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in A. Russo Tagliente - F. Guarneri (eds), Santuari Mediterranei tra Oriente e Occidente. Interazioni e contatti culturali (Roma - Civitavecchia, 18-22 giugno 2014), Roma 2016, pp. 355-358
2017
During the seasons of excavation 2010-2011 carried out by Sapienza University of Rome Expedition to Motya, in the South-Western sector of the Sacred Area of the Kothon, several pits were identified. Two of them have been used for cult activities during the 5th century BC, as attested to by botanical and faunal samples, votive offerings and sacred tools found inside. Such evidence suggests that sacrifices and libations devoted to a divine couple connected to the underground waters, to the fertility and to the cycles of nature, were performed in the sacred area of the Kothon. The main god has been identified with Baal (Poseidon) and his companion can be now identified with Demetra, assimilated to the Phoenician goddess Astarte.
The Sanctuary of Pyrgi was certainly the most important emporia worship on the Etruscan shore. The sacred area was articulated into two main sectors: the monumental Northern sanctuary which appeared to be the expression of the political power and ideology of the main town of Caere; the Southern, significantly smaller, devoted to cults and rituals practices related to Demeter. Especially in the Southern sanctuary, recent excavations have demonstrated the presence of a full complex system of votive deposits, revealing in particular the earliest deposition, which could be referred to the beginning of the 5th century B. C. The «Rho» deposit ritually transposes the funeral of the deity. Together with Demeter, her daughter Kore was celebrated in the worship. Inscriptions and ritual offerings connected with the chthonic underworld may suggest also the presence of Hades as the infernal bridegroom of the female deity.
El Mundo Punico Religion Antropologia Y Cultura Material Actas Ii Congreso Internacional Del Mundo Punico Cartagena 6 9 De Abril De 2000 2004 Isbn 84 8371 504 X Pags 55 68, 2004
... Cicerone scrive che la donna, nel tentativo di sfuggire all'ingiusto sequestro dei suoi beni dichiarò, secondo l'uso che hanno in Sicilia tutti coloro che appartengono a Venere e quelli che si sono affrancati dal santuario, che lei ei suoi beni erano proprietà della ... Sergio Ribichini ...
2019
Nel Museo Civico Archeologico di Sesto Calende, proprio al centro della sala principale, è esposto un ricco corredo funerario risalente al VI secolo a.C., occasionalmente scoperto nel marzo 1977 nella zona Mulini Bellaria a Sesto Calende, a pochi passi dalle sponde del Ticino. La piccola necropoli di cui faceva parte era disposta lungo il terrazzo del fiume e comprendeva sepolture di due fasi distinte, la prima riferibile al periodo che intercorre fra la fine del IX e gli inizi del VIII secolo a.C. (Golasecca I A2) e la seconda all'ultimo quarto del VI fino agli inizi del V secolo a.C. (Golasecca II B) (1). La fase a cui appartiene il corredo in esame è la seconda. Osservando la vetrina in cui sono disposti i reperti, si nota subito la targhetta con la breve spiegazione: "Tomba principesca appartenente a persona di sesso femminile. Pur depredata parzialmente in antico, ha conservato reperti di grande pregio, testimoni degli scambi culturali ed economici della Cultura di Golasecca." Gli oggetti esposti sono quindi solo una parte del corredo originario (2), e comprendono diverse coppe di ceramica, una pregiata fusaiola d'ambra, perle globulari d'ambra, pendenti d'ambra dalla forma antropomorfa stilizzata, un bracciale di legno fossile, un lungo ed elaborato pettorale composto da trenta catenelle terminanti ognuna con un piccolo pendaglio di bronzo a forma di goccia, e alcuni elementi dell'abbigliamento femminile, come fibule e il fermaglio rettangolare di una cintura di cuoio. I reperti più preziosi, oltre che significativi per comprendere a chi appartenesse il corredo, sono tuttavia una situla di bronzo decorata a sbalzo e un bacile di bronzo sorretto da un tripode di ferro con piedini antropomorfi, entrambi legati alla sfera rituale, in particolare il bacile, che era utilizzato per svolgere pratiche divinatorie. Questi due reperti permettono quindi di classificare la donna sepolta come una sacerdotessa, vissuta sulle sponde del Ticino, nei pressi dell'attuale Sesto Calende, durante la metà del VI secolo a.C. Tutti i manufatti del corredo erano stati suoi, e rispecchiano il ruolo, nonché l'aspetto che aveva avuto durante la sua vita. La si può infatti immaginare vestita di un abito lungo e diritto-secondo lo stile dell'epoca-dalla stoffa morbida, fermata in vita da una cintura di cuoio con la fibbia rettangolare. Aveva fibule alle spalle, il collo ornato di pendenti e perle d'ambra, e un vistoso bracciale di legno al braccio. È probabile che il grande pettorale a catenelle non venisse da lei indossato quotidianamente, ma solo durante certi rituali, quando si serviva anche della situla e del prezioso tripode, nel cui bacile si affacciava per divinare, il volto riflesso sulla superficie dell'acqua. Anche la fusaiola doveva avere per lei uno scopo sacro, in quanto fatta interamente d'ambra, a differenza di quelle delle donne comuni, che solitamente erano fatte di ceramica. È quindi possibile che facesse parte anch'essa degli strumenti rituali associati al culto che la donna praticava e rappresentava agli occhi del suo popolo.
Con Il riso di Demetra (1985), Giuseppe Martorana, professore ordinario di Storia delle Religioni presso l'Università degli studi di Palermo, esplo-rava le forme di religiosità al femminile in Sicilia, individuando tracce di continuità e persistenza che dai culti locali anellenici conducevano fino a forme di devozione cristiana. I contributi raccolti in questo volume intendono rendere omaggio alla sua memoria e riprendere criticamente i temi delle sue ricerche, indagando le narrazioni e le modalità di rappresentazione del sacro e del divino che coinvolgono l'elemento femminile, lungo un arco cronologico che dall'età del bronzo giunge all'età contemporanea e attraversa uno spazio geografico che dal Vicino Oriente conduce fino alla Grecia peninsulare e alla Sicilia. Tra le questioni sollevate, vi sono le minacce legate al mondo femminile; la consapevolezza del potenziale di rischio che alle donne è attribuito; l'a-gentività ad esse riconosciuta nello svolgimento dei rituali e nella par-tecipazione agli stessi; il ruolo del femminile nella tradizione narrativa. Ricorrenti sono inoltre i tentativi di ricostruzione degli spazi riservati al femminile, all'interno di culti specifici. Insieme a questi temi si avanzano riflessioni sulle continuità e sulle risemantizzazioni di elementi pertinenti a una religiosità antica al femminile osservabili in pratiche rituali tutt'ora vigenti. Un filo rosso attraversa questi i saggi: il necessario in-quadramento storiografico di categorie e nozioni abusate come quella di "Grande madre", di "religione mediterranea", di "sostrato", insieme a un ripensamento della categoria, fluida e sfuggente, di "sacro". NARRAZIONI E RAPPRESENTAZIONI DEL SACRO FEMMINILE Atti del convegno internazionale di studi in memoria di Giuseppe Martorana a cura di Daniela Bonanno e Ignazio E. Buttitta Narrazioni e rappresentazioni del sacro femminile a cura di Daniela Bonanno e Ignazio E. Buttitta edizioni Museo Pasqualino ISBN 2 9 788897 035756
2014
During the XXXIV season of excavations carried out by Rome «La Sapienza» University Expedition to Motya, a votive deposit (D.4362) lying west of the Temple of Astarte – Temple C4 of the Sacred Area of the Kothon – was brought to light. In addition to several cult objects and offerings, the deposit included a Punic painted juglet (lekythos) which may epitomize once again the complexity of the cultural tendencies ruling the ceramic repertoire of Motya during the 5th century BC.
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Ensayos críticos sobre Psicopedagogía en Latinoamérica, 2018
Indian Journal of Medical Ethics, 2019
Japan Geoscience Union, 2015
Neuropsychiatrie de l'Enfance et de l'Adolescence
Journal of Mathematical Analysis and Applications, 2011