Fascist Italy in the Age of Corporatism. Searching for a Third Way, 2024
The interwar period was marked in Europe by the rediscovery of corporatism as a possible solution... more The interwar period was marked in Europe by the rediscovery of corporatism as a possible solution to the crucial problems of modern mass society. This was the result of general changes across industrialised countries in the relationship between the state and social groups. In Italy, it took on a uniquely authoritarian shape. Fascist regime became the cradle of a new model of corporatism, a “third way” alternative to both capitalism and communism, destined to influence both political, juridical, and economic debate and similar legislative experiments undertaken by other countries, be they democratic or authoritarian.
The book offers an overview of corporatism in Fascist Italy. It examines not only the ideology but also the acts and real activities of corporative institutions (corporazioni). It dwells upon internal debates, the political and institutional importance acquired by corporative institutions in the Fascist regime, and the behaviour of entrepreneurial organizations and labour unions.
At the same time, the book highlights the role of Italy in the transnational circulation of the corporative ideal by reconstructing both the considerable influence of Mussolini’s regime in a range of different political and geographical contexts and the way in which the authorities in Rome turned to coeval international experiences.
Il volume presenta una visione sintetica e unitaria del Novecento europeo. Al centro dell’attenzi... more Il volume presenta una visione sintetica e unitaria del Novecento europeo. Al centro dell’attenzione sono i processi economici, sociali, politici, culturali che hanno influenzato lo sviluppo storico generale del vecchio continente, inclusi i fattori di origine extraeuropea che si sono riverberati su di esso e le ripercussioni delle vicende europee nel resto del mondo. Lo sguardo si estende a tutto il continente, evitando punti di osservazione che ne restituiscano visioni solo parziali e incomplete. La storia dell’Europa è vista non come accostamento di tante storie nazionali giustapposte e parallele, ma come un processo che abbraccia lo spazio continentale nella sua interezza, in un continuo e reciproco condizionamento di svolgimenti nazionali e di fenomeni transnazionali. La narrazione è stata suddivisa in tre parti, ciascuna affidata a un autore diverso. A scandire la periodizzazione sono lo scoppio del secondo conflitto mondiale nel passaggio dalla prima alla seconda parte e la crisi degli anni Settanta nel passaggio alla terza. In appendice si offre una panoramica sui primi tempi dell’Europa post-novecentesca, fino al 2015.
Il volume ripercorre le molte analisi e interpretazioni del Settantasette, per ricostruire la com... more Il volume ripercorre le molte analisi e interpretazioni del Settantasette, per ricostruire la complessità e le molteplici sfaccettature di quell’evento e inserirlo in una più ampia prospettiva storica. Si confronta con le difficoltà di una definizione generale del movimento (la sua collocazione tra i movimenti sociali, la composizione e le diverse concezioni del conflitto che lo attraversarono) così come con i temi e le questioni che hanno animato quell’esperienza di mobilitazione e conflitto (l’enfasi sui desideri, la crisi del lavoro come fattore di identità, la violenza realizzata e subita, le elaborazioni culturali ed espressive). Si interroga inoltre sui rapporti tra il Settantasette e la società italiana del periodo, sui lasciti del movimento e sulle memorie che intorno a esso si sono prodotte.
Il fascismo volle proporsi come "terza via" alternativa al capitalismo e al socialismo, come espe... more Il fascismo volle proporsi come "terza via" alternativa al capitalismo e al socialismo, come esperimento rivoluzionario fondatore di uno "Stato nuovo" e di un diverso sistema sociale. Della terza via fascista il corporativismo fu uno degli aspetti principali e maggiormente appariscenti. Oggetto di accesi dibattiti e della costante attenzione delle gerarchie del fascismo, l’attuazione delle corporazioni fu però tardiva e per nulla commisurata alle aspettative. Nonostante la notevole sproporzione tra le parole e i fatti, l’azione del sistema corporativo non fu però senza esito, perché accompagnò e favorì trasformazioni profonde nell’organizzazione delle classi e dei ceti e nel rapporto tra la società e lo Stato.
L’autarchia costituì, dalla metà degli anni Trenta, uno dei più ambiziosi e più esibiti obiettivi... more L’autarchia costituì, dalla metà degli anni Trenta, uno dei più ambiziosi e più esibiti obiettivi del regime fascista. Un ruolo di indiscutibile rilevanza in quel progetto fu svolto dall'amministrazione degli Scambi e valute, elevata dal 1937 al rango di ministero e guidata fino al 1939 da Felice Guarneri, già dirigente dell'associazionismo imprenditoriale, divenuto uno dei più autorevoli tra i “grand commis” di Mussolini. Fino alle soglie della seconda guerra mondiale, lo Scambi e valute si trovò a governare di fatto i rapporti con l’estero del mondo economico italiano, secondo un orientamento non sempre compatibile con la politica industriale, finanziaria, militare ed estera dei vertici del fascismo. Intrecciando temi propri della storia istituzionale, della storia politica e della storia economica, il volume esamina il contesto in cui ebbe luogo la costituzione dello Scambi e valute, le originali soluzioni istituzionali adottate, i diversi campi in cui si svolse il suo intervento e le complesse interazioni con la politica fascista.
Negli anni cruciali del decollo industriale e fino alla crisi degli anni Trenta un ruolo fondamen... more Negli anni cruciali del decollo industriale e fino alla crisi degli anni Trenta un ruolo fondamentale è stato assunto dagli istituti cattolici di Parma e del suo territorio. La Cassa centrale cattolica, il Credito emiliano e la rete di casse rurali, garantendo un importante sostegno all’economia agricola e un solido collegamento tra città e campagna, hanno collocato Parma in primo piano nella storia del sistema di credito confessionale italiano. Gli autori del volume, un economista e uno storico, ripercorrendo i successi e i fallimenti del credito cattolico a Parma, delineano i contorni di una storia che si spezzò traumaticamente nell’autunno del 1932, restituendo rilevanza a istituti e figure (fra tutti Giuseppe Micheli) sullo sfondo delle vicende dello sviluppo economico della città e della provincia, dellaformazione del moderno sistema bancario nazionale e dell’intervento sociale ed economico dei cattolici italiani.
This article surveys recent historiographical studies on social conflicts and radical left during... more This article surveys recent historiographical studies on social conflicts and radical left during the 1970s in Italy. The debate in last years suggested new topics, methodologies and interpretations, with particular emphasis being placed on the issue of political violence, but it is still polarized in two classical and often implicit representations: stagione dei movimenti («season of movements») and anni di piombo («years of lead»). On the one hand, some scholars have been underlining mass participation and the emergence of joyful movements aiming to social equity and individual emancipation. On the other, scholars have been emphasizing political violence, armed struggle and terrorism. Neverthless, the two representations are partial and misleading. The article attempts to suggest new investigative trails that might analyse the genesis and the transformation of the movements and opposition cultures in depth from a cultural and a social perspective, and take into account economic transformation, mass culture and the roll of political parties.
It is common knowledge that State intervention in Italy in the Twenties and the Thirties develope... more It is common knowledge that State intervention in Italy in the Twenties and the Thirties developed outside of corporative institutions. The history of Fascist corporatism, however, is not only an unsuccessful story. Despite the failure of the " corporatist revolution " and " Fascist third way " , Fascist corporatism since the mid-Twenties helped the progressive development of a new political system to regulate relationship between State and private interests. The paper examines not only the institutional framework (the systems of formal laws, regulations, and procedures, and informal norms) but also their acts and real activities. It dwells upon internal debates, political and institutional importance acquired by corporative institutions in Fascist regime and behaviours of entrepreneurial organizations and labour unions. In this way, the paper aims to point out the " real " consequences of Fascist corporatism, different from the ideological ones.
É de conhecimento geral que intervenções estatais na Itália nas décadas de 1920 e 1930 se desenvolveram fora de instituições corporativas. A história do corporativismo fascista, no entanto, não é totalmente sem sucessos. Apesar da falha da " revolução corporativista " e da " terceira via fascista " , o corporativismo fascista, desde meados dos anos 1920, ajudou no desenvolvimento progressivo de um novo sistema político para regular a relação entre o Estado e interesses privados. O presente artigo examina não apenas a arcabouço institucional (os sistemas de leis formais,
The article examines the main categories and lines of analysis developed by Gramsci in his analys... more The article examines the main categories and lines of analysis developed by Gramsci in his analysis of fascism. In order to fully understand fascism’s particular characteristics, he developed a reading that brought into play a more general interpretation of the history of Italy and the processes of transformation typical of the capitalist societies of his time. This consisted in an analytical apparatus that evolved over time, with the change in Gramsci’s conditions of existence and degree of political involvement, and with the different successive phases of the fascist movement and the dictatorship. The article examines his whole political and intellectual itinerary, with special reference to the reflection carried out during his detention and written down in the Prison Notebooks. The categories that Gramsci developed in this phase are grouped around three clusters of problems which in some cases take up again suggestions and traces of analyses sketched out previously: social classes and historical periods, forms of command (a subject connected with the reflection on “caesarism”-“bonapartism” and on the intellectuals), and “passive revolution” and the nexuses with the changes in capitalism and Fordist modernization.
Cet article examine les principales catégories et analyses que Gramsci développe pour son interprétation du fascisme. Pour comprendre en profondeur les caractéristiques propres au fascisme, Gramsci élabore des clés de lecture qui engagent une interprétation plus générale de l’histoire de l’Italie et des processus de transformation que traversent les sociétés capitalistes contemporaines. Il s’agit d’un appareil analytique qui évolue au cours du temps, avec la transformation de la situation générale, le changement des conditions d’existence et du degré d’engagement politique de Gramsci et la succession des différentes phases du mouvement fasciste et de la dictature. L’examen porte sur l’ensemble du parcours politique et intellectuel de Gramsci mais s’arrête surtout sur l’élaboration développée durant la détention dans les Cahiers de prison. Les catégories que Gramsci élabore alors s’articulent autour de trois noeuds de problèmes, qui dans certains cas reprennent des suggestions et des ébauches d’analyse datant des années précédentes : les classes sociales et les temps de l’histoire ; les formes de commandement (thème qui se rattache aux réflexions sur le « césarisme »-« bonapartisme » et sur les intellectuels) ; la « révolution passive » et ses liens avec les changements du capitalisme et la modernisation fordiste.
The aim of this paper is to analyze the economic goals of the Ethiopian War and the results of th... more The aim of this paper is to analyze the economic goals of the Ethiopian War and the results of the Fascist Empire in Italian East Africa (Africa orientale italiana). In this respect, the creation of the new colony in East Africa gave rise undoubtedly to a failure. It was the consequence of the weakness and the lack of planning that characterized the origin of the “Empire” – as it is testified, for instance, by confused and contradictory laws and frequent conflicts of jurisdiction – and was also the consequence of big companies’ lack of interest in colonial investments.
G. Albanese, R. Pergher (editors), In the Society of Fascists. Acclamation, Acquiescence, and Agency in Mussolini’s Italy, Palgrave Macmillan, New York, 2012
The aim of this chapter is to analyze the relationship between the economic elite and Italian fas... more The aim of this chapter is to analyze the relationship between the economic elite and Italian fascism during the dictatorship years. This relationship was fundamental in fascism’s rise to power and in the subsequent effort to stabilize the regime. The expansionist and “imperial” aims of fascism attached importance to an economic-elite role: only an industrially powerful State could yearn to be a great power on the international political scene. Meanwhile, the Italian economy’s structural constraints (raw materials and capital shortage, national budget deficit, decreasing international trade) could potentially limit the ability to reach political targets. Mussolini, though not an expert in the field of economics and lacking in technical competence, followed, daily and resolutely, the evolution of economic difficulties. His determination and attention testifies to the importance that “il Duce” gave to those problems. Fascism’s compromise with the economic elite originated not only from the requirements of political stabilization or social consensus but also from the awareness that without it fascism couldn’t overcome the Italian economy’s structural constraints and, therefore, realize its political aims. To deal with the relationship between political power and the economic elite in the fascist regime we can’t restrict ourselves to using concepts such as consensus/dissent, complicity/opposition, exchange, negotiations and dealing. Otherwise, it wouldn’t be possible to explain why the great depression years was the period of highest allegiance by the economic elite with Fascism, in spite of the very bad performance of industrial and finance companies. From the moment of the revaluation of lira at “quota 90” in the middle of the Twenties – the beginning of a fascist economic policy – the relationship between economic and political power was determined not only by negotiations exchange of favours and self-interest but also by deeper and more lasting factors such as: a) a common repulsion of industrial disputes that made possible a social equilibrium guaranteed by fascism, based on low wage levels and abrogation of strikes and freedom in union organization; b) a change in hierarchy and balance between companies e between economic sectors during the Twenties and Thirties, a result of fascist government intervention and not only of economic and social process; c) the growing entwinement of leaders of the National Fascist Party (Partito nazionale fascista), union leaders, public corporation bureaucracy and private company management, caused by decreasing market power and growing public expenditure; d) the development of a “corporatist” way of interaction between State and economic interest, based on direct participation of unions and employers’ associations in public policy; e) a cultural and ideological background shared both by fascist leaders and members of the economic elite (nationalism, colonialism, protectionism, strict hierarchy between social classes). The chapter’s objective is to offer an in-depth analysis of these themes. In this way, it aims to offer a general interpretation of the allegiance of the elite to the dictatorship and then to enlighten on how fascism governed a modern industrial society like Italy and how the economic elite influenced choices and decisions of dictatorship.
Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito c... more Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito culturale dell’Italia fascista e l’architrave di quel nuovo modello di organizzazione sociale, la «terza via» fascista, che il regime indicò, agli italiani e agli europei, come meta della propria presunta rivoluzione. La vicenda del corporativismo e dei progetti corporativi di rifondazione dello Stato e intervento nell’economia, tuttavia, non è racchiusa esclusivamente nella storia del fascismo, ma intreccia anche la formazione di quella prospettiva politica antifascista in cui convergono le diverse culture e organizzazioni che si oppongono alla dittatura. Fascismo e antifascismo, infatti, sono geneticamente connessi a quella «crisi dello Stato» che i giuristi più attenti segnalano già sul finire del primo decennio del secolo, e che vede nella crescita e nel maggior rilievo degli interessi organizzati un fattore di disgregazione della legittimità dello Stato e di incrinatura del funzionamento della pubblica amministrazione. È nel confronto con le conseguenze di quella crisi, e nella sempre più forte consapevolezza della necessità di una rifondazione dello Stato, per assorbire le spinte disgreganti prodotte dalle nuove forme di mobilitazione politica e organizzazione dei gruppi sociali, che si formano le culture politiche dei soggetti che danno vita alla lunga «guerra civile» italiana. È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase. Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo. Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.
G. Vacca, D. Bidussa (a cura di), Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca sulla genesi e l’evoluzione del fascismo in Europa. 1926-1938, «Annale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli», XLVII, 2014, 2014
Fascist Italy in the Age of Corporatism. Searching for a Third Way, 2024
The interwar period was marked in Europe by the rediscovery of corporatism as a possible solution... more The interwar period was marked in Europe by the rediscovery of corporatism as a possible solution to the crucial problems of modern mass society. This was the result of general changes across industrialised countries in the relationship between the state and social groups. In Italy, it took on a uniquely authoritarian shape. Fascist regime became the cradle of a new model of corporatism, a “third way” alternative to both capitalism and communism, destined to influence both political, juridical, and economic debate and similar legislative experiments undertaken by other countries, be they democratic or authoritarian.
The book offers an overview of corporatism in Fascist Italy. It examines not only the ideology but also the acts and real activities of corporative institutions (corporazioni). It dwells upon internal debates, the political and institutional importance acquired by corporative institutions in the Fascist regime, and the behaviour of entrepreneurial organizations and labour unions.
At the same time, the book highlights the role of Italy in the transnational circulation of the corporative ideal by reconstructing both the considerable influence of Mussolini’s regime in a range of different political and geographical contexts and the way in which the authorities in Rome turned to coeval international experiences.
Il volume presenta una visione sintetica e unitaria del Novecento europeo. Al centro dell’attenzi... more Il volume presenta una visione sintetica e unitaria del Novecento europeo. Al centro dell’attenzione sono i processi economici, sociali, politici, culturali che hanno influenzato lo sviluppo storico generale del vecchio continente, inclusi i fattori di origine extraeuropea che si sono riverberati su di esso e le ripercussioni delle vicende europee nel resto del mondo. Lo sguardo si estende a tutto il continente, evitando punti di osservazione che ne restituiscano visioni solo parziali e incomplete. La storia dell’Europa è vista non come accostamento di tante storie nazionali giustapposte e parallele, ma come un processo che abbraccia lo spazio continentale nella sua interezza, in un continuo e reciproco condizionamento di svolgimenti nazionali e di fenomeni transnazionali. La narrazione è stata suddivisa in tre parti, ciascuna affidata a un autore diverso. A scandire la periodizzazione sono lo scoppio del secondo conflitto mondiale nel passaggio dalla prima alla seconda parte e la crisi degli anni Settanta nel passaggio alla terza. In appendice si offre una panoramica sui primi tempi dell’Europa post-novecentesca, fino al 2015.
Il volume ripercorre le molte analisi e interpretazioni del Settantasette, per ricostruire la com... more Il volume ripercorre le molte analisi e interpretazioni del Settantasette, per ricostruire la complessità e le molteplici sfaccettature di quell’evento e inserirlo in una più ampia prospettiva storica. Si confronta con le difficoltà di una definizione generale del movimento (la sua collocazione tra i movimenti sociali, la composizione e le diverse concezioni del conflitto che lo attraversarono) così come con i temi e le questioni che hanno animato quell’esperienza di mobilitazione e conflitto (l’enfasi sui desideri, la crisi del lavoro come fattore di identità, la violenza realizzata e subita, le elaborazioni culturali ed espressive). Si interroga inoltre sui rapporti tra il Settantasette e la società italiana del periodo, sui lasciti del movimento e sulle memorie che intorno a esso si sono prodotte.
Il fascismo volle proporsi come "terza via" alternativa al capitalismo e al socialismo, come espe... more Il fascismo volle proporsi come "terza via" alternativa al capitalismo e al socialismo, come esperimento rivoluzionario fondatore di uno "Stato nuovo" e di un diverso sistema sociale. Della terza via fascista il corporativismo fu uno degli aspetti principali e maggiormente appariscenti. Oggetto di accesi dibattiti e della costante attenzione delle gerarchie del fascismo, l’attuazione delle corporazioni fu però tardiva e per nulla commisurata alle aspettative. Nonostante la notevole sproporzione tra le parole e i fatti, l’azione del sistema corporativo non fu però senza esito, perché accompagnò e favorì trasformazioni profonde nell’organizzazione delle classi e dei ceti e nel rapporto tra la società e lo Stato.
L’autarchia costituì, dalla metà degli anni Trenta, uno dei più ambiziosi e più esibiti obiettivi... more L’autarchia costituì, dalla metà degli anni Trenta, uno dei più ambiziosi e più esibiti obiettivi del regime fascista. Un ruolo di indiscutibile rilevanza in quel progetto fu svolto dall'amministrazione degli Scambi e valute, elevata dal 1937 al rango di ministero e guidata fino al 1939 da Felice Guarneri, già dirigente dell'associazionismo imprenditoriale, divenuto uno dei più autorevoli tra i “grand commis” di Mussolini. Fino alle soglie della seconda guerra mondiale, lo Scambi e valute si trovò a governare di fatto i rapporti con l’estero del mondo economico italiano, secondo un orientamento non sempre compatibile con la politica industriale, finanziaria, militare ed estera dei vertici del fascismo. Intrecciando temi propri della storia istituzionale, della storia politica e della storia economica, il volume esamina il contesto in cui ebbe luogo la costituzione dello Scambi e valute, le originali soluzioni istituzionali adottate, i diversi campi in cui si svolse il suo intervento e le complesse interazioni con la politica fascista.
Negli anni cruciali del decollo industriale e fino alla crisi degli anni Trenta un ruolo fondamen... more Negli anni cruciali del decollo industriale e fino alla crisi degli anni Trenta un ruolo fondamentale è stato assunto dagli istituti cattolici di Parma e del suo territorio. La Cassa centrale cattolica, il Credito emiliano e la rete di casse rurali, garantendo un importante sostegno all’economia agricola e un solido collegamento tra città e campagna, hanno collocato Parma in primo piano nella storia del sistema di credito confessionale italiano. Gli autori del volume, un economista e uno storico, ripercorrendo i successi e i fallimenti del credito cattolico a Parma, delineano i contorni di una storia che si spezzò traumaticamente nell’autunno del 1932, restituendo rilevanza a istituti e figure (fra tutti Giuseppe Micheli) sullo sfondo delle vicende dello sviluppo economico della città e della provincia, dellaformazione del moderno sistema bancario nazionale e dell’intervento sociale ed economico dei cattolici italiani.
This article surveys recent historiographical studies on social conflicts and radical left during... more This article surveys recent historiographical studies on social conflicts and radical left during the 1970s in Italy. The debate in last years suggested new topics, methodologies and interpretations, with particular emphasis being placed on the issue of political violence, but it is still polarized in two classical and often implicit representations: stagione dei movimenti («season of movements») and anni di piombo («years of lead»). On the one hand, some scholars have been underlining mass participation and the emergence of joyful movements aiming to social equity and individual emancipation. On the other, scholars have been emphasizing political violence, armed struggle and terrorism. Neverthless, the two representations are partial and misleading. The article attempts to suggest new investigative trails that might analyse the genesis and the transformation of the movements and opposition cultures in depth from a cultural and a social perspective, and take into account economic transformation, mass culture and the roll of political parties.
It is common knowledge that State intervention in Italy in the Twenties and the Thirties develope... more It is common knowledge that State intervention in Italy in the Twenties and the Thirties developed outside of corporative institutions. The history of Fascist corporatism, however, is not only an unsuccessful story. Despite the failure of the " corporatist revolution " and " Fascist third way " , Fascist corporatism since the mid-Twenties helped the progressive development of a new political system to regulate relationship between State and private interests. The paper examines not only the institutional framework (the systems of formal laws, regulations, and procedures, and informal norms) but also their acts and real activities. It dwells upon internal debates, political and institutional importance acquired by corporative institutions in Fascist regime and behaviours of entrepreneurial organizations and labour unions. In this way, the paper aims to point out the " real " consequences of Fascist corporatism, different from the ideological ones.
É de conhecimento geral que intervenções estatais na Itália nas décadas de 1920 e 1930 se desenvolveram fora de instituições corporativas. A história do corporativismo fascista, no entanto, não é totalmente sem sucessos. Apesar da falha da " revolução corporativista " e da " terceira via fascista " , o corporativismo fascista, desde meados dos anos 1920, ajudou no desenvolvimento progressivo de um novo sistema político para regular a relação entre o Estado e interesses privados. O presente artigo examina não apenas a arcabouço institucional (os sistemas de leis formais,
The article examines the main categories and lines of analysis developed by Gramsci in his analys... more The article examines the main categories and lines of analysis developed by Gramsci in his analysis of fascism. In order to fully understand fascism’s particular characteristics, he developed a reading that brought into play a more general interpretation of the history of Italy and the processes of transformation typical of the capitalist societies of his time. This consisted in an analytical apparatus that evolved over time, with the change in Gramsci’s conditions of existence and degree of political involvement, and with the different successive phases of the fascist movement and the dictatorship. The article examines his whole political and intellectual itinerary, with special reference to the reflection carried out during his detention and written down in the Prison Notebooks. The categories that Gramsci developed in this phase are grouped around three clusters of problems which in some cases take up again suggestions and traces of analyses sketched out previously: social classes and historical periods, forms of command (a subject connected with the reflection on “caesarism”-“bonapartism” and on the intellectuals), and “passive revolution” and the nexuses with the changes in capitalism and Fordist modernization.
Cet article examine les principales catégories et analyses que Gramsci développe pour son interprétation du fascisme. Pour comprendre en profondeur les caractéristiques propres au fascisme, Gramsci élabore des clés de lecture qui engagent une interprétation plus générale de l’histoire de l’Italie et des processus de transformation que traversent les sociétés capitalistes contemporaines. Il s’agit d’un appareil analytique qui évolue au cours du temps, avec la transformation de la situation générale, le changement des conditions d’existence et du degré d’engagement politique de Gramsci et la succession des différentes phases du mouvement fasciste et de la dictature. L’examen porte sur l’ensemble du parcours politique et intellectuel de Gramsci mais s’arrête surtout sur l’élaboration développée durant la détention dans les Cahiers de prison. Les catégories que Gramsci élabore alors s’articulent autour de trois noeuds de problèmes, qui dans certains cas reprennent des suggestions et des ébauches d’analyse datant des années précédentes : les classes sociales et les temps de l’histoire ; les formes de commandement (thème qui se rattache aux réflexions sur le « césarisme »-« bonapartisme » et sur les intellectuels) ; la « révolution passive » et ses liens avec les changements du capitalisme et la modernisation fordiste.
The aim of this paper is to analyze the economic goals of the Ethiopian War and the results of th... more The aim of this paper is to analyze the economic goals of the Ethiopian War and the results of the Fascist Empire in Italian East Africa (Africa orientale italiana). In this respect, the creation of the new colony in East Africa gave rise undoubtedly to a failure. It was the consequence of the weakness and the lack of planning that characterized the origin of the “Empire” – as it is testified, for instance, by confused and contradictory laws and frequent conflicts of jurisdiction – and was also the consequence of big companies’ lack of interest in colonial investments.
G. Albanese, R. Pergher (editors), In the Society of Fascists. Acclamation, Acquiescence, and Agency in Mussolini’s Italy, Palgrave Macmillan, New York, 2012
The aim of this chapter is to analyze the relationship between the economic elite and Italian fas... more The aim of this chapter is to analyze the relationship between the economic elite and Italian fascism during the dictatorship years. This relationship was fundamental in fascism’s rise to power and in the subsequent effort to stabilize the regime. The expansionist and “imperial” aims of fascism attached importance to an economic-elite role: only an industrially powerful State could yearn to be a great power on the international political scene. Meanwhile, the Italian economy’s structural constraints (raw materials and capital shortage, national budget deficit, decreasing international trade) could potentially limit the ability to reach political targets. Mussolini, though not an expert in the field of economics and lacking in technical competence, followed, daily and resolutely, the evolution of economic difficulties. His determination and attention testifies to the importance that “il Duce” gave to those problems. Fascism’s compromise with the economic elite originated not only from the requirements of political stabilization or social consensus but also from the awareness that without it fascism couldn’t overcome the Italian economy’s structural constraints and, therefore, realize its political aims. To deal with the relationship between political power and the economic elite in the fascist regime we can’t restrict ourselves to using concepts such as consensus/dissent, complicity/opposition, exchange, negotiations and dealing. Otherwise, it wouldn’t be possible to explain why the great depression years was the period of highest allegiance by the economic elite with Fascism, in spite of the very bad performance of industrial and finance companies. From the moment of the revaluation of lira at “quota 90” in the middle of the Twenties – the beginning of a fascist economic policy – the relationship between economic and political power was determined not only by negotiations exchange of favours and self-interest but also by deeper and more lasting factors such as: a) a common repulsion of industrial disputes that made possible a social equilibrium guaranteed by fascism, based on low wage levels and abrogation of strikes and freedom in union organization; b) a change in hierarchy and balance between companies e between economic sectors during the Twenties and Thirties, a result of fascist government intervention and not only of economic and social process; c) the growing entwinement of leaders of the National Fascist Party (Partito nazionale fascista), union leaders, public corporation bureaucracy and private company management, caused by decreasing market power and growing public expenditure; d) the development of a “corporatist” way of interaction between State and economic interest, based on direct participation of unions and employers’ associations in public policy; e) a cultural and ideological background shared both by fascist leaders and members of the economic elite (nationalism, colonialism, protectionism, strict hierarchy between social classes). The chapter’s objective is to offer an in-depth analysis of these themes. In this way, it aims to offer a general interpretation of the allegiance of the elite to the dictatorship and then to enlighten on how fascism governed a modern industrial society like Italy and how the economic elite influenced choices and decisions of dictatorship.
Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito c... more Il corporativismo è il tema che maggiormente impegnò, dalla metà degli anni Venti, il dibattito culturale dell’Italia fascista e l’architrave di quel nuovo modello di organizzazione sociale, la «terza via» fascista, che il regime indicò, agli italiani e agli europei, come meta della propria presunta rivoluzione. La vicenda del corporativismo e dei progetti corporativi di rifondazione dello Stato e intervento nell’economia, tuttavia, non è racchiusa esclusivamente nella storia del fascismo, ma intreccia anche la formazione di quella prospettiva politica antifascista in cui convergono le diverse culture e organizzazioni che si oppongono alla dittatura. Fascismo e antifascismo, infatti, sono geneticamente connessi a quella «crisi dello Stato» che i giuristi più attenti segnalano già sul finire del primo decennio del secolo, e che vede nella crescita e nel maggior rilievo degli interessi organizzati un fattore di disgregazione della legittimità dello Stato e di incrinatura del funzionamento della pubblica amministrazione. È nel confronto con le conseguenze di quella crisi, e nella sempre più forte consapevolezza della necessità di una rifondazione dello Stato, per assorbire le spinte disgreganti prodotte dalle nuove forme di mobilitazione politica e organizzazione dei gruppi sociali, che si formano le culture politiche dei soggetti che danno vita alla lunga «guerra civile» italiana. È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase. Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo. Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.
G. Vacca, D. Bidussa (a cura di), Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca sulla genesi e l’evoluzione del fascismo in Europa. 1926-1938, «Annale della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli», XLVII, 2014, 2014
La «politica dei sacrifici» del governo Andreotti e la proposta dell’«austerità» avanzata da Berl... more La «politica dei sacrifici» del governo Andreotti e la proposta dell’«austerità» avanzata da Berlinguer furono il principale bersaglio del movimento del 1977. Sacrifici e austerità erano ritenuti due programmi convergenti, finalizzati – secondo i contestatori – non solo a fronteggiare la crisi economica ma a prefigurare un modello di sviluppo basato sulla riduzione dei livelli di benessere per le classi subalterne. Attacchi molto duri furono indirizzati al Partito comunista. Ebbe così luogo, quell’anno, la prima contrapposizione esplicita e frontale in Italia fra il principale partito della sinistra e un movimento sociale. Il movimento considerava infatti il Pci collocato a difesa del capitalismo e lontano da ogni progetto di trasformazione della società. Si trattò non solo di uno scontro politico e ideologico, ma anche di una contrapposizione tra diversi universi culturali, sistemi di valori, modelli esistenziali, che traducevano modi diversi di interpretare e vivere le trasformazioni della società italiana (la raggiunta maturità della società del benessere, la diffusione dei consumi, la ricerca del soddisfacimento di bisogni individuali). Il movimento fu di fatto anche un’espressione di quei cambiamenti, cui diede corpo con nuove forme di politicizzazione e un rapporto tra militanza e privato diverso dal passato. Quei fermenti, tuttavia, attraversarono anche il corpo del Pci, nonostante le rigide posizioni del gruppo dirigente.
This article examines the changes, starting in the 1980s, that marked the historiography of the e... more This article examines the changes, starting in the 1980s, that marked the historiography of the economy during Fascism in Italy, and the different role that economic and social issues began to play in the interpretations of fascism. The article also esamine some general tendencies that characterize studies on Fascism over the past 30 years, such as the increasing fragmentation of research efforts (focusing mostly on individual cases and case studies, which led to a lack of works on the economy during Fascism in general); decreased research on labour history and on factories and workers; and a new approach to the role of the State and the intervention of Fascism on the economy with increased attention to the institution, practices and projects seen from a political and ideological perspective (such as corporatism and autarchy). However, due also to some cultural trends, the studies focusing on economic aspects and the relationship between socioeconomic players and the regime have lost the central role they had earlier in the historiography on Fascism.
P. Corner e V. Galimi (a cura di), Il fascismo in provincia. Articolazioni e gestione del potere tra centro e periferia, Viella, Roma, 2014
L’attenzione alla dimensione territoriale e al rapporto tra il centro e la periferia ha costituit... more L’attenzione alla dimensione territoriale e al rapporto tra il centro e la periferia ha costituito uno degli aspetti di maggiore innovazione della storiografia sul fascismo italiano. Questa chiave di lettura, tuttavia, è finora riuscita solo in misura parziale a permeare fruttuosamente la storia sociale ed economica. Il saggio vuole offrire un inquadramento generale della questione, tracciando – attraverso la ricognizione della più recente storiografia, l’esame di alcuni snodi interpretativi e la verifica di piste di indagine – una panoramica di temi e problemi che appaiono rilevanti. In particolare, esso si sofferma su quattro segmenti specifici della politica fascista, che appaiono particolarmente significativi: le politiche sociali; le ramificazioni degli enti pubblici e i rapporti con le diverse realtà territoriali; la rappresentanza degli interessi su scala locale; le nuove geografie economiche prodotte dalle trasformazioni dell’apparato produttivo e dalla politica industriale.
I ministeri economici italiani negli anni Trenta furono quattro: il Ministero delle corporazioni,... more I ministeri economici italiani negli anni Trenta furono quattro: il Ministero delle corporazioni, il Ministero dell’agricoltura e foreste, il Ministero per gli scambi e valute e il Ministero delle finanze. Il saggio si sofferma sulle strutture organizzative, sulle dirigenze politiche e amministrative e sul ruolo da esse svolto nella politica economica italiana. La costruzione degli apparati si caratterizzò per i frequenti interventi legislativi sulle strutture, sull’organizzazione interna e sulle competenze di ciascun ministero. Ne derivarono irrazionalità organizzativa, frammentazione degli apparati e delle attribuzioni ma anche, al tempo stesso, soluzioni particolarmente originali, distanti dalla rigidità e dall’elevata centralizzazione tipiche della tradizione amministrativa italiana. Emblematici, in questo senso, furono il Ministero delle corporazioni e quello per gli scambi e valute. Per quanto concerne gli uomini, il saggio si sofferma da un lato sul complesso rapporto tra politica e amministrazione (di cui si sottolinea la scarsa permeabilità della seconda alla prima) e sull’altrettanto decisivo rapporto tra pubblico e privato (le cui interazioni si intensificarono in misura rilevante nel periodo in esame). Il contributo passa infine ad analizzare il ruolo dei ministeri nella politica economica italiana. Negli anni Trenta si assistette alla crescita – in termini quantitativi, di funzioni e di rilievo amministrativo e politico – degli enti pubblici-economici, che sottrassero funzioni rilevanti ai ministeri. Questi tuttavia, riuscirono a conservare un informale potere di controllo sugli enti e, a partire dalla metà del decennio, recuperarono progressivamente una capacità di direzione e coordinamento.
G. Monina (a cura di), 1945-1946. Le origini della Repubblica, vol. I, Contesto internazionale e aspetti della transizione, Comitato Nazionale 1945-1946 alle origini della Repubblica, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2007
Il Fascismo italiano. Storia e interpretazioni, Carocci, 2021
Negli ultimi anni la discussione sul fascismo è tornata al centro del dibattito pubblico con una ... more Negli ultimi anni la discussione sul fascismo è tornata al centro del dibattito pubblico con una rilevanza che non sarebbe stata pensabile all’inizio del nuovo millennio. A partire dalle domande emerse dal rinnovato interesse storiografico, il libro racconta come il fascismo ha cambiato l’Italia, dando vita ad un regime che si distingueva nelle forme e nelle ambizioni da altre esperienze del passato e contribuiva a trasformare nel profondo la politica contemporanea. I temi posti al centro di questa indagine sono la violenza, l’impero, la guerra, la politica, l’economia, la religione, la cultura, ma anche l’antifascismo, la propaganda, la vita quotidiana e l’impatto all’estero dell’esperienza fascista. Sono argomenti centrali nella storia e nell’interpretazione del regime, qui approfonditi a partire da prospettive spesso inedite, che reinterrogando gli studi esistenti avanzano interpretazioni originali e propongono nuovi interrogativi.
Uploads
The book offers an overview of corporatism in Fascist Italy. It examines not only the ideology but also the acts and real activities of corporative institutions (corporazioni). It dwells upon internal debates, the political and institutional importance acquired by corporative institutions in the Fascist regime, and the behaviour of entrepreneurial organizations and labour unions.
At the same time, the book highlights the role of Italy in the transnational circulation of the corporative ideal by reconstructing both the considerable influence of Mussolini’s regime in a range of different political and geographical contexts and the way in which the authorities in Rome turned to coeval international experiences.
É de conhecimento geral que intervenções estatais na Itália nas décadas de 1920 e 1930 se desenvolveram fora de instituições corporativas. A história do corporativismo fascista, no entanto, não é totalmente sem sucessos. Apesar da falha da " revolução corporativista " e da " terceira via fascista " , o corporativismo fascista, desde meados dos anos 1920, ajudou no desenvolvimento progressivo de um novo sistema político para regular a relação entre o Estado e interesses privados. O presente artigo examina não apenas a arcabouço institucional (os sistemas de leis formais,
Cet article examine les principales catégories et analyses que Gramsci développe pour son interprétation du fascisme. Pour comprendre en profondeur les caractéristiques propres au fascisme, Gramsci élabore des clés de lecture qui engagent une interprétation plus générale de l’histoire de l’Italie et des processus de transformation que traversent les sociétés capitalistes contemporaines. Il s’agit d’un appareil analytique qui évolue au cours du temps, avec la transformation de la situation générale, le changement des conditions d’existence et du degré d’engagement politique de Gramsci et la succession des différentes phases du mouvement fasciste et de la dictature. L’examen porte sur l’ensemble du parcours politique et intellectuel de Gramsci mais s’arrête surtout sur l’élaboration développée durant la détention dans les Cahiers de prison. Les catégories que Gramsci élabore alors s’articulent autour de trois noeuds de problèmes, qui dans certains cas reprennent des suggestions et des ébauches d’analyse datant des années précédentes : les classes sociales et les temps de l’histoire ; les formes de commandement (thème qui se rattache aux réflexions sur le « césarisme »-« bonapartisme » et sur les intellectuels) ; la « révolution passive » et ses liens avec les changements du capitalisme et la modernisation fordiste.
The expansionist and “imperial” aims of fascism attached importance to an economic-elite role: only an industrially powerful State could yearn to be a great power on the international political scene. Meanwhile, the Italian economy’s structural constraints (raw materials and capital shortage, national budget deficit, decreasing international trade) could potentially limit the ability to reach political targets.
Mussolini, though not an expert in the field of economics and lacking in technical competence, followed, daily and resolutely, the evolution of economic difficulties. His determination and attention testifies to the importance that “il Duce” gave to those problems.
Fascism’s compromise with the economic elite originated not only from the requirements of political stabilization or social consensus but also from the awareness that without it fascism couldn’t overcome the Italian economy’s structural constraints and, therefore, realize its political aims.
To deal with the relationship between political power and the economic elite in the fascist regime we can’t restrict ourselves to using concepts such as consensus/dissent, complicity/opposition, exchange, negotiations and dealing. Otherwise, it wouldn’t be possible to explain why the great depression years was the period of highest allegiance by the economic elite with Fascism, in spite of the very bad performance of industrial and finance companies. From the moment of the revaluation of lira at “quota 90” in the middle of the Twenties – the beginning of a fascist economic policy – the relationship between economic and political power was determined not only by negotiations exchange of favours and self-interest but also by deeper and more lasting factors such as:
a) a common repulsion of industrial disputes that made possible a social equilibrium guaranteed by fascism, based on low wage levels and abrogation of strikes and freedom in union organization;
b) a change in hierarchy and balance between companies e between economic sectors during the Twenties and Thirties, a result of fascist government intervention and not only of economic and social process;
c) the growing entwinement of leaders of the National Fascist Party (Partito nazionale fascista), union leaders, public corporation bureaucracy and private company management, caused by decreasing market power and growing public expenditure;
d) the development of a “corporatist” way of interaction between State and economic interest, based on direct participation of unions and employers’ associations in public policy;
e) a cultural and ideological background shared both by fascist leaders and members of the economic elite (nationalism, colonialism, protectionism, strict hierarchy between social classes).
The chapter’s objective is to offer an in-depth analysis of these themes. In this way, it aims to offer a general interpretation of the allegiance of the elite to the dictatorship and then to enlighten on how fascism governed a modern industrial society like Italy and how the economic elite influenced choices and decisions of dictatorship.
È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase.
Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo.
Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.
The book offers an overview of corporatism in Fascist Italy. It examines not only the ideology but also the acts and real activities of corporative institutions (corporazioni). It dwells upon internal debates, the political and institutional importance acquired by corporative institutions in the Fascist regime, and the behaviour of entrepreneurial organizations and labour unions.
At the same time, the book highlights the role of Italy in the transnational circulation of the corporative ideal by reconstructing both the considerable influence of Mussolini’s regime in a range of different political and geographical contexts and the way in which the authorities in Rome turned to coeval international experiences.
É de conhecimento geral que intervenções estatais na Itália nas décadas de 1920 e 1930 se desenvolveram fora de instituições corporativas. A história do corporativismo fascista, no entanto, não é totalmente sem sucessos. Apesar da falha da " revolução corporativista " e da " terceira via fascista " , o corporativismo fascista, desde meados dos anos 1920, ajudou no desenvolvimento progressivo de um novo sistema político para regular a relação entre o Estado e interesses privados. O presente artigo examina não apenas a arcabouço institucional (os sistemas de leis formais,
Cet article examine les principales catégories et analyses que Gramsci développe pour son interprétation du fascisme. Pour comprendre en profondeur les caractéristiques propres au fascisme, Gramsci élabore des clés de lecture qui engagent une interprétation plus générale de l’histoire de l’Italie et des processus de transformation que traversent les sociétés capitalistes contemporaines. Il s’agit d’un appareil analytique qui évolue au cours du temps, avec la transformation de la situation générale, le changement des conditions d’existence et du degré d’engagement politique de Gramsci et la succession des différentes phases du mouvement fasciste et de la dictature. L’examen porte sur l’ensemble du parcours politique et intellectuel de Gramsci mais s’arrête surtout sur l’élaboration développée durant la détention dans les Cahiers de prison. Les catégories que Gramsci élabore alors s’articulent autour de trois noeuds de problèmes, qui dans certains cas reprennent des suggestions et des ébauches d’analyse datant des années précédentes : les classes sociales et les temps de l’histoire ; les formes de commandement (thème qui se rattache aux réflexions sur le « césarisme »-« bonapartisme » et sur les intellectuels) ; la « révolution passive » et ses liens avec les changements du capitalisme et la modernisation fordiste.
The expansionist and “imperial” aims of fascism attached importance to an economic-elite role: only an industrially powerful State could yearn to be a great power on the international political scene. Meanwhile, the Italian economy’s structural constraints (raw materials and capital shortage, national budget deficit, decreasing international trade) could potentially limit the ability to reach political targets.
Mussolini, though not an expert in the field of economics and lacking in technical competence, followed, daily and resolutely, the evolution of economic difficulties. His determination and attention testifies to the importance that “il Duce” gave to those problems.
Fascism’s compromise with the economic elite originated not only from the requirements of political stabilization or social consensus but also from the awareness that without it fascism couldn’t overcome the Italian economy’s structural constraints and, therefore, realize its political aims.
To deal with the relationship between political power and the economic elite in the fascist regime we can’t restrict ourselves to using concepts such as consensus/dissent, complicity/opposition, exchange, negotiations and dealing. Otherwise, it wouldn’t be possible to explain why the great depression years was the period of highest allegiance by the economic elite with Fascism, in spite of the very bad performance of industrial and finance companies. From the moment of the revaluation of lira at “quota 90” in the middle of the Twenties – the beginning of a fascist economic policy – the relationship between economic and political power was determined not only by negotiations exchange of favours and self-interest but also by deeper and more lasting factors such as:
a) a common repulsion of industrial disputes that made possible a social equilibrium guaranteed by fascism, based on low wage levels and abrogation of strikes and freedom in union organization;
b) a change in hierarchy and balance between companies e between economic sectors during the Twenties and Thirties, a result of fascist government intervention and not only of economic and social process;
c) the growing entwinement of leaders of the National Fascist Party (Partito nazionale fascista), union leaders, public corporation bureaucracy and private company management, caused by decreasing market power and growing public expenditure;
d) the development of a “corporatist” way of interaction between State and economic interest, based on direct participation of unions and employers’ associations in public policy;
e) a cultural and ideological background shared both by fascist leaders and members of the economic elite (nationalism, colonialism, protectionism, strict hierarchy between social classes).
The chapter’s objective is to offer an in-depth analysis of these themes. In this way, it aims to offer a general interpretation of the allegiance of the elite to the dictatorship and then to enlighten on how fascism governed a modern industrial society like Italy and how the economic elite influenced choices and decisions of dictatorship.
È all’interno di queste coordinate che bisogna inserire l’evoluzione della riflessione sul corporativismo e della progettazione di riforme corporatiste dello Stato e dell’economia negli anni tra le due guerre mondiali. È possibile individuare diverse fasi del confronto e scontro tra fascismo e antifascismo intorno a questo nodo. Negli anni a cavallo tra il primo dopoguerra e l’avvento del fascismo si aprì una fase progettuale per la valorizzazione dei canali di rappresentanza della società all’interno dello stato, che vide impegnati componenti significative della dirigenza politica e amministrativa dello Stato liberale e che coinvolse la riflessione di un ampio arco di forze politiche e culturali, da alcuni importanti settori del socialismo riformista al primo fascismo. I primi anni del fascismo al potere si posero almeno in parte in continuità con questa fase.
Alla metà degli anni Venti prese compiutamente forma il progetto corporativo di Alfredo Rocco (l’unico ad avere piena realizzazione), che introdusse rilevanti discontinuità: da un lato si impose una versione statalista-autoritaria, che voleva riaffermare il comando dello Stato sui corpi sociali, privandoli della loro autonomia e, al tempo stesso, come avevano con largo anticipo intuito le menti più lucide dell’antifascismo, svuotando gli organismi di resistenza economica (i sindacati e le cooperative) creati dal movimenti operaio e incorporandoli negli ingranaggi del nuovo apparato istituzionale; dall’altro, il carattere corporativo divenne, nella costruzione ideologica del regime, uno degli attributi dello «stato nuovo» e si venne in questo modo ad affermare nei fatti l’identificazione di corporativismo e fascismo.
Nei primi anni Trenta, con l’istituzione delle corporazioni da parte dello Stato fascista, ebbe luogo il rilancio del tema del corporativismo, con effetti rilevanti sulla politica culturale del regime e, seppure in misura minore, sull’architettura dello Stato fascista. A esso l’antifascismo rispose con analisi spesso lucide e spregiudicate, con cui si sforzò di comprendere le caratteristiche originali e innovative del progetto dell’avversario. Al tempo stesso, anche sulla scia di quelle analisi, mise al centro della propria agenda il nesso tra libertà politiche e giustizia sociale e, in alcune sue voci autorevoli, si interrogò sulla possibilità di pensare un corporativismo democratico come soluzione alla crisi dello Stato e strumento di un nuovo modello di rappresentanza e cittadinanza. Un’esperienza, questa, che consegnò all’Italia del post1945 un’eredità complessa.