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Talebani

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Bandiera dei talebani usata tra il 1997 e il 2001

Citazioni sui Talebani.

Citazioni

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  • I taleban sono un branco di pazzi e ignorano l'Islam e gli interessi politici nazionali. [...] Non sono riusciti a metterci in difficoltà gli americani, figuriamoci un branco di persone di cui non abbiamo il minimo rispetto. (Ali Khamenei)
  • I taliban sono il prodotto dell'odierna frattura fra un islam totalizzante e un islam aperto. Essi hanno trovato nel wahabismo della madrassa di Deoband, fondata a Nuova Delhi alla fine dell'800, il loro punto di partenza ideologico, per farlo diventare in seguito l'ideologia dei Pashtun, oltre 12 milioni di persone divise fra Afghanistan e Pakistan. Perché proprio i Pashtun, e non un'altra tribù, si sono fatti portatori del wahabismo in quell'area? Perché è l'unica tribù che rivendica una genealogia araba: Wazir, uno dei loro antenati che dà il nome alla provincia del Waziristan, era originario dalla penisola arabica. Il wahabismo, nato in contesto arabo, ha funzionato da collante per gran parte di quella tribù. Al Qaeda ha capito bene che il fenomeno taliban poteva diventare un esperimento politico, un laboratorio cui l'islam politico poteva attingere, per trascinare con sé l'intero mondo musulmano. È dunque una battaglia di significati quella che si sta svolgendo in Afghanistan; e dal suo esito dipenderanno le sorti di gran parte del mondo musulmano. (Khaled Fouad Allam)
  • I talebani non hanno alcuna intenzione di negoziare con una potenza che ha già, comunque, deciso di ritirare le proprie truppe nel 2014. (Sergio Romano)
  • La maggioranza è composta da giovani diseredati. Poi ci sono persone che hanno ragioni per protestare, e quindi ci sono i criminali belli e buoni: trafficanti di droga, contrabbandieri. Non c'è nulla di ideologico in quello che fanno. Semplicemente trovano conveniente l'insicurezza perchè consente i loro traffici. E poi ci sono gli afghani al soldo degli stranieri. Sono gli affiliati ad Al Qaida che per me hanno perso il diritto di chiamarsi afghani, perchè per Al Qaida l'Afghanistan è un campo di battaglia. (Ashraf Ghani)
  • Per i taliban il mondo sufi rappresenta l'avversario per eccellenza, da combattere ed eliminare, forse perché l'islam mistico contiene in sé l'alternativa all'islam politico. (Khaled Fouad Allam)
  • Perché siamo contro i talebani? Perché siamo contro l'Afghanistan? Chi sono i talebani? Se i talebani vogliono uno Stato religioso, va bene. Pensate al Vaticano. Il Vaticano rappresenta una minaccia per noi? No. Si tratta di un Stato religioso, ed è molto tranquillo. Se i talebani vogliono creare un emirato islamico, chi dice che questo li rende un nemico? (Mu'ammar Gheddafi)
  • Rispetto ai talebani, non possiamo parlare di Islam. Il Corano proibisce chiaramente l'uso della forza e l'eccesso di fede. (Alija Izetbegović)
  • Voi occidentali ci considerate pazzi, lo sappiamo bene, ma noi seguiamo solo ciò che dice il Corano. (Mohammed Omar)
  • Massud diceva che i taleban sono combattenti formidabili, forse i migliori, ma che difettano di organizzazione. E che, proprio per questo, al primo crack si sarebbero dissolti come la neve al sole.
  • Nella maggior parte dei casi, taleban e Isis sono nemici.
  • Vivevano chiusi in un loro mondo mistico, astratto, che ignorava i sentimenti della gente. Non avevano alcun rapporto con la realtà, se ne stavano rinserrati dentro se stessi.
Esecuzione pubblica di una donna a Kabul.
  • Ciò che i Taliban stanno facendo, scegliendo proprio un bambino per realizzare i loro rituali di morte, non è assolutamente un atto di matrice tribale, ma l'invenzione di un orrendo rito di passaggio attraverso la violenza e la produzione della morte. E si deve sottolineare che quei riti di morte non hanno nulla a che fare con l'Islam: sono un prodotto della follia umana che ricorda i riti di morte dei Khmer rossi del regime di Pol Pot che utilizzavano bambini per uccidere adulti; perché il totalitarismo ha la capacità di annientare l'essere umano. Quel rito di passaggio cancella definitivamente la gerarchia fra il mondo dell'infanzia e il mondo degli adulti; è un rito di morte che ha la funzione di esprimere un'unica cosa, la sottomissione all'ordine talebano – per i Taliban, l'ordine di Dio – che è superiore a tutto ed esercita la sua sovranità in modo totale, arrogandosi il diritto di rubare a una persona la vita, l'infanzia, l'adolescenza, semplicemente perché la persona non esiste in quanto tale, non esiste la persona con le sue emozioni, le sue gioie, le sue paure; la persona è solo un oggetto, uno strumento dell'ordine imposto che ha già deciso per te, ha deciso se sei puro o impuro, se sei un vero musulmano o un falso musulmano, e così via. Ma, lo ripeto, tutto ciò non ha nulla a che fare con la violenza di tipo tribale che etnografi e antropologi hanno mirabilmente descritto tra '800 e primo '900. Ciò cui assistiamo è il frutto di una malattia che trasforma la morte della cultura in cultura della morte, una malattia che si è sviluppata all'interno di una parte del mondo musulmano, schiacciata da una realtà mondiale che alla fine non può controllare perché comunque la libertà e la dignità saranno sempre più forti della barbarie.
  • Dopo le donne senza volto e senza corpo, le donne afghane ora sono anche senza voce. I Taliban hanno realizzato un altro passo in avanti verso la trasformazione delle donne in fantasmi. Da ieri è entrato in vigore il divieto di trasmettere la voce femminile tramite le onde di Radio Shariat, la Radio della Legge islamica gestita dai Taliban. Un programma preparato dalla Croce Rossa per illustrare alla popolazione raccomdazioni in materia di sicurezza, è stato diffuso solo dopo essere stato "depurato" delle voci femminili e delle musiche di fondo. Anche la musica, al pari dell'immagine e della voce delle donne, è blasfema. Devono morire murate vive in casa. Senza poter uscire se non accompagnate dal marito, dal padre o da un fratello.
  • Gli intransigenti taliban afghani hanno promesso 60 giorni di prigione per chi non osserverà il digiuno. Ed è così che il Ramadan diventa anche l'occasione per animare dispute teologiche sull'interpretazione del Verbo di Allah.
  • L'ideale dei Taliban è una società di soli uomini e dove la presenza delle donne, incatenate nel buio delle case, si giustifichi solo per la loro peculiarità riproduttiva.
  • Il nostro è un paese in piena trasformazione ma ancora in guerra. Ci sono minacce che continuano a mettere a rischio la sicurezza: da una parte i talebani, dall'altra lo Stato islamico.
  • La presenza di donne afgane negli affari politici e sociali significa progresso, democrazia, libertà di parola. Al contrario, escludere le donne da questo sistema significa tornare al regime dei talebani.
  • Qualche anno fa i talebani hanno privato le donne di tutti i diritti di base, persino quello di uscire di casa come esseri umani. Ci hanno costrette a guardare la vita attraverso piccole finestre. Ho sempre paura di un ritorno a quel periodo.
  • Bisogna anche dire che nel 1979 c'è stata anche l'invasione sovietica dell'Afghanistan che, durante i dieci anni che è durata, ha spinto l'Arabia Saudita e altri Paesi musulmani ad inviare militanti armati in Afghanistan per lottare contro il comunismo e l'ateismo. Nascono così i gruppi Talebani che tanta infelicità hanno portato nella regione.
  • Ciò che i Talibani fanno in Afghanistan è puro e semplice vandalismo. Il vandalo è innanzitutto un ignorante, un essere primitivo, privo di cultura, di pensiero e soprattutto di libertà. I Talibani confondono il XXI secolo con la "Jahiliya", l'età delle tenebre, vale a dire l'epoca preislamica durante la quale gli arabi adoravano idoli in pietra. La distruzione delle statue e di altri idoli fu uno dei primi gesti dei Compagni del profeta che diffondevano l'islam. Ma tutto questo aveva un senso: Dio non è un oggetto, è un'idea, è l'anima dell'umanità. L'Islam nasceva appunto da una reazione contro quell'adorazione instabile, priva di spirito. I Talibani, che hanno dimostrato in tutti i modi di non aver compreso nulla dello spirito dell'Islam, si sono sentiti autorizzati a tornare indietro di quindici secoli per assassinare la memoria di una cultura millenaria.
  • Davanti alle immagini delle barbe tagliate in massa a Kabul in segno di libertà, viene da domandarsi perché i Taliban si fanno crescere la barba e dove hanno scovato questa regola. E perché la barba non deve soltanto essere rigogliosa, ma anche lunga, folta e selvaggia. Si potrebbe trattare l'argomento con umorismo e ironia, se non fosse che è uno degli aspetti del totalitarismo dei Taliban che hanno stravolto l'Islam per farne un'ideologia detestabile. Portare la barba è obbligatorio, come per le donne nascondersi dietro un burqa.
  • Finche la barba non è un segno di appartenenza politica, finché è un elemento di seduzione, è tollerabile. Ma i Taliban non sanno che farsene della seduzione, perché conoscono soltanto il linguaggio della forza, della repressione sessuale, dell'odio per la diversità e soprattutto il linguaggio della chiusura.
  • I Taliban rispecchiano tutte le malattie religiose costituite dall'ignoranza, dal fanatismo e dal terrore.
  • La barba è un segno di allineamento. È per questo che gli afgani liberati dalla dittatura dei Taliban per prima cosa si sono rasati la barba e hanno ricominciato ad ascoltare la musica. Il profeta Maometto aveva la barba. I suoi compagni lo hanno imitato. Ma lui non obbligava nessuno a farsi crescere la barba e tantomeno a fare come lui. È come segno mimetico che i Taliban portano la barba. E poi è anche un segno di virilità, o, almeno, loro devono crederlo. Ciò che non è stato detto riguardo ai Taliban, e che d'altronde vale anche per gli islamisti algerini appartenenti al Gia (Gruppi islamici armati), è che al centro della loro nevrosi c'è la sessualità. La paura delle donne è la paura di sé, la paura della parte femminile che ogni uomo porta in sé. Per mascherare questa paura che viene da lontano, ci si fa crescere la barba. Ci si nasconde, ci si dissimula, si gioca con le apparenze. Nessun uomo barbuto riconoscerà che l'altro sesso gli fa paura.
  • Quando i Taliban distrussero le due grandi statue del Buddha nella valle di Swat, a nord-est dell'Afghanistan, tutta l'emozione del mondo civile non bastò a fermare quell'impresa criminale, perpetrata in nome dell'Islam. È facile immaginare il piacere provato da quei pericolosi ignoranti per aver fatto esplodere una statua alta più di 40 metri, che risaliva a 1300 anni fa. Le nevrosi e le frustrazioni covano a volte nelle profondità nell'inconscio, per esplodere un giorno devastando il frutto di secoli di civiltà.
  • I combattenti sono reclutati nelle zone marginali del Paese, le più povere e dimenticate da un potere centrale che non ha mai usato i dollari americani per ricostruire uno Stato. Venti anni di occupazione americana, invece di ridurre le distanze sociali tra i clan dei ricchi che manipolano i prezzi e le classi povere, le hanno moltiplicate.
  • Per venti anni anche nella narrazione ci siamo accontentati della parola: taleban. Bastava. Era anche troppo: i taleban, sì, i fanatici, i nemici delle donne, gli iconoclasti di Bamyan. Che altro c’è da dire? Perché non si perde tempo a far la sociologia del Male. Che invece spesso è provvidenziale. Si esita a esplorare, ci si concentra sulla propria ripugnanza. Ci bastavano le fotografie di barbuti avvolti in clamidi miserande, in pose minacciose con i loro Kalashnikov. Confessiamolo: al di là del folklore e della storia non ci siamo mai veramente occupati di chi siano gli afghani; non erano infatti i loro guai la ragione per cui eravamo andati in Afghanistan.
  • Taleban: definirsi vuol dire cominciare a separarsi. Divennero un temibile movimento politico militare in un Paese dilaniato da una guerra etnica che opponeva i pashtun a tagiki, uzbeki e hazara, ogni campo appoggiato logisticamente e politicamente da soggetti stranieri.
  • Da un lato era un movimento religioso puritano, rigorista e fondamentalista, ma con un solo progetto politico: l'applicazione della sharia. La sharia, nient'altro che la sharia. Non aveva, ma poi l'ha maturata, una tendenza apertamente anti-occidentale. Come l'Iran di Khomeini o l'Al Qaeda di Bin Laden. All'origine aveva anche un'aspirazione nazionalista: quella di creare uno Stato afgano con un'identità pashtun, appartenendo i Taliban a quel gruppo etnico.
  • I combattenti allo sbando in Afghanistan sono cresciuti in un clima di nazionalismo religioso (nel senso di una religione confiscata da un potere politicoteocratico) esasperato a tal punto da stampare nella loro mente convinzioni indelebili anche nel momento della resa dei conti, quando la realtà può presentarsi insieme alla morte. Nell'esercito in decomposizione non mancherebbero i suicidi. I quali possono essere un modo di sfuggire a una disfatta che equivale alla dissacrazione della guerra ritenuta santa. La delusione per essere stati abbandonati, sia pure temporaneamente, da Dio non può avere che la morte come conseguenza: anche se l'Islam è deciso, senza equivoci, netto, nel proibire il suicidio: la vita è infatti data in prestito da Dio; se ne deve dunque fare un uso accorto; non deve essere sciupata o distrutta, ma al contrario conservata fino al momento in cui chi l'ha data non decide di riprendersela.
  • I Taliban, adesso allo sbando, si sentivano i difensori della Umma, della comunità dei credenti musulmani, ferita da una forza materialista, atea, da un Occidente che ha decretato la morte di Dio. Se lo sono sentito ripetere nelle "dini madras", le scuole teologiche, come una litania, che l'Occidente è imperialista e coloniale, e che l'Islam fu potente prima di essere umiliato e sottomesso. La prova della sua decadenza, e di quanto fosse necessario rilanciarlo e purificarlo, era lì sotto gli occhi: stava nel fatto che dei musulmani rinnegati osavano minacciare, inseguire, uccidere i combattenti di Dio con l' aiuto determinante degli infedeli, presenti con l'aviazione della loro odiata superpotenza. La disfatta, già scritta in tutte le cancellerie e gli stati maggiore del mondo prima ancora che la guerra cominciasse, si è abbattuta sulle teste dei Taliban come un fulmine. Per loro era impensabile. Come potevano essere contraddette mille sante verità? Col tempo quelle verità riemergeranno. Non sono certo le bombe degli infedeli e dei musulmani rinnegati che possono cancellarle per sempre. Adesso pero' è un mondo che crolla.
  • Cari amici, il 9 ottobre 2012, i talebani mi hanno sparato sul lato sinistro della fronte. Hanno sparato ai miei amici, anche. Pensavano che i proiettili ci avrebbero messi a tacere, ma hanno fallito. Anzi, dal silenzio sono spuntate migliaia di voci. I terroristi pensavano di cambiare i miei obiettivi e fermare le mie ambizioni.
  • Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell'educazione li spaventa. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa. Questo è il motivo per cui hanno ucciso 14 studenti innocenti nel recente attentato a Quetta. Ed è per questo uccidono le insegnanti donne. Questo è il motivo per cui ogni giorno fanno saltare le scuole: perché hanno paura del cambiamento e dell'uguaglianza che porteremo nella nostra società.
  • I talebani divennero nemici giurati delle arti, della cultura e della storia. Distrussero tutto ciò che era antico, e non lo sostituirono con niente di nuovo.
  • Loro pensano che Dio sia un piccolo esseruccio conservatore che punterebbe la pistola alla testa delle persone solo per il fatto che vanno a scuola. Questi terroristi sfruttano il nome dell'islam per i propri interessi.
  • Sembrava che i talebani non volessero che facessimo niente. Avevano proibito addirittura uno dei nostri giochi da tavolo preferiti, che si gioca con dei gettoni su una tavola di legno. Sentimmo dire che avevano udito delle bambine ridere e fare rumore in una stanza ed erano entrati per distruggere la tavola. Pareva che vedessero noi donne come delle bamboline da controllare, a cui dire cosa fare e cosa non fare e come vestirsi. Ma io pensavo che si Dio ci avesse volute così non ci avrebbe fatto invece tanto diverse.

Voci correlate

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