Luca Fezzi
Luca Fezzi was born in Lavagna (GE), on the 17th of August 1974
- July 1997: degree (110/110 cum laude) in Classics (University of Pisa); thesis: The tribunician laws of Publius Clodius Pulcher (58 BC) and Roman consensus
- November 1998: degree (70/70 cum laude) in Roman History at the ‘Corso Ordinario’ in Humanities (Scuola Normale Superiore di Pisa); thesis: Politics and grain laws in the late Roman republic
- October 2001: Doctor’s degree (70/70 cum laude) at the Scuola Normale Superiore di Pisa, with the Ph.D. thesis: Forgery and obliteration of public documents in the late Roman republic
- December 2001: research fellowship (4 years) at the University of Pisa (Political conflicts in the late Roman republic)
- March 2003 -- : scientific adviser at the Centro di Studi sulla Fortuna dell’Antico ‘Emanuele Narducci’ (Sestri Levante)
- July 2005: Alexander von Humboldt Fellowship
- May 2011 -- : 'Ricercatore' in Roman History at the University of Padova
- November 2014 -- : Associate Professor in Roman History at the University of Padova
- August 2024 - : Full Professor in Roman History at the University of Padova
Address: Università degli Studi di Padova
DISSGEA
p.zza Capitaniato 7
35100 Padova
- July 1997: degree (110/110 cum laude) in Classics (University of Pisa); thesis: The tribunician laws of Publius Clodius Pulcher (58 BC) and Roman consensus
- November 1998: degree (70/70 cum laude) in Roman History at the ‘Corso Ordinario’ in Humanities (Scuola Normale Superiore di Pisa); thesis: Politics and grain laws in the late Roman republic
- October 2001: Doctor’s degree (70/70 cum laude) at the Scuola Normale Superiore di Pisa, with the Ph.D. thesis: Forgery and obliteration of public documents in the late Roman republic
- December 2001: research fellowship (4 years) at the University of Pisa (Political conflicts in the late Roman republic)
- March 2003 -- : scientific adviser at the Centro di Studi sulla Fortuna dell’Antico ‘Emanuele Narducci’ (Sestri Levante)
- July 2005: Alexander von Humboldt Fellowship
- May 2011 -- : 'Ricercatore' in Roman History at the University of Padova
- November 2014 -- : Associate Professor in Roman History at the University of Padova
- August 2024 - : Full Professor in Roman History at the University of Padova
Address: Università degli Studi di Padova
DISSGEA
p.zza Capitaniato 7
35100 Padova
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Books by Luca Fezzi
Cosa hanno in comune le mitiche vicende di Romolo, di Lucrezia e delle oche del Campidoglio, la precoce morte di Alessandro «il Grande», la titubanza di Annibale Barca dopo la clamorosa vittoria di Canne, la straordinaria vita di Gaio Giulio Cesare e il suo feroce assassinio, le decisive battaglie di Filippi, Azio, Teutoburgo, ponte Milvio e Adrianopoli?
Si tratta di personaggi ed eventi, leggendari o reali, che hanno segnato vere e proprie svolte nella storia di Roma antica e che – per importanza e, spesso, imprevedibilità – hanno suggerito, già tra i contemporanei, interrogativi sui destini dell’uomo e del mondo, ispirando riflessioni ucroniche e controfattuali. Insomma, hanno generato quei famigerati «se» con i quali, ci è sempre stato insegnato, non bisognerebbe mai fare la storia.
Ma quando a porseli sono uomini che la storia l’hanno fatta in prima persona, come Cesare, Napoleone o il generale Montgomery, o grandi intellettuali, quali Livio, Plutarco, Gibbon, Burckhardt o Toynbee, forse un’eccezione la meritano. Ne è convinto lo storico Luca Fezzi il quale, esplorando una dozzina di questi «se» – tutti rigorosamente «di autore» –, ci guida lungo il corso delle millenarie vicissitudini dell’Urbe, città «eterna»
ma mai immobile, anzi, sempre «in bilico» tra scenari alternativi, spesso opposti. Potremo così chiederci, con la dovuta cognizione di causa, se quanto avvenuto era già scritto, o se sussistevano invece, per Roma, altre possibilità e quali sarebbero state le eventuali conseguenze: per esempio, non nascere, non diventare repubblica, venire abbandonata per la vicina Veio, scontrarsi con Alessandro o soccombere ad Annibale, non conoscere le imprese di Cesare, le riforme di Augusto e di Costantino, resistere più a lungo alle pressioni dei popoli germanici.
Con lo stesso spirito e grazie a una profonda conoscenza delle fonti, in questo percorso poco ortodosso ma assai intrigante tra momenti epocali della vicenda di Roma e del suo impero, l’autore ridà voce al controcanto delle narrazioni e testimonianze dissonanti, minoritarie, talvolta improbabili, eco lontane del perenne contrasto tra un passato irrevocabilmente unico e l’universo dei suoi infiniti ma irrealizzati possibili.
Ma prima ancora del consolato popolare, della conquista delle Gallie, della vittoria nella guerra civile e della dittatura, chi era stato, nella sua inquieta e concreta singolarità, l’individuo Cesare? Un bambino patrizio di salute cagionevole, il nipote di Gaio Mario, un orfano di padre, un giovanissimo marito e un sacerdote mancato, un perseguitato politico, il presunto e chiacchierato amante di un anziano monarca orientale, una recluta coraggiosa, un temibile accusatore, un vendicativo ostaggio dei pirati, un misterioso tribuno militare, un questore ambizioso, un sospetto congiurato, un edile magnifico e carico di debiti, un giudice inflessibile, un pontefice massimo, un pretore accusato di complicità con Catilina ma paladino del garantismo, un padre affettuoso, un marito tradito, uno straordinario amante e tanto altro ancora.
Ed è proprio di questo «giovane» Cesare, oscurato – anche nelle fonti antiche – dal fulgore della successiva grandezza, militare e politica, che Luca Fezzi traccia con mano sicura il profilo caratteriale e psicologico e ripercorre passo passo il cursus honorum, in un libro che è, insieme, una ricca e documentata ricostruzione biografica e la magistrale sintesi di un capitolo cruciale della storia repubblicana di Roma.
increasingly ambitious conqueror of Gaul, to
disband his troops. Caesar refused and in January
the following year led a legion of soldiers to the
Rubicon – the river that marked the boundary
between Cisalpine Gaul and Italy proper. To
cross it would violate a prohibition issued by
the Senate and serve as a declaration of war.
Proconsul Pompey was charged with protecting
Rome, which had always proudly fought
against invaders. Faced with civil war, the
Senate turned to Pompey for help, but his
response was unexpected: he commanded
magistrates and senators to abandon the city.
Le jour où César provoqua la chute de la République romaine
« Alea jacta est ». L’expression est désormais entrée dans le langage courant pour évoquer une décision irrévocable : celle que César prit en 49 av. J. C. lorsque, bravant un ultimatum du Sénat, il franchit en armes le Rubicon. César et Pompée briguaient l’un et l’autre la charge de consul. César aurait dû se présenter dans l’Urbs, en tant que citoyen privé, après avoir congédié ses légions. Mais, César prononçant la phrase fatidique (alea jacta est – les dés sont jetés), il décida de marcher sur Rome. Comment en est-il arrivé à ce coup de force ? Que se passa-t-il pour que finalement Rome capitule ? Quel moment clé le passage du Rubicon représente-t-il dans l’histoire de Rome ?
Luca Fezzi reconstitue les événements et nous les expose avec souffle et intelligence. Il découvre pour nous les incertitudes de César, ses craintes, ses inquiétudes personnelles, mêlant sans cesse « privé » et « public ». L'auteur offre ainsi une enquête historique inédite et moderne sur l’un des épisodes les plus célèbres de l’histoire de l’Antiquité.
Giulio Cesare, quando decise di varcare il Rubicone' (Andrea Giardina)
Nel gennaio 49 a.C., Cesare, conquistatore delle Gallie, sfidò un
'ultimatum' senatorio. Alla testa di alcune coorti legionarie varcò il
Rubicone, pronunziando una celebre frase. Nello stesso giorno occupò
Rimini, presidio strategico della terra Italia. Si spinse poi verso
sud, minacciando la stessa Roma, cuore di una 'res publica' ormai
egemone sul Mediterraneo.
Pompeo, incaricato di fermarlo, rispose con una mossa meno celebre ma
altrettanto fatidica. Ordinò all’intera classe politica di abbandonare
la città e di seguirlo, per contrattaccare dal meridione della
Penisola o, addirittura, dai Balcani.
Il panico fu inenarrabile. Mai i romani si erano trovati di fronte a
una situazione del genere. L’Urbe, nella sua secolare storia, era
stata sempre difesa, con alterne fortune, da nemici esterni e interni.
A Cesare essa fu invece abbandonata, assieme al suo ricchissimo
tesoro.
Che cosa avvenne in quei terribili giorni? Come si giunse a una
situazione tanto sconcertante? Roma era davvero indifendibile? Quali
furono le conseguenze della fuga pompeiana?
Per rispondere occorre ricostruire la temperie politica e
istituzionale che aveva trasformato la gloriosa 'res publica' in un
sistema logoro e corrotto, nel quale ormai troppi non credevano più, e
che Cesare riuscì a piegare con rapidità impressionante.
Si tratta della prima delle Verrine, assurte poi a modello oratorio di ogni tempo. Quale lavoro d’inchiesta aveva reso possibile quella spettacolare accusa, capace d’intrattenere il popolo romano per giorni? Le imputazioni erano reali o si trattò invece di un processo politico?
Seguiamo passo dopo passo Cicerone, instancabile, tenace ma non certo candido raccoglitore di prove e orchestratore di testimonianze.
Così lo storico Gaio Sallustio Crispo chiude la narrazione della congiura di Lucio Sergio Catilina; il patrizio, che non era riuscito a sovvertire il governo di Roma, trovò infatti la morte alla testa della sua armata di ribelli, annientata dall’esercito regolare nello scontro all’ultimo sangue combattuto agli inizi del 62 a.C. presso Pistoia.
La vicenda della congiura, tra le più menzionate dell’intera storia antica, ci è stata tramandata principalmente dalla narrazione di Sallustio e dalle orazioni di Marco Tullio Cicerone, il console che la combatté con molta – e, per alcuni, troppa – determinazione. Entrambi gli autori, tratteggiandone il protagonista come uomo depravato e sanguinario, hanno influenzato l’intera tradizione. La critica storica, quindi, persino nei relativamente recenti tentativi di ‘rivalutazione’, si trova a fare i conti con un impianto che nasce con impostazione ‘manichea’.
Anche per questo motivo, gli ingredienti in grado di attirare l’attenzione non sono mai mancati. Un aristocratico, la cui malvagità resta dipinta in immortali ritratti letterari, si era rivolto alla parte più scontenta del popolo per tramare nell’ombra la rovina della maggiore repubblica mai conosciuta. Il tutto, quasi non bastasse, racchiuso in una cornice di orge, scandali e tradimenti, perpetrati da personaggi dediti a vizi di ogni genere. E, ancora, la repressione ciceroniana, avallata dal senato ma irrituale, resa possibile dalla sospensione delle garanzie ‘costituzionali’ del cittadino, difese – nel più noto dibattito senatorio di cui siamo a conoscenza – dal ‘popolare’ Gaio Giulio Cesare e invece sminuite dall’‘ottimate’ Marco Porcio Catone, il futuro ‘Uticense’, eroe repubblicano di ogni tempo.
Pare superfluo accennare alla varietà di letture e di passioni che tale materia ha sollevato. A livello retorico, dare del ‘Catilina’ agli avversari politici divenne da subito, già sulle labbra di Cicerone, un’offesa. Ma il nostro impersonò anche, in virtù della propria vicenda, una figura tragica, e in quanto tale fonte d’ispirazione per artisti e pensatori. La congiura stessa, intesa come tentativo di rovesciare la repubblica, è stata poi fertile terreno d’indagine politica, storiografica e, in tempi più recenti, economica e sociologica.
Chi fu Catilina? Come giunse a progettare e pianificare la sovversione? Quali furono i suoi obiettivi e le sue forze? Quali invece quelli di Cicerone, il grande ed eloquente avversario? Quale la posizione di Cesare? Come Roma e, in seguito, la cultura occidentale, hanno rielaborato l’inquietante vicenda?
A ognuna di queste domande il presente volume proverà a suggerire possibili risposte. Lo farà ripercorrendo la vita di Catilina – assai misteriosa sino alla ‘scoperta’ della congiura –, e ricostruendo le principali direttrici della successiva ‘fortuna’ del personaggio.
Papers by Luca Fezzi
of such a plan. It would have required a tight coastal control of the Tyrrhenian areas, which was rendered impossible by the abandonment, by Pompey and his allies, of southern Italy, Sardinia and Sicily. The blockade by a naval power against a land power was in fact, in the ancient
world, for technological reasons, a problematic strategy, requiring far more political cohesion than that of the composite anti-Caesarian coalition and requiring, above all, coastal control (which Sextus Pompeius, for some time, succeeded in maintaining). If Carl Schmitt has brilliantly sketched
the history of the modern world as a conflict between maritime and land powers, we must recognise that during the 1st century BCE, Leviathan, to suffocate Behemoth, needed to have its feet firmly planted on the ground.
Cosa hanno in comune le mitiche vicende di Romolo, di Lucrezia e delle oche del Campidoglio, la precoce morte di Alessandro «il Grande», la titubanza di Annibale Barca dopo la clamorosa vittoria di Canne, la straordinaria vita di Gaio Giulio Cesare e il suo feroce assassinio, le decisive battaglie di Filippi, Azio, Teutoburgo, ponte Milvio e Adrianopoli?
Si tratta di personaggi ed eventi, leggendari o reali, che hanno segnato vere e proprie svolte nella storia di Roma antica e che – per importanza e, spesso, imprevedibilità – hanno suggerito, già tra i contemporanei, interrogativi sui destini dell’uomo e del mondo, ispirando riflessioni ucroniche e controfattuali. Insomma, hanno generato quei famigerati «se» con i quali, ci è sempre stato insegnato, non bisognerebbe mai fare la storia.
Ma quando a porseli sono uomini che la storia l’hanno fatta in prima persona, come Cesare, Napoleone o il generale Montgomery, o grandi intellettuali, quali Livio, Plutarco, Gibbon, Burckhardt o Toynbee, forse un’eccezione la meritano. Ne è convinto lo storico Luca Fezzi il quale, esplorando una dozzina di questi «se» – tutti rigorosamente «di autore» –, ci guida lungo il corso delle millenarie vicissitudini dell’Urbe, città «eterna»
ma mai immobile, anzi, sempre «in bilico» tra scenari alternativi, spesso opposti. Potremo così chiederci, con la dovuta cognizione di causa, se quanto avvenuto era già scritto, o se sussistevano invece, per Roma, altre possibilità e quali sarebbero state le eventuali conseguenze: per esempio, non nascere, non diventare repubblica, venire abbandonata per la vicina Veio, scontrarsi con Alessandro o soccombere ad Annibale, non conoscere le imprese di Cesare, le riforme di Augusto e di Costantino, resistere più a lungo alle pressioni dei popoli germanici.
Con lo stesso spirito e grazie a una profonda conoscenza delle fonti, in questo percorso poco ortodosso ma assai intrigante tra momenti epocali della vicenda di Roma e del suo impero, l’autore ridà voce al controcanto delle narrazioni e testimonianze dissonanti, minoritarie, talvolta improbabili, eco lontane del perenne contrasto tra un passato irrevocabilmente unico e l’universo dei suoi infiniti ma irrealizzati possibili.
Ma prima ancora del consolato popolare, della conquista delle Gallie, della vittoria nella guerra civile e della dittatura, chi era stato, nella sua inquieta e concreta singolarità, l’individuo Cesare? Un bambino patrizio di salute cagionevole, il nipote di Gaio Mario, un orfano di padre, un giovanissimo marito e un sacerdote mancato, un perseguitato politico, il presunto e chiacchierato amante di un anziano monarca orientale, una recluta coraggiosa, un temibile accusatore, un vendicativo ostaggio dei pirati, un misterioso tribuno militare, un questore ambizioso, un sospetto congiurato, un edile magnifico e carico di debiti, un giudice inflessibile, un pontefice massimo, un pretore accusato di complicità con Catilina ma paladino del garantismo, un padre affettuoso, un marito tradito, uno straordinario amante e tanto altro ancora.
Ed è proprio di questo «giovane» Cesare, oscurato – anche nelle fonti antiche – dal fulgore della successiva grandezza, militare e politica, che Luca Fezzi traccia con mano sicura il profilo caratteriale e psicologico e ripercorre passo passo il cursus honorum, in un libro che è, insieme, una ricca e documentata ricostruzione biografica e la magistrale sintesi di un capitolo cruciale della storia repubblicana di Roma.
increasingly ambitious conqueror of Gaul, to
disband his troops. Caesar refused and in January
the following year led a legion of soldiers to the
Rubicon – the river that marked the boundary
between Cisalpine Gaul and Italy proper. To
cross it would violate a prohibition issued by
the Senate and serve as a declaration of war.
Proconsul Pompey was charged with protecting
Rome, which had always proudly fought
against invaders. Faced with civil war, the
Senate turned to Pompey for help, but his
response was unexpected: he commanded
magistrates and senators to abandon the city.
Le jour où César provoqua la chute de la République romaine
« Alea jacta est ». L’expression est désormais entrée dans le langage courant pour évoquer une décision irrévocable : celle que César prit en 49 av. J. C. lorsque, bravant un ultimatum du Sénat, il franchit en armes le Rubicon. César et Pompée briguaient l’un et l’autre la charge de consul. César aurait dû se présenter dans l’Urbs, en tant que citoyen privé, après avoir congédié ses légions. Mais, César prononçant la phrase fatidique (alea jacta est – les dés sont jetés), il décida de marcher sur Rome. Comment en est-il arrivé à ce coup de force ? Que se passa-t-il pour que finalement Rome capitule ? Quel moment clé le passage du Rubicon représente-t-il dans l’histoire de Rome ?
Luca Fezzi reconstitue les événements et nous les expose avec souffle et intelligence. Il découvre pour nous les incertitudes de César, ses craintes, ses inquiétudes personnelles, mêlant sans cesse « privé » et « public ». L'auteur offre ainsi une enquête historique inédite et moderne sur l’un des épisodes les plus célèbres de l’histoire de l’Antiquité.
Giulio Cesare, quando decise di varcare il Rubicone' (Andrea Giardina)
Nel gennaio 49 a.C., Cesare, conquistatore delle Gallie, sfidò un
'ultimatum' senatorio. Alla testa di alcune coorti legionarie varcò il
Rubicone, pronunziando una celebre frase. Nello stesso giorno occupò
Rimini, presidio strategico della terra Italia. Si spinse poi verso
sud, minacciando la stessa Roma, cuore di una 'res publica' ormai
egemone sul Mediterraneo.
Pompeo, incaricato di fermarlo, rispose con una mossa meno celebre ma
altrettanto fatidica. Ordinò all’intera classe politica di abbandonare
la città e di seguirlo, per contrattaccare dal meridione della
Penisola o, addirittura, dai Balcani.
Il panico fu inenarrabile. Mai i romani si erano trovati di fronte a
una situazione del genere. L’Urbe, nella sua secolare storia, era
stata sempre difesa, con alterne fortune, da nemici esterni e interni.
A Cesare essa fu invece abbandonata, assieme al suo ricchissimo
tesoro.
Che cosa avvenne in quei terribili giorni? Come si giunse a una
situazione tanto sconcertante? Roma era davvero indifendibile? Quali
furono le conseguenze della fuga pompeiana?
Per rispondere occorre ricostruire la temperie politica e
istituzionale che aveva trasformato la gloriosa 'res publica' in un
sistema logoro e corrotto, nel quale ormai troppi non credevano più, e
che Cesare riuscì a piegare con rapidità impressionante.
Si tratta della prima delle Verrine, assurte poi a modello oratorio di ogni tempo. Quale lavoro d’inchiesta aveva reso possibile quella spettacolare accusa, capace d’intrattenere il popolo romano per giorni? Le imputazioni erano reali o si trattò invece di un processo politico?
Seguiamo passo dopo passo Cicerone, instancabile, tenace ma non certo candido raccoglitore di prove e orchestratore di testimonianze.
Così lo storico Gaio Sallustio Crispo chiude la narrazione della congiura di Lucio Sergio Catilina; il patrizio, che non era riuscito a sovvertire il governo di Roma, trovò infatti la morte alla testa della sua armata di ribelli, annientata dall’esercito regolare nello scontro all’ultimo sangue combattuto agli inizi del 62 a.C. presso Pistoia.
La vicenda della congiura, tra le più menzionate dell’intera storia antica, ci è stata tramandata principalmente dalla narrazione di Sallustio e dalle orazioni di Marco Tullio Cicerone, il console che la combatté con molta – e, per alcuni, troppa – determinazione. Entrambi gli autori, tratteggiandone il protagonista come uomo depravato e sanguinario, hanno influenzato l’intera tradizione. La critica storica, quindi, persino nei relativamente recenti tentativi di ‘rivalutazione’, si trova a fare i conti con un impianto che nasce con impostazione ‘manichea’.
Anche per questo motivo, gli ingredienti in grado di attirare l’attenzione non sono mai mancati. Un aristocratico, la cui malvagità resta dipinta in immortali ritratti letterari, si era rivolto alla parte più scontenta del popolo per tramare nell’ombra la rovina della maggiore repubblica mai conosciuta. Il tutto, quasi non bastasse, racchiuso in una cornice di orge, scandali e tradimenti, perpetrati da personaggi dediti a vizi di ogni genere. E, ancora, la repressione ciceroniana, avallata dal senato ma irrituale, resa possibile dalla sospensione delle garanzie ‘costituzionali’ del cittadino, difese – nel più noto dibattito senatorio di cui siamo a conoscenza – dal ‘popolare’ Gaio Giulio Cesare e invece sminuite dall’‘ottimate’ Marco Porcio Catone, il futuro ‘Uticense’, eroe repubblicano di ogni tempo.
Pare superfluo accennare alla varietà di letture e di passioni che tale materia ha sollevato. A livello retorico, dare del ‘Catilina’ agli avversari politici divenne da subito, già sulle labbra di Cicerone, un’offesa. Ma il nostro impersonò anche, in virtù della propria vicenda, una figura tragica, e in quanto tale fonte d’ispirazione per artisti e pensatori. La congiura stessa, intesa come tentativo di rovesciare la repubblica, è stata poi fertile terreno d’indagine politica, storiografica e, in tempi più recenti, economica e sociologica.
Chi fu Catilina? Come giunse a progettare e pianificare la sovversione? Quali furono i suoi obiettivi e le sue forze? Quali invece quelli di Cicerone, il grande ed eloquente avversario? Quale la posizione di Cesare? Come Roma e, in seguito, la cultura occidentale, hanno rielaborato l’inquietante vicenda?
A ognuna di queste domande il presente volume proverà a suggerire possibili risposte. Lo farà ripercorrendo la vita di Catilina – assai misteriosa sino alla ‘scoperta’ della congiura –, e ricostruendo le principali direttrici della successiva ‘fortuna’ del personaggio.
of such a plan. It would have required a tight coastal control of the Tyrrhenian areas, which was rendered impossible by the abandonment, by Pompey and his allies, of southern Italy, Sardinia and Sicily. The blockade by a naval power against a land power was in fact, in the ancient
world, for technological reasons, a problematic strategy, requiring far more political cohesion than that of the composite anti-Caesarian coalition and requiring, above all, coastal control (which Sextus Pompeius, for some time, succeeded in maintaining). If Carl Schmitt has brilliantly sketched
the history of the modern world as a conflict between maritime and land powers, we must recognise that during the 1st century BCE, Leviathan, to suffocate Behemoth, needed to have its feet firmly planted on the ground.