocchieri che lavorano alle dpendenze di un proprietario, d'affitte, cocchieri pubblici.
La Civetta di porto.
'A Cuccuvaia 'e puorto: una donna brutta, senza grazia, che porta male, paragonata alla scultura dell'aquila (scambiata dal popolo per una civetta) con le armi di Carlo V che sormontava la Fontana degli Incanti detta Funtana d' 'a cuccuvaja 'e puorto, la Fontana della civetta di porto, fatta costruire dal viceré Don Pedro de Toledo e collocata in passato in Piazza del Porto conosciuta anche come Piazza dell'Olmo.[367]
Sederi impeciati.
Antica locuzione per dire: gli Inglesi "perché sedendo sempre sul bordo delle navi i loro calzoni son macchiati di pece[369]."
Aquilone.
Ma anche: Lucanus cervus|cervo volante[192].
Comarella.
Ma anche: donnola, umanizzata come: "piccola donna"[192].
  • Cuncià 'ncordovana.[370]
Conciare alla maniera cordovana.
Maltrattare qualcuno con maleparole o atti fisici. Si riferisce alla cordovana, pelle di capra conciata a Cordova, un tempo molto costosa.
  • Cuntà' 'e pìle d''o cùlo.[371]
Contare i peli del sedere.
Rivedere le bucce.
  • ['A] Cunzèrva 'e pummaròla.[372]
La conserva di pomodoro.
Passato di pomodoro che in passato veniva esposto d'estate al sole. La lunga esposizione al sole estivo si protraeva fino a che il passato di pomodoro non si fosse ristretto al massimo e rappreso quanto bastava. Non una qualsiasi conserva di pomodoro, dunque, se: " [...] quando una punta di cucchiaio di quella rossa poltiglia si mescolava alla pasta con fagioli (non escluso un pizzico di pepe) o al ragù (che bisognava far pippiare per molte ore), allora si creavano i motivi per esaltare la Divina Provvidenza[373]."
Piano piano, cautamente, garbatamente.
  • ['O ] Cuónzolo e a Napoli ['O ] Cunzuólo.[120]
'O cuónzolo: pranzo offerto dai parenti ad una famiglia colpita da un lutto come consolazione per il dolore ed il digiuno sofferti. A Napoli prendeva il nome di 'o cunzuólo: dono di pesci offerto ai familiari all'uscire del defunto dalla casa.[375]
Involto di castagne lesse
L'umidità delle castagne deforma e affloscia il cartoccio che in più si tinge di macchie scure: Una donna priva di grazia e di bellezza.
Cornuto e bastonato
Il danno e, in più, anche le beffe.
  • Curto e male 'ncavato.[378]
Basso e cattivo.

D

Don Luigi.
Il portazecchini, il portamonete, nel gergo della malavita antica.
Da Battro a Tile.
Antica espressione impiegata col significato di: distanza grandissima, enorme fra due punti. Nel mondo intero, ovunque nel mondo.
  • Dà zizza pe ghionta.[381]
Dare mammella (di vacca) in aggiunta.
Dare sì in aggiunta, per soprammercato, ma qualcosa di assai scarso valore e quindi, in realtà, causare ulteriore danno.
Da' o lardo int' 'a fiura. Dare il lardo nella figura.
Lo si dice di venditori che danno il meno possibile. Usare parsimoniosamente.
  • Darse 'e pizzeche ncopp' 'a panza.[384]
Darsi i pizzichi sulla pancia.
Rassegnarsi. Sopportare con rassegnazione.[385]
Ha dato le orecchie all'aggiustapentole.
Non sente, è sordo. Si pensava forse che quest'artigiano a causa del rumore delle stoviglie o del trapano che le forava per far passare il fil di ferro fra margini da ricongiungere, spalmando poi di mastice le commessure, col tempo subisse danni all'udito.[388]
(Dies irae) Dies illa.
Lamentazione lunga e monotona. Discorso noioso, solfa.
Disse Pulcinella: per mare non c'è taverna.
Ogni cosa sta nel suo luogo e non puoi aspettarti che sia diversamente. Si usa anche per raccomandare di evitare i viaggi per mare, se non strettamente necessari (ma si usa anche la variante moderna "pe' ccielo e pe' mmare", per includere i viaggi in aereo).
  • Dicette 'o pappecio vicino 'a noce: damme 'o tiempo ca te spertoso.[391]
Disse il verme alla noce: dammi il tempo che ti buco.
Con il tempo si riesce a fare qualunque cosa: perfino il pappecio (un verme) riesce a bucare il guscio della noce.
Dio.
Di incalcolabile grandezza.
  • De gustibus non est sputacchiandum.[393]
Resa in chiave parodistica del latino De gustibus non est disputandum. (Proverbi latini). Lo si dice con molta ironia quando non si può o si è preferibile non consigliare chi si comporta in modo strano, dissennato, oppure si sa in anticipo che il nostro avvertimento non verrebbe tenuto in nessun conto.}}
Dieci.
Estremamente grande, con allusione alla grandezza più assoluta: Dio. Lo si usa anche quando, per riguardo, si vuole evitare di dire Ddie, con uguale significato di incalcolabile grandezza. Es.: Tu si' nu diece 'i fetente![392], anziché Tu si' nu Ddie 'i fetente![392] Sei un grandissimo mascalzone!; Tu si' nu diece 'i fesse![392], anziché Tu si' nu Ddie 'i fesse![392], Sei un fesso colossale; Agge pigliate na diece 'e paura![392], Ho preso un terribile spavento.
  • Dimane 'o gallo canta matina.[394]
Domani il gallo canta mattina.
Domani la giornata sarà piena d'impegni.
  • Dint' 'a na vutata d'uocchie.[395]
In un volgere di sguardo (Dentro una girata di occhi).
In un attimo.
  • Dio 'o sape e a Maronna 'o vere.[396]
Dio lo sa e la Madonna lo vede.
Solo Dio e la Madonna possono sapere cosa mi è successo! Si invocano così, nello sconforto, Dio e la Madonna, come ad implorarne l'intervento, quando si attraversa un momento particolarmente difficile.
  • Don Andrea, 'mmiez'ê 'mbroglie s'arrecréa.[397]
Don Andrea, in mezzo agli "imbrogli" se la gode un mondo.
Al tipo di Don Andrea non corrisponde certo una natura contemplativa, non una natura irenica. Al contrario, più intricate, più complicate – anche al limite della poca limpidezza, anche torbide – sono le situazioni in cui opera, più irto di ostacoli il cammino, più arduo il cimento, più forti gli attriti, più grande l'incatenamento, il trascinamento nella forza di gravità, e tanto più ci dà dentro di gusto, tanto più corruschi rifulgono i suoi specialissimi, duttilissimi, svariatissimi, versatilissimi, consumatissimi, collaudatissimi, scaltrissimi, sagacissimi, sapientissimi talenti, tanto più vertiginoso cresce il godimento che ne ritrae.
  • Don Ciccillo Caramella.[398]
Persona vestita con dubbia eleganza.
L'elegantone, il bellimbusto.
  • Don Giuvanne u tène nnanze e u va ascianne arrete.[400]
Don Giovanni lo tiene davanti e lo cerca dietro.[401]
Con questa frase, che contiene un'evidente allusione maliziosa, si prende in giro chi cerca qualcosa che sta proprio sotto i sui occhi.
Don Salsiccia.
Uomo che non vale nulla.
  • Don Simone, stampa e cumpone.[403]
Don Simone, stampa e compone.
Così viene definito con ironia chi per stupidità, arroganza, per smisurata, illimitata autostima sia convinto di poter fare tutto da solo, di non aver mai bisogno dell'aiuto o del consiglio di nessuno. Lo si può dire anche dei bugiardi, dei ciurmatori, dei faraboloni, dei millantatori.
  • Doppo arrubbato Santa Chiara mettette 'e porte 'e fierro.[404]
Dopo che la Basilica di Santa Chiara fu derubata, vennero messe le porte di ferro. (Dopo rubato Santa Chiara mise le porte di ferro).
Locuzione proverbiale: prendere provvedimenti, porre rimedio quando è ormai tardi.
Chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. (modo di dire italiano)
  • Doppo 'o lampo vène 'o truono: si' fesso e nun te n'adduóne.[405]
Dopo il lampo viene il tuono: sei fesso e non te ne accorgi.
Giro di frasi giocoso per rimproverare, canzonandolo, chi agisce o pensa da sprovveduto: Ma ti vuoi svegliare un po' fessacchiotto che non sei altro?
  • Duorme, zetella, ca 'a sciorta veglia.[334]
Dormi, zitella, che la (sorte, fortuna) è desta.
(Detto con ironia) Certo, aspetta pure senza darti pena, quello che speri si avvererà...
  • Durmì c' 'a zizza mmócca.[406]
Dormire con la mammella in bocca (poppando beatamente).
Essere molto ingenui, non rendersi conto di nulla.

E

  • È a luongo 'o fatto![407]
Il fatto, la faccenda va per le lunghe![408]
È asciuto 'o sole a mezanotte È sorto (uscito, spuntato) il sole a mezzanotte.
In una situazione disperata è capitata un'improvvisa fortuna, si è presentata un'insperata soluzione.
  • È asciuto pazzo 'o patrone.[410]
È impazzito il padrone.
Si dice di chi, specie se avaro, diventa improvvisamente ed esageratamente generoso con tutti.
Nella parlesia: i soldi.[28]
E bravo il fesso!
Si dice a chi pontifica enunciando le più lapalissiane ovvietà o sfoggia con grande vanto abilità alla portata di tutti.
Non ostante. Es: Viecchie e buono fatica ancora comm'a nu ciuccio. Anziano com'è, nonostante sia anziano, lavora ancora duro.
Dicendolo per i cani.
(Dicendolo (valga) per i cani, mai per gli uomini.) Formula di scongiuro: Che ciò non accada, non sia mai! Dio ne scampi!
  • 'E ccaramelle 'e vrito.[372]
Le caramelle di vetro.
Caramelle quadrate di colore giallo scuro, traslucide, ricavate dallo zucchero liquefatto. La poltiglia ottenuta era versata liquida su un marmo unto d'olio. Una volta rappresasi era tagliata a piccoli quadrati.
  • 'E cazze ca abballano 'ncapa.[414]
I peni che ballano in testa.
Grandissime preoccupazioni. Tené 'e cazze ca abballano 'ncapa: essere assillati da grandissime preoccupazioni; l'opposto speculare di chi tene 'a capa fresca.
  • È cchiù 'a spesa ch'a 'mpresa.[415]
È più la spesa che l'impresa.
Non ne vale la pena. Il risultato non giustifica i costi e l'impegno.
  • ‘E ccumparze ‘e ll'Aida.[416]
Le comparse dell'Aida.
Persone esitanti, indecise, titubanti.
  • È fernuta a brenna.[417]
È finita a crusca.
È un fiasco completo, un totale flop. Lo so dice di progetti intrapresi con grande speranza di successo e di vantaggi che, contro ogni aspettativa, falliscono. L'espressione trae origine dall'uso borbonico di far caricare per le esercitazioni i cannoni a crusca invece che a polvere da sparo.[418]
  • È fernuta 'a zezzenella.[419]
È finita (non ha più latte) la (piccola) mammella.
È finito il tempo delle vacche grasse. La pacchia è finita.
  • 'E ffodere cumbattono e 'e sciabbule stanno appese.[420]
I foderi combattono e le sciabole restano appese.
Chi dovrebbe eseguire un compito resta inattivo e chi non ha quest'obbligo è costretto a farsene carico.
  • È gghiuta 'a cart 'e musica 'mmane 'e barbiere.[55]
È andato a finire lo spartito in mano ai barbieri.
Si dice quando accade che qualcosa di importante finisca nelle mani di un incompetente.
  • 'E lente 'e Cavour.[7]
Gli occhiali di Cavour.
Le manette nel gergo della malavita.
  • È ll'aria c' 'o mena.[421]
È l'aria che lo porta.'
È nell'aria, si sente nell'aria, si avverte.
  • È ‘na mola fraceta.[422]
È una mola fradicia.
È uno scansafatiche.
  • È na varca scassata.[423]
È una barca rotta.
È un progetto, una realtà disastrosa. Fa acqua da tutte le parti.
È una zarzuela.
"[...] cosa di poco conto, priva di mordente, piena solo (per dirla con Shakespeare) "di rumore e di vento" e che non significa nulla."[425]
("È notte il fatto") È una situazione terribile ed è estremamente difficile venir fuori.
È un "evacua-scarso".
È avaro, spilorcio fino all'inverosimile, così tanto che ha fama di essere tiratissimo fin nel rilascio delle sue stesse deiezioni, pur di non cedere nulla che gli appartenga.
Ai piedi di Pilato.
Stà 'e piere 'e Pilato. Essere in grande privazione, afflizione, in estrema miseria.
  • ‘E pizzeche ncopp’’a panza.[151]
I pizzichi sulla pancia.
Darse 'e pizzeche 'ncopp' 'a panza: Darsi i pizzichi sulla pancia: rassegnarsi, sopportare con rassegnazione. "[...] nun ce steva niente 'a mangià e io stevo allerta pe scummessa, e me devo ‘e pizzeche ncopp’’a panza [...][429]. "[...] non c'era niente da mangiare e a stento mi reggevo in piedi e mi davo i pizzichi sulla pancia (sopportavo rassegnato) [...]"[430].
  • ‘E ppérete ‘nnànt'â bànda.[431]
I peti innanzi alla banda.
I peti del capobanda mentre cammina in testa alla formazione che avanza suonando fragorosamente. Azioni o iniziative inutili, inconsistenti, inconcludenti. Fa' 'e pperete 'nnant'â banda: agire a vuoto, ma anche: darsi grandi arie di sapiente, senza averne i requisiti; comportarsi fastidiosamente da saccente.
  • ‘E ranavuóttole ‘int’â panza.[432]
I rospi nella pancia.
Tené 'e ranavuottole int' â panza: avere i borborigmi.
  • È rimasto scupiérto a ramma.[433]
È rimasto scoperto a rame.
È stato smascherato, si è scoperto che è un imbroglione. (È venuto allo scoperto il rame che stava sotto la patina che lo dorava per falsificarlo.
  • È robba d' 'o zi Peppe![434] oppure: Facite passà, è rrobba 'e don Peppe.[435]
È roba dello zio Peppe (Garibaldi)! oppure: Fate passare, è roba di don Peppe (Garibaldi).
Sorta di parola d'ordine con cui i camorristi riuscivano a far entrare a Napoli qualsiasi cosa in totale franchigia, eludendo con questa formula ogni controllo. Il riferimento a Garibaldi è connesso alla decisione adottata del ministro dell'interno Liborio Romano poco prima dell'entrata di Garibaldi a Napoli il 7 settembre 1860, di affidare il mantenimento dell'ordine pubblico al capo della camorra Tore 'e Crescienzo ed ai camorristi suoi affiliati, integrandoli nei ranghi della Guardia cittadina. La già costituita Guardia di Pubblica Sicurezza fu successivamente abolita dal Ministro dell'interno e Prefetto di Polizia del Governo provvisorio Silvio Spaventa che mise in atto energiche misure repressive nei confronti della camorra.[436]
Le foglie secche di mais (la pula) per il materasso (il pagliericcio).
'E sbreglie (chiamate anche sgòglie) costituivano l'imbottitura dei materassi di chi non poteva permettersi la lana. Chi era tanto povero da non poter acquistare neppure le sbreglie riempiva i materassi con foglie secche di castagno raccolte in autunno personalmente in montagna[439]
I fiori di fichi.
I fichi primaticci, grossi e carnosi. La loro comparsa coincideva con la festa dei Santi Pietro e Paolo. Sembra che per anticiparne la maturazione si iniettasse nel frutto ancora piccolo e acerbo qualche goccia di olio.[441]
  • È sparate u cannone![442]
È sparato il cannone![443]È mezzogiorno.[444]
  • È stato pigliato cu 'o llardo ncuollo[445]
È stato preso con il lardo addosso.
È stato colto in flagrante con la refurtiva.
Di nascosto, in segreto, clandestinamente, occultamente, alla chetichella.
Nella parlesia[28]: il seno.
  • E tiritittittì![447] variante: E tiritittittì, tirame 'na vranca 'e pile e ogne diece ne faie 'na nucchetella![448]
E tiritittittì! variante: E tiritittittì, tirami una manciata di peli e di ogni dieci ne fai un fiocchetto!
Non me ne importa un fico secco! Me ne infischio perdutamente!
Nella parlesia[28]: le prosperose mammelle di un florido seno.
  • È trasuto 'e sicco e s'è avutato 'e chiatto.[450]
È entrato "di secco" (umilmente) e si è girato "di grasso." (con superbia).
È entrato timidamente ed ora vuole spadroneggiare.
  • È venuto 'o Pat'abbate 'e ll'acqua.[450]
È venuto (giù) il Padre Abbate dell'acqua.
Si è rovesciato un terribile acquazzone.
È saltata la vacca addosso al bue
Si è capovolto il mondo, va tutto irreparabilmente alla rovescia.
Si sono spenti i lampioncini!
Latino maccheronico per dire che un'azione ha avuto termine o che una situazione è irrimediabilmente compromessa.[455]
  • Essere a banca d'u turrunaro.[456]
Essere il banco del venditore ambulante di torroni.
I venditori di torrone sono i primi ad allestire, in occasione delle feste popolari, i banchi di vendita e gli ultimi ad andar via per esaurire la merce. La locuzione è riferita agli scrocconi che si presentano senza invito tutte le feste in cui si offre l'opportunità di banchettare lautamente. Essere 'a banca d' 'o turrunaro: imbucarsi a tutte le feste e congedarsi per ultimi quando non resta più nulla da scroccare.
  • Essere bona 'int'all'arma d'a 'a mamma.[457]
Essere formosa, procace fin dalle viscere (dall'anima) della mamma.
  • Essere cchiù luongo d' 'a misericordia 'e Dio.[458]
Essere più lungo (alto) della misericordia di Dio.
Essere di statura altissima.
  • Èssere cuòrpo 'e veretàte.[459]
Essere corpo di verità.
Essere bugiardi, quindi esternare bugie e tenere in corpo le verità.
  • Essere figlio 'e 'na cooperativa 'e pate.[460]
Essere figlio di una cooperativa di padri.
  • Èssere gràsso 'e sùvaro.[461]
Essere grasso di sughero.
Detto di notizie propagandate come accattivanti e nuove, ma che si rivelano nulla di entusiasmante.
  • Essere miedeco 'e carrozza.[462]
Essere medico di carrozza.
Essere medico di successo, ricco, ma anche: veniale, privo di scrupoli, esoso, interessato unicamente al guadagno.
  • Essere 'na capafemmena[457]
Essere una donna superlativamente bella.
  • Essere 'na Die 'e femmena, 'na femmena ' truono, na femmena ca fa fermà 'e rilorge, ecc...[457]
Essere una "Dio di donna" (dalle forme molto vistose), una donna di tuono, una donna che fa fermare gli orologi, ecc...
Essere un desiderio, una "voglia" d'uomo.
Essere nu gulìo d'ommo. Essere un uomo insignificante, velleitario, mancato.
  • Èsse nu mmoccafave.[464]
Essere un imboccafave, un mangia-fave.
È nu mmoccafave.: riferito a chi crede ingenuamente a tutto quel che gli si dice; detto di chi, senza un reale motivo, resta sbalordito di tutto ciò che vede, oppure di chi ha sempre dipinta sul volto un'espressione incantata, assente, come se guardasse nel vuoto.
  • Èssere 'o soccùrzo 'e Pisa.[370]
Essere il soccorso di Pisa.
Essere una persona a cui è stato chiesto aiuto, ma che si presenta come disponibile solo dopo molto tempo dal fatto. Riprende un avvenimento della Repubblica di Pisa.
  • Èssere tenàglia franzèse.[461]
Essere tenaglia francese.
Essere molto avari, prendere e non dare.
  • Essere vajassa a re de Franza.[465]
Essere serva del re di Francia.
Sî vajassa a re de Franza o Sî 'na vajassa d' 'o rre de Franza: sei serva del re di Francia, o, sei una serva del re di Francia: titolo tutt'altro che onorifico con cui una donna viene offesa in modo grave qualificandola come prostituta e, per di più, colpita dal cosiddetto mal francese.

F

Fare la messa elemosinata.
Messa pezzuta era la messa celebrata con la raccolta di elemosine fatta da giovani scalze, per la celebrazione di una messa votiva. Fa' 'a messa pezzuta: affaccendarsi, rivolgendo a destra e a manca richieste insistenti, per ottenere qualcosa.
  • Fa a passa' cu' 'e fucetole.[166]
Letteralmente: fare a passare, "superare" con i beccafichi.
Essere magro, magra come un beccafico.
  • Fa' 'a passiata d' 'o rraù.[467]
Fare la passeggiata del ragù.
Il ragù era un piatto tradizionale dei giorni festivi, fare la passeggiata del ragù significa fare la passeggiata domenicale.
Fare la seppia.
Gettare il malocchio.[469]
  • Fa 'a visita d' 'o miedeco. [462]
Fare la visita del medico.
Fare una visita brevissima.
  • Fà 'a vìsita 'e sant'Elisabetta.
Fare la visita di sant'Elisabetta.
Fare una visita interminabile.[470]
Fa acqua la pipa (manca il tabacco).
Va male, sono al verde.
Fare l'uccellone.
Persona che fa valere le proprie ragioni sbraitando. Chi, senza discrezione, dice ad alta voce alta cose che sarebbe meglio tenere segrete. Es: Statte zitto. Nun fà 'aucellone![473] Sta' zitto. Non sbraitare, non berciare in questo modo! In Andreoli, col significato di: Uomo lungo e melenso.[474]
Fare cannolicchi.
Fantasticare, costruire castelli in aria.
  • Fà' canta' 'e sùrece 'int'ô tiano.[476]
Far cantare i topi nella pentola.
Avere la straordinaria capacità, l'abilità di ottenere, realizzare quello che si desidera.
  • Fa' 'e cose cu e stentine 'mbraccio.[477]
Fare le cose con gli intestini sulle braccia.[478]
Far le cose controvoglia.[479]
  • Fa' e 'nu pilo 'na trave.[480]
Fare di un pelo una trave.
Fare di un piccolo fastidio una tragedia, ingigantire un'inezia.
  • Fa fesso 'o stommaco.[481]
Far fesso, ingannare lo stomaco.
Mangiare qualcosa giusto per attenuare, placare un po' la fame.
Fallisce, fa cilecca, manca il suo obiettivo.
  • Fa' l'arte d''o funaro.[484] oppure Fa' comm''o funaro.[484]
Fare l'arte del funaio. Fare come il funaio.
Il funaio o funaiolo avvolgeva con le mani la canapa indietreggiando man mano che sotto le sue mani la fune prendeva forma. Far l'arte del funaio significa percorrere a ritroso la strada che porta al successo, regredire anziché progredire.
  • Fà l'àsteco arreto a 'e rine.[485]
Fare il solaio dietro i reni.
Bastonare pesantemente uno sventurato sulla schiena e sulle spalle. Un tempo i solai venivano fabbricati in lapillo bianco: ammassato sul piano superiore delle abitazioni, veniva battuto, con un lavoro che univa forza e pazienza, per giorni interi con la mazzola (mazzuolo, mazzapicchio) allo scopo amalgamarlo, consolidarlo e renderlo compatto ed impermeabile.[486]
Fà 'e cofecchie: Agire copertamente con intenzioni non limpide, confabulare, raggirare, essere infedeli in amore. / Aggiramenti e girandole di parole con inganno. far cofecchie, cioè, portarla a lungo con parole e scuse ingannevoli.[490]
  • Fa' ll'arte d' 'o sole.[491]
Fare l'arte del sole.
Il sole, così radiosamente alto nel cielo, così remotamente lontano dalle tribolazioni umane, il cui solo impegno è splendere e contemplare sempre sereno e imperturbato la creazione in tutta la sua bellezza, senza che mai giunga a lui neppure un'eco della fatica, dell'affanno del vivere, senza doversi mai dare pensiero di nulla. Allo stesso modo fare l'arte del sole vuol dire trascorrere l'intera vita in piacevole ozio, mai offuscati, affrancati per sempre dal peso di gravami, intralci, difficoltà; in piena beatitudine, solo dediti al lieto e spensierato godimento dei piaceri.
  • Fa ll'arte de Francalasso[492]; magna, bbeve, e se sta a spasso.[493]
Fa il mestiere di Francalasso: mangia, beve e sta a spasso.
  • Fa ll'arte 'e Micalasse.[494]
Fa l'arte di Michelaccio.
Ll'arte 'e Micalasse o Micalasso: passare il giorno oziando, essere uno scansafatiche.
  • Fà magnà 'o limone.[495]
Fare mangiare il limone.
Far rodere dalla rabbia.
Fare una chiavica, una fogna.
Fa' na chiaveca: imbruttire, rovinare qualcosa. Fa' na chiaveca a uno: rimproverare qualcuno con energica, estrema asprezza, umiliandolo, intimidendolo al punto di stroncarne qualsiasi volontà e capacità di replica.
  • Fa' 'na cosa 'e juorno.[477]
Fai una cosa "di giorno".
Fai veloce, senza perdere troppo tempo. Sbrigati.
Fare una croce nera.
Prendere definitivamente le distanze, cessare, chiudere radicalmente e per sempre ogni rapporto con una persona o una situazione.
Entrare in lite, polemizzare, battere e ribattere in modo insistente con argomenti futili, speciosi, inconsistenti.
Lagnarsi, essere petulanti in modo ossessivo.
  • Fa’ ‘o cicero ‘ncopp’a ‘o cucchiaro.[501]
Fare il cece sul mestolo.
Darsi importanza, ostentare in modo compiaciuto un'aria di superiorità, impancarsi a maestro.
  • Fà' 'o cuollo luongo.[460]
Letteralmente: fare il collo lungo
Aspettare, attendere impazientemente.
Fare il pacco.[503]
Imbrogliare, truffare.
  • Fa 'o paro e 'o sparo.[504]
Fare pari e dispari.
Soppesare i pro e i contro. Essere indecisi, esitare nel dubbio.
  • Fa' 'o pìreto sanguégno.[505]
Fare il peto sanguigno.
Compiere un gesto spagnolesco[506]. Fare un gesto splendido.
  • Fa' 'o protanquanquero.[507]
Fare il millantatore.
  • Fa' 'o quatto 'e maggio.[508]
Fare il quattro di maggio.
Traslocare.[509]
  • Fà 'o rammaglietto a marzo.[510]
Fare (o purta', portare) il mazzolino di fiori a marzo.
Risentire nel mese di marzo di tutti i malanni sopportati durante la stagione invernale.
  • Fà o rre cummanna a scoppole.[511]
Parola per parola: fare il re comanda a scappellotti.
L'aura di regalità di questo messere è pari a quella di un adulto che ottenga il rispetto di un bambino o di un minore a suon di scappellotti. In tutto e per tutto la sbiadita ombra, la miserabile parodia di un re, di un uomo eminente. La dolorosa, inoccultabile realtà lo rivela a colpo sicuro uomo senza carattere, senza autorevolezza, senza prestigio, senza carisma, arido, micragnoso, limitato, perfettamente insignificante. Schiacciato da un inconfessabile complesso di inferiorità, tenta di compensarlo agendo verso gli altri con le armi del frustrato colmo di risentimento: ostentata e compiaciuta arroganza, squallide, gratuite vessazioni, grette rivalse, puntigliose e meschine ripicche, ottuse prevaricazioni, rozze prepotenze. Questa la strategia che mira a celare – ottenendo un risultato diametralmente opposto – la propria sostanziale viltà e inconsistenza.
  • Fa 'o scemo pe' nun ghi' 'a guerra.[512]
Fa lo scemo per non andare alla guerra.
Fingersi tonto per eludere un compito difficile, rischioso, per evitare complicazioni.
  • Fà 'o scrupolo d''o ricuttaro[513]
Fare (avere, farsi) lo scrupolo del lenone.
Ha fatto 'o scrupolo d' 'o ricuttaro![514]: Si è fatto lo scrupolo del lenone! Così viene bollata l'ipocrisia di chi, benché abituato a commettere crimini gravi, non esita a condannare con la massima asprezza le lievi mancanze altrui.
Fare lo speziale.
Essere concentrati in un lavoro che necessita di grande attenzione. Famme fa' 'o speziale. Fammi lavorare, fammi operare, non distrarmi, non crearmi complicazioni.
Fare il "zeza."
Fare il cascamorto, lo smanceroso. Comportarsi in modo stucchevole.
Fare ora pro me.
Essere assolutamente egoisti: tutto a me e niente agli altri.
  • Fa passà chello d' 'o cane.[518]
Far passare quello del cane.
Costringere a sopportare molte sofferenze, dare infiniti grattacapi (dati ad esempio da un figlio scapestrato).
  • Fà' / restà' quacquariéllo.[519]
Fà' quacquariéllo: burlare. / Restà' quacquariéllo: essere burlato.
Far scendere il Paradiso in terra.
Bestemmiare tutti i santi.
Letteralmente: Fare assai grande un cuore.
Sentir nascere, rinascere nel proprio cuore la speranza, aprirlo alla speranza. [...] si diciarrite na vota viva la libertà, ncoscienzia , ve sentarrite fa' tanto no core mpietto [...]: [...] se direte una volta viva la libertà, in coscienza, vi sentirete il cuore rinascere in petto [...].[522]
Fare di tre fichi nove rotoli.
Fare di soli tre fichi circa otto chili significa esagerare, amplificare, magnificare, propalandoli ostentatamente a suon di pure chiacchiere, meriti che si è ben lungi dal possedere. Più in generale: "Ampliare, esagerare checchessia, Spacciare miracoli[524]."
  • Fà' trósce e mósce.[525]
Acquistare pagando in contanti.
Fa' 'e vruoccole. Scambiarsi parole, sguardi dolci, tenerezze, effusioni fra innamorati.
Fare "cedo bonis".
Cedere i propri beni ai creditori e, in senso figurato, calare le brache. "Fare zitabona" era, anticamente, l'atto con cui il debitore insolvente manifestava in pubblico la volontà di cedere ai creditori i propri beni. [528]
Faccia di corno.
Faccia tosta. Tené 'na faccia 'e cuorno, o ('e pepierno, di piperno): avere una (bella) faccia tosta.
  • Faccia miccia | e culo 'e nutriccia.[530]
Volto magro e sedere da nutrice.
Volto magro magro, ma fondo schiena generoso, molto ben pronunciato: una falsa magra.
Faccia gialla!
San Gennaro. Con questo appellativo confidenziale le "parenti"[532] sollecitano San Gennaro a compiere il miracolo della liquefazione del suo sangue se esso tarda a compiersi.
Faccio testa e muro.
Fa' capa e muro. Fare testa e muro: arrovellarsi il cervello senza riuscire trovare una soluzione, senza risultato.
Stendessi un bucato e uscisse il sole!
Non me ne va una giusta!
Facciamo confusione.
Poiché maggiore è il disordine, la confusione, il caos, più facile è pescare nel torbido.
Facciamoci la croce!
Cominciamo bene![539] Facimmece a croce, a primma matina![540]Detto con ironia, sempre in senso antifrastico: Cominciamo proprio bene di primo mattino! La giornata comincia bene!
  • Facimmo muorze gruosse.[541]
Facciamo grandi morsi.
Sbrighiamo senza perdere tempo la faccenda.[542]
  • Faje 'o sorece d' 'o spezziale, allicche 'a fora à vetrina.[37]
Fai il topo del droghiere, lecchi fuori dalla vetrina.
Non ci guadagni un bel niente.
  • Famme fa 'o speziale![543]
Fammi fare lo speziale!
Lasciami fare in santa pace il mio lavoro!
Vacillare, camminare barcollando, come un ubriaco.
Fare la casa spilla spilla.
Passare la casa (o qualsiasi altra cosa) al setaccio, cercare, frugare, rovistare con la massima accuratezza.
Far piangere solai e lavatoi.
Fà chiagnere astreche e lavatore: Essere un Dongiovanni, Fare strage di donne.
  • Fàre comm'o càne 'e l'uortolàno.[548]
Fare come il cane dell'ortolano.
Essere invidioso, come il cane di un povero contadino.
Fare (rendere) fradici i polmoni.
Spolmonarsi a furia di ripetere inutilmente le stesse cose.
Fà 'e stentine fracete. Fare gli intestini fradici.
Consumarsi di rabbia, Rodersi le budella, Rodersi dentro. / "A bott' 'e t' 'o ripetere m' hê fatto fà 'e stentine fracete." A furia di ripetertelo mi hai fatto consumare le budella (fatto fare i visceri fradici).
"Fare la deviazione".
Fa' l'angarella. Muoversi, spostarsi con "moto serpentiforme e sfuggente, qualcosa di simile al «dribbling», nel gioco dei bambini a moscacieca[552]. Cercare di sottrarsi all'esecuzione di un impegno.[553] Zigzagare, fuggire zigzagando.
Antica espressione per: fare le corna, essere infedele, tradire.
Fare quaresima anzitempo.
Avere una moglie tutt'altro che formosa e procace, essere sposati ad una donna magrissima, scarna.
  • Fare scennere uno da i coglie d'Abramo.[556]
Far discendere qualcuno dallo scroto di Abramo.
Accrescere in modo esagerato il valore, la nobiltà di una persona.
  • Farese comme sorece nfuso a ll'uoglio.[557]
Farsi come topo bagnato dall'olio.
Essere tutto zuppo d'acqua, di pioggia.
  • Farenello o Farenella.[310]
Farenello è una persona dai modi fastidiosamente manierati, ricercati, leziosi, stucchevoli; bellimbusto, cascamorto con le donne. Detto in differente contesto può significare omosessuale.
  • Farne chiù 'e Catuccio.[558]
Farne più di Cartouche.
Farne di tutti i colori. Essere dissoluti. Lo si dice anche di bambini, ragazzi che combinano grosse marachelle.
  • Farse afferrà pe' pazzo.[559]
Farsi immobilizzare come un folle.
Dare in escandescenze. Essere in preda a un'ira incontenibile. Montare su tutte le furie.
Bell'e fatto.
Fetta di pastiera.
È 'na fell' 'e pastiera: è una persona che non ispira simpatia, di carattere chiuso, greve, cupo, malmostoso; una persona insomma pesante, indigesta.
  • Fernesce tutto a tarallucce e vino.[561]
Finisce tutto a tarallucci e vino.
Tutto finisce a tavola con un pranzo; cioè senza prender veramente le cose sul serio.
Sciocchezze, bagattelle da caffè.
Chiacchiere futili mentre si sorseggia un caffè al bar. E tuttavia, poiché a volte capita che le futili chiacchiere degenerino in accese polemiche, si usa dire, per stemperare la tensione: Fessarie 'e cafè!
Fa' palicco. "Fare stuzzicadenti" o, nelle varianti: restare a stuzzicadenti; divertirsi, spassarsela con lo stuzzicadenti: restare a bocca asciutta, digiunare; digiunare mentre altri mangiano.
  • Ffiglia 'e bbona crestiana.[566]
Figlia di buona cristiana.
(Al maschile: Figlio 'e buono crestiano) Furba, scaltra.
Figlio di fellatio. Figlio nato da una fellatio.
Scaltrissimo, superscaltrissimo.
Figlio di "'ntrocchia."
Sveglio, scaltro.
Figlio di pantegana (in senso lato: donna di assai facili costumi).
Persona scaltrissima, scaltrissima e spregiudicata.
Volesse il Cielo![572]
  • Fosse angiulo 'a vocca vosta.[573]
Fosse angelo (che è veritiero per essenza) la vostra bocca!
Che possa avverarsi quello che dici (dite), che mi auguri (augurate)
Letteralmente: "Fosse il Dio!"
Lo volesse Dio! Fosse questa la volontà di Dio! Magari, magari!
Friggendo mangiando.
Cibo da mangiare appena fritto, immediatamente, dalla padella al palato. Più in generale si dice di cose che vanno fatte con estrema rapidità, senza pause, senza intervalli, con assoluta continuità.
  • Frijere 'o pesce cu ll'acqua.[576]
Friggere il pesce con l'acqua.
Fare qualcosa senza disporre dei necessari mezzi, ingegnarsi a farla nel modo più economico, essere in estrema povertà.
Fresco di rete. (Pesce freschissimo, appena pescato.)
Fresco fresco.
All'improvviso.
Verso con cui si scaccia un gatto.
  • Fruttecielle o Fruttille 'e ll'uocchie.[580]
Piccoli frutti degli occhi
Le Pupille e, più precisamente, le iridi.
Fune fradicia.
Scansafatiche, accidioso.

G

Le gallinelle.
Le Pleiadi.
Complimenti, tenerezze, espressioni amorose, per lo più fatte di nascosto, segni fatti mimicamente indicanti amorosi rapporti. [585] Effusioni fra innamorati.
L'ardore libidinoso de' gatti, Caldo, Fregola.[587]
Gente di (in) mezzo (al)la strada. Gente della strada.
Persone che si procurano di che vivere al di fuori della sicurezza e dell'ordine legali. La spietata durezza, l'alea e il pericolo della vita in strada (miez' 'a via) rappresentano la dimensione abituale in cui operano, diventano lo spazio cui appartengono, finiscono per foggiare uno "stile" di vita: (in modo definito) delinquenti, (in modo più sfumato) persone che vivono ai margini della legalità − su una linea di confine molto incerta, fluida − di espedienti per lo più illeciti.
  • Gesù, Gesù, Giuseppe Sant'Anna e Maria![590][591]
Espressione di grande meraviglia, sorpresa, sconcerto.
  • Ggesù chìste só nnùmmere!
Gesù questi sono numeri!
Queste sono cose da pazzi (talmente fuori dalla norma che sarebbe il caso di giocare al lotto)![592]
Andare di fretta.
Avere fretta.
  • Giosuè Carducce accattava 'e cavalle e 'e vvenneva pe ciucce.[593]
Giosuè Carducci comprava i cavalli e li vendeva come asini.
Si dice di chi ha uno straordinario talento per gli affari in perdita.
"Giovedì bocconcino".
Giovedì grasso, giorno in cui ci si mangiano molti murzille sapurite, ghiottonerie, leccornie, manicaretti.
  • Giorgio se ne vò ì e 'o vescovo 'o vò mannà![595]
Giorgio vuole andarsene e il vescovo vuole licenziarlo.
Due persone che si trovano d'accordo sul proprio disaccordo, entrambe restano catturate in un circolo vizioso perché fanno qualcosa di propria iniziativa senza però farla di buon grado: Giorgio non si licenzia perché teme di offendere il vescovo che non lo licenzia perché teme a sua volta di offenderlo. Quindi: fare malvolentieri qualcosa che, per giunta, non era neppure stata richiesta.
Juke-box
Commessi di uffici pubblici che si risvegliano dal profondo letargo, si riscuotono dalla totale inerzia, si attivano solo se opportunamente incentivati da una mancia.
Parole eufoniche, onomatopee tratte dal mollemente ritardato parlare e conseguentemente agire dei dappoco.[598]Persona estremamente lenta nel parlare e nell'agire. "Tattamèa. Rigutini: «È una tattamèa che fa cascare il pan di mano a sentirlo e vederlo». E «Fiaccamidolle» lo dicono a Pistoia."[599]. Come avverbio: pian pianino, lemme lemme.
Scala a chiocciola o a lumaca.[602]
Scala a chiocciola, a lumaca.[604]
  • Grastulelle 'e piatte.[605]
Piccoli cocci di piatti usati ben torniti e arrotondati che, in mancanza di monete metalliche, erano impiegati ai ragazzi come poste di gioco, una sorta fiches senza corrispettivo in denaro[606].
Grazie, Orazio!
Grazie... "all'Orazio": si ringrazia, con estrema ironia, per un beneficio che sarebbe stato meglio non aver mai ricevuto, essendosi rivelato inatteso e tutt'altro che benefico; e – volendosi mantenere, nonostante tutto, cortesi – si evita di nominare una parte anatomica maschile, evocandola però, con l'impiego – in sostituzione – del nome proprio di persona, piuttosto assonante...
  • Guainella, guaine', brié, ahò![608]
Grido di incitamento degli scugnizzi che, nel lontano passato, si affrontavano in alcune zone di Napoli in una gara a squadre violenta scagliandosi sassi. La sassaiola terminava con la resa di una delle due squadre. Gli scugnizzi armati di pietre erano detti 'e guagliune d' guainella.[609][610]
  • ['Nu] guaio 'e notte.[611]
Un guaio di notte.
Un problema di estrema, quasi irrimediabile gravità, un guaio molto molto serio. Ed anche: Sì nu guaio 'e notte!. Tu sei un guaio di notte!: Mamma mia, sei una vera e propria sciagura, una calamità, tu sei di una molestia, una noia soffocante, mortale! Un flagello di Dio!

H

  • Ha da passa' 'a nuttata.[612]
La notte dovrà pur passare.
  • Ha fatto 'a fine d''o tracco: tanti bbòtte e po' dint'a' munnézza![613]
Ha fatto la fine del mortaretto: tanti scoppi o poi nella spazzatura.
Sic transit gloria mundi: Grande pompa, arroganza, prepotenza quando era al culmine del potere, fine indecorosa ed oblio quando l'astro è tramontato. Smargiassate di una tigre di cartapesta, vanterie e spacconate inconsistenti.
  • Ha fatto 'a primma féscena pampanosa.[614]oppure Ha fatto 'a primma féscena tutta chiaccune[615].[614]
Ha fatto (riempito) il primo cesto pampinoso (pieno di soli pampini). Ha fatto (riempito) il primo cesto tutto (di) pampini.
Ha iniziato immediatamente con un errore, ha fallito in partenza.
  • Ha fatto 'o pìreto 'o cardillo.[185]
Ha fatto il peto il cardellino.
Lo si dice di una persona che, sprovvista dei necessari requisiti, opera conseguendo risultati risibili.
  • Ha perzo l'aparatura e 'e centrelle.[616]
Ha perso l'addobbo e i chiodini.
Ha perzo l'aparatura e 'e centrelle (o Avimmo perduto 'aparaura e 'e centrelle: abbiamo perso l'addobbo e i chiodini): vento e pioggia hanno divelto e distrutto i drappi di stoffa pregiata con cui era stato ornato il portale della chiesa. In senso ampio: ha/abbiamo perso tutto.
  • Ha vuttato l'uosso 'o cane.[617]
Ha buttato l'osso al cane.
Se l'è cavata a buon mercato. Hê vuttato l'uosso 'o cane: te la sei cavata con poco, oppure: agli altri hai lasciato solo le briciole, il grosso te lo sei preso tu.
  • Haje fatto pasca co ste biole.[618]
Haje fatto Pasca cu 'sti viole. Hai festeggiato Pasqua con queste viole...
Senza disporre di adeguati mezzi economici non si realizza nulla.
  • Haje truvato 'a forma d' 'a scarpa toja.[619]
Hai trovato la forma della tua scarpa.
Hai trovato pane per i tuoi denti.
  • Hanno fatto aummo aummo, Aummaria.[620]
Hanno fatto tutto in gran segreto, di nascosto.
  • He 'a murì rusecato da 'e zzoccole[621] e 'o primmo muorzo te ll'à da dà mammèta.[622]
Devi morire roso dai ratti e il primo morso deve dartelo tua madre.
  • Hê mise 'e campanelle 'ncanna â jatta.[623]
Hai messo le campanelle in gola alla gatta.
Hai destato sospetti. Mettere 'e campanelle ncanna â jatta (o: 'a gatta): scoprire maldestramente, incautamente il proprio gioco, le proprie intenzioni, rivelare ciò che andava taciuto. Mettere sull'avviso il nemico. Destare sospetti.
  • He tirata 'a sciaveca?[624]
Hai tirato la sciabica?
Espressione rivolta agli scansafatiche che, per un minimo d'impegno sostenuto, si danno arie di stacanovisti, di memorabili, leggendari eroi del lavoro, di reduci da erculee, epiche imprese lavorative: Uanema! Mamma mia! E che cos'è quest'aria da morto stramazzato di fatica? Per un lavoretto da nulla sembri distrutto, stroncato, abolito, neppure se avessi sputato sangue e sudato sette camicie tirando la sciabica!
  • Hê truvato 'America.[625]
Hai tovato l'America.
Hai trovato una comoda fonte di ricchezza e prosperità. Fai la pacchia. Te la passi proprio bene bene. Hê menato' 'a rezza int' 'a l'oro. Hai gettato la rete nell'oro.

I

  • I' dico ca chiove, ma no che diluvia.[626]
Io dico che piove, ma non che diluvia.
Siamo sì in una situazione molto difficile, ma non irreparabile. Più in generale: non esageriamo!
  • I faccio portose e tu gaveglie.[627]
I' faccio pertose e tu gaveglie. Io faccio buchi e tu cavicchi (per otturare i buchi).
Io faccio e tu disfi, io creo e tu distruggi, io aggiusto e tu guasti; smettila di crearmi difficoltà, di mettermi i bastoni fra le ruote!
Andare in febbre.
o ghì 'nfreva. Essere presi, scossi da una collera, da una rabbia fortissima – così forte da somigliare ad una febbre – sentirsi rimescolare il sangue di fronte all'assoluta ingiustizia, all'insopportabile assurdità, all'esosità manifesta di determinate situazioni. Essere contrariatissimi, stizziti, non accettare, non sopportare assolutamente qualcosa. Sta cosa ccà me fa jí 'nfreva, questa cosa qui non la posso proprio sopportare, mi fa salire la rabbia alla testa.
Di nascosto, furtivamente, con un sotterfugio, sottobanco, alla chetichella, aggirando le regole. Es. "Aggio trasuto, l'aggio pigliato, l'aggio avuto, l'aggio fatto 'i stramacchio ('e stramacchio)." Sono entrato, l'ho preso, l'ho avuto, l'ho fatto, di nascosto, furtivamente, con un sotterfugio, aumma aumma.
Maledico l'anima dei tuoi defunti (dell'avversario o dell'interlocutore verso cui c'è forte risentimento o astio).
Espressione del gergo "più basso e difficile[631]" di cocchieri e facchini di Napoli. Il verbo murtiàre[630] – usato solo all'attivo indicativo – deriva dal sostantivo murtiàta[630] (l'azione di scagliare anatemi, maledizioni, espressioni blasfeme contro i defunti). L'uso di scagliare anatemi contro i defunti risale a tempi antichissimi ed è correlato al culto ancestrale di cui affiorano tratti mai del tutto scomparsi nelle popolazioni meridionali.[632]
  • Iette pe' se fa' 'a croce e se cecaje n'uocchio.[633]
Andò per farsi la croce e si accecò un occhio.
Una persona incredibilmente sfortunata, un progetto fallito dal principio.
  • Iì a fa' 'o battesimo senz' 'a criatura.[634]
Andare a fare (celebrare) il battesimo senza il bambino.
Imbarcarsi in un'impresa senza avere le idee chiare.
Ordine di arresto impartito al cavallo dal cocchiere o dal carrettiere.
  • Io me faccio 'a Croce c''a mano 'a smerza.[637]
Mi faccio il segno della croce al contrario (con la mano sinistra).
Io non ci posso credere.[638]
Nella parlesia:[28]Il pane.
  • 'Int'a 'na vutat' 'e mente.[639]
In una girata di mente. In un improvviso, repentino cambio di pensiero.
  • Io me chiammo 'nzalata | si nun si tu, è nata.[640]
Io mi chiamo insalata | se non sei tu, è un'altra (un'altra donna).
A cose dimenticate, quando ormai non ci pensi più, quando più credi di averla fatta franca, quando meno te lo aspetti.
  • Ire [Jì] o Riuscì a brenna (vrenna).[642]
Andare o riuscire, risultare in crusca.
Avere esito vano ed infelice, andare al nulla, essere perduto.[643]

J

Situazione, cosa, condotta poco seria, superficiale, confusa, inconcludente, che crea disordine. Un inconsistente, pretestuoso, inconcludente, ripetuto tergiversare, fare a tira e molla. Accampare artificiosamente, con grossolana astuzia pretesti su pretesti, ordire intrighi, servirsi di sotterfugi per sottrarsi ad un impegno, per ingannare, raggirare. Es. Chesta è 'na jacovella! Questa è una pagliacciata! Qui non c'è niente di serio! È tutta una presa in giro!
Andiamo a vedere.
Decidiamo, vediamo cosa dobbiamo fare.[646]
Molte sfumature di significato date dalla modulazione del tono della voce. Fra le possibili: Su, su!, Sbrighiamoci!, Che esagerazione!, Che bugia!, l'hai sparata proprio grossa!
Riempirsi la "ciotola".
Riempirsi lo stomaco, farsi una scorpacciata, rimpinzarsi, satollarsi ben bene.
Letteralmente: Andando vagliando.
Distingui distingui, discerni discerni, vaglia vaglia, ben esaminando, tutto ben considerando, a ben vedere il tutto, salta fuori che...
Non farti (fatevi) troppe illusioni.
In passato mangiare carne costituiva un lusso che ci si poteva concedere assai di rado.
  • Jí mparaviso pe scagno.[655]
Andare in Paradiso per errore.
Avere una fortuna assolutamente imprevedibile.
  • Jì truvann' a Cristo a dint' e lupini.[656]
Cercare Cristo nei lupini.
Essere eccessivamente pignolo; cercare pretesti, sottilizzare, cavillare, cercare il pelo nell'uovo.
  • Jì truvanne ciaranfe.[657]
(Andare trovando) Cercare pretesti per litigare.
Essere eccitati come i gatti. Andare in fregola.
  • Jire[659] spierto e demierto comm'u malo denaro. Oppure Jire spierto e demierto.[660]
Andare sperduto e disperso come il denaro guadagnato disonestamente. Oppure, semplicemente: andare sperduto e ramingo.
  • Jirsenne a gloria d'i cardune.[661]
Andarsene a gloria dei cardoni.
Morire. Andare a ingrassare i cavoli.[662]
Andarsene dondoloni dondoloni.
Andarsene in sollucchero, in visibilio, in broda di succiole o giuggiole.[665]
Giornata moscia.
Giornata in cui gli affari vanno a rilento, di scarsi guadagni.
Giusto giusto, preciso preciso.
Esattamente, precisamente, a puntino.

L

  • L'acqua è poca e 'a papera nun galleggia.[668]
Le cose vanno irrimediabilmente male. Mancano le condizioni per realizzare un progetto.
  • L'acqua nfraceta li bastimiente a mare.[669]
L'acqua infradicia le navi a mare.
L'acqua – con questo paradossale argomento il bevitore di vino la rifiuta – fa male, procurandosi così una giustificazione per abbandonarsi a bevute omeriche.
  • L'urdemo lampione 'e forerotta.[670] o [L'] Urdemo lampione 'e Fuorerotta.[85]
L'ultimo lampione di Fuorigrotta.
Ultimo dei lampioni a gas di Fuorigrotta e contrassegnato con il numero 6666: quattro volte scemo nella smorfia napoletana; è forse questo il motivo per cui passò in proverbio a significare: persona di scarso o nessun valore, senza importanza, che non conta pressoché nulla.[671]
  • La carne se venne a la chianca.[672]
La carne si vende in macelleria.
Non puoi sfruttarmi come uno schiavo. Sono un uomo, non carne che si vende a peso.
Lampi e tuoni.
Pasta e ceci.[674]
Lasco 'e vrachetta: "Largo", allentato, lasco di (nella) abbottonatura dei pantaloni, di patta.
Donnajuolo.[676]
  • Lassamme fà 'a Dio.[677]
Lasciamo fare a Dio. Affidiamoci a Lui, interamente, senza riserve.
  • Latte i furmicula. o talvolta Latte d'auciello.[678]
Latte di formica. o talvola Latte d'uccello.
Cibo squisito e di rarissima, quai impossibile reperibilità
Cheta cheta, pian piano, adagio adagio. Senza fasto, alla buona.[680]
Togliere l'umido
Levà' l'ummeto: Togliere i succhi, gli umori vitali: annoiare mortalmente.
  • Leva' 'a lanterna 'a 'nnanze a Carnevale.[682]
Togliere la lanterna davanti a Carnevale
Togliere a qualcuno il suo svago preferito.[683]
  • Levà' 'a purpètta 'a dint'a 'o piatto a uno.[433]
Togliere la polpetta dal piatto di qualcuno.
Derubare una persona di una cosa guadagnata con grande fatica.
Togli, to'! Via! Vai via!
Si dice per esprimere rifiuto, repulsione.
  • Levarse i rappe d'a panza.[685]
Togliersi le grinze dalla pancia.
Sfamarsi.[686]
Cavarsi il gusto.
Togliete dalla tavola il vetro: bicchieri, bottigli, caraffe!
Comando che gli osti impartivano prima della chiusura del locale. In senso lato: affrettatevi a concludere il lavoro perché il tempo per portarlo a termine sta per scadere.
Togli (le) mani.
Lascia perdere.
  • Li profunne de casa de lo Diavolo.[690]
'E profunne 'e casa d' 'o Diavulo. Le profondità di casa del Diavolo.
L'Inferno.
Leggero di mano. Di mano leggera.
Abile nel rubare. Arape ll' uocchie ca è lieggio 'e mano. Tieni gli occhi bene aperti perché è 'na mana leggia, mena 'o rancio, è ladro.
Cheto cheto, pian piano, adagio adagio. Senza fasto, alla buona.[680]
Lima sorda (che non fa rumore).
Chi offende di nascosto.
Lindo e ben lustro (dipinto).
Azzimato, curatissimo, estremamente elegante (con una lieve sfumatura di ironia: elegantissimo, curatissimo, ma anche un po' artificioso, stucchevole, innaturale).
Lisce di scorze.
Essere liscio 'e scorza: Stare con la coscienza pulita).
Un violento rimprovero.[697]
Liscio e vuoto.
Antico modo di dire napoletano: Stongo liscio e sbriscio (o liscesbriscio). Sono al verde, senza un soldo, in miseria.
L'anima di.
Una notevole quantità.
Il teatro delle marionette.
"Fa' ll'opera d'e pupe": scatenare un putiferio.[701]
  • Lloco te voglio zuoppo a sta sagliuta![702]
Qui ti voglio, zoppo, davanti a questa salita!
Hai tanto vantato, strombazzato e propalato le tue straordinarie capacità ed ora che viene il difficile, voglio vedere di che pasta sei fatto e sarà evidente quello che in realtà sei: nient'altro altro che un millantatore, un fanfarone buono solo a fare chiacchiere.
Il succo del tombagno.
Il vino

M

Mi hai ubriacato di pesche.
('Mbriacà' 'e percoche: Riempire di belle e vuote chiacchiere.) Mi hai infarcito la testa di belle e vacue parole, di vuote ciance.
  • Ma addò stammo? Â cantina 'e vascio puorto? 'O rutto, 'o pireto e 'o sango 'e chi t'è muorto?![706]
Ma dove siamo? Nella cantina giù al porto? In mezzo al rutto, al peto e alla bestemmia?!
Il panorama sonoro non è certo dei più gradevoli: gli avventori qui danno la stura, senza contenersi, senza freno né inibizione alcuna, alle manifestazioni più squallide delle umane miserie e alla più brutale volgarità. L'espressione è quindi riferita alle occasioni in cui si debba constatare – sbalorditi – di trovarsi fra persone e in ambienti volgari, da cui ogni urbanità è stata bandita per sempre. Ma in mezzo a quali zoticoni siamo mai capitati?!
  • Ma che vaco mettenno 'a fune 'a notte?[707]
Ma vado forse a mettere la fune (la) di notte?
Jì mettenno 'a fune 'a notte. Andare a mettere la fune di notte: antica tecnica di rapina eseguita tendendo, di notte, in strade buie, una fune fra due estremi della carreggiata perché pedoni e viaggiatori in carrozza, travolti dalla caduta, una volta a terra venissero derubati. L'espressione significa: ma credi che il denaro, anziché guadagnarlo col lavoro, vado a rubarlo di notte? Il prezzo che chiedi è ingiustificato, esorbitante.
Ma fai davvero?
Ma stai scherzando? Ma ti rendi conto (di quello che dici, fai)?
Maccherone.
Babbeo, sciocco, credulone.
  • Maccaròne, sàutame 'ncànna.[710]
Maccarone, saltami in gola.
Descrizione di un accidioso.
  • Maccarone senza pertuso.[711]
Maccherone senza buco.
Stupido. Buono a nulla.
  • Madama schifa 'o ppoco.[712]
Madama Schifa il poco.
Una signora o, in genere, una persona che dà a vedere di essere schifiltosa, che ha atteggiamenti snob.
  • Madama senza naso.[7]
La Morte.
  • Madonna mia fa' stà bbuono a Nnirone![713]
Madonna mia, fai star bene Nerone!
L'invocazione, rivolta in modo quasi scherzoso alla Madonna affinché conservi Nerone in buona salute può essere interpretata in diversi modi: come preferenza per l'uomo forte, energico, autoritario, in grado di dare soluzione ai problemi con tempestività e risolutezza; come preghiera di mantenerlo in salute, malgrado la sua durezza, nel timore di un successore ancora più duro, come invito a non assecondare precipitosamente la volontà di deporlo perché chi gli succede potrebbe rivelarsi peggiore.
  • Magnà' carauttiélle.[714]
Mangiare cibo immaginario.[715]
Digiunare per miseria.[716]
Mangia mangia.
La corruzione eretta a sistema. Es.: Addó vai vai è tutto 'nu mangia mangia, dovunque vai è tutto un mangia mangia: non c'è scampo, è la corruzione diffusa, endemica, inveterata, inestirpabile. Essere 'nu magna magna: essere un corrotto.
  • Magnàrse ‘a rézza d''o còre.[78]
Mangiarsi la rete del cuore (il pericardio).
Rodersi il fegato dalla rabbia.
  • Magnarse 'e maccarune.[718]
Mangiarsi i maccheroni.
Mangiare la foglia.[719] Capire l'antifona. Capire le altrui intenzioni nascoste. Afferrare, intuire ciò che si intende tenere celato.
Persona che vive dei proventi procuratigli da una donna che si prostituisce.
  • Magne pane e fantasia.[721]
(Visto che non hai altro) Mangia pane e fantasia
Magnà pane e fantasia. Mangiare pane e fantasia è la condizione di chi, costretto dalla povertà a sopportare i morsi della fame, mangia, quando è possibile, il pane e il companatico, che resta un puro miraggio, lo aggiunge con la fantasia che ne dispensa con abbondanza inesauribile, pari alla fame.
Mai per comando.
Per favore, per cortesia.
  • ['O] Male e' dindò.[723]
Un male immaginario.
  • Mamma d' 'a Saletta.[724]
Madonna della Salette!
Esclamazione che esprime meraviglia di fronte a situazioni spiacevoli, che sorprendono sgradevolmente o per esprimere un'ampia gamma di sentimenti: stupore, paura, meraviglia, insofferenza, impazienza o altri simili.
Madonna del Carmine!
Espressione di meraviglia, stupore: Incredibile!, Straordinario!
La Madonna di Montevergine.
"[...] detta così dai Napoletani per i suoi tratti bizantini. L'appellativo "schiavone", sinonimo di slavo, designava infatti le icone nere di provenienza greca o generalmente orientale.[728]"
Mamma di latte. Balia. Nutrice.
Uomo grosso, sgraziato e stupido.
La mangiatoia, la greppia.
Denaro di non limpida provenienza. ['A] Mangiatora vascia.[734]La mangiatoia collocata in basso, in posizione molto comoda per l'animale che in questo modo ha facile ed abbondante disponibilità di cibo. [Tene' 'a] Mangiatora vascia.[734](modo di dire usato in provincia di Napoli[735]) Avere la mangiatoia bassa significa avere comode, costanti e cospicue disponibilità economiche, ciò che consente, fra i non pochi agi e vantaggi, di non sapere neppure cosa sia la fame, di alimentarsi sempre bene e a sazietà. Senza nessuno sforzo, come in una confortevole mangiatoia.
  • Mannà' a accattà' o pepe.[736]
Mandare a comprare il pepe.
Allontanare con un pretesto un bambino, una persona molto giovane perché non ascolti o non si intrometta in discorsi fra adulti.
  • Mannà 'e Pellerine.[737]
Mandare ai Pellegrini.
Te manno 'e Pellerine. Ti mando ai Pellegrini: te ne suono talmente tante, ti concio in modo tale che dovrai ricoverarti all'Ospedale dei Pellegrini.
  • Mannà ô paese 'e Pulecenella.[655]
Mandare al paese di Pulcinella.
Mandare qualcuno all'inferno.
  • Mannaggia ‘a culonna.[738]
Mannaggia la colonna!
La Colonna della Vicaria collocata in passato nella Piazza dei Tribunali. Presso la Colonna il creditore insolvente dichiarava pubblicamente di voler cedere ai creditori i propri beni, facendo, secondo un'espressione popolare, zitabona. [739]
Mannaggia la Marina![742]
Con l'imprecazione si esprime solitamente il disappunto, la frustrazione, l'amarezza per una sconfitta imprevedibile o per il verificarsi di una circostanza avversa inattesa e non dipendente dalla propria volontà.
  • Mannaggia bubbà.[743] oppure: Mannaggia a Bubbà![744]
Mannaggia Bubbà![745]
  • Mannaggia 'o suricillo e pèzza 'nfosa![746]
Mannaggia il topolino e [la] pezza bagnata!
"Imprecazione che non dice nulla, ma che lascia sottintendere la taciuta causa che l'ha provocata.[747]"
  • Mantené 'a cannéla.[243]
Reggere la candela.
"Fare da spettatore alle effusioni amorose di due fidanzati e risale all'uso romano di accompagnare gli sposi reggendo fiaccole accese.[748]"
  • Mantiene 'o carro p' 'a scesa.[749]
Trattieni il carro lungo la discesa.
Non farti travolgere dalle difficoltà e non lasciare che le cose precipitino. Affronta le difficoltà con cautela e diplomazia.
oppure:
Metti un freno alle tue spese.
Straccio di petrolio.
Stracci particolari che si impiegavano per la pulizia dei lumi a petrolio. L'espressione era anche impiegata come insulto rivolto ad una donna.
  • Mappina posta mpertica.[751]
Strofinaccio posto a pennone.[752]
Donna da nulla, elevata a riputazione, Trecca[753]insignorita.[754]
Povero me, me infelice!
  • Mariantò, 'o terramoto! ...Mo ...Mo ... scenno.[757]
Mariantonia, il terremoto! ...Ora ...Ora ...scendo.
Canzonatura del tipo flemmatico e sempre assonnato che non si lascerebbe scuotere neppure da un terremoto.
Con mastrisso (e, al femminile Mastressa ci si riferiva in passato ironicamente al sapientone (alla sapientona), al (alla) saccente, a chi, senza esserne richiesto e averne i requisiti si atteggia a maestro, impartendo agli altri insegnamenti, criticandoli, correggendoli.
Mastro Giorgio.
L'infermiere del manicomio; il castigamatti; persona affaccendata; chi avoca a sé la direzione di un'impresa o di una riunione; un capo autoritario che riporti ordine.
Pesci di piccole dimensioni e di poco pregio.
Cose o persone di infimo valore; gentaglia.
Bomba!
Bum! Questa l'hai sparata grossa! Che balla!
O bolle 'e sapone. Bombe di sapone, le bolle di sapone)
Parasole di seta.
Prostituta (di non basso rango, che usava trattenersi, reggendo un variopinto parasole, agli angoli delle strade).[766]
  • 'Mbruoglie, aiutame.[767]
Imbroglio, aiutami!
È l'abito mentale, la divisa di chi fa ricorso a mezzi disonesti per vivere.
Strofinare una cosa sotto il naso ad (di) una persona.
Fargliela notare bene, porgliela in forte evidenza. Proporre qualcosa con insistenza, più e più volte./ Mettergliela spesso innanzi perché se ne invogli, Sbacchiargliela [770]nel muso.[771].
Mi dai una voce.
Mi saprai dire. Quanno te scite, me dai 'na voce. Quando ti svegli, quando aprirai gli occhi e ti renderai conto, mi saprai dire.
  • Me faje l'ammico e me mpriene la Vajassa.[773]
Ti comporti come un amico e mi metti incinta la serva.
Da te non me lo sarei mai aspettato.
  • Me pare 'a porta d''a vammana.[774]
Mi sembra la porta della levatrice.
Alla porta della levatrice, per evidentissime ragioni, si bussava frequentemente, a qualunque ora, di giorno e di notte. Lo si dice di un luogo in cui c'è molta "ammuina" (confusione), in cui regna incontrastato un andirivieni contiuno, confuso, disordinato, frenetico di persone. Lo può dire anche lo sventurato che si vede senza sosta chiamato, costretto ad assolvere a mille incombenze, senza avere un attimo di respiro.
  • Me pare Donna Marianna, 'a cape 'e Napule.[775]
Mi sembra Donna Marianna, la testa di Napoli.
Con questa espressione si mette in caricatura chi ha una testa grossa e informe.
Mi sembrano (pare) mille anni!
Non vedo l'ora.
  • Me pare 'nu Marcoffo int' 'a luna.[777]
Mi sembri/a un Marcolfo nella luna.
Hai/ha l'aria di un tonto.
  • Me pare 'o carro 'e Picchippò.[778]
Mi sembra il carro di Picchippò.
'O carro 'e Picchipò: un veicolo pieno zeppo, gremito fino all'inverosimile di persone chiassose.
  • Me pare 'o cucchiere 'e Bellumunno![779]
Mi sembri/sembra il cocchiere di Bellomunno![780]
Che persona, che abbigliamento, che aspetto triste, pesante, cupo, funereo!
  • Me pare 'o pastore d' 'a meraviglia.[781]
Mi sembra il pastore della meraviglia.
Mi sembri/sembra un allocco, con quella posa immobile e quell'aria stupita, intontita, come quella di un pastore del presepe che assiste incantato ed estatico ai segni prodigiosi che accompagnano la nascita del Salvatore.
  • Me pàreno mill'anne![234]
Mi sembrano mille anni!
Non vedo l'ora!
  • Me pozzo schiaffa' 'n'aglio arreto.[782]
Mi posso schiaffare un aglio dietro.
Non c'è più niente da fare, sono rimasto totalmente e definitivamente fregato.
  • Me staje abbuffanno 'a guallera.[783]
Mi stai gonfiando l'ernia, il sacco scrotale.
Abbuffà 'a guallera: annoiare a morte. Variazioni – al grado di fastidio estremo, mortale – sul tema: M'he fatto 'a guallara a pezzaiuola.[784] M'he fatto 'a guallara a matriciana.[784] Me staje scartavetranno 'a guallara.[784] Rispettivamente: Mi hai fatto l'ernia alla pizzaiola. Mi hai fatto l'ernia all'amatriciana. Mi stai levigando con la carta vetrata (e anche quella di grana grossa) l'ernia.
  • Me veco pigliato d' 'e Turche![785]
Mi vedo catturato (e tenuto a lungo prigioniero) dai (pirati) turchi!
Mi vedo in una situazione disperata, senza via d'uscita.
  • Meccia a masculo e femmena.[786]
Calettatura a maschio e femmina, detta pure a dente, a battente.
  • Meglio sulo, ca male accumpagnato.[787]
Meglio solo che mal accompagnato.
Meloni di acqua.
'O mellone 'e acqua è l'anguria. Ne veniva fatto grande consumo, specie da parte delle donne, il 14 giugno, che era giorno di digiuno per prescrizione ecclesiastica. I Mellune 'e pane.[788], meloni di pane, 'e capuaniélle[789], i capuanelli – serbevoli fino a Natale ed oltre – sono invece i meloni veri e propri.[790]
Su, dai, svelto, sbrigati; e muoviti!
Rivolgere una critica, muovere un rimprovero, ironizzare veicolando il messaggio attraverso un'affermazione allusiva in apparenza neutra, e tuttavia, per qualche parola in essa contenuta, messa spesso in risalto dal tono di voce, chiara quanto basta perché il destinatario ne comprenda il vero significato.[794]
Lanciare l'arpione, o il rampino, l'uncino.
Agire in modo ambiguo, subdolo, manovrando copertamente con dissimulata scaltrezza per procurarsi un utile disonesto, illecito. Rubacchiare. Rubare.
  • Menarse a mare cu tutt' 'e panne.[798]
Tuffarsi a mare con tutti i vestiti addosso.
Rovinarsi.
Sterco di sparviero.
Così così, senza particolari pregi o difetti.
  • Mettere ‘a capa ‘a fa bene.[800]
Mettere la testa a fare bene.
Applicarsi, impegnarsi finalmente in cose serie, costruttive.
  • Mèttere 'a faccia 'int'â chiàveca.[801]
Mettere la faccia nella fogna.
Avere di che doversi vergognare.
  • Mettere cennere ncopp' a na cosa.[802]
Mettere cenere su una cosa.
Impedire che qualcosa si sappia, si divulghi. Sopirla. Metterla a tacere. Insabbiarla.
Mettere 'e recchie p' 'e pertose: Mettere le orecchie attraverso i buchi.
Origliare dappertutto per scoprire segreti.
  • Mettere l'assisa a le ccetrole.[805]
Imporre la tassa sui cetrioli.
Antico modo di dire: Arrogarsi un diritto che non spetta.[806]
O anche 'mpuzature: Seminare zizzania, discordia. Fomentare le liti.
  • Mettere na pezza arza.[808]
Mettere un panno che scotta, che arde.
Aggravare intenzionalmente, per errore, agendo in modo maldestro una situazione già difficile.
  • Mettere 'o ppepe 'nculo 'a zoccola.[809]
Mettere il pepe nel deretano della pantegana.
Istigare.
Mettere prete 'e ponta.: mettere, frapporre pietre aguzze.
Sia nel senso reale di creare un ostacolo fisico, che nel senso figurato di creare ostacoli, impedimenti, sabotare, impedire la realizzazione di un progetto altrui.
  • Mettere uno ncopp'a nu puorco.[811]
Mettere una persona sopra un porco.
Parlarne molto male pubblicamente di qualcuno, metterlo alla gogna, additarlo al pubblico disprezzo.
Mettersi casa e bottega.
Dedicarsi ad un'opera interamente, meticolosamente, con ininterrotta assiduità.
  • Metterse na cosa int'i chiocche.[814]
Mettersi una cosa nelle tempie.
Mettersela o Ficcarsela in testa. Es. Miettetillo buono dint' 'e chiocche! Ficcatelo bene in testa!
Mettersi "in tredici".
Intromettersi.
Mettere mbaleria: prendere in giro. Preso in giro.
Mezza botta.
Una persona di scarso valore.
Meza signora e meza pettola. Una donna che non eccelle per comportamento educato.
Nel tressette, invito al compagno di gioco: metti (gioca) la migliore carta.
In senso ironico, al sopraggiungere di persona o persone non gradite o per rilevare che l'ambiente, il contesto non è dei più incoraggianti, gradevoli, auspicabili: Miett' 'a meglia, mie'!: Ora siamo proprio a posto! Il quadro è completo! Che magnifica scena! Che bellezza! Siamo cascati proprio bene!
  • Miettece nomme penna.[822]
Mettici nome penna.
Non parlarne più, perché una speranza è svanita leggiera come una piuma portata dal vento.[823]Non struggerti nella speranza che avvenga ciò che non accadrà mai. Non pensarci più.
Mezzo limone.
Miezo limone, con riferimento al colore argento e oro della sua statua, è l'ingiuria rivolta con molta confidenza dalle "parenti" a San Gennaro, per sollecitare il miracolo della liquefazione del suo sangue, se esso tarda a compiersi.
  • Mimì, Cocò e Carmene 'o pazzo stevano 'e casa into 'o stesso palazzo.[824]
Mimì, Cocò e Carmine il pazzo abitavano nello stesso palazzo.
Tre inseparabili e poco raccomandabili messeri.
Verso con cui si chiamano i gatti.
In mano a.
Al tempo di.
Mangia, ché del tuo mangi!
Si dice di chi crede di mangiare o, più in generale, di trarre un utile, un vantaggio economico a spese altrui senza avvedersi che a farne le spese è lui stesso.
Al tempo di Pappagone.
In tempi antichi.[830] / In tempi oramai trascorsi.
In mano all'arte, vale a dire: nelle mani di un artista.
Staje 'mmano all'arte. Sei nelle mani di un artista: non hai motivo di preoccuparti, considerati fortunato, sei in ottime mani, chi se ne occupa è una persona competentissima, un artista nel suo campo.
  • ‘Mmertecà' ll'uóglio.[832]
Rovesciare l'olio.
Venir meno al voto di castità.[833]
Mescolanza disordinata di cose, insieme di cose riunite senza criterio, confusione.
Bene. Es. Mme, avimmo fernuto. Jammocenne. Bene, abbiamo finito, andiamocene. E mmé.[836] Ebbene. "Storduto po addemanna, e mmè chi è stato?" [837] Stordito poi chiede, ebbene chi è stato?
  • Mmocc’ ’a porta.[838]
In bocca alla porta.
All'uscio, all'ingresso.
In bocca, leone!
Su, prendi, mangia!
"Imboccameneuno".
Ingenuo, sprovveduto, credulone; in altri termini: 'nu maccarone.
  • Mmuccà c' 'o cucchiariello.[841]
Imboccare con il cucchiaino.
Spiegare con minuziosa, estrema accuratezza.
Or ora, proprio ora; subito. Ma: mo, mo: piano, aspetta un attimo, un momento.
  • Mo mo me l'aggio lavata; 'a tengo riccia riccia comm' 'a 'na 'ncappucciata!...[843]
Proprio ora me la sono lavata; ce l'ho riccia riccia come un'insalata incappucciata!...
Adescamento piccante in chiave gastronomica di una... venditrice.
Ora ci vuole.
Giustamente, già, per l'appunto, proprio così.
Mo' pe' mo': Ora per ora. Adesso per adesso.
Ora ora, proprio ora, proprio adesso, proprio subito. Immediatamente.
  • Mò t'appoio a guallara ncapo.[784]
Ora ti appoggio l'ernia in testa!
Ora basta! Io ti sormonto, ti sovrasto con la mia ernia, ad essa ti infeudo, e con ciò ti riporto al rango che ti spetta, giacché sei una nullità e hai parlato troppo e a sproposito. Sta' zitto!
  • Monaco de sant'Agostino doje cape ncoppa a no coscino.[846]
Monaco di sant'Agostino due teste sopra un cuscino.
Si dice di un religioso la cui vocazione non sembra autentica.
Morte lenta.
Ippobosca (insetto ematofago)
Ma anche: persona fastidiosa, molesta, insistente, assillante. Uh Mamma d' 'a Saletta! Tu si' propio 'na mosca cavallina! Uh, Madonna della Salette! Sei proprio asfissiante!
Tutto, Tutti o Tutte insieme, senza distinzione.
  • Mpechèra o Ntapechèra.[850]
[Donna] intrigante, che imbroglia ed avviluppa.[851] Truffatrice, fattucchiera.
  • ‘Mpignarse ‘o càzzo e straccià’ ‘a cartella.[852]
Impegnare, dare in pegno il proprio pene e strappare la ricevuta.
Avere la certezza più assoluta, senza neppure l'ombra di un dubbio.
(in) Pelo (in) pelo.
Lentamente, sottilmente. Annà' [Jirsenne] mpilo mpilo.[854]: Intisichirsi. Consumarsi lentamente.
  • Mpacchiato 'e suonne[855]
Fortemente assonnato
  • 'Mprenà' 'e feneste.[460]
Ingravidare le finestre.'
Struggersi dal desiderio, desiderare ardentemente, appassionatamente a distanza.
  • Nprimmis et antemmonia.[856]
In primis et ante omnia.
Per prima cosa e innanzitutto.
Vestirsi con eccessivo sfarzo, agghindarsi vistosamente. Camuffare per occultare difetti e gabellare per buono, perfetto, autentico: imbrogliare.
Il prepotente, chi pretende di avere senza darsi neppure la briga di chiedere, chi vuole imporre la propria volontà in modo arrogante.
Quatto quatto.[859]
Sornione, ipocrita.[861]
Anfora di creta impiegata per attingere l'acqua alle fontane pubbliche e conservarla in casa, era usata dagli acquafrescai che vendevano l'acqua zuffrègna, l'acqua sulfurea che si manteneva fresca grazie alla creta.
Uomo dalla testa dura, ostinato, refrattario alle sollecitazioni esterne. Seno prosperoso[864].
  • Muorto 'o criaturo nu' simmo chiù cumpare.[181]
Morto il bambino (il figlioccio) (l'interesse che ci univa) non siamo più compari.
Si dice per esprimere il proprio rammarico quando si constata un improvviso mutare di atteggiamento o se una relazione - in passato buona - all'improvviso ed incomprensibilmente si raffredda.
  • ['O] muorzo d'a crianza.[865]
Il boccone della creanza.
L'ultimo boccone del piatto.
Rasente il muro. Ji' muro muro: andare rasente il muro.
Morire con i finimenti addosso.
Morire mentre si sta svolgendo il proprio lavoro, si sta compiendo il proprio dovere.
  • Muscio int' 'e mecce.[869]
Debole nelle giunture.
Debole, senza forze, a stento in piedi. Idea affine è richiamata dall'espressione: Scunocchio ncopp'ê mecce.[870] Mi piego sulle giunture, vacillo sulle ginocchia.
  • Muzzóne 'e fescena.[871]
Punta (mozzicone) di cesto.
Persona di bassa statura e tozza. Anche: Muzzone d'ommo. Mozzicone d'uomo: Omiciattolo.[872]

N

  • N'acciso e nu 'mpiso.[873]
Un ammazzato e un impiccato.
Una strage. "[...] nun te fà vedé, si no ccà succede n'acciso e nu 'mpiso."[...] non farti vedere, altrimenti qui succede una strage.[873]Fà n'acciso e 'nu mpiso: fare una strage.
  • N'aggie scaurate chiaveche, ma tu si' 'o nummere uno![874]
Ne ho lessate fogne, ma tu sei il numero uno!
Ne ho conosciuti e piegati tanti di mascalzoni, ma tu sei un farabutto come nessun altro!
  • N'anno fatto tacche e chiuove.[875]
Ne hanno fatto tacchi e chiodi.
Fà 'na cosa tacche e chiuove, ridurre una cosa tacchi e chiodi, usarla fino all'estremo logoramento.
  • N'ommo cu 'e mustacce.[876]
Un uomo con i baffi.
Un uomo di notevoli capacità e doti morali che incute, per questo, un grande rispetto.
  • 'N'uocchio cecato e l'aità toja!.[877]
Un occhio cieco e l'età tua.
Sarei disposto a perdere un occhio pur di avere la tua giovane età.
Una carta di tre.
Nel gioco del tressette è la carta che ha il valore più grande. Una persona importante, che conta. Nel gergo della malavita: guappo, uomo "di rispetto".
Una cloaca, una fogna.
Malissimo. Spregevole (detto con una connotazione espressiva da fortemente esplicita, dura, fino a brutale, offensiva). Esempi: Sto 'na chiavica: sto malissimo. Te sì cumpurtato 'na chiavica: ti sei comportato malissimo, sei gravemente in difetto. Stu cafè è 'na chiavica: questo caffè è assolutamente imbevibile. È 'na chiaveca: è (una persona, una cosa) spregevole; e se è proprio spregevole senza residui, senza eccezione, allo stato puro allora: (una persona, una cosa) è manc' 'a chiavica: (non) è neppure la cloaca, cioè neppure la cloaca è altrettanto spregevole. Te sì cumpurtato manc' 'a chiaveca!, ti sei comportato nel modo più spregevole, renditi conto che non hai alcuna giustificazione possibile, ti sei squalificato per sempre!
  • Na galletta 'e Castiellammare.[880]
Una galletta di Castellammare.[881]
Il fuoriclasse degli avari: spietato anche verso sé stesso, è del tutto inutile sperarne il sia pur minimo gesto di generosità.
Una (lenza) striscia di sole.
'Na lenz' 'e sole. o anche: 'Na lenzetella 'e sole: un raggio di sole.
Una mezza botta.
Mediocre, così così.
Una mezza parola.
Un'insinuazione. Un velato accenno. Un'allusione.
  • Na rétena 'e cavalle.[886]
Una redine di cavalli.
"Un gruppo di tre cavalli aggiogati contemporaneamente a un carro: 'o foremano, 'o sotto e 'o bilancino."[887]
  • Naso a piriquacchio.[888]
O: a piripacchio. Naso mal fatto. Naso a bocciuolo.[889]
Effeminato.[893] Non diversamente dal chiachiello e dal fareniello è un uomo tutto gradevoli apparenze, inconsistente e inconcludente nell'essenza. Siente, pozz'essere privo d' 'a libbertà, ca n' 'a fernisce e guardà a cchillo nacchennella te 'ntacco a 'mpigna!... (Senti, che io possa essere privo della libertà, (che) se non la finisci di guardare quell'effeminato, ti sfregio!...)[894]
Ci sta bene, si abbina bene.
  • 'Nc'è ròbba a piètto 'e cavàllo.[370]
C'è roba (fino) al petto del cavallo.
Detto di qualcosa molto ricco e sovrabbondante, come il torrente in piena che arriva sino al petto del cavallo che lo guada.
In testa, come alla serpe, e senza farsi largo.
"Usasi [...] al giuoco della trottola per imporre di tirare sulla trottola direttamente [...] , cioè senza discostare le cose in mezzo alle quali trovasi la trottola."
Calcare (con) la mano.
Aumentare, accentuare, insistere.
  • Ncasa 'e piere nterra, ca nu'scenne maje.[899]
Calca (bene) i piedi al suolo, perché (la bilancia) non scende mai.
Si dice al venditore quando il peso sembra scarso.
Calcare, pigiare (riempiendolo) il mortaretto.
Ncasà 'o masco: mangiare a crepapelle.
  • 'Nce capimmo a sische. [901]
Ci capiamo a fischi.
Ci capiamo al volo, a cenni, con uno sguardo. Nce capimmo a sische... Ci capiamo..., ci siamo capiti... (non c'è bisogno di dire altro..., non c'è bisogno di dire niente...).
  • Nce stanne chù ghiuorne ca ppurpette – devette Carnuale![902]
Ci sono più giorni che polpette – disse Carnevale!
Nella vita sono molti i giorni di magra e di privazione, ben pochi quelli di abbondanza.
Ci vuole un cuore.
Ci vuole del cuore, del coraggio, della bella faccia tosta.[904]
  • 'Nchiuvà 'nu chiuovo.[905]
Inchiodare un chiodo.
Contrarre un debito.[906]
Sul colpo.
Lì per lì, e si dice per lo più di pagamento.
  • Ncopp'a ccuotto, acqua volluta.[908]
Sopra al cotto (scottato[909]) acqua bollita.
Disgrazia sopra disgrazia.[910]
Chi per inclinazione ed abilità innate pratica abitualmente l'inciucio.
Pettegolezzo, parlottio, chiacchiericcio segreto, confabulazione, mormorazione; il macchinare, l'orchestrare, il concertare copertamente progetti malevoli. "Groviglio di equivoci, falsità, pettegolezzi, rivolto a creare inimicizie. Esiste, in dialetto, anche il sostantivo ''ngiucièro': colui che a fin di male, mette in opera uno o alcuni'ngiùci[914]."
Locuzione non traducibile, semplice gioco di suoni privo di significato: si usa per rispondere in modo evasivo a una domanda, per eluderla, per sottrarsi a una risposta che sarebbe imbarazzante; o anche per sottintendere qualcosa che chiarirà il senso del discorso. – E pecché?E pecché ndringhete ndra!Perché?E perché perché perché!... Così!...
  • Ne vuo' ca so cepolle.[916]
Ne vuoi che sono cipolle
Cipolle: botte, percosse. Quante ne vuò ca so cepolle: Se sono botte quelle che cerchi, qui ce ne sono quante ne vuoi, fino alle lacrime.
  • ['A] Nennella 'e ll'uocchie.[917]
La "bambina degli occhi."
La pupilla.
Neve di fiocco.
Veri e propri fiocchi di neve, raccolta, accumulata, sotterrata in sacchi nella stagione invernale e dissotterrata in quella estiva, per essere offerta in vendita, mista a vino cotto (bollito con zucchero) che veniva preparato in autunno e conservato in bottiglia. Il vino cotto veniva bevuto anche d'inverno al fioccare della prima neve.[919]
Adoperare un oggetto nuovo per la prima volta.
Il geranio notturno.
Pelucco.
Molto comunemente impiegato per indicare i pallini ('e nippule) che si formano su un tessuto di lana (tipici quelli che si formano su di un maglione vecchio) vecchio, consumato.
Salsicciotto o salame poco costoso confezionato con tritumi di budella insaporiti con sale, pepe ed anici. In senso lato: Scioccone, stupido. 'Nnoglia vestuta[924] Salsicciotto, salame vestito: persona lenta, torpida.
Nobili e non nobili.
Tutti, nessuno escluso. L'intero popolo.
Fiocchi e fettucce, nastri.
Cianfrusaglie, ammennicoli, cose futili, spese inutili.
  • Non me ntrico e non me mpaccio.[928]
Nun me 'ntrico e nun me 'mpaccio: Non mi intrometto e non resto coinvolto (mi intralcio, mi impiglio).
  • Nonna nonna o Nonna.[929]
Ninnananna. Ninna. Cu a nonna.[929] o (Cu a nonna nonna) Restituire i soldi con pieno comodo.[930] Pavà cu 'a nonnanonna. Pagare con la ninnananna, pagare a babbo morto.
  • 'Ntaccata 'e 'mpigna.[931]
Sfregio, nel gergo della malavita antica.
Donna intrigante, intramettente, pettegola, incline a tramare inganni, raggiri. Leva lè, mmecciata ntapechera.[933] Va' via, viziosa pettegola, intrigante!
(Letteralmente: immischiati di te!) Fatti i fatti tuoi!
A sproposito. Di punto in bianco.[936]
  • 'Nu chiappo 'e 'mpiso.[937]
Un cappio di impiccato.
Un pendaglio da forca.
O na malacarna: Un uomo crudele, spietato.
  • 'Nu mariuolo cu' ' a scala ' ncuollo.[939]
Un ladro con la scala sulle spalle.
Una persona di scarso senso etico, spudoratamente disonesta.
Un palmo ed una piccola quantità. Un po'.
  • Nu piezzo ‘e pane.[942]
Un pezzo di pane.
Una persona veramente buona, mite, pacifica.
  • 'Nu quadro 'e luntananza.[943]
Un quadro di lontananza.
Riferito ad una donna ancora molto seducente, molto bella, seppure di una bellezza un po' autunnale, un po' sfiorita, fanée. Tale quindi da essere apprezzata al meglio, come si fa con un quadro, se ammirata da lontano, dalla distanza che, tenendo celati agli occhi i segni, le scalfitture del tempo, permette di apprezzare la bellezza dell'intera figura.
  • 'Nu scoglio ca nun fa patelle.[944]
Uno scoglio che non produce patelle.[945]
Un uomo avarissimo.
Un soldo al misurino (di caldarroste) e quell'amico dorme sempre! (continua a non pagarmi).
Lo si dice a chi dimentica di onorare un impegno, di adempiere ad un obbligo.
Una persona o una cosa di estrema bruttezza. Un lavoro, un'opera riusciti malissimo.
  • Nu' te piglia' collera, ca 'o zuccaro va caro.[952]
''Non arrabbiarti, perché lo zucchero è a costa caro.
I dispiceri potrebbero facilitare o accrescere i disturbi cardiaci che anticamente venivano curati con lo zucchero, costoso. La collera non fa che aggiungere danno a danno senza nulla risolvere. Molto meglio quindi mantenersi in ogni circostanza il più possibile calmi, sereni.
Un uomo di statura assai piccola.
  • Nun bulere stare manco pe pollece int' 'a cammisa d'uno.[954]
Non volere stare nemmeno come pulce nella camicia di qualcuno.
Nun vule' sta' manco pe' pollece int' 'a cammisa d'uno. Non volersi trovar ne' suoi panni per tutto l'oro del mondo[955].
  • Nun ce so' ffose 'appennere.[956] o Nun ce stanno fose 'appennere.[694]
Non ci sono fusi da appendere (alle mie vesti).
Non c'è nulla da dire, da eccepire sulla mia condotta. Il mio comportamento è ineccepibile, impeccabile.
  • Nun ce vo' zingara p'anduvinà sta ventura.[957]
Non 'è bisogno della zingara (dell'indovina) per indovinare questa sorte.
È cosa che si capisce da sé molto facilmente.
Non dare ascolto, non ne vale proprio la pena.
  • Nun è doce 'e sale.[959]
Non è dolce di sale.
È tutt'altro che mite e accomodante. È un uomo duro, di approccio molto difficile.
  • Nun fa' asci' 'o ggrasso a for' 'o pignato.[960]
Non fare uscire il grasso fuori dalla pentola.[961]
Il denaro deve essere destinato alle necessità della famiglia, non va disperso per gli estranei.
  • Nun fa 'o farenella![566]
Non fare il pagliaccio, sii serio![962]
  • Nun haje visto 'o serpe, e chiamme San Paulo.[963]
Non hai visto il serpente e invochi San Paolo.
Ti spaventi anzitempo, senza un reale motivo.
  • Nun leggere 'o libro ' quaranta foglie.[964]
Non leggere il libro di quaranta pagine.
Non giocare a carte.[965]
  • Nun magna' pe' nun caca.[966]
Non mangiare per non andare di corpo.
Strenuo, ascetico, eroico esercizio di astinenza cui si sottopone l'avaro blindatissimo, inespugnabile, irredimibile: rinuncia perfino a nutrirsi pur di non dover poi rilasciare, concedere, dar via qualcosa di suo. A ragione, quindi, questo fuoriclasse viene bollato a fuoco con l'espressione: Nun magna pe' nun caca': Non mangia per non defecare.
  • Nun me mpicchio e nun me mpacchio.[967]
Non mi impiccio e non mi lascio implicare in faccende complicate.[968]
  • Nun sai tené tre cicere mmocca.[969]
Non sai tenere tre ceci in bocca.
Non sai tenere un segreto.
  • Nun sapé niénte 'e san Biàse.
Non sapere niente di San Biagio.
Fare lo gnorri.[470]
  • Nun sfruculià 'a mazzarella 'e San Giuseppe.[970]
Non "sfottere" il bastone di San Giuseppe.[971]
Non disturbare chi sta tranquillo per i fatti suoi.[972]
oppure
Non accaniti con qualcuno che è già indifeso e sul quale la sorte ha già infierito.[973]
  • Nun tene né cielo 'a vede' né terra 'a cammena'.[974]
Non ha né cielo da vedere né terra su cui cammminare.
È povero in canna.
Non ho testa.
Nun tene' capa: non avere testa. Non avere voglia, non avere intenzione. Mo nun tengo proprio (o: nisciuna) capa 'e sentì' niente, tengo 'e lappese a quadriglié ca m'abballano pe' capa: ora non ho assolutamente (o: nessuna) voglia, energia, intenzione di ascoltare nulla, sono tormentato da cento preoccupazioni che mi frullano nella testa.
  • Nun tengo manco l'uocchie pe'chiagnere.[976]
Non ho nemmeno gli occhi per piangere (mi hanno preso anche gli occhi).
Sono finito sulla paglia, sono nella più nera miseria.
Rimbambito, stordito, confuso.
Zuccone, Spilungone, Sciocco.[978]
Corruzione di: In omnia saecula saeculorum. All'altro mondo; per le lunghe.
Chiudere gli occhi.
Chiudere gli occhi per non vedere. Prendere sonno. Morire.
Chudere il libro.
Chiudere un argomento, mettere da parte, smetterla con le teorie.
  • Nzi a rumme e busse.[982]
Rumme e busse[982]: "ultimi due segni dell'alfabeto in modi di sigle". Nzì a rumme e busse: "sino alla fine, sino all'estremo."[983].
All'improvviso.
Il lamentarsi e piagnucolare continuo, a volte immotivato, dei bambini.
Nell'uso corrente: capriccio, sfizio, voglia che assale improvvisa ed irresistibile.
Dolcemente, Beatamente, Voluttuosamente.[985]
Inzolfare. Insufflare.
Istigare, aizzare.

O

  • 'O ball' 'e ll'urzo.[987]
Il ballo dell'orso.
Un ballo sgraziato, goffo.
Il Borgo San Loreto, o, Il Borgo, per antonomasia.
La possibilità, l'opportunità. Tené o dà a quaccheduno 'o canzo: Avere o dare a qualcuno la possibilità, l'opportunità. Damme 'o canzo! Dammi la possibilità, l'opportunità, dammi modo! (di fare qualcosa).
  • 'O cappotto 'e lignamme.[7]
Il cappotto di legno.
La bara.
  • 'O chiù bunariello tene 'a guallera e 'o scartiello.[991]
Chi è messo meglio di tutti ha l'ernia e la gobba.
Espressione riferita a situazioni nettamente sfavorevoli, molto avverse in cui ci si venga a trovare. Può anche significare: sono uno peggiore dell'altro.
Il chiacchierone.
Il giornale, nel gergo della malavita antica.
  • 'O ciuccio 'e fechella, trentatré chiaje e pure 'a cora fràceta![993]
L'asino di Fechella, tretntatre piaghe ed anche la coda fradicia!
Me pare 'o ciuccio 'e Fechella trentaré chiaje pure 'a cora fraceta!. Mi sembra / mi sembri l'asino di Fichella, trentatré piaghe ed anche la coda è fradicia!: riferito a chi è o si lamenti di essere continuamente in cattiva salute, colpito senza posa da malattie (e con questa motivazione più immaginaria che reale, eludere l'assolvimento dei propri compiti, facendo in modo che altri se ne debbano fare carico.
  • 'O Conte Mmerda 'a Puceriale.[994]
Il così sunnominato Conte di Poggioreale è chiunque si dia vanto e vada propalando di discendere da una nobile stirpe mai esistita.
  • 'O cuorpo 'e Napule.[995]
Il corpo di Napoli.
La statua del dio Nilo posta nel Largo Corpo di Napoli.
Il due allattante.
Espressione con cui veniva chiamato un piatto di pasta con cacio e pepe venduto al prezzo di due soldi.
  • 'O fatto d''e quatto surde.[997]
Il racconto dei quattro sordi.
Quattro sordi viaggiano nello stesso treno. Il primo chiede: Scusate, simmo arrivate a nNapule? (Scusate, siamo arrivati a Napoli?) Replica il secondo: Nonzignore, cca è nNapule! (Nossignore, qua è Napoli!) Interviene il terzo: I' me penzavo ca stevamo a nNapule (Io credevo che fossimo a Napoli) Il quarto conclude: Maje pe ccumanno, quanno stammo a nNapule, m'avvisate? (Mai per comando (per cortesia), quando saremo a Napoli, mi avvertite?) Si dice 'o fatto de quatto surde a commento di una situazione in cui la reciproca incomprensione, l'incomunicabilità sono totali. E chist'è 'o fatto de quatto surde (E questo è il racconto dei quattro sordi): qui non c'è assolutamente modo di capirsi.)
  • 'O figlio d' 'a Madonna.[998]
Il trovatello.[999]
Il fratello del pene!
: Una persona molto tarda a comprendere; che stenta molto a capire, se pure riesce a capire qualcosa. Me pare 'o frate d' 'o cazzo! Mi sembri il fratello del pene! Cioè: Tu non capisci niente, tu dormi della grossa, sei un minus habens; sei uno stupido! Esiste anche – mutatis mutandis – la variante femminile, col medesimo significato: Me pare 'a sora da fessa!, Mi sembri la sorella della vagina! Mi sembri la sorella della vagina.[1001]
La folgore, il fulmine, il lampo, il razzo pazzo.
Particolare fuoco d'artificio che, una volta acceso, saltellava in modo disordinato creando scompiglio ed il fuggi fuggi dei presenti. "Razzo, detto anche Topo. − Fruvolo pazzo, Razzo matto, Topo matto. − Essere nu fruvolo dicesi di fanciullo che non sta mai fermo, Essere un frugolo ed anche essere un fuoco lavorato."[1002]
  • 'O fungio d' 'a recchia.[1003]}}
Il fungo dell'orecchio.
Il padiglione auricolare.
  • 'O gallo 'ncoppa 'a munnezza.[1004]
Il gallo su un mucchio di (sulla) spazzatura.
Fa 'o gallo 'ncoppa 'a munnezza: fare il gallo, cantare a squarciagola un sonoro e sostenuto chicchirichì, troneggiando sulla spazzatura: lo fa chi "canta" a voce spiegata dall'alto di un mucchio di "spazzatura" – sola altezza e contesto che gli competano; ossia chi si gloria, tronfio – null'altro potendo – di infimi successi, ottenuti primeggiando su persone ancor più incapaci o deboli o in situazioni e contesti squallidi, miserevoli; più in generale chi si gloria senza averne alcun titolo.
Il guappo di cartone.
Una tigre di carta.
  • 'O maccaturo 'e culore.[438]
Il fazzoletto di colore
Una fazzoletto colorato di formato grande che si usava per avvolgervi di tutto: dai prodotti agricoli ai generi acquistati nei negozi o i piatti che contenevano il cibo dei braccianti. C'era anche chi lo usava come fazzoletto da tasca al posto del piccolo fazzoletto bianco.
Il maestro di festa.
Il Capo. Chi comanda.
  • 'O mbruoglio int'o lenzulo.[1007]
L'"imbroglio", cioè la trama, la storia nel lenzuolo.
Il cinematografo, detto così in passato[1008] perché il film era proiettato in piazza su un lenzuolo.
  • 'O miraculo 'e Suor Agnese: era monaca e pure pisciava![1009]
Il miracolo di Suor Agnese: era monaca e pure mingeva!
E allora? Cosa ci sarebbe poi di così straordinario? È la cosa più normale del mondo!
  • 'O munaciello.[1]
Sorta di folletto benefico dotato di ampi poteri magici, protettore della casa che lo ha accolto con i dovuti riguardi. Nel caso opposto, presa in antipatia la famiglia irriguardosa, manifesta una seconda natura malefica e si vendica creando ogni specie di guai.
L'imbratta carte.
In senso spregiativo: impiegato addetto al trattamento ed alla creazione di scartoffie.
Il tipo che "insiste", lo spavaldo, il prepotente.
  • ‘O palazzo è auto e ‘a signora è sorda.[1011]
Il palazzo è alto e la signora è sorda.
Riferito a chi non sente o fa finta di non sentire
  • 'O pastore d' 'a meraviglia.[781]
Il pastore della meraviglia.
Figura del presepe effigiata con un'espressione di estatico stupore di fronte ai prodigi che accompagnano la nascita di Gesù.
  • 'O pate d''e criature.[314]
Il padre dei bambini.
Il pene.
Una grande quantità. Ad esempio: 'O pato-pato 'e ll'acqua: una pioggia diluviale.
Il prende e porta.
Persona sulla cui discrezione non si può fare affidamento, perché riferisce (porta) tutto quello che ascolta (prende).
  • 'O pirito cchiù gruosso d'o culo.[1014]
Il peto più grande del sedere.
Un'azione, un'iniziativa, un progetto non commisurati alle proprie capacità, oltre le proprie possibilità, fuori portata e destinati quindi a fallire. Il passo più lungo della gamba. Nun fa' 'o pirito cchiù gruosso d' 'o culo: non fare il peto più grande del sedere, non perseguire obiettivi irraggiungibili, non fare il passo più lungo della gamba.
  • 'O priore 'e San Martino.[1015]
Il priore di San Martino.
Un marito tradito dalla propria moglie.[1016]
Il maiale nel mucchio di mele.
Una persona che se la passa benissimo, che è in un ventre di vacca.
  • 'O purpo se coce cu ll'acqua soia.[1018]
Il polipo si cuoce nella sua stessa acqua.
Dicesi di persona testarda, che finisce per rovinarsi da solo.
  • 'O puparuolo schiafféia 'o putecaro.[1019]
Il peperone prende a schiaffi il bottegaio.
Un subalterno rimprovera il proprio superiore. Un beneficato arreca danno al benefattore.
  • 'O quàrto spàrte.
Il quarto spariglia.
Dopo tre figli dello stesso sesso, il quarto è dell'altro sesso.[35]
  • 'O riàvole ‘e Mergellina.[1020]
Il diavolo di Mergellina.
Una donna di rara, incredibile bellezza.[1021]Si bella e ‘nfame comme 'o riàvule ‘e Mergellina.[1022] Sei bella e malvagia come il diavolo di Mergellina.[1023]
Il resto di niente.
Niente di niente. Assolutamente niente.
Il becchino.
Lo scemo di Miano.
Si dice di una persona completamente stupida, stupida da ricovero (Miano era sede dell'ospedale psichiatrico del Frullone).
Il senza piedi.
Il sonno.
  • 'O Signore sta 'n cielo![1027]
Il Signore sta in cielo!
Si risponde, così, talvolta, con understatement fra il serio e lo scherzoso, non senza una punta d'ironia – ma a volte anche per un autentico sentimento di rispetto verso Dio – se si pensa che qualcuno si sia rivolto a noi con troppa enfasi con l'appellativo di Signore.
È "a tiritèppete" uno strummolo difettoso.
  • 'O tale e quale.[7]
Il tale e quale.
Lo specchio.
  • O Totaro int'a chitarra.[1029]
Il totano nella chitarra
L'unirsi di un uomo e una donna.
  • 'O tram a muro.[7]
Il tram a muro.
L'ascensore.
Il tre Garibaldi.
Piatto di vermicelli conditi con pomodoro e pecorino che si acquistava dal «maccaronaro» al costo di tre soldi coniati con l'effigie di Garibaldi.
  • 'O triato 'e donna Peppa.[1031]
Il teatro di donna Peppa.
Donna Peppa era Giuseppina Errico[1032], moglie di Salvatore Petito e madre di Antonio Petito, entrambi celebri interpreti di Pulcinella. Nel teatro da lei gestito il pubblico – composto in massima parte di "lazzaroni" – assisteva agli spettacoli partecipando molto, troppo appassionatamente, interferendo dalla platea nell'azione rappresentata con la più illimitata e chiassosa esuberanza di voci, schiamazzi, incitamenti, commenti, gesti scomposti e abbandonandosi ad altre simili intemperanze. La locuzione è riferita a luoghi o situazioni in cui dominino incontrastati confusione, disordine, scompiglio, sfrenatezza e ridicolo.
Il toc-toc.
La tachicardia.
  • ‘O vvàco a piglià Âgnàno.[1034]
Lo vado a prendere ad Agnano
Ma dove mai potrei riuscire a trovare, ottenere, procurarmi questa cosa?
  • 'O vellùto è deventàto ràso.[1035]
Il velluto è diventato raso.
Detto di chi ha la sifilide, per la perdita di capelli e barba.
Il Signor nessuno, ovvero una perfetta nullità.
Ogna 'e janara: unghia di strega.
Sempervivum tectorum.
  • Ogne ‘e ‘mpiso ‘e sotto ‘e bastimiente.[191]
Unghie di impiccati sotto le navi.
Cirripede biancastro che si attacca sotto le navi del colore latteo dell ’"unghia d’impiccato".[1038]
Ragazzo mio.[1041]
oppure
Ehi, tu (rivolgendosi ad un uomo).
Uomo di fibbia (fermaglio, borchia).
Ommo 'e ciappa, uomo di vaglia, di senno, di distinzione.[1042]
  • 'Ommo 'e sfaccìmma o Ommo pusetìvo.[1043]
Letteralmente: Uomo di sperma o Uomo positivo
Uomo positivo è da intendersi in senso antifrastico, le due locuzioni significano: uomo da nulla.
Don Titta e il cane
Due persone inseparabili.
  • Onna Pereta fore o balcone.[1045]
Donna[1046] Peto sul balcone (fuori al balcone).
Locuzione che descrive una donna sciatta, volgare, sguaita, sfacciata che per di più non fa mistero alcuno delle sue poco invidiabili doti, ostentandole anzi apertamente.
Telefono, nel gergo della malavita antica.

P

  • P' 'a fraveca 'e ll'appetito.[36]
Per la fabbrica dell'appetito.
Per procurarsi di che vivere. Per il cibo.
Spicchi, pezzi di frutta.
Susine o albicocche spaccate e fatte essiccare d'estate al sole, venivano conservate per la stagione invernale.
Il giovane avvocato. In senso dispregiativo: l'avvocatucolo.
Il paglietta. L'avvocato.
Palazzo a due uscite.
  • ['E] palummelle nnante all'uocchie.[1050]
Le "farfalline" davanti agli occhi.
Vedere 'e palummelle nnante all'uochie: percepire nel campo visivo punti luminosi a scintillio intermittente. In medicina è uno dei sintomi dello scotoma.
  • Panza 'a sotto e pertusillo a 'ncoppa.[1051]
Pancia da sotto e forellino sopra.
Posizione, insieme a tené 'a panza a 'o sole (tenere la pancia al sole), paragonata da Artieri ad una sorta di antico yoga napoletano cui si ricorreva per sopportare i morsi della fame.[1052]
Stupido.
Essere fantastico con cui in passato si metteva paura ai bambini.
Pari e pace
Siamo a posto, siamo pari. Più nulla da dare o da avere.
Giustificazione, scusa, argomentazione contorta, artificiosa. Ragionamento tortuoso, molto complicato, arzigogolato, ragionamento contorto e sconclusionato. Es.: Me ne staje cuntanno tutte paraustielli. Mi stai raccontando, spacciando solo un mare di false, abborracciate, arruffate, inconsistenti chiacchiere. Ma a chi 'i vuo' cuntà 'sti paraustielli? Ma a chi le vuoi raccontare tutte queste chiacchiere, queste fole?; oppure: cerimoniosità eccessiva, stucchevole.
  • Pare' 'a gatta d' 'a sié Mari': 'nu poco chiagne e 'nu poco rire quanno sta moscia rire, e quann'è cuntenta chiagne![1057]
Sembrare il gatto della signora Maria: un po' piange e un po' ride, quando è giù di morale ride e quando è contenta piange!
Tale sembra una persona che risponda con reazioni emotive incoerenti, paradossali ad eventi che per loro natura dovrebbero suscitare stati d'animo diametralmente opposti. Sono possibili anche formulazioni più brevi, come ad esempio: A gatta 'e zia Maria 'nu poco chiagne e 'nu poco rire.[1058] Il gatto di zia Maria, un po' piange e un po' ride. oppure: A gatta 'e zia Maria, primma chiagne e doppo rire.[1058] Il gatto di zia Maria, prima piange e dopo ride, entrambe riferite a persona volubile o di umore mutevole.[1059]
  • Paré 'a sporta d' 'o tarallaro.[1060]
Sembrare il cesto del venditore di taralli.
Essere sballottati senza misura, senza riguardo, di qua e di là per soddisfare le necessità altrui, come un cesto di venditore ambulante di taralli. Me pare 'a sporta d' 'o tarallaro. Mi sembra di essere il cesto di un venditore di taralli: un po' di grazia, grazie!
  • Pare ca s' 'o zùcano 'e scarrafune.[7]
Sembra che se lo succhino (di notte) gli scarafaggi.
È deperito, debilitato.
Sembra una bambola.
È bellissima.
Dire a chi vanta origini nobili che è Parente a Chiochiaro[1063], cioè ad una persona rozza e stupida, ad un tanghero, equivale a confermargli in modo derisorio che è con certezza assoluta persona di alto lignaggio, di antichi illustri e nobili natali.
Parlare a spiovere.
Parlare dicendo cose insensate, sconnesse, tanto per parlare; parlare a vanvera.
  • Parla comme t'ha fatto mammeta![1066]
Parla come ti ha fatto tua mamma!
Parla semplice, schietto, con naturalezza.
  • Parlà' cu 'a purpètta 'mmócca.[1067]
Parlare con la polpetta in bocca.
Parlar bleso.
Parlare trattenendosi – per paura, calcolo, superficialità – dal dire tutto, parlare in modo reticente, passando sotto silenzio cose importanti.
Parlare in figura.
Parlare non esplicitamente, ma in modo figurato, allusivo, metaforico, cauto.
  • Parla quanno piscia 'a gallina.[1070]
Parla quando orina la gallina[1071].
Ordine di tacere impartito perentoriamente a persona presuntuosa, arrogante, saccente.
Parlare sciò-sciommo.
Parlare con accento straniero, con grande raffinatezza.
Pasqua delle Rose. Pentecoste. Era consuetudine lavarsi il viso e le mani, appena desti, in una bacinella in cui si versavano acqua e petali di rose.[1074]
Pasquale Passaguai.
Individuo scalognato.[1076]
Passa la vacca magra.
C'è miseria. Deformazione dell'espressione passat vacuus, passa vuoto, pronunciata dal doganiere con riferimento al carro agricolo che attraversava la dogana senza pagare gabella perché vuoto. La moderna glottologia ha tuttavia confutato questa ipotesi etimologica, riconducendo l'espressione alle vacche magre della Bibbia.[1079]
  • Passà chello d' 'e cane.[1080]
Passare quello dei cani.
Sopportare sofferenze, guai incredibili, inenarrabili.
  • Passasse l'angelo e dicesse ammenne.[1081]
Passasse l'angelo e dicesse amen.
Si pronuncia questa formula quando ci si augura che un desiderio si realizzi.
Pioggia improvvisa, copiosa, a forti rovesci, diluviale.
Soffrire di unghia incarnita.
Essere inclini alla libidine.
Pavà' 'e pperacotte: Pagare le pere cotte.
Pagare, scontare il fio, sopportare le dure conseguenze. Fà pavà le ppera cotte.[1085]Fà pavà 'e pperacotte Far subire le conseguenze, far pagare il fio, farla pagare. Te faccio pavà' 'e pperacotte! Te la farò pagare duramente!
  • Pe' ghionta ‘e ruotolo.[1086]
In aggiunta al rotolo.
E per di più, come se già non bastasse, per rincarare la dose: al danno, già grave, viene inflitta, per superare la misura, un altro danno, una beffa ancora più grave, insopportabile. ('A ghionta 'e ruotolo era una piccola quantità di merce eccedente il peso acquistato, di cui qualche commerciante faceva dono ai clienti che versavano in precarie condizioni economiche).
Per una mangiata di fave.
Per un prezzo, ad un costo irrisorio o per un guadagno irrisorio. Faje lo rucco rucco pe na magnata de fave,[1088](Faje 'o rucco rucco pe na magnata 'e fave) Fai il ruffiano per nulla: ti impegoli nelle cose altrui senza ricavarci nulla.
Per ventinove e trenta
Pe' vintinove e trenta: Per un pelo.
La pepitola è na malattia che ttene la gallina sott'a lengua pe bia de la quale fa sempe co co cò, co co cò.[1091]: La pipita è la malattia che ha la gallina sotto la lingua per via della quale fa sempre co co cò, co co cò.
Quindi tené 'a pepitola, avere la pipita significa chiacchierare incessantemente, essere eccessivamente loquaci, ciarlieri.
Pesca gialla verace.[1093] Di colore chiaro venate di rosso, sono più grosse delle spaccarelle.[1094]
  • Perdere Filippo e 'o panaro.[1095]
Perdere Filippo e il paniere.
Perdere tutto in una volta sola.
Perdere i panconcelli (travi di sostegno del solaio).
Perdere 'e chiancarelle: Perdere la testa, andar fuori di testa, dare di balta al cervello, smarrire il senno[1097], farneticare.
Piede di broccolo
Persona sciocca, stupida.
Peto senza scoppio, senza fragore.
Una bas-bleu: una donna saccente con pretese, con velleità intellettuali.
Nella parlesia:[28]il mandolino.
Perzeche spaccarelle: pesche spiccaci, deliziosissime, non grandi, di un bianco lattescente, si spaccavano in due con la sola pressione delle dita, la polpa si presentava ricoperta da una patina di colore rosso vivo. Pesche misciorde: Varietà di pesche dette misciorde dal soprannome di un'antica famiglia residente nel territorio del Monte Somma. In passato molto diffuse nell'area orientale del monte Somma, avevano fama fra gli estimatori di essere le più saporite pesche del mondo; il loro gusto incomparabile era dovuto – dicevano – alle peculiare natura del suolo vulcanico vesuviano.[1100]
  • Pescetiello 'e cannuccia.[310]
Pesciolino di cannuccia.
Un credulone ingenuo che abbocca facilmente.[1101]
Di peso. Es. Piglià' a uno pesole pesole: prendere una persona di peso (e buttarla fuori).
"Sté, compatisceme nchillo momento non so chiù io: si sapisse che vò dì sarvà la vita a n'ommo, che sfizio te siente quando lo cacci dall'acque, quando pesole pesole lo miette ncoppa all'arena, quanno tastanno siente che le sbatte 'o core, quanno l'anniette, e vide che te spaparanza tanto d'uocchie, e te dice, lo cielo te pozza rennere 'nzò chaje fatto pe me!"[1104] (Stella, capiscimi, in quel momento non sono più io: se tu sapessi cosa vuol dire salvare la vita ad un uomo, che soddisfazione provi quando lo tiri fuori dalle acque, quando, di peso, lo adagi sulla spiaggia, quando, tastandolo senti che gli batte il cuore, quando lo pulisci e vedi che ti spalanca tanto d'occhi e ti dice, il cielo possa tenderti tutto ciò che hai fatto per me.)
Una brigata di ragazzini, scugnizzi; una comitiva di perdigiorno.
Prezzemolo (in) ogni minestra.
L'onnipresente , l'intrigante, l'invadente, il pettegolo.
Straccio da pitale.
Il precursore, l'antenato della carta igienica.
La / Una pizzicata.
La / Una presa di tabacco da fiuto.
Piatto goloso. Piatto ghiotto composto di più cibi appetitosi.
Alla lettera: Prendere (prendersi) la scimmia.
Arrabbiarsi.
  • Piglià calimma.[42]
Prendere tepore. Riprendere tepore. Iniziare a riscaldarsi.
  • [...] piglià 'e sputazze | pé muneta d'argiento.[1108]
Prendere gli sputi | per moneta d'argento.
Opporre indifferenza agli insulti, sopportare con distacco e con ciò trionfare delle avversità, nella totale accettazione della vita cosi com'è.[1109]
  • Piglià lino a ppettenà.[205]
Prendere lino da pettinare.
Mettersi in una situazione complicata, mettersi intenzionalmente in altrui situazioni complicate, intricate e restarne coinvolti.
  • Piglià n'asso pe fiura.[1110]
Scambiare un asso per una figura
Prendere una svista.
Prendere una quaglia.
Calpestare, inciampare in una deiezione.
  • Piglià no ranciofellone.[1112]
Piglià nu ranciofellone: Prendere un granchio.
Buscarsi una malattia lunga, grave.
  • Piglià 'o cazz' p' 'a lanterna d' 'o muolo.[973]
Scambiare il pene per il faro del molo.
Prendere un abbaglio, una svista incredibile.
  • Piglia' 'o cazzo pe 'a banca 'e l'acqua.[1115]
Prendere (scambiare) il pene per il banchetto del venditore di acqua fresca.
Pendere una madornale svista. Ricorrente nell'esclamazione: Hê pigliato 'o cazzo p' 'a banca 'e ll'acqua!: Ma tu non hai capito proprio niente, ti sei completamente sbagliato, hai preso una svista, un abbaglio totale, colossale!
  • Pigliarse 'o dito cu tutt"a mano.[1116]
Prendersi il dito e (con) tutta la mano.
Prendersi, abusando dell'altrui generosità o fiducia, più di quanto sia stato concesso.
Piglia e porta
Pettegolo, indiscreto.
Peto inzuccherato.
Un peto resta un peto anche se inzuccherato. Un pallone gonfiato, per quante arie possa darsi, per quanta boriosa spocchia possa avere, resta sempre un pallone gonfiato; la sua fondamentale insignificanza è lì, uguale a sé stessa, immutabile, immutata.
Peto ritirato.
Ex bon vivant, ex gaudente, ex epicureo ritiratosi dalla scena del gran mondo, dalla vita brillante, dalla grande vita, ove un tempo era protagonista; confinatosi ora in una ordinaria, sobria, dimessa quotidianità.
  • Pìreto dint' 'a vraca.[185]
Peto nella braca.
Uomo scialbo, inconsistente, insignificante.
Il pestello che si adopera per pestare nel mortaio ('o murtale).
Ed anche, in passato: "un bambino troppo strettamente legato nelle face ed azzimato"[1118].
  • Piscia acqua santa p''o velliculo.[1119]
Orina acqua santa dall'ombelico.
Piscia' acqua santa p' 'o velliculo: orinare 1) Acqua santa; non solo, ma, travolgendo per giunta le leggi di natura 2) Dall'ombelico. Miracolo nel miracolo grottesco ed inverosimile: l'espressione è impiegata per bollare con sarcasmo chi gode di una fama di santità completamente usurpata.
Parlare fittamente ed in segreto.
Dipingere col fiato.
Pingere con squisita morbidezza e diligenza.[1122]
Dipingere il sole.
Fare qualcosa di straordinario.
Pittore, vai a pittare!
Limitati a fare quello che sai fare, non pronunciarti, non intervenire, non interferire in cose di cui non sei esperto!
Sutor, ne ultra crepidam!
Il pizzica, becca a terra.
Nella parlesia:[28] il pollo. / Pollo ruspante.[1126]
Noto amalgama adoperato in luogo dell'argento, Pacfong [anche Packfong]; vocabolo cinese, che significa «rame bianco», e invece del quale molti preferiscono dire Argentone.[1128]
Un poveraccio.[1130]
Port'Alba, presso Piazza Dante. A ridosso della porta c'era in passato un grande albero di carrube.[1134]
Povero Madonna.
Chi è perseguitato dalle altrui angherie.
  • ['O] Presebbio ca se fricceca. [1136]
Letteramente: Il presepe che si agita.
Il presepio semovente, con statuine animate.
Pietra o Scheggia di fucile
Pietra focaia. Nel lontano passato il fuoco per la cottura dei cibi era acceso servendosi di uno strumento d'acciaio chiamato fucile con cui si percuoteva la scarda per farne scaturire scintille che, a contatto con l'esca, generavano la fiamma.[1138]
Pietra infernale: nitrato d'argento.
Prima di ora.
Subito! Immediatamente! Es. Vavattenne primm'e mo! Vattene immediatamente! Sparisci all'istante! (letteralmente: ancor prima di quest'istante!)
  • Prommette certo e vene meno sicuro.[1141]
Promette certo e viene meno sicuro.
Fa promesse da marinaio.
Letteralmente: innesto, marza d'oro.
Detto di donna., Giovanetta bella, amabile e virtuosa.[1143]
  • Pulicenella 'a coppa Sant'Elmo piglia 'o purpo a mmare.[1144]
Pulcinella dalla cima di Sant'Elmo prende il polipo a mare.
Trovarsi in condizioni che rendono un obiettivo assolutamente impossibile da conseguire.
Difficilmente il polipo finirà nel piatto di questo Pulcinella onirico-surrealista che lancia la sua lenza da una collina che si affaccia sul mare da un'altezza di oltre duecento metri.
  • Pullicenella spaventato da 'e maruzze.[1145]
Pulcinella spaventato dalle "corna" delle chiocciole.
Portami tua sorella!
Ordine, impartito a chi fa non velate insinuazioni, solleva infamanti dubbi sulla virilità dell'interlocutore o osa addirittura dichiararla inesistente, di condurre in proprio cospetto la sorella, nella certezza assoluta che sarà lei stessa, previa diretta esperienza, a riferire dettagliatamente, testimoniare inequivocabilmente, dissipare definitivamente ogni dubbio, tutelare a spada tratta l'onore dell'offeso, facendosi personalmente e a ragion veduta mallevadrice di quanto sia grande, enorme l'abilità amatoria di chi è stato così turpemente accusato.
  • Puozze aunnà comm' aonna 'o mare![1147]
Che tu possa abbondare come abbonda il mare!
Possa la fortuna sorriderti sempre, che tu possa avere ogni più grande felicità, ti auguro ogni bene, tutto il bene possibile!
  • Puozze ave' 'n'aglio arreto.[782]
Che tu possa avere un aglio dietro!
Che tutto possa andarti male!
  • Puozze murì c'u fieto d'i cravune.[1148]
Che tu possa crepare con il "fetore" (in realtà il monossido di carbonio, gas velenoso, asfissiante, è del tutto inodore ed insapore, e ciò lo rende estremamente insidioso) dei carboni (asfissiato dalle esalazioni d''a vrasera: del braciere a carboni).
  • Pure 'e pullece teneno 'a tosse.[1149]
Pure le pulci hanno la tosse.
Anche chi non vale nulla si permette di sentenziare.
Portare la bandiera.
Eccellere.

Q

Quanno buono buono.[1151]

Tutto sommato, alla fin fine, in fin dei conti. Quanno buono buono cchiù nera d' 'a mezanotte nun po' venì.[1152] In fin dei conti più nera della mezzanotte non può venire (capitare); cioè alla fin fine peggio di così non può andare, (tanto vale mettersi l'anima in pace). Oppure: Quanno buono buono, s' 'o chiagneno lloro, a nuje che ce ne 'mporta?. Ma alla fin fine, stando pur così le cose, se la sbroglieranno loro, a noi che ce ne importa?
  • Quanno chioveno passe e ficusecche.[1153]
Quando piovono uva passa e fichi secchi.
Mai e poi mai.
  • Quanno nun site scarpare, pecché rumpite 'o cacchio a 'e semmenzelle?[1154]
Visto che non siete calzolaio, perché rompete le scatole ai chiodini?
Se non sai fare una cosa, se non sei esperto, fatti da parte e non creare problemi.
Quanto è vero che la Madonna esiste.
Così è vero quello che dico, e giuro; ne invoco a testimone e garante la Madonna. Mi si deve credere.
La conchiglia.
La Fontana della Conchiglia collocata sul lato destro della Chiesa di Santa Maria di Portosalvo.
(Cum) quibus, con i quali.
Soldi. Sinonimi: Aruta, Felùsse, Frìsole , Manteca, Argiamma.[1158]

R

  • Rafanié, fatte accattà' 'a chi nun te sape.[1159]
Ravanello (stupido), fatti comprare da chi non ti conosce.
Provaci con chi ancora non ti conosce, con me affari non ne fai più.
La rastrelliera (quella della cucina in cui venivano allineati i piatti a sgocciolare, per gli abiti, per la stalla, collocata sul muro sopra la mangiatoia ed in cui venivano messi fieno o altri mangimi.)
In senso lato: la dentiera o la dentatura.
  • Requie e schiatta in pace.[1161]
Corruzione del latino: Requiescat in pace, Riposi in pace (formula di preghiera per i defunti).
Il ricco Epulone.
Antica espressione: ricotta piccante.[271]
Il grillo.
Rompere le uova in mano (a qualcuno).
Fargli fallire un progetto, renderglielo irrealizzabile, troncarglielo. T'aggio rotte l'ova mmano.[287] Ti ho troncato i passi.[542]
Rompere l'incantesimo, il litigio.
Smascherare l'imbroglio, riappacificarsi.[1166]Disperdere il malocchio. Non più procrastinare, trovando infine in se stessi la determinazione per rompere ogni indugio, ogni dilazione per affrontare con energica risolutezza una situazione che ristagna sospesa da tempo.
  • Rummané a' prevetina o comme a don Paulino.[1167]
Restare alla "prevetina" come don Paolino.[1168]
Don Paolino era un sacerdote di Nola divenuto proverbiale per la sua estrema povertà, così grande da non consentirgli l'acquisto di ceri per celebrare le sue funzioni. In sostituzione dei ceri Don Paolino adoperava carboni incandescenti. Restare alla "prevetina[1169]" significa quindi essere privi di mezzi, indigenti.
Il mezzano.
Rotto per rotto.
Oramai..., accada quel che accada.[1172]

S

  • S'accatta lo male comm'a li miedici.[1173]
Compra il male come i medici.
Va in cerca del male, come fanno i medici.
  • S'è araputa 'a prufummaria 'e Bertelle.[1174]
Si è aperta la profumeria di Bertelli!
Bersaglio del commento ironico è tutt'altro che una rinomata profumeria d'epoca. A spandere a tutto scialo, a lasciare nell'aria una scia non certo gradevole è una persona dalle abitudini igieniche estremamente elastiche se non pressoché inesistenti.
  • S'è aunita 'a funa corta e 'o strummolo a tiriteppete.[37]
oppure
Si sono uniti lo strummolo che gira vacillando e la cordicella (per imprimere la rotazione) corta.
Una combinazione inestricabile e irreparabile di cose che non funzionano.[1178][1179]
oppure
  • S'è unito 'o strùmmolo a tiritèppete e 'a funicella corta.[1180]
Si è unito un cattivo artefice (strùmmolo a tiritèppete era una trottola difettosa) a un peggior pagatore[1181].
  • S'è 'mbrugliata a matassa.[689]
Si è ingarbugliata la matassa.
La situazione si è fortemente complicata, si è fatta intricata, si è in serie difficoltà.
  • S'è scumbinata 'a grammatica.[1182]
Si è disordinata, stravolta la grammatica.
Tutto è in disordine, nulla va come dovrebbe. Non ci si raccapezza più, il corso ordinario e logico delle cose è sovvertito, stravolto.
Salutami tua sorella.
L'espressione può essere impiegata, senza voler offendere, per troncare con rude cordialità un argomento; oppure — in maniera non riguardosa — per insinuare che con la sorella dell'interlocutore si è in estrema, intima confidenza e che se ne sono già apprezzate le qualità molto a fondo...
  • Salute a'' fibbie – recette don Fabbie![1184]
Saluti alla fibbia – disse don Fabio!
Me ne infischio, me ne impipo completamente, non me ne frega un bel niente!
  • San Biàso, 'o sóle p'e ccàse.[1185]
San Biagio (il 3 febbraio), il sole per le case.
  • San Genna', mettece 'a mana toja![1186]
San Gennaro, mettici la mano tua!
  • San Genna', pienzace tu![1187]
San Gennaro, pensaci tu!
  • San Giuseppe nce ha passata a chianozza.[1188]
San Giuseppe ci ha passato la pialla.
Si dice di una donna dal seno molto piccolo.
Dubito che duri! Mi sa tanto che non dura! Purché duri...
Sanghe 'e na maruzza! Sangh' 'e na maruzza!: Sangue di una lumaca! (imprecazione).
Per intero. Se l'ha ammuccato sano sano. Se l'è bevuta tutta. Ci ha creduto, ci è cascato completamente.
  • Sànta Lucìa mìa, accà te véco!
Santa Lucia mia, qui ti vedo!
Quello che cerchi e non trovi è proprio sotto i tuoi occhi![470]
Santo guappone!
San Gennaro. Appellativo confidenziale con cui le "parenti"[532] invocano San Gennaro.
  • Santu Luca ce s'è spassato.[1192]
San Luca [1193] ci si è divertito (nel dipingerla).
È una donna bellissima.
San Mangione
Il santo protettore dei corrotti.
Uomo goffo, rozzo, corpulento, maldestro, di scarsa intelligenza, furbastro, credulone.
  • ['E] Scacamarrune o ['E] Nghiacche.[1196]
Scarabocchi (al singolare: 'o scacamarrone, 'o 'nghiacco). Le macchie d'inchiostro che potevano restare sulla carta quando erano in uso penne che venivano intinte nell'inchiostro contenuto nel calamaio. Le macchie venivano asciugate versando un po' d'arena sottile ('o arenarulo) sulla carta; in seguito fu impiegata 'a carta zucosa o carta zuca, la carta sugante.[1197]
Lo "scapricciatello".
Giovane che si è messo su una brutta china, incline a commettere azioni deplorevoli.
Scheggia, scaglia di water.
Persona assolutamente spregevole.
Scheggia di pitale.
Persona assolutamente spregevole.
Scheggia nell'occhio.
Il delatore, nel gergo della malavita antica.
  • ['O] Scarfalietto 'e Giesucristo.[1202]
Lo scaldino di Gesù Cristo.
È noto che furono un bue e un asinello a tenere al caldo Gesù Bambino nella mangiatoia. Ben altrimenti duro e canzonatorio, tuttavia, il senso della locuzione: definire, apostrofare qualcuno con questa espressione, significa dirgli che è, al tempo stesso, un asino e un bue, e cioè dargli, in un'unica soluzione, dell'ignorante e del cornuto. Non senza un'implicita, ma palese ed inequivocabile allusione alle non certo specchiate virtù della di lui consorte.
Riscaldasedie.
Ozioso. Sfaccendato. Perdigiorno. Fannullone. Impiegato che resta in ozio.
Riscaldatore di fistola.
Persona fastidiosa, noiosa, molesta, assillante; sgradevole come il terapista che curava le piaghe purulente applicando ad esse una fonte di calore.
Donna gobba
Pistola, nel gergo della malavita antica.
Gobba con la punta (appuntita).
Gobba reale.
Gobba duplice.
Scaldachiodi.
E che lavoro è mai quello di scaldare i chiodi? Persona sfaccendata, sfaticato.
  • Scavamento 'e Pumpei.[219]
Scavo di Pompei.
Scavamiento 'e Pumpei: Vecchiume; vecchio ciarpame, chincaglieria obsoleta; luogo, ambiente disastrato, in rovina.
Bimbetto, marmocchio, fanciullo esile, minuto. Piccolo pesce.
Corruzione del francese: je m'en fous (me ne infischio). Ottusa arroganza, vanità, spocchia, boria.
Letteralmente: scendere, diminuire, sugna sugna.
Scennere 'nzogna 'nzogna. Detto di persona: deperire (diminuire di consistenza e volume, come la sugna quando viene lentamente sciolta al calore).
Albeggiare, farsi giorno.
Schiattare in corpo.
Arrovellarsi, rodersi dalla rabbia. [1212]
Il becchino.
(Corruzione del latino) Requiescat in pace. Riposi in pace.
Sciacquare una mola.
Affrontare un impegno difficile.[1216] Affrontare una spesa onerosa.
  • Sciacquàrse 'a vócca primm' 'e parlà.[1217]
Sciacquarsi la bocca prima di parlare.
Sorvegliare molto attentamente il proprio modo di esprimersi, considerando il valore della persona a cui ci si sta rivolgendo o di cui si sta parlando. Es: Primm' 'e parlà 'e me, sciacquate 'a vocca! Prima di parlare di me, sciacquati la bocca; bada bene a come parli!
  • Sciacque Rose, e bbive, Agnese; ca nge sta chi fa li sspese![828]
Sciacqua, Rosa, e bevi, Agnese; che c'è chi ne fa le spese!
Si dice per indicare
Persona gioviale. Gaudente e scialacquatore.
Donna corpulenta e simpatica.
  • Scinne 'a coppa 'o scannetiello![1220]
Scendi dal panchetto, dallo sgabello!
Scendi dal piedistallo. Smettila di darti arie di superiorità. Abbassa la cresta. Ridimensionati.
Scendimi di dosso.
Non starmi così col fiato sul collo! Non opprimermi! Basta, lasciami in pace, lasciami respirare!
Via via civette! (formula apotropaica.)
  • Sciore de rosa,
    Avimmo fatto sciacque e bive Agnese , E p'avè che? N'Italia pedocchiosa.
    [1223]
Fiore di rosa,
abbiamo fatto sciacqua e bevi Agnese (abbiamo tutto prodigato, tutto sperperato), e per avere che? Un'Italia pidocchiosa!
Vezzeggiativo di socia: donna amata, donna con cui ci si confida.
Soffia che vola (vola via, sparisce).
Persona o cosa inconsistente, vana, effimera. È 'nu scioscia ca vola. È un uomo inconsistente.
Un uomo semplice, ingenuo, facile da ingannare, credulone.
Strappa e fuggi.
Antico sistema di fitto stagionale, da febbraio a luglio, dei suoli adatti alla coltivazione della canapa tessile in uso un tempo nell'area della Campania nota come «Pantano».
Scippà 'e stentine 'a cuorpo. Strappare i visceri dal corpo.
L'effetto esiziale prodotto nello sventurato ascoltatore da chi suona o canta male.
  • Sciù! p' 'a faccia toia.[1230]
Sciù![1231] per la faccia tua.
Col nome raddoppiato di questo dolce si chiama con tenerezza la propria fidanzata.
Gli orecchini.
Superficialmente, senza impegno.[1235]
Seduttore irresistibile dalle numerose e facili conquiste.
La scuola da farsa.
La scuola in cui regna la più perfetta armonia tra insegnanti incapaci e allievi svogliati, nella quale regnano chiasso e caos e prospera la più totale ignoranza. Più in generale qualsiasi situazione in cui regnino incontrastati il caos, l'inettitudine, la negligenza, l'indisciplina, il disinteresse.
Bucce d'arancia.
Monete d'oro, nel gergo dell'antica camorra.
Schiumare di sangue.
Battersi fino al sangue.[1240]
Scoprire, mettere a nudo, la tigna.
Scoprire, mettere a nudo i difetti, le malefatte di qualcuno.
Annottare, farsi notte.
  • Se n'adda accattà tutte mmericine![1244]
Li deve spendere tutti in medicine! (Se ne deve comprare tutte medicine)
Lo si augura a chi si è impossessato di denaro o di un qualsiasi bene raggirandoci.
  • Se ricorda 'o chiuppo a Forcella.[239]
Risale ai tempi del pioppo a Forcella.
Persona o cosa che risale a tempi antichissimi.
  • Se sò mbrugliate 'e llengue.[1245]
Si sono imbrogliate, ingarbugliate le lingue.
Si è creato un malinteso.
Sono andate in frantumi le piccole brocche.
Se so' rotte 'e giarretelle: Si è rotta l'amicizia, il legame affettuoso, l'armonia, l'intesa che teneva uniti.
Fagiolini e zucchini tagliati a rondelle o in altro modo, conservati per l'inverno mediante essiccazione al sole estivo. Si mangiavano nelle serate invernali fritti in olio, sale ed un pizzico di peperoncino.[375]
L'"inseguisorci", il'"perseguitatopi"
Il gatto. Ma anche: infido, falso, sleale, disonesto, inaffidabile, traditore. Fa' 'o secutasorece: "fare il gatto": comportarsi con doppiezza, in modo ipocrita, sleale, scorretto, disonesto.
In senso ironico: Ma certo! Sicuro! Hai voglia! Come no!
  • Sentìrse ‘n'àtu ttànto.[1249]
Sentirsi un altrettanto (come raddoppiato).
Sentire in sé stessi un riafflusso di energia, di vigore. Sentirsi come rinascere. Es. Mo ca m'aggio levato 'sto penziero, me sento n'atu ttanto: Ora che non ho più questo assillo, mi sento rinascere.
"Chiudibottega".
Percossa poderosa al punto da stroncare nel malcapitato ogni volontà di reazione.
  • ['O] Serviziale e ['o] pignatiello.[1251]
Il clistere e il pentolino (con l'acqua tiepida).
Due persone inseparabili, indispensabili l'una all'altra.
Sperma.
Usato in numerose espressioni con registro espressivo volgare: Ommo oppure Gente 'e sfaccimma (Uomo gente da quattro soldi, da nulla); in imprecazioni: E che sfaccimma![1253] (E che "diamine"!, che "c....avolo"!); in domande rivolte in tono duro, tagliente, volutamente aggressivo, brutale: Che sfaccimma vai truvanno?[1254](Che "c....avolo" vuoi?)[1255], Ma addò sfaccimma staje? (Ma dove "c....avolo" stai?), Ma che sfaccimma stai facenno? (Ma cosa "c....avolo" stai facendo?) ed in altre espressioni particolarmente ingiuriose[1256])
Due possibili significati: 1) con connostazione positiva: sveglio, scaltro, smaliziatissimo, determinato, intraprendente, molto in gamba. Ad esempio: Chillo è propio 'nu sfaccimmo! (Quello lì è un tipo proprio in gamba, un furbo di sette cotte, uno che la sa proprio lunga lunga, non lo frega nessuno.) 2) negativa: persona senza scrupoli, disonesto, gran mascalzone, farabutto. Usato anche in espressioni come: Fa 'nu sfaccimmo 'e friddo. (Fa un freddo terribile) e simili.
Squattrinato.
Prender gusto a fare o dire qualcosa; divertirsi con qualcuno.[1260]
  • Sfruculià ’o pasticciotto[1261]
Scheggiare tutt'intorno all'orlo il dolcetto.
Il "dolcetto", fuor di metafora, il membro. Dare fastidio. Nun sfruculià 'o pasticciotto: Non dare fastidio, non rompere...
  • Sì cchiù fetente e 'na recchia 'e cunfessore.[1262]
Sei più fetente di un orecchio del confessore.
Fai più azioni malvagie di quante ne possa ascoltare un confessore. Espressione riferita ad una persona completamente priva di scrupoli e di senso morale.
  • Si' ghiuto a Roma e nun haje visto 'o Papa.[1263]
Sei andato a Roma e non hai visto il Papa.
Ma come? Hai fatto tanta strada per raggiungere un luogo così lontano e non hai fatto la cosa più importante che dovevi fare?
Sì 'na bbella ciaciona: Sei veramente tanto bella, così flessuosa, opulenta, procace.
Complimento, certo un po' piccante, ma non privo di una tinta d'affetto, che si rivolge a una donna con cui si sia in grande, intima confidenza e delle cui manifeste, incontestabili doti si è con ogni evidenza, e pour cause, entusiasti. Tu sì pproprio 'na bbella caciona.[1265] Come dire: È veramente impossibile resisterti, cosa potrei mai desiderare di più?
Sei sudicio, lurido, repellente, rivoltante, ma lo sei anche e soprattutto come persona, sul piano morale.
Sei un tesoro (il babà è un tipico dolce napoletano).
Se sei sordo vai a farti sturare le orecchie a San Pasquale![1270] Si sì surdo o si faje 'o surdo. Sei sei sordo o se fai il sordo. Non far finta di non capire!
  • Si vene 'a morte manco 'o trova.[1271]
Nemmeno se viene la morte lo trova.
Si dice di chi è sempre introvabile, irreperibile.
  • Sicarrètte cu ‘o sfizio.[1272]
Sigarette con lo sfizio.
Sigarette di contrabbando esposte nel seno o nelle calze della venditrice e prelevate, in modalità self-service, dal cliente stesso.
Secchio di nafta!
L'espressione sicchi' 'e nafta, secchio di nafta, designa una persona del tutto priva di garbo, finezza, tatto. Una persona dai modi sgraziati, volgari, di illimitata rozzezza. Sine urbanitate, davvero senza urbanità.
  • Sie nu pesce pigliato c' 'a botta![1273]
Sei un pesce preso con lo scoppio!
Sei un pesce pescato di frodo, con l'esplosivo, che risale a galla stordito, rovinato e con la lisca in frantumi; dire questo di qualcuno equivale a qualificarlo come rammollito, senza carattere, uomo senza spina dorsale.
  • Signò, fferma ccà – recette 'a capa 'e morte ruciulianne p''a muntagne abbasce![1274]
Signore, ferma qui, disse il teschio, rotolando giù per la montagna.[1275]
Si dice quando si viene colpiti da una disgrazia.
  • Signò', nu' peggio! decette 'a capa 'e morte.[623]
Non peggio di così, Signore, disse il teschio.
Si dice quando si viene colpiti da una disgrazia.
  • Signò', nun pegge – recette 'a capa 'e morte! (E tu si 'a capa 'i morte e vuò nun pegge? – E mme ne putèvene fa ffurmelle)![1274]
Signore, non peggio – disse il teschio! (E tu sei un teschio e vuoi non peggio? – chiede la tradizione popolare. Ed il teschio aggiunge: E potevano far di me anche dei bottoni di osso)![1276]
Si dice quando si viene colpiti da una disgrazia.
Siamo del bottone.
Apparteniamo alla stessa combriccola.[195]
Emanciparsi. Si dice del bambino che comincia muovere da solo i primi passi.
  • So' asciute 'e statue 'e San Gennaro.[1279]
Sono uscite le statue di San Gennaro.
È incredibile: sono uscite di casa per passeggiare persone che non si vedono quasi mai.
  • So' cicere si se coceno.[1280]
Sono ceci se si cuociono (se la cottura li rende edibili).
Aspettiamo che tutto si concluda bene prima di affermare con certezza che il buon esito è assicurato.
  • So' comme 'e cuppine nun aizano brore 'e maruzze.[1281]
Sono come i mestoli che non sollevano brodo di lumache.
'E cuppine ca n'aizano broro 'e maruzze: gli avari.
  • So' gghiuto comm''o lavaturo.[265]
Sono "andato" come il lavatoio (che viene sturato).
Se ne lamenta chi è costretto a sperimentare uno dei possibili effetti spiacevoli di un'alimentazione disordinata: la sciolta.
Sole "in perno".
Il sole nel più splendente sfolgorio.
  • Sona, ca piglie quaglie.[1284]
Suona, che prendi quaglie.
Le quaglie non si lasciano attirare dai richiami del cacciatore: parla come vuoi, non ti ascolto, non cado nella trappola, non mi lascio invischiare dalle tue chiacchere. Non ci casca nessuno, sprechi fiato, parli al vento.
  • ['O] Sorece nfuso a ll'uoglio.[557]
Il topo bagnato nell'olio.
Una persona impomatata.
Sotto la botta.
Immediatamente.
Condivide con Dio un attributo: l'onniscienza. Persuaso di dominare infallibilmente tutti i campi del sapere, investitosi della missione di largire a tutti i costi la sua sapienza, la esegue con zelo infaticabile, implacabile, trasformandosi in un autentico flagello: inutile opporglisi, nulla lo farà mai desistere dall'intervenire d'autorità nelle altrui conversazioni, dal prodigare con illimitata generosità consigli non richiesti né graditi.
  • Sparà a brenna (vrenna).[1286]
Sparare a crusca.
Avere esito vano ed infelice, andare al nulla, essere perduto.[1287]
  • Spàrterse 'a cammìsa 'e Cristo.
Spartirsi la camicia di Cristo.
Dividersi qualcosa guadagnata disonestamente.[470]
Dividersi il sonno.
Fare vita comune.
Spago incerato.
Pigliarse 'o spavo 'ncerato: farsi carico di un compito, di un'azione complicata, lunga e fastidosa.
Desiderare avidamente come un cane.
Struggersi dal desiderio senza poterlo appagare.
"Spiare, domandare una cosa. T'aggia spià 'na cosa (Ti devo chiedere una cosa).
Sturapipa. Scovolino per pipa.
Persona molto magra e longilinea.
"Spogliaimpiccati".
Uomo totalmente privo di scrupoli, avido, disonesto, ladro senza limite. Fino al punto di non esitare a spogliare anche gli impiccati, derubandoli dei loro abiti per rivenderli.
  • Spuglià a ssan Giacchìno pe' vvestì a ssant'Antuóno.
Spogliare san Gioacchino per vestire sant'Antonio.
Danneggiare qualcuno per favorire altri.[470]
Pipistrello, nottola.
Di chi ronzi attorno per sapere i fatti degli altri, Bracone, Fiutone.[1297] Fare lo sportiglione.[1298] (Fà 'o spurtiglione, fare il pipistrello): Ronzare spiando.[1299]
Spostare con la bocca.
Deviare dal corretto ed educato parlare. Parlare in modo offensivo, parlare in modo volgare e / o offensivo. Offendere. Nun spustà c''a vocca:[1300] non offendere, stai attento a come parli, bada a come parli.
Sedere a gambe larghe, stare stravaccato.
Anche Squagliasole o Pesce bannera (Pesce bandiera): Trachipterus Taenia (Trachittero Tenia)
  • Stà a dduie dint''o stesso gallenaro.[1073]
Stare in due nello stesso pollaio.
Aver concorrenti in una impresa.[1303]
Stare alleluia!
Essere completamente ubriachi, con grande gioia e allegria, come se si dispiegasse un canto di esultanza a Dio.
È ben imbevuto, intriso.
'E denare, di soldi. Stà buono mpurpato 'e denare E ben "imbevuto", "intriso" di soldi: è pieno di soldi, ricchissimo, sesterziatissimo.
  • Stà c' 'o còre int' ô zzùccaro.[1306]
Stare col cuore nello zucchero.
Essere al colmo della felicità, essere al settimo cielo.
Stare come una Pasqua.
Godere di ottima, florida salute.
  • Stà' comm'a 'o diavulo e l'acqua santa.[460]
Stare come il diavolo e l'acqua santa.
Non potersi assolutamente soffrire. Essere in forte ed insanabile contrasto.
  • Sta' 'mbrugliato comm'a nu sarto ch'ha pigliat' 'e mesure a nu scartellato e nun sape chiù canòscere 'o quart' 'e nanze e chill' 'e reto.[1308]
Essere confuso come un sarto che ha preso le misure ad un gobbo e non sa più riconoscere, distinguere il quarto anteriore (di davanti) e quello posteriore (di dietro).
Stare naso e bocca.
Essere molto vicino.
  • Stà niètto comm'a vacìle 'e varvièro.[370]
Essere pulito come il bacile del barbiere.
Dare l'impressione di essere ricchi, ma in realtà non avere il becco di un quattrino. Si riferisce ad una bacinella che usavano i barbieri.
  • Stà provvìsto comm'a lèpore 'e còda.[1035]
Star provvisto come la lepre (è provvista) di coda.
Avere pochi peli a livello di barba.
  • Sta schiaranno iuorno 'a Afragola.[1310]
Sta facendo giorno ad Afragola.
(detto per prendere in canzonatura, con ironia o con sarcasmo) Ma ancora non ti accorgi, possibile che non vedi che ormai è tardi, troppo tardi per fare questa cosa? (Ad Afragola il sole sorge più tardi di Napoli).
  • Sta sempe c’ ’a capa ’a pazzia.[1311]
Letteralmente: Sta sempre con la testa a gioco, a scherzo.
Ha sempre voglia di giocare, scherzare. È un buontempone, un giocherellone, un mattacchione.
  • Stamm' tutt' sott' 'o cielo.[1312]
Stiamo tutti sotto il cielo.
Nessuno può considerarsi assoluto padrone della propria sorte rimessa com'è alla volontà di una Forza superiore. La condizione dell'uomo è e resta costitutivamente incerta, precaria e fragile.
  • Stann’ cazz’ e cucchiar.[1313]
Stanno (sempre appaiati come) il secchio per la calcina e la cazzuola.
Stanno cazza e cucchiara: si dice di due due amici che formano un amalgama perfetto, che stanno insieme sempre, inseparabili.
Arrivederci (congedandosi da una persona).
Arrivederci (congedandosi da più persone, o da una persona con un più formale Voi di cortesia).
  • Steveme scarze a chiaveche![1316]
Eravamo a corto (scarsi) di mascalzoni (fogne)!
(Detto con ironia a persona che - non gradita, non aspettata - sopraggiunge) Benvenuto, ci mancavi solo tu!
"Straccia-gola-ed-esofago".
Sonchus asper e Sonchus oleraceus.
"Trascinafaccende"
Chi su commissione di altre persone si interessa del disbrigo di pratiche legali, burocratiche, amministrative e simili. Faccendiere. Addetto alla segreteria di un avvocato. / In passato procacciatori di clienti per avvocati. Poveri e senza istruzione attendevano nell'atrio del tribunale qualche pastore della provincia di Campobasso o montanari dell'Abruzzo e, conducendoli in giro per le sale del Palazzo di Giustizia, li attiravano col miraggio dell'impunità[1320].
  • Stregnere i panne ncuollo a uno.[1321]
Stringere i panni addosso ad una persona.
Incalzare qualcuno ragionando, metterlo alle strette.
Sterpo di fescina.[1323]
Uomo dal carattere molto debole.
  • Stròppole pe' sprattichi' 'a lingua.[1324]
Sciocchezze, bagattelle per impratichire, esercitare, addestrare la lingua.
Gli scioglilingua.
Bevanda particolarmente gustosa e piacevole.
Letteralmente: trottola isterilita.
Trottola che per un lancio errato o perché difettosa ruotava male, arrestandosi piegata di lato dopo pochi giri (si diceva, in tal caso che: ['o] strummolo scacava[1326], paragonandola ad una gallina che, isterilita, cessava di deporre uova[1327]. Seta[1326]era invece detta la trottola dalla perfetta, morbida, blanda rotazione di durata superiore a tutte le altre.[1327]
Prendere in giro, ingannare, buggerare.
  • 'Stu ventariello ca a tte t'arrecrea, a mme me va 'nculo![1329]
Questo venticello, questa brezzolina, questo gentil zefiretto che tanto ti fa godere, a me, invece, va lì... dove non batte il sole!
Una vaga e soave auretta, eppure... refrigerio e sollievo per uno, malanni assicurati per l'altro. La medesima situazione può essere per alcuni gradevole e vantaggiosa, per altri un danno e un tormento.
Storto o morto.
Bene o male; lo si voglia o meno.
Sorbettare.
Darci dentro spesso e di gusto a consumare, essendone particolarmente golosi, sorbetti.
Sudare inchiostro
Spremersi le meningi, stillarsi il cervello, sottoporsi ad un faticoso lavoro mentale.
Suonare il pianoforte.
Rubare (scioltezza di mano, vellutata leggerezza, impalpabile tocco da virtuoso del pianoforte, nell'esecuzione dell'atto criminoso, messe in piena, icastica evidenza nella locuzione).
  • Sunnarse 'o tramme elettrico.[1335]
Sognarsi il tram elettrico.
Illudersi di poter conseguire un obiettivo fuori portata. Desiderare l'irrealizzabile, l'impossibile. All'epoca in cui si diffuse questa espressione la trazione a cavallo era la sola disponibile per i trasporti pubblici.
Solco copre solco.
Un debito grosso più grande ne copre uno vecchio.[1337]
Dolce natalizio a forma di esse a stampatello, si preparava già nell'antica Atene con sesamo, miele ed altri ingredienti. Fu importato a Napoli dagli Ateniesi circa venticinque secoli fa. Susamiello è anche detta una persona magra e di bassa statura.[1339]

T

  • T'a fai cull'ova, 'a trippa.[1340]
Te la cucini con le uova la trippa.
Queste frattaglie, in sé non appetibili, te le prepari con le uova per rendertele più gustose. Vale a dire: ora datti da fare e trova il modo di tirati fuori da questa situazione difficile, ingrata, rischiosa, negativa in cui sei andato a ficcarti.
  • T'aggio canusciuta, 'mbrellino 'e seta mia.[765]
Ti ho conosciuta, parasole di seta mio.
Mbrellino 'e seta: "passeggiatrice", "cortigiana". Quindi: ora so che non mi sei fedele, non mi inganni più, vedo bene chi sei veramente.
Devi farti benedire da un prete pederasta.
Sei talmente sfortunato, tutto ti va così male, che hai bisogno di farti impartire una benedizione, e una benedizione particolarmente efficace.
  • T'hê 'a sèntere 'na messa a panza all'aria.[1343]
Devi sentirti una messa a pancia all'aria.
Si augura allo sventurato di presenziare ad una messa - l'ultima - in posizione orizzontale, con il ventre rivolto al soffitto del luogo di culto; vale a dire composto in rigido decubito supino all'interno di una cassa realizzata all'uopo per la solenne occasione.
Nella parlesia:[28]il violino.
Allora allora.
Immediatamente.
Allora per allora
All'istante, lì per lì.
  • Tant'anne dint'ê saittelle... e quando addiviente zoccola!?[1346]
(Bazzichi da) tanti anni nelle fogne... e quando diventerai ratto!?
È una critica dell'inettitudine, della negligenza: sono tanti anni che fai pratica, che ascolti questi insegnamenti, ma quando ti deciderai ad imparare, a mettere in pratica quello che ti è stato insegnato?!
  • Tanto te vengo appriesso, fino a che te coglio: duorme, patella, ca rancio veglia.[1347]
Ti sto alle costole (ti vengo dietro tanto), ti tallono tanto finché ti prendo: dormi, patella, che granchio veglia.
Dormi pure fra due guanciali, pensa pure di averla fatta franca; ma ti illudi, ti sto incollato e prima o poi faremo i conti.
Situazione complicata, intricata, difficile e, in fondo, poco seria. Si potrebbe per esempio dire a chi si costringe o ci costringe all'ennesima tribolazione da idioti per ovviare alle conseguenze intricate di un problema in sé stupido o facilmente evitabile: E chesta è n'ata tarantella! E questa è ancora un'altra complicazione idiota! (Fai più attenzione! È ormai ora di darsi una regolata!)
  • Te faccio correre pé Vicenzone.[1349]
Ti faccio correre per Besançon.[1350]
Vedrai quel che ti farò passare...: ti insegno io a comportarti correttamente.
Ti mando all'Ospedale Pellegrini!
Te le suono di santa ragione!
  • Te mardíco a zizze storte![1352] Te mmardico a zizze storte.[1353]
Ti maledico a mammelle storte! (quasi a volerle immaginariamente ripiegare per rinnegarle.[1354])
Un figlio o una figlia che con la sua condotta aveva dato alla madre un forte dispiacere poteva essere colpito da questa maledizione, la più grave che una madre potesse pronunciare.[1354]
  • Te pare sempe che 'o culo t'arrobba 'a cammisa.[1355]
Ti sembra sempre che il sedere ti rubi la camicia.
Sei veramente gretto, micragnoso, sordidamente avaro.
  • Te pozza piglià Patano.[1356]
Ti possa prendere Patano.[1357]
Imprecazione: Che ti colga la peste. Che tu possa morire.
Ti so pero.
Eri pero nel mio orto, non davi frutti e sei stato abbattuto. Ora che sei una statua sacra faresti miracoli? So fin troppo bene chi sei: proprio a me vorresti darla a bere?
  • Te tengo appiso all'urdemo buttone d' 'a vrachetta.[1359]
Ti tengo appeso all'ultimo bottone della patta.
Per me sei l'ultima persona al mondo.[1360]
  • Te tengo stampato 'ncuorpo![1361]
Tenere stampato, come impresso nel proprio corpo.
Conoscere alla perfezione una persona o una cosa. "So perfettamente che tipo di persona sei, non puoi nasconderti, non me la dai a bere, non abbocco!"
Ti vedo e ti piango.
Sento compassione per te, temo per quel che sarà di te.
  • Ten 'o core int'o zucchero.[1363]
Ha il cuore nello zucchero.
Tené 'o core int'o zucchero: Essere al culmine, nel pieno della gioia, della felicità. Essere al settimo cielo.
Avere la testa fresca.
Tené 'a capa fresca: essere del tutto spensierati perché sollevati da ogni problema materiale o per innata disposizione d'animo. Al sempre lieto, fortunato possessore di simile "capa" – che in mancanza di più gravi pensieri si trastulla in piena delizia nelle più futili bagattelle – si può ben dire, rivolgendogli un complimento ironico: Biato a tte ca tiene 'a capa fresca, i' tengo 'e lappese a quadriglié ca m'abballano pe' ccapa.: Beato te che non hai nulla di cui preoccuparti, io sono angustiato e tormentato da mille preoccupazioni che si agitano nella testa.
  • Tene' 'a capa sulo pe' spàrtere 'e recchie.[7]
Avere la testa solo per separare le orecchie.
Non avere cervello, essere completamente stupidi.
  • Tené 'a cazzimma d''e papere australiane.[1365]
Avere la cazzimma delle papere australiane.
Avere la cazzimma. Il riferimento alle papere australiane è solo un'aggiunta divertente senza significato.
  • Tenè 'a grazia d' 'o miedeco.[462]
Avere le buone maniere del medico.
Non averne affatto.
  • Tene' 'a neva 'int' 'a sacca.[7]
Avere la neve in tasca.
Avere fretta.
  • Tène 'a panza azzeccata cu' 'e rine.[234]
Ha la pancia incollata ai reni.
Ḕ dimagrito. Impiegato anche come iperbole.
  • Tené 'a panza a 'o sole.[1051]
Tenere la pancia al sole.
Rimedio cui si ricorreva in passato per resistere ai crampi della fame.[1052]
  • Tene 'a parola superchia.[1366]
Ha la parola soverchia, superflua.
Si dice di chi parla senza misura, logorroicamente, di chi in modo saccente vuole a tutti i costi, con argomenti futili, inconsistenti prevaricare, dire un'ultima parola – una parola superflua perché insulsa – in ogni discussione.
  • Tene 'a saraca 'int' 'a sacca.[1367]
Ha l'aringa in tasca.
Nasconde qualcosa, non la dice tutta.[1368] Tené 'a saraca 'int' 'a sacca, avere l'aringa in tasca: Essere irrequieti, aver fretta, manifestare inquietudine, impazienza come se si avesse in tasca una maleodorante aringa di cui ci si debba disfare al più presto; in realtà perché si nasconde un incofessabile segreto.
  • Tene 'a terócciola 'mmocca.[1369]
Ha la carrucola in bocca.
Quando parla ricorda la scia sonora stridula e monotona che accompagna il ruotare della carrucola azionata dalla fune: chiacchiera ininterrottamente con una monotona, fastidiosa logorrea.
  • Tené 'a zeppola mmocca.[1370]
Avere la zeppola in bocca.
Balbettare.
Ha più corna di un secchio (pieno) di lumache.
È vittima di una moglie inappagabile, non univira e assai trasgressiva che si concede, con libera spregiudicatezza, varie, frequenti, abbondanti, cospicue, copiosissime, innumerevoli eccezioni al ferreo, (forse un po' plumbeo), obbligo di osservanza della fedeltà coniugale.
Avere soldi a iosa, essere ricchissimo.
Avere molti assilli, preoccupazioni; essere sovrappensiero; avere un diavolo per capello.
  • Tené 'e pànne a chi và a natàre.[710]
Custodire gli abiti di chi va a nuotare.
Essere accidiosi e non sforzarsi neppure di aiutare un amico in difficoltà. Antico detto già attestato nel XVII secolo.[1377]
Avere le orecchie del pubblicano.
Avere un udito finissimo. Avere una capacità finissima di captare i minimi segnali, anche non sonori.
C'è folla da Pintauro[1381] !
Si dice — talvolta con ironia — di persona con molti corteggiatori o di negozi o studi con molta clientela.
Essere perennemente irrequieti, inquieti. Essere sempre in movimento, non riuscire a star fermi.
Tené mente: avere mente.
Guardare, osservare. Fare attenzione. Tiene mente! Guarda, osserva, fai attenzione!
Ha un "lembo" , un "orlo" superiore , una cima di scirocco. O: Stare con una sommità, una cima di scirocco
È nervoso, irascibile.
Tené 'ncuorpo. Tenere in corpo.
Tenere ben chiuso in se stessi. Tenere segreto.
Tenere in fresco.
Tenere di riserva.
  • Tene 'o mariuolo 'ncuorpo.[1386]
Ha il ladro in corpo.
Tené 'o mariuolo 'ncuorpo: nascondere un segreto inconfessabile.
  • Tène 'o mmale 'e ndindò: a isso lle vène e a me no.[1387]
Ha il male di dindò: a lui gli viene e a me no.
Il male – perfettamente immaginario e strategico – di dindò è il male da cui è colto indefettibilmente lo scansafatiche quando si concretizza il pericolo di dover lavorare o di doversi sobbarcare una lavoro non gradito.
  • Tene' 'o vacile d'oro pe' ce jettà 'o sanghe rinto.[1388]
Avere la bacinella d'oro per buttarci dentro il sangue.[1389]
Essere ricchi ma completamente infelici.
Avere la bocca che gioca con le orecchie.
Tené 'a vocca ca pazzea cu 'e recchie. Avere la bocca larghissima.
Avere le rendite sparse al sole.
Tene' 'e rennete spase 'o sole. Essere ricchissimo.
Avere in corpo una fame da lupi.
  • Tengo nu brutto police int' 'a recchia.[1395]
Ho una brutta pulce nell'orecchio.
(Tene' no brutto pollice int' 'a recchia. Avere nella testa un cattivo pensiero che frulla) Mi frulla per il capo un pessimo pensiero[1396].
Tempo favonio.
Afa.
Tieni in mano.
Aspetta.
Hai una fortuna incredibile.
Tienimi che ti tengo.
Dicesi Stare una cosa tieneme ca te tengo di cosa che tentenni, barcolli, stia male in piedi o accenni di cadere.
oppure
Abbiamo bisogno l'uno dell'altra.
Simul stabunt vel simul cadent. (Proverbi latini)
Veloce veloce, lesto lesto. "E tu te ne sì benuto tinco tinco , co lu sòleto buongiorno, co lu sòleto pizzo a riso, co li sòlete coppetielle appizzate arreto, e la padiata de vitella a lu pizzo de la cammisa.
Vattè Carnevà, fallo pe ll'arma de tutte i muorte tuoje, tornatenne da dò si benuto.
[1403]" E tu te ne sei venuto lesto lesto, col solito buongiorno, col solito sorrisetto, con i soliti coppetti attaccati dietro e le interiora di vitella sul pizzo della camicia. Vattene, Carnevale, fallo per l'anima di tutti i tuoi defunti, tornatene da dove sei venuto.
Tirare il carretto.
Lavorare duramente, sgobbare. Lavorare duramente per provvedere alle necessità della famiglia. "Che brutta cosa ch'è a tirà 'a carretta quanno nisciuna mano votta 'a rota". Com'è brutto tirare il carretto, quando nessuna mano spinge la ruota (se sei solo e nessuno ti aiuta.[1405]
Tirapantaloni o tiranti: bretelle.
Togliti di torno!
  • Tirato a zuco o Tirato a zuco 'e caramella.[1408]
Tirato a succo o Tirato a succo di caramella.
Lindo e azzimato, curatissimo, elegantissimo, in grande spolvero, tirato a lucido (fino all'eccesso).
Voglia di far chiasso, confusione. Tirepetirre.[1132]: convulsioni.
Modo fanciullesco di denotare il pollo[1411]. Vezzeggiativo per denotare un bambino, una bambina o un animale piccolo e grazioso.
Appellativo con cui ci si rivolge, con irrisione, a chi ha un comportamento strano, incomprensibile, altezzoso, sprezzante.[1413] /"Oj Titò!": Ehi, "Titò!" (già di per sé eloquente...) (Ma anche, esplicitamente: "Oj Titò, ma chi te cride d'essere!", "ma che faje!", ma che t'hê chiavato 'ncapa!: Ehi, "Titò", ma chi credi di essere! ma che fai! ma cosa ti sei messo in testa! E così via...)
Serio serio, senza scomporsi.[1415]
  • Tor''e Crisciénzo e Totonno â Port''e Massa.[1416]
Salvatore di Crescenzo e Antonio della Porta di Massa.
Due inconciliabili, acerrimi nemici. Salvatore di Crescenzo ed Antonio Lubrano, detto della Porta di Massa[1417]dal nome del luogo d'origine, capi della camorra e nemici irriducibili, operarono subito dopo l'Unità d'Italia.
  • Tra mastu' Francisco e 'o bancariello nun se sape chi ha fatte rummore.[1418]
Tra mastro Francesco ed il desco[1419]non si sa chi dei due ha fatto rumore...
Qui si gioca a scaricabarile, ognuno elude le proprie responsabilità.
Trave di sapone.
Albero della cuccagna.
Ritardi e venga bene.
Non importa quanto tempo ci vuole, purché il risultato sia buono.
  • Tricchitracche, tanto a parte![1421]
Tric trac, un tanto per (ciascuna) parte!
Il pagamento "alla romana": ciascuno paga per la propria parte.
Dicesi dei denari allorché sono pagati in contanti, L'uno sull'atro, Sonanti e ballanti.[1423]
  • Truvà 'a pèzza a cculóre.[1424]
Trovare la pezza (toppa) a colori.
Trovare la scusa adatta.[1425]Mascherare abilmente, escogitare ingegnosamente un rimedio ad un errore o ad una situazione incresciosa, insostenibile.
  • Truvà 'o vangèlo vutàto.[1426]
Trovare il vangelo girato.
Arrivare troppo tardi, a cose ormai fatte.
Trovare la forma della propria scarpa.
Aje truvato 'a forma d'a scarpa toja: hai trovato pane per i tuoi denti.
Bussare, picchiare; in senso figurato: coire[1430].
Tu che accoppi, cosa metti insieme?
Ma che staje accucchianno? Ma che stai dicendo, che razza di ragionamenti (sconclusionati) fai?.
  • Tu me scippe 'e paccari 'a mano.[1432]
Mi strappi gli schiaffi dalle mani (da mano).
Mi stai esasperando al punto che avrei una voglia fortissima di somministrarti una robusta dose di schiaffi.
  • Tu sì 'a chiave 'e ll'acqua.[1433]
Tu sei la chiave (di emissione e di arresto) dell'acqua.
Tu sei l'elemento decisivo, imprescindibile, indispensabile; il fattore risolutivo.
Tu stai dietro la carrozza.
Tu conti poco. Sei completamente all'oscuro anche dei fatti del giorno più scontati e risaputi.
La tua bellezza è folgorante e calda come oggetto inondato dalla luce del sole.[1437]
  • Tu vi' quanno è bello Parigge![1438]
Vedi quanto è bella Parigi!
Ma guarda un po' cosa doveva capitarmi!
  • Tuppe tuppe o Tuppete tuppe.[1439]
Toc toc (tuppettià: bussare).
"Tutta una botta."
Di colpo, improvvisamente.
  • Tutto a Giesù e niente a Maria.[1440]
Tutto a Gesù e niente a Maria.
Si dice di una divisione ingiusta.

U

Letteralmente:Il banco dello scivolo
Dalla deformazione di Scilla, parte del cognome del fondatore, intorno al 1865, di un istituto di credito che attirava clienti con la promessa di interessi elevatissimi; fallì nel 1870. I napoletani rinominarono scherzosamente la banca Scilla in Sciùlio (sciulià': scivolare, per alludere ad iniziative votate al fallimento, a gestioni più che disinvolte di denaro, ad insolvibilità, a situazioni, progetti sprovvisti dei requisiti fondamentali per meritare fiducia. T' 'e vaje a piglià' 'o banco d' 'o sciulio. I tuoi soldi te li vai a prendere al Banco dello Sciùlio; id est: ormai ai tuoi soldi puoi anche dire addio, te li puoi pure dimenticare in perpetuo.
  • U libro d'u pecchè nun s'è stampato ancora.[1442]
Il libro del perché non si è stampato ancora.
'O libro d' 'o pecché nun s'è stampato ancora, come dire: perché due non fan tre. Con questa risposta non-risposta si elude con scioltezza una domanda indiscreta e si tacita l'indiscreto curiosone.
  • U meglio meglio.[53]
Il migliore migliore.
'O meglio meglio: Il fior fiore.
  • U serviziale e u pignatiello.[1443]
Il serviziale[1444]e il pentolino.
Due persone inseparabili.
Oh anima!
Esclamazione con cui si esprimere un grande stupore: Addirittura!, Nientedimeno! Mamma mia!
Un'anima e coraggio.
(Con) tutto il coraggio e la risolutezza. Fa' un'anema e curaggio. Fare un'anima e coraggio: prendere il coraggio a due mani e, vincendo ogni indecisione, riluttanza, esitazione, ogni timore reverenziale e simili, decidere, risolversi ad agire. Aggio fatto un'anema e curaggio e nce l'aggio ditto. Ho vinto ogni esitazione, ho preso il coraggio a due mani e gliel'ho detto.
[Darne] Una per bere e un'altra per sciacquare.
Rimproverare veementemente, aspramente un pallone gonfiato, dicendogli il fatto suo senza moderarsi in parole e argomenti.
Uno di tutto.
Di tutto un po'.
  • Uno leva 'o quatro e ll'ato 'o chiuovo.[1450]
Uno toglie il quadro e l'altro il chiodo.
Fanno a gara a chi sperpera (e distrugge) di più.
Occhi ammiccanti.[1454]
  • Uócchie chine e mmàne vacante.[1455]
Occhi pieni e mani vuote.
Riempirsi gli occhi, ammirare, desiderare e restare a mani vuote.
Occhi secchi.
La jettatura.
  • Uocchio de vasalisco.[99]
Occhio di basilisco.
La jettatura.
Olio "petronico".
Petrolio. Ed anche, derisoriamente, gli olii per capelli, precursori delle brillantine.[1458]
Il malleolo.
Zitto e mosca!
Letteralmente: «Silenzio e topo in bocca.»
Usse prendi!
Voce d'incitamento ai cani perché mordano o prendano la preda.
Varietà di uva meno coltivata che in passato, veniva impiegata per dare al vino un intenso colore rosso. Forse era detta sorecella per la particolare forma degli acini, minuscoli come deiezioni di topi. [1465]

V

  • Va' a vasa' 'o pesce 'e San Rafele.[1466]
Vai a baciare il pesce di San Raffaele Arcangelo.
Espressione augurale che in passato si rivolgeva alle donne; il riferimento è ad un antico rito di fecondità che compivano le donne napoletane, baciando il pesce effigiato nella statua che rappresenta San Raffaele Arcangelo con Tobia custodita nella Chiesa di San Raffaele.[1467]
Va', chiamaci Alfonso.
Antica espressione: E adesso cosa si può fare? ormai non c'è più nulla da fare.
Vai a coricarti. (Vai a quel paese, va' a farti benedire.)
Vai un po' a capire, vattelapesca.
  • Va truvanno chi l'accide.[1471]
Va cercando chi lo uccide.
Jí truvanno chi ll’accide. Andar cercando chi lo uccide: avere un atteggiamento così aggressivo, provocatorio, odioso da portare agli ultimi limiti la pazienza altrui e suscitare, in chi sia poco incline alla sopportazione, il pensiero di reagire (immaginariamente, figuratamente) con l'azione più estrema.
Va' a fare in bocca!
Il significato varia in relazione al contesto: l'esclamazione può essere pronunciata per sbandire, per mandare in modo marcatamente ruvido una persona a quel paese; se si è fortemente contrariati da qualcosa o, viceversa, come espressione di esultanza per un evento fausto, per qualcosa che – specie se contro ogni aspettativa – è riuscita (Benissimo! Perfetto! Così! Grande! Finalmente!); per manifestare soddisfazione – come per una rivalsa desiderata e finalmente ottenuta – alla vista delle gravi difficoltà, dei guai in cui è incappato chi ci ha fatto un torto o è solito agisce con scorrettezza, cattiveria. (Gli sta benissino! Ha avuto quello che si meritava!).
Popolana, domestica.
Anche usato (sempre in ambito locale), come sinonimo di donna di bassa condizione civile, sguaiata e volgare, "sbraitante e rissaiola".[1475]
  • Vacante comm'a na cucozza.[460]
Vuoto come una zucca.
  • Vaje cercanne 'e farfalle sutt'allarco.[1476]
(Letteralamente:) Vai cercando (di acchiappare) le farfalle sotto all'arco.
Vai perdendo tempo.
  • Vantate sacco mio si non te scoso.[1477]
Vantati sacco mio se non ti scucio.
Vantati fanfarone mio finché non ti sgonfio.
  • Vattenne, ca si' signore 'e uno candelotto![1478]
Vattene, che sei signore di una sola candela.[1479]
Va' via, le tue arie, il tuo aspetto da gran signore sono solo vernice, parvenza, bluff, fumo negli occhi. Sei un finto signore, un signore di cartapesta.
  • ['A] Vecchia 'o Carnevale.[1480]
La Vecchia del Carnevale
Pupazzo fatto in casa che raffigura una vecchia con corpo giovane, seno prosperoso ed una gobba sormontata da un Pulcinella col camice bianco e la mascherina nera. Simbolo infantile del Carnevale, veniva portata dagli scugnizzi in "processione" per i bassi con l'accompagnamento sonoro di una grancassa e di uno zufolo[1481].
La vecchia potente.
Sant'Anna, madre della Madonna.
  • Vede' 'a morte cu' ll'uocchie.[1483]
Vedere la morte con gli occhi.
Aggio visto 'a morte cu' ll'uocchie. Ho visto la morte con i miei stessi occhi: sono stato ad un solo passo dalla morte, ho corso il rischio altissimo di morire.


  • Venì armato 'e pietra pommece, cugliecuglie[1484]e fierre 'e cazette.[1485]
Venire armato di pietra pomice, aghi sottilissimi e ferri da calze.
Presentarsi per un lavoro, un compito accuratamente muniti di tutta la panoplia degli strumenti necessari – minuziosamente predisposti per non lasciarsi cogliere alla sprovvista da ogni imprevedibile evenienza – per eseguirlo al meglio, con successo. / Esser pronti alla bisogna.[1486]
Veniamo a noi.
Bene, ora ritorniamo a discutere dell'argomento principale, dell'argomento che ci interessa. Anche: basta divagare, dilungarsi, stringiamo, veniamo alle conclusioni.
Grande spavento. Piglià la [1489] vermenara: spiritarsi di paura [1490] Prendere un grandissimo spavento.
Bere a secchi. Bere senza misura, senza moderazione.
  • Vì, quant'è bella 'a stagione![1492]
Vedi, quanto è bella l'estate!
Esclamazione con cui viene espressa ammirazione alla vista di una bellezza femminile fiorente, che si manifesta nel suo pieno rigoglio, come una promessa compiuta, come l'estate.
Vedi che lo hai hai.
Vicallaje! Vicallaje!: grido di burla dei monelli che attaccavano di nascosto alle spalle di un malcapitato un cartello con la scritta "Si loca".
Vino a due orecchie.
Vino annacquato.
Vino a un orecchio.
Vino generoso.
  • Voca fora ca è maretto.[1495]
Rema verso il largo, perché qui le acque sono agitate.
Insisti a vuoto, perdi inutilmente il tuo tempo: da me non otterrai niente.
  • Volèrese caccià dùje uòcchie pe ne cacciàre uno ô compàgno.[548]
Volersi cavar due occhi per cavarne uno al compagno.
Essere invidiosi e quindi autodanneggiarsi.
Vongole fuggite (fuggite via dal piatto, cioè assenti, mancanti).
Vermicielle cu' 'e vongole fujute o anche Spaghetti a vongole fujiute. In questi piatti poveri della tradizione gastronomica napoletana il sapore delle vongole "fujute", assenti, è ingegnosamente evocato con un generoso condimento di olio, aglio, prezzemolo, con o senza sugo di pomodorini, senza dimenticare di aggiungere – specie se il sapore di vongola all'assaggio dovesse risultare scarso – una dose – a volontà – di fantasia.
Gira, perché (la frittata[1498]) brucia.
Non cercare di cambiar discorso.
Volta e gira.
Checché si faccia.
  • Vota e gira 'o cetrulo e và 'nculo a 'o parulano.[1499]
Volta e gira il cetriolo e finisce (sempre e comunque) "dietro" all'ortolano.
Lo dice chi constata di essere ingiustamente divenuto il capro espiatorio.
  • Vota 'e pisce ca s'abbruciano.[1500]
Gira i pesci che si bruciano.
Cambia discorso, stai parlando di cose molto delicate, tocchi un tasto molto rischioso.
  • Vott' 'a preta e cova 'a mano.[1501]
Scaglia la pietra e nasconde la mano.
Riferito a chi compie cattive azioni senza volersene assumere la responsabilità.
Spingi spingi.
Confusione, parapiglia. Urtarsi, pigiarsi tumultuoso di corpi in un serrato affollamento, uno degli aspetti caratterizzanti, in passato, della Festa di Piedigrotta. Per singolare analogia, la pratica del votta-votta si riscontra anche in Giappone durante il Nyubai, la stagione festiva delle piogge, in estate e nelle feste giapponesi invernali.[1504]
Straccio di parola.
In espressioni come: M' 'a faje dicere 'na vrenzola 'e parola? Me lo fai dire uno straccio di parola? Vuoi tacere un attimo e dare modo anche a me di dire qualcosa? o: Si m' 'a facite dicere 'na vrenzola 'e parola... Se me lo fate dire uno straccio di parola... Se posso dire qualcosa anche io... (o qui parlate solo voi?)
  • Vulé 'a vermutta sempe da quaccheduno.[1506]
Volere il vermut sempre dal (medesimo) qualcuno.
Negli anni 40-50 del 900, continuando una tradizione di fine 800, nelle famiglie meno abbienti si tenevano, a spese del proprietario e a turno, le "periodiche", riunioni alla buona ad imitazione del salotto della borghesia benestante in cui si ascoltava musica, si assisteva a piccole esibizioni di comici, bevendo liquori fatti in casa o aperitivi e a volte anche il più costoso vermut. Non mancava chi approfittava della generosità altrui partecipando a tutte le "periodiche" senza ospitarne nessuna a casa propria. Esaurita la pazienza lo scroccone poteva sentirsi apostrofare con un: "Ma 'a vuó sempe 'a me 'a vermutta?". L'espressione si impiega quando si è il bersaglio di richieste esose o si pretendono atti impegnativi non dovuti. Cfr. più estesamente ed in dettaglio Comme se penza a Nnapule, p. 450. Vulé 'a vermutta sempe da quaccheduno può anche significare rifarsi, rivalersi ingiustamente sempre sul medesimo qualcuno. "Ma 'a vuó sempe 'a me 'a vermutta?": "Ma devo sempre farne io (che non c'entro per niente) le spese, pagarne ingiustamente lo scotto?
  • Vulè 'o cocco munnàto e buono.[1507]
Volere l'uovo[1508] già ripulito dal guscio (mondato) e pronto da mangiare.
Volere qualcosa comodamente, senza darsi la minima pena di affrontare difficoltà o di fare sforzi.
Vomitare bullette.
Ammazzarsi di fatica.
  • Vutà' ‘o càntaro. o Svacantà' ‘o càntaro.[1510]
Capovolgere, rovesciare o svuotare il pitale.
Tirare fuori, rivelare, dare infine la stura a tutto quello che ci si è tenuto dentro, tacendo, per molto tempo. Dare apertamente voce al proprio risentimento per i torti subiti, presentare all'interlocutore il conto completo delle sue scorrettezze. (Una delle formule introduttive alla predetta liberatoria, catartica operazione di "svuotamento", una delle ouvertures suona così: Amma parlà?: (Allora) Dobbiamo parlare? (Allora) Dobbiamo proprio dire come stanno le cose veramente?)
Girare la fantasia.
Aver voglia, avere il capriccio. Si me vota a fantasia[1512]: se mi gira la fantasia, oppure: si me saglie 'a fantasia, se mi sale la fantasia: se me ne viene voglia, se dovesse venirmene voglia.
Volgere a tarantella.
Vutà a tarantella 'na cosa: tramutarla in cosa poco seria, ridicola, in una presa in giro. Es. Votammola a tarantella! (Ma sì, volgiamola pure in celia, in scherzo...! (detto con ironia.)
Spingere il chiavistello (di ferro).
Chiudere definitivamente la porta.[1516] A tarda sera per andare a dormire o per proteggersi nel caso di un pericolo per la famiglia.[1517]
Spingere le mani.
Sbrigarsi, fare presto, (nell'esecuzione di un lavoro, di un'operazione), ma anche fare a botte, picchiare.

Z

Donna volgare, sguaiata, trasandata, pettegola. L'apoteosi della vajassa.
L'ugola.
Una persona di statura molto piccola.
Ragazza, giovane contegnosa.
Fà 'a zita cuntignosa: ostentare (simulare senza veramente possederle) serietà, ritrosia, austerità di costumi.
  • Zitto, chi sape 'o juòco.[1523]
Zitto chi conosce il gioco! (il trucco o l'imbroglio, altrimenti si perde il guadagno).
  • Zittu zitto, ‘nmiezo ‘o mercato.[1524]
Zitto zitto, in mezzo al mercato.
Agire in tutta segretezza, facendosi poi scoprire.
  • Zòccola cu 'âcchiàra.[1525]
Ratto con gli occhiali.
Persona fortemente miope.
Succhiare da due mammelle.
Trarre guadagni da due fonti.
Succhiatore.
Una persona che s'azzecca comm'a 'na sanguetta, si attacca come una sanguisuga. Un rompiscatole, un seccatore micidiale.
Zuccherino mio.
Modo affettuoso, vezzeggiativo di chiamare un bambino.
  • Zuche zuche o Zuchete zuchete.[1529]
Il suono di strumenti ad arco sonati alla peggio. — I zuchete zuchete, piccolo concerto di sonatori ambulanti, I sonatori e più specialmente I Viggianesi, perché venuti per lo più da Viggiano di Basilicata. – gli strumenti tutti da esso sonati, I suoni.[1530]
  • Zumpà' comm'a n'arillo.[460]
Saltare come un grillo.
Il ronzio delle api (voce onomatopeica).

Note

  1. a b Citato in Pino Imperatore, Bentornati in casa Esposito, Un nuovo anno tragicomico, Giunti, Firenze/Milano, 2013, p. 47. ISBN 9788809782860
  2. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 12.
  3. Cfr. C'era una volta Napoli, pp. 12-13.
  4. Citato in Raffaele Viviani, Poesie, a cura di Antonia Lezza, Guida, Napoli, 2010, p. 190. ISBN 978-88-6042-710-6
  5. Traduzione in Poesie, p. 190.
  6. Citato in Carmela Capitale, Vox Musae, Aletti Editore, 2017, [1]
  7. a b c d e f g h i j k l Citato in Renato de Falco, Del parlar napoletano, Colonnese, Napoli, 2007 [1997], p. 27. ISBN 978-88-87501-77-3
  8. Refuso: 'a sotto.
  9. Citato in Enzo Moscato, Trianon, presentazione di Pasquale Scialò, Alfredo Guida Editore, Napoli p. 48. ISBN 88-7188-314-4
  10. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 108.
  11. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 119.
  12. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 27.
  13. Cfr. Il frasario napoletano, p. 27.
  14. Richiamo per uccelli, zimbello.
  15. a b Citato in Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 72.
  16. Citato con traduzione in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 34.
  17. (Fradicia: marcia, marcita). La traduzione è in Il frasario napoletano, I, p. 34.
  18. Fràceto: aggettivo: fradicio, guasto, marcio. La definizione è in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 144.
  19. Citato in Ncopp' 'o marciappiede, p. 37.
  20. Citato in Paolo Isotta, Altri canti di Marte, Marsilio, Venezia, 2015, [2] ISBN 978-88-317-3998-6
  21. Citato in Raffaele Viviani, Teatro, VI, a cura di Antonia Lezza e Pasquale Scialò, introduzione di Goffredo Fofi, Guida, Napoli, 1994, p. 346.
  22. Traduzione-spiegazione in Teatro, VI, p. 346.
  23. Dal latino cras: domani. Craie è al tempo stesso parola onomatopeica che imita il cra-cra della cornacchia e craie che in napoletano significa domani.
  24. Citato in Il frasario napoletano, I, p. 30.
  25. Cfr. Il frasario napoletano, p. 27.
  26. La comare, la madrina; l'amante.
  27. a b c d e f g h i Citato, con traduzione nel testo, in Giulio Mendozza, 'A posteggia, II parte, in ANTROPOS IN THE WORLD di Franco Pastore, anno XII, n.2 del O1-02-2016, p. 20.
  28. a b c d e f g h i j Antico codice di comunicazione segreto dei musicisti (detti anche posteggiatori) napoletani.
  29. Citato in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 89.
  30. Citato in Ruggero Cappuccio, Fuoco su Napoli, p. 38.
  31. a b c Da Salvatore Bonavita Fessarìe 'e cafè. Detti, facezie e proverbi napoletani, citato in L' Italia ride in napoletano, la Repubblica.it dell'11-06-2005.
  32. Plurale di cortesia e di riguardo, equivalente al Lei.
  33. Citato in AA. VV., Proverbi & Modi Di Dire – Campania, Simonelli Editore, Milano, 2006. p. 58. ISBN 88-7647-103-0
  34. Traduzione in Proverbi & Modi Di Dire – Campania
  35. a b Citato in Amato, p. 17.
  36. a b Citato in Raffaele Viviani, Poesie, opera completa, a cura di Antonia Lezza, Guida, Napoli, 2010. ISBN 978-88-6042-710-6, p.345.
  37. a b c Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 117.
  38. Citato in C'era una volta Napoli, p. 57.
  39. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 20.
  40. Citato in Erri De Luca, Montedidio, Feltrinelli, Milano, 2003, p. 4.
  41. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano, p. 13.
  42. a b Citato in Ferdinando Russo,'O "luciano" d''o Rre, p. 82.
  43. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 206.
  44. Citato Benito Li Vigni, La dinastia dei Florio, Armando, Roma, 2021, p. 110. ISBN 978-88-6992-879-6
  45. a b Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 24.
  46. Citato in Franco Salerno, La vita, la festa e la morte. Culti popolari in Campania, Altrastampa, 2000, p. 40.
  47. Citato in Libero Bovio, So' dieci anne, Luigi Pierro, Napoli, 1921, 103.
  48. Recipiente troncoconico con manico semicircolare. Secchio.
  49. Citato in C'era una volta Napoli, p. 54.
  50. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 54.
  51. a b Citato in Véronique Bruez, Naples allegro con fuoco, Gallimard, [3]
  52. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 254.
  53. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 230.
  54. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 70.
  55. a b Citato in L'arte della fuga in tempo di guerra, p. 26.
  56. Citato in Il custode degli arcani, p. 51.
  57. Citato in Raffaele Viviani, I dieci comandamenti, p. 71.
  58. Citato in Gianni Mura, Ischia, Feltrinelli, Milano, 2014, [4] ISBN 978-88-0788-4351
  59. O: 'a museca ciappunesa, oppure: 'a museca d''a Barra.
  60. Citato in Pasquale Scialò, Storie di musiche, a cura di Carla Conti, introduzione di Ugo Gregoretti, Guida, Napoli, 2010, p. 264. ISBN 978-88-6042-718-2
  61. Citato in Viviani, Teatro II, p. 56.
  62. Citato, con lezione leggermente diversa, in Le Muse napolitane, egloga II, Euterpe overo La cortisciana, p. 250.
  63. Citato in Raffaele Viviani, Il pezzente sagliuto (Il povero diventato ricco), in Raffaele Giglio, Letteratura delle regioni d'Italia, Storia e testi, Campania, Editrice La Scuola, Brescia, 1988, p. 306. ISBN 88-350-7971-3
  64. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 76.
  65. La traduzione è in Il frasario napoletano, I, p. 76.
  66. Citato in Luca Mencacci, Radici Dal Passato, [5]
  67. Citato in TuttoTotò, p. 75.
  68. Citato in Alfredo Cattabiani, Florario, Mondadori, [6]
  69. Traduzione in Florario.
  70. Per l'interpretazione Cfr. (più estesamente) Florario alla stessa pagina.
  71. Citato in Franco Pastore, Le brache de San Griffone, A. I. T. W. eEdizioni, 2005, p. 19
  72. Citato e spiegato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 509.
  73. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 58.
  74. Citato in Perché e quando a Napoli si dice "a quatt'e bastune, napolitoday.it, 11 giugno 2019
  75. Citato in Barbara Zaragoza, The Espresso Break: Tours and Nooks of Naples, Italy and Beyond, Merchant Press, Chula Vista, CA 91921, USA, 2012, p. 91. ISBN 978-0-9835099-2-9
  76. Per gli aspetti connessi al culto delle anime del Purgatorio si veda Cimitero delle Fontanelle, sezione: Il culto delle anime pezzentelle, voce su Wikipedia.
  77. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 128.
  78. a b Citato in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 290.
  79. a b Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 24.
  80. Rucchiello: strumento da incannare la seta, Rocchetto. – arnese su cui si tiene il pappagallo o la scimmia, Gruccia. Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 337.
  81. Citato in Mattia Bernardo Bagnoli, bologna permettendo, Fazi Editore, Roma, 2009, ISBN 978-88-6411-369-2, p. 78
  82. Citato in Patrizia Mintz, Il custode degli arcani, PIEMME, Milano, 2011, p. 40
  83. Citato in Francesco Costa, La volpe a tre zampe, Rizzoli, Milano, 2014, p. 24. ISBN 978-88-586-6675-3
  84. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 102.
  85. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 28.
  86. Citato in La donna nei detti napoletani, p. 16.
  87. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 239.
  88. a b c d e f g h i j k l m n o p q r In forma corrente: 'e.
  89. Citato in Eduardo Scarpetta, 'O scarfalietto, Guida, Napoli, 1983, p. 88.
  90. 'A chiancarella, il palconcello; 'e chiancarelle, i palconcelli: travi di legno con cui erano sostenuti i solai.
  91. Antico gioco da strada dei ragazzi. Cfr. più dettagliatamente Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 355. Per lo strummolo si veda la voce voce su Wikipedia.
  92. Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 355.
  93. Citato in Giacomo Lucchesi, Fra ninnole e nannole, Streetlib, p. 78.
  94. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 365.
  95. Citato in Poesie napoletane, p. 22.
  96. Citato in Mario Guaraldi, La parlata napolitana. Nuove ipotesi semantiche, Fiorentino, 1982, p. 174.
  97. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 47.
  98. In forma moderna: 'e.
  99. a b Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 386.
  100. Definizione in D'Ambra, p. 386.
  101. Citato in A vacca se tire 'e zizze e buonanotte., dettinapoletani.it, 30 dicembre 2015.
  102. Citato in Maria Orsini Natale, Francesca e Nunziata, Avagliano, Cava dei Tirreni, 1996, p. 366.
  103. Citato in Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 406.
  104. Citato in 'A zizzona 'e Battipaglia. Nata dalle mani di una ninfa come pegno d'amore, vesuviolive.it, 5 maggio 2019.
  105. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 63.
  106. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 63.
  107. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 16.
  108. Traduzione in Il frasario napoletano, p. 16.
  109. Taccarià: sforbiciare, tagliuzzare in modo irregolare usando con forbici mal affilate: dall'antico germanico: taikka, segno. Cfr. Del parlar napoletano, p. 97.
  110. Citato in Puoti, Vocabolario domestico napolitano-italiano, p. 455
  111. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 35.
  112. Citato, con spiegazione, in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 17.
  113. Citato in Ferdinando Russo, 'O "luciano" d''o Rre, p. 29.
  114. Citato in Antonio Altamura e ‎Francesco D'Ascoli, Lessico italiano-napoletano: con elementi di grammatica e metrica, Regina, Napoli, 1970, p. 109.
  115. Citato in Giuseppe Brusco, Sbagliando Si Vive, Guida, Napoli, p. 22.
  116. Citato in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 20.
  117. Citato in Massimo Torre, Uccidete Pulcinella, Edizioni e/o, Roma, 2015 [7] ISBN 9788866327103
  118. Citato in Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 4.
  119. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1861, p. 108.
  120. a b c d Citato in C'era una volta Napoli, p. 29.
  121. Citato in Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani, Newton & Compton editori, Roma, 2004, p. 93. ISBN 88-541-0119-2
  122. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 38.
  123. Cfr. Il frasario napoletano, p. 38.
  124. Citato, con traduzione, in Mannaggia Bubbà, p. 13.
  125. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 40.
  126. Traduzione in Il frasario napoletano, p. 40.
  127. Cfr. Il frasario napoletano, p. 40.
  128. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 13.
  129. Citato in Viviani, Teatro IV, p. 450.
  130. Questa spiegazione è in Renato De Falco, Del parlar napoletano, p. 32.
  131. a b c d e f In forma corrente:'o.
  132. Citato in Filippo Cammarano, Il Chirurgo di Aquisgrana, con Pulcinella, chirurgo spropositato, Presso Domenico Sangiacomo, Napoli, 1812, p. 19
  133. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1861, p. 442.
  134. Citato con traduzione in Raffaele Bracale, Comme se pensa a Nnapule, p. 42.
  135. Quaglià: cagliare, coagulare
  136. Citato in Stefania Nardini, Alcazar, ultimo spettacolo, Edizioni e/o, Roma, 2013, [8] ISBN 8866324264
  137. Citato in D'ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 26.
  138. Citato in Altamura e Giuliani, p. 67.
  139. Citato in Gleijeses, I Proverbi di Napoli, p. 21.
  140. a b Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan - Neapolitan-English, p. 224.
  141. Citato in Silvana Raffone, Un attimo per guardare indietro, Youcanprint, p. 205.
  142. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, anno II, 20. 10. 1861, p. 1089.
  143. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 57.
  144. Cfr. Il frasario napoletano, p. 57.
  145. Citato in Marcello D'Orta, Aboliamo la scuola, Giunti, 2010, p. 48 Anteprima Google ISBN 9788809763067
  146. Traduzione in Aboliamo la scuola, p. 48.
  147. Dal francese sans façon.
  148. Citato in Philip Gooden e ‎Peter Lewis, Idiomantics: The Weird and Wonderful World of Popular Phrases, Bloomsbury, 2013, p. 50.
  149. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano, p. 14.
  150. Da Lo spassatiempo. Vierze e prose nove e becchie de Luigi Chiurazzi e d'autre, anno IV, n. 31, Napoli, 29 settembre 1878, p. 4
  151. a b Citato in Antonino Guglielmi, Ceceniello, Farsa all'antica in un prologo e due atti (dal racconto "Invito in villeggiatura"), 2012. ISBN 978-1-291-00213-3, p. 23.
  152. Citato in C'era una volta Napoli, p. 56.
  153. Citato in Altamura e Giuliani, p. 200.
  154. Citato in Altamura e Giuliani, p. 223.
  155. a b Citato in C'era una volta a Napoli, p. 51.
  156. Cfr. C'era una volta a Napoli, pp. 51-52.
  157. Citato in Vittorio Pupillo, Proverbi. La bellezza della vita nelle parole della tradizione, vol IV, Youcanprint, Tricase (LE), 2015, p. 249. ISBN 9788893212540
  158. Citato in Alessandro Carvaruso, Ero single... ora sono I.C.S., Manuale del "nuovo" single, prefazione di Angela Galloro, Città del Sole, Reggio Calabria, [9] ISBN 9788873516132
  159. Citato in Bello ed Erwin, Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, Bello ed Erwin, p. 345.
  160. La traduzione è in Bello ed Erwin, Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, Bello ed Erwin, p. 345.
  161. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 595.
  162. Citato in Modern etymological Neapolitan – English Vocabulary, p. 20.
  163. Citato in Vocabolario domestico napoletano e toscano compilato nello studio di Basilio Puoti, p. 18.
  164. Citato in Giacomo Lucchesi, Senza Ai ne Bai, (solo www), Narcissus, p. 133.
  165. Era consuetudine dei vetturini togliere i ferri ai cavalli anziani non più adatti al traino e collocarli nella Chiesa di S. Eligio come atto di devozione al Santo.
  166. a b Citato in Del parlar napoletano, p. 33.
  167. Citato in Einaudi, Meridiani, 2000, p. 1006.
  168. Citato in Poesie napoletane, p. 42.
  169. Citato in Antonio Altamura e Francesco D'Ascoli, Lessico italiano-napoletano, Con elementi di grammatica e metrica, Regina, Napoli, 1970, p. 52.
  170. a b c Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 25.
  171. In forma corrente: 'a.
  172. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 52.
  173. La spiegazione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 52.
  174. Grasso.
  175. Orecchie.
  176. Appuntito, aguzzato.
  177. Citato in C'era una volta Napoli, p. 100.
  178. La spiegazione è in C'era una volta Napoli, p. 100.
  179. Citato in Ferdinando Russo, 'O "luciano" d''o Rre, p. 23.
  180. Citato in Raffaele D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 55.
  181. a b Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 111.
  182. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 307.
  183. a b Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 28.
  184. Arravoglià:avvolgere; in senso figurato ingannare, infinocchiare. Cfr.Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 28.
  185. a b c d e Citato in Pìreto napoletano: un solo termine per molti modi di dire in dialetto, vocedinapoli.it, 22 aprile 2016.
  186. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 51.
  187. Citato in Alberto Di Majo, Che fai... li cacci?: I dissidenti e la fine della democrazia, prefazione di Luigi Bisignani, Imprimatur, Reggio Emilia, 2015, [10] ISBN 978 88 6830 322 8
  188. a b In forma corrente: 'a.
  189. Citato in Enrico Petrella, Le miniere di Freinbergh, Napoli, 1843,p. 48.
  190. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, p. 44.
  191. a b c d Citato in Ottavio Soppelsa, Dizionario zoologico napoletano, D'Auria Editore, Napoli, 2016; in Stella Cervasio Purpo e cumeta, i nomi in napoletano di 3600 animali, la Repubblica.it Napoli del 5. 12. 2016.
  192. a b c Per la spiegazione Cfr. la Repubblica.it Napoli del 5. 12. 2016.
  193. Refuso, in realtà: assa = ((l)assa): lascia.
  194. Citato in Lo Spassatiempo, 1880, n. 17, anno V, p. 3.
  195. a b La spiegazione è in Raffaele Viviani, Trentaquattro commedie scelte da tutto il teatro, p. 819.
  196. Asseccà.
  197. Citato in A Buon 'Ntennitore, p. 93.
  198. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 85.
  199. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 85.
  200. Citato in Cosimo Aruta, Il '68 di un borghese riveduto e corretto, Pellegrini, Cosenza, stampa 2005, p. 45.
  201. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 238.
  202. Citato in Mariano Maugeri, Tutti gli uomini del viceré, Rizzoli, Milano, 2013, p. 166. ISBN 9788858653609
  203. a b Citato in Francesco Silvestri, Teatro, Una rosa, due anime, tre angeli, quattro streghe, Gremese Editore, Roma, 2000, p. 61. ISBN 88-7742-450-8
  204. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 124.
  205. a b Citato in Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 149.
  206. Citato in Lo Lampo, voll. I e II, n. 30, anno I, 13 settembre 1875, p. 3.
  207. 'O scurriato è tradotto da Apicella: bacchetta escuriata, che è la virga escuriata, la verga rivestita di cuoio usata dagli antichi romani. Cfr. Il frasario napoletano, p. 135.,
  208. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 135.
  209. a b Citato in Marulli e Livigni, p. 10.
  210. Citato in Antonino Guglielmi, Il patto con l'aldilà, p. 39.
  211. Citato in Chiara Gily e Micol Brusaferro, Triestini e Napoletani: istruzioni per l'uso, [11]
  212. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 50.
  213. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary , p. 32.
  214. Citato in Luigi Manzo, p. 8.
  215. Der Begriff: Il concetto (la Ragione, l'Idea) che crea il mondo, nel senso dell'idealismo hegeliano.
  216. Citato in Alessandro Siani, Un napoletano come me, BUR, Milano, 2011, [12]ISBN 9788858619896
  217. a b Citato in Amedeo Caramanica, Gli angeli guerrieri della terra dei fuochi, Rogiosi, 2016, p. 114. ISBN 978-88-6950-175-3
  218. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 156.
  219. a b Citato in Poesie napoletane, p. 31.
  220. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 156.
  221. Citato in Vincenzo Caso, Dizionarietto tascabile napolitano-italiano, Stabilimento Tipografico Lanciano e Pinto, Napoli, 1896, p. 335.
  222. Citato in Antonino Guglielmi, Il morto supplente, p. 68
  223. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 156.
  224. Citato in Giuseppe Taverna, Le prime letture de' fanciulli, Nuova edizione rifatta e illustrata per le cure dell'avv. Elio M. Fanelli, Stamperia amministrata da A. Agrelli, Napoli, 1843, p. 107.
  225. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 162.
  226. In Colomba R. Andolfi, Chicchi di grano, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 132. ISBN 88-6042-114-4
  227. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 164.
  228. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 57.
  229. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 57.
  230. Citato in Salvatore Maturanzo, Giovanni Cena e l'espressionismo sociale. Antologia di poesia italiana d'ispirazione sociale con un saggio sul poeta e il poema intorno alla conquista della luna, La Prora, Milano, 1973, p. 843.
  231. Citato in A Buon 'Ntennitore, p. 15.
  232. Alternativa più discreta, più velata per : cazzo.
  233. Citato in Oscar Glioti, Fumetti di evasione. Vita artistica di Andrea Pazienza, Fandango, 2009, p. 258. ISBN 9788860441300
  234. a b c Citato in Del parlar napoletano, p. 34
  235. a b c Citato in C'era una volta Napoli, p. 122.
  236. La spiegazione è in C'era una volta Napoli, p. 122. I più famosi erano il Nozze d'argento a Portacarrese, la Croce di Savoia e il Don Petruccio alla Pignasecca Cfr. C'era una volta Napoli, p. 122.
  237. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 63.
  238. Dall'inglese coffee house (caffetteria). Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 63.
  239. a b Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 105.
  240. Citato in Luca Meldolesi, Milano-Napoli: prove di dialogo federalista, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2010, p. 136. ISBN 978-88-6042-767-0
  241. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 63.
  242. Citato in Daniele Oberto Marrama, Il teatro delle marionette in Napoli: pupi e guarattelle, in Il Secolo XX: rivista popolare illustrata, n. 7, anno III, luglio 1904, Fratelli Treves Editori, Milano, p. 557.
  243. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 46.
  244. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 46.
  245. Citato in C'era una volta napoli, p. 67
  246. Cfr. più in dettaglio C'era una volta Napoli, p. 67.
  247. Citato in 'E scugnizze, p. 59.
  248. Citato in No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, p. 28.
  249. Citato in Del parlar napoletano, p. 65.
  250. Del parlar napoletano, p. 65.
  251. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 360
  252. Citato in No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, p. 34.
  253. Spiegazione in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 360.
  254. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary , p. 45.
  255. Citato in Rotondo, Proverbi napoletani, p. 165.
  256. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 490.
  257. Citato in Pietro Belisario, La Botte del Diavolo, Fratelli Criscuolo, Napoli, 1835, [13]
  258. Si tramanda un aneddoto relativo a un caporale colpito da invalidità che fu incaricato della custodia di un elefante donato dal Sultano a Carlo di Borbone. Il comodo incarico finì con la morte dell'elefante.
  259. Citato in TuttoTotò, p. 110.
  260. Citato in Niccoló Capasso, Varie poesie, p. 111.
  261. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 98.
  262. La frase vien dall'uso de' giovani provinciali che addottoratisi nell'Università, portano a casa la laurea arrotolata in un cannellone di latta. Cfr. Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 98.
  263. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 153.
  264. Citato in Glejieses, I Proverbi di Napoli, p. 124.
  265. a b c d Citato in C'era una volta Napoli, p. 56
  266. Citato e spiegato in De Falco, Del parlar napoletano, p. 77.
  267. Citato in Mineco Piccinni (Domenico Piccinni) Dialochielle, favolelle, e autra mmesca de poetece componemiente, vol. II, Dalla Stamperia della Società Tipografica, Napoli, 1820, p. 68
  268. a b Citato in Napoli, punto e basta?, p. 10.
  269. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 50.
  270. "Solleticoso" da cellecà' o cellechià', solleticare.
  271. a b Cfr. C'era una volta Napoli, p. 50.
  272. Citato in Ferdinando Russo, A paranza scicca, presentazione di Enzo Moscato, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2000, p. 15. ISBN 88-7188-365-9
  273. Anche se.
  274. Da Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 483.
  275. Citato in Luigi Manzo, Dizionario domestico napoletano e toscano, Tipografia Marchese, Napoli, 18642, p. 14
  276. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 211.
  277. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 211.
  278. Citato in Massimo Maraviglia, Album Napoli, Flaccovio, Palermo, p. 35.
  279. O: cazzillo, cazzitiello di re, pinto, pinto 'e re. Cfr. Gli alimenti commestibili dei mari d'Italia, p. 77.
  280. Citato in Arturo Palombi e Mario Santarelli, Gli alimenti commestibili dei mari d'Italia, p. 77
  281. La spiegazione è in Gli alimenti commestibili dei mari d'Italia, p. 77.
  282. Citato in Glauco M. De Seta, La casa del nonno. Ipermetropia della memoria, Enter Edizioni, Cerignola (FG), 2013, p. 39. ISBN 978-88-97545-00-2
  283. Citato, con lezione quasi identica: Ccà 'e ppezze e ccà 'o ssapone. in C'era una volta Napoli, p. 24.
  284. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, Delfini, Milano, 1967, p. 33.
  285. Citato in L.R. Carrino, A Neopoli nisciuno è neo, Laterza, Roma/Bari,[14] ISBN 9788858104125
  286. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 215.
  287. a b c Citato in Marulli e Livigni, p. 21.
  288. Refuso: in realtà guagliune.
  289. Citato in La sceneggiata. Rappresentazioni di un genere popolare, a cura di Pasquale Scialò, Alfredo Guida Editore, Napoli, 88-7188-689-5, p. 250
  290. Citato in Viviani, Teatro, II, a cura di Guido Davico Bonino, Antonia Lezza, Pasquale Scialò, Guida, Napoli, 1988, p. 155.
  291. a b Citato in Mondadori, Meridiani, 2000, p. 1011.
  292. Citato in Ferdinando Galiani e Francesco Mazzarella Farao, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano, Con alcune ricerche etimologiche sulle medesime degli Accademici Filopatridi, opera postuma supplita, ed accresciuta notabilmente, Vol. I, Presso Giuseppe-Maria Porcelli, Napoli, 1789, p.97
  293. Gelse nere, rese gelate dal freddo notturno che le ricopriva di un lievissimo velo bianco ('a neve). Cfr. C'era una volta a Napoli, p. 50.
  294. Citato in Antonio Petito, So masto Rafaele e non te ne ncarrica', Tipo-litografia e Libreria di L. Chiurazzi, 1869, p. 10.
  295. Da So masto Rafaele e non te ne ncarrica', p. 10.
  296. Citato in Viviani, Teatro, II, p. 95.
  297. La spiegazione è in Teatro, II, p. 95
  298. Ammacca': schiacciare.
  299. Citato in Mondadori, Meridiani, p. 1006.
  300. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 202.
  301. Citato in Franco Pastore, Masuccio in Teatro: Ex Novellino Masutii, comoediae quattuor, A.I.T.W. Edizioni, 2014, [15]
  302. Corrisponde al numero 6 della smorfia napoletana.
  303. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 69.
  304. Cfr. I Proverbi di Napoli, p. 69.
  305. Citato in Viviani, III, p. 58.
  306. Spiegazione in Viviani, III, p.58.
  307. Citato in Manuale di napoletanità, p. 9.
  308. Citato e spiegato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 514.
  309. a b Citato e spiegato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 98.
  310. a b c Citato in Manuale di napoletanità, p. 70.
  311. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 231.
  312. Citato in Ncopp' 'o_marciappiede p. 35.
  313. Citato in Giuseppe Giacco, Schedario napoletano, vesuvioweb.com, p. 81.
  314. a b Citato in Marcello D'Orta, Cuore di Napoli, Rogiosi Editore, [16]
  315. Citato in Raffaele Viviani, I dieci comandamenti, p. 31.
  316. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 239.
  317. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 93.
  318. Secondo De Ritis da Chiochia, scarpa di fattura grossolana calzata dai pastori abruzzesi. Cfr. De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 329.
  319. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 329.
  320. Citato in C'era una volta Napoli, p. 33.
  321. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, I, p. 243.
  322. Citato in Renato De Falco, Per moda di dire, ovvero Neo-nomenclatura emergente (con qualche riferimento napoletano), Guida Editori, 2010. ISBN 88-6042-821-1, p. 83.
  323. Citato in Bello ed Erwin, Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 57.
  324. Citato in Proverbi e modi di dire napoletani, p. 138.
  325. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, Newton Compton editori, Roma, 2016, p. 101. ISBN 978-88-541-8882-2
  326. Citato in Volpe Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 73 e Francesco Cherubini, Vocabolario milanese-italiano, Dall'Imp. Regia Stamperia, 1843, vol. 4, p.548
  327. Citato in Citato in Archivio per lo studio delle tradizioni popolari, Rivista trimestrale diretta da G. Pitrè e S. Salomone Marino, vol. II, Luigi Pedone Lauriel, Palermo, 1883, p. 597.
  328. Citato in Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 73.
  329. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 450.
  330. Citato in Armando Cenerazzo, Rose rosse e rose gialle, Nuove poesie napoletane, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1957, p. 141
  331. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 220.
  332. Citato in Salvatore Cerino, Immenzità, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1997, p. 70
  333. a b Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1862, anno III, 27 aprile 1862, p. 462.
  334. a b Citato in A.F.Th. van der Heijden Doodverf, p. 49
  335. Citato in Christopher Wagstaff, Italian Neorealist Cinema. An Aesthetic Approach , University of Toronto Press, Toronto / Buffalo / London, 2007, p. 453.
  336. Citato in Poesie napoletane, p. 95.
  337. Citato in Lo lampo, Volumi 1-2, anno I, n. 95, 29- 11- 1875, p. 4
  338. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 241.
  339. Citato in Antonino Guglielmi, Il commissario, [17]
  340. Citato in Vittorio Pupillo, Proverbi, Riflessioni sulla saggezza del passato, per un corretto comportamento nel presente, vol. I, Youcanprint Self-Publishing, TRICASE (LE), 9788891115768, p. 205
  341. Citato in Colomba Rosaria Andolfi, Chicchi di grano. Poesie, macchiette, teatro in versi, testi di canzoni, Guida, Napoli, 2005. ISBN 88-6042-114-4, p. 41
  342. a b Citato in Giovanni Liccardo, Gesti e modi di dire di Napoli: un viaggio alla scoperta di un patrimonio di cultura popolare, Newton Compton, Roma, 2020, p. 113. ISBN 978-88-227-5087-7
  343. Citato in Le muse napolitane, Egloga IX, p. 346.
  344. Citato in Apicella, I ritte antiche, p. 258.
  345. Citato in Enzo Moscato, L'angelico bestiario, Ubulibri, Milano, 1991, p. 111.
  346. Citato in Colomba Rosaria Andolfi, Chicchi di grano. Poesie, macchiette, teatro in versi, testi di canzoni, Alfredo Guida Editore, 2005. ISBN 88-6042-114-4, p.109.
  347. Citato in Adam Ledgeway, Grammatica diacronica del napoletano, Max Niemeyer Verlag, Tubinga, 2009, p. 80. ISBN 978-3-484-52350-0
  348. La traduzione è in Ledgeway, Cfr. Grammatica diacronica del napoletano, p. 80.
  349. Citato in Bruno Esposito, Le avventure di Pāspokaz, nota introduttiva di Roberto Saviano, NonSoloParole Edizioni, Pollena Trocchia (Na), 20061, p. 28
  350. Citato in 'O "luciano" d''o Rre, prefazione, p. 6.
  351. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 89.
  352. Dall'inglese Christmas, Natale. Cfr. Del parlar napoletano, p. 99.
  353. Citato, con spiegazione, in Del parlar napoletano, p. 99.
  354. Citato in Lu Trovatore, 1867, [18]
  355. Citato in Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napolitano-italiano, p. 87.
  356. Citato in Antonino Guglielmi, Una bufera senza fine, 2012, p. 75. ISBN 978-1-291-07197-9.
  357. Citato in Poesie napoletane, p. 80.
  358. Citato in A Napoli mentre bolle la pentola, p. 54.
  359. Citato in Filumena Marturano, in Eduardo De Filippo Teatro, CDE, Milano, stampa 1985, p. 157.
  360. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 97 Anteprima Google
  361. Citato in TuttoTotò, p. 58.
  362. Citato in Altamura e Giuliani, p. 54.
  363. La spiegazione è in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 54.
  364. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 275.
  365. Citato in C'era una volta Napoli, p. 120.
  366. Citato in Antonio Petito, Pulcinella creduto D.a Dorotea pezza a ll'uocchio, Stabilimento Tipografico dei Fratelli De Angelis, Napoli, 1868, p. 11
  367. Cfr. più estesamente Aurelio De Rose, Le Fontane di Napoli, Newton Compton Editori, Roma, 1994, p. 52. ISBN 88-7983-644-7
  368. Citato e spiegato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco , p. 517.
  369. In Ll'ode de Q. Arazio Fracco , p. 517.
  370. a b c d Citato in Partenio Tosco, p. 266.
  371. Citato, con spiegazione, in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 262.
  372. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 62.
  373. Da C'era una volta Napoli, p. 62.
  374. Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 156.
  375. a b Cfr. C'era una volta Napoli, p. 29.
  376. Citato in Giovanni Chianelli, neapolitan express: pizza e cibi di strada, testo di Giovanni Chianelli, traduzioni di Phil Taddeo, Rogiosi, 2016, p. 83. ISBN 978-88-6950-194-4
  377. Citato in Raffaele Viviani, Teatro IV, a cura di Guido Davico Bonino, Antonia Lezza e Pasquale Scialò, Guida, Napoli, 1989, p. 581.
  378. Citato in Antonella Cilento, Bestiario napoletano, Laterza, Roma-Bari, 2015, [19] ISBN 9788858120323
  379. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 163.
  380. Citato in Collezione di tutti i poemi in lingua Napoletena, Vol. 23, p. 52
  381. Citato in Francesco Cerlone, Il barbaro pentito, Napoli, 1784, p. 33.
  382. In forma corrente: Da'.
  383. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 167.
  384. Citato in ANTHROPOS IN THE WORLD, anno XIV, nn. 9-10, 2018, p. 20.
  385. La spiegazione è in ANTHROPOS IN THE WORLD, 2018, p. 20.
  386. 'O tiano: il tegame.
  387. Citato in C'era una volta Napoli, p. 18.
  388. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 18.
  389. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 165.
  390. Citato in Vezio Melegari, Manuale della barzelletta, Mondadori, Milano, 1976, p. 35. Nel libro: «Dicete Polecenella, pe mmare non c'è taverna».
  391. Citato in Pasquale Sabbatino, Giuseppina Scognamiglio, Peppino De Filippo e la comicità nel Novecento, Edizioni scientifiche italiane, 2005.
  392. a b c d e f g Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 298.
  393. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 295.
  394. Citato in Raffaele Viviani, Teatro, vol. V, Guida, Napoli, 1991, p. 273
  395. Citato in Annibale Ruccello, Ferdinando, prefazione di Isa Danieli, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1998. ISBN 88-7188-273-3 p. 55
  396. Citato in Annibale Ruccello, Scritti inediti: una commedia e dieci saggi, con un percorso critico di Rita Picchi, Gremese, Roma, p.55. ISBN 88-8440-307-3
  397. Citato in Don Andrea, 'mmiez'ê 'mbroglie s'arrecréa, dettinapoletani.it.
  398. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 83.
  399. a b Citato in Poesie napoletane, p. 385.
  400. Citato in Il Frasario napoletano, p. 304.
  401. Traduzione in Il Frasario napoletano, p. 304.
  402. Citato in L'amore a dispetto, Stamperia Flautina, Napoli, 1806, p. 40.
  403. Citato in Angelo Allegri, I suoi bigini per i concorsi sbaragliano i best sellers: «Il segreto è parlar chiaro», Il Giornale, 12 giugno 2018.
  404. Citato in Mario Guaraldi La parlata napolitana, Fiorentino, Napoli, 1982, p. 58
  405. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 190.
  406. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 528.
  407. In Viviani, Teatro, III, p. 60.
  408. Traduzione in Viviani, Teatro, III, p. 60.
  409. Citato in Marulli e Livigni, p. 13.
  410. Citato in Dizionario completo della Canzone Italiana, a cura di Enrico Deregibus, Giunti, 2010, p. 75 ISBN 9788809756250
  411. Citato in Salvatore Cinciabella, Siamo uomini e caporali. Psicologia della disobbedienza, prefazione di Philip Zambardo, nota introduttiva di Liliana De Curtis, FrancoAngeli, Milano, [20]
  412. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 60.
  413. Citato in Annibale Ruccello, Ferdinando, presentazione di Isa Danieli, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1998, p. 13
  414. Citato in Carlo Giarletta, Anime partenopee, [21] p. 32.
  415. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 245.
  416. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario Napoletano, p. 114.
  417. Citato in C'era una volta Napoli, p. 27.
  418. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 27.
  419. Citato in Ottorino Gurgo, Lazzari: una storia napoletana, Guida, Napoli, 2005, p. 172 ISBN 88-7188-857-X
  420. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 143.
  421. Citato in Salvatore Di Giacomo, Poesie, a cura di Davide Monda, BUR Rizzoli, Milano, 367
  422. Citato in Patrizia Mintz, Il custode degli arcani, PIEMME, Milano, 2011,p. 286
  423. Citato in Lo Trovatore, Giornale del popolo, 1871, [22]
  424. Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, p. 516.
  425. La spiegazione, di Renato De Falco, è in Alfabeto napoletano, p. 516.
  426. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 334
  427. Citato in Giuseppe Giacco, Cultura classica e mondo subalterno nei Peducoli di Gennaro Aspreno Rocco, testo integrale in latino e traduzione in vernacolo afragolese, Edizione Istituto di Studi Atellani, 1985, p. 52.
  428. Citato in 'E scugnizze, p. 21.
  429. In Guglielmi, Ceceniello, p. 23.
  430. In Guglielmi, Ceceniello, p. 23.
  431. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 61.
  432. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 283.
  433. a b Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 161.
  434. Citato in Alberto Consiglio, La camorra a Napoli, a cura di Luigi Musella, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 106. ISBN 88-7188-917-7
  435. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 627.
  436. Cfr. La camorra a Napoli, p. 106.
  437. 'O saccone: il pagliericcio.
  438. a b c Citato in C'era una volta Napoli, p. 55.
  439. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 55.
  440. Citato in C'era una volta Napoli, p. 131.
  441. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 131.
  442. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 341.
  443. Così tradotto in Apicella, Il frasario napoletano, p. 341.
  444. In passato si usava dare il segnale di questa ora sparando con un colpo di cannone dall'altura di S. Martino. Apicella racconta un aneddoto riferito a questo modo di dire: Uno scugnizzo chiese l'ora ad un passante, questi, volendo prenderlo in giro rispose: Guagliò, è mieziuorne manche nu cazze! Ragazzo, è mezzogiorno meno un c.....avolo!, intendendo dire scherzosamente che mancava un quarto d'ora a mezzogiorno. Quasi immediatamente da S. Martino risuonò il colpo di cannone e lo scugnizzo replicò ancor più maliziosamente: Signò, tiene nu cazzo arrete! Signore, hai un c.....avolo dietro!, cioè... il tuo orologio va indietro di un quarto d'ora.Cfr. Apicella, Il frasario napoletano, p. 341.
  445. Citato in Eduardo Estatico e Gerardo Gagliardi, La cucina napoletana, Newton Compton Editori, Roma, 2015. [23]. ISBN 978-88-541-8756-6
  446. Citato in Massimiliano Canzanella, 8 Cunte s-pare, Streetlib, [24]
  447. Citato in Mannaggia Bubba, p. 28.
  448. Raccolto in area vesuviana dallo studioso Salvatore Argenziano, citato in Mannaggia Bubba, p. 29.
  449. Citato in Luciano De Crescenzo, Tale e quale, Con un capitolo inedito, Mondadori, p. 4
  450. a b Citato in I Proverbi di Napoli, p. 155.
  451. Vojo: bue. Cfr. Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 384.
  452. Citato in Patrizia Mintz, Veritas, p. 69.
  453. Tradotto da Apicella con l'onomatopeico: Eccì (rumore di uno starnuto).
  454. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 314.
  455. Per quest'ultima interpretazione Cfr. Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani, p. 230.
  456. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 441.
  457. a b c Citato in La donna nei detti napoletani, p. 46.
  458. a b Citato in I Proverbi di Napoli, p. 152.
  459. Citato in Partenio Tosco, pp. 265-6.
  460. a b c d e f g Citato in Antonio Altamura, Il dialetto napoletano, Fausto Fiorentino, Napoli, 1961, p. 84, [25].
  461. a b Citato in Partenio Tosco, p. 265.
  462. a b c Citato in Studi etno-antropologici e sociologici, vol. XII-XIII, Atena, Napoli, 1984, p. 12, [26]
  463. Refuso: in realtà d'ommo, di uomo.
  464. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 365.
  465. Citato in Alessia Mignone, Francesismi nel dialetto napoletano, a cura di Marcello Marinucci, Università degli Studi di Trieste, 2005, p. 28, § 34. ISBN 978-88-8003-336-0
  466. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 175.
  467. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 158.
  468. Citato in Francesco Silvestri, Teatro. Una rosa, due anime, tre angeli, quattro streghe, Gremese, Roma, 20001p. 110. ISBN 88-7742-450-8
  469. Anticamente Fare lo seccia significava: Farla da spavaldo. Su questo ed altri significati Cfr. D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 342.
  470. a b c d e Citato in Amato, p. 79.
  471. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 157.
  472. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 216.
  473. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 216.
  474. Cfr. Andreoli, Vocabolario, p. 47.
  475. Citato in Antonio Altamura, Francesco D'Ascoli, Lessico italiano-napoletano, [27], Regina, Napoli, 1970, p. 111.
  476. Citato in Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani, p. 53.
  477. a b Citato in Patrizia Rotondo Binacchi, A Napoli mentre bolle la pentola., p. 109
  478. La traduzione è di Patrizia Rotondo Binacchi.
  479. L'interpretazione è di Patrizia Rotondo Binacchi.
  480. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 162.
  481. Citato in Antonino Guglielmi, ''a Cummedia 'e Farfariello, parodia dell'inferno dantesco in dialetto napoletano, p. 181.
  482. Domenico Rugerio-Greco, Nuovo vocabolario domestico-italiano, mnemosino o rimemorativo per avere in pronto e ricercare i termini dimenticati o ignorati, p. 204
  483. Citato in Lo matremmonejo pe' mennetta. Commeddeja redicola pe museca de Tommaso Mariani, Napoli, p. 39.
  484. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 36.
  485. Citato in C'era una volta Napoli, p. 133.
  486. Cfr. più estesamente, C'era una volta Napoli, p. 133.
  487. Cofecchia: Cosa ed azione non onesta, Leggerezza, Incostanza. La definizione è in D'Ambra,Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 132.
  488. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 132.
  489. Torquato Tasso e Gabriele Fasano, Lo Tasso Napoletano, zoè, La Gierosalemme libberata de lo Sio Torquato Tasso, votata a llengua nosta da Grabiele Fasano Desta Cetate: e dda lo stisso appresentata a la llostrissema nobelta nnapoletana, vol. I, a la Stamparia de Iacovo Raillardo, Napoli, 1689, [28].
  490. Questa definizione è in Lo Tasso Napoletano, nota f, p. 21.
  491. Citato in Raffaele Cossentino, la Canzone napoletana dalle origini ai nostri giorni, Storia e protagonisti, prefazione di Marcello D'Orta, Rogiosi Editore, p. 217.
  492. Oppure: di Michelasso. Francalasso: epicureo, scioperato, gaudente.
  493. Citato in D'ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 186.
  494. Citato in Ncopp' 'o marciappiede, p. 40.
  495. a b Citato in Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 6.
  496. Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, vol II, p. 30.
  497. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1861, p. 100.
  498. Putecarella da pétite querelle, piccola lite, lite di poco conto. Cfr. Del parlar napoletano, p. 47.
  499. Citato in Antonio Petito, No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, Stabilimento Tipografico dei fratelli De Angelis, Napoli, 1867, p. 24
  500. Citato in AA. VV. Proverbi & modi di dire. Campania, p. 218, Simonelli, Milano, 2006. ISBN 8876471030
  501. Citato in Francesco Gangale, O Sistema Guagliù, Youcanprint Self-Publishing, p. 103
  502. Citato in Modern etymological Neapolitan – English Vocabulary, p. 159.
  503. Sostituire alla consegna il pacco che contiene la merce acquistata con un altro di diverso contenuto privo di valore.
  504. Citato in Salvatore Cerino, Napoli eterna musa, Alfredo Guida Editore, 1994, p. 41. ISBN 78-7188-082-X
  505. Citato in Sergio Zazzera,Dizionario napoletano, p. 263.
  506. La definizione è in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 263.
  507. Citato in Vittorio Gleijeses, I Proverbi di Napoli, con ventiquattro litografie fuori testo di Gatti e Dura, Edizioni del Giglio, SEN, Napoli, 1978, p. 166.
  508. Citato in Carlo De Frede, Il Decumano Maggiore da Castelcapuano a San Pietro a Maiella, Cronache napoletane dei secoli passati , Liguori editore, Napoli, 2005, p. 19.
  509. Per l'origine dell'espressione si veda più dettagliatamente Il Decumano Maggiore da Castelcapuano a San Pietro a Maiella, nota 8, p. 19.
  510. Etnologia, antropologia culturale, vol. 12, Atena, AR-Company editrice, Napoli, 1984, p. 7, [29]
  511. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 172.
  512. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 147.
  513. Citato in Comme se penza a Nnapule, p. 172.
  514. Citato in Roberto De Simone, La gatta Cenerentola, Giulio Einaudi Editore, 1977, p. 26
  515. Diminutivo di Lucrezia.
  516. Citato in Modern etymological Neapolitan – English Vocabulary, p. 271
  517. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 287.
  518. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, Delfini, 1967, p. 52.
  519. Citato in Altamura e Giuliani, p. 71.
  520. Citato con spiegazione in Eduardo De Filippo, Cantata dei giorni dispari, vol. I, Einaudi, Torino, 1995, p. 578. ISBN 880613633X
  521. Citato in Girolamo Addeo, L'albero della libertà nella Repubblica napoletana del 1799, Loffredo, Napoli, 1997, p. 67. ISBN 9788880965107
  522. Citato in L'albero della libertà nella Repubblica napoletana del 1799, p. 67.
  523. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1863, anno IV, 23-06-1863, p. 681.
  524. In Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 163.
  525. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 82.
  526. Citato in La Fuorfece, o vero l'ommo pratteco co li diece quatre de la gallaria di Apollo, opere di Biasio Valentino, vol I, Presso Giuseppe Maria Porcelli, Napoli, 1783, p. 119.
  527. Citato in Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano, p.206
  528. "La cagione di questo traslato è un'antica, e costante tradizione tra noi, che nella semplicità de' costumi de' nostri maggiori, per darsi un castigo d'ignominia a coloro, che si ammettevano al miserabile beneficio della cessione de' beni, si fosse usato obbligargli a salir su d'una colonnetta in mezzo alla pubblica piazza del Palazzo de' Tribunali, ed ivi calarsi i calzoni, e mostrando il deretano ignudo, dire tre volte: Chi ha d'avere, si venga a pagare. (In Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano, p. 207.)
  529. Citato in Poesie napoletane, p. 384.
  530. Citato in Giovanni Artieri, Napoli, punto e basta?, p. 653.
  531. a b Citato in Storia dell'emigrazione italiana, Arrivi, a cura di Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi e Emilio Franzina, Donzelli Editore, Roma, 2002, p. 303. ISBN 88-7989-719-5
  532. a b Donne anziane devote a San Gennaro che, in occasione della cerimonia che culmina con il miracolo della liquefazione del sangue del Santo, con le loro preghiere e invocazioni intercedono presso di lui.
  533. Citato in Pino Daniele, Marcella Russano, Nero a metà, Pino Daniele Storia di una straordinaria rivoluzione blues, BUR Rizzoli, Milano, 2015. ISBN 978-88-58-67766-7, p. 176.
  534. Citato in Antropos in the world, di Franco Pastore, ottobre 2016, p. 29.
  535. Citato in C'era una volta Napoli, p. 22.
  536. Dallo spagnolo mohinar, molestare, confondere. Cfr. Del parlar napoletano, p. 82.
  537. Citato in Vincenzo A. Pistorio, Tre anni in volo sopra lo Stivale, Yucanprint Self-Publishing, Tricase (LE), 2013, p. 31.
  538. Citato in Viviani, Teatro, vol. VI, p. 281.
  539. In Viviani, Teatro, vol VI, p. 281 col significato di Pazienza!
  540. Citato in Viviani, Teatro, vol. VI, p. 281.
  541. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1861, p. 482.
  542. a b La traduzione è in Marulli e Livigni, p. 21.
  543. Citato in Pasquale Scialò, La sceneggiata. Rappresentazioni di un genere popolare, Guida, Napoli, p. 257. ISBN 88-7188-689-5
  544. La catuba è un'antica danza moresca. Cfr. D'ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico, p. 110, in cui la stessa locuzione è riportata in modo leggermente diverso dal Volpe.
  545. Antica locuzione. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile , p. 370.
  546. a b c d e f g h In forma corrente: Fà.
  547. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p.
  548. a b Citato in Tosco, p. 277.
  549. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 293.
  550. Citato ed interpretato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 404.
  551. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 27.
  552. Questa definizione del termine angarella è in Artieri, Napoli, punto e basta?, p. 31.
  553. La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 27. Alla stessa pagina Andreoli riporta altri significati, come: scantonare o far cilecca. Cfr. più estesamente Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 27.
  554. 'O fuso: il fuso.
  555. Cirato in Andreoli, Dizionario napoletano-italiano, p. 321.
  556. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 108.
  557. a b Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 353.
  558. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 167.
  559. Citato in Vincenzo Raucci, Storia (e filosofia) della salute mentale attraverso i proverbi e i modi di dire dei dialetti italiani, Youcanprint Self-Publishing, Lecce, 2019. ISBN 9788831604536, p. 60.
  560. a b Citato in Riccardo Brun, Genova express, Manifestolibri, 2002, p. 41. ISBN 8872852730
  561. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 173.
  562. Citato in Ruggero Cappuccio, Fuoco su Napoli, Feltrinelli, Milano, 2014, [30]. ISBN 9788807883880
  563. Stuzzicadenti.
  564. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 126.
  565. a b Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 487.
  566. a b Citato in Poesie napoletane, p. 124.
  567. Citato in Cosimo Aruta, il '68 di un borghese riveduto e corretto, Pellegrini Editore, Cosenza, stampa 2005, p. 284. ISBN 88-8101-253-7
  568. Lo scaltro "te lo fa negli occhi" (latino: intra oculos). Su questo ed altri possibili etimi Cfr. più dettagliatamente Proverbi e modi di dire napoletani, p. 143.
  569. Citato in Proverbi e modi di dire napoletani, p. 142.
  570. Citato in 'E scugnizze, p. 64.
  571. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 309.
  572. Traduzione in Teatro, IV, p. 309.
  573. Citato in Antonino Gglielmi, Mariuoki... ma onesti, p. 38
  574. Citato in Rivista italiana di dialettologia, Cooperativa libraria universitaria editrice, 2000, vol. 23-24, p. 135.
  575. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, p. 830.
  576. Citato in Autori Vari, Proverbi & Modi Di Dire - Campania, Simonelli Editore, Milano, 2006, p. 43. ISBN 88-7647-103-0
  577. Citato in A Neopoli nisciuno è neo, [31]
  578. Citato in Lo Spassatiempo, Vierze e prose nove e becchie de Luigi Chiurazzi, e d'autre', anno III, 1877-1878; n. 6, 7 aprile 1877, p. 3
  579. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, p. 196.
  580. Citato in Cucozze e caracazze, p. 185.
  581. Vitato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 192 ; p. 541.
  582. 'A gallenella: diminutivo di gallina. Nome dato al rallus acquaticus. Cfr. D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 194.
  583. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 194.
  584. Citato in Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano., vol I, p. 163.
  585. Definizione in Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano., vol I, p. 163.
  586. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 181.
  587. La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 181.
  588. Nella fonte:'è, refuso.
  589. Citato in Marcello Ravveduto, Napoli-- serenata calibro 9, storia e immagini della camorra tra cinema, sceneggiata e neomelodici, Liguori, Napoli, 2007, p. 168.
  590. Pronuncia: Gəsù, Gəsù, Giuseppə, sant'Annə e Mariə!
  591. Citato in Luciano De Crescenzo, Fosse 'a Madonna!, Mondadori, [32]
  592. Citato in Amato, p. 163.
  593. Citato in Antonino Guglielmi, 2012. ISBN 978-1-291-01117-3, Il morto supplente, p. 44
  594. Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, anno IV, parlata 25, 24 gennaio 1863, p. 92.
  595. Citato in Lares, bollettino della Società di etnografia italiana, 1934, p. 110, nota 11. Cfr. Rassegna storica del Risorgimento, 1938, Volume 25, Parte 3, p. 950.
  596. Citato in Sergio Zazzera Proverbi e modi di dire napoletani, p. 87.
  597. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, vol. I, p. 123.
  598. La spiegazione è in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, vol. I, p. 123.
  599. In Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 184.
  600. O: a babbaluscia
  601. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 37
  602. La definizione è in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 37.
  603. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 125.
  604. La definizione è in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 125.
  605. Citato in C'era una volta Napoli, p. 61.
  606. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 61.
  607. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 190.
  608. Citato in Mannaggia Bubbà, p. 150.
  609. 'E guagliune d' 'a guainella. I ragazzi della "guainella"
  610. Citato in Mannaggia Bubbà, p. 151.
  611. Citato in Antonino Guglielmi, Rerenno e pazzianno, poesie napoletane, parte terza, p. 20.
  612. Cfr. E. De Filippo, Napoli milionaria, in I capolavori di Eduardo, Einaudi, p. 138.
  613. Citato in Altamura e Giuliani, p. 248.
  614. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 15.
  615. Pampini. 'O chiaccone: il pampino.
  616. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, p. 105.
  617. Citato in Viviani, Teatro, III, p. 284.
  618. Citato in Marulli e Livigni, p. 17.
  619. Citato in Rutigliano, p. 216.
  620. Citato in Rutigliano, p. 217.
  621. Questo termine ha significato duplice: ratto e donna di facili costumi.
  622. Citato in Autori Vari, 'A mamma d' 'e fesse è sempe prena, La mamma degli imbecilli è sempre incinta, Selezione dei Proverbi e dei Modi di Dire nei Dialetti della Campania con traduzione in italiano, Simonelli Editore, Milano, 2006. ISBN 88-7647-103-0, p. 72
  623. a b Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 118.
  624. Citato in Il dialetto napoletano, cosedinapoli.com.
  625. Citato in Viviani, Teatro, III, p. 246.
  626. Citato in Rutigliano, p. 217.
  627. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 122.
  628. Citato in Colomba R. Andolfi, Chicchi di grano. Poesie, macchiette, teatro in versi, testi di canzoni, Guida, Napoli, ISBN 88-6042-114-4 p. 44
  629. Citato in Mimmo Borrelli, 'Nzularchia, Baldini&Castoldi, Milano. ISBN 978-88-9388-516-4, p. 71
  630. a b c Citato in Napoli, punto e basta?, p. 665, nota 11.
  631. Così Artieri in Napoli, punto e basta?, p. 665, nota 11.
  632. Cfr. Napoli, punto e basta?, p. 665, nota 11.
  633. Citato in Rutigliano, p. 217.
  634. Citato in Rutigliano, p. 218.
  635. Dal greco Ische! Fermati! Cfr. Del parlar napoletano, p. 44.
  636. Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 44.
  637. Citato in Antonino Guglielmi, il commisssario, p, 19 Anteprima Google e Adam Ledgeway, Grammatica diacronica del napoletano, p. 273
  638. Spiegazione in Ledgeway, Cfr. Grammatica diacronica del napoletano, p. 273.
  639. Citato in Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani, p. 147.
  640. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 653.
  641. Citato in Pino Aprile, Il Sud puzza, PIEMME, p. 57
  642. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 406.
  643. La spiegazione è in Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 406.
  644. Citato in Domenico Iaccarino, Galleria di costumi napolitani, Stabilimento tipografico dell'Unione, Napoli, 1875, p. 16
  645. Citato in Carlo Giarletta, Anime partenopee, p. 36.
  646. In Anime parternopee, p. 36.
  647. Andiamo.
  648. Citato in Giuseppe Savorra, Un cicerone napoletano, Youcanprint, Tricase (LE), 2015 p. 41 ISBN 9788893216982
  649. Citato in Poesie napoletane, p. 373.
  650. 'O vernecale: la ciotola; contenitore in cui i cambiavalute riponevano le monete.
  651. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 455.
  652. Citato in Poesie napoletane, p. 376.
  653. Bistecca ai ferri Cfr. Proverbi e modi di dire napoletani, p. 100.
  654. Citato in Proverbi e modi di dire napoletani, p. 100.
  655. a b Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 71.
  656. Citato (in forma negativa) in Giuseppe Savorra, Un Cicerone napoletano, Youcanprint, Self-Publishing, Tricase (LE), 2015, p. 85. ISBN 9788893216982
  657. Citato in I proverbi di Napoli, p. 193.
  658. In forma corrente: Jì'.
  659. In forma corrente: Jì'.
  660. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 396.
  661. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 80.
  662. Spiegazione in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 80.
  663. Nzuócolo:Dondoloni.
  664. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 270.
  665. Spiegazione in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 270.
  666. Citato in Apicella, Il frasario napoletano, p. 45.
  667. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 215.
  668. Citato in Giuseppe Montesano, Nel corpo di Napoli, Mondadori, p. 169 Anteprima Google
  669. Citato in Il flauto magico, Raffaele Miranda, Napoli, 1824, Google Book
  670. Citato in Pasquale Guaglianone, Tante navi Tante storie, Nuova Santelli, [33]
  671. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 28.
  672. Citato in Lo Spassatiempo, [34]
  673. Citato in Carlo Cracco, La grande cucina italiana. Campania, RCS libri, Milano, 2014, p. 66.
  674. Cfr. più dettagliatamente La grande cucina italiana, p. 66.
  675. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 426.
  676. La definizione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 426.
  677. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 655.
  678. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 201.
  679. a b Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 207.
  680. a b La traduzione è in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 207.
  681. Citato in Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, 1866, anno I, n. 3, p. 2.
  682. Citato in Gleijeses, I Proverbi di Napoli, p. 206.
  683. La spiegazione è in I Proverbi di Napoli, p. 206.
  684. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, vol. I, p. 203.
  685. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 325.
  686. La spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 325.
  687. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, [35], p. 112.
  688. Citato in Antonio Ghirelli, Storia di Napoli, Einaudi, Torino, 1992, p. 293. ISBN 88-06-12974-0
  689. a b Citato in Rodolfo Pucino, Il tressette, Guida, Napoli, 2005, p. 22. ISBN 88-7188-908-8
  690. Citato in Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, 1866, anno I, n. 7, 30 gennaio 1866, p. 2.
  691. Citato in Antonio Altamura, Il dialetto napoletano, Fausto Fiorentino, Napoli, 1961, p. 84, [36]
  692. In Vocabolario domestico napoletano e toscano, p. 422.
  693. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 149.
  694. a b Citato in 'E scugnizze, p. 19.
  695. Per lisciabusso vedasi più in dettaglio Manuale di napoletanità, p. 53.
  696. Citato in Manuale di napoletanità, p. 53.
  697. Traduzione in Manuale di napoletanità, p. 53.
  698. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 227.
  699. Citato in Ferdinando Russo, 'O "luciano" d''o Rre, p. 61.
  700. Citato in A Napoli mentre bolle la pentola., p. 109.
  701. La spiegazione è di Patrizia Rotondo Binacchi, Cfr. A Napoli mentre bolle la pentola, p. 109.
  702. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, anno II, Parlata 143, 12 giugno 1861, p. 571.
  703. Fondo della botte.
  704. Locuzione antica. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 363.
  705. 'A percoca: la pesca gialla.
  706. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 223.
  707. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 215.
  708. Citato in Carmela Capitale, Vox Musae, cantate e ballate intorno al mare, al cielo e la terra, Aletti Editore, Villanova di Guidonia, 2017. p. 63. ISBN 978-88-591-4299-7
  709. In Viviani, III, p. 234.
  710. a b Citato in Tosco, p. 278.
  711. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 231.
  712. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 85.
  713. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 224.
  714. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 84.
  715. Carautielle: cibo immaginario. La definizione è in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 84.
  716. Carautielle: cibo immaginario. La spiegazione è in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 84.
  717. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 3.
  718. Citato in Alfredo Antonarus, Moto a luogo, Pendragon, 1994, p. 82.
  719. La spiegazione è in Moto a luogo, p. 82.
  720. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 478.
  721. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 652.
  722. Citato in Tommaso Pironti, 'O Lupommenaro do Mercato, Libreria Editrice Teatrale T. Pironti, Napoli, senza anno, 1920, circa, bibliocamorra, p. 17
  723. Citato in Floriana Coppola, Donna creola e gli angeli del cortile, Guida, Napoli, 2004, p. 39. ISBN 88-7188-820-0
  724. Citato in Annibale Ruccello, Ferdinando, prefazione di Isa Danieli, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1998, p. 30
  725. Per la Vergine Bruna si consulti voce su Wikipedia
  726. Citato in I tesori nascosti di Napoli, [37]
  727. Citato in Usi e costumi dei cammorristi, p. 169.
  728. Da Marino Niola, Archeologia della devozione, in Santità e tradizione, Itinerari antropologico-religiosi in Campania, a cura di Luigi M. Lombardi Satriani, Meltemi, Roma, 2004, p. 67.
  729. Diminutivo di zizza, mammella.
  730. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 469.
  731. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 481.
  732. Citato in C'era una volta Napoli, p. 92.
  733. Citato in No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, p. 33.
  734. a b c Citato in C'era una volta Napoli, pp. 107-108.
  735. Cfr. C'era una volta a Napoli, p. 107.
  736. Citato in Antonio Altamura, Il dialetto napoletano, Fausto Fiorentino, Napoli, 1961, p. 84, [38]
  737. Citato in Antonio Petito, Don Paparacianno, Chiurazzi, Napoli, 1901, p. 54.
  738. Citato in Giuseppe Giacco, Cultura classica e mondo subalterno nei Pediculi di Gennaro Aspreno Rocco, Testo integrale in latino e versione in vernacolo afragolese, Edizioni Istituto di Studi Atellani, 1985, p. 59
  739. Si veda, più dettagliatamente alla lettera F: Fa zita bona.
  740. Citato in Giuseppe Maresca, Era di Maggio, Lampi di stampa, 2012, Cologno Monzese, p. 208. ISBN 978-88-488-1358-7
  741. Citato in Ncopp' 'o marciappiede, p. 12.
  742. L'imprecazione è attribuita a Francesco II che con queste parole avrebbe manifestato il suo rammarico per la debole difesa opposta a Garibaldi dalla Marina Borbonica. Cfr. Era di maggio, p. 210.
  743. Citato in AA. VV., Al di là delle parole, a cura di Maria Vittoria Costantini e Maria Pierri, Franco Angeli, [39], nota 11.
  744. Citato in Pino Imperatore, Benvenuti in casa Esposito, Giunti, Firenze 2012, p. 51. ISBN 9788809775695
  745. Figura di furfante tramandata da un'antica tradizione popolare. Celebre per essere coinvolto in ogni genere di traffici loschi, divenne una sorta di capro espiatorio su cui sfogare la propria frustrazione con l'imprecazione citata. Cfr. più in dettaglio la nota 11 di Al di là delle parole, [40]
  746. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 179.
  747. La spiegazione è in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 179.
  748. La spiegazione, di F. D'Ascoli, è in C'era una volta Napoli, p. 46.
  749. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 119.
  750. Citato in Poesie napoletane, p. 65.
  751. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 235.
  752. La traduzione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 235.
  753. Venditrice d'ortaggi. Donna volgare, dedita al pettegolezzo. Vajassa. Mpechera.
  754. La spiegazione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 235.
  755. Citato in Ledgeway, Grammatica diacronica del napoletano, p. 109.
  756. Citato in Carlo Luigi Golino, Italian Quarterly, [41] p. 92.
  757. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 220.
  758. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 225.
  759. Citato in Sabato Antonio Manzi, La formazione della psichiatria in Irpinia, Lettere Italiane n. 55 - novembre 2003, Guida, Napoli, p. 27. ISBN 88-7188-560-0
  760. Citato inoltre in C'era una volta Napoli, p. 34. Secondo Altamura il termine deriva dal greco mastigophòros, portatore di frusta, altri studiosi lo riconducono al nome del famoso custode di folli del XVII° secolo mastro Giorgio Cattaneo, ideatore ed esecutore di "metodi terapeutici" particolarmente violenti. Cfr. C'era una volta a Napoli, p. 34.
  761. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 517, con il seguente commento:Masto Giorgio: allorché i matti eran tenuti peggio che belve un custode di tal nome tanto s'illustrò per le bastonate che prodigava agli infelici dementi, da rimanere quel nome come generico, sì pei custodi de' matti, come per bastonatore instancabile.
  762. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco travestute da vasciajole de lo mandracchio da Grabiele Quattomane, Stamparia de lo Comman. Nobele, Napoli, 1870, p. 68.
  763. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 228.
  764. Citato in C'era una volta Napoli, p. 115.
  765. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 104.
  766. Cfr.C'era una volta Napoli, p. 104.
  767. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 436.
  768. In forma corrente: 'mbruscenà.
  769. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 229.
  770. Sbattergliela con forza.
  771. Questa spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 229
  772. Citato in Antonino Guglielmi, ''O tavuto, p. 20.
  773. Citato in Partenio Tosco, L'eccellenza della lingua napoletana con la maggioranza alla toscana in Accademici Filopatridi, Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si scostano dal dialetto toscano, tomo secondo, presso Giuseppe-Maria Porcelli, Napoli, 1789, p. 178.
  774. Citato in Mario Guaraldi, La parlata napolitana: nuove ipotesi semantiche, Fiorentino, Napoli, 1982, p. 94.
  775. Citato in Marianna, 'a Capa 'e Napule, [42]
  776. Citato in Pulcinella delle tre spose, Roma, Gaetano Zenobi, 1710, [43]
  777. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 87.
  778. Citato in Il detto napoletano del 16 febbraio, Napoliflash24.it, 16 febbraio 2019.
  779. Citato in Antonino Guglielmi, Storia d'altri tempi, p. 26.
  780. Nota impresa di onoranze funebri.
  781. a b Citato in Antonio Videtta , Considerazioni su Corrado Giaquinto in rapporto ai disegni del Museo di S. Martino, Libreria Scientifica Editrice, Napoli, 1965, p. 87.
  782. a b Citato in Mannaggia Bubbà, p. 130.
  783. Citato in Francesco Bellanti, L'ultimo Gattopardo, lulu.com, 2016, p. 133.
  784. a b c d Citato in Manuale di napoletanità, p. 17.
  785. Citato in Raffaele Viviani, I dieci comandamenti, p. 144.
  786. Citato, con definizione, in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 230.
  787. Citato in Le Muse napolitane, egloga II, Euterpe overo La cortisciana, p. 244.
  788. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 90.
  789. Citato in C'era una volta Napoli, p. 91.
  790. Cfr.C'era una volta Napoli, pp. 90-91.
  791. Menare (in forma corrente: menà) gettare, lanciare.
  792. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 231.
  793. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1864, anno V, venerdì, 13 maggio 1864, parlata 133, p. 529.
  794. Nel film L'oro di Napoli, il pizzaiolo protagonista dell'episodio Pizze a credito, gridava lo slogan pubblicitario: "Cà se magna e nun se pava!", intendendo dire che la pizza poteva essere acquistata pagandola dopo una settimana (pizza oggi ad otto). Se però fra i clienti scorgeva un cattivo pagatore opportunamente colto da amnesia che aveva trascurato di saldare il conto o un cliente che era solito rinviare il pagamento, lo stesso grido: "Cà se magna. E nun se paava!...", aveva tutt'altro significato, era cioè una zeppata menata lanciata, scagliata allo scroccone per rimproverarlo e rammentargli il debito non pagato. Altra possibile zeppata: "Nun 'o saccio. Io me faccio 'e fatte mie", "Non lo so. Io mi faccio i fatti miei", zeppata che potrebbe prendersi chi fa una domanda indiscreta, inopportuna, chi cerca di carpire informazioni riservate.
  795. In forma corrente: Mena': gettare, lanciare, buttare.
  796. Granchio, ma anche raffio, arpione, uncino.
  797. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 325.
  798. Citato e spiegato in Hermann W. Haller, Tra Napoli e New York, Le macchiette italo-americane di Eduardo Migliaccio, testi con introduzione e glossario, Bulzoni, 2006. ISBN 8878700819, [44], p. 254.
  799. Citato in Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti, arcadia ebook, p. 169
  800. Citato in Antonietta Ambrosano e Mimmo Barba, Ri-cre-azione, presentazione di Antonio Faeti, Armando Editore, 2002, p. 105. ISBN 88-8358-319-1
  801. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 134.
  802. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 94.
  803. Anche: p' 'e senghe: attraverso gli spiragli delle porte.
  804. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 327.
  805. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 121.
  806. Cfr. più dettagliatamente Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 121.
  807. a b Citato in Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napoletano-italiano, p. 189.
  808. Citato in Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, anno II, n. 7, giovedì 17 gennaio 1867, p. 2.
  809. Citato in Manuale di napoletanità, p. 22.
  810. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 299.
  811. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 316.
  812. a b Puteca: dal greco apotheke: magazzino, ripostiglio. Cfr. Del parlar napoletano, p. 47.
  813. Citato in A Buon 'Ntennitore, Proverbs of Naples, p. 55.
  814. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 102.
  815. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 215.
  816. Citato in So masto Rafaele e non te ne ncarricà, p. 7.
  817. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary , p. 37.
  818. Mezza
  819. a b 'A pettola o pettula: "La parte inferiore del davanti o del di dietro della camicia [...] – quel lembo di camicia che vien fuori dallo sparo de' calzoncini de' bambini [...] – pasta distesa in falda sottile, Sfoglia. – per donna, in senso per lo più dispregiativo, Gonnella." La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 296.
  820. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico, p. 288.
  821. Citato in Antonio Grano, Trattato di sociologia della canzone classica napoletana, Palladino, Campobasso, 2004, p. 66.
  822. Citato in Giacomo Marulli e Vincenzo Livigni, Guida pratica del dialetto napolitano o sia Spiegazione in lingua toscana della Mimica di alcune frasi e delle voci dei venditori e scene comiche DEI COSTUMI NAPOLITANI, Stabilimento Tipografico Partenopeo, Napoli, 1877, p. 16
  823. La spiegazione è in Marulli e Livigni, p. 16.
  824. Citato in Patrizia Mintz, Veritas, PIEMME, 2010 [45] ISBN 9788858502662
  825. Miscio: gatto, micio. Cfr. Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 243.
  826. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 243.
  827. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 286.
  828. a b Citato in Apicella, I ritte antiche, p. 320.
  829. Citato e tradotto in Giulio Trevisani, Teatro napoletano, Da Salvatore di Giacomo a Eduardo de Filippo, [46] p. 81.
  830. La traduzione è in Teatro napoletano, Da Salvatore di Giacomo a Eduardo de Filippo, p. 55.
  831. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 112.
  832. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 202.
  833. La spiegazione è in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 202.
  834. Citato in Fascio de chellete nove contegnose e freccecarelle fatte da paricchie auture pe llevare la paturnia e li pierdetienbe; raccuoveto e prubbecato da jachil Girì Zuzù (briolià) Napole: se venne a lo mavazzeno de libre de Luigi Chiurazzi, Napoli, 1836, p. 7.
  835. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 178.
  836. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 244.
  837. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 244.
  838. Citato in Poesie napoletane, p. 54.
  839. Citato in Arlecchino: giornale-caos di tutti i colori, anno IV, n. 39, 16 febbraio 1863, p. 153.
  840. Citato in Pietro Paolo Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 172.
  841. Citato in Romualdo Marrone, Il paese di Pulcinella, vol. I, Bellini, Napoli, 1991, p. 284.
  842. Citato in Vocabolario domestico napoletano e toscano compilato nello studio di Basilio Puoti, p. 272.
  843. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 239.
  844. Citato in Nu scagno de n'appartamiento e na festa de ballo di Pasquale Altavilla}}, Tipografia De' Gemelli, Napoli, 1850, p. 10.
  845. Citato in Niccola Valletta, Poesie inedite, Dalla Tipografia di Luigi Nobile, Napoli, 1816, p. 17
  846. Citato in Lo Spassatiempo, anno II, n. 15, 11 giugno 1876, p. 2.
  847. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 199.
  848. Citato in C'era una volta Napoli, p. 107.
  849. Citato in Nino Del Duca, Io stongo 'e casa 'America. Riflessioni, prefazione di Furio Colombo, introduzione di Antonio Ghirelli, Guida, Napoli, p. 175. ISBN 88-7188-905-3
  850. Citato in Il Borghini, anno primo, Tipografia del vocabolario, Firenze, p. 123.
  851. Traduzione in Il Borghini, p. 123.
  852. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 207.
  853. Citato in Il propugnatore, vol. VII, parte II, presso Gaetano Romagnoli, Bologna, 1874, p. 174.
  854. In Il propugnatore, 1874, p. 174.
  855. Citato in Epigrammi del marchese di Caccavone e del Duca di Maddaloni, a cura di Giuseppe Porcaro, Arturo Berisio Editore, Napoli, 1968, p. 49.
  856. Citato in Giovanni Fiorilli, La terza chiacchiareata nfra lo cuorpo de Napole e lo Sebeto. Di Giovanni, p. 3.
  857. citato in I promessi sposi, In lingua napoletana, cap. X
  858. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 250.
  859. La spiegazione è in D'Ambra, p. 250.
  860. Citato in Poesie napoletane, p. 74.
  861. — Ma comme! Me parea na santarella | chella muchiella sorda! 'Aggio ncuntrata | doj' ore fa, dint' a na carruzzella... | Cummà!... Ma comme steva ngrattinata! (In Poesie napoletane, p. 60) — Ma come! Mi sembrava una santarella | quella marpioncella! | Commà! Ma com'era agghindata!
  862. a b c d e Citato in C'era una volta Napoli, p. 31.
  863. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 240.
  864. Cfr. per questo significato, Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 203.
  865. Citato e spiegato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 115.
  866. Citato in Poesie napoletane, p. 58.
  867. I finimenti con cui viene bardato il cavallo.
  868. Citato in C'era una volta Napoli, p. 24.
  869. Citato in Poesie napoletane, p. 371.
  870. Citato in Ettore De Mura, Poeti napoletani dal Seicento ad oggi, vol. 2, [47], Alberto Marotta Editore, 1973, p. 577.
  871. Cesto per la raccolta dell'uva fabbricato a forma di cono capovolto con al vertice una punta di legno ('o muzzóne) che, conficcata nel terreno, lo teneva in piedi. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 14.
  872. Citato e spiegato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 252.
  873. a b Da Vincenzo Vitale, Malufiglio, citato in Pasquale Scialò, La sceneggiata, Rappresentazioni di un genere popolare, p. 268
  874. Citato in Troppo napoletano, [48]
  875. Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1862, p. 1342.
  876. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, Delfini S.R.L., Milano, 1967, [49]
  877. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 271.
  878. Giuseppe Marotta, I bambini osservano muti le giostre dei grandi, IoScrittore, 2012. ISBN 978-88-97148-80-7, p. 13
  879. Citato in Manuale di napoletanità, p. 24.
  880. In Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 144.
  881. Galletta molto difficile da ammorbidire in acqua.
  882. Citato in Lo Lampo, anno I, n. 47, p.3
  883. Citato in Poesie napoletane, p. 153.
  884. a b c Citato e spiegato in Mondadori, Meridiani, p. 1008.
  885. Citato in Niccolò Amenta, Il Forca, Presso Giacomo Prodotti, Venezia, 1700, p. 113.
  886. Citato in C'era una volta Napoli, p. 98.
  887. La spiegazione è in C'era una volta Napoli, p. 98.
  888. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 302
  889. La spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 302.
  890. Da il n'a qu'un œil. Ha solo un occhio, con riferimento agli ufficiali francesi che portavano il monocolo, Cfr. Naples allegro con fuoco, [50]
  891. Citato in Véronique Bruez, [Naples allegro con fuoco], [51]
  892. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 216.
  893. Cfr. Anfreoli, p. 252.
  894. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 216.
  895. Citato in La nferta pe lo capodanno de lo 1835, Da li truocchie de la Sociatà fremmateca, Napoli, p. 41
  896. Allè, refuso, nella fonte. Allé allé era il grido carnevalesco per farsi far largo, Cfr. Rocco, Vocabolario del dialetto napoletano, p. 78.
  897. Citato con spiegazione in Emmanuele Rocco, Vocabolario del dialetto napoletano, Bernardino Ciao Editore-librajo, Napoli, 1882, p. 78.
  898. Citato in Cesare Caravaglios, Voci e gridi di venditori in Napoli, introduzione di Raffaele Corso, Catania, Libreria Tirelli di F. Guaitolini, Catania, 1931 · IX, p. 67.
  899. Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 118.
  900. Citato in D'Ambra Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 237.
  901. Citato in Lo Lampo, Giornale elettreco pe tutte, anno 2, n. 5, giovedì 13-01-1876, p. 2
  902. Citato in Apicella, I ritte antiche, p. 363.
  903. Citato in TuttoTotò, p. 38.
  904. La spiegazione è in TuttoTotò, p. 38.
  905. Citato in Cucozze e caracazze, p. 198.
  906. La spiegazione è in Cucozze e caracazze, p. 198.
  907. Citato e spiegato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 58 .
  908. Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 15.
  909. Scottato,ferito da un dolore cocente.
  910. L'interpretazione è in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri
  911. a b c Citato in Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 65.
  912. a b Citato in Napoli, punto e basta?, p. 477.
  913. Onomatopeico.
  914. La definizione è di Giovanni Artieri, in Napoli, punto e basta?, p. 477.
  915. Citato in Marinara, a cura di Antonio Virgilio Savona e Michele L. Straniero, Mondadori, Milano, 1990, p. 440. ISBN 9788804334460
  916. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 94.
  917. Citato in Rocco Galdieri, 'E lluce-luce (Le lucciole), Editrice Tirrena, Napoli, 1928, p. 8.
  918. Citato in C'era una volta Napoli, p. 49.
  919. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 49 e p. 85.
  920. Citato in Viviani, III, p. 228.
  921. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 261.
  922. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 262.
  923. Citato in P. Bello e D. Erwin, Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 150
  924. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 94.
  925. Sdòbbele, refuso, nel testo.
  926. Citato con traduzione e spiegazione in Napoli, punto e basta?, p. 33.
  927. Citato in Nicolò Lombardi, La Ciucceide o puro La reggia de li ciucce conzarvata. Poemma arrojeco di Nicolò Lombardi. Caporuota nella Regia Udienza di Trani, Presso Giuseppe Maria Porcelli, Napoli, 1783, p. 190.
  928. Citato in No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, p. 25.
  929. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 264.
  930. Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 264.
  931. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 205.
  932. Citato in Marulli e Livigni, p. 44.
  933. In Marulli e Livigni, p. 44.
  934. Citato in Anna Menafro e Mariarosa Amodio, Il berretto del laureato, PM Edizioni, Varazze (SV), 2018. ISBN 978-88-99565-86-2, p. 120.
  935. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 267.
  936. Questa definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 267.
  937. Citato in Armando Cenerazzo, Rose rosse e rose gialle, Alfredo Guida Editore, Napoli, p. 101
  938. Citato in Carmine Ruizzo, La terra dei suoni, Un viaggio attraverso la musica popolare campana, p. 10
  939. Citato in Renato de Falco, Il napoletanario, Colonnese Editore, Napoli; in Nello Ajello, Detti e contraddetti del popolo napoletano, la Repubblica.it Archivio del 28. 01. 2002.
  940. a b c Lunghezza misurata dal pollice e dall'indice tesi. Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 470.
  941. Citato in Pasquale Scialò, Storia della canzone napoletana 1824-1931, vol. I, Neri Pozza, Vicenza, 2017, p. 221.
  942. Citato in Il morto supplente, p. 32.
  943. Citato in Franco Di Mare Il paradiso dei diavoli, BUR, RCS Libri, Milano, 2012, p. 30. ISBN 978-88-58-65498-9
  944. Citato in Proverbi Italiani, Associazione Culturale Adventure, p. 200
  945. Traduzione in Proverbi italiani, p. 200
  946. Più comunemente Mesurella.
  947. Si narra che un caldarrostaio occultò il cadavere di un uomo che aveva ucciso – secondo Apicella un venditore concorrente – proprio nel punto in cui vendeva le caldarroste. La "voce" insolita (e chill'amiche sempe rorme!) con cui attirava i clienti finì per insospettire i gendarmi che scoprirono il delitto. Cfr. Apicella I ritte antiche, p. 280.
  948. Citato in Apicella I ritte antiche, p. 280.
  949. 'O sturcio: la smorfia, il lavoro eseguito malissimo, la persona o la cosa cosa deforme.
  950. Maschio.
  951. Citato in Alfabeto napoletano, p. 453.
  952. Citato in Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 108.
  953. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 470.
  954. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 305.
  955. La spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano italiano, p. 305.
  956. Citato e spiegato in Raffaele Viviani, Poesie, Guida, Napoli, 2010, p. 82. ISBN 978-88 6042-710-6
  957. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 470.
  958. Citato in Per moda di dire, p. 15.
  959. Citato in Fortunato Calvino, Teatro, Guida, Napoli, 2007, p. 116 ISBN 88-878-6042-328-3
  960. Citato in Viviani, Teatro, II, p. 95.
  961. La traduzione è in Viviani, Teatro, II, p. 95.
  962. "Nun fa 'o farenella! |Si nce hai che di', dimme 'a parola chiara! Non fare il buffone | Se hai da ridire, parlami chiaro! (Da Poesie napoletane, p. 124.)
  963. Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 109.
  964. Citato in I proverbi di Napoli, p. 263.
  965. La spiegazione è in I Proverbi di Napoli, p. 263.
  966. Citato in Nun magna' pe' nun caca', dettinapoletani.it.
  967. Citato in Napoli , punto e basta?, p. 705.
  968. La traduzione è in Napoli , punto e basta?, p. 705.
  969. Citato in Antonino Guglielmi, Un diavolo nella valigia, p. 45
  970. Citato in Romualdo Marrone Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Napoli, Newton Compton Editori, 2015, [52] ISBN 978-88-541-8502-9
  971. Della statua di San Giuseppe
  972. L'interpretazione (più dettagliata) è in Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Napoli.
  973. a b Cfr. più dettagliatamente Paolo Isotta, La virtù dell'elefante: La musica, i libri, gli amici e San Gennaro, Marsilio, Venezia, 2014, [53] ISBN 978-88-541-9823-4
  974. Citato in Viviani, Teatro, VI, p. 344.
  975. Citato in Annibale Ruccello, Teatro, Ubulibri, 2005, p. 132.
  976. Citato in Colella, p. 22.
  977. a b Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 268.
  978. La definizione è in Volpe, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 268.
  979. Citato in Il segreto in voce, Roma, Domenico Antonio Ercole, 1712, p. 37
  980. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1860, parlata 7, 23 Luglio 1860, p. 26.
  981. Citato in Eduardo de Filippo, Cantata dei giorni dispari, vol I, Einaudi, Torino, 1995, p. 575.
  982. a b Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 316.
  983. La spiegazione è in D'ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 316.
  984. a b c Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 269.
  985. La definizione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 269.
  986. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 157
  987. Citato in Francesco Piscopo 'E scugnizze, Salvatore Romano, Napoli, 1904, wikisource p. 10.
  988. Citato in Raffaele Viviani, Teatro, IV, p. 554.
  989. Citato in Agnese Palumbo e Maurizio Ponticello, Il giro di Napoli in 501 luoghi, La città come non l'avete mai vista, Newton Compton, Roma, 2014, p. 35. ISBN 978-88-541-7070-4
  990. Citato in Raffaele Pisani, I Promessi sposi, prefazione di Maria Zaniboni, [54]
  991. Citato in Cucozze e caracazze, p. 164.
  992. Citato in Abele De Blasio, Usi e costumi dei camorristi, prefazione di Cesare Lombroso, illustrazioni di S. De Stefano, Napoli, Luigi Pierro Editore, Napoli, 18972, p. 165.
  993. Citato in Tammaro Mormile, Albatros Edizioni Cuore di mamma, p. 16. ISBN 9788899906191
  994. Citato in Proverbi & Modi Di Dire - Campania , Simonelli, Milano, 2006, p. 72. ISBN 88-7647-103-0
  995. Citato in Patrizia Rotondo Binacchi, A Napoli mentre bolle la pentola, p. 63.
  996. Citato in Giancarlo Signore, Storia delle abitudini alimentari, Dalla preistoria al fast food, Tecniche Nuove, Milano, 2010, p. 198. ISBN 978-88-481-7428-2
  997. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Nnapule, p. 283.
  998. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 339-340.
  999. Traduzione in Teatro, IV, p. 340.
  1000. Citato in Giuseppe Marotta, Scampia salverà il mondo: storia e storie di un medico di frontiera, Aletti, Villanova di Giudonia, 2020, p. 20. ISBN 978-88-591-6324-4
  1001. Citato in Cito Teodonno, Sentinelle di un bel niente, vesuvionews.it, 17 ottobre 2018.
  1002. Con questa definizione in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 173.
  1003. Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 28.
  1004. Citato in Mario Caccavale, Vite doppie, Mondadori, [55]
  1005. Citato in Alberto Liguoro, Il vecchio teatro, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2001, p. 24 ISBN 88-7188-479-5
  1006. Citato in Giuseppina Scognamiglio, Sullo scrittoio di Partenope, studi teatrali da Mastriani a Viviani, Edizioni scientifiche italiane, 2006, p. 172.
  1007. Citato in Erri De Luca, Montedidio, Feltrinelli, p. 122.
  1008. La locuzione è ancora in uso in alcune città della Campania.
  1009. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 322.
  1010. Citato in Alberto Liguoro, Il vecchio teatro, Lettere Italiane n. 38 – giugno 2002, Alfredo Guida Editore, Napoli, p.24
  1011. Citato in P. Mintz, Il custode degli arcani, p. 294.
  1012. Citato in Raffaele Viviani, Teatro, II, Guida, Napoli, 1988, p. 95
  1013. Citato in Ferdinando Russo, La Camorra, Prismi, Edizioni de Il Mattino, Edi.Me.-Il Mattino, 1996, p. 14.
  1014. Citato in Citato in Alessio Arena, Luigi Romolo Carrino, Massimiliano Palmese e Massimiliano Virgilio, Quattro mamme scelte a caso: omaggio ad Annibale Ruccello, Caracò, Napoli, 2011, p. 14. ISBN 978-88-97567-03-5
  1015. Citato in Vittorio Gleijeses, Feste, Farina e Forca, prefazione (all'edizione del 1976) di Michele Prisco, Società Editrice Napoletana, Napoli, 19773 riveduta e aggiornata, p. 176.
  1016. In Feste, Farina e Forca, p. 176, Gleijeses riferisce l'interpretazione di un autore, il Maes: nell'epoca in cui visse S. Martino, la chiesa comandava durante i digiuni l'astensione dal consumo di carne e l'assoluta castità. Era questa l'occasione, per alcune mogli più vivaci, più focose, dalla sensualità molto esuberante, insofferenti di simili divieti, di cercare in altri uomini compensazioni alternative alla scrupolosa osservanza del divieto da parte dei mariti. L'uomo notoriamente... "disonorato", circondato da un'allegra brigata di amici, in un'atmosfera goliardica, fra libagioni di vino nuovo accompagnate da torrone, veniva pian piano accompagnato a sua insaputa verso la Certosa di San Martino ed una volta introdottovi, complice il guardiano, veniva chiusa la porta e gli si gridava: «Rimane 'a ffa 'o priore!» Resta a fare il priore!. È 'a festa d'o priore San Martino è l'espressione impiegata per dire: è la festa dei... "traditi". Cfr., inoltre, Gleijeses, Napoli dentro e ... fuori, p. 319.
  1017. Citato con traduzione in Giuliana Mazzotti, Verso una educazione interlinguistica e transculturale, Marzorati, Milano, 1984, p. 253.
  1018. Citato in Pennino, p. 303.
  1019. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 173.
  1020. Vittorio Del Tufo, TRENTAREMI, Storie di Napoli magica, Rogiosi, Napoli, p. 101.
  1021. Il riferimento è al dipinto, custodito nella chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina, opera di Leonardo Grazia dello il Pistoia: nella tela il diavolo, trafitto da San Michele Arcangelo, è raffigurato nelle fattezze di una donna seducente. Per la storia del dipinto e per un approfondimento sull'origine dell'espressione Cfr. più dettagliatamente TRENTAREMI, Storie di Napoli magica, p. 101 e Gennaro Aspreno Galante , Guida sacra della città di Napoli, Stamperia del Fibreno, Napoli, 1872, p. 393.
  1022. Citato in TRENTAREMI, Storie di Napoli magica, p. 101.
  1023. "Fatto sta, che nel quadro del Pistoia quel bel volto di giovane donna, dai biondi capelli e dai dolci occhi, appare calmo, quasi sorridente, ed ella piega le braccia e le mani in molle atto voluttuoso, e par che non si accorga nemmeno della lancia che l'angelo le ha infitta sul dorso serpentino, sia che non la prenda molto sul tragico, sia che non voglia, pur nel languire morendo, scomporre la propria attraente vaghezza. E il dipinto destinato a colpire le fantasie per la terribilità del castigo inflitto a colei che tentò scrollare una salda virtù, le sedusse invece con quell'immagine; e nel linguaggio del popolino dei contorni rimase come paragone di elogio: «Bella come il diavolo di Mergellina»" (Benedetto Croce)
  1024. Citato in Raffaele Viviani, Poesie: opera completa, a cura di Antonia Lezza, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2010, p. 240. ISBN 978-88-6042-710-6
  1025. Citato in Ledgeway, p. 273.
  1026. Citato in Antonino Guglielmi, Lo spirito guida, p. 70 ISBN 978-1-291-01389-4
  1027. Citato in Raffaele Viviani, Teatro Vol. V|, p. 590.
  1028. Citato in C'era una volta Napoli, p. 13.
  1029. citato in Jordan Lancaster, In the Shadow of Vesuvius, A Cultural History of Naples, I. B. Tauris, Londra, New York, 2005, p. 251
  1030. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 298.
  1031. Citato in Francesco D'Ascoli, Letteratura dialettale napoletana, Gallina, Napoli, 1996, p. 224.
  1032. Maria Giuseppa Errico (Napoli, 1792 – Napoli, 1867).
  1033. Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 29.
  1034. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 28.
  1035. a b Citato in Tosco, p. 267.
  1036. Citato in Nino Del Duca, Io stongo 'e casa 'America. Riflessioni, prefazione di Furio Colombo, introduzione di Antonio Ghirelli, Guida, Napoli, 2005, p. 123
  1037. Citato e spiegato in Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 153.
  1038. La spiegazione è in la Repubblica.it Napoli del 5. 12. 2006.
  1039. Ni' è l'abbreviazione di ninno: bimbo.
  1040. In Viviani, III, p. 248.
  1041. Traduzione in Viviani, III, p. 248.
  1042. La spiegazione è in Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 72.
  1043. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 236.
  1044. Citato in Maria Emilia Nardo, Raffaele Viviani: Dalla Vita alle Scene L’Altra Autobiografia (1888-1947), a cura di Maria Emilia Nardo, Rogiosi, 2017, p. 71.
  1045. Citato in In the Shadow of Vesuvius, p. 250.
  1046. Femminile di Don (Dominus, Signore), appellativo onorifico con cui ci si rivolge in modo riguardoso a persone che godono di grande prestigio.
  1047. a b c Citato e spiegato in Maurizio Esposito, Uomini di camorra, La costruzione sociale dell'identità deviante, prefazione di Maria Immacolata Macioti, Franco Angeli, p. 185
  1048. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 274.
  1049. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 225.
  1050. Citato in Lo Trovatore, 1866, [56]
  1051. a b Citato in Napoli, punto e basta?, p. 650.
  1052. a b Cfr.Napoli, punto e basta?, p. 650.
  1053. Citato in No Sansone a posticcio co Pulecenella mbrogliato fra forza e senza forza, p. 36.
  1054. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 278.
  1055. Citato in Generoso Picone, I napoletani, Laterza, 2005 [57] ISBN 9788858118610
  1056. Citato in I pediculi di Gennaro Aspreno Rocco, in G. Giacco, Cultura classica e mondo subalterno ne I pediculi di Gennaro Aspreno Rocco, Atto II, Scena I
  1057. Citato, nella formulazione riportata dallo studioso Raffaele Bracale, in Cucozze e caracazze, p. 31.
  1058. a b Citato in Cucozze e caracazze, p. 31.
  1059. Cfr. più estesamente Cucozze e caracazze, pp- 30-31.
  1060. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 340.
  1061. Citato in Armando Curcio, Il teatro di Armando Curcio, Armando Curcio Editore, 1977, p. 70.
  1062. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 123.
  1063. Cioè ad un peperone rosso e per traslato ad un uomo rozzo e stupido. Cfr. Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 99. Secondo il De Ritis, invece, chiochiaro deriva da chiochia scarpa grossolana da pastore. Cfr. De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 329.
  1064. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 431.
  1065. Citato in Poesie napoletane, p. 214.
  1066. Citato in Del parlar napoletano, p. 13.
  1067. Citato, con spiegazione, in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 275.
  1068. Citato in La fidanzata del parrucchiere, Tipografia Comunale, Napoli, p. 11.
  1069. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1862, anno III, 30 gennaio 1862, p. 119.
  1070. Citato in A Napoli mentre bolle la pentola, [58]p. 109.
  1071. Pendendo a modello la gallina che non orina mai (idea però del tutto priva di fondamento)).
  1072. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 306.
  1073. a b c d e Citato in C'era una volta Napoli, p. 103.
  1074. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 103.
  1075. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 247.
  1076. La spiegazione è in Dizionario napoletano, p. 247.
  1077. Citato, tradotto e spiegato in Raffaele Viviani, Poesie, opera completa, a cura di Antonia Lezza, Guida, 2010, p.227
  1078. Citato in C'era una volta Napoli, p. 78.
  1079. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 78.
  1080. Citato in Antonio Venci, La Canzone Napolitana, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1955, p. 142.
  1081. Citato in Usi e costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti, opera diretta da [Francesco de Bourcard], vol I, Napoli, Stabilimento tipografico di Gaetano Nobile, Napoli, 1853, p. 319.
  1082. Dal greco: parapatto: versare copiosamente, senza risparmio. Cfr. Del parlar napoletano, p. 48.
  1083. In forma corrente: pati'
  1084. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 221.
  1085. a b Citato in Michele Zezza, Le bontoniste redicole, Farza de monzù Moliero, Da li truocchie de la Sociatà Fremmatica, Napoli, 1835, p. 30
  1086. Citato in Francesco Barbagallo, Napoli, Belle Époque, Laterza, Bari, 2015, [59]
  1087. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 236.
  1088. Marulli e Livigni, p. 16.
  1089. Citato in Michele Zezza, Metastasio a lo Mandracchio, Zoè La Dedone abbannonata votata a llengua nosta da lo barone Michele Zezza, p. 28
  1090. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1861, p. 746
  1091. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, p. 746.
  1092. a b c Citato in C'era una volta Napoli, p. 42.
  1093. La definizione è in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 255.
  1094. Cfr.C'era una volta Napoli, p. 42.
  1095. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 312.
  1096. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 119.
  1097. Questa definizione è in D'ambra, p. 119.
  1098. Citato in Viviani, Teatro III, p. 103.
  1099. Citato in Antonella Cilento, Bestiario napoletano, p. 19.
  1100. Cfr.C'era una volta Napoli, p. 42.
  1101. La spiegazione è in Manuale di napoletanità, p. 70.
  1102. Pronuncia: ˈPesələ ˈpesələ.
  1103. Citato in Giovanni di Giurdignano, Il marinaio, Napoli, 1839, p. 10.
  1104. Da G. di Giurdignano, Il marinaio, p. 10.
  1105. Citato in Altamura e Giuliani, p. 51.
  1106. Citato in Per moda di dire, p. 122.
  1107. Citato in Taranto e Guacci, p. 127.
  1108. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 656.
  1109. Cfr. Napoli, punto e basta?, p. 656.
  1110. Citato in Volpe, Dizionario napolitano-italiano tascabile, p. 248.
  1111. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 265.
  1112. Citato in Gargano, Vocabolario domestico napolitano-italiano, p. 90.
  1113. Anche: 'na scippacentrella. Scippacentrelle: (masch.) scivolata forte, quasi da strappar le bullette di sotto le scarpe. La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 362.
  1114. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 318.
  1115. Citato in Angelo Cannavacciuolo, Acque basse, Fazi, Roma, 2005, p. 180. ISBN 88-8112-637-0
  1116. Citato in Vittorio Pupillo, Proverbi. Semi della tradizione, vol. III, Youcanprint Self-Publishing, Tricase (LE), 2014, p. 264. ISBN 978-88-91174-68-0
  1117. Citato in C'era una volta Napoli, p. 23.
  1118. Questa spiegazione è di Francesco D'Ascoli, in C'era una volta Napoli, p. 23.
  1119. Citato Il morto supplente, p. 31
  1120. Citato in Feste, Farina e Forca, p. 183.
  1121. Citato in Volpe, ''Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 250.
  1122. La definizione è in Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 250.
  1123. Pittà': Dipingere, pitturare, imbiancare; descrivere con esattezza. La definizione è in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 264.
  1124. Citato in Pietro Gargano, Uno scugnizzo fuori dal branco. Pino De Maio. Dalla periferia alla corte della regina d'Inghilterra, Alfredo Guida Editore, 2002, p. 118. ISBN 88-7188-627-5
  1125. Citato in Raffaele De Cesare, La fine di un Regno, vol. III, S. Lapi, 1909, p. 21.
  1126. Cfr.C'era una volta Napoli, pp. 102-103.
  1127. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 304.
  1128. La spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 304.
  1129. Citato in TuttoTotò, p. 33.
  1130. Definizione in TuttoTotò, p. 33.
  1131. Suscella o Sciuscella: carruba.
  1132. a b c d Citato in Mondadori, Meridiani, p. 1025.
  1133. Citato in Gleijeses, Napoli dentro... e fuori, p. 303.
  1134. Cfr. Gleijeses, Napoli dentro... e fuori, p. 103.
  1135. Citato in Totò, 'A livella, citato in Luciano De Crescenzo, Fosse 'a Madonna! Storie, grazie, apparizioni della mamma di Gesù, Mondadori, Milano, 2012, 94.
  1136. Citato in Vittorio Gleijeses, Feste, Farina e Forca, prefazione (all'edizione del 1976) di Michele Prisco, Società Editrice Napoletana, Napoli, 19773 riveduta e aggiornata, p. 84.
  1137. a b Citato in C'era una volta Napoli, p. 102.
  1138. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 102.
  1139. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 298.
  1140. Citato in Intorno a Pinocchio, a cura di Aldo Capasso, Armando Editore, Roma, 2008. ISBN 978-88-6081-434-0, p. 47.
  1141. Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 113.
  1142. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 302.
  1143. La spiegazione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 302.
  1144. Citato in Proverbi e modi di dire napoletani, p. 156.
  1145. Citato in Piera Ventre, Palazzokimbo, Neri Pozza, Vicenza, 2016, [60] ISBN 978-88-545-1444-7
  1146. Citato in Pino Imperatore, Questa scuola non è un albergo, Giunti, Firenze, 2015p. 218. 9788809812802
  1147. Citato in Eleonora Olivieri, Il mio anno pazzesco, De Agostini, Milano, 2017. ISBN 978-88-511-4874-4, p. 33
  1148. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 113.
  1149. Citato in A Buon 'Ntennitore, p. 79.
  1150. Citato e spiegato in Salvatore Di Giacomo, Poesie, p. 527.
  1151. Citato in Marco Perillo, 101 perché sulla storia di Napoli che non puoi non sapere, Newton Compton Editori, Roma, 2017, p. 195. ISBN 978-88-227-1478-7
  1152. Oppure, talvolta, in una variante di uso limitato, ripresa dalla canzone di Pino Daniele "Che te ne fotte": Quanno good good cchiù nero d'a notte nun po' venì.
  1153. Citato in Antonino Guglielmi, 'E ddoje ricchezze: (commedia in due atti in lingua napoletana), lulu.com, 2012, p. 10. ISBN 978-1-291-00640-7
  1154. Citato in Vittorio Pupillo, Proverbi dalla saggezza del passato, una speranza per il futuro, vol II, Youcanprint, Tricase (LE), 2014 p. 276. ISBN 9788891147530
  1155. Nella fonte: a, refuso.
  1156. Citato in Giovanni Liccardo, Gesti e modi di dire di Napoli: un viaggio alla scoperta di un patrimonio poplare, Newton Compton, Roma, 2020, p. 153. ISBN 9788822750877
  1157. Citato in Isa Rampone Chinni e Tina Palumbo De Gregorio, La farmacia di Dio, Rogiosi Editore, p. 41. ISBN 978-88-6950-129-6,
  1158. a b Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 510.
  1159. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 339.
  1160. Citato in C'era una volta Napoli, p. 101.
  1161. Citato in Wanda Marasco, La compagnia delle anime finte, Neri Pozza, [61] ISBN 978-88-545-1515-4
  1162. Citato in Giambattista Valentino, La mezacanna, vol I, A spese della Stamperia Filantropica, Napoli, 1835, p. 249
  1163. Citato in Nzularchia, p. 14
  1164. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 386.
  1165. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, p. 64.
  1166. Questa spiegazione è in Sebezio, Motti e detti napoletani, p. 64.
  1167. Citato in Proverbi. Semi della tradizione, vol. III, p. 213.
  1168. Traduzione in Proverbi. Semi della tradizione, p. 213.
  1169. Prevete: prete.
  1170. Citato in Marulli e Livigni, p. 16.
  1171. Da Altamura,Dizionario dialettale napoletano, Fiorentino, Napoli, 19561, 19682, citato in Viviani, Teatro, II, p. 45.
  1172. La spiegazione è in Teatro, II, p. 45.
  1173. Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 8.
  1174. Citato in S'è araputa 'a prufummaria 'e Bertelle!, dettinapoletani.it.
  1175. Dal greco stróbilos
  1176. Onomatopea
  1177. Citato in Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, 1873, p. 368.
  1178. Interpretazione presente nella voce su Wikipedia.
  1179. Per un'ulteriore possibile interpretazione, si veda Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 368.
  1180. Citato in C'era una volta Napoli, p. 13.
  1181. Questa spiegazione è di Francesco D'Ascoli. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 13.
  1182. Citato in Il custode degli arcani, p. 88.
  1183. Citato in Totò principe clown, prefazione di Goffredo Fofi, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1997, p. 304. ISBN 88-7188-157-5
  1184. Citato in Apicella, I ritte antiche, p. 352.
  1185. Citato in Amato, p. 177.
  1186. Citato in Amara LaKhous, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, Edizioni e/o, Roma, 2006. ISBN 9788876419379, p. 20
  1187. Citato in Amara LaKhous, Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio, Edizioni e/o, Roma, 2006. ISBN 9788876419379, p. 34
  1188. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 99.
  1189. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 148.
  1190. Citato in Michelangelo Tancredi, Vierze, Stampate e no stampate, Tipografia Cenniniana, Roma, 1877, p. 78, Tipografia Cenniniana, Roma, 1877
  1191. Citato in Colomba Rosaria Andolfi, Chicchi di grano. Poesie, macchiette, teatro in versi, testi di canzoni, Alfredo Guida Editore, 2005. ISBN 88-6042-114-4, p. 115
  1192. Citato in Viviani, Teatro, IV, p. 234.
  1193. A S. Luca sono attribuite celebri icone della Vergine.
  1194. Citato in Antonio Buonomo, L'arte della fuga in tempo di guerra, prefazione di Roberto De Simone, Effepi Libri, Monte Porzio Catone (RM), 2010, p. 34. ISBN 978-88-6002-020-8
  1195. Citato in AA. VV., Natale con i tuoi, Guida, Napoli, 2004, p. 130 ISBN 88-7188-837-5
  1196. Citato in C'era una volta Napoli, p. 71.
  1197. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 71 e p. 80.
  1198. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 706.
  1199. Citato in Salvatore Savignano, Un posto sottoterra, Roma, Robin, 2006, p. 179
  1200. Dallo spagnuolo roano che deriva a sua volta dal latino ravus: giallo grigio, grigiastro. Ruvagno può essere riferito ad un qualsiasi vaso di argilla o di legno, più specificamente però al pitale (In napoletano:'o pisciaturo o 'o rinale. (con aferesi della o di orinale).
  1201. Locuzione in uso nel Napoletano Cfr. C'era una volta Napoli, p. 44. Citato in C'era una volta Napoli, p. 44.
  1202. a b Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, Colonnese Editore, Napoli, 1989, vol. II, p. 121.
  1203. Citato in Giuseppe Gargano, Vocabolario domestico napolitano-italiano, Dalla Tipografia di Nunzio Pasca, Napoli, 1841, p. 105
  1204. a b c Dal greco Kartallon: cesta o paniere dal dorso appuntito; l'aggiunta della s iniziale ha valore intensivo. Cfr. Del parlar napoletano, p. 49.
  1205. a b Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 49.
  1206. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 325.
  1207. Citato in Andrea Passaro e Salvatore Agnelli, I due pedanti Commedia buffa in due atti poesia del signor Andrea Passaro, poeta e concertatore dei Teatri Reali musica del maestro Salvatore Agnelli, Dalla Tipografia Pierro, Napoli, 1839, p. 10
  1208. Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 75.
  1209. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebeto, 1861, anno II, parlata 337, 23 dicembre 1861, p. 1345.
  1210. Citato in Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal dialetto toscano, presso Giuseppe Maria Porcelli, Napoli, 1789, vol. 1, p. 35.
  1211. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, Newton Compton editori, Roma, 2016, p. 318. ISBN 978-88-541-8882-2
  1212. Definizione in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 318.
  1213. Citato in TuttoTotò, p. 55.
  1214. Citato in Justin Vitiello, Il carro del pesce di Vanzetti, Corpo 10, p. 54.
  1215. a b Citato in Don Chisciotte della Mancia: ridotto in versi napoletani, p. 174.
  1216. Definizione in Don Chisciotte della Mancia: ridotto in versi napoletani, p. 174.
  1217. Citato in Bello ed Erwin, Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 213.
  1218. Citato in No barone fermo e n'auto de rispetto, 46.a commedia di Pasquale Altavilla, Dalla Tipografia DE' Gemelli, Napoli, 1853, p. 68.
  1219. Citato in Ri-cre-azione. Progetto di laboratorio teatrale, p.107.
  1220. Citato in Annibale Ruccello, Scritti inediti, Una commedia e dieci saggi, con un percorso critico di Rita Picchi, Gremese, Roma, 2004, p. 104. ISBN 88-8440-307-3
  1221. Citato in Massimiliano Virgilio, Le creature, Rizzoli, Milano, 2020, p. 84. ISBN 9788858699577
  1222. Citato in Stefano Tettamanti e Laura Grandi, Sillabario goloso, L'alfabeto dei sapori tra cucina e letteratura,Mondadori, p. 59.
  1223. Citato in L'ancunia e Lo martiello, [62]
  1224. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 335.
  1225. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco, p. 452.
  1226. Citato in Ennio Bìspuri, Totò Principe clown, {{small|Tutti i film di Totò}, prefazione di Goffredo Fofi, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1997. ISBN 88-7188-157-5, [63] p. 148
  1227. Citato in Sosio Capasso, Canapicoltura e sviluppo dei comuni atellani, Istituto di Studi Atellani, 1994 p. 63.
  1228. In forma corrente: scippà.
  1229. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 404.
  1230. Citato in Viviani, Teatro, II, p. 66.
  1231. Esclamazione onomatopeica di disprezzo (sputare).
  1232. a b Citato in Quaderni del Bobbio n. 2 anno 2010, p.77.
  1233. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1867, [64]
  1234. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 323.
  1235. Definizione (più estesa) in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 323.
  1236. Citato in Dario Fo, La figlia del papa, Chiarelettere, Milano, 2014, [65] ISBN 978-88-6190-595-5
  1237. Dal titolo di una farsa di Giovanni D'Antonio detto il Partenopeo, Cfr. I manoscritti palatini di Firenze, p. 591.
  1238. Citato in I manoscritti palatini di Firenze, Firenze, dalla Real Biblioteca Palatina, 1860, vol. II, p. 591.
  1239. Citato in Poesie napoletane, p. 18.
  1240. Definizione in Don Chisciotte della Mancia: ridotto in versi napoletani, p. 174.
  1241. In forma corrente: scummiglià, scoprire (opposto di coprire), mettere a nudo, svelare.
  1242. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 368.
  1243. Citato in Valentino de Biaso, La Fuorfece, o vero l'ommo pratteco, Napoli, presso Giuseppe Maria Porcelli, 1783, p. 133.
  1244. Citato in TuttoTotò, a cura di Ruggero Guarini, note e testi critici di Costanzo Ioni, Gremese Roma, 1999, p. 76. ISBN 88-7742-327-7
  1245. Da Eduardo De Filippo, 'O pparlà nfaccia, citato in Ciro Roselli, Storia e antologia della letteratura italiana dalle origini ai giorni nostri, p. 600
  1246. Citato in Elisa e Claudio, Dramma semiserio per musica dato nel Teatro Alla Scala in Milano l'autunno del 1821. E riprodotto per la prima volta nel Teatro Nuovo in Napoli l'estate del 1822., Napoli, Tipografia Orsiniana, 1822, p. 49
  1247. Citato in Arlecchino, anno II, n. 209, 14 agosto 1862, p. 833.
  1248. Citato in Ferdinando Russo, 'O "luciano" d''o Rre, p. 82.
  1249. Citato in Zazzera, Dizionario napoletano, p. 381.
  1250. Citato in Del parlar napoletano, p. 47.
  1251. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 334.
  1252. Citato in Ruggiero Cappuccio, Fuoco su Napoli, Feltrinelli, Milano, p.77.
  1253. Citato in Tonino Scala, Un calcio d'amore, p. 42.
  1254. Citato in Vladimiro Bottone, Il giardino degli inglesi, Neri Pozza, Vicenza, 2017. ISBN 978-88-545-1510-9, p. 186.
  1255. Citato in Vladimiro Bottone, Il giardino degli inglesi, Neri Pozza, p. 186
  1256. Citato in Ruggiero Cappuccio, Fuoco su Napoli, Feltrinelli, Milano, p.77.
  1257. Citato in Gian Paolo Porreca, Una corsa in Canada, Alfredo Guida Editore, Napoli. ISBN 88-7188-027-7, p. 56
  1258. Citato in Galleria di costumi napolitani, p. 18.
  1259. In Viviani, III, p. 214.
  1260. Definizione in A. Altamura, Dizionario dialettale napoletano, Fiorentino, Napoli; citato in Viviani, III, p. 214.
  1261. Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, vol I, p. 415.
  1262. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 359.
  1263. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 360.
  1264. Citato in Anna Montanaro, Il teatro al servizio della didattica, Istituto di Studi Atellani, Aversa, 1999, p. 163.
  1265. Citato, in forma leggermente diversa, in Il teatro al servizio della didattica, p. 163.
  1266. Citato in Alessio Arena, Luigi Romolo Carrino, Massimiliano Palmese e Massimiliano Virgilio, Quattro mamme scelte a caso, un progetto ideato da Massimiliano Palmese dedicato ad Annibale Ruccello, Caracò Editore, 2011 [66] ISBN 978-88-97567-03-5
  1267. 'e, in forma corrente.
  1268. Citato in Lo nuovo diavolo zuoppo e Polecenella, Edizioni 1-77, p. 44
  1269. O, più semplicemente: Va' te spila 'e recchie a san Pascale! Vai a sturarti le orecchie a San Pasquale!
  1270. Presso i monaci di San Pasquale a Chiaia: nei loro laboratori veniva prodotto un olio impiegato per liberare dall'eccesso di cerume il condotto uditivo.
  1271. Citato in Anton Soliman, Eutanasia di un politico meridionale, Narcissus.me, [67]
  1272. Citato in Sergio Zazzera,Dizionario di napoletano, p. 340.
  1273. Citato in Claudia Ausilio, "Sie nu pesce pigliato c' 'a botta"! Significato e origine di un insulto, vesuviolive.it, 6 giugno 2015.
  1274. a b Citato in Apicella, I ritte antiche, p. 351.
  1275. La traduzione è in Apicella, I ritte antiche, p. 351.
  1276. In Apicella, I ritte antiche, p. 351.
  1277. Citato in Raffaele Viviani, Trentaquattro commedie scelte da tutto il teatro, vol. I, I.L.T.E., 1957, p. 819.
  1278. Citato in Altamura e D'ascoli, Lessico italiano-napoletano, pp. 107, 195.
  1279. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 366.
  1280. Ctato in Rodolfo Pucino Il tressette nei tempi moderni e secondo le nuove tecniche. Massime aforismi detti e proverbi, Alfredo Guida Editore, Napoli, 2005, p. 89. ISBN 88-7188-908-8
  1281. Citato in Isa Rampone Chinni e Tina Palumbo De Gregorio, La farmacia di Dio, Rogiosi, 2011, p. 18
  1282. 'Mpierno: a perpendicolo.
  1283. Citato in Domenico Piccinni, Poesie napoletane, Presso Saverio Starita, Napoli, 1826, p. 163.
  1284. Citato in Giambattista Basile, Lu cunto de li cunti (Il Pentamerone): testo conforme alla prima stampa del MDCXXXIV, con introduzione e note di Benedetto Croce, pei tipi del Cav. V. Vecchi, Napoli, 1891, vol I, p. 43.
  1285. Citato in Salvatore Landolfi, Napoli e i suoi colori, p. 84.
  1286. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 406.
  1287. La spiegazione è in Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 406.
  1288. Citato e spiegato in Salvatore Di Giacomo, Poesie, p. 544
  1289. Citato in Lu Trovatore, 1866, p. 3
  1290. Citato in Passatempi musicali, Guillaume Cottrau e la canzone napoletana di primo '800, a cura di Pasquale Scialò e Francesca Seller, Guida, Napoli, 2013. ISBN 978-88-6666-201-3, [68]
  1291. Citato in TuttoTotò, p. 92.
  1292. Citato in I pirati spagnuoli melodramma in due atti, p. 26.
  1293. Citato in Melania G. Mazzucco, Vita, tradotto da Virginia Jewiss, Picador, New York, p. 153.
  1294. Citato in Giambattista Basile, The Tale of Tales, Penguin Books, New York, p. 17
  1295. Dalla forma obliqua vespertilione del latino: vespertilio, pipistrello, con aferesi del ve. Cfr. Rivista di filologia e di istruzione classica, p. 94.
  1296. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 400.
  1297. La spiegazione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 400.
  1298. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 360.
  1299. La spiegazione è in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 360.
  1300. a b Citato in Manlio Cortelazzo, I dialetti italiani. Storia, struttura, uso, Utet, Torino, 2002, p. 647.
  1301. Citato in Andreoli, 'Vocabolario napoletano-italiano, p. 401.
  1302. Citato in Giovanni Canestrini, Fauna d' Italia, parte III, Pesci, Dottor Francesco Vallardi Tipografo-Editore, Milano, p. 194.
  1303. La spiegazione è in C'era una volta Napoli, p. 103.
  1304. Citato in Altamura e Giuliani, p. 360.
  1305. Citato in Eduardo Scarpetta, Quinnece solde so cchiù assaje de semilia lire: ossia, Pulicenella e Sciosciammocca mbrogliate nfra no portafoglio ricco e n'auto pezzente., Pironti, Napoli, 1909, [69], p. 54.
  1306. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 272.
  1307. Citato in Ll'ode de Q. Arazio Fracco , p. 458.
  1308. Citato in Del parlar napoletano, p. 49.
  1309. Citato in Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 26.
  1310. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 373.
  1311. Citato in Poesie napoletane, p. 383.
  1312. Citato in Enrico Salvatori, Stamm' tutt' sott' 'o cielo. Appunti su una città cresciuta (follemente) tra due vulcani, Reality Book, 2016, [70]
  1313. Citato in Napolipiù.com, 24 novembre 2015.
  1314. Citato in Pasquale Altavilla e Giacomo Marulli, L'appassionate de lo romanzo de zio Tom, vol. V, Dalla tipografia de' Gemelli, Napoli, 1853, [71].
  1315. Citato in Commedie di Francesco Cerlone, Vol. XVIII, Napoli, 1785, p. 72.
  1316. Citato in Alessandro Siani, Troppo napoletano, [72]
  1317. Citato in Vincenzo Tenore e Giuseppe Antonio Pasquale, Compendio di botanica, Ordinato specialmente alla conoscenza delle piante utili più comuni, Dr. V. Pasquale Editore, Napoli, 18703, p. 429.
  1318. Citato in Napoli dentro e... Napoli fuori, Adriano Gallina Editore, Napoli, stampa 1990, p. 419.
  1319. Citato in C'era una volta Napoli, p. 126.
  1320. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 126.
  1321. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 408.
  1322. Citato in Vincenzio De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico,p. 61.
  1323. Fescina: paniere di forma conica per la raccolta di fichi ed uva. Per la sua conformazione non può reggersi da solo ma deve essere appoggiato a qualcosa o sospeso. Cfr. Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 61, Napoli, Dalla Stamperia Reale, 1845.
  1324. Citato in Luigi Molinaro del Chiaro, Canti popolari raccolti in Napoli. Con varianti e confronti nei varii dialetti, Libreria Antiquaria Luigi Lubrano, Napoli, [1916]2, p. 19.
  1325. Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, p. 453.
  1326. a b c Citato in C'era una volta Napoli, p. 13.
  1327. a b Cfr. C'era una volta Napoli, p. 13.
  1328. Citato in Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English, p. 24
  1329. Citato in Comme se penza a Nnapule, p. 403.
  1330. Citato in Autori Vari, La giusta parte, a cura di Massimo Gelardi, Caracò, 2012, [73] ISBN 978-88-97567-02-8
  1331. Citato in C'era una volta Napoli, p. 64.
  1332. Citato in Nicola Vottiero, Lo specchio della cevertà, Nne la Stamparia de Giuseppe Maria Porciello, Napoli, 1789, p. 44.
  1333. In forma corrente: Sunà'
  1334. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 298.
  1335. Citato in Mimmo Carratelli, Slogan salotti divette, in la Repubblica.it Archivio del 07. 04. 2008.
  1336. Citato in D'ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 369.
  1337. Spiegazione in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 369.
  1338. Citato in C'era una volta Napoli, p. 52.
  1339. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 52.
  1340. Citato in Luciano De Crescenzo, Ti porterà fortuna. Guida insolita di Napoli, Mondadori, p. 110.
  1341. Occorre tener presente che questo termine reca in sé l'impronta di una concezione svalutativa dell'omosessualità molto diffusa in passato ed ha pertanto una connotazione fortemente offensiva. Di conseguenza, non può e non deve essere mai impiegato, in un normale contesto comunicativo, per riferirsi in modo neutro all'omosessualità.
  1342. Citato in Aurelio Fierro, Grammatica della lingua napoletana Rusconi Libri, 1989, p. 140.
  1343. Citato in Mannaggia Bubbà, p. 138.
  1344. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 411.
  1345. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 371.
  1346. Citato in Luciano Passariello, Tant'anne dint'ê saittelle... e quando addiviente zoccola!?, ilmessaggioteano.net, 22 settembre 2012.
  1347. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 432.
  1348. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto,, 1863, p. 154.
  1349. Citato in Del parlar napoletano, Manualetto per tutti, Colonnese Editore, Napoli, 1997, p. 79.
  1350. I titoli di credito da riscuotere obbligatoriamente ed indilazionabilmente venivano in gran parte inoltrati a Besançon. Cfr. Del parlar napoletano, p. 79.
  1351. Citato in Ariel, vol. XVII, Edizioni 2-3, Bulzoni, Roma, 2002, p. 251, [74]
  1352. Citato in Luciano Galassi, Mannaggia Bubbà, interiezioni, imprecazioni e invettive napoletane, Kairos Edizioni, Napoli, 2012, p. 116. ISBN 978-88-98029-03-7
  1353. Citato in Lo corzaro, commeddia pe mmuseca da rappresentarese a lo Teatro nuovo ncoppa Toleto St'Autunno de st'Anno 1726, Agnolo Vocola, Napoli, p. 25.
  1354. a b Cfr. Mannaggia Bubbà, p. 116.
  1355. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano, p. 89.
  1356. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 285.
  1357. Patano è il cognome di un famoso monatto del XVIII° secolo. Cfr. Andreoli, p. 285.
  1358. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1962, anno III, parlata 359, 29 dicembre 1962, p. 1436.
  1359. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 392.
  1360. La spiegazione è in I Proverbi di Napoli, p. 392.
  1361. Citato in Mario Santanelli, Uscita di emergenza, Beati i senzatetto perché vedranno il cielo, presentazione di Nello Mascia, Alfredo Guida Editore, Napoli, 1999. ISBN 88-7188-305-5, p.44
  1362. Citato in Il licantropo volgarmente detto lupo menaro con Pulcinella bersaglio d'un morto, rivale dell'eco, e spaventato dalle larve nella tomba d'un militare, Napoli, 1840, p. 36.
  1363. Citato in Amabile Giusti, La donna perfetta, Mondadori, p. 70
  1364. Citato in Manuale di napoletanità, p. 10.
  1365. Citato da Raffaele Bracale, in Che cosa e' la "cazzimma"?, guide. supereva.it
  1366. Citato in Ledgeway, p. 539.
  1367. Citato in Mauro Montacchiesi, Humanae Historiae, Aletti Editore, p. 280.
  1368. Spiegazione in Humanae Historiae, p.280.
  1369. Citato in Viviani, Teatro, II, p. 97.
  1370. Citato in Erwin e Fedele, Dictionary: English-Neapolitan; Neapolitan-English p. 143.
  1371. Cà, refuso, nella fonte.
  1372. Citato in Isa Rampone Chinni e Tina Palumbo De Gregorio, La farmacia di Dio, Rogiosi Editore, p.16.
  1373. Avere chiodi.
  1374. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 100.
  1375. Dal latino: Lapis quadrellatus: opera muraria costituito dalla sovrapposizione alternata di piccolissimi quadrati di pietra. Questo particolare procedimento costruttivo, di grande precisione, richiedeva l'attenzione ed la concentrazione assolute – ciò che comportava una forte tensione – dell'esecutore. Cfr. Del parlar napoletano, p. 65.
  1376. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 385.
  1377. Cfr. Francesco Gizzio, L'Atlante del Cielo, scena IX in L'echo armoniosa delle sfere celesti, parte prima, Napoli, per il De Bonis stampatore arcivescovale, 1693, p. 159.
  1378. Dal latino Publicanus, pubblicano. Cfr. Del parlar napoletano, p. 63.
  1379. Citato e spiegato in Del parlar napoletano, p. 63.
  1380. Citato in Luigi Cremona, L'Italia dei dolci, Repertori Touring, n.1 anno 2004, Touring Editore, Milano, p. 128.
  1381. Storica pasticceria napoletana.
  1382. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 26.
  1383. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 360.
  1384. Citato in Lo Cuorpo de Napole e lo Sebbeto, 1862, p. 754
  1385. Citato in Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, 1867, anno II n. 171 del 23. 12. 1867, p. 2.
  1386. Citato in Vladimiro Bottone, Il giardino degli inglesi, Neri Pozza, Vicenza, 2017, [75] ISBN 978-88-545-1510-9
  1387. Citato in Rotondo, p. 389.
  1388. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 390.
  1389. O quanta vote, o quantane | aie lo vacile d'oro, | e nce spute lo sango. O quante e quante volte hai la bacinella d'oro e ci sputi sangue. (Le Muse napolitane, egloga VIII, pp. 334-335)
  1390. a b c In forma corrente: Tené.
  1391. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 460.
  1392. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 329.
  1393. Feleppina: vento boreale secco, fame da lupi. Cfr. De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, vol. I, p. 57.
  1394. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, vol. I, p. 57.
  1395. Da Raffaele Viviani, Tuledo 'e notte, citato in Napoli, punto e basta?, p. 692.
  1396. La spiegazione è di Artieri in Napoli, punto e basta?, p. 692.
  1397. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano, p. 79.
  1398. In Viviani, III, p. 197.
  1399. Per Porta Capuana si consulti voce su Wikipedia
  1400. Citato in Alessio Strazzullo, I tesori nascosti di Napoli, Newton Compton Editori, Roma, 2011, [76] ISBN 978-88-541-9823-4
  1401. Citato in Basilio Puoti, Vocabolario domestico napoletano e toscano compilato nello studio di Basilio Puoti, Napoli, Stamperia Del Vaglio, 18502,p. 446.
  1402. Citato in Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, 1867, anno 2, . 8, 19-01-1867, p. 2.
  1403. Da Lu Trovatore, Giornale-Spassatiempo, 1867, anno 2, . 8, 19-01-1867, p. 2.
  1404. Da Giovanni Capurro, Tatonno 'e Quagliarella, citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, p. 511.
  1405. Da Giovanni Capurro, Tatonno 'e Quagliarella, citato in Alfabeto napoletano, p. 511.
  1406. Citato in Per moda di dire, p. 19.
  1407. Citato in Poesie napoletane, p. 397.
  1408. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 78.
  1409. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 431
  1410. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 428.
  1411. La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 428.
  1412. Citato in Del parlar napoletano, p. 77.
  1413. Con uno sprezzante Dis-donc, compreso come un indecifrabile Titò, si rivolgevano ai napoletani i soldati della guarnigione svizzera presente a Napoli nei primi anni dell'800. Cfr. Del parlar napoletano, p. 77.
  1414. Citato in Tuttototò, p. 32.
  1415. Significato in TuttoTotò, p. 32.
  1416. Citato in Sergio Zazzera, Proverbi e modi di dire napoletani, p. 161.
  1417. Fra Via Mezzocannone e la Marina.
  1418. Citato in Gennaro Matino, Angelo per un giorno, Feltrinelli, Milano, 2006, 27. ISBN 88-07-84066-9
  1419. 'O bancariello: Il desco da ciabattino.
  1420. Citato in Tradizioni ed usi nella Penisola sorrentina, p. 113.
  1421. Citato in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 83.
  1422. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 437.
  1423. La definizione è in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 437.
  1424. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 432.
  1425. La spiegazione è in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 432.
  1426. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 261.
  1427. In forma corrente: Truvà.
  1428. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 168.
  1429. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, 1864, p. 439.
  1430. Per questo traslato Cfr. Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 396.
  1431. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 8.
  1432. Citato in Patrizia Mintz, Veritas, Piemme, 2010, p. 221 ISBN 9788858502662
  1433. Citato in Gigi Garanzini e Marco Bellinazzo, Il Napoli di Maradona, Cronistoria di un sogno: il primo scudetto, Oscar Mondadori, p. 14.
  1434. Dall'inglese break, carrozza aperta. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 55.
  1435. Spasa, participio passato femminile di spannere, spandere, diffondere. A 'o sole 'e tutt' 'e grazie! Al sole di tutte le grazie!
  1436. Citato in Altamura e Giuliani, p. 57.
  1437. La spiegazione è in Altamura e Giuliani, p. 57.
  1438. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 407.
  1439. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 440.
  1440. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 406.
  1441. Citato in Andreoli: Vocabolario napoletano-italiano, p. 52.
  1442. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 288.
  1443. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 377.
  1444. Clistere.
  1445. Citato in Antonio Menna, Tre terroni a zonzo, Sperling & Kupfer, [77]
  1446. Citato in Mario Stefanile, Labirinto napoletano. Studi e saggi letterari su scrittori di leri e di oggi E.S.I., Napoli, 1958, p. 124.
  1447. In forma moderna: n'ata, un'altra.
  1448. Citato in Lu Trovatore, Giornale Spassatiempo anno VI, n. 11 , giovedì 26 gennaio 1871, p. 3.
  1449. Citato in 'O "luciano" d' 'o Re, p. 28.
  1450. Citato in Sebezio, Motti e detti napoletani, [78], p. 75.
  1451. Zennà': far cenno; zennariéllo: Ammiccamento. Cfr. Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 390.
  1452. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 390.
  1453. Citato in Le Muse napolitane, egloga II, Euterpe overo La cortisciana, p. 248.
  1454. La definizione è in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile, p. 390.
  1455. Citato in P.Bello e D.Erwin, Modern etymological Neapolitan – English Vocabulary/Vocabolario etimologico odierno napoletano-italiano, 2009, p. 514.
  1456. Citato in Lu Trovatore, 1867, [79]
  1457. Citato in Emmanuele Campolongo, La Mergellina, Presso Vincenzo Flauto, Napoli, 1761, p. 195.
  1458. Cfr. per quest'ultimo significato Renato De Falco, Alfabetario napoletano, p. 402.
  1459. Osso.
  1460. Piccolo merletto, punta.
  1461. Citato in C'era una volta Napoli, p. 52.
  1462. In Dizionario napoletano, Uppele (pron: 'uppələ) è un'esclamazione: Silenzio! Dal latino oppilă Cfr. Dizionario napoletano, p. 401; seconda persona singolare dell'imperativo di oppilare: ostruire.
  1463. Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano: domestico di arti e mestieri, p. 387.
  1464. 'O Sorece: il topo. Sorecella: diminutivo femminile (maschile: sorecillo) di sorece.
  1465. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 51.
  1466. Citato in Marco Perillo, Misteri e segreti dei quartieri di Napoli, p. 175
  1467. Cfr. più dettagliatamente, Marco Perillo, Misteri e segreti dei quartieri di Napoli, pp. 175-176 e la voce di wikipedia rito di fecondità..
  1468. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 74.
  1469. Citato in Lo cuorpo de Napole e lo Sebbeto, p. 103.
  1470. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, p. 162.
  1471. Citato in Le commedie di Eduardo, Fiorenza Di Franco, Le commedie di Eduardo, Laterza, p. 59, [80]
  1472. Citato in Danilo Catalani, La banda del congiuntivo, Streetlib, p. 41.
  1473. Citato in Andrea Esposito, Ischia Carbone, Il Dispari, settembre 2005, p. 37.
  1474. Vocabolario delle parole del dialetto napoletano, che più si discostano dal toscano, p. 178.
  1475. La spiegazione è in Wikipedia. Cfr. voce su Wikipedia.
  1476. Citato in I Proverbi di Napoli, p. 414.
  1477. Citato in Giambattista Basile, Le Muse napolitane; in Il Pentamerone, vol. II, Giuseppe-Maria Porcelli, Napoli, 1788, p. 235.
  1478. Citato in Di Giacomo, Einaudi, Meridiani, p. 828.
  1479. "L'illuminazione [del Teatro San Carlo] fu fatta a cera, ad olio ed a sego. In ogni palco erano accese, davanti allo specchio, una, due o tre candele di cera, secondo la nobiltà del proprietario. Tre candele eran segno di nobiltà grande, due di media nobiltà, una di nobiltà terra terra. E però il detto popolare ancor vivo fino a poco tempo fa: Vattenne, ca si' signore 'e uno candelotto!", Da Il teatro San Carlo, in Di Giacomo, Einaudi, Meridiani, p. 828.
  1480. Citato in Feste, Farina e Forca, p 103.
  1481. Cfr. Feste, Farina e Forca, p. 103
  1482. Citato in Usi e costumi dei camorristi, p. 256.
  1483. Citato in Renato De Falco, Alfabeto napoletano, vol I, p. 620.
  1484. Agglutinazione del plurale di cuglio: ago (calco dal francese aiguille: ago), ad indicare l'estrema sottigliezza degli aghi, ai quali si aggiungono – per ogni evenienza – i ferri da calze di maggior spessore. Cfr. Comme se penza a Napule, p. 445.
  1485. Citato in Raffaele Bracale, Comme se penza a Napule, p. 445.
  1486. Questa spiegazione è in Comme se penza a Napule, p. 445.
  1487. Da Il barbaro pentito, in Commedie di Francesco Cerlone napoletano, vol. 17, A spese di Giacomo Antonio Vinaccia, Napoli, 1784, p. 33
  1488. Citato in Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 380.
  1489. In forma corrente: 'a
  1490. Volpe, Vocabolario napolitano-italiano tascabile, p. 380.
  1491. Citato in Franco Taranto e Carlo Guacci, Vocabolario domestico italiano ad uso dei giovani, Napoli, Stamperia Del Vaglio, 18563, p. 191.
  1492. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 640.
  1493. a b Citato in Ettore De Mura, Poeti napoletani dal Seicento ad oggi, vol. II, Marotta, Napoli, 1973, p. 860.
  1494. a b Citato in D'Ambra, Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, p. 397.
  1495. Citato in Marulli e Livigni, p. 19.
  1496. Citato in Sergio Esposito, Nei secoli dei secoli, Rogiosi editore, p. 21
  1497. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 466,
  1498. Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 466.
  1499. Citato in Vittorio Pupillo, Proverbi. Frammenti di luce, di sogni e di speranza, vol. VI, Youcanprint, 2017, p. 49.
  1500. Citato in ,Tradizioni ed usi della Penisola sorrentina, p. 112.
  1501. Citato in Anthropos in the world, gennaio 1998, p.16
  1502. Citato in Salvatore Di Giacomo, Poesie, a cura di Davide Monda, note al testo di Stefano Scioli, BUR, Milano, [81]
  1503. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 313.
  1504. Cfr. Napoli, punto e basta?, p. 313.
  1505. Citato in Napoli, punto e basta?, p. 8.
  1506. Citato, con traduzione, in Comme se penza a Nnapule, p. 450.
  1507. Citato in Modern Etymological Neapolitan-English Vocabulary, p. 60.
  1508. Onomatopeico, dal verso della gallina.
  1509. Citato con spiegazione in Altamura e Giuliani, Proverbi napoletani, p. 145.
  1510. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 79.
  1511. a b Vutà, in forma corrente.
  1512. a b Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 154.
  1513. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 465.
  1514. 'A zeccula: "Specie di chiavistello in cui al bastone è sostituita una spranga stiacciata, quadrangolare, scorrevole entro piegatelli fermati sopra una piastra di ferro. Ha per presa un pallino fermo, ovvero una campanella cascante" (La definizione è di D'Ambra, citato in C'era una volta Napoli, p. 108.) Se più piccola era detta zécculella (nottolino) Cfr. C'era una volta Napoli, p. 108.
  1515. Citato in C'era una volta Napoli, p. 108.
  1516. La spiegazione è in C'era una volta Napoli, p. 108.
  1517. Cfr. C'era una volta Napoli, p. 108.
  1518. O "zandraglia": dal francese "les entrailles": le viscere.
  1519. In Volpe, Vocabolario napolitano-italiano: tascabile , p. 390.
  1520. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 469.
  1521. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 470.
  1522. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 470.
  1523. Citato in Angelo Sirignano, Calavrice, Ciesse Edizioni, Montegrotto Terme (PD), 2014, p. 33. ISBN 9788866601456
  1524. Citato in Rutigliano, p. 246.
  1525. Citato in Sergio Zazzera, Dizionario napoletano, p. 20.
  1526. Citato in Rutigliano, p. 177.
  1527. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 471.
  1528. Citato in De Ritis, Vocabolario napoletano lessigrafico e storico, I, p. 395.
  1529. Citato in Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 472.
  1530. Cfr. Andreoli, Vocabolario napoletano-italiano, p. 472.
  1531. Citato in Antonio Altamura e Francesco D'Ascoli, Lessico italiano-napoletano, Regina, Napoli, 1970, p. 174.

Bibliografia

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Voci correlate