Questo volume intende offrire una panoramica, inevitabilmente parziale ma speriamo indicativa di ... more Questo volume intende offrire una panoramica, inevitabilmente parziale ma speriamo indicativa di alcune piste di ricerca aperte in campo internazionale, sulla letteratura dedicata alla Seconda guerra mondiale, nel tentativo di chiamare a raccolta studiose e studiosi che lavorano separatamente e con metodi diversi su un oggetto che ancora oggi appare come un enigma interpretativo. Le scritture legate a quel complesso di eventi – dalle cronache sorte nella loro immediatezza, passando per la difficile costruzione di una memoria più o meno condivisa, fino alla riemersione di ciò che era stato apparentemente rimosso – pongono una serie di interrogativi di natura teorica e storico-letteraria, tra cui: quali funzioni regolano il rapporto fra storia ed elaborazione letteraria? Qual è il ruolo della letteratura di fronte a una catastrofe di portata epocale? In che modo il grado zero della cronaca o del diario evolve verso forme più elaborate? E ancora: uno sconvolgimento come quello di cui ci occupiamo come può modificare i paradigmi estetici vigenti?
Ripubblicare dopo 126 anni l’esordio poetico di Luigi Pirandello significa tornare su una questio... more Ripubblicare dopo 126 anni l’esordio poetico di Luigi Pirandello significa tornare su una questione affrontata dalla critica soprattutto in virtù della produzione futura, trascurando quanto di buono (multa bona mixta malis, scrisse Arturo Graf) si può ancora ottenere da una lettura vergine di Mal giocondo, la raccolta che l’autore ventiduenne era riuscito a farsi stampare dalla libreria “Pedone Lauriel” appena acquisita dal torinese Carlo Clausen, a Palermo, nel 1889, cioè alla vigilia della sua partenza per Bonn, dove si recava per terminare gli studi filologici dopo un attrito avuto a Roma con il professore di letteratura latina Onorato Occioni.
Nell’opera di Antonio Pennacchi, il fascismo si configura come una questione d’identità, prima di... more Nell’opera di Antonio Pennacchi, il fascismo si configura come una questione d’identità, prima di tutto dal punto di vista territoriale.
Fra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento, alcuni dei maggiori poeti italiani ebbero uno stret... more Fra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento, alcuni dei maggiori poeti italiani ebbero uno stretto rapporto con la poesia francese. Tale rapporto è testimoniato da saggi, traduzioni, conferenze e altre attività pubblicistiche ed editoriali. Attraverso un percorso cronologico-bibliografico, l'articolo tenta di ricostruire il complesso panorama costituito da questo variegato materiale, con l'obbiettivo di individuare le caratteristiche generali che hanno connotato la ricezione della poesia francese nel periodo dell'entre-deux-guerres e dell'immediato secondo dopoguerra. Relativamente a ciò, si evidenziano diversi passaggi: il dibattito sul concetto di tradizione letteraria degli anni Venti, il consolidamento della poesia francese come tratto di una possibile identità sovranazionale fra anni Trenta e Quaranta, le divergenze interpretative degli anni Cinquanta. L'articolo inoltre individua alcuni casi specifici di un fenomeno di ricezione particolarmente articolato....
Nella lettura di testi poetici della Seconda guerra mondiale, si può trarre particolare vantaggio... more Nella lettura di testi poetici della Seconda guerra mondiale, si può trarre particolare vantaggio da un'analisi attenta a discernere l'esternalizzazione del trauma come coazione a ripetere, dalla testimonianza come ricostruzione mediata, secondo una linea di principio topica dei Trauma Studies. Durante e dopo la guerra, la difficoltà dei poeti che si pongono la questione di come riprodurre lo stordimento della realtà è in contrasto con l'imposizione morale della testimonianza, che facilmente scade nel canto parenetico. È pertanto necessario verificare quanto il bisogno di testimoniare sia in rapporto con l'elaborazione estetica: se rappresenta uno stimolo che incide sulla forma della poesia, mettendone in crisi i fondamenti estetici con esiti originali, o se al contrario induca a una regressione. In seno alla prima tendenza avremo gli esiti più interessanti sia dal punto di vista del coinvolgimento testimoniale che dal punto di vista del valore estetico, mentre in accordo alla seconda tendenza ci troveremo in presenza di esiti per lo più deteriori, doppiamente inquinati dalla retorica come forma di pacificazione sociale del trauma e riuso non originale di formule logore.
Attraverso uno spoglio delle principali riviste letterarie pubblicate negli anni 1944-1946, l'art... more Attraverso uno spoglio delle principali riviste letterarie pubblicate negli anni 1944-1946, l'articolo si propone di valutare la ricezione della poesia francese in Italia in merito allo specifico tema della Resistenza e dell'impegno civile. Sullo sfondo di tale ricerca, si pongono delle questioni essenziali per la storia della letteratura italiana del secondo Novecento, come il rapporto della poesia con gli eventi storici di metà secolo o il ruolo dell'esempio francese nel processo di trasformazione delle poetiche. Come un pungolo che vada a toccare un nervo scoperto, la poesia francese della Resistenza è un argomento che costringe a una presa d'atto, un nodo essenziale da dibattere nell'immediato.
La traduzione dell'Après-midi d'un Faune è una vera e propria ossessione per i poeti italiani deg... more La traduzione dell'Après-midi d'un Faune è una vera e propria ossessione per i poeti italiani degli anni Quaranta.
Le présent article propose une comparaison de deux poèmes, « Les écuries d’Augias » de Francis Po... more Le présent article propose une comparaison de deux poèmes, « Les écuries d’Augias » de Francis Ponge et « Botta e risposta I » d’Eugenio Montale, tous deux inspirés du mythe du cinquième travail d’Hercule. Dans la première partie de l’étude sont reconstruites les relations directes entre les auteurs, la seconde comprend une explication de texte des deux poèmes et, finalement, la troisième traite du pourquoi d’une telle comparaison. L’objectif de cette étude est de partir d’un détail pour rendre compte d’un panorama plus large, dans le cadre de la poésie italienne et française du XXe siècle.
Questo volume intende offrire una panoramica, inevitabilmente parziale ma speriamo indicativa di ... more Questo volume intende offrire una panoramica, inevitabilmente parziale ma speriamo indicativa di alcune piste di ricerca aperte in campo internazionale, sulla letteratura dedicata alla Seconda guerra mondiale, nel tentativo di chiamare a raccolta studiose e studiosi che lavorano separatamente e con metodi diversi su un oggetto che ancora oggi appare come un enigma interpretativo. Le scritture legate a quel complesso di eventi – dalle cronache sorte nella loro immediatezza, passando per la difficile costruzione di una memoria più o meno condivisa, fino alla riemersione di ciò che era stato apparentemente rimosso – pongono una serie di interrogativi di natura teorica e storico-letteraria, tra cui: quali funzioni regolano il rapporto fra storia ed elaborazione letteraria? Qual è il ruolo della letteratura di fronte a una catastrofe di portata epocale? In che modo il grado zero della cronaca o del diario evolve verso forme più elaborate? E ancora: uno sconvolgimento come quello di cui ci occupiamo come può modificare i paradigmi estetici vigenti?
Ripubblicare dopo 126 anni l’esordio poetico di Luigi Pirandello significa tornare su una questio... more Ripubblicare dopo 126 anni l’esordio poetico di Luigi Pirandello significa tornare su una questione affrontata dalla critica soprattutto in virtù della produzione futura, trascurando quanto di buono (multa bona mixta malis, scrisse Arturo Graf) si può ancora ottenere da una lettura vergine di Mal giocondo, la raccolta che l’autore ventiduenne era riuscito a farsi stampare dalla libreria “Pedone Lauriel” appena acquisita dal torinese Carlo Clausen, a Palermo, nel 1889, cioè alla vigilia della sua partenza per Bonn, dove si recava per terminare gli studi filologici dopo un attrito avuto a Roma con il professore di letteratura latina Onorato Occioni.
Nell’opera di Antonio Pennacchi, il fascismo si configura come una questione d’identità, prima di... more Nell’opera di Antonio Pennacchi, il fascismo si configura come una questione d’identità, prima di tutto dal punto di vista territoriale.
Fra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento, alcuni dei maggiori poeti italiani ebbero uno stret... more Fra gli anni Venti e Cinquanta del Novecento, alcuni dei maggiori poeti italiani ebbero uno stretto rapporto con la poesia francese. Tale rapporto è testimoniato da saggi, traduzioni, conferenze e altre attività pubblicistiche ed editoriali. Attraverso un percorso cronologico-bibliografico, l'articolo tenta di ricostruire il complesso panorama costituito da questo variegato materiale, con l'obbiettivo di individuare le caratteristiche generali che hanno connotato la ricezione della poesia francese nel periodo dell'entre-deux-guerres e dell'immediato secondo dopoguerra. Relativamente a ciò, si evidenziano diversi passaggi: il dibattito sul concetto di tradizione letteraria degli anni Venti, il consolidamento della poesia francese come tratto di una possibile identità sovranazionale fra anni Trenta e Quaranta, le divergenze interpretative degli anni Cinquanta. L'articolo inoltre individua alcuni casi specifici di un fenomeno di ricezione particolarmente articolato....
Nella lettura di testi poetici della Seconda guerra mondiale, si può trarre particolare vantaggio... more Nella lettura di testi poetici della Seconda guerra mondiale, si può trarre particolare vantaggio da un'analisi attenta a discernere l'esternalizzazione del trauma come coazione a ripetere, dalla testimonianza come ricostruzione mediata, secondo una linea di principio topica dei Trauma Studies. Durante e dopo la guerra, la difficoltà dei poeti che si pongono la questione di come riprodurre lo stordimento della realtà è in contrasto con l'imposizione morale della testimonianza, che facilmente scade nel canto parenetico. È pertanto necessario verificare quanto il bisogno di testimoniare sia in rapporto con l'elaborazione estetica: se rappresenta uno stimolo che incide sulla forma della poesia, mettendone in crisi i fondamenti estetici con esiti originali, o se al contrario induca a una regressione. In seno alla prima tendenza avremo gli esiti più interessanti sia dal punto di vista del coinvolgimento testimoniale che dal punto di vista del valore estetico, mentre in accordo alla seconda tendenza ci troveremo in presenza di esiti per lo più deteriori, doppiamente inquinati dalla retorica come forma di pacificazione sociale del trauma e riuso non originale di formule logore.
Attraverso uno spoglio delle principali riviste letterarie pubblicate negli anni 1944-1946, l'art... more Attraverso uno spoglio delle principali riviste letterarie pubblicate negli anni 1944-1946, l'articolo si propone di valutare la ricezione della poesia francese in Italia in merito allo specifico tema della Resistenza e dell'impegno civile. Sullo sfondo di tale ricerca, si pongono delle questioni essenziali per la storia della letteratura italiana del secondo Novecento, come il rapporto della poesia con gli eventi storici di metà secolo o il ruolo dell'esempio francese nel processo di trasformazione delle poetiche. Come un pungolo che vada a toccare un nervo scoperto, la poesia francese della Resistenza è un argomento che costringe a una presa d'atto, un nodo essenziale da dibattere nell'immediato.
La traduzione dell'Après-midi d'un Faune è una vera e propria ossessione per i poeti italiani deg... more La traduzione dell'Après-midi d'un Faune è una vera e propria ossessione per i poeti italiani degli anni Quaranta.
Le présent article propose une comparaison de deux poèmes, « Les écuries d’Augias » de Francis Po... more Le présent article propose une comparaison de deux poèmes, « Les écuries d’Augias » de Francis Ponge et « Botta e risposta I » d’Eugenio Montale, tous deux inspirés du mythe du cinquième travail d’Hercule. Dans la première partie de l’étude sont reconstruites les relations directes entre les auteurs, la seconde comprend une explication de texte des deux poèmes et, finalement, la troisième traite du pourquoi d’une telle comparaison. L’objectif de cette étude est de partir d’un détail pour rendre compte d’un panorama plus large, dans le cadre de la poésie italienne et française du XXe siècle.
L’articolo prende in analisi la figura del padre nell’opera di Giorgio Caproni. Attraverso una se... more L’articolo prende in analisi la figura del padre nell’opera di Giorgio Caproni. Attraverso una selezione di brani poetici e narrativi, con l’aiuto di dichiarazioni e interviste, si traccia il profilo di una presenza importante nella poesia dell’autore, completamente sottovalutata dalla critica in favore della figura della madre, cantata nei Versi livornesi. Come si viene a dimostrare, il padre è invece un personaggio poetico di straordinaria importanza, alla base di alcuni motivi ricorrenti della psicologia e della poesia dell’autore.
L’articolo offre una panoramica dell’attività cinematografica di Guido Gozzano.
Sebbene l’avvicin... more L’articolo offre una panoramica dell’attività cinematografica di Guido Gozzano. Sebbene l’avvicinamento alla settima musa abbia occupato gli ultimi anni di vita del poeta, con risultati dubbi e di difficile ricostruzione, alcuni elementi, come la sceneggiatura del film San Francesco d’Assisi, fanno intravedere un rapporto giunto a maturazione e pronto ad evolvere, basato su presupposti ambivalenti, che da una parte respingono e dall’altra accolgono le istanze della nuova arte.
Con L'opera al carbonio, Giusi Baldissone imbastisce una ricerca sistematica sull'onomastica di P... more Con L'opera al carbonio, Giusi Baldissone imbastisce una ricerca sistematica sull'onomastica di Primo Levi, operando un viaggio critico che risale la coscienza e la volontà di essere artista fino alle originali scaturigini della scrittura come testimonianza ed autoterapia. Dalla nominatio come atto proprio dello scrittore che prende coscienza di sé, al più tecnico riconoscere e catalogare nominando, proprio delle scienze esatte, la ricostruzione del sistema dei nomi indica un'attitudine autoriale che si scopre e rafforza nel tempo, in virtù di un'affinità che lega lo scrittore/scienziato «a Platone, Epicuro, Lucrezio, Plinio, Dante, Leopardi e a tutti coloro che meditarono in forma letteraria sulla natura e sul suo modo di comunicare con gli uomini» (p. 12). La materia attraverso cui Baldissone ricostruisce una complessa rete di riferimenti riguarda antroponimi, toponimi ed altri tipi di nome, come ad esempio quelli degli elementi chimici cui si lega Il sistema periodico, punto di partenza del viaggio proposto. L'indagine così concepita aiuta a penetrare il senso di una scrittura in cui il rapporto della semplice referenza è sopravanzato da un surplus di significazione ed indica prospettive nuove sul fronte delle frequentazioni culturali e delle fonti letterarie leviane. Apre il volume un'introduzione di Maria Giovanna Arcamone, che mette efficacemente in risalto quanto l'analisi onomastica si riveli felice nel caso di un autore come Levi: «essa trova infatti la sua piena giustificazione nella presenza in questo autore di una grande quantità di nomi propri, nella loro intertestualità, nel suo interesse per il linguaggio spesso palesato, nella frequenza con la quale egli stesso commenta alcuni di questi nomi» (p. 7). Il saggio si divide in due parti, intitolate rispettivamente: La scelta della letteratura e Di genere in genere. Il sistema dei nomi. Ogni parte è a sua volta divisa in ulteriori cinque capitoli. La prima comprende: 1. Il nome degli elementi: un'autobiografia, 2. La radice nascosta di 'Mercurio': Hervé Bazin, 3. I nomi a specchio delle 'Storie naturali', 4. La poesia dei senza nome e dei soprannomi, 5. Un'altra radice nascosta: L'anguilla di Montale e I gabbiani di Settimio; mentre la seconda parte si divide nei capitoli: 1. Il romanzo fiume e i nomi dell'identità, 2. Un 'Decameron' del Novecento, 3. La memoria e la scrittura: 'Se questo è un uomo', 4. Ancora novelle: le cose tralasciate e infine 5. Il viaggio in forma di romanzo: 'La tregua'. Nella prima parte dello studio sono presi in esame, al netto dei frequenti rimandi e collegamenti fra le parti, Il sistema periodico, Storie naturali e le poesie di Ad ora incerta; la seconda è dedicata invece a Se non ora, quando?, La chiave a stella, Se questo è un uomo, i racconti ed infine La tregua. Ad essere analizzata è pressoché tutta la produzione non saggistica di Primo Levi, scomposta e riordinata secondo un itinerario à rebours, utilizzando lo strumento-nome per inquadrare il processo di costruzione di una identità umana e autoriale, e quindi per risalire ad alcuni fondamentali punti interrogativi circa il mestiere e la natura dello scrivere, così come concepita e negli anni elaborata da Levi. Il punto di partenza della monografia, come anticipato, è fissato nella «combinazione chimico-letteraria» (p. 16) de Il sistema periodico (1975), soluzione narrativa che coniuga i due campi di pertinenza attraversati da Primo Levi, e prima testimonianza di una volontà di scrittura perfettamente compiuta.
Come dichiarato nelle prime pagine dell'introduzione, La scrittura e il mondo di Brugnolo, Coluss... more Come dichiarato nelle prime pagine dell'introduzione, La scrittura e il mondo di Brugnolo, Colussi, Zatti e Zinato «aspira ad essere divulgativo ma contemporaneamente problematico e critico» (p. 13). Si tratta di un volume di circa quattrocento pagine diviso in tredici capitoli in cui si espongono e discutono le principali teorie letterarie del Novecento. I primi capitoli sono dedicati alle esperienze di Croce, Spitzer, Contini, Auerbach e dei formalisti russi, figure estremamente differenti fra loro ma accomunate da «una nuova attenzione per gli aspetti non meramente contenutistici o tematici dell'opera letteraria ma formali» (p. 79). In chiusura si trova invece un trittico di capitoli dedicati a L'universo degli Studies, in cui si espongono i temi degli studi cosiddetti di genere, post-coloniali e tout court culturali: «a partire dagli anni Sessanta i Cultural Studies hanno messo radici nel mondo anglofono e anche oltre i suoi confini, sviluppando una serie diversificata di approcci allo studio della relazione fra letteratura e cultura caratterizzati da una attenzione particolare ai fattori politici, ideologici, sociali e storici» (p. 387). Nel mezzo corrono una serie di focalizzazioni rispondenti a un'organizzazione canonica, anche se rivisitata, ridiscussa e aperta a sostanziali aggiornamenti e rimodulazioni, con un occhio particolare per la situazione italiana, che trattano: il problema del romanzo (Lukács, Bachtin), le teorie marxiste (Gramsci, Benjamin, Adorno), lo strutturalismo (Barthes, Genette e altri), le teorie della ricezione (Gadamer, Jauss, Iser e altri), quelle di derivazione psicanalitica (Girard e Orlando), la critica tematica (Frye, Curtius, Praz), l'intertestualità (Genette, Eliot, Bloom) e il decostruzionismo (Derrida, de Man). Ogni capitolo è fornito di bibliografia autonoma, compresa la corposa introduzione (Di cosa parliamo quando parliamo di letteratura, con citazione carveriana) che offre una panoramica generale dei vari approcci critici: biografistico, ricezionista, filologico, intertestuale, storico-sociologico e testuale, ricalcando «la piccola ma geniale tassonomia concepita da Roman Jakobson» (p. 15) circa mittente, messaggio, destinatario, contesto, contatto e codice. Nonostante sia un lavoro ad otto mani, il discorso intessuto in La scrittura e il mondo risulta piano e preciso, con un gusto particolare per la digressione e per la narrazione dello sviluppo critico novecentesco, il più possibile unito ai contemporanei sviluppi artistici. Valgono pertanto alcune aperture o sovrapposizioni perseguite in paragrafi come quelli dedicati a Proust come teorico della ricezione e a Thomas Stearns Eliot e al suo Tradizione e talento individuale, per comprendere la necessità di imbastire un itinerario critico dialogico e progressivo. Già a partire dall'introduzione, ogni tendenza esegetica viene esposta ed esemplificata in base a un allargamento prospettico che servirà a comprenderne le linee di sviluppo ma anche a delimitarle, motivando il passaggio, spesso per reazione, ad un differente approccio metodologico e dunque a una nuova tendenza. Il punto d'osservazione è quello di una posterità compiuta che guarda al furor interpretativo del secolo XX ricalibrando il quadro con maggiore distacco e operando, se necessario, delle prese di posizione decise.
Annali d’Italianistica 2014: From Otium and Occupatio to Work and Labor in Italian Culture. Volum... more Annali d’Italianistica 2014: From Otium and Occupatio to Work and Labor in Italian Culture. Volume 32. Italian Bookshelf, Pp. 560-562
Romano Luperini. Tramonto e resistenza della critica. Macerata: Quodlibet, 2013. Pp. 250. Uscito ad ottobre del 2013 per i tipi di Quodlibet nella collana “Studio”, Tramonto e resistenza della critica rappresenta l’uscita più recente di un maestro del genere saggistico-divulgativo. Partendo dal proposito di non pubblicare altre raccolte, Romano Luperini si muove nella doppia tentazione di decretare il tramonto dell’espressione intellettuale “quale si era andata delineando dall’Illuminismo a oggi” (8), e ancora di convalidare l’ostinata resistenza del lavoro culturale, benché relegato in zone sempre più liminari, di confine, come i personaggi de La strada di Cormac McCarthy (letto alle pp. 171-77), alla ricerca fiduciosa e necessaria di umanità. Il volume raccoglie venti saggi tra editi e inediti, divisi in due sezioni a loro volta bipartite. La prima di esse, d’impostazione teorica, si sofferma sui problemi, sempre cari all’autore, della condizione intellettuale e della pratica didattica della letteratura, aggiornata all’ultima riforma della scuola; trova posto inoltre una consistente lettura di quattro maestri novecenteschi (De Sanctis, Auerbach, Debenedetti, Guglielmi), insieme almeno a Said e Adorno, i principali riferimenti delle argomentazioni teoriche generali. Il saggio Letteratura, antropologia e critica letteraria (109-16) chiude la sezione in nome di un approccio metodologico — avverte l’autore — più vicino ai Cultural Studies, già tentato altrove ed ora riproposto. [...]
Il carteggio fra Giorgio Caproni e Giuseppe De Robertis, un poeta e un critico centrali nella vic... more Il carteggio fra Giorgio Caproni e Giuseppe De Robertis, un poeta e un critico centrali nella vicenda novecentesca, consta di circa sessanta fra lettere, cartoline e messaggi di ogni tipo, attraverso cui viene a crearsi presto una confidenza quasi fraterna (i due si incontreranno di persona non più di una decina di volte) che coinvolge e affascina il lettore.
Strumento specialistico curato con acribia filologica da Anna Marra e piacevole lettura per l’appassionato, il libretto descrive in poco più di centoventi pagine una vicinanza d’elezione, umana, non priva di brevi malumori o giudizi acerbi sulla contemporaneità. Dalle lettere alla vita dunque, percorrendo le strade della stima, quella del vecchio De Robertis per il giovane della “seconda generazione”, e la soggezione del poeta nei confronti del grande critico.
In appendice al carteggio vero e proprio, presentato da un breve scritto di Attilio Mauro Caproni, figlio del poeta, la curatrice allega le testimonianze pubbliche che convalidano le parole scambiate in privato. Si tratta di pezzi d’annata, tutti più o meno confluiti in volume, e di una postfazione dal titolo Tra critica e poesia. Appunti sul compromettersi.
Ed è la compromissione con la poesia, una cosa molto lontana dall’idillio romantico che viene assunto a luogo comune, il centro della vita e del dolore di questi due uomini che si parlano a viso aperto di gioie, affanni e preoccupazioni. Questo spirito di comunanza fa scrivere a De Robertis come saluto in una delle prime lettere (2 ottobre 1952): “Ti auguro ora solo migliore vita, perché so quanto peni; ma se non ci fosse altro, che possa ancora arricchire il tuo lavoro. E si dirà un giorno che c’è stato un semplice maestro elementare, che fece il maestro tutta la vita, ma che ebbe in dono scriver versi, tra i pochi e i primi della sua età. So che hai moglie e figli. Salutameli caramente”. Per non parlare delle testimonianze di quegli anni che Caproni inserisce tra una cosa e l’altra e che ci consegnano a distanza di così tanti anni (e in fronte a una così imprudente mitizzazione) la misura e perfino la miseria di un ambiente tanto favoleggiato. Ecco cosa scrive a proposito dell’ambiente romano il 3 settembre 1956: “Eccomi qui in questa grossa capitale dei broccoli, che non mi dice nulla e in cui vivo come in un deserto, non riuscendo a frequentare né i romanzanti, né i cinematografanti che cercano più la gloria (la pubblicità) del rotocalco (e i quattrini del gran premio) che la disperazione, squattrinata, della poesia (fuori moda, ormai)” o ancora in una lettera del 27 novembre dell’anno successivo, ecco come si esprime, in un impeto di impazienza, sulle poesie di Giacomo Noventa e sul dialetto (ma bisogna specificare che in altri luoghi la poesia in dialetto è lodata e sostenuta con convinzione): “E poi questa storia del dialetto, francamente, sta rompendoci ormai le scatole. Che significano, oggi, i dialetti? Perché questa mascherata, questo mettersi in una pelle che non è più nostra? Questa sì che è Arcadia non di quella buona: il nuovo modo di fare gli incipriati pastorelli”.
Ma basta con le anticipazioni. Le Lettere 1952-1963 curate da Anna Marra per la collana «Novecento live» di Bulzoni, non sono avare di momenti appetibili, specialmente i palati fini. Al lettore, adesso, individuare i più gustosi.
A un anno dalle celebrazioni per il centenario della nascita del poeta Giorgio Caproni, si moltip... more A un anno dalle celebrazioni per il centenario della nascita del poeta Giorgio Caproni, si moltiplicano gli approfondimenti editoriali sull’attività di questo peso massimo del nostro concluso Novecento. Trovarsi in un faccia a faccia critico con la poesia della cosiddetta “seconda generazione” (Luzi, Sereni, Bertolucci, nati intorno al Dieci), formatasi fra le due guerre sul magistero di Saba, Ungaretti, Cardarelli e Montale, attraverso la mediazione di Sinisgalli e Quasimodo, ci rende nota una paternità, meglio descritta come fratellanza, che si pone a indizio più sicuro nel passato prossimo della nostra difficile identità odierna.
Prendere atto della lontananza (un secolo ormai) che ci separa dai natali di quella poesia, passata alla storia con il controverso aggettivo “ermetica” posto a fianco, ci costringe a considerare la nostra storia nazionale, “gli anni tedeschi”, la Liberazione americana, il benessere. La generazione del Dieci c’era, ha vissuto e raccontato quelle cose, provando a tracciare una linea da lasciare in eredità ai nipoti.
Intorno a questo stimolo si innesta l’”esperimento” provato dalla rivista «Nuova corrente», nel numero 147 del 2012 (Interlinea, 28 euro), in cui undici giovani studiosi provano, diretti da Luigi Surdich e Stefano Verdino, ad allestire «una sorta di dizionarietto tematico caproniano», proponendo alcune parole chiave che riguardano l’opera del poeta.
A partire dal termine composizione proposto da Rodolfo Zucco, che traccia un percorso nei diciassette Sonetti dell’anniversario, si passa alle immagini che animano l’ambientazione degli scenari eletti dal poeta (mare, deserto) con i relativi valori profondi e correlati, fino a soffermare l’attenzione, con gli interventi di Elisa Tonani, Massimo Natale e Anna Marra sulla sapienza tecnica esercitata al massimo grado nella seconda produzione. L’opera caproniana è indagata con acume e da diversi punti prospettici, fornendo spunti e realizzando sondaggi preziosi per lo studioso, dall’’”impressionismo” delle prime opere, investite «da un intrigo indefinito di aromi e odori, folate e fiati, aliti e aneliti, vampe e voci» (Alessandro Ferraro, p.151) fino alle Anarchiche dell’ultima raccolta incompiuta (analizzate nell’intervento Indignazine da Simona Morando) in cui al ‘noi’ della poesia civile si contrappone un ‘io’ che è anche l’oggetto della relazione di Irene Teodori. Un’attenzione particolare è dedicata anche all’attività di narratore che il poeta intraprese nel dopoguerra per la stampa periodica, Giovanni Battista Boccardo si sofferma su una caratteristica di stile di queste storie che accomunerebbero la prosa caproniana a quella degli autori latini: il gerundio assoluto.
Dopo gli interventi è la voce stessa del livornese a impreziosire le pagine di Giorgio Caproni, parole chiave per un poeta, con un breve estratto dal suo diario concesso per cortesia del figlio del poeta Mauro Caproni. sono parole amare e consapevoli sulla necessità di una fede, e sul ruolo che il poeta sentiva riservato a lui nella società: «[…] La verità è l’errore in cui si crede? Una qualunque fede è necessaria all’uomo nella condotta, altrimenti resta signoreggiato e disgregato in ogni istante dalla perplessità, che o l’inchioda all’inerzia o gli fa prendere decisioni contrastanti (poiché di nessuna è convinto) che gli rendono impossibile vivere nella società senza soggiacere agli altri. [¡K] Gli affetti non hanno, per fortuna, verità, non sono giudizi né propositi, per questo non ammettono perplessità. Ma per tutto ciò che dipende dal giudizio, per tutto ciò che dipende dalla volontà vivo in perpetuo labirinto. Sono e rimarrò, nella “selva oscura”».
Carlo Bordini ci ha lasciato un'immagine degli anni Settanta da una prospettiva obliqua quanto ni... more Carlo Bordini ci ha lasciato un'immagine degli anni Settanta da una prospettiva obliqua quanto nitida. Poeta, scrittore, ma anche storico di professione, nelle sue opere troviamo un continuo sovrapporsi di privato e collettivo. Gli anni Settanta sono per lui il presente, il momento in cui comincia a confrontarsi con la realtà attraverso il filtro della parola, stabilendo un prima e un dopo nel lento progredire (o regredire) della sua scrittura.
International Conference (23-25 February 2022 – Webinar)
Revel-Action. Politics of Poetry and Po... more International Conference (23-25 February 2022 – Webinar)
Revel-Action. Politics of Poetry and Poetry of Politics in Europe and Mediterranean Area in the Contemporary Age.
L'intervento si propone di illustrare, attraverso i meccanismi di ricezione della poesia francese... more L'intervento si propone di illustrare, attraverso i meccanismi di ricezione della poesia francese in Italia, alcuni esempi in cui la traduzione persegue l'obbiettivo di appropriarsi del testo straniero per immetterlo nella tradizione nazionale. Primo ma non unico esempio di questo esercizio può essere offerto dalle traduzioni d'autore de L'après-midi d'un faune di Stephan Mallarmé, eseguite, fra il 1944 ed il 1946, da Alessandro Parronchi, Giuseppe Ungaretti e Piero Bigongiari (altre versioni d'autore seguono negli anni successivi). Le traduzioni del Fauno sono particolarmente interessanti perché si pongono come un dialogo a distanza fra i tre autori e vengono a creare un laboratorio linguistico di grande valore, da misurarsi, tra l'altro, nel momento di un passaggio storico e culturale in cui maggiormente si aprono i conti con l'istanza che più fortemente aveva caratterizzato la poesia italiana negli anni precedenti, ovvero l'oscurità.
Attraverso gli strumenti teorici offerti da Pierre Bourdieu e Itamar Even-Zohar, l'intervento si ... more Attraverso gli strumenti teorici offerti da Pierre Bourdieu e Itamar Even-Zohar, l'intervento si propone di ricostruire la ricezione italiana di Arthur Rimbaud, a partire dall'esperienza degli autori che lo hanno tradotto negli anni del secondo dopoguerra italiano. Nello specifico, si intende tracciare la parabola dell'autore francese nel quadro del mutato repertorio letterario degli anni Quaranta e Cinquanta, in modo da stabilire i margini di manipolazione che, volta per volta, lo posizionano nel panorama delle poetiche italiane di quel periodo. Tradotto da autori che lavorano a idee poetiche concorrenti (Parronchi e Fortini), il poeta francese è stato oggetto di diverse operazioni editoriali (come, ad esempio, l'Omaggio tributatogli nel 1954) che sottintendono un suo progressivo spostamento nel quadro delle appropriazioni. Non si tratta, dunque, di una ricerca sulla fortuna italiana di Rimbaud, ma piuttosto di una ricostruzione storico-letteraria e linguistico-interpretativa volta a descrivere la presenza dell'autore francese come una vera e propria funzione nelle dinamiche di elaborazione delle poetiche medio novecentesche, verificando l'interpretazione (implicita o esplicita) che gli autori italiani ne hanno dato attraverso il proprio lavoro.
L'intervento prende in considerazione la recente produzione romanzesca che ha raccontato il fenom... more L'intervento prende in considerazione la recente produzione romanzesca che ha raccontato il fenomeno della migrazione nel nostro paese. In particolare, verranno analizzati quei romanzi di autori italiani che prestano la propria voce per raccontare in prima persona la storia vera di immigrati arrivati sulle nostre coste, come ad esempio nel caso di Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda (2010), Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella (Feltrinelli 2014), I pesci devono nuotare di Paolo Di Stefano (Rizzoli 2016) ed altri. Lo scopo è quello di decostruire lo statuto narrativo di una prima persona “interpretata” da autori italiani, con l'intento di mettere in risalto le caratteristiche insite nel cortocircuito fra testimonianza e (auto)biografia, storia vera e fiction narrativa, con le inevitabili ricadute teoriche implicate in una sovrapposizione di questo tipo. La definizione autre-fiction, coniata sulla fortunatissima categoria dell'autofiction, che designa la mescolanza di autobiografia e invenzione, vuole descrivere il tentativo di adottare un punto di vista soggettivo all'interno di narrazioni ricostruite a partire dall'esperienza biografica altrui.
L'intervento si propone di analizzare e discutere la ripresa e l'attualizzazione della catabasi d... more L'intervento si propone di analizzare e discutere la ripresa e l'attualizzazione della catabasi di Enea alla ricerca del padre Anchise (Eneide, libro VI) nell'opera di Giorgio Caproni, il quale dedica una intera raccolta al mito virgiliano, Il passaggio d'Enea (1956). In diversi articoli apparsi nel secondo dopoguerra, il poeta lega la figura e la vicenda dell'esule troiano ad un monumento di Genova, città fra le più bombardate della seconda Guerra Mondiale. Enea, rappresentato nella sua posa classica, con sulle spalle il vecchio padre e il figlio infante per mano, simboleggia, nella fantasia dell'autore, i patimenti di un attraversamento drammatico come quello bellico. Ma i risvolti psicologici ed espressivi dell'incontro sembrano essere ben più profondi, coinvolgendo non solo la dimensione storica della guerra come calata agli inferi e perdita di umanità. Alla comparsa di una dimensione infernale sempre più insistita, il poeta legherà anche le angosce e i sensi di colpa privati, derivanti soprattutto dalla scomparsa dei genitori. Il padre, figura inquietante al centro della seconda stagione poetica, si configura presto come un testimone dell'inferno privato che si fa quotidiano, mescolandosi alle cose di tutti i giorni. Sorta di anti-Anchise, destinato a non avere degna sepoltura (la pratica dei giochi funebri occupa buona parte del libro V del poema virgiliano), né felice collocazione nei Campi Elisi, il padre, opposto alla vicenda materna dei Versi livornesi (ne Il Seme del piangere, 1959) seguirà il destino di un fantasma della memoria. Divisa fra vicenda storica collettiva, piano psicologico privato, memoria e trauma della guerra, angoscia del futuro e della ricostruzione, la ripresa della catabasi virgiliana (con il suo implicito intertesto dantesco) è un luogo di grande interesse non solo nella prospettiva del sistema poetico caproniano, ma per la formazione di una coscienza poetica condivisa nel panorama dell'intero medio Novecento poetico italiano.
L'intervento si propone di esporre ed analizzare la posizione assunta da Luigi Pirandello sullo s... more L'intervento si propone di esporre ed analizzare la posizione assunta da Luigi Pirandello sullo scorcio degli anni Venti circa la questione del nascente cinema sonoro in articoli come Se il film parlante abolirà il teatro, interviste e ancora prima in una serie di lettere a Marta Abba. L'idea dell'autore, decisamente rivolto, nella sua ultima stagione, all'arte cinematografica e ai suoi possibili sviluppi, è che il fonofilm dovrà convertirsi alla musica, coniugandosi ad essa, più che alla parola recitata, per dar vita a un genere nuovo che coinvolga «pura musica e pura visione».
Abstract. Anche nella parvenza di poeta “passatista”, il contributo che Gozzano offre alla consap... more Abstract. Anche nella parvenza di poeta “passatista”, il contributo che Gozzano offre alla consapevolezza e maturazione metrica del suo tempo non va sottovalutata. L'intervento si propone di misurare l'intransigenza e la ricerca gozzaniana con il movimentato scenario del passaggio di secolo; partendo dalla memoria della tradizione classica, fusa con le voci migliori dell'ultima poesia, l'autore de La signorina felicita può offrire una sintesi possibile solo a patto di sviluppare un laboratorio poetico indefettibile, per quanto personale, in cui dominano incontrastate le forme chiuse, ed è sull'esercizio delle forme chiuse che si esercita l'estro, l'ironia e l'inquietudine di questo novatore fondamentale, in cui «il lassismo nel computo delle sillabe e l'inesattezza delle rime non sono prove di sciatteria, ma di una disinvolta scaltrezza» (Cecchi).
L'articolo inquadra e commenta alcune delle traduzioni dal francese fatte da Giorgio Caproni tra ... more L'articolo inquadra e commenta alcune delle traduzioni dal francese fatte da Giorgio Caproni tra la metà degli anni Cinquanta e Sessanta, nel quadro generale delle acquisizioni culturali che l'Italia opera in quegli anni. Si compone in questo modo una sezione di storia della ricezione che coinvolge autori come Proust, Apollinaire, Char e Céline. Fra implicazioni di tipo stilistico e suggestioni sul dibattito culturale, l'esperienza dei poeti-traduttori, di cui Caproni fa parte, avvicina la poesia italiana all'asse francese. Le traduzioni, operazioni editoriali e culturali, contaminano su più fronti la tradizione nazionale. Di grande interesse il contesto storico in cui esse avvengono. L'immanenza di alcune figure limite (Céline) mette in luce il dibattito generazionale sulle vicende, ancora vicine, del secondo conflitto mondiale e della dittatura. L'esperienza bellica è l'isotopia dell'acquisizione culturale di questo periodo. L'appropriazione testuale della letteratura francese si può interpretare oltre i confini della letterarietà, innestandosi su un discorso che si pretende più apertamente politico.
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L'article restitue et analyse quelques-unes des traductions du français faites par Giorgio Caproni entre la moitié des années Cinquante et Soixante, dans le cadre général des acquistions culturelles réalisées par l'Italie dans ces années. On voit ainsi se former une section d'histoire de la réception italienne qui implique des auteurs comme Proust, Apollinaire, Char et Céline. Entre recherches stylistiques et réflexions sur le débat culturel, l'expérience des poètes-traducteurs, auquel Caproni appartient, rapproche la poésie italienne de l'axe français. Les traductions, en tant qu'opérations éditoriales et culturelles, contaminent ainsi, et sur plusieurs fronts, la tradition nationale. De grand intérêt également le contexte historique dans lesquelles celles-ci adviennent. L'immanence de certains écrivains (Céline) met en lumière le débat générationnel sur les événements, encore récents, du second conflit mondial et de la dictature. L'expérience de la guerre constitue l'isotopie de l'acquisition culturelle de cette période. L'appropriation textuelle de la littérature française peut s'interpréter au-delà des frontières strictement littéraires, en se greffant sur un discours qui se prétend plus ouvertement politique.
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The article frames some of the translations from French made by Giorgio Caproni between the mid-Fifties and Sixties, in the general framework of the cultural acquisitions which Italy works for in those years. It is created in this way a section of Italian reception history involving authors such as Proust, Apollinaire, Char and Céline. Between stylistic implications and cultural influences the experience of the poet-translators, which Caproni belongs to, puts in contact Italian and French poetry. Translations, which are editorial and cultural operations, corrupt in several points the national tradition. The historical context in which they occur is remarkable. The proximity of some figures (Céline) highlights the generational debate on the events, still near, of the Second World War and dictatorship. The war experience is the isotopy of the cultural acquisition of this period. The textual appropriation of French literature can be explained beyond the boundaries of literary and can be inserted on a more openly political speech.
L'intervento si propone di ragionare sui materiali caproniani relativi alla figura e all'opera d... more L'intervento si propone di ragionare sui materiali caproniani relativi alla figura e all'opera di Mario Luzi, nel tentativo di ricostruire il senso di una lettura duratura e profonda, sviluppata in entrambi i sensi, e testimoniata dal breve carteggio edito nel 2004 (Carissimo Giorgio, carissimo Mario, Libri Scheiwiller), oltre che da una lunga serie di ricordi e testimonianze, in occasioni pubbliche e private. L'amicizia fra Luzi e Caproni è forse uno dei legami letterari più alti del Novecento, in virtù anche del fatto che non è mai stata condotta oltre la confidenza cordiale ma sorvegliata su cui, nel dopoguerra, è stato possibile innestare una piattaforma generazionale per affrontare a vario titolo i “processi” a carico dell'ermetismo. A partire da La barca, recensita con straordinario tempismo il 29 novembre 1935 su «Il popolo di Sicilia» con un pezzo dal titolo Poesie di un uomo di fede, e fino a Nel magma, di cui si rende conto su «La Nazione» del 27 marzo 1964, Giorgio Caproni segue il “suo Mario” commentando, in circa un trentennio, pressoché tutti i tasselli di ciò che verrà poi raccolto ne Il giusto della vita. Oltre le lettere, i ricordi e l'attività dell'articolista, va poi fatto cenno ad alcuni documenti che possono rendere l'attraversamento caproniano più concreto, evocando la necessità di uno spoglio intertestuale delle due opere in versi (sorprendentemente, mai messe a confronto in maniera stringente), e sul laboratorio del lettore oramai maturo; il riferimento è alle postille e ai numerosi segni di lettura presenti nelle copie caproniane delle molte raccolte di Luzi, che hanno fatto parte della sua biblioteca privata, attualmente conservata in un fondo della biblioteca “G. Marconi” di Roma. Descrivendo i casi più eclatanti di questo materiale caotico ma di prima mano, si conta di rendere l'immagine di un sodalizio discreto, ma dalle fondamenta profonde.
Seminario estivo, presso il " Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno",
Rencontres d... more Seminario estivo, presso il " Centro di Studi storico-letterari Natalino Sapegno",
Rencontres de l'Archet, Morgex, 9-14 sett. 2013.
Fabrizio Miliucci, "Giorgio Caproni e la parola poetica. Una teoria degli armonici"
Nato come la rassegna letteraria di un territorio recuperato da alcuni decenni, questo intervento... more Nato come la rassegna letteraria di un territorio recuperato da alcuni decenni, questo intervento si è andato presto a strutturare intorno a un sondaggio più mirato, che vuole fotografare la nascita di una “geografia inedita” attraverso il filtro delle opere letterarie che fra gli anni Venti e Trenta del Novecento hanno trattato la bonifica delle Paludi Pontine e la fondazione di città come Sabaudia, Latina, Pomezia, Pontinia, Aprilia. Verrà dunque messa da parte la maggior parte dei motivi maggiori che coinvolgono queste zone, rese celebri in anni più tardi da Pasolini e Moravia (Sabaudia), fino alla recente ribalta del Premio Strega vinto dall’autore Antonio Pennacchi con un romanzo che rievoca e ripropone la cronistoria di bonifica-fondazione, per concentrare l’attenzione su un novero di opere minori o minime, quasi tutte dimenticate, che tuttavia rispondono al requisito di essere contemporanee alla bonifica e dunque di conservare uno sguardo originale da cui partire per individuare le strategie di appropriazione di una spazialità acquisita all’interno del meccanismo di propaganda che il regime mise in atto per pubblicizzare la propria politica agricola (guerra del grano e autarchia) e, più subdolamente, quella estera, con un parallelo abbastanza netto nei confronti della colonizzazione libica, culminata a pochi anni dalla bonifica (1932) con la campagna etiope del 1935-36.
Notoriamente Giorgio Caproni, vicino all'area fiorentina della poesia ermetica nella prima parte ... more Notoriamente Giorgio Caproni, vicino all'area fiorentina della poesia ermetica nella prima parte della sua produzione, attinge alla fonte dantesca e tout court due-trecentesca (è molto viva anche la presenza di stilemi cavalcantiani) per rimodulare le direttrici di un canto sublime, a-storico, a-temporale, abbassato bruscamente dalle istanze post belliche in direzione della prosa. Lettore appassionato della Commedia, da quest'opera trae titolo e l'ispirazione per la sua più celebre raccolta di versi, Il seme del piangere («udendo le sirene sie più forte // pon giù il seme del piangere ed ascolta», Purg., XXXI, vv. 45-6) facendosi il rinnovatore, in pieno neorealismo, di uno stilnovo aggiornato al secolo XX. Su questo aspetto dell'operazione caproniana esiste un'abbondante, seppure non esausta, letteratura critica che si è soffermata sull'operazione del Seme aumentando la fama del poeta di Livorno. Esiste tuttavia un aspetto del “dantismo” caproniano ancora fuori dalle ricognizioni critiche, la presenza del Sommo Poeta come paradigma di nobilitazione del volgare a lingua letteraria. Impegnato a sua volta sul fronte di una lingua che nel medio Novecento assume tratti magmatici rimescolando le varietà diastratiche o imparentandosi ai dialetti, per arrivare ai paradossi espressivi della neo-avanguardia, Caproni torna in sede di discussione e divulgazione letteraria alla figura dell'Alighieri, accostata a quella del popolareggiante Belli, per cercare una interpretazione possibile alle sirene di una rediviva poesia dialettale non più popolare, a fronte di una lingua nazionale ugualmente incapace a descrivere il canto del popolo. Interpretandone l'alto magistero morale, dunque, il nome di Dante Alighieri è speso in molti luoghi che richiamano o sottintendono la riflessione linguistica, ad esempio in pezzi come Destino del dialetto («Il lavoro nuovo», 21 aprile 1954), Poesia genovese («La Fiera Letteraria», 24 aprile 1960), «Le ceneri di Gramsci» (recensione alla raccolta di Pasolini, «La Fiera letteraria», 21 luglio 1957). L'intervento si propone di offrire una lettura dell'interpretazione linguistica e morale dell'istanza dantesca all'interno di una rassegna dei luoghi giornalistici stilati da Caproni nella sua lunga attività letteraria, per fornire alcuni tratti di una inedita fisionomia dantesca, seppure parziale e disorganica, tratteggiata da uno dei più grandi poeti del suo secolo.
Nella recente tradizione della scuola estiva "In Teoria. Percorsi transdisciplinari", che dal 201... more Nella recente tradizione della scuola estiva "In Teoria. Percorsi transdisciplinari", che dal 2018 offre un'occasione formativa e di confronto multiprospettico su questioni di attualità nel dibattito intorno alla letteratura, l'edizione del 2022 pone a tema la relazione tra testo e immagine, nell'ambito degli studi visuali e della storia dell'arte e dell'editoria. In occasione della due giorni romana, studiosi ed esperti del settore entreranno in dialogo con gli iscritti, impegnati nei seminari, in una tavola rotonda e nell'incontro, a loro cura, con lo scrittore Angelo Ferracuti.
Con la sua portata storica, politica, etica e sociale, la Seconda Guerra mondiale ha agito sulla ... more Con la sua portata storica, politica, etica e sociale, la Seconda Guerra mondiale ha agito sulla natura stessa dello scrivere, ponendo in maniera radicale il problema dell'espressione. Il trauma bellico, con quanto ha comportato in termini di distruzione, dolore e morte, ha infatti imposto la necessità della parola come strumento essenziale, ancorché limitato e forse insufficiente, per (provare a) attribuire senso agli avvenimenti occorsi.
La scuola estiva “In Teoria. Percorsi transdisciplinari” ha conosciuto un’anticipazione durante l... more La scuola estiva “In Teoria. Percorsi transdisciplinari” ha conosciuto un’anticipazione durante l’anno accademico 2018-19 con l’edizione dedicata ai “Moti di imitazione”. La seconda edizione, prevista per il 18,19 e 20 settembre 2019, amplia e consolida perciò il progetto strutturandone innanzitutto la cadenza annuale e l’impianto interdisciplinare, a partire da interessi di Teoria della letteratura in un’ottica comparatistica. L’iniziativa prevede tre giornate seminariali a cura di studiosi di riconosciuto valore e di diversa provenienza disciplinare, tra studi umanistici e contigui ambiti scientifici. L’edizione 2018-19 sarà dedicata al tema: “Scrivere saggi. Forme, modi, tendenze della saggistica letteraria contemporanea”.
Attività previste
Incontri seminariali in cui i docenti illustreranno, anche a partire dalle proprie esperienze di scrittura, le recenti mutazioni del genere in direzione di testualità marcatamente letterarie o, al contrario, verso forme più prossime a quelle della pubblicistica scientifica.
Obiettivi
Contribuire alla formazione di giovani ricercatori nell’ottica di un’apertura transdisciplinare delle loro competenze. Valorizzare lo scambio di conoscenze tra studiosi di diversi settori e favorire la diffusione di nuove linee di ricerca transdisciplinare tra i partecipanti alla summer school. Consolidamento di un progetto volto a sviluppare nel Dipartimento di Studi Umanistici la didattica e la ricerca nel settore della teoria letteraria.
Il 17 e 18 settembre 2018, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi... more Il 17 e 18 settembre 2018, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi Roma Tre, si terrà una summer school rivolta a dottorandi, dottori di ricerca o assegnisti di formazione umanistica, impegnati, in Italia e all’estero, in ricerche di taglio interdisciplinare. L’iniziativa intitolata Moti di imitazione. Le teorie della mimesi tra letteratura, filosofia e scienza permetterà di delineare uno stato dell’arte nelle teorie della mimesi, attraverso i campi della critica (Gianluigi Simonetti, Università dell’Aquila) e della teoria letteraria (Massimo Salgaro, Università di Bergamo – Institut d’études avancées de Paris), della filosofia (Gianfranco Mormino, Università di Milano), della psicoanalisi (Felice Cimatti, Università della Calabria) e delle neuroscienze (Maria Alessandra Umiltà, Università di Parma), sia sul versante metodologico che su quello applicativo. Gli studiosi che aderiranno al progetto potranno leggere in anticipo gli abstract delle relazioni, con relativa bibliografia, e prepararsi ad una partecipazione attiva e consapevole al dibattito. La prima fase della summer school sarà dedicata all’ascolto dei relatori, mentre nella tavola rotonda conclusiva gli iscritti potranno entrare in dialogo con i relatori, anche a partire dalle proprie ricerche in corso. Il volume che Ugo Fracassa, coordinatore scientifico del progetto, curerà per la pubblicazione prevista nel 2019, raccoglierà uno o più contributi elaborati dagli iscritti stessi, previa valutazione da parte della commissione.
La summer school si indirizza principalmente a ricercatori in formazione (dottorandi, dottori di ricerca e assegnisti) che abbiano in corso di svolgimento uno studio negli ambiti della critica letteraria, della teoria della letteratura e delle letterature comparate che incroci la questione dell’imitazione in prospettiva interdisciplinare. Più in generale la summer school si rivolge a quanti siano interessati ad un’esperienza di alta formazione su questioni di natura spiccatamente interdisciplinare
Il 17 e 18 settembre 2018, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Stud... more Il 17 e 18 settembre 2018, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi Roma Tre, si terrà una summer school rivolta a dottorandi, dottori di ricerca o assegnisti di formazione umanistica, impegnati, in Italia e all’estero, in ricerche di taglio interdisciplinare. L’iniziativa intitolata “Moti di imitazione. Le teorie della mimesi tra letteratura, filosofia e scienza” permetterà di delineare uno stato dell’arte nelle teorie della mimesi, attraverso i campi della critica (Gianluigi Simonetti, Università dell’Aquila) e della teoria letteraria (Massimo Salgaro, Università di Bergamo – Institut d’études avancées de Paris), della filosofia (Gianfranco Mormino, Università di Milano), della psicoanalisi (Felice Cimatti, Università della Calabria) e delle neuroscienze (Maria Alessandra Umiltà, Università di Parma), sia sul versante metodologico che su quello applicativo. Gli studiosi che aderiranno al progetto potranno leggere in anticipo gli abstract delle relazioni, con relativa bibliografia, e prepararsi ad una partecipazione attiva e consapevole al dibattito. La prima fase della summer school sarà dedicata all’ascolto dei relatori, mentre nella tavola rotonda conclusiva gli iscritti potranno entrare in dialogo con i relatori, anche a partire dalle proprie ricerche in corso. Il volume che Ugo Fracassa, coordinatore scientifico del progetto, curerà per la pubblicazione prevista nel 2019, raccoglierà uno o più contributi elaborati dagli iscritti stessi, previa valutazione da parte della commissione. La summer school si indirizza principalmente a ricercatori in formazione (dottorandi, dottori di ricerca e assegnisti) che abbiano in corso di svolgimento uno studio negli ambiti della critica letteraria, della teoria della letteratura e delle letterature comparate che incroci la questione dell’imitazione in prospettiva interdisciplinare. Più in generale la summer school si rivolge a quanti siano interessati ad un’esperienza di alta formazione su questioni di natura spiccatamente interdisciplinare [per una visione più ampia e dettagliata delle aree di interesse implicate nel progetto si rimanda alla “Descrizione del progetto”]. Per partecipare è necessario avanzare la propria candidatura entro il 30 giugno 2018. I candidati selezionati, fino al numero massimo di 15, riceveranno comunicazione entro il 7 luglio e verranno contestualmente invitati a versare la quota di iscrizione entro il 14 luglio. La quota di iscrizione ammonta a 70 euro: comprensiva delle spese per la cena sociale del 17 settembre, la quota non copre le spese di viaggio e pernottamento, per quest’ultimo tuttavia saranno segnalate strutture convenzionate. Per avanzare la propria candidatura è necessario inviare una e-mail all’indirizzo motidiimitazione@gmail.com, avendo cura di indicare: il proprio nome e cognome, l’università di appartenenza, l’argomento della ricerca in corso con relativa descrizione (max 3000 battute), il nome del tutor (nel caso di tesi di dottorato). Per certificare l’avvenuto pagamento della quota di iscrizione, infine, ciascun partecipante provvederà ad inviare per e-mail al medesimo indirizzo la scansione della ricevuta di pagamento, entro e non oltre il 21 luglio. In assenza di tale certificazione il candidato selezionato verrà escluso dalla summer school. Per ciascun partecipante il Dipartimento di Studi Umanistici rilascerà, ai fini curriculari, un attestato di frequenza. la quota di iscrizione va corrisposta via bonifico bancario all’Università degli Studi Roma Tre IBAN: IT85 W 05034 03207 000000300000 causale: Dipartimento di Studi Umanistici, iscrizione alla summer school “Moti di imitazione”, 17 - 18 settembre 2018 per informazioni: dott.ssa Anna Radicetta, segreteria per la ricerca, tel. +390657338604
Con la sua portata storica, politica, etica e sociale, la Seconda Guerra mondiale ha agito sulla ... more Con la sua portata storica, politica, etica e sociale, la Seconda Guerra mondiale ha agito sulla natura stessa dello scrivere, ponendo in maniera radicale il problema dell'espressione. Il trauma bellico, con quanto ha comportato in termini di distruzione, dolore e morte, ha infatti imposto la necessità della parola come strumento essenziale, ancorché limitato e forse insufficiente, per (provare a) attribuire senso agli avvenimenti occorsi.
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Le scritture legate a quel complesso di eventi – dalle cronache sorte nella loro immediatezza, passando per la difficile costruzione di una memoria più o meno condivisa, fino alla riemersione di ciò che era stato apparentemente rimosso – pongono una serie di interrogativi di natura teorica e storico-letteraria, tra cui: quali funzioni regolano il rapporto fra storia ed elaborazione letteraria? Qual è il ruolo della letteratura di fronte a una catastrofe di portata epocale? In che modo il grado zero della cronaca o del diario evolve verso forme più elaborate? E ancora: uno sconvolgimento come quello di cui ci occupiamo come può modificare i paradigmi estetici vigenti?
Le scritture legate a quel complesso di eventi – dalle cronache sorte nella loro immediatezza, passando per la difficile costruzione di una memoria più o meno condivisa, fino alla riemersione di ciò che era stato apparentemente rimosso – pongono una serie di interrogativi di natura teorica e storico-letteraria, tra cui: quali funzioni regolano il rapporto fra storia ed elaborazione letteraria? Qual è il ruolo della letteratura di fronte a una catastrofe di portata epocale? In che modo il grado zero della cronaca o del diario evolve verso forme più elaborate? E ancora: uno sconvolgimento come quello di cui ci occupiamo come può modificare i paradigmi estetici vigenti?
straordinaria importanza, alla base di alcuni motivi ricorrenti della psicologia e della poesia dell’autore.
Sebbene l’avvicinamento alla settima musa abbia occupato gli ultimi anni di
vita del poeta, con risultati dubbi e di difficile ricostruzione, alcuni elementi,
come la sceneggiatura del film San Francesco d’Assisi, fanno intravedere un rapporto
giunto a maturazione e pronto ad evolvere, basato su presupposti ambivalenti,
che da una parte respingono e dall’altra accolgono le istanze della nuova
arte.
Romano Luperini. Tramonto e resistenza della critica. Macerata: Quodlibet, 2013. Pp. 250.
Uscito ad ottobre del 2013 per i tipi di Quodlibet nella collana “Studio”, Tramonto e resistenza della critica rappresenta l’uscita più recente di un maestro del genere saggistico-divulgativo. Partendo dal proposito di non pubblicare altre raccolte, Romano Luperini si muove nella doppia tentazione di decretare il tramonto dell’espressione intellettuale “quale si era andata delineando dall’Illuminismo a oggi” (8), e ancora di convalidare l’ostinata resistenza del lavoro culturale, benché relegato in zone sempre più liminari, di confine, come i personaggi de La strada di Cormac McCarthy (letto alle pp. 171-77), alla ricerca fiduciosa e necessaria di umanità.
Il volume raccoglie venti saggi tra editi e inediti, divisi in due sezioni a loro volta bipartite. La prima di esse, d’impostazione teorica, si sofferma sui problemi, sempre cari all’autore, della condizione intellettuale e della pratica didattica della letteratura, aggiornata all’ultima riforma della scuola; trova posto inoltre una consistente lettura di quattro maestri novecenteschi (De Sanctis, Auerbach, Debenedetti, Guglielmi), insieme almeno a Said e Adorno, i principali riferimenti delle argomentazioni teoriche generali. Il saggio Letteratura, antropologia e critica letteraria (109-16) chiude la sezione in nome di un approccio metodologico — avverte l’autore — più vicino ai Cultural Studies, già tentato altrove ed ora riproposto. [...]
Strumento specialistico curato con acribia filologica da Anna Marra e piacevole lettura per l’appassionato, il libretto descrive in poco più di centoventi pagine una vicinanza d’elezione, umana, non priva di brevi malumori o giudizi acerbi sulla contemporaneità. Dalle lettere alla vita dunque, percorrendo le strade della stima, quella del vecchio De Robertis per il giovane della “seconda generazione”, e la soggezione del poeta nei confronti del grande critico.
In appendice al carteggio vero e proprio, presentato da un breve scritto di Attilio Mauro Caproni, figlio del poeta, la curatrice allega le testimonianze pubbliche che convalidano le parole scambiate in privato. Si tratta di pezzi d’annata, tutti più o meno confluiti in volume, e di una postfazione dal titolo Tra critica e poesia. Appunti sul compromettersi.
Ed è la compromissione con la poesia, una cosa molto lontana dall’idillio romantico che viene assunto a luogo comune, il centro della vita e del dolore di questi due uomini che si parlano a viso aperto di gioie, affanni e preoccupazioni. Questo spirito di comunanza fa scrivere a De Robertis come saluto in una delle prime lettere (2 ottobre 1952): “Ti auguro ora solo migliore vita, perché so quanto peni; ma se non ci fosse altro, che possa ancora arricchire il tuo lavoro. E si dirà un giorno che c’è stato un semplice maestro elementare, che fece il maestro tutta la vita, ma che ebbe in dono scriver versi, tra i pochi e i primi della sua età. So che hai moglie e figli. Salutameli caramente”. Per non parlare delle testimonianze di quegli anni che Caproni inserisce tra una cosa e l’altra e che ci consegnano a distanza di così tanti anni (e in fronte a una così imprudente mitizzazione) la misura e perfino la miseria di un ambiente tanto favoleggiato. Ecco cosa scrive a proposito dell’ambiente romano il 3 settembre 1956: “Eccomi qui in questa grossa capitale dei broccoli, che non mi dice nulla e in cui vivo come in un deserto, non riuscendo a frequentare né i romanzanti, né i cinematografanti che cercano più la gloria (la pubblicità) del rotocalco (e i quattrini del gran premio) che la disperazione, squattrinata, della poesia (fuori moda, ormai)” o ancora in una lettera del 27 novembre dell’anno successivo, ecco come si esprime, in un impeto di impazienza, sulle poesie di Giacomo Noventa e sul dialetto (ma bisogna specificare che in altri luoghi la poesia in dialetto è lodata e sostenuta con convinzione): “E poi questa storia del dialetto, francamente, sta rompendoci ormai le scatole. Che significano, oggi, i dialetti? Perché questa mascherata, questo mettersi in una pelle che non è più nostra? Questa sì che è Arcadia non di quella buona: il nuovo modo di fare gli incipriati pastorelli”.
Ma basta con le anticipazioni. Le Lettere 1952-1963 curate da Anna Marra per la collana «Novecento live» di Bulzoni, non sono avare di momenti appetibili, specialmente i palati fini. Al lettore, adesso, individuare i più gustosi.
Prendere atto della lontananza (un secolo ormai) che ci separa dai natali di quella poesia, passata alla storia con il controverso aggettivo “ermetica” posto a fianco, ci costringe a considerare la nostra storia nazionale, “gli anni tedeschi”, la Liberazione americana, il benessere. La generazione del Dieci c’era, ha vissuto e raccontato quelle cose, provando a tracciare una linea da lasciare in eredità ai nipoti.
Intorno a questo stimolo si innesta l’”esperimento” provato dalla rivista «Nuova corrente», nel numero 147 del 2012 (Interlinea, 28 euro), in cui undici giovani studiosi provano, diretti da Luigi Surdich e Stefano Verdino, ad allestire «una sorta di dizionarietto tematico caproniano», proponendo alcune parole chiave che riguardano l’opera del poeta.
A partire dal termine composizione proposto da Rodolfo Zucco, che traccia un percorso nei diciassette Sonetti dell’anniversario, si passa alle immagini che animano l’ambientazione degli scenari eletti dal poeta (mare, deserto) con i relativi valori profondi e correlati, fino a soffermare l’attenzione, con gli interventi di Elisa Tonani, Massimo Natale e Anna Marra sulla sapienza tecnica esercitata al massimo grado nella seconda produzione. L’opera caproniana è indagata con acume e da diversi punti prospettici, fornendo spunti e realizzando sondaggi preziosi per lo studioso, dall’’”impressionismo” delle prime opere, investite «da un intrigo indefinito di aromi e odori, folate e fiati, aliti e aneliti, vampe e voci» (Alessandro Ferraro, p.151) fino alle Anarchiche dell’ultima raccolta incompiuta (analizzate nell’intervento Indignazine da Simona Morando) in cui al ‘noi’ della poesia civile si contrappone un ‘io’ che è anche l’oggetto della relazione di Irene Teodori. Un’attenzione particolare è dedicata anche all’attività di narratore che il poeta intraprese nel dopoguerra per la stampa periodica, Giovanni Battista Boccardo si sofferma su una caratteristica di stile di queste storie che accomunerebbero la prosa caproniana a quella degli autori latini: il gerundio assoluto.
Dopo gli interventi è la voce stessa del livornese a impreziosire le pagine di Giorgio Caproni, parole chiave per un poeta, con un breve estratto dal suo diario concesso per cortesia del figlio del poeta Mauro Caproni. sono parole amare e consapevoli sulla necessità di una fede, e sul ruolo che il poeta sentiva riservato a lui nella società: «[…] La verità è l’errore in cui si crede? Una qualunque fede è necessaria all’uomo nella condotta, altrimenti resta signoreggiato e disgregato in ogni istante dalla perplessità, che o l’inchioda all’inerzia o gli fa prendere decisioni contrastanti (poiché di nessuna è convinto) che gli rendono impossibile vivere nella società senza soggiacere agli altri. [¡K] Gli affetti non hanno, per fortuna, verità, non sono giudizi né propositi, per questo non ammettono perplessità. Ma per tutto ciò che dipende dal giudizio, per tutto ciò che dipende dalla volontà vivo in perpetuo labirinto. Sono e rimarrò, nella “selva oscura”».
Revel-Action. Politics of Poetry and Poetry of Politics in Europe and Mediterranean Area in the Contemporary Age.
Ma i risvolti psicologici ed espressivi dell'incontro sembrano essere ben più profondi, coinvolgendo non solo la dimensione storica della guerra come calata agli inferi e perdita di umanità. Alla comparsa di una dimensione infernale sempre più insistita, il poeta legherà anche le angosce e i sensi di colpa privati, derivanti soprattutto dalla scomparsa dei genitori. Il padre, figura inquietante al centro della seconda stagione poetica, si configura presto come un testimone dell'inferno privato che si fa quotidiano, mescolandosi alle cose di tutti i giorni. Sorta di anti-Anchise, destinato a non avere degna sepoltura (la pratica dei giochi funebri occupa buona parte del libro V del poema virgiliano), né felice collocazione nei Campi Elisi, il padre, opposto alla vicenda materna dei Versi livornesi (ne Il Seme del piangere, 1959) seguirà il destino di un fantasma della memoria.
Divisa fra vicenda storica collettiva, piano psicologico privato, memoria e trauma della guerra, angoscia del futuro e della ricostruzione, la ripresa della catabasi virgiliana (con il suo implicito intertesto dantesco) è un luogo di grande interesse non solo nella prospettiva del sistema poetico caproniano, ma per la formazione di una coscienza poetica condivisa nel panorama dell'intero medio Novecento poetico italiano.
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L'article restitue et analyse quelques-unes des traductions du français faites par Giorgio Caproni entre la moitié des années Cinquante et Soixante, dans le cadre général des acquistions culturelles réalisées par l'Italie dans ces années. On voit ainsi se former une section d'histoire de la réception italienne qui implique des auteurs comme Proust, Apollinaire, Char et Céline. Entre recherches stylistiques et réflexions sur le débat culturel, l'expérience des poètes-traducteurs, auquel Caproni appartient, rapproche la poésie italienne de l'axe français. Les traductions, en tant qu'opérations éditoriales et culturelles, contaminent ainsi, et sur plusieurs fronts, la tradition nationale. De grand intérêt également le contexte historique dans lesquelles celles-ci adviennent. L'immanence de certains écrivains (Céline) met en lumière le débat générationnel sur les événements, encore récents, du second conflit mondial et de la dictature. L'expérience de la guerre constitue l'isotopie de l'acquisition culturelle de cette période. L'appropriation textuelle de la littérature française peut s'interpréter au-delà des frontières strictement littéraires, en se greffant sur un discours qui se prétend plus ouvertement politique.
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The article frames some of the translations from French made by Giorgio Caproni between the mid-Fifties and Sixties, in the general framework of the cultural acquisitions which Italy works for in those years. It is created in this way a section of Italian reception history involving authors such as Proust, Apollinaire, Char and Céline. Between stylistic implications and cultural influences the experience of the poet-translators, which Caproni belongs to, puts in contact Italian and French poetry. Translations, which are editorial and cultural operations, corrupt in several points the national tradition. The historical context in which they occur is remarkable. The proximity of some figures (Céline) highlights the generational debate on the events, still near, of the Second World War and dictatorship. The war experience is the isotopy of the cultural acquisition of this period. The textual appropriation of French literature can be explained beyond the boundaries of literary and can be inserted on a more openly political speech.
Rencontres de l'Archet, Morgex, 9-14 sett. 2013.
Fabrizio Miliucci, "Giorgio Caproni e la parola poetica. Una teoria degli armonici"
Verrà dunque messa da parte la maggior parte dei motivi maggiori che coinvolgono queste zone, rese celebri in anni più tardi da Pasolini e Moravia (Sabaudia), fino alla recente ribalta del Premio Strega vinto dall’autore Antonio Pennacchi con un romanzo che rievoca e ripropone la cronistoria di bonifica-fondazione, per concentrare l’attenzione su un novero di opere minori o minime, quasi tutte dimenticate, che tuttavia rispondono al requisito di essere contemporanee alla bonifica e dunque di conservare uno sguardo originale da cui partire per individuare le strategie di appropriazione di una spazialità acquisita all’interno del meccanismo di propaganda che il regime mise in atto per pubblicizzare la propria politica agricola (guerra del grano e autarchia) e, più subdolamente, quella estera, con un parallelo abbastanza netto nei confronti della colonizzazione libica, culminata a pochi anni dalla bonifica (1932) con la campagna etiope del 1935-36.
Lettore appassionato della Commedia, da quest'opera trae titolo e l'ispirazione per la sua più celebre raccolta di versi, Il seme del piangere («udendo le sirene sie più forte // pon giù il seme del piangere ed ascolta», Purg., XXXI, vv. 45-6) facendosi il rinnovatore, in pieno neorealismo, di uno stilnovo aggiornato al secolo XX. Su questo aspetto dell'operazione caproniana esiste un'abbondante, seppure non esausta, letteratura critica che si è soffermata sull'operazione del Seme aumentando la fama del poeta di Livorno.
Esiste tuttavia un aspetto del “dantismo” caproniano ancora fuori dalle ricognizioni critiche, la presenza del Sommo Poeta come paradigma di nobilitazione del volgare a lingua letteraria. Impegnato a sua volta sul fronte di una lingua che nel medio Novecento assume tratti magmatici rimescolando le varietà diastratiche o imparentandosi ai dialetti, per arrivare ai paradossi espressivi della neo-avanguardia, Caproni torna in sede di discussione e divulgazione letteraria alla figura dell'Alighieri, accostata a quella del popolareggiante Belli, per cercare una interpretazione possibile alle sirene di una rediviva poesia dialettale non più popolare, a fronte di una lingua nazionale ugualmente incapace a descrivere il canto del popolo.
Interpretandone l'alto magistero morale, dunque, il nome di Dante Alighieri è speso in molti luoghi che richiamano o sottintendono la riflessione linguistica, ad esempio in pezzi come Destino del dialetto («Il lavoro nuovo», 21 aprile 1954), Poesia genovese («La Fiera Letteraria», 24 aprile 1960), «Le ceneri di Gramsci» (recensione alla raccolta di Pasolini, «La Fiera letteraria», 21 luglio 1957). L'intervento si propone di offrire una lettura dell'interpretazione linguistica e morale dell'istanza dantesca all'interno di una rassegna dei luoghi giornalistici stilati da Caproni nella sua lunga attività letteraria, per fornire alcuni tratti di una inedita fisionomia dantesca, seppure parziale e disorganica, tratteggiata da uno dei più grandi poeti del suo secolo.
Attività previste
Incontri seminariali in cui i docenti illustreranno, anche a partire dalle proprie esperienze di scrittura, le recenti mutazioni del genere in direzione di testualità marcatamente letterarie o, al contrario, verso forme più prossime a quelle della pubblicistica scientifica.
Obiettivi
Contribuire alla formazione di giovani ricercatori nell’ottica di un’apertura transdisciplinare delle loro competenze. Valorizzare lo scambio di conoscenze tra studiosi di diversi settori e favorire la diffusione di nuove linee di ricerca transdisciplinare tra i partecipanti alla summer school. Consolidamento di un progetto volto a sviluppare nel Dipartimento di Studi Umanistici la didattica e la ricerca nel settore della teoria letteraria.
Contatti:
ugo.fracassa@uniroma3.it
fabrizio.miliucci@uniroma3.it
La summer school si indirizza principalmente a ricercatori in formazione (dottorandi, dottori di ricerca e assegnisti) che abbiano in corso di svolgimento uno studio negli ambiti della critica letteraria, della teoria della letteratura e delle letterature comparate che incroci la questione dell’imitazione in prospettiva interdisciplinare. Più in generale la summer school si rivolge a quanti siano interessati ad un’esperienza di alta formazione su questioni di natura spiccatamente interdisciplinare
La summer school si indirizza principalmente a ricercatori in formazione (dottorandi, dottori di ricerca e assegnisti) che abbiano in corso di svolgimento uno studio negli ambiti della critica letteraria, della teoria della letteratura e delle letterature comparate che incroci la questione dell’imitazione in prospettiva interdisciplinare. Più in generale la summer school si rivolge a quanti siano interessati ad un’esperienza di alta formazione su questioni di natura spiccatamente interdisciplinare [per una visione più ampia e dettagliata delle aree di interesse implicate nel progetto si rimanda alla “Descrizione del progetto”].
Per partecipare è necessario avanzare la propria candidatura entro il 30 giugno 2018. I candidati selezionati, fino al numero massimo di 15, riceveranno comunicazione entro il 7 luglio e verranno contestualmente invitati a versare la quota di iscrizione entro il 14 luglio. La quota di iscrizione ammonta a 70 euro: comprensiva delle spese per la cena sociale del 17 settembre, la quota non copre le spese di viaggio e pernottamento, per quest’ultimo tuttavia saranno segnalate strutture convenzionate.
Per avanzare la propria candidatura è necessario inviare una e-mail all’indirizzo motidiimitazione@gmail.com, avendo cura di indicare: il proprio nome e cognome, l’università di appartenenza, l’argomento della ricerca in corso con relativa descrizione (max 3000 battute), il nome del tutor (nel caso di tesi di dottorato). Per certificare l’avvenuto pagamento della quota di iscrizione, infine, ciascun partecipante provvederà ad inviare per e-mail al medesimo indirizzo la scansione della ricevuta di pagamento, entro e non oltre il 21 luglio. In assenza di tale certificazione il candidato selezionato verrà escluso dalla summer school. Per ciascun partecipante il Dipartimento di Studi Umanistici rilascerà, ai fini curriculari, un attestato di frequenza.
la quota di iscrizione va corrisposta via bonifico bancario all’Università degli Studi Roma Tre IBAN: IT85 W 05034 03207 000000300000
causale: Dipartimento di Studi Umanistici, iscrizione alla summer school “Moti di imitazione”, 17 - 18 settembre 2018
per informazioni: dott.ssa Anna Radicetta, segreteria per la ricerca, tel. +390657338604