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Salvatore Francesco Lattarulo LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: SUGGESTIONI UNGARETTIANE NELL’OPERA IN VERSI DI GIOVANNI DOTOLI J’aime ta poésie de la terre Giuseppe Ungaretti tu illumines l’immensité tu demandes le pourquoi de la douleur aux héros tes frères de guerre dans un gigantesque acte d’amour tu proclames la fusion de la vie G. Dotoli, Giuseppe Ungaretti, in Dictionnaire des citations de mon cœur. La citazione scelta come esergo di questo intervento getta in apertura una luce significativa sul tema da me scelto. L’argomento che mi propongo qui di trattare è stato affrontato solo di passaggio in un breve saggio di Mariella Sardone1, che ha individuato echi della poesia ungarettiana in Giovanni Dotoli a proposito di due comuni assi cartesiani: il «viaggio» e il «naufragio»2. Per parte mia intendo sviluppare quattro tracce di analisi: 1) la valenza speculare della poetica dell’«illuminazione» e dell’«attimo», motivo centrale e nel primissimo Ungaretti e in buona parte del percorso creativo di Dotoli; 2) le affinità tra l’intuizionismo di Ungaretti e l’intuitismo di Dotoli; 3) il reciproco rapporto a distanza con M. SARDONE, La poesia di Dotoli ha origini in Baudelaire, Keats, Pascoli, Ungaretti, in M. Ardito, G. Dotoli, V. Niti, I colori del poeta, a cura di M. D’Agostino, F. Raguso, Schena, Fasano 2000, pp. 15-21. 2 Ivi, p. 18. 1 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI Guillaume Apollinaire tanto sul versante ideale e sentimentale che su quello espressivo e formale; 4) l’itinerario di Ungaretti in Capitanata, terra natale di Dotoli, inteso in una prospettiva parallela come ritorno alle origini in un luogo edenico, come riappropriazione della memoria materna e, ancora, come ripresa analogica della topica del deserto. 1. Per tenere fede al primo punto prenderò le mosse dal titolo di una delle ultime raccolte in versi di Dotoli. Un lampo l’infinito3 è un sintagma costruito in forma olonominale, cioè per giustapposizione asindetica di due sostantivi legati l’uno all’altro da uno stringente nesso di causa-effetto. L’improvviso bagliore metaforico del fulmine rappresenta in virtù di un moto spontaneo e istintivo dell’animo la premessa per attingere lo spazio dell’illimitato, l’orizzonte dell’incommensurabile. Questa iunctura ellittica consente, attraverso la messa in mora dell’elemento verbale, di piegare la discorsività diluita della lingua d’uso a una dizione serrata e prosciugata che accenta la carica espressiva dei singoli lemmi, potenziando la vis semantica dei significanti. Quella di Dotoli, ha osservato Giuseppe Amoroso, «è parola essenziale, tagliata da una millimetrica scansione, cristallina, depurata da ogni scoria»4. L’atto poetico implica perciò uno scarto rispetto al procedere logico del discorso surrogando il pensiero con il sentimento, supplendo alla razionalità con l’emozione. La rarefazione lessicale in chiave alogica della scrittura lirica è, come ognun sa, la Stimmung del primo Ungaretti. È lo G. DOTOLI, Un lampo l’infinito. 63 Sonetti d’intuizione, Schena, Fasano 2012. 4 G. AMOROSO, Vergine nel cristallo. Sulla poesia di Giovanni Dotoli, in M. G. Adamo, R. M. Palermo Di Stefano (a cura di), Giovanni Dotoli: francesista e poeta bilingue, Atti del Seminario, Messina 20 aprile 2004, Schena, Fasano 2005, p. 35. 3 134 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo stesso autore a fornircene la bussola in un documento autoesegetico di eccezionale valore come le Ragioni di una poesia, premesso alla sua opera omnia in versi, laddove si fa riferimento alla «stretta essenzialità espressiva, tutta ristretta nel vocabolo»5 propria della scrittura degli esordi. La parola rastremata e inaridita immette in una verità vasta e profonda nel breve e fugace giro di un momento. Siamo dinanzi a quella poetica iniziale dell’«attimo» di cui è di nuovo lo stesso autore a darci la spiegazione: Vorrei fare una piccola osservazione, cioè richiamare su un fatto l’attenzione degli ascoltatori: come mi appariva il paesaggio in quelle prime poesie. Era colto nell’attimo, in un attimo che poi si protraeva in un modo infinito. E la poesia stessa, per i motivi che ho avuto già occasione di dire, ricorreva a modi brevissimi. Si trattava di cogliere un attimo6. G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, a cura e con un saggio introduttivo di C. Ossola, Mondadori, Milano 20092, p. 5. È utile notare che l’«essenzialità fulminea» è uno dei tratti della lirica di Ungaretti individuato da Giuseppe De Robertis nella lettera indirizzata il 1° giugno 1954 all’Accademia svedese di Stoccolma per porre la candidatura del poeta al premio Nobel (cfr. G. UNGARETTI, L’allegria è il mio momento. Trecento lettere con Leone Piccioni, a cura di S. Zoppi Garampi e con una testimonianza di L. Piccioni, Mondadori, Milano 2013, p. 45). 6 La citazione è tratta da un testo registrato dal poeta per il ciclo di trasmissioni radiofoniche Ungaretti letto e commentato da Ungaretti andato in onda nel 1963. Fu poi ripubblicato con il titolo Ungaretti commenta Ungaretti in due distinti numeri della «Fiera Letteraria» apparsi nel settembre dello stesso anno (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, a cura di M. Diacono e L. Rebay, Mondadori, Milano 1974, pp. 819-820); e cfr. poco più avanti: «E così si è trovato il mio linguaggio: poche parole piene di significato che dessero la mia situazione di quel momento» (ivi, p. 820). In Innocenza e memoria, un articolo uscito in «L’Italiano», 12-13, 1926, p. 3, Ungaretti annota: «Quel concentrarsi nell’attimo d’un oggetto non aveva misura. L’eternità annuvolava l’attimo» (ora in G. Ungaretti, 5 135 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI In uno spazio infinitesimale di tempo si dilata a dismisura l’«essenza cosmica delle cose», scrive ancora Ungaretti, precisando che la poesia è stata per lui l’impatto con il sentimento vero della vita in quanto mezzo autentico attraverso cui percepire l’uomo come «un essere che in un lampo si ricapitolava dalle origini»7. E di «pura illuminazione lirica», che convoglia «nell’istante folgorato durata e continuità» del mondo, ha parlato un critico autorevole come Pier Vincenzo Mengaldo8. La rivelazione fulminea dell’enigma universale dell’esistenza è il perno di Un lampo l’infinito del poeta di Volturino e, direi, di buona parte della sua opera poetica. In Dotoli, come nell’autore di «M’illumino/ d’immenso», il «lampo» ha la proprietà analogica di irradiare di colpo un particolare dell’esistenza che ha il timbro dell’eternità. «Il poeta - si legge nella quarta di copertina della silloge dotoliana - crea una dialettica dell’istante, in cui l’io si svela per echi, in un dinamismo di poesia pura». Egli cattura «l’istante del tempo»9. Il lemma instant è poi eponimo di una lirica di Dictionnaire des citations de mon cœur10: Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 134). 7 G. UNGARETTI, Indefinibile aspirazione, in «La Fiera Letteraria», X, 51, 1955, p. 3 (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi cit., p. 743). 8 P.V. MENGALDO (a cura di), Poeti italiani del Novecento, Mondadori, Milano 1978, p. 385 e p. 388. «Gli attimi delle illuminazioni» è invece la formula adoperata da F. FORTINI, I poeti del Novecento, Laterza, RomaBari, 19882, p. 71. Lo stesso Ungaretti, nell’explicit della prosa Il deserto, inserita nella sezione Quaderno egiziano de Il deserto e dopo, annota: «Nulla è indifferente al poeta perché tutto infine concorre com’è tradizione costante della buona poesia italiana, a fornirgli la parola dove il segreto delle varie esperienze s’illuminerà» (ID., Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di P. Montefoschi, Mondadori, Milano 2000, p. 83). 9 G. DOTOLI, Flauto, v. 4, in Id., Un lampo l’infinito, op. cit. 10 G. DOTOLI, Dictionnaire des citations de mon cœur. Alphabet poétique, Alain 136 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo L’œil nu je capte des visions de l’instant immediate qui était le jour de la grande formule par un signe du doigt de Dieu. Dotoli ha inoltre dedicato a questo termine isolato un’intera omonima raccolta breve, edita per la prima volta nell’edizione complessiva della sua produzione in versi in italiano11, caratterizzata, oltretutto, da una versificazione secca e scarnificata fino all’osso accostabile alla prima maniera ungarettiana. Emblematica, qui, è la sequenza «Un lampo d’argento/ ed è subito notte» 12, che sembra peraltro mimare il notissimo verso quasimodiano «Ed è subito sera». E vale infine la pena citare la lirica dotoliana Illumination: La clé de toute poésie est dans l’illumination du point je le cherche depuis le premier jour il s’est établi quelque part je le trouverai lors de mon départ13. Qui l’«illuminazione» è chiamata in causa come la «chiave» che schiude l’accesso al canto lirico, meta costante Baudry, Paris 2008 (ora in Id., Je la vie. Œuvres poétique, 1, Schena-Les Éditions du Cygne, Fasano-Paris 2010, p. 552). 11 G. DOTOLI, Istante, in La rosa del punto. Opere poetiche, 2, Schena, Fasano 2010, pp. 781-790. «Poésie de l’instant» è la sigla adoperata da È. Jacobée-Sivry per inquadrare la produzione del Volturinese in apertura della prima monografia scritta su di lui (ID., L’Arlequin de la lumière. L’univers poétique de Giovanni Dotoli, L’Harmattan, Paris 2012, p. 7). E su Dotoli ‘poeta dell’istante’ si veda da ultimo D. MELNIKIENĖ, Giovanni Dotoli: «les voix de l’instant», «Skené», III, 4, n.s., 2014, pp. 47-53. 12 Ivi, p. 785. 13 Da G. DOTOLI, Dictionnaire des citatiotions cit. (ora in Id., Je la vie. Œuvres poétique, 1, op. cit., p. 550). 137 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI di ricerca sin dal primo giorno ma destinata a essere raggiunta solo al momento della morte, quando all’individuo sarà disvelato il segreto del tutto14. 2. L’interlocuzione istantanea con l’infinito15 si attua in Dotoli per «magica intuizione»16. Egli è uno degli esponenti di punta del cosiddetto «intuitismo», un movimento letterario, artistico e filosofico nato a Parigi un decennio fa e di cui lo scrittore di Volturino si è fatto sempre più non solo atten- E si vedano in proposito le osservazioni di C. BOCCUZZI, L’univers poétique de Giovanni Dotoli entre intuition et illumination, in G. Dotoli, Poète de la liberté humaine (Poeta della libertà umana), Actes du Colloque International organisé par la Facoltà di Studi Umanistici de l’Université de Cagliari en collaboration avec l’Alliance Française - 4 décembre 2012 (Atti del Convegno Internazionale organizzato dalla Facoltà di Studi Umanistici dell’Università di Cagliari in collaborazione con l’Alliance Française - 4 dicembre 2012), sous la direction de (a cura di) F. Asole, M. Selvaggio, Schena-Alain Baudry et Cie, 2013, p. 121. Analoga è la prospettiva descritta da Ungaretti nella nota introduttiva al Porto Sepolto: «ero un uomo che non voleva altro per sé se non i rapporti con l’assoluto, l’assoluto che era rappresentato dalla morte» (G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 754). Argomenta d’altra parte P. Brunel che la poetica della «lumière» in Dotoli è tributaria di Yves Bonnefoy, altro autore del cuore del Volturinese (ID., Giovanni Dotoli ou la “vraie vie”, «Plaisance», VIII, 24, 2011, pp. 10-11). Jacobée-Sivry instaura invece una sostanziale dicotomia tra «l’illumination» di Dotoli e quella del poeta prediletto Arthur Rimbaud: se nel primo essa ha una connotazione religiosa, nel secondo è improntata a una tenace professione di ateismo (ID., L’Arlequin de la lumière, op. cit., p. 35). 15 Va da sé che essa non è solo un lascito della poesia ungarettiana, ma è anche tributaria della «métaphisique istantanée» di Gaston Bachelard, come opportunamente osserva C. CANU FAUTRÉ, Giovanni Dotoli chante la Méditerranée a la recherche de l’origine, de la verité e du sens de l’univers, in G. Dotoli, Poète de la liberté humaine (Poeta della libertà umana), op. cit., p. 131. 16 Recita così il titolo di una lirica di Un lampo l’infinito, op. cit., p. 46. 14 138 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo to e convinto interprete17 ma anche alfiere e ambasciatore nella sua nazione, essendo, tra l’altro, uno dei curatori della prima antologia di voci intuitiste pubblicata tra Italia e Francia, icasticamente intitolata Au-delà de l’instant18. «Noi preconizziamo un’arte dell’intuizione, arte della sensibilità che si esprime con spontaneità, una spontaneità che è possibile ottenere soltanto dopo un lungo lavoro», si legge nella traduzione italiana a cura di Mario Selvaggio del manifesto Per un’arte dell’intuizione redatto da Éric Sivry e Sylvie Biriouk e dato alle stampe per la prima volta nel 2003 19. Questo testo sia detto per inciso - ben rappresenta nell’attuale panorama europeo un raro esempio della continuità con quella pratica della diffusione della cultura da parte di un gruppo di intellettuali attraverso una piattaforma programmatica di idee mi- Si veda, in particolare, oltre alla già citata raccolta Un lampo l’infinito, la silloge Sonnets intuitistes, préface d’É. Sivry, Alain Baudry, Paris et Cie, 2012. È lo stesso poeta pugliese a parlare di una «linea dell’Intuitismo»: cfr. G. DOTOLI, La linea dell’Intuitismo, in É. Sivry, Per un’arte dell’Intuizione. Saggi di poetica intuitista, selezione, traduzione e cura di M. Selvaggio, con la collaborazione di F. Rescigno, M. I. Strussione, prefazione di G. Dotoli, postfazione di S. Biriouk, Apes, Roma 2012, pp. 7-12. 18 Au-delà de l’instant. Anthologie des poètes intuitistes. Al di là dell’istante. Antologia dei poeti intuististi, sous la direction de/ a cura di G. Dotoli, M. Selvaggio, È Sivry, Schena-Alain Baudry, traduction par / traduzione a cura di M. Selvaggio, Fasano-Paris 2013. Inoltre Dotoli ha fondato e dirige con lo stesso Selvaggio una collana per le Edizioni Universitarie Romane di poeti intuitisti di cui è di recente uscito il primo volume (M. BÉNARD, Exil intime. Intimità di un esilio, prefazione di G. Dotoli, introduzione, traduzione e cura di M. Selvaggio, postfazione di M. Leopizzi, Eur, Roma 2014). 19 Ivi, p. 9. L’edizione originale in francese del manifesto è apparsa in E. SIVRY, Les Celtes. Poème épique suivi de Pour un art de l’intuition, préface de Charles Le Quintrec, Anagrammes, Perros-Guirec, 2003. 17 139 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI litanti che è stata dominante nel Novecento, non a caso definito da Giuseppe Langella «il secolo d’oro» dei manifesti20. La perentoria definizione contenuta nell’attestato di nascita dell’intuitismo mette subito in guardia da un equivoco: non si tratta di un inno all’improvvisazione ingenua, a una estemporaneità grossolana coincidente su per giù con una naivete un po’ alla buona, del tutto sprovvista di una solida educazione linguistica e retorica. È una dichiarazione che, in fondo, avrebbe pari pari sottoscritto lo stesso Ungaretti, proclive a considerare che l’immediatezza del dettato lirico fosse, nell’apparente verginità e nudità di superficie, solo il punto terminale, il momento apicale di una faticosa recherche intorno alla parola, di un estenuato e incessante labor limae sul lessico. Gli intuitisti operano una distinzione netta tra «intenzione» e «intuizione». L’arte non è un processo che obbedisce a una volontà certa e prede- terminata ma un atto che risponde a un impulso improvviso e inatteso. In una siffatta prospettiva il momento intuitivo non è assunto come oggetto di riproduzione, trascrizione e mimesi bensì di manifestazione primaria e subitanea. Ebbene, l’«intuizione» è uno dei poli magnetici di attrazione, come sopra premesso, anche del campo di riflessione di Ungaretti. Nel primo articolo, dal titolo Italia, Francia, Iugoslavia, uscito, dietro invito di Benito Mussolini, sul «Popolo d’Italia» l’11 febbraio del 1919, a un triennio di distanza dalla pubblicazione presso una tipografia di Udine del Porto sepolto, prefato dallo stesso Duce, Ungaretti sostiene che «l’atto di poesia» è il frutto dell’incrociarsi «di iniziativa e di tradizione, d’intuizione e di logica» (corsivo mio). Come ha osG. LANGELLA, Il secolo dei manifesti. Programmi delle riviste del Novecento, a cura di G. Lupo, introduzione di G. Langella, Aragno, Torino 2006, p. XI. 20 140 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo servato Carlo Ossola queste righe costituiscono una «consapevole dichiarazione di poetica»; anzi sono la testimonianza puntuale «della prima dichiarazione pubblica di poetica, della prima responsabilità pubblica di scrittore»21. Tanto più che un mesetto più tardi, sulle colonne dello stesso quotidiano, in un pezzo destinato a fungere da prefazione a quella riedizione del Porto sepolto che è Allegria di naufragi, poi uscita dai tipi fiorentini di Vallecchi nel medesimo anno, Ungaretti tornerà a battere lo stesso tasto con un formulario lessicale pressoché invariato con cui sottolineava di cogliere nel proprio tempo attuale un riverbero di «passato e d’avvenire, di abbandono e d’azzardo, di rimpianti e di desiderio, di tradizioni e di scoperte, di logica e d’intuizione»22. Ora, in scia con le argomentazioni dello stesso Ossola, mette conto notare che siamo dinanzi a un passaggio chiave dell’estetica ungarettiana, quasi a un manifesto letterario, che dalla cronaca cursoria di un giornale doveva potenzialmente fissarsi come capello introduttivo della seconda e più meditata tappa dell’itinerario creativo ed editoriale del- l’autore. E poco importa che successivamente, alla prova dei fatti, questo testo giornalistico non sarà convertito nel promesso prologo d’autore all’Allegria di naufragi 23. Resta valida a tutti gli effetti la dichiarazione d’intenti, l’idea progettuale, l’ipotesi programmatica. Fa fede, oltretutto, il titolo scelto per l’intervento sulla testata fondata dal capo del fascismo, Verso un’arte nuova classica, chiaro segno della volontà di enunciare in sede di elaborazione teorica un cambio di paradigma esteti- C. OSSOLA, Giuseppe Ungaretti, Mursia, Milano 1975, pp. 24-25. G. UNGARETTI, Verso un’arte nuova classica, «Il Popolo d’Italia», 10 marzo 1919 (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 14). 23 Cfr. C. OSSOLA, Giuseppe Ungaretti, op. cit., p. 25. 21 22 141 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI co, di tracciare una mutata direzione di marcia della letteratura, di segnalare una diversa indicazione di rotta della poesia. Ma che cos’è per Ungaretti «l’intuizione»? Se si fa una sintesi dei due testi or ora citati, che sono quasi l’uno il ricalco dell’altro, se ne ricava che il poeta la associa a corrispettivi semantici quali «fantasia», «scoperta», «desiderio», «azzardo», «avvenire». Dall’altra, in funzione oppositiva, sta la catena lessicale di «stile», «logica», «tradizione», «rimpianto», «abbandono», «passato». Nella sintesi problematica di questi due distinti ma complementari ambiti lessicali sta la qualità intrinseca della poesia. Qui sembrerebbe aprirsi una cesura tra l’«intuizione» secondo Ungaretti e quella à la maniere de Dotoli. Nel senso che se nel primo la componente riflessiva non può essere espulsa da quella intuitiva poiché ne costituisce quasi l’indispensabile pendant, nel secondo l’elemento intuizionale, nel solco della corrente estetica in cui si inscrive il suo itinerario creativo, diventa invece motivo ispiratore assoluto ed esclusivo. E tuttavia, nelle pieghe del ragionamento ungarettiano si coglie con evidenza che il proprium dell’inventio poetica è appunto il dato, per così dire, intuitista, rispetto al quale il piano della razionalità meditante costituisce semmai il tratto aspecifico. Si spiega così in quel contesto l’uso del termine «estro» come equivalente di poesia. Di più: se nel meno recente dei due articoli sopra citati si parla di semplice «incontro» tra la fase statica del ripiegamento mnestico e il momento dinamico della proiezione immaginativa, nel successivo a tale «incontro» compete la qualità di essere «misterioso». E «misterioso - osserva ancora il poeta in Ragioni di una poesia - è l’aggettivo che s’addice meglio al vocabolo poesia»24. 24 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 36. 142 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo 3. «Se non ci fosse stata Parigi, non avrei avuto parola», ha confessato con piglio perentorio Ungaretti25. È in riva alla Senna che la sua vocazione poetica si dotò degli strumenti necessari per darle voce. La ben nota rupture degli statuti ordinari della metrica e della sintassi messa a pieno regime nel Porto sepolto fu salutata dalla critica ufficiale di allora come una vera e propria rivoluzione di linguaggio entro il clima stagnante della letteratura italiana di inizio Novecento, ancora profondamente permeato di una pervicace resistenza della tradizione tardo-ottocentesca. Certo l’istanza novatrice di cui si faceva portatore Ungaretti era in parte debitrice, pur se rideclinata e aggiornata in termini propri e originali, alla stagione eversiva dischiusasi con l’avvento delle poetiche futuriste, con cui familiarizzò da vicino proprio nella capitale transalpina. Ma in particolare la sua proposta si incaricava di svigorire le spinte conservatrici degli istituti letterari nostrani aprendo la valvola dell’immaginario soggettivo alla grande lezione europea del post-simbolismo di matrice francese. Dopo i precoci contatti con gli ambienti colti della nativa Alessandria d’Egitto, le frequentazioni con la cerchia di intellettuali orbitanti intorno alla «Baracca rossa», culla dell’amicizia con Enrico Pea e Costantino Kavafis, e i rapporti a distanza allacciati dalle sponde africane con il gruppo fiorentino dell’allora giovane rivista «La Voce», l’apprendistato poetico vero e proprio di Ungaretti si compì nel biennio parigino. Negli anni 1912-1914, prima di partire per l’Italia allo scoppio della prima guerra mondiale, il poeta del Porto sepolto entrò in sodalizio nella metropoli francese con figure di spicco come André Breton e soprattutto Guillaume Apollinaire, che eserciterà un’influenza non certo secondaria G. UNGARETTI, Ungaretti commenta Ungaretti, op. cit. (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 821). 25 143 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI sulla vena sperimentale consona alla prima stagione ungarettiana. Quello stesso Apollinaire - e siamo al punto su cui occorre soffermarci - che è stato anche il nume tutelare spirituale di Dotoli, tanto da essere destinatario di un accorato omaggio, in occasione del centenario della pubblicazione di Alcools, nel finale di una sua recentissima raccolta di testi canori dedicata a Parigi 26. Questi versi, scritti di getto tra Monaco e Bari nel giorno della festa dell’Immacolata dello scorso anno, sono un appassionato atto d’amore nei confronti di chi è apostrofato dall’autore come «mon frère mon ami mon poète». Dotoli vagheggia di intrecciare un dialogo oltre la barriera del tempo e della morte con ‘l’altissimo poeta’ epifanizzatosi sotto forma di una «mémoire vivante» che invade le vie cittadine simile all’incanto di una dolce e armoniosa melodia. In questo straordinario concerto di cuori affini si instaura tra i due una mutua corrispondenza di amorosi sensi la cui intima radice risiede nella comune fede nelle eterne ragioni del sogno e della libertà che sprigiona il canto lirico. Sull’onda rapinosa di questo mutuo colloquio tra spiriti eletti e anime sensibili l’io chiede al suo ideale compagno di strada di leggergli un calligramma o la prima poesia della silloge di Alcools. Solo la voce dell’arte è in grado di diradare la cortina uggiosa di nebbia che s’addensa nel cielo e vela i tetti di una Parigi che ritrova così, nel vento soffice dell’immaginazione, il suo cantore di sempre. Ungaretti, per parte sua, non ha mai fatto mistero del vincolo profondo che lo univa ad Apollinaire, con cui frequenti sono stati i rapporti fin dal primo momento in cui i G. DOTOLI, Passages, chansons de Paris, M. Damiani Tableaux-Poèmes, M. Selvaggio Préface, Éditions Tensing, 2014. Il tributo ad Apollinaire, dal titolo Hommage à Guillaume Apollinaire pour le centième anniversaire d’Alcools, si trova alle pagine 155-167. 26 144 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo due entrarono in contatto. In particolare fu proprio l’autore dei Calligrammes a fare da mallevadore per il debutto assoluto di Ungaretti come poeta. Nel 1912 quest’ultimo incontrò Ardengo Soffici, Aldo Palazzeschi, Filippo Tommaso Marinetti e Giovanni Papini durante uno dei consueti martedì letterari nello storico caffè «La Closerie des Lilas» a Mont- parnasse, dove si riuniva il fior fiore dell’avanguardia europea intorno a uno scrittore di riferimento come Paul Fort. L’occasione di quell’eccezionale convegno di intelligenze fu l’uscita del primo numero di «Les Soirées de Paris», la rivista fondata insieme ad altri soci da Apollinaire. Ungaretti venne presentato proprio da Apollinaire, che aveva conosciuto sotto le stesse volte di quel ritrovo di talenti, alla pattuglia di intellettuali italiani che di lì a pochi mesi avrebbero dato vita a «Lacerba». Nella circostanza i curatori del nascituro periodico futurista chiesero al loro connazionale se avesse delle liriche da pubblicare sul loro nuovo organo. E così, il 7 febbraio 1915, videro la luce della stampa i primi testi in versi di Ungaretti. Insomma, la carriera letteraria del futuro ‘grande vecchio’ della poesia italiana mosse i suoi primi passi sotto l’egida premurosa del grande amico francese27, che l’anno successivo pubblicherà Alcools, il suo libro fondativo e cruciale. Il legame tra i due si interruppe solo con la prematura scomparsa di Apollinaire nel 1918. Ne è spia una preziosa testimonianza orale del firmatario dell’Allegria affidata a una delle sue non rare interviste televisive e mandata in onda dalla Rai qualche anno fa, il 26 novembre 2008. Attraverso il flebile eppure caldo timbro della sua voce viva Ungaretti rie«La diffusione» all’estero di Porto sepolto - confessa Ungaretti - «fu dovuta più che a mio merito all’amicizia del compianto Apollinaire» (G. UNGARETTI, Il mestiere di poeta. Autoritratti critici, a cura di F. Camon, Lerici, Milano 1965; ID., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 837). 27 145 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI voca il loro ultimo incontro. Egli si trovava sul fronte quando ricevette una lettera dall’amico che lo pregava di portargli dei sigari toscani una volta rientrato a Parigi. Quando Ungaretti tornò dalla zona di guerra nella capitale francese andò subito a far visita ad Apollinaire nella sua casa al numero 22 di boulevard Saint-Germain. «Era il giorno dell’armistizio ricorda l’intervistato - e la città era rumorosa e la gente urlava “À bas Guillaume! À bas Guillaume! À bas Guillaume”. Guillaume era l’imperatore di Germania. Io vado su. Poiché questo “À bas Guillaume!” mi aveva sconcertato; andavo a vedere Guillaume Apollinaire. Vado su. Entro nella camera e Apollinaire era disteso sul suo letto con il viso coperto da un velo nero. Era morto, era morto. Stava lì con il quadro che gli aveva dato Picasso per le nozze accanto al letto. Ecco. Questo è il ricordo che conservo di Apollinaire più terribile, con quei gridi di “À bas Guillaume!”. Quell’uomo… quell’uomo magnifico!». Nel grido strozzato di Ungaretti, che quasi non si rassegna alla fine del suo carissimo collega di avventure umane e culturali pare quasi di risentire in filigrana la protesta tutta affidata alle corde vibrate del sentimento di Dotoli che così commenta l’impressione di vuoto e assenza lasciato dalla definitiva fuga dal mondo di Apollinaire: «Es-tu partì?/ Je ne le crois pas»28. Sull’evento traumatico della morte dell’amico prediletto, «de notre inoubliable Apollinaire»29, Ungaretti è tornato più volte. Ne esistono svariate versioni nelle prose d’arte30. G. DOTOLI, Hommage à Guillaume Apollinaire, op. cit., vv. 46-47. G. UNGARETTI, La doctrine de «Lacerba», «L’Esprit Nouveau», 2, 1920 (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi cit., p. 45). 30 Si vedano in proposito una lettera a Soffici del 19/11/1918 (G. UNGARETTI, Lettere a Soffici. 1917-1930, a cura di P. Montefoschi, L. Piccioni, Sansoni, Firenze 1981, p. 52) e una a Papini senza luogo né data (G. UNGARETTI, Lettere a Giovanni Papini. 1915-1948, a cura di M. A. Terzoli, 28 29 146 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo Ma in special modo ce n’è una, apparsa nel periodico genovese «L’Azione» del 10 dicembre 191931, che contiene significative analogie con la poesia-omaggio di Dotoli. Qui la narrazione della scoperta inattesa del cadavere di Apollinaire dentro la sua stanza al termine di un massacrante viaggio in treno dall’Italia è preceduta dal racconto lirico in cui l’immagine del fraterno sodale si manifesta come in sogno. In una serata di fine anno Ungaretti descrive una lenta promenade tra le vie parigine avvolte in una sonnolenta cortina nebbiosa. «Guilliame Apollinaire - scrive Ungaretti - mi era Mondadori, Milano 1988, p. 227). Cfr. inoltre su questo specifico tema M.A. TERZOLI, Reticenza e memoria allusiva nella «Guerre» di Ungaretti, in Studi di letteratura italiana offerti a Dante Isella, a cura di R. Daverio, Bibliopolis, Napoli 1983, pp. 455-460 e 463-465). In particolare, la versione più vicina all’intervista televisiva si trova nella relazione che Ungaretti pronunciò a Roma nel febbraio 1967, al Centre Culturel Français, durante una serata in memoria di André Breton, altro suo grande sodale, che era venuto a mancare l’anno precedente. L’intervento fu stampato in «L’Approdo letterario» XIII, 38, 1967, pp. 3-8 (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., pp. 655-660). Ecco il passaggio che qui interessa: «Tornavo alla fine del ’18 a Parigi dalla zona della Montagna di Reims […]. Il giorno dell’armistizio fu l’indomani, o un giorno successivo, e avevo deciso di portare ad Apollinaire quel giorno i sigari toscani che mi aveva chiesto. Per le strade, e sotto le finestre di Apollinaire, in SaintGermain-des-Prés, la gente scatenata gridava, scandendo le sillabe: “A mort Guillaume”, alludendo naturalmente al Kaiser. Arrivato in casa di Apollinaire, le donne desolate, la moglie e la madre, m’introdussero nella sua camera, era disteso sul letto, il viso era coperto da un panno nero perché già si corrompeva, il pacchetto di sigari mi cadde dalle mani, giù gridavano sempre: “A mort Guillaume”. Anche Apollinaire si chiamava Guillaume e l’equivoco del grido era atrocissimo. A capo del letto c’era attaccato il dipinto che poche settimane prima gli aveva dato, per regalo di nozze, Picasso. Apollinaire era morto. Non era morta la sua poesia» (ivi, pp. 655-656). 31 G. UNGARETTI, Pittura, poesia, e un po’ di strada (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi cit. pp. 20-26). 147 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI compagno una notte, in questa visione»32. Quasi a specchio sta l’invocazione di Dotoli nella succitata lirica: «Guillaume Guillaume Guillaume/ mon frere mon ami mon poète/ accompagne-moi/ sur la route de la vie»33. In Ungaretti il paesaggio del Lungosenna riemerge dalla foschia trasfigurato in una rappresentazione onirica. In questa atmosfera spettrale egli sottolinea la capacità quasi ‘stregonesca’ di Apollinaire di incantare uomini e oggetti: «Sulle cose estendeva una sua nobiltà cabalistica»34. È all’incirca la virtù magico-fascinatoria attribuitagli anche dal Volturinese, che rivolto al suo idolo esclama: «Tu enchantes le rêve»35. Per parte sua, Ungaretti insiste ancora così sul potere di ammaliare il mondo appannaggio del canto di Apollinaire: «Scomparivano i secoli perché passava quell’incantevole parola»36. Il passato, con il peso grave della sua eredità, si annichilisce al cospetto del prodigio nuovo del verso. Anche il cammino di Dotoli tra gli angoli più celebrati e pittoreschi di Parigi, scandito dalla tappa clou a Sanit-Germain, domicilio di Apollinaire metamorfizzato in luogo ideale della poesia tout-court, è una specie di viaggio fuori del tempo, di itinerario metastorico che approda, un po’ ungarettianamente, «à la mere de l’éternité» 37, come recita il verso finale. Per entrambi l’autore di Alcools è il cantore par exellence. Egli è «ultimo poeta di Francia»38 per Ivi, p. 20. G. DOTOLI, Hommage à Guillaume Apollinaire, op. cit., vv. 158-161. 34 G. UNGARETTI, Pittura, poesia cit. (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 20). 35 G. DOTOLI, Hommage à Guillaume Apollinaire, op. cit., v. 5. 36 G. UNGARETTI, Pittura, poesia cit. (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 20). 37 G. DOTOLI, Hommage à Guillaume Apollinaire, op. cit., v. 163. 38 G. UNGARETTI, Pittura, poesia cit. (ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 20). «Tu es Paris» (G. DOTOLI, Hommage a Guillaume Apollinaire, op. cit., v. 17). E cfr.: «Nessun altro poeta fu nell’ispirazione e 32 33 148 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo Ungaretti, e «le Poète»39 con la lettera maiuscola per Dotoli. In ambedue si fa largo l’idea che con la sua dipartita dal mondo a morire è stata la poesia stessa. Il dolore privato si muta in lutto universale. E una specie di omaggio in versi è la lirica-epitaffio Pour Guillame Apollinaire che Ungaretti premette al ciclo La Guerre di Derniers jours40, l’unica sua raccolta in francese: en souvenir de la mort que nous avons accompagnée en nous elle bondit hurle et retombe en souvenir des fleurs enterrées41. Similmente una dedica post mortem è la poesia Apollinaire del Dicitionnaire de citations de mon cœur di Dotoli: Où es-tu mon frère? nel canto più parigino di lui, più paesano di Parigi di lui» (G. UNGARETTI, Guillaume Apollinaire, «L’Approdo Letterario» XIII, 38, 1967, ora in Id., Vita d’un uomo. Saggi e interventi cit., p 615. 39 G. DOTOLI, Hommage à Guillaume Apollinaire, op. cit., v. 22. 40 La plaquette apparve inizialmente come una sezione annessa ad Allegria di naufragi (Vallecchi, Firenze 1919. Diversi anni dopo fu riedita come libro a sé da Garzanti (Milano 1947), a cura di E. Falqui. 41 Il testo fu composto da Ungaretti subito dopo il rientro in albergo dal funerale dell’amico. L’autore ricorda l’episodio nell’orazione tenuta il 25 febbraio 1967 per l’inaugurazione della lapide commemorativa apposta sull’appartamento romano attiguo all’edificio demolito che avrebbe dato i natali ad Apollinaire. Il discorso fu poi pubblicato in «L’Approdo Letterario» XIII, 38, 1967, pp. 8-12 (ora in ID., Vita d’un uomo. Saggi e interventi cit. pp. 615-619). Nella circostanza il poeta rilesse i versi dell’epicedio già edito per sottolineare come «la sua poesia (scil. di Apollinaire) continua a vivere viva nel cuore degli italiani» (ivi, p. 619). 149 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI Où s’envolent tes ailes de poète saltimbanque Guillaume Apollinaire œil futuriste de la Poésie? J’attends ton pas rieur à la terrasse de Saint-Germain en m’envolant par les toits de Paris42. Per altra via, sono soprattutto i debiti formali il portato maggiore del rapporto che tanto Ungaretti quanto Dotoli hanno intrecciato in tempi diversi con Apollinaire. Tra questi spicca soprattutto l’assenza di punteggiatura. È fin troppo noto l’episodio che vide protagonista il creatore di Alcools alla vigilia dell’andata in stampa della sua prima e carismatica raccolta. Il poeta, che aveva già licenziato il testo per la pubblicazione, si recò in tipografia poco prima che l’impaginato finisse sotto il torchio ed eliminò dalla bozza definitiva tutti i segni di interpunzione. Nelle sue intenzioni era il ritmo interno del verso a doverne scandire le pause e l’intonazione piuttosto che la frigida e meccanica successione dei punti e delle virgole, del tutto estranea all’anima profonda della lirica. Sopprimendo la griglia interpuntiva, il dettato poetico acquistava in velocità e fluidità. Da questo punto di vista egli si ritagliava, per rifarci al titolo di una sua fortunata antologia di racconti, il ruolo di un autentico «eresiarca» della scrittura. Vero è che l’Apollinaire nemico della punteggiatura si mostra tributario della lezione futurista, che aveva predicato nel manifesto tecnico della letteratura la necessità che il discorso, per ottenere vivezza e originalità, dovesse dispiegarsi senza soluzione di continuità, e cioè al netto di soste segnalate da un sistema convenzionale. G. DOTOLI, Dicitionnaire de citations, op. cit. (ora in Id., Je la vie, op. cit., pp. 488-489). 42 150 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo E tuttavia, se da una parte in Ungaretti la tabula rasa dell’interpunzione è una costante del primo tempo della sua scrittura, quello contrassegnato da una più accentuata carica sperimentale e volontà di rottura, nelle prove più mature si assiste invece - in sintonia con il recupero degli apparati metrico-stilistici del passato afferente al cosiddetto ritorno all’ordine - a un ripristino normativo delle notazioni grafiche in concomitanza con le cesure logiche; dall’altra in Dotoli la punteggiatura zero è un accorgimento formale che non ha mai conosciuto abbandoni e ripensamenti, eccezion fatta per le scansioni tonali delle modalità interrogative ed esclamative. Con un gioco di parole si può senz’altro dire che questa opzione grafica costituisce un punto fermo della sua produzione, sia in italiano che in francese. Che cosa vuol dire, fuori da ogni schema precostituito, fare a meno di interpungere? Vuol dire in fondo considerare la poesia come un flusso costante, un movimento perpetuo che asseconda l’andamento naturale del nostro respiro, senza sottostare alla necessità castrante di ordinare al lettore dove fermarsi e da dove ripartire43. E allo stesso modo del soffio vitale, la poesia sopravvive per tutto il tempo che nell’individuo alita la vita e si estingue solo quando dentro di noi il fiato si spegne una volta per tutte. Depurata dalle incrostazioni dell’ortodossia sintattica, la lingua poetica diventa così un’esperienza fisiologica che si integra con la nostra esistenza corporea, da cui mutua la fondamentale regola del ritmo biologico. In questa piena aderenza alla consistenza fisica del singolo, prima ancora che alla sua componente spirituale, sta il quid della scrittura di Dotoli, né più né meno come in Ungaretti l’urgenza della paNota P. Caizergues: «Giovanni Dotoli écrit comme il respire, sans s’interrompre, régulièrment. On a envie de dire: naturellement» (ID., Giovanni Dotoli ou l’enfance à conquérir, «Plaisance», VIII, 24, 2011, p. 45). 43 151 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI rola si affaccia davanti alla presa di coscienza della «fragilità» estrema della sussistenza materica dell’uomo, che va trascritta sulla pagina con suprema lealtà e assoluta dedizione. Ma, appunto, nella persistente refrattarietà a ingabbiare i testi entro le maglie strette della punteggiatura, Dotoli si rivela più apollinariano di Ungaretti44. Tale invariante grafica si registra anche laddove il poeta garganico adotta le forme chiuse della tradizione, quali la quartina e la terzina del sonetto. Segno evidente, questo, di come in lui esprit nouveau e fedeltà al canone convivano in pieno e reciproco accordo. Proprio l’ancoraggio a modelli compositivi codificati dal passato può fungere poi da persuasiva tessera strutturale per ricomporre l’articolato mosaico neopetrarchesco della poesia dotoliana, su cui non a caso ha messo l’accento uno studioso come Vittorio Vettori45. E non si può tacere che il petrarchismo è una delle coordinate di riferimento anche dell’esegesi ungarettiana, specie in relazione alla sua seconda stagione artistica. Sotto questo aspetto Dotoli potrebbe essere perciò inscritto tra gli epigoni di quella linea petrarchista novecentesca - alternativa, secondo la vecchia distinzione continiana, a quella dantesca - della quale Ungaretti costituisce uno degli Cfr. Thanh-Vân Ton-That, Paris revisité: les intermittences poétiques d’un cœur italien: «La ponctuation a presque disparu comme chez Apollinaire, du moins, elle est minimaliste, réduite aux deux points d’interrogation du poème […] et se passant des virgules et du reste» (in ID., Une poésie de la lumière. Actes du Colloque international sur la poésie de Giovanni Dotoli organisé par Éric Jacobée-Sivry au Lycée international Bossuet de Meaux, le 25 février 2013, sous la direction de C. Boccuzzi, É. Jacobée-Sivry, M. Selvaggio, Alain Baudry et Cie, Paris 2013, p. 16). 45 V. VETTORI, Giovanni Dotoli, Un petrarchista di nuovo tipo, introduzione a G. Dotoli, Il viso errante. Poema, Schena, Editoriale Sette, Firenze 2001 (ora in G. Dotoli, La rosa del punto. Opere poetiche, 1, Schena, Fasano 2010, p. 302). 44 152 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo esponenti più autorevoli della prima ora 46. Mi piace ricordare a questo proposito, solo a titolo di curiosità, che per un singolare cortocircuito di destini la casa natale di Dotoli si trova «in via Petrarca», come lo stesso autore rammenta all’inizio di Passaggio, un testo tratto da Archi di colori47. Una via del cuore, questa umile stradina della Volturino delle origini, speculare alla «rue Didot» sede ospitale della prima trasferta transalpina del poeta pugliese, che all’inizio dell’omonima lirica di Paris Poème48 ne riconvoca l’atmosfera «triste», quasi in analogia con l’aspetto angusto dell’«appassito vicolo in discesa» della «rue de Carmes» dove l’Ungaretti di In Memoria rievoca di aver vissuto una volta approdato nella metropoli francese49. Allo stesso Vettori non è poi sfuggita una certa vena post-futurista in Dotoli, verificabile, a me pare, oltre che sul piano della libera quando non spregiudicata osmosi tra musicalità e verbalità, su quello dell’impostazione tipografica; mi riferisco, in particolare, a una silloge del tipo Segni dal Giappone, così caratteristica per l’incolonnamento in verticale dei versi, una torsione dell’ordo verborum rispetto allo standard cogente della mise en page che rende quest’opera assimilabile all’ardito sperimentalismo grafico, per limitarci solo a qualche caso esemplificativo, delle Rarefazioni e parole in libertà di Per parte sua Dotoli si autocolloca «sur la ligne qui va da Rutebeuf à Yves Bonnefoy» passando, tra gli altri, attraverso tanto Apollinaire quanto Ungaretti (G. DOTOLI, Recherche, passion, création. 1966-2009. Autobiobigliographie, préface de X. North, Schena-Alain Baudry et Cie-Hermann, Fasano-Paris 2009, p. 25). 47 G. DOTOLI, Archi di colore, Schena, Fasano 2003 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 634). 48 G. DOTOLI, Paris Poème, Schena, Fasano 2000 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 974). 49 Vv. 26-27, da L’allegria (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit p. 60). 46 153 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI Corrado Govoni, ma anche - e il paragone non può essere eluso o sottinteso anche alla luce di quanto si è andato sin qui dicendo - all’eccentricità spericolata dei Calligrammes di Apollinaire. E occorre aggiungere, per esigenze di completezza al riguardo, che anche il ricorso non infrequente in Dotoli all’onomatopea è in filigrana una marca espressiva futurista. Come non pensare, infatti, alle trillanti sonorità naturali del Palazzeschi di E lasciatemi divertire!, vera e propria lirica di culto dell’Incendiario? Con la differenza, va però detto, che se nel poeta fiorentino l’imitazione fonosimbolica si insinua tra le righe come sfogo canzonatorio, moto sarcastico e impulso irriverente, nell’omologo pugliese essa è viceversa la registrazione fededegna di echi sonori che richiamano momenti felici dell’infanzia sedimentati nel caldo nido dell’anima. 4. Intorno al ’33 Ungaretti ha compiuto un viaggio nelle Puglie, perlustrando in particolare la Capitanata, terra natale di Dotoli. Di questa esperienza è uscito pressappoco in quegli stessi anni un reportage a tappe sulla «Gazzetta del Popolo». Ungaretti veste i panni dell’‘inviato speciale’ in una terra che ai suoi occhi si rivela molto speciale. La sassosa natura garganica esercita su di lui un’attrazione potente e fascinosa. Il poeta è sedotto dalla pietra, tanto nel suo aspetto aspro e selvaggio di puro dato paesaggistico tanto nella sua capacità costruttiva di dare vita a un’austera e imponente architettura religiosa e civile. L’elegante facciata della cattedrale di Santa Maria Maggiore a Siponto gli si para davanti come la pagina miniata di un codice medievale. Regola e decoro sono i punti di forza su cui poggia un senso di profondo raccoglimento e intima spiritualità. In tale luce trascendente che taglia radente le superfici murarie la storia sembra avere la sua rivincita sul tempo. Tra queste pietre Ungaretti riscopre l’immagine dell’eterno che è prolungamento e sospensione 154 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo dell’istante. Tanto che, immerso nella quiete sonnolenta di questi luoghi, gli sale alla bocca un’immagine definitoria della poesia come «l’illusione di perpetuare l’attimo che ci ha rapito il cuore, di perpetuare la vita di un nostro attimo: ecco dove cerca pietà e forza il divino, la nostra arte». La piana di Siponto e la marina di Manfredonia, attraverso uno scenario scandito da corpi di torri e macchie di fichidindia, menano alla brulla giogaia del Gargano a cui l’uomo col sudore della fronte ha strappato qualche magro pugno di terra per sopravvivere. Poi è la coroncina di casupole di Montesantangelo, nel cui seno dimora la tomba di Rotari, re longobardo, ad attirare l’occhio e arrestare il piede del visitatore. La visione della montagna dell’angelo, sede del santuario di San Michele, è il momento apicale di un’ascesi mistica che dona al viandante commosso «uno stato di beatitudine perduto, bramato, promesso»50. E ancora, a farsi materia di racconto è il faccia a faccia con la maestosa fissità del duomo dedicato a Santa Maria nella saracena e sveva Lucera. E infine, dalle valle depressa di Foggia alla fossa sepolcrale di re Boemondo a Canosa, la pista della memoria approda, lungo la via Traiana, a Canne della battaglia, sulle orme ora non più di Manfredi e Federico II ma di Annibale. Culmina così «questo cercare la storia in se stessi, cercando un barlume nella notte del proprio bruciare»51. Quello ungarettiano nel cuore estremo e primitivo delle Puglie - viste di sfuggita per la prima volta quando partito dall’Egitto sbarcò a Brindisi per poi risalire rapido l’Italia verso l’agognata Parigi e riscoperte e riconosciute poi a distanza di molti anni - è un viaggio lirico alle origini dell’umanità e alle radici del tempo interiore. È un cammino 50 51 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 304. Ivi, p. 307. 155 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI che «ci riporta prima di tutto all’infanzia del mondo»52. Anche il resoconto della Volturino, issata sui monti della Daunia, che Dotoli affida alla raccolta del suo esordio come poeta, Il mio paese53, è un percorso à rebours nella cuna del mondo, verso la propria couche intima e ancestrale. Il piccolo centro collinare del Subappenino dauno è per lui «l’atelier/ di purezza ricordi incanto»54. Egli si fa «biografo»55 della sua terra natale ricalandosi «nell’innocenza dell’origine»56. Ed è proprio l’incontro con «l’origine del tempo»57, l’immersione nel «vaso esterno del tempo»58, che è appunto «il tempo dell’infanzia»59, la ricompensa del suo rivedere con gli occhi della mente e del cuore i luoghi cari. E all’insegna di un andare «lungo il seno della vita» è la rentrée spirituale messa a dimora in Ritorno al paese, una lirica di Memoria60. Come nel caso di Ungaretti, il profilo tracciato da Dotoli di un lembo di Capitanata si situa in definitiva al crocevia di ragione, fede e sentimento. Ivi, p. 305. Edizioni della Biblioteca comunale, Volturino 1998 (ora in G. Dotoli, La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., pp. 815-910). 54 G. DOTOLI, Atelier, vv. 1-2 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 809). 55 G. DOTOLI, Racconto, v. 1 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 810). 56 G. DOTOLI, La fiumara del mio paese, v. 11 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 814). 57 G. DOTOLI, Canna di vento, v. 8 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 908). 58 G. DOTOLI, La vigna, v. 7 (ora in Id. , La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 908). 59 G. DOTOLI, L’eco, v. 2 (ora in Id. , La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 910). 60 G. DOTOLI, Memoria, Schena, Fasano 2001 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 1, op. op. cit., p. 436). 52 53 156 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo Per il poeta del Porto sepolto il tour nell’antica terra dei Dauni si rivela un’autentica regressus ad uterum, un retrocedere nell’alveo prenatale. «Come è pura in questa aria di sogno, la giovine maternità…»61, esclama a un certo punto l’autore. E un dialogo intrecciato con l’universo viscerale materno, tanto in senso territoriale che biologico, è il canto di Dotoli echeggiante tra i monti della sua Daunia. In stretta simbiosi stanno la madre terra che lo apostrofa come «figlio» e la madre fisiologica che con il suo «sorriso gaio» gli ha «aperto la storia di tutta la» sua «vita» 62. L’anziana donna, «troppo presto per sempre scomparsa», come si legge nell’epigrafe-dedica di Angelo custode63, è colei la cui voce consolatoria risuona ancora nel petto del poeta orfano che le chiede in dono «il seme della luce»64. Com’è noto la madre è una figura centrale nella poesia di Ungaretti. Basterà ricordare un testo famoso come La madre di Sentimento del tempo65, composto dopo la morte della donna, Maria Lunardini, avvenuta nel 1929. Qui il poeta immagina di ricongiungersi con lei nei cieli quando sarà arrivata anche la sua ultima ora. La lirica ha l’aria di una preghiera accorata da parte del figlio che chiede alla cara genitrice di intercedere per lui presso Dio onde ottenerne il perdono. I due si prenderanno così per mano come quando la protagonista femminile era in vita. Ed ella tornerà a posare alfine, dopo una lunga attesa, il suo sguardo protettivo sul figlio G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 301. G. DOTOLI, Con mia madre, vv. 19-20 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 888). 63 G. DOTOLI, Angelo custode, Schena, Fasano 2005 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 665). 64 G. DOTOLI, Madre, v. 9 (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 906). 65 Ora in G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 198. 61 62 157 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI amato, vincendo il proprio carattere schivo e taciturno. Nel ricordo di lui si riaffaccia l’estremo istante dell’ora fatale in cui la madre, come un’ancilla Domini, consegnò la propria anima al Padreterno. Su questa falsariga, in termini di una supplica post mortem, si accampa il sonetto Raccomandazioni della madre nel già citato Un lampo l’infinito di Dotoli. Anche qui la memoria spazia fino a quel «giorno d’aprile» 66 in cui la madre del poeta, Orazia De Martinis, uscì di vita. Pieno di premurosi consigli per l’avvenire del figlio si caratterizza il commiato di lei dal mondo. La memoria materna sottintende il richiamo a quelle modeste origini su cui si innesta la vicenda biografica tanto di Dotoli quanto di Ungaretti. Il primo, con slancio affettuoso e paradigmatico, dedicherà i Sonnets intuitistes alla madre «paysanne», umile donna di un piccolo paese rurale e tuttavia nobile musa ispiratrice dei suoi versi («poète plus che le poètes dans l’istant poetique de la vie»). Il secondo, «nato dal popolo, da contadini che migliaia d’anni in un fiato di terra in San Concordio di Lucchesia si rifacevano quietamente, razza di una purezza come poche altre ramificate al chiaro»67, attinse nelle acque natie del Serchio che bagna le contrade della «gente» sua «campagnola», del «padre» e della «madre» suoi - come ricorda nella celebre lirica I fiumi - la materia semplice del suo canto vergine68. Quella stessa «innocenza dell’origine» che Dotoli in La fiumara del mio paese rivede specchiata nella «fiumara dell’infanzia», battezzata «il fiume della vita» 69. Ed è certo significativo che in questo stesso testo il Volturinese utilizzi l’istantanea dei «cioG. DOTOLI, Raccomandazioni di una madre, v. 2. G. UNGARETTI, Lettera a Papini del novembre ’18, in Id., Lettere a Giovanni Papini. 1915-1948, op. cit., p. 224. 68 Cfr. G. UNGARETTI, I fiumi, vv. 47-51, (ora in Id., Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 82). 69 Cfr. G. DOTOLI, La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 813. 66 67 158 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo toli rotondi levigati», quasi una vaga allusione all’Isonzo che ancora nei Fiumi «levigava/ come un suo sasso»70 il poeta di famiglia lucchese. L’accenno all’acqua ci riporta a un’altra delle simbologie attive negli scritti pugliesi di Ungaretti. L’incontro con la regione del Tavoliere si traduce per lui nella scoperta di quel prodigio di tecnica idraulica che al suo sguardo stupefatto è l’Acquedotto costruito sotto il fascismo, un’opera di ingegneria che viene accostata alle grandi architetture idriche di epoca romana. Il «miracolo»71 dell’acqua creato dalla scienza umana assomiglia al miraggio di un’oasi naturale in pieno deserto. Ed eccoci a un topos che ha avuto grande peso sulle strutture profonde dell’immaginario ungarettiano. «E già sono deserto» dice il poeta all’inizio del Sentimento del tempo72. E ancora: «Sono nato al limite del deserto - scrive l’autore - e il miraggio del deserto è il primo stimolo della mia poesia» 73. In Puglia egli riconosce il «sole belva»74 che nelle latitudini africane sferzò i suoi anni giovanili75. Per lui la regione apula è la «terra della sete» che, nell’incipit del reportage Alle fonti dell’Acquedotto, riaziona la memoria delle desolate sabbie egiziane: «Ho conosciuto il deserto. Da lontano, un filo improvviso di acqua chiara e viva faceva nitrire di gioia i cavalli»76. G. UNGARETTI , L’allegria , vv. 14-15, (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 81). 71 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 289. 72 G. UNGARETTI, O notte, v. 12, (ora in Id., Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 141). 73 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Saggi e interventi, op. cit., p. 817. 74 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit. p. 290. 75 Cfr. ad esempio il ricordo della «verdura estenuata dal sole» che apre Il paesaggio d’Alessandria d’Egitto, la prima delle Poesie disperse (G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit. p. 408). 76 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 325. 70 159 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI Anche l’infanzia pugliese di Dotoli, nella cui casa come in molte abitazioni povere del Sud Italia di alcuni decenni fa non c’era di che bere e di che lavarsi, ha dovuto fare i conti con la penuria di quella che i latini definivano la fonte della vita. Di qui «il canto dell’esile acqua» che nella poesia La fontana del paese77 accompagna la fatica delle donne intente alla raccolta del liquido prezioso. Agli occhi acerbi dell’autore l’apparizione di questa sorgente che mitiga la sete della sua siccitosa contrada è una specie di strano portento come lo spettacolo contemplato da Ungaretti delle fontane che zampillano tra i palmizi alle porte di Foggia. Queste polle costruite a regola d’arte sono la prova per il poeta ‘girovago’ che la Puglia dei primi anni Trenta non è più «un Sahara» 78. L’effigie del deserto nutre anche con dosi massicce la fantasia letteraria di Dotoli. Si tratta di un tema così assai frequentato nel corso di tutta la sua produzione in versi che in questa sede mi dovrò limitare a una sintesi essenziale ma indicativa. Mi piace richiamare innanzitutto l’attenzione sul recente Poema per il deserto scritto per un fascicolo della rivista di poesia «Marsia»79. In questo poemetto l’autore si presenta nelle vesti di «uomo del deserto e della terra», di «beduino della vita che va». Lo spazio per eccellenza del non-luogo, teatro del «vuoto» e dell’«assenza», si converte qui in un orizzonte interiore e spirituale dove fare esperienza di un’assoluta pienezza e presenza di senso. Illuminante sin dal titolo è poi una lirica come Deserto contenuta nella silloge La figura di cristallo e di cui mi interessa ora citare le prime due strofe: Nel vuoto del gelido mattino G. DOTOLI, Il mio paese, v. 25, op. cit., (ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 2, op. cit., p. 813). 78 G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 279. 79 I, 1, 2011, pp. 27-30. 77 160 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo deserto senza fine sterili terre gli occhi cercavano il nome sulla linea del seno di vento Paese di memoria arcana desideri aperti di libertà tempeste di umida sabbia dov’era la voce del canto?80 Le disabitate distese arenose sono lo sfondo vasto e sconfinato di un’affannosa ricerca di sé che collima con lo sforzo di ritrovare in questa solitudine immensa la voce stessa della poesia81. Il deserto è il luogo topico del «canto» poetico. Nell’ungarettiana In memoria, la notissima lirica dedicata alla morte per suicidio dell’amico Marcel, alias Moammed Sceab, si visualizza il drammatico frame dell’incapacità di questo innocente figlio del deserto naturalizzato francese di «sciogliere/ il canto/ del suo abbandono»82. Questa sequenza G. DOTOLI, La figura di cristallo, ora in Id., La rosa del punto. Opere poetiche, 1, op. cit., p. 220. 81 E cfr. la chiusa della prosa ungarettiana Il deserto: «Questi sono problemi del deserto, pratici se si vuole, ma anche, per chi non fa poesia a orecchio, ma la scopre invece nella vita, sommamente poetici. Nulla è indifferente al poeta perché tutto infine concorre com’è tradizione costante della buona poesia italiana, a fornirgli la parola dove il segreto delle varie esperienze s’illuminerà» (ID., Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p 83). 82 V. 19-21, da L’allegria (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 59). Come ha ben notato M. PORRO (Una figura sacrificale tra Ungaretti e Montale, in A. Fabris, W. Jung (sonderdruck aus), Charakterbilder. Zur Poetik des literarischen Porträts. Festschrift für Helmut Meter, Bonn University Press bei Vandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 2012, p. 532), «canto» è «parola chiave» dell’impianto poematico del Porto sepolto. Lo testimonia anche la collocazione strategica che il lemma deteneva nell’editio princeps del ’16, icasticamente inserito nel cuore di In memoria, testo che 80 161 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI - in cui voglio sottolineare che l’isolato sintagma «il canto» costituisce significativamente un verso a sé stante - è da leggersi senz’altro in senso «metapoetico»83. Autrement dit «canto» sta qui per «poesia»84. In compresenza opera il ricordo carsico delle nenie arabe delle carovane di beduini85, che formano un’eco lontana benché vivissima nell’orecchio teso dell’anima. Sono i ritmi ancestrali che hanno cullato il dolce e ingenuo tempo dell’infanzia. In Dotoli questi motivi cantilenati si intrecciano parimenti svariate volte al riflesso mnestico delle ninnenanne materne. Melodie intime che hanno scandito l’età dell’innocenza, colonne sonore che hanno accompagnato l’aprirsi da piccolo al grande mistero dell’esistenza. «Vecchi temi ossessivi» anche per Ungaretti, come il poeta spiega all’amico Piero Bigongiari in una lettera del 29 luglio 195586 di accompagnamento all’invio di tre ninnenanne, ora inserite nelle Nuove ritrovate87. Ma il deserto è anche il luogo della viandanza, lo spazio dell’erranza. Ungaretti è l’homo viator, l’individuo che nell’allestimento originario fungeva programmaticamente da prologo all’intera raccolta. 83 Ibidem. 84 Oltretutto il lemma «canto» torna di nuovo, declinato al plurale, nella lirica-insegna eponima della raccolta, in stretta ed eloquente duplice associazione prima con il nomen agentis «poeta» e poi con il nomen actionis «poesia». 85 Come ipotizza ancora Porro, Ungaretti potrebbe alludere qui anche «a eventuali canti della tradizione nomade propria di Sceab» (ibid.), sulla scorta, aggiungerei, del riferimento immediatamente precedente al ricordo della «cantlilena / del Corano» ascoltata sotto la tenda assaporando una tazza di caffè. 86 Cfr. G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit. p. 1234. 87 Ivi, pp. 478-479. 162 LA POETICA DELL’ILLUMINAZIONE: ... – Salvatore Francesco Lattarulo «cammina cammina» in Fase88, il «nomade d’amore» di Tramonto89, il «beduino» disteso al sole di Fiumi90, il poeta «in balia del viaggio» autoritrattosi in Lindoro di deserto91, il perenne «straniero» di Girovago92, il malinconico «trasmigrato» de L’affricano a Parigi 93. La sindrome dell’esule, del fuggiasco tra lande assolate e sperdute permea la vita di Ungaretti dalla giovinezza fino all’età matura. Tanto che nei Taccuini del vecchio così ancora si esprime: «Si percorre il deserto con residui/ di qualche immagine di prima in mente»94. E in fondo della Puglia egli ammirava soprattutto il fatto di essere meta di pellegrini95. Non a caso Pellegrinaggio è il titolo di una delle sue prime liriche apparse su «Lacerba». In sintonia con questa realistico-simbolica rappresentazione in movimento dell’io lirico, anche Dotoli fa leva sul motivo caratterizzante del deracinée. Esemplare è l’auto-identikit fornito in Memoria: «Erro nel deserto/ per sabbie senza fine»96. In Peripli, un testo perspicuo già a partire dal titolo, il «deserto lontano» è l’estremo punto immaginario del suo «vagare»97. Egli è un odierno clericus vagans che attraversa il deserto cercando l’armonia segreta del cosmo, lungo una rotta inesplorata e V. 1, da L’allegria (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie cit., p. 70). 89 Ivi, V. 3, (p. 66). 90 Ivi, V. 24, (p. 81). 91 Ivi, V. 11, (p. 62). 92 Ivi, V. 17, (p. 123). 93 Ivi, R. 1, (p. 130). 94 Strofa 5, vv. 1-2, (ora in G. Ungaretti, Vita d’un uomo. Tutte le poesie, op. cit., p. 315). 95 Cfr. G. UNGARETTI, Vita d’un uomo. Viaggi e lezioni, op. cit., p. 294. 96 È l’incipit di Per sabbie da Memoria (ora in G. Dotoli, La Rosa del Punto. Opere poetiche, 1, op. cit. p. 440). 97 Vv. 21 e 29, da Poetica (ora in G. Dotoli, La Rosa del Punto. Opere poetiche, 1, op. cit. p. 151). 88 163 FIGURE PAROLE IMMAGINI NELLA POETICA DI GIOVANNI DOTOLI dimenticata, sorretto dalla fede tenace nel messaggio poetico, che in ultima istanza si pone come unica risposta praticabile al grande interrogativo sulla creazione del mondo. Dotoli si autoritrae «corpo nomade in viaggio»98, «viaggiatore del messaggio puro»99, «viandante di luce assoluta» 100. Saldo è in lui il binomio «poesia e erranza»101. La sua è «erranza di parola»102. Per i due viandanti di sempre forse Parigi, città nella quale hanno, chi da una parte e chi dall’altra, temprato la loro indole poetica è stata la loro «terra promessa». Ma per ambedue la vera «terra promessa» è la poesia stessa. Essa sola è in grado di illuminare il mistero dell’essere al mondo, perché solo in essa si ricapitola in estrema sintesi tutta l’esistenza dell’individuo. Se è vero, com’è vero, che Ungaretti ha intitolato Vita d’un uomo l’intero suo corpus lirico e che Dotoli ha dato alla raccolta complessiva delle sue poesie in francese il nome di Je la vie. G. DOTOLI, I tuoi occhi, v. 8 (da Un lampo l’infinito, op. cit., p. 48). G. DOTOLI, Luce diffusa, v. 1 (ivi, p. 49). 100 G. DOTOLI, Flauto, v. 7 (ivi, p. 68). 101 Così recita il titolo di una lirica di Poetica (ora in G. Dotoli, La Rosa del Punto. Opere poetiche, 1, cit. p. 182) 102 È l’espressione eponima di un altro testo di Poetica (ibid.). 98 99 164