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Informaci??n del art??culo Note di epigrafia medievale pugliese.
Le attività di sorveglianza e scavo archeologico svolte nell’ambito dei lavori per la realizzazione del Parco eolico “Gravina-Poggiorsini” hanno offerto una preziosa occasione per arricchire il panorama delle testimonianze... more
Le attività di sorveglianza e scavo archeologico svolte nell’ambito dei lavori per la realizzazione del Parco eolico “Gravina-Poggiorsini” hanno offerto una preziosa occasione per arricchire il panorama delle testimonianze storico-archeologiche relative alla piana di San Felice, ampio terrazzo inserito all’interno di un vasto comprensorio collinare coltivato a grano, degradante verso la valle del Basentello. Al quadro già delineato dalle ricognizioni territoriali dirette dal prof. A. Small, si sono aggiunti dati rilevanti che consentono di evidenziare una continuità di frequentazione della piana dall’Età del ferro al IV sec. a.C., insieme alla rarefazione delle testimonianze a partire dal III sec. a.C., conformemente a quanto documentato per Botromagno come conseguenza del sacco di Silvium nel 306 a.C. Emerge il V sec. a.C. come momento di floruit dell’insediamento, documentato da un edificio, ragguardevole per dimensioni e articolazione planimetrica e funzionale. Il complesso presenta due macrofasi, inquadrate rispettivamente nella seconda metà del V sec. a.C. e nella seconda metà del IV sec. a.C., intervallate da un periodo di abbandono determinato da un evento improvviso. La documentazione archeologica documenta una ripresa del popolamento del pianoro – sia pure limitato al settore occidentale – a partire dall’età tardoantica e soprattutto in età medievale tra XII e XV secolo. Le evidenze sono costituite, in particolare, da circa sessanta buche utilizzate come fosse di scarico, che hanno restituito una notevole quantità di ceramiche da mensa, da cucina e da dispensa, tra cui non mancano pregevoli prodotti di importazione, che rinviano ad un’ampia rete di rapporti e scambi commerciali in cui era inserito l’insediamento, presumibilmente appartenente al patrimonio fondiario dell’abbazia di Santa Maria di Banzi.
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