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ue sono gli elementi che l'articolo ' 27 della nostra Costituzione pone a fondamento del sistema penale: la pena non deve essere contraria al senso di umanità e deve tendere alla rie- ,· ducazione. Entrambi questi elementi sono miseramente stracciati, in primo Elena D'Incerti luogo da un dilagante uso populistico del diritto penale, che perverte la peDENTRO SANVITIORE na nel senso della vendetta; in seconMeltemi, 202 pp. , 16 euro do luogo,per le condizioni in cui materialmente le pene vengono erogate, degradando la dignità di coloro che coglie la propria esperienza biennale di sbagliano con il benestare di un senso insegnante nel carcere. L'impressione comune ormai appiattito sull'emotivi- che ha al primo ingresso è di depressiotà vendicatoria. Le celle sono sovraf- ne e intimidazione, e c'e solo da ilnmagifollate all'inverosimile, torride in nare quale sia lo spirito di chi vi entra · estate e gelate in inverno1 gli ambienti con la consapevolezza che non ne uscirà sono malsani e spesso manca l'acqua dopo poche ore, come i volontari. Le calda; la resistenza a tali condizioni è persone sono svuotate di ogni speranza; fiaccata dall'inutile passare del tem- il medesimo svuotamento che le accompo, che, appunto, dovrebbe essere vol- pagna quando, magari, terminata la peto alla risocializzazione, e invece è ri- na senza aver appr~so null'altro che la dotto a perdita di tempo, quando non a repulsione che la società prova nei loro una vera e propria scuola di illegalità. confronti, si trovano catapultate in un Condizioni umilianti, racchiuse in un mondo cambiato e senza punti di riferi· edificio che pare progettato per esse- mento, senza altra prospettiva che la rere intenzionalmente opprimente e cidiva. Il senso di umanità che D'Incerti brutto, che Elena D'Incerti racconta e le altre volontarie si impegnano a conin Dentro San Vittore, diario in cui rac- servare non è libero da certo timore in- D ILIIIB3IBTI dotto dall'immagine stereotipa del cattivo rinchiuso in questa specie di pattumiera sociale. Ma questo timore si scioglie e lascia presto spazio all'incontro con qualche cosa che, se la sorte assiste, nemmeno l'inutile e degradante pena carceraria riesce ad annichilire: l'altrui umanità, il senso di dignità che sopravvive, tenendo accesa rurgenza di osservare un possibile futuro, di prepararsi ad affrontarlo, di progettare una vita nuova, se solo le condizioni materiali lo consentono. Ma sappiamo che anche questa luce si può spegnere: oltre alla indefessa opera di trasformazione di un tempo vuoto in un tempo di promozione e recupero, vi sono numerosissime realtà di abbandono, in cui chi vive il carcere - detenuti e detenenti - hanno come unico orizzonte esistenziale la disperazione. Il 2024 sta registrando tassi di suicidi in carcere spaventosi o che, almeno, dovrebbero spaventarci. E non basta una superficiale cosmesi spacciata per umanizzazione del carcere a lenire ferite così profonde, a restituirci vite che abbiamo accettato dì sacrificare per un illusorio senso di sicurezza. (Carlo Crosato)