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'L' artista ringrazia. Genealogie: le fonti artistiche e letterarie di Giulio Paolini' Giornata di studio dedicata a Giulio Paolini, 9 -10 June 2022. Teatro Niccolini and Museo Novecento, Florence.
in Eredità e attualità del Settecento. Idee, forme, valori, a cura di Daniela Gallingani e Riccardo Campi, Bologna, Bononia University Press, 2017, pp. 57-69.
Winckelmann e l’invenzione della nuova "scienza" della storia dell’arteIl volume ripercorre le vicende di Wilhelm Reinhold Valentiner (1880-1958), storico dell’arte tedesco formatosi nella Germania di inizio Novecento, dal 1908 a capo di una sezione del Metropolitan Museum di New York. A partire da quel cruciale momento, si ricostruiscono gli anni che Valentiner trascorse nella Germania di Weimar (1914-1921) dove, a Berlino, fu al fianco degli artisti espressionisti, per seguire poi i primi anni in cui lo studioso diresse il Detroit Institute of Arts. Attraverso queste pagine, oltre alla vicenda di Valentiner, si propone anche una ricostruzione del dialogo tra due culture (quella europea e quella statunitense) attorno al tema del valore del museo e sui metodi della Storia dell’arte in quella irripetibile stagione culturale che ancora ci influenza.
in Arte e cultura fra classicismo e lumi. Omaggio a Winckelmann, a cura di Isabella Carla Rachele Balestreri e Laura Facchin, Milano, Jaca Book, 2018, pp. 141-159.
Il contributo di Winckelmann alla nascita della moderna storia dell’arteWINCKELMANN E L’ARCHEOLOGIA A NAPOLI, Atti dell’incontro di studi - Università degli studi di Napoli l’Orientale, I marzo 2017, a cura di E. Morlicchio e I. Bragantini
“Alla ricerca dell’arte greca: Winckelmann e la continuità dell’antico”2019 •
2018 •
In occasione della mostra sulla "Civiltà del Settecento a Napoli " (1980), Francis Haskell definì il volume dedicato alla collezione dell’ambasciatore inglese William Hamilton, "Les Antiquités étrusques, grecques et romaines" (1766-’67), come il libro più elegante del XVIII secolo. Un così formidabile indicatore di gusto, legato alle rotte del Grand Tour alimentate dai flussi artistici e antiquari che dal meridione convergevano verso Napoli e da lì si aprivano all’Europa, trovò spazio anche nella raccolta libraria della famiglia Jatta ospitata, insieme a una bella quadreria densa di suggestioni seicentesche romane e napoletane, nell’omonimo palazzo a Ruvo di Puglia. La dimora, ora in parte sede del Museo Archeologico Nazionale Jatta, rappresentò sin dagli inizi dell’Ottocento un crocevia di interessi legati all’antico e alla cultura classica, in parallelo alle analoghe esperienze dei Meo-Evoli a Monopoli e dei Bonelli a Barletta (il cui archivio è confluito nel fondo privato Jatta), i secondi originari di Alessandria e imparentati con quei Ghislieri di Bologna artefici, nel 1567 e per iniziativa di Pio V, di una fondazione culturale di primo piano come l’omonimo Collegio di Pavia. I ‘musei’ di queste famiglie —perché come tali risultano concepiti dai loro fondatori-collezionisti anche negli spazi—, furono ispirati da una forma di ‘paternalismo illuminato’ che, nel largo e ancora insondato orizzonte della Puglia storica, già nel secondo Settecento creò le condizioni per il passaggio a una dimensione larga di pubblica fruizione, peraltro da mettere anche a registro rispetto alla giurisprudenza in materia di ‘beni culturali’ della Napoli ferdinandea. A monte di una simile scelta, infatti, si pongono personalità come Michele IV Imperiale (1719-1782) principe di Francavilla e di Oria (cioè il centro che diede i natali a Francesco Milizia nel 1725), cui affiancare l’arcivescovo di Taranto Giuseppe Capecelatro (1744-1836); entrambi ‘pugliesi’ biografati da Benedetto Croce, abitarono in luoghi significanti della Napoli sette-ottocentesca: l’uno, a Palazzo Cellamare; l’altro, presso palazzo Sessa a Cappella Vecchia che già era stato dimora dello stesso Lord Hamilton.
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