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I Giornata di studio dell’Ecclesiologia pastorale Theologica Leoniana 9 (2020) 91-112 IL COMPITO DELLA TEOLOGIA PASTORALE DAL VATICANO II AD OGGI. QUESTIONI APERTE Luciano Meddi* La Teologia pastorale1 è in continua evoluzione e ricomprensione di sé stessa. Questa operazione permette di consolidare intuizioni e riflessioni precedenti, di modificarne alcune non adeguate e di individuare suggestioni e innovazioni necessarie. Comprenderne le direzioni, le problematiche, le richieste, è una operazione di natura ermeneutica perché comporta una comprensione del dato pastorale a diversi livelli. In questa nostra riflessione ci limitiamo ad alcuni passaggi di questo importante lavoro di ricerca. In primo luogo offriamo una prospettiva che chiarisca il valore del termine pastorale (I); in secondo luogo proviamo a delineare una possibile mappa della ricerca pastorale nelle prime due stagioni del post-concilio (II); di seguito proviamo a individuare possibili risposte alle istanze epistemologiche emerse dall’analisi bibliografica (III), per contribuire, in conclusione, alla difficile questione del giudizio pastorale, questione centrale del compito pastorale (IV). Per elaborare la comprensione della situazione della TP nell’oggi della Chiesa abbiamo a disposizione diversi tentativi di valutazione. La più completa ci sembra essere quella di Mario Midali nella sua riformulazione della definizione di TPR2; altre analisi3, infatti, ci sembrano più affrettate. Indubbiamente è necessaria una rassegna degli autori * Professore ordinario di Catechesi missionaria nella Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana. 1 Ci proponiamo più avanti di dare una definizione specifica sia a Teologia pratica (d’ora in poi TPR) che a Teologia pastorale (d’ora in poi TP), ma per praticità useremo come sinonimi le due espressioni. 2 M. MIDALI, Teologia pratica, vol. V, Per un’attuale configurazione scientifica, Las, Roma 2011. 3 N.J. RAMSAY (a cura di), Pastoral Theology and Care. Critical Trajectories in Theory and Practice, John Wiley & Sons, Oxford 2018; E. PARMENTIER (dir.), La théologie pratique. Analyses et prospectives, Presses Universitaires de Strasbourg, Strasbourg 2008; J. WOODWARD – S. PATTISON, Introducion to Pastoral and Practical Theology, in J. WOODWARD – S. PATTISON (a cura di), The Blackwell reader in Pastoral and Practical Theology, Blackwell Publishers, Bodmin (UK) 2000, 1-19; V. SCHURR, Teologia Pastorale, in AA. VV., Bilancio della teologia del XX secolo, vol. III, Città Nuova, Roma 1972, 399-469. 91 LUCIANO MEDDI e delle posizioni anche magisteriali; tra queste ci sembra davvero utile quella di Giovanni Tangorra4 che integreremo con le pubblicazioni successive. 1. La pastorale salverà la teologia dalla sua crisi? Si legge spesso, e con ragione, che il sapere pastorale sia intrinsecamente debole e proprio per questo incerto, problematico, “cenerentola” della teologia5. E se, invece, fosse proprio la pastorale a salvare il sapere teologico? In discussione, infatti, non è solo la Teologia pastorale ma proprio il pensare teologico. I recenti rinnovamenti apportati alla indagine teologica non sembrano essere sufficienti6 ad affrontare la crisi del linguaggio teologico. La teologia soffre di quattro critiche convergenti: il valore storico della sua promessa; il carattere linguistico (antropologico) del suo sapere; la difficile comprensione delle sue affermazioni nel gioco ermeneutico e significativo; la necessità di riconoscere il valore delle missioni delle religioni altre. La teologia, quindi, è chiamata ad abbandonare la sua autorefenzialità e a entrare nel gioco interpretativo7. In questo ripensamento, pastorale sembra indicare un aggettivo qualificativo: una modalità del linguaggio teologico. Ma la vicenda ecclesiale e teologica della tardomodernità e post-modernità ci sta portando a considerare la pastorale come sostantivo. Se si potesse dire: la pastoralità8. In questa prospettiva la pastora-lità indica il compito fondamentale della Chiesa, il suo esistere e si collega alle parallele espressioni: la mis- G. TANGORRA, «Le pubblicazioni di Teologia pastorale negli ultimi 25 anni», in Lateranum 76 (2011) 283-320. 5 P. ASOLAN, Non più mesta accanto al fuoco. Contributi laterani, Lateran University Press, Città del Vaticano 2016. Cfr. G. LAURINDO Jr., Teologia Prática: Uma Teologia em apuros, in https://www.academia.edu/29944903/TEOLOGIA_PR%C3%81TICA_Uma_Teologia_em_apuros [consultato il 02.09. 2020]; G. TANGORRA, Le pubblicazioni di teologia pastorale negli ultimi 25 anni. 6 Un’introduzione in G. CANOBBIO – P. CODA (a cura di), La teologia del XX secolo. Un bilancio, 3 vol.: I. Prospettive storiche; II. Prospettive sistematiche; III. Prospettive pratiche, Città Nuova, Roma 2003. 7 C. GEFFRÈ, Credere e interpretare. La svolta ermeneutica della teologia, Queriniana, Brescia 2002 [2001]. 8 Con significati a volte differenti: S. LANZA, La teologia pastorale: identità e compiti, in F. MARINELLI (a cura), La teologia pastorale. Natura e compiti, EDB, Bologna 1990, 29-60; S. LANZA, L’insegnamento della teologia pastorale, in N. CIOLA (a cura), Servire Ecclesiae. Miscellanea in onore di Mons. Pino Scabini, EDB, Bologna 1998, 389-420; A. MASTANTUONO, «La “pastoralità” del Vaticano II. Limite o risorsa?», in Lateranum 81 (2015) 383-404; S. LANZA, «Pastorale», in G. CALABRESE – PH. GOYRET – O.F. PIAZZA, Dizionario di ecclesiologia, Città Nuova, Roma 2010, 1026-1045. 4 92 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte sione è la natura della Chiesa; l’evangelizzazione è il compito della Chiesa. Ne consegue che, se esprime la natura del soggetto comunicativo Chiesa, dovrà incidere anche sulla organizzazione del suo pensiero: la teologia. Il tema è già stato individuato9. Lo stesso Concilio si è voluto comprendere come riflessione pastorale10. Il senso dell’espressione non è primariamente che si deve riconoscere un posto o una dignità all’azione pastorale. Il senso di questa espressione è che la riflessione teologica deve recuperare la priorità storico-salvifica di tutta la narrazione cristiana, che in questo senso è teologia narrativa11. Ovviamente questo comporta un riposizionamento tra sistematicità e praticità. Comporta ancora di più una rifondazione della sistematicità che non può limitarsi alla descrizione della natura di Dio, quanto del suo agire; la Trinità economica è la prima via per comprendere la Trinità immanente12. La fatica della fondazione della ermeneutica pratica (della Teologia pastorale) sarà quindi utile al grande lavoro di ristrutturazione del sapere teologico sistematico. L’indagine sulla pastorale/lità si collega inevitabilmente alla evoluzione, propria del XX secolo, di molti trattati del sapere cristiano. Ma in modo particolare chiede il ripensamento del trattato di antropologia teologica, del propter nostram salutem, e del suo rapporto con l’insieme del processo salvifico o volontà di Dio. Un ripensamento che dovrà continuare la riflessione della prospettiva trascendentale della grazia aperta da Karl Rahner13. Perché lo Spirito di Dio è nel mondo. Pastorale, in conclusione, esplicita l’intuizione di ogni religione circa l’agire di Dio e lo specifico servizio che la Chiesa svolge nei suoi confronti. G. ROUTHIER, «La naissance d’une théologie pratique et pastorale. Dans le sillon du concile Vatican II et l’interrogation actuelle sur les “sujets” de la théologie», in Recherches de Science Religieuse 107 (2019) 463-478. 10 G. ALBERIGO – A. MELLONI, Allocuzione “Gaudet Mater Ecclesia” di Giovanni XXIII (11 ottobre 1962), in G. ALBERIGO – A. MELLONI – G. BATTELLI – S. TRINCHESE, Fede, tradizione, profezia. Studi su Giovanni XXIII e sul Vaticano II, Paideia, Brescia 1984, 185-283. Nella riflessione italiana lo studio è presentato in diverse modalità: la pastoralità del Vaticano II; il valore della Gaudium et spes; la pastoralità della teologia; il principio della storicizzazione e /o dell’incarnazione. 11 Si vedano gli artt. in «Concilium» 9 (1973) 5: H. WIENRICH, «Teologia narrativa» 66-79 e J.B. METZ, «Breve apologia del narrare», 80-98; C. THEOBALD, «Les enjeux de la narrativité pour la théologie», in Revue de l’Institut catholique de Paris 59 (1996) 43-62. 12 Secondo la felice intuizione ricordata da K. RAHNER, Il Dio trino come fondamento originario e trascendente della storia della salvezza, in Mysterium salutis, vol. III, Queriniana, Brescia 1969 [1967], 401-507. 13 Cfr. K. RAHNER, Redenzione e creazione: due realtà diverse ma inscindibili, in ID., Missione e grazia. Saggi di teologia pastorale, EP, Roma 1966 [1961], 71-127; ID., Antropologia teologica III, in K. RAHNER (a cura di), Sacramentum Mundi. Enciclopedia teologica, vol. I, 1974, coll. 272-284. Cfr. P.M. 19 93 LUCIANO MEDDI 2. L’universo pastorale nei diversi post-concili Nel quadro del riposizionamento globale della riflessione teologica, la teologia pastorale ha avuto e sta avendo una sua evoluzione; ma non sempre lineare. Si deve riconoscere la non-compiutezza del sapere teologico-pastorale. Primo compito quindi sarà descrivere di cosa si tratta quando si parla di pastorale. La prima stagione postconciliare si era concentrata su alcuni temi di natura teologico/pastorale: l’identità e i compiti; il soggetto; l’epistemologia; il metodo. Nella seconda stagione post-conciliare si è sviluppata maggiormente la riflessione missionaria in riferimento alla crisi del cristianesimo: come nuova evangelizzazione, pastorale in contesto, pastorale generativa, conversione missionaria. Se nella prima fase si approfondirono i temi dell’agire pastorale, oggi si analizzano i diversi modelli che l’esperienza sta elaborando. In ambedue le situazioni si deve riconoscere che la dimensione meno studiata e spesso solo intuita è il suo statuto epistemologico con il correlato tema dello specifico metodo della disciplina. In questo contesto diventa più urgente chiarire il rapporto tra teologia pratica e teologia pastorale. È nostra intenzione in questa ricostruzione modellizzare le diverse posizioni con lo scopo di offrire un piccolo contributo alla soluzione del tema. L’indagine si riferisce alle riflessioni di impostazione generale sia dei manuali che di contributi collettivi. Esclude quindi le numerosissime riflessioni di teologia pastorale speciale o di divulgazione scientifica. 2.1. Il Vaticano II e l’evoluzione magisteriale Una presentazione completa dovrà far riferimento ai diversi luoghi significativi del magistero14. Ci limitiamo a sottolineare l’impostazione data al tema dalla Nota 1 (quasi una prefazione) della costituzione Gaudium et spes15. Da essa ricaviamo quattro osser- ZULEHNER, Ci previeni con la Grazia. A colloquio con Karl Rahner per una teologia della pastorale, Città Nuova, Roma 1987; C. SCHICKENDANTZ, «Karl Rahner: Obras Completas. Una nueva situación en la investigación sobre Rahner», in Teología y vida 40 (1999) 419-438 [c.1. Autorrealización de la iglesia: fundamentos eclesiológicos de una teología práctica, 2-4]; A. VIGUERRAS CHERRES, «La teología práctica de Karl Rahner: una teología pastoral en perspectiva escatológica», in Teología y vida 51 (2010) 445-476. 14 In modo particolare segnaliamo: Christus dominus, 28.10.1965; Ad gentes, 07.12.1965; Ecclesiae imago, 22.02.1973; alcuni testi del Codice di Diritto Canonico 1983; Relazione finale del Sinodo Straordinario, 09.12.1985; Novo millennio ineunte, 06.01.2001. In modo particolare si dovrà approfondire l’esortazione post-sinodale Pastores dabo vobis, 25.03.1992 e alcuni passaggi di Evangelii gaudium, 24.11.2013. 15 K. RAHNER, La problematica teologica di una costituzione pastorale, in E. GIAMMANCHERI (a cura di), La Chiesa nel mondo contemporaneo. Commento alla costituzione “Gaudium et spes”, Queriniana, 94 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte vazioni: la pastorale ha il compito di offrire risposte all’azione della Chiesa in un tempo e in un luogo; la sua indagine è teologica perché si realizza nell’orizzonte dell’antropologia teologica; il suo criterio (metodo) è basato sull’interpretazione delle situazioni; il temario (allora individuato) riguarda: famiglia, progresso, vita economico-sociale, la vita della comunità politica, la promozione della pace. Per questi temi non appare più soddisfacente la lettura sistematica, sacramentale o morale; queste indagini descrivono il dover essere dei temi stessi. Si avverte la necessità di una lettura “trasformativa”; una lettura che sappia individuare come avviene la realizzazione del desiderio pastorale. Ci sembra di capire che si segue la struttura di pensiero costruita sulla descrizione dei problemi e la elaborazione della lettura teologica. Questa prospettiva risulterà piuttosto una intuizione che una metodologia compiuta. Una impostazione che deriva dalla preoccupazione della perdita di identità sociale della Chiesa; la necessità di costruire un nuovo rapporto Chiesa (missione) e mondo16. Tuttavia si deve leggere questa Nota nell’insieme di GS e soprattutto del rapporto “problema-aspirazioni” proprio di GS 4 (segni sociali dei tempi); la lettura teologica che riguarda i segni della presenza dello Spirito nel mondo (GS 11) di rahneriana memoria e, infine, il dialogo trans-disciplinare proprio di GS 44. Quest’ultimo tema sarà poco presente nelle successive fasi dello sviluppo della disciplina perché, come vedremo, chiedeva e chiede un superamento della interpretazione classica della pastorale dedotta dal mistero pasquale propria del primo Vaticano II (1963-1964) e per questo contestato da alcuni Padri e periti17. Il dibattito sulla costituzione Gaudium et spes quindi mette in evidenza che la teologia della Chiesa non può interessarsi solo della comunicazione della fede (l’ammi- Brescia 1966, 61-83; G.M. NJERI, Vatican II as the decisive turning point in the Catholic understanding of pastoral theology, Hekima College 2013: https://www.academia.edu/6945917/Vatican_II_as_the_Decisive_Turning_point_in_the_Catholic_Understanding_of_PPastora_Theology [consultato il 16.11.2020]; P. ASOLAN, “Gaudium et Spes” e la teologia pastorale, in ID., Non più mesta accanto al fuoco, Lateran University Press, Roma 2016, 53-73. 16 Ci sembra che questo schema faccia riferimento alla prospettiva di M.D. Chenu e alla sua teologia del “vangelo nel tempo”, ma anche alla prospettiva della teologia pastorale di Rahner. Ambedue utilizzano la relazione incarnazione-redenzione al cui centro si deve porre la prospettiva della teologia dei “segni dei tempi”. Cfr. M.-D. CHENU, La parole de Dieu II. L’Évangile dans le temps, Ed. du Cerf, Paris 1964; e la riflessione fondamentale di K. RAHNER, Fondamenti della teologia pastorale, Herder-Morcelliana, Roma-Brescia 1969 (ci si dovrà riferire molte volte a questo Handbuch: F.X. ARNOLD – K. RAHNE – L.M. WEBER – V. SCHURR, Handbuch der Pastoral Theologie: praktische Theologie der Kirche in ihrer Gegenwart, 4 voll., Herder, Freiburg 1964-1969). 17 Si leggano le perplessità di K. Wojtila nei suoi interventi in aula e di teologi come di Joseph Ratzinger in Problemi e risultati del concilio Vaticano II, Queriniana, Brescia 1967 [1965/1966]. 95 LUCIANO MEDDI nistrazione della grazia) ma anche o soprattutto della trasformazione della storia. Non solo nel senso delle dimensioni della salvezza18 ma soprattutto come dialogo con i principi salvifici propri della società. La teologia dovrà divenire una cultura. Questo dibattito, crediamo, sia la chiave di lettura del magistero successivo. 2.2. Momenti decisivi della evoluzione e possibile periodizzazione La discussione generata da GS rilanciò l’evoluzione della riflessione teologico-pastorale. Essa appare come un intreccio tra diversi filoni che analizzano: il compito, i compiti (temario), la strategia, l’epistemologia19. Appare come un intreccio perché non è possibile individuare una evoluzione lineare; infatti si trovano in continua evoluzione anche se con inizi e focalizzazioni differenti. Ci sembra possibile individuare cinque fasi e/o polarizzazioni. 1. Prima fase: 1965-1975. Si incontrano autori come Franz Xaver Arnold, PierreAndré Liégé, Karl Rahner e gli autori dello Handbuch, Grazioso Ceriani, Viktor Schurr, le voci di Sacramentum Mundi. In questa fase la preoccupazione maggiore è la sistemazione del temario pastorale (quali sono i compiti?) che superi l’aridità della cura pastorale tridentina. Influiscono in questa fase le esperienze della pastorale d’insieme e della Mission de France. La prima risposta viene dalla sistematicità di Rahner che già avverte la questione centrale: come si decide l’azione pastorale? Egli la risolve con l’intuizione del rapporto tra principi e imperativi; tra ecclesiologia essenziale ed esistenziale20. 2. Seconda fase: 1980-1990. Inizia una nuova codificazione dei manuali che includono una analisi più precisa della natura della Teologia pastorale, che sempre più si 18 D. BONIFAZI, Teologia della speranza e del futuro, in A. MARRANZINI (a cura di), Correnti teologiche post/conciliari, Città Nuova, Roma 1974, 99-138; C. MOLARI, La salvezza cristiana nella moderna teologia cattolica, in ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, La salvezza cristiana. Atti del VI congresso nazionale, Cittadella, Assisi 1975, 35-118; G. GRESHAKE, L’uomo e la salvezza di Dio, in K.H. NEUFELD (a cura di), Problemi e prospettive di teologia dogmatica, Queriniana, Brescia 1983, 275-302. 19 Oltre le ormai classiche ricostruzioni di F.X. ARNOLD, Storia moderna della teologia pastorale, Città Nuova, Roma 1970 [1965] si vedano: S. LANZA, Introduzione alla teologia pastorale, vol. I, Teologia dell’azione ecclesiale, Queriniana, Brescia 1989; M. MIDALI, Teologia pastorale (correnti) e Teologia pastorale (storia), in M. MIDALI – R. TONELLI (a cura di), Dizionario di Pastorale Giovanile, Elledici, Torino 1989, 1069-1089; 1089-1101; M. MIDALI, Teologia pastorale in Italia, in M. MIDALI – R. TONELLI (a cura di), Dizionario di Pastorale Giovanile. Supplemento alla prima edizione, Elledici, Torino 1992, 1232-1242 [209-218]; B. SEVESO, «Invito alla lettura», in Credere Oggi 90 (1995) 121-129; si veda l’ottima ricostruzione di G. TANGORRA, Le pubblicazioni di teologia pastorale negli ultimi 25 anni. 20 K. RAHNER, Fondamenti della teologia pastorale, 9; K. RAHNER, Principi e imperativi, in ID., L’elemento dinamico della Chiesa. Principi, imperativi concreti e carismi, Morcelliana, Brescia 1970, 15-40. 96 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte chiama Teologia pratica. Molte riflessioni sono dipendenti dalle pubblicazioni di area tedesca21. In Italia questa ricerca è rappresentata dagli studi di Bruno Seveso, Mario Midali, Sergio Lanza. Tutti insistono su un binomio: necessità della Teologia pastorale e soluzione della questione del rapporto teoria-prassi. Questo secondo campo di indagine mette in evidenza l’esigenza di due chiarimenti. La teoria (teologica) deve fare i conti con la crisi del linguaggio religioso che pone l’interrogativo sempre più emergente quale sia la presentazione del cristianesimo più adatta (quale narrazione della fede?). A molti appare chiara l’insufficienza della soluzione conciliare dell’aggiornamento e sostengono la necessità di scelte più coraggiose. Il secondo chiarimento evidenzia che la trasformazione missionaria non è immediatamente deducibile dalla teologia (sistematica); essa ha bisogno di mediazioni che si riconducono alla libera decisione della persona. Si costruisce quindi non in via deduttiva e neppure semplicemente esperienziale, ma dialogando intensamente con le scienze della prassi22 (comunicazione, psicologia sociale, sociologia). Queste due riflessioni hanno generato subito preoccupazione23 sia del magistero che di molti operatori che temevano la perdita della specificità dei processi salvifici cristiani soprattutto il ruolo del mistero pasquale. Sul piano operativo si avverte la necessità di superare il metodo vedere-giudicare-agire. In questa prospettiva si deve riconoscere il ruolo della proposta di Paul Michael Zulehner 24. Più avanti di dovrà discutere su questa prospettiva. 3. Terza fase: 1990-2000. Si potrebbe prendere come tema prevalente il ripensamento delle dimensioni pastorali in riferimento alla esperienza religiosa cristiana. Forse per le preoccupazioni emerse, ma anche per motivi di analisi più profondi comincia ad apparire la necessità di allargare il compito pastorale oltre l’agire ecclesiale per inserirlo nella dimensione religiosa della persona e della società25. In effetti, la pratica pastorale N. METTE – H. STEINKAMP, Scienze sociali e teologia pratica, Queriniana, Brescia 1993 [1983]. Questione già esplosa prima del Vaticano II con il sorgere della teologia delle realtà terrestri: G. THILS, Teologia delle realtà terrestri, Paoline, Alba 1968. 23 Si veda il cap. X: “Una nuova ermeneutica”, in SACRA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, “Libertatis Nuntius”. Istruzione su alcuni aspetti della “Teologia della Liberazione”, 06.08.1984. 24 Cfr. P.M. ZULEHNER, Teologia pastorale, vol. I, Pastorale fondamentale: la Chiesa fra compito e attesa, Queriniana, Brescia 1992 [1989-1990]. 25 Già prima: K. RAHNER, Teologia dall’esperienza dello Spirito, EP, Roma 1978 [1975]; J. AUDINET, Quali “pratiche” per la teologia?, in B. LAURET – F. REFOULÉ (dir.), Iniziazione alla pratica della teologia, vol. V, Pratica, Queriniana, Brescia 1987 [1983], 7-17; cfr. B. REYMOND – J.-M. SORDET (a cura di), La théologie pratique. Statut, méthodes, perspectives d’avenir, Beauchesne, Paris 1993; J. WOODWARD – S. PATTISON (a cura di), The Blackwell reader in Pastoral and Practical Theology, 2000; G. ROUTHIER – M. VIAU, Précis de théologie pratique, Lumen vitae-Novalis-Editions de l’Atelier, Bruxelles-Montreal-Paris 2007; E. PARMENTIER (dir.), La théologie pratique. Analyses et prospectives, Presses universitaires de 21 22 97 LUCIANO MEDDI riguarda la pratica religiosa; nel senso ovvio che la fede si esprime con linguaggi umani. Ma forse non si comprendeva che il tema dell’esperienza sposta l’attenzione dalla teologia alla religione. La dimensione religiosa non appartiene di diritto alla Chiesa e può/deve essere studiata con una serie di discipline che compongono le scienze della religione26. Forse l’input venne dallo sviluppo della pastorale come counseling religioso (clinica pastorale), di impronta tedesca ma fortemente presente in America del nord già negli anni ’50 e nella linea della nuova psicologia della religione di marca più francofona27. Più recentemente si dovrà dialogare con le esperienze religiose delle religioni non solo a livello teologico ma anche o soprattutto a livello delle pratiche formative28. 4. La quarta fase. Crediamo che il punto di partenza si possa individuare nella celebrazione del Grande Giubileo del 2000. Questo evento ha dato l’occasione di elaborare nuove sintesi delle problematiche teologico-pastorali29. È, questa, una fase poliedrica; infatti si presenta in modo molto variegato. Sembra sottolineare quattro filoni di ricerca. In primo luogo si sente forte il bisogno di contestualizzare sia la descrizione delle pratiche che le riflessioni teoriche. Questo filone si trova in almeno tre direzioni: la riflessione contestuale30, la descrizione dei compiti nei diversi contesti31, la domanda Strasbourg, Strasbourg 2008; G. GERARDI, Insegnare la prassi cristiana. Percorsi di teologia morale, spirituale, pastorale, (Lateranum 77), Lateran University Press, Roma 2011; N.J. RAMSAY (a cura di), Pastoral Theology and Care. Sarà interessante seguire l’evoluzione dell’indirizzo di Teologia della vita cristiana nella Facoltà di Teologia della Lateranense: https://www.pul.it/it/teologia. 26 Un primo tentativo in Italia: P. SCABINI (a cura di), Scienze umane e scienze religiose. Programmazione e prospettive nell’istituto di scienze religiose, ED-Roma, 1989. Si veda la ricerca di G. FILORAMO – M.C. GIORDA – N. SPINETO, Manuale di scienze della religione, Morcelliana, Brescia 2019. 27 Si veda S. HILTNER, Il consigliere pastorale, Il Samaritano, Milano 1986 [1978]; J.-P. JOSSUA, Note sull’esperienza cristiana, in B. LAURET-F. REFOULÉ (dir.), Iniziazione alla pratica della teologia, vol. V, Pratica, 40-47; A. GODIN, Ascolto e consiglio, 48-78; E. GENRE, Nuovi itinerari di teologia pratica, Claudiana, Torino 1991, cap. 5. 28 L. MEDDI, «Religioni e pratiche formative. Analisi e prospettive», in Redemptoris Missio 20 (2004) 3-28; cfr. G. FILORAMO, Storia antologica delle religioni, Morcelliana, Brescia 2019. 29 M. MIDALI, «Teologia Pastorale», in G. BARBAGLIO – G. BOF – S. DIANICH (a cura di), Teologia, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 1726-1739; S. LANZA, Teologia pastorale, in G. CANOBBIO – P. CODA (a cura di), La teologia del XX secolo. Un bilancio, vol. III, Prospettive pratiche, 393-475; G. ROUTHIER – M. VIAU, Précis de théologie pratique; R. PELLITERO, Teología pastoral. Panorámica y perspectivas. Una eclesiología práctica al alcance de todos, Grafite Ediciones, Bilbao 2007; E. PARMENTIER (dir.), La théologie pratique. Analyses et prospectives, 2008. 30 Già V. SCHURR, Teologia Pastorale, aveva introdotto, oltre la classica distinzione TP riformata e cattolica, l’analisi degli autori e delle correnti di TP soprattutto in Europa. 31 L’esposizione più significativa rimane quella di M. MIDALI, Teologia pratica, vol. II, Attuali modelli e percorsi contestuali di evangelizzazione, Las, Roma 2000; si veda anche B. REYMOND – J.-M. SORDET 98 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte sul significato e valore salvifico del contesto32. Questa indagine si è rafforzata con l’introduzione voluta da Giovanni Paolo II dei Sinodi continentali33. Una pratica pastorale che, tuttavia, sembra avere come scopo principale il mantenimento della prevalenza della prospettiva dell’universalità su quella della particolarità34. Un secondo filone riguarda l’analisi della qualità delle azioni pastorali. Si riconosce che l’agire pastorale viene sostenuto dalle scienze umane e si studiano quali siano e come interagire con esse35. In modo particolare si analizza il rapporto tra pastorale e il nuovo contesto generato dai new media (teoria della comunicazione e digital media). Un terzo filone è costituito dal tema generatività. Con notevoli implicanze di natura riflessiva per la TP, si colloca l’apprezzata proposta della prospettiva generativa della pastorale36. Tuttavia si deve subito notare che gli autori differiscono tra un uso simbolico di “generativo” (l’attitudine e la responsabilità della Chiesa37) e la prospettiva che riconosce la necessità di una seria inculturazione (nel senso di mettere a coltura) del messaggio in una prospettiva davvero pneumatica della missione. Il compito pastorale sarebbe non solo trasmettere i beni della comunità cristiana quanto far nascere – generare – nuove forme della stessa tradizione. (a cura di), La théologie pratique. Statut, méthodes, perspectives d’avenir; F. SCHWEITZER – J.A. VAN DER VEN, Practical Theology – International Perspectives, Peter Lang, Frankfurt am Mein 1999; G. TRENTIN – L. BORDIGNON (a cura di), Teologia pastorale in Europa. Panoramica e approfondimenti, EMP, Padova 2002; G. ROUTHIER – M. VIAU, Précis de théologie pratique. 32 Tra le riflessioni che studiano i modelli di questa analisi si deve ricordare l’apporto di S.B. BEVANS, missiologo nord-americano in diverse edizioni del suo Models of Contextual Theology, Orbis Book, Maryknoll (1992; 2002; 2008). 33 G. COLZANI (a cura di), L’evangelizzazione interpella le Chiese. Analisi dei Sinodi continentali, in Ad Gentes, 4 (2000); N. ETEROVIC, Sinodi continentali – I consigli speciali del Sinodo dei vescovi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013. 34 L. MEDDI, Rinnovamento pastorale e catechetico nel post Concilio delle missioni. Linee interpretative, in A. TREVISIOL (a cura di), Il cammino della missione a cinquant’anni dal decreto “Ad gentes”, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2015, 183-198. 35 Il tema era stato già affrontato da N. METTE – H. STEINKAMP, Scienze sociali e teologia pratica. 36 P. BACQ – C. THEOBALD, Une nouvelle chance pour l’Evangile: vers une pastorale d’engendrement, Lumen Vitae-Novalis-Ed. de l’Atelier, Bruxelles-Montréal-Paris 2005; C. THEOBALD – P. BACQ, Passeurs d’Evangile: autour d’une pastorale d’engendrement, Lumen Vitae-Novalis, Bruxelles-Montreal 2008; M.-A. DE MATTEO – F.-X. AMHERDT, S’ouvrir à la fécondité de l’Esprit. Fondements d’une pastorale d’engendrement, Editions Saint-Augustin, Paris 2009; M. SEMERARO, Per una pastorale generativa. Il cammino di rinnovamento della iniziazione cristiana, Miter Thev, Albano 2014; C. THEOBALD, Urgenze pastorali. Per una pedagogia della riforma, Dehoniane, Bologna 2019 [2017], 161-175 37 K. DELAHAYE, Per un rinnovamento della pastorale. La comunità, madre dei credenti negli scritti dei Padri della Chiesa primitiva, Ecumenica Editrice, Cassano (Bari) 1974 [1958]. 99 LUCIANO MEDDI Da ultimo si deve notare il sorgere di una modalità nuova per risolvere la crisi del giudizio pastorale cioè la questione centrale del metodo della Teologia pratica. Non è più sufficiente infatti invocare il tema teoria-prassi. Per superare l’impasse al cuore della Teologia pratica – generato forse da una certa deduttività delle analisi sociali – le riflessioni iniziano a utilizzare il tema della ermeneutica e del circolo ermeneutico38. A nostro avviso i nuovi manuali (italiani) di Teologia pastorale speciale in riferimento ai nuovi problemi non sembrano trovare una soluzione adeguata a questo problema. 5. La quinta fase è identificabile con la nuova questione della conversione missionaria della pastorale. Al di là dell’aspetto tematico, il modello ripropone in modo diverso la questione della crisi del cristianesimo; si pone infatti in continuità con le parole chiave del primo post-concilio: aggiornamento, evangelizzazione, sinodalità e popolo di Dio39. Si cadrebbe in errore se si attribuisse questa svolta al solo magistero di papa Francesco. In realtà l’obiettivo missionario è inserito profondamente nel Vaticano II e già anticipato da diversi autori dopo la crisi illuminista. Che conclusioni possiamo trarre da questa veloce ricostruzione dell’universo pastorale? A livello di temi o problemi, nella bibliografia si incontrano questi argomenti: la richiesta di una maggiore definizione di “agire ecclesiale”; il progressivo chiarimento del nome cioè la questione della natura scientifica della TP; la riconsiderazione della mission della Chiesa; la epistemologia, il metodo e il giudizio pastorale proprio della disciplina; il valore dei contesti umani ed ecclesiali; i compiti, le funzioni e dimensioni; i soggetti: ministeri e/o carismi. Se invece guardiamo alle questioni che questi temi hanno suscitato e implicano ci sembra di poter concludere che la Teologia pastorale a 50 anni dal Vaticano II abbia dovuto affrontare i problemi interni al giudizio pastorale: l’ingresso nella riflessione 38 F.-V. ANTHONY, «Teologia: pratica, speculativa e spirituale. Verso un’epistemologia più raffinata», in Salesianum 65 (2003) 741-755; K. DEMASURE, L’Épistémologie et la Théologie Pratique: Le paradigme herméneutique, in L. SANTEDI KINKUPU – M. MALU NYIMI, Épistémologie et théologie: les enjeux du dialogue foi-science-éthique pour l’avenir de l’humanité: Mélanges en honneur de Tharcisse Tshibangu Tshishiku pour ses 70 ans d’âge et ses 35 ans d’épiscopat, Facultés catholiques de Kinshasa, Kinshasa 2006, 531-548; M. MIDALI, Teologia pratica 5. Per un’attuale configurazione scientifica, cap. 2; F. ZACCARIA, Per una teologia in ascolto. Una proposta teologico-pratica per l’oggi ecclesiale, in ASSOCIAZIONE ITALIANA CATECHETI – C. CACCIATO INSILLA (a cura di), Catechetica in ascolto, Elledici, Torino 2016, 86100; il cap. V, “L’orizzonte ermeneutico”, A. MASTANTUONO, «Una pastorale in conversione», in Orientamenti Pastorali 52 (2014) 21-37. 39 C.M. GALLI, Dio vive in città. Verso una nuova pastorale urbana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014; A. MASTANTUONO, Una pastorale in conversione, «Orientamenti Pastorali», 52 (2014) 21-37; L. MEDDI, «La conversione missionaria della pastorale. Contributo per la receptio di “Evangelii gaudium”», in Urbaniana University Journal 68 (2015) 117-119. 100 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte della categoria “storia” come compito trasformativo (la salvezza nella storia; il ruolo del contesto e la ridefinizione delle azioni-risorse pastorali); il passaggio dal solo utilizzo e quasi identificazione con il linguaggio teologico, alla necessità di riferirsi al linguaggio religioso per ridefinire l’esperienza cristiana dentro l’esperienza religiosa delle persone (nodo dell’oggetto di indagine); la necessità di elaborare un metodo che tenga unite le dimensioni proprie dell’esperienza cristiana, dell’esperienza religiosa e dell’agire pratico in un contesto (nodo del rapporto teoria-prassi); la necessità di un sapere trans-disciplinare, ma anche la sua difficoltà di gestione. Queste e altre riflessioni si sono rincorse in tutte le stagioni del post-concilio. A volte con scelte semplificate, a volte riduttive, a volte troppo sbilanciate. Di fronte a questa evidente disfasia, una parola sembra ultimamente apparire come via di sintesi: la prospettiva ermeneutica come cuore del giudizio pastorale. 3. Sull’epistemologia della Teologia pratica «L’epistemologia è un dominio un po’ dimenticato nella Teologia pratica, a differenza della metodologia»40. Questo comporta che la TP ha bisogno di molteplici approfondimenti. Il nodo di questa indagine riguarda la natura teologica della prassi (o cultura). Già a partire dalla riflessione precedente il Concilio (Anton Graf e Franz Xaver Arnold41) si è detto che la natura propria dell’agire della Chiesa è teandrica. L’espressione ricorre in modi differenti ma sempre indica che la TP non si possa ridurre a una sociologia pastorale (o psicologia o antropologia pastorale). Paradossalmente, infatti, la dimensione meno studiata è proprio quella teologica. Tuttavia non si identifichi immediatamente l’indagine teologica con i trattati sistematici. È forse più utile far dialogare i problemi fondativi della TP con la missiologia che, appunto, indaga la pratica salvifica come compito della Chiesa. 3.1. Una rivisitazione missiologica della Teologia pratica La prospettiva42 che si apre è la necessità della riconsiderazione del “compito pastorale”. La Chiesa per svolgere la sua missione utilizza comunità, scrittura, celebraA. JOIN-LAMBERT, La théologie pratique au défi de son épistémologie, 39. F.X. ARNOLD, Storia moderna della teologia pastorale. Il principio del divino-umano e il cammino storico della teologia pastorale, Città Nuova, Roma 1970 [1965]; tutta la Parte prima. 42 Riflessione già offerta in Riflessione già offerta in L. MEDDI, «La pratica dei segni dei\per i tempi, cuore della pastorale missionaria?», in Catechesi 86 (2017) 2, 15-32. 40 41 101 LUCIANO MEDDI zione e testimonianza ma queste non sono i compiti; sono le vie. I compiti sono dedotti dall’analisi o discernimento pastorale. Ma come avviene questa analisi e come si decide l’azione pastorale? Ecco la nuova sfida della teologia dell’agire ecclesiale. La sua definizione si dovrebbe impostare a partire dalla riflessione sulla missione trinitaria e implica una riflessione missiologica. Il “compito pastorale”, infatti, non equivale a “dimensione dell’agire ecclesiale”. Esso sta all’incrocio tra i bisogni di salvezza di un contesto e la comprensione dei mezzi salvifici dell’agire di Dio nel medesimo. Dalla documentazione a cui facevamo cenno emerge che difficilmente nel campo semantico TPR appare il vocabolario missiologico; solo recentemente, e in modo molto incerto, anche la TP ha ritenuto che la riflessione missiologica si riferisca solo alle missioni nei paesi di recente costituzione ecclesiale43. Questo ha comportato la mancanza di approfondimento autentico della parola chiave del compito pastorale: la missione ecclesiale44. Siamo convinti che molti nodi della Teologia pratica si possano risolvere nel dialogo disciplinare intra-ecclesiale tra Pastorale e Missiologia. Una fruttuosa interazione apporterebbe alla questione fondativa della TP alcune acquisizioni teologiche e antropologiche45. Anche l’espressione “conversione missionaria” è incerta e ambigua, segno di come la Chiesa stia continuamente rielaborando la sua prospettiva. In questi anni abbiamo avuto diversi modelli di questo ripensamento pastorale. Missionario significa di volta in volta: evangelico, umanizzante, testimoniale, secolare, religioso, neo-evangelizzante, propositivo, apologetico, iniziatico, catecumenale. È evidente che non sempre queste espressioni sono in sintonia, cioè in intima correlazione tra loro. È anche evidente che ogni interpretazione contiene al suo interno una diversa prospettiva di Teologia pratica e pastorale. Un segno di questo pluralismo pastorale si vede facilmente dei diversi stili di annuncio e formazione cristiana propri dei movimenti e associazioni, ma anche dei vescovi e parroci. Ciò che è soluzione per alcuni, è problema per altri46. E tutti si propongono come prospettiva missionaria. L. MEDDI, Rinnovamento pastorale, 183-198. Certamente ci sono stati tentativi della teologia sistematica, ma francamente molto incerti. Cfr. S. DIANICH, Chiesa in missione. Per una ecclesiologia dinamica, EP, Cinisello Balsamo 1985. 45 Cfr. K. RAHNER, Missiologia come elemento intrinseco della teologia pastorale, in K. RAHNER – U. RANKE HEINEMANN – K. LEHMANN – A. BÖHM, La Chiesa nella situazione d’oggi, Herder-Morcelliana, Roma-Brescia 1969, 47-94: 51-54. 46 Dobbiamo purtroppo riferirci alle difficoltà umane e sociali che stiamo vivendo in conseguenza della esplosione dell’epidemia COVID-19 e alle pastorali che ha generato; una classificazione è rintracciabile in www.finesettimana.org (categoria coronavirus) e, più limitata, in AA. VV., «Dibattito sul comunicato CEI», in SettimanaNews 28.04.2020. 43 44 102 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte Il dibattito su cosa intendere per “missione” e “missionario” è riesploso a partire dalla seconda partenza missionaria (dopo la seconda metà del XIX secolo) sia in campo riformato che cattolico47. Abbiamo avuto un’evoluzione sia degli scopi che dei soggetti e dei mezzi della missione. Anche su questo tema il Vaticano II ha provato a offrire una sintesi. Il Vaticano II48 ha avuto una significativa evoluzione della teologia missionaria rintracciabile in alcuni luoghi decisivi: SC 6; LG 13-17 e NA 2; DV 2; GS 4.11 e tutto il capitolo IV della Prima Parte (“La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”). Si tratta di una progressione o allargamento notevole del concetto di missione. Nella prima fase del Concilio, missione coincide con il tradizionale compito di assicurare a tutti i popoli il dono della grazia attraverso i sacramenti (SC 6). In una seconda fase, LG riconosce che parte del processo salvifico è già diffuso nel mondo, per cui la missione diviene anche dialogo e ricapitolazione della volontà salvifica di Dio. Verso la terza parte del Concilio si fanno strada altri due approfondimenti di teologia missionaria. Con Dei verbum si comprende che il processo salvifico è in primo luogo processo rivelativo e comunicativo attraverso cui Dio ci ammette alla comunione con sé (DV 2). Finalmente con GS si riconosce che lo scopo della missione non è solo la trasformazione del cuore dell’uomo (superando così la sola prospettiva amartiologica di molta missione e pastorale post-tridentina), ma anche la sua piena umanizzazione. Inoltre GS mette in chiaro che il mondo non è solo destinatario della missione ecclesiale, ma collaboratore della volontà salvifica di Dio (Parte I, cap. IV)49. Questi passaggi vengono riassunti, in qualche modo, in AG che aggiunge la rinnovata prospettiva della missione dello Spirito nel mondo50. J.-A. BARREDA, Missionologia. Studio introduttivo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003. Si veda la pastorale missionaria proposta nel famoso congresso di Edimburgo (1910): L. MEDDI, «Il secondo soffio. Il coraggio dei discepoli e le provocazioni della storia», in Euntes Docete 63 (2010) 235-256. 48 Abbiamo diversi autori che hanno ricostruito questo dibattito: J. SCHÜTTE (a cura di), Il destino delle missioni. Il successo o il fallimento delle missioni dipende dal loro radicale ripensamento, HerderMorcelliana, Roma-Brescia 1969; J. MASSON, L’attività missionaria della Chiesa; M. ANTONELLI, “Ad gentes”. Introduzione e commento, in S. NOCETI-R. REPOLE (a cura di), Commentario ai documenti del Vaticano II, vol. VI, “Ad gentes”. “Nostra aetate”. “Dignitatis humanae”, EDB, Bologna 2018, 11-479. 49 Cfr. G. COLZANI, «Nuove prospettive per una teologia della missione», in Ad Gentes 16 (2012) 25-41. 50 Ci sembra questa la novità fondamentale da recuperare nella definizione teologica dell’agire ecclesiale. Lo segnalò già Y. CONGAR, Les principes doctrinaux, in J. SCHÜTTE (dir.), L’activité missionnaire de l’Église. Décret «Ad gentes», Les éditions du Cerf, Paris 1967, 185-221; si veda anche G. CANOBBIO, «Lo “Spirito” soffia dove vuole”. Dove opera lo Spirito?», in La vita nello Spirito. Quaderni teologici del Seminario di Brescia, Morcelliana, Brescia 2012, 113-154. 47 103 LUCIANO MEDDI Da questi luoghi ricaviamo alcune direzioni decisive. L’agire ecclesiale (mission) si comprende dentro l’agire storico-salvifico della Trinità: la missio Dei. Questa ha come scopo l’umanizzazione piena intesa come salvezza integrale e come guarigione del cuore umano. Come sottolinea NA 2 è un dinamismo che appartiene alla creazione e si completa nella redenzione; ma soprattutto è interiore e coestensivo alla dimensione spirituale dell’umanità. È facile vedere che il dialogo tra Missiologia e Teologia pastorale fa difficoltà su due punti. In primo luogo la specificità del compito pastorale: assicurare i beni della salvezza o collaborare alla umanizzazione del cosmo? Al centro di questa ampia discussione troviamo il ruolo del mistero pasquale che parte della Chiesa sente in pericolo ogni volta che si parli di “dialogo salvifico”51. Questo dibattito si risolve o nella difesa della prospettiva tridentina di salvezza o nella evoluzione del concetto di salvezza. Se si osserva bene, il cuore della crisi pastorale concreta e della sua riflessione sistematica deriva proprio da questo aspetto52. Un secondo punto di crisi emerge dal dialogo interdisciplinare tra Teologia pastorale e Missiologia: il ruolo della chiesa. L’evoluzione del modello di chiesa è molto conosciuto e presente sia nel dibattito che nella pratica pastorale. Molti parroci ricordano i tentativi di nuova disposizione dei banchi delle aule liturgiche subito dopo il Vaticano II53. Al di là degli aspetti architettonici la questione ecclesiologica si pone in questi termini: il compito missionario della Chiesa è amministrare o attivare e ricapitolare il percorso della grazia nel mondo? La prospettiva pneumatica, che riequilibria l’ecclesiocentrismo di molta pratica pastorale, propria della missiologia, ci sembra aiuti la soluzione di alcuni nodi. Contrariamente a quanto è stato divulgato, l’importante documento della CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dominus Jesus. Circa la unicità e l’universalità di Gesù Cristo e della Chiesa, 06.08.2000, è più disponibile di quanto si pensi; cfr. cap. II, “Il Logos incarnato e lo Spirito Santo nell’opera di salvezza”, n. 12 (forse ispirandosi a Y. CONGAR, Lo Spirito Santo nel Cosmo, in ID., La Parola e il soffio, Borla [Cerf], Roma [Paris] 1985 [1984], 151-159). 52 Una qualche soluzione è stata indicata da GS 22: «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo [...] E ciò vale non solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia». 53 Oggi accanto al tradizionale modello a croce latina si afferma sempre più il modello semi-circolare o meglio a canali o a spicchi (una nuova elaborazione della piramide ecclesiocentrica?) convergenti verso l’altare e sede del ministero ordinato. 51 104 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte 3.2. Teologia pratica e Teologia pastorale È vero che le due espressioni manifestano due dimensioni, differenti anche se interagenti, del medesimo “agire ecclesiale”, ma non si deve esagerare nel tentativo di separare le due discipline. Come ultimamente ricordato dagli autori esse hanno come oggetto/compito specifico l’agire della Chiesa. Espressione che racchiude in sé le due riflessioni. Tuttavia questa qualificazione ha bisogno di una distinzione ulteriore. La Teologia pratica è un insieme di scienze che indagano l’agire della Chiesa; un agire che avviene attraverso diverse azioni e discipline. Lo scopo della TPR è allora quello di comprendere il praticare della Chiesa. Essendo questo il suo compito/oggetto sembra che la sua natura sia descrivibile da un intreccio di riflessioni54. In ultima analisi la sua natura è processuale e si centra sull’analisi e i dinamismi propri dell’azione. La sua natura è ermeneutica perché deve rapportarsi con il divenire della storia della salvezza nella storia del mondo. È di natura trasformativa perché ha come scopo la prassi ovvero la trasformazione della realtà. È di natura culturale perché si esprime come orizzonte di senso per la vita quotidiana. La Teologia pastorale, invece, è una disciplina che ha come compito di organizzare l’agire della Chiesa: le sue pratiche. Trova i suoi fondamenti nei principi della TPR ma possiede una dimensione scientifica propria in quanto l’organizzazione o management è anch’esso un giudizio pratico e quindi ermeneutico. La TP affronta temi legati ai soggetti, alle dimensioni, all’articolazione temporale, alla selezione delle risorse proprie dell’organizzazione. La TPR sarebbe la riflessione di base di un gruppo di discipline tra cui la Pastorale. Ambedue soffrono di una non chiara distinzione con le altre scienze o discipline teologiche: la TP spesso sconfina (dimenticandosi che il suo oggetto/compito specifico è il management) e le altre discipline spesso si assumono il diritto di determinare l’agire/azione in nome della definizione sistematica del sapere. In modo particolare si deve riflettere se la TP nel suo insieme sia abilitata a definire la mission della Chiesa nel tempo. L’indagine di quali siano le scelte e gli orientamenti più adatti in un contesto e in un tempo per il compito missionario della Chiesa (AG 6) appartiene forse alla Missiologia in interazione sia con le discipline della Teologia sistematica (soprattutto la Teologia fondamentale e la Ecclesiologia), sia con le discipline pratiche che hanno il compito di studiare la mediazione operativa delle scelte ecclesiali. Ovviamente nella circolarità del processo ermeneutico queste ultime offrono alle prime indicatori validi per la definizione della mission in un tempo e contesto. B. KAEMPF, Conceptions et enjeux de la théologie pratique: Entre aiguilles, aiguillages et aiguillons, in E. PARMENTIER (dir.), La théologie pratique. Analyses et prospectives, 11-34 (qui terza parte). 54 105 LUCIANO MEDDI 3.3. La questione epistemologica come pratica di trans-disciplinarietà Si legge in GS 44 (nel capitolo IV dedicato alla “Missione della Chiesa nel mondo contemporaneo”) che la comunità ecclesiale deve «ascoltare attentamente, discernere e interpretare i vari linguaggi del nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della parola di Dio, perché la verità rivelata sia capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta». Questo invito aiuta a dare risposta alla configurazione epistemologica della Teologia pratica. Spesso gli autori trattano questo tema come indagine sul rapporto teoriaprassi, come visto. Tralasciando coloro che escludono un rapporto significativo tra natura teologica della Teologia pastorale e scienze umane, molte riflessioni lo dichiarano necessario e ne indicano il modello come relazione inter/trans disciplinare. A volte non si trova un’adeguata figura di questa relazione, e soprattutto un’adeguata fondazione teologica, ma oggi il magistero l’ha fatta sua55. Trans-disciplinarietà significa reciproca interazione su un oggetto di indagine comune56 che in questo modo ne delimita il campo. Chi propone la trans-disciplinarietà della TPR deve chiarire quali siano gli oggetti e il campo di analisi. Essa infatti ha bisogno di comprendere e servire il mysterium salutis in un tempo e in un contesto anche con la parte di processo salvifico che la Trinità innesta nella storia accanto alla missione della Chiesa. Non può rimanere nell’ambito della sociologia pastorale. 3.4. La natura teologica della riflessione pratica A partire dalla prospettiva trans-disciplinare di campo di indagine, la TPR deve attingere alla teologia nelle sue diverse discipline per capire lo specifico cristiano dell’agire trasformativo. Questa evidente affermazione ha sofferto e continua a soffrire, tuttavia, del pericolo di autoreferenzialità o deduttivismo teologico. Una prospettiva molto più presente di quanto possa apparire. Il deduttivismo si manifesta in due modalità. Nella prima, la più evidente, si pretende di ricondurre la pluralità propria della storia a un’universalità salvifica ad essa estranea, per la quale, inevitabilmente, si rende necessaria la distinzione tra naturale e soprannaturale. Conclusione che identifica la salvezza nel solo processo sacramentale. Nella seconda modalità, meno evidente ma FRANCESCO, Costituzione apostolica Veritatis gaudium, 29.01.2018, Proemio 4c. Cfr. L. PANDOLFI, L’alterità culturale e disciplinare. Frontiere e periferie delle Scienze Religiose, in ISTITUTO DI CATECHESI E SPIRITUALITÀ MISSIONARIA – T. LONGHITANO (a cura di), Gesù è/e l’altro, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2015, 17-46; cfr. il paragrafo: “Cosa intendiamo per multidisciplinarietà, interdisciplinarietà e transdisciplinarietà?”, 25-29. 55 56 106 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte più problematica perchè più complessa, il deduttivismo si presenta nella non accettazione della storicità del processo rivelativo. In questa seconda modalità l’agire della Chiesa entra in una spossante discussione su ciò che si deve prendere e cosa lasciare della cultura umana e del dialogo interreligioso. Ci sembra di poter affermare che questo dibattito si sia manifestato ampliamente nella stagione neo-apologetica propria della “Nuova Evangelizzazione” tesa a riaffermare la specificità (autenticità) dell’identità cristiana limitando continuamente il senso dell’evento e lo stesso testo del Vaticano II. Ma è anche il limite nascosto del modello delle sfide missionarie proprio della interpretazione riduttiva della prospettiva vedere-giudicareagire; riduttiva rispetto alla teologia missionaria della riflessione della Mission de France. Al cuore di tale dibattito si pone la questione della mission della missione ecclesiale e il ruolo missionario del mistero pasquale, come abbiamo indicato in precedenza. In molte riflessioni si è tentato di individuare il principio generativo del rapporto teologia-prassi nel principio di incarnazione. Abbiamo qualche dubbio su questa impostazione decisamente cristocentrica perché riporta il processo salvifico a quello pasquale; soprattutto quando il mistero dell’incarnazione nella interpretazione comune viene inteso come introduzione al mistero redentivo. Per uscire da questa impasse ci sembra che la riflessione debba recuperare la prospettiva dell’auto-comunicazione divina come auto-comunicazione della Grazia. Si tratta infatti di studiare (sistematicamente) come avviene il mysterium salutis sia nel versante della comunicazione trinitaria, sia nel versante dell’accoglienza umana, sia nel versante della mediazione ecclesiale. È questo il significato proprio della pastoralità della teologia tutta. L’umanità e la storia non sono solo destinatari dell’agire salvifico ma ne sono anche agenti. A tale proposito si deve riconsiderare la distinzione tra l’agire trinitario e quello ecclesiale nella prospettiva non della unicità sacramentale della Chiesa, ma della ricapitolazione in Cristo di ogni processo di salvezza attraverso la Chiesa. Facendo forza sull’importante GS 22, si dovrebbe collegare la TPR con il dinamismo ricapitolativo dello stesso mistero pasquale. Principio teologico molto vicino alla teologia dell’apokatastasis della tradizione cristiana orientale ma presente in molte culture e tradizioni religiose57. L’agire della Trinità nel mondo è più ampio dell’agire della Chiesa. In altri termini, si deve riordinare la teologia delle processioni trinitarie (si veda il passaggio da LG 2-4 a AG 2-4). 57 Con il termine apocatastasi sottolineiamo l’intuizione teologica per la quale appartiene alla volontà divina la salvezza universale intesa come il dono di ricreare l’immagine di Cristo per mezzo dello Spirito (cfr. At 3,21). Non ci riferiamo all’eventuale dottrina del superamento del giudizio finale e dell’inferno eterno, sempre molto contestata dalla Chiesa. 107 LUCIANO MEDDI 3.5. La natura antropologica della riflessione pratica Essendo teandrica, la TPR deve studiare anche i processi culturali che per loro natura sono trasformativi e quindi salvifici (cfr. GS 58; NA 2; LG 13-17). Da una parte questo significa connettere in modo profondo la rivelazione cristiana e i suoi saperi con le scienze della prassi. La natura della prassi è nel rapporto tra finalità, soggettività e risorse in un campo-tempo. Diversi autori si sono dedicati a questa riflessione in campo teologico. Circa l’analisi della finalità della prassi si deve ricordare che non è legata tanto o non solo alla suddivisione di un valore deducibile dalla rivelazione cristiana o da una filosofia. A tale proposito la riflessione teologica dovrà interrogarsi se il cristianesimo trasmetta una salvezza in senso oggettivo e universale oppure se il cristianesimo possiede una verità da intendersi come processo e dinamismo salvifico. In questa seconda prospettiva la materia del processo pastorale non può che essere umana. Chenu affermava la necessità di far dialogare rivelazione e storia. Ma neppure può essere dedotta (la finalità della prassi ecclesiale) da una semplice lettura sociologica58. Questo ci sembra il limite della prospettiva empirica della TP. Cosa deve analizzare e comprendere la TP con le scienze sociali? L’analisi va legata soprattutto al bisogno di salvezza (è quindi una lettura teologica) avvertito (qui interviene la ricerca empirica!) da una persona o gruppo umano. Il Vaticano II ha parlato a tale proposito di «aspirazioni» (GS 4; 6; 8; 9; 10; 11; AG 7; 8; 12; 15). Abbiamo già avvertito che la lettura teologica non può essere intesa in senso deduttivo. Per essere più chiari: la questione pastorale non può essere impostata sul dato sociologico di quanti partecipano ai sacramenti; ma sul dato sociologico di quanti avvertono la plurale manifestazione sacramentale di Dio nella vita. Il bisogno salvifico è questo secondo. Questioni simili sono presenti negli altri due elementi propri della prassi. La riconsiderazione del soggetto e della sua libertà è nota nella riflessione moderna e post-moderna. La finalità della prassi è fortemente legata alla decisione del soggetto di dare vita alla trasformazione. L’agire è quindi fortemente soggettuale. Questo significa che la TP deve dialogare con le scienze che abilitano la persona a decidere e attuare la propria prassi. Abilitare non può mai significare controllare. Non si pensi che teologicamente questo comporti una qualche subdola forma di gnosticismo. Da sempre la pratica ecclesiale prevede sia il momento iniziatico che quello mistagogico59. Una cosa infatti Cfr. F. ZACCARIA, Per una teologia in ascolto. F. CACUCCI, Verso una pastorale mistagogica in parrocchia, in S. FARÌ – C. MATARAZZO (a cura di), Per una parrocchia generativa. Prospettive e riflessioni da più punti di vista, CLV-Edizioni Vincenziane, Roma 2020, 107-114. 58 59 108 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte è l’affermazione che non c’è salvezza senza la grazia, altro è affermare che essa sia del tutto esterna alla persona. Tommaso aveva già risolto questa questione con la formula potentia oboedentialis 60. 4. Giudizio pastorale: discernimento e Teologia dei Segni dei/per i Tempi Più volte abbiamo notato che per risolvere l’impasse del rapporto teoria-prassi nel giudizio pastorale sempre più si parla giustamente di questione ermeneutica. È qui, tuttavia, che si annidano gli equivoci pastorali più recenti. Per sciogliere queste ambiguità è necessario riprende l’autentica teologia dei segni dei tempi. Molti dei nodi epistemologici (il rapporto teologia-antropologia) si manifestano pienamente quando si prova a definire il “protocollo” dell’agire ecclesiale, ovvero la descrizione dei passaggi formali dell’azione. Gli autori concordano nella necessità di superare il modello anni ’40 della JOC (Jeunesse Ouvrière Chretienne), vederegiudicare-agire, per la insufficienza interpretativa e le semplificazioni delle scelte. Ma l’accordo presto finisce quando si va oltre. Rahner si era concentrato sull’ipotesi metodologica centrata sull’analisi e realizzazione degli imperativi pastorali. Rahner stesso ha trovato difficoltà a individuare i principi necessari a definire gli imperativi61. Il nodo continuamente indicato come centrale nella configurazione disciplinare risulta essere il rapporto teoria-prassi62. A nostro avviso tale questione non è solo metodologica. La ripetuta insoddisfazione dei teologi e degli operatori verso le diverse soluzioni date rimandano alla questione fondamentale: come si esercita il giudizio o discernimento pastorale? Proviamo a evidenziare alcuni passaggi e dare alcune risposte in ultima analisi ancorate nell’attuale Teologia della missione. Abbiamo ricordato la proposta di Zulehner 63 ma anche la rilettura fatta da Midali64; e questo significa che il problema appare quando si pratichi la pratica! 60 C. MOLARI, La salvezza cristiana nella moderna teologia cattolica, in ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, La salvezza cristiana, Cittadella, Assisi 1975, 35-118: 78. 61 K. RAHNER, Principi e imperativi. 62 S. LANZA, Introduzione alla teologia pastorale, vol. I; M. MIDALI, Teoria/prassi, in M. MIDALI – R. TONELLI (a cura di), Dizionario di Pastorale Giovanile, 1101-1112; ambedue collegati al tedesco Norman Mette. 63 P.M. ZULEHNER, Teologia pastorale, vol. I, Pastorale fondamentale: la Chiesa fra compito e attesa. 64 L’autore l’ha esposta in diversi luoghi; cito qui M. MIDALI, Il metodo della teologia pastorale, in F. MARINELLI (a cura di), La teologia pastorale. Natura e compiti, 143-157. 109 LUCIANO MEDDI Riteniamo che al di là delle osservazioni formali, si debba riconoscere che nell’elaborazione dei diversi passaggi (analisi, valutazione, indicazioni pratiche) non si rispetta esattamente la dimensione teologica della natura teandrica dell’agire ecclesiale. Cosa sia kairos (cioè situazione a cui dare una risposta) e quali siano i giudizi pastorali da utilizzare (la fase criteriologica) è sempre legato all’analisi di sociologia religiosa. Il cosa cercare e il come valutarlo certamente hanno necessità di strumenti e saperi antropologici, ma si riferiscono al desiderio salvifico della Trinità e non al desiderio della singola persona o della stessa comunità ecclesiale. Questo riguarda anche la fase progettuale o strategica. A nostro avviso per dare soluzione, almeno parziale, alle questioni ricordate, sarà sempre più importante ricostruire la receptio della teologia dei segni dei tempi già all’interno del Vaticano II65. Da questa analisi si traggono due osservazioni. Vaticano II offre due interpretazioni di segni dei tempi: in GS 4 e GS 11. La prima, di stampo socio-culturale, è tesa a comprendere i fenomeni del tempo in cui si trova ad agire la Chiesa. La seconda, di natura teologica, esplicita che nei fenomeni il compito ecclesiale (qui chiaramente affermato e ripreso in GS 44) consiste nell’individuare e sostenere pastoralmente le diverse forme della presenza di Dio nella storia. Perché non si cada nell’arbitrarietà ecclesiale o nel sociologismo pastorale, oggi molto presenti, si deve considerare che lo sguardo pastorale, per sua natura teandrico, mette insieme la dimensione dei bisogni umani (aspirazioni) con quella del mysterium salutis, cioè delle presenze salvifiche. Il giudizio pastorale, infatti, discende dalla decisione che deriva dall’insieme di GS 4 e GS 11 attraverso GS 44! La piena riconsiderazione della doppia natura (sociologica e pneumatica) dei segni dei tempi come segni per i tempi aiuta lo scioglimento dei diversi nodi propri sia della TPR che della TP in modo particolare il momento del giudizio pastorale 66. L’analisi delle presenze salvifiche di Dio-Trinità nella storia permette infatti di chiarire l’intero processo della TP. Essa si occupa dei fenomeni sociali in quanto difettano dei dinamismi salvifici; analizza quindi i bisogni salvifici di un contesto o campo di pratica. In questa fase le scienze dell’interpretazione sociale prestano i loro metodi e L. MEDDI, «La pratica dei segni dei/per i tempi, cuore della pastorale missionaria?»; cfr. l’importante contributo di G. RUGGIERI, La teologia dei “segni dei tempi”: acquisizioni e compiti, in ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA – G. CANOBBIO (a cura di), Teologia e storia: l’eredità del’ 900, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 33-77. 66 Si deve ricordare infatti che il magistero utilizza moltissimo la riflessione di GS 4 per comprendere le sfide pastorali, ma mai GS 11 per indicarne le soluzioni che, quindi, nascono da altra impostazione teologica e questo perché, come abbiamo visto, evidentemente relativizza l’impianto pastorale derivato dal mistero pasquale proprio di SC 6. 65 110 Il compito della teologia pastorale dal Vaticano II ad oggi. Questioni aperte la teologia la descrizione dei bisogni salvifici. È questa la fase dell’analisi o momento “kairologico”. Fase di analisi salvifica e non solo sociologica; fase che avviene, come ricorda GS 4, con l’uso degli strumenti sociali e più in generale antropologici. Nella fase del discernimento (il giudicare o fase criteriologica o progettuale) il compito specifico della TPR è individuare i segni per i tempi, ovvero gli strumenti salvifici che Dio-Trinità sta già ponendo in essere. In questo modo si chiarisce anche quale sia il significato della mediazione salvifica della Chiesa, che ha il compito di ricapitolare tutto in Cristo, come suggerisce GS 11. È questa la natura del discernimento pastorale. In questa fase prevale l’epistemologia teologica, che con il suo metodo rilegge i contenuti sociologici e culturali; ma sempre nell’intreccio dei linguaggi. Anche la fase progettuale o strategica acquista una migliore chiarezza di realizzazione pratica: compiti, azioni, dimensioni, risorse, agenti e attività. In questa fase saranno di nuovo le metodologie antropologiche a offrire strumenti per dare ordine alla gestione pastorale. Non solo come applicazione, ma anche come analisi delle condizioni pratiche dell’azione stessa; in modo che non si cada di nuovo nell’applicazione giuridica o nel decisionismo sociologico. 111 LUCIANO MEDDI ABSTRACT La Teologia pastorale o pratica è in continua evoluzione e ricomprensione di sé stessa. In questa nostra riflessione ci limitiamo ad alcuni passaggi della presentazione e valutazione di tale evoluzione nei diversi post-concilio vaticano II. In primo luogo offriamo una prospettiva che chiarisca il valore del termine pastorale (I); in secondo luogo proviamo a delineare una possibile mappa della ricerca pastorale nei primi due post-concilio (II); di seguito proviamo ad individuare possibili risposte alle istanze epistemologiche emerse dalla analisi bibliografica (III), per contribuire, in conclusione, alla difficile questione del giudizio pastorale, questione centrale del compito pastorale (IV). Il limite maggiore che abbiamo trovato nella recensione bibliografia sembra essere l’incertezza teorica della decisione pastorale che, a nostro avviso, deve radicarsi sulla piena assunzione – teologica e antropologica – della formula conciliare segni dei/per i tempi (cfr. GS 4.11.44). *** Pastoral or Practical Theology is constantly evolving and re-understanding itself. In our reflection we limit the investigation to a few passages of the presentation and evaluation of this evolution in the various post-Vatican II. In the first place we offer a perspective that clarifies the value of the term pastoral (I); secondly, we try to outline a possible map of pastoral research in the post-council (II); below we try to identify possible responses to the epistemological demands that emerged from the bibliographic analysis (III), to contribute, in conclusion, to the difficult question of pastoral judgment, a central question of the pastoral task (IV). The major limitation we have found in the bibliography review seems to be the theoretical uncertainty of the pastoral decision which, in our opinion, must be rooted in the full assumption – theological and anthropological – of the conciliar formula signs of / for the times (cfr. GS 4.11.44). KEYWORDS Teologia pastorale / Teologia pratica / Vaticano II: receptio / Trans-disciplinarietà / segni dei tempi Pastoral theology / Practical theology / Vatican II: receptio / Trans-disciplinarity / Signs of the times 112