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2024, "Comune" https://comune-info.net/sul-materialismo-queer/
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Materialismo e rivoluzione: limiti di un paradigma. Urbino 7-8 nov.2017 La memoria che vogliamo attivare è ovviamente, per parafrasare il libro di un celebre psicoanalista, una memoria del futuro. Memoria del futuro significa una memoria che non è volta solo al passato, che non è cioè memoria ripetitiva e riproduttiva del passato. Giacchè come tale sarebbe immediatamente celebrativa ed apologetica. Mentre la memoria del futuro è la memoria che vuole guardare principalmente al futuro, ossia che vuole provarsi a costruire i possibili del futuro guardando agli impossibili del passato. Guardando non ai possibili ma agli impossibili del passato. Ossia alle ragioni intrinseche, costituzionali, della loro impossibilità. Affinchè dalla loro comprensione, dallo studio dell'impossibilità del passato, si possa provare a pensare la possibilità del futuro. Certo senza esimerci dal pensare emotivamente ed affettivamente alla storia di quella enorme, anche dal punto di vista quantitativo, umanità russa che ha vissuto il ciclo secolare degli anni della Rivoluzione Sovietica prima e dell'URSS dopo. E dico ciclo perché appunto nel disastro epocale dell'Unione Sovietica è come se la fine si fosse ritorta sull'inizio, consentendo di dare a quella storia di un secolo la figura di un episodio assai ben definito e conchiuso, tale da aver esaurito ogni sua provocazione di senso nel presente e dunque da essere facilmente dimenticato ed eliminato dalla mente delle future generazioni. Ma proprio per questo quella vicinanza emotiva che invece a noi ancora ci muove e ci commuove ci stimola ad analizzare secondo ragione critica quel passato, nei suoi limiti strutturali, nella sua originaria impossibilità e ad estrarne la lezione per l'avvenire. Anche perché, per noi che per passione e per dovere frequentiamo la storia della filosofia, non possiamo dilungarci in considerazioni storiche e politiche, economiche e politiche, la cui ricostruzione tocca ad altre competenze e che in genere collocano il loro oggetto d'analisi in un campo di relazioni diacroniche scandite dal divenire e dal modificarsi nel tempo.
Oltre il binarismo? La riflessione femminsita e queer, 2023
Questa ricerca si pone l’obiettivo di indagare cosa abita lo spazio che oltrepassa il binarismo di genere, e, prima ancora, di comprendere perché è necessario il superamento e la decostruzione di questo sistema e in che modo sia possibile attuarlo. L’elaborato è strutturato e diviso in tre parti. La prima parte espone una breve storia della comunità queer e degli studi di genere, vendo come obiettivo quello di delineare solo gli elementi essenziali e utili alla ricerca. Il secondo capitolo analizza le ragioni pratiche e teoriche che spingono a proporre l’abolizione o il superamento del binarismo. L’ultima parte avrà il fine di approfondire il cambio di focus del dibattito accademico avvenuto negli anni Novanta che ha visto il passaggio dalla forte differenziazione tra sesso e genere al considerarli enti provenienti dalla medesima matrice: il binarismo.
Indecent Theology: The queer God. Nell'affrontare il commento di questo libro mi sono premurato di suffragare ogni mia affermazione e giudizio con la citazione delle ipsissima verba dell'autrice, il cui saggio ho letto anche nella versione originaria in lingua inglese. La casa editrice Claudiana di Torino nella collana Piccola biblioteca teologica ha offerto per la prima volta al pubblico italiano il saggio il Dio queer della pensatrice argentina Marcella Althaus Reid, deceduta nel 2009 ad Edimburgo presso la cui università insegnava da alcuni anni teologie contestuali. Il libro è preceduto da un'ampia presentazione di Gianluigi Gugliermetto che l'ha egregiamente tradotto ed è seguito da una postfazione di Letizia Tomassone. L'autrice, da annoverarsi tra le principali epigoni del pensiero queer, aveva già pubblicato nel 2000 un altro saggio all'emblematico titolo Indecent Theology: Theological Perversions in Sex, Gender and Politics. Per cercare di comprendere i motivi ispiratori del libro giova innanzitutto soffermarsi sul termine queer che nella lingua inglese era originariamente sinonimo di strano, eccentrico e singolare, ma che l'inizio del secolo scorso ha cominciato a contrassegnare tutto ciò che non è eterosessuale. Coglie indubbiamente nel segno Claudio Canal quando, dopo aver ricordato che utilizzare l'espressione "teologia queer," è anche un'operazione politica, fa opportunamente notare che in italiano sarebbe come parlare di "teologia frocia" o "teologia finocchia" giusto per rendere l'idea dispregiativa! 1 Ma qual è l'oggetto di questo new trend queer che l'autrice stessa nel saggio citato precedentemente aveva appunto definito indecent? Per dirla con le sue stesse parole, il Dio Queer è un libro che riguarda questa riscoperta di Dio al di fuori dell'ideologia sessuale che è stata prevalente nella storia del Cristianesimo e della teologia. Per fare questo, è necessario facilitare il coming out di Dio, la sua uscita dal nascondiglio, attraverso un processo di queering teologico. Con questo s'intende un'interrogazione deliberata dell'esperienza e del pensiero eterosessuali che hanno dato forma ai nostri concetti di teologia, di ermeneutica e del ruolo di chi fa teologia. 2 Il fine proposto quindi è quello di prendere i corpi sul serio, 3 di smantellare l'ideologia sessuale della teologia, 4 di disfare la teologia totalitaria, 5 di pervertire la teologia cristiana, togliendo alla teologa le mutande che ancor stanno li a darle una reputazione, 6 di scandalizzare, di ripensare 1 Dall'articolo Il Dio queer. Quando l'amore divino rompe la gabbia della decenza di Claudio Canal pubblicato sul Manifesto dell'11 dicembre 2014. 2 Pag. 47 op. cit. 3 Pag. 71 op. cit. 4 Pag. 46 op. cit. Affinché nessuno abbia dubbi sul fine eversivo che sottintende il suo pensiero l'autrice scrive: le teologie queer vanno in diaspora adottando tattiche di occupazione temporanea, pratiche scompaginati che non devono essere necessariamente essere ripetute e riflessioni il cui scopo è quello di sconcertare. Pag. 55 op. cit. 5 Pag. 55 op. cit. 6 Pag. 65 op. cit.
2021
Questo saggio sulla questione dell'ecologia e della natura, vista in senso eminentemente filosofico e inquadrata nella situazione storica odierna, si divide in due parti. In una prima parte, sintetizzerò le linee fondamentali del mio libro Per un paradigma del corpo: una rifondazione filosofica dell'ecologia 1 , in cui, sulla scia di ricerche di un paio di decenni, ho affrontato tale argomento da diversi punti di vista. In una seconda parte, dato che quel volume risale ormai a due anni fa, darò conto di alcuni sviluppi ulteriori, ponendo qualche interrogativo critico sull'incontro finale fra Merleau-Ponty e Heidegger e cercando di abbozzare una direzione nuova, che va verso il rinnovo di una filosofia materialista. 1. Natura, corporeità e Terra: un ritorno alla biologia Dato che la proposta centrale del libro è proprio quella di un nuovo paradigma ecologico della corporeità, comincerò proprio da questo tema; ma questa proposta si connette a delle premesse di carattere storico-politico e storicofilosofico: a un bilancio dell'epoca che va dagli anni Ottanta ai primi anni del nuovo millennio e a un riesame critico della filosofia che in quegli anni dominò, il postmoderno e, più in generale, l'ermeneutica. Crisi economica, crisi geopolitica, crisi ecologica e pandemica hanno oggi reso particolarmente obsoleto il postmoderno come fu schizzato (quello di cui parlo è ovviamente un idealtipo) nel celebre pamphlet di Lyotard 2 . L' idea centrale di esso era che fosse finita la produzione materiale, per essere sostituita da quella di informazioni: che il mondo non fosse che linguaggio diventava una verità letterale dell'economia; e questo comportava tutta una serie di conseguenze riguardanti la fine della modernità, fra cui l'idea che della natura e della materia -ormai ridotte, appunto, a linguaggio -non si dovesse più parlare. Tutte queste tesi hanno dimostrato la loro debolezza: la produzione non è scomparsa, ma si è in parte trasformata, in parte delocalizzata; e questo non ha significato che le società avanzate si siano utopicamente liberate dal peso del lavoro materiale: al contrario, le nostre società sono afflitte da anomia, nuove povertà, disoccupazione. E soprattutto, la crisi ecologica ha dimostrato che il congedo dall'idea di natura era un errore: il degrado del nostro ambiente è ormai tale che, dietro la crisi del paradigma postmoderno e ermeneutico, fa capolino quella dell'intera era dell'industrializzazione, iniziatasi a fine Settecento: il postmoderno vero, l'autentica fine della modernità ha come suo contenuto questo aspetto della modernità: il suo progetto prometeico di dominio della natura, l'idea, che è stata ad esso sottesa, che la natura fosse un mero oggetto. È a partire da questa constatazione che ho pensato di dover parlare della necessità di un nuovo paradigma. Laddove, dagli anni Ottanta in poi, la parola d'ordine era stata: linguaggio, fine della storia come accesso a possibilità infinite, virtualizzazione come liberazione da tutti i limiti, il nuovo paradigma che si impone è: corpo,
2019
Il problema del tempo è uno degli enigmi più misteriosi della fisica moderna. Il primo rompicapo è cosmologico: per capire il tempo, gli scienziati parlano di una "prima causa" o "condizione iniziale"; tuttavia per determinare le condizioni iniziali di un sistema, occorre prima conoscere il sistema stesso nella sua totalità, effettuare misurazioni di posizione e velocità delle sue componenti e così via. Ciò pone un insormontabile ostacolo quando si tenti di indagare le origini dell'Universo in quanto non è possibile avere una visione dall'esterno; in altri termini, non è consentito uscire dal sistema in quanto il sistema stesso è tutto ciò che esiste.
Nipoti di Maritain, 2017
È possibile una teologia "queer"? Per rispondere a questa domanda occorre capire cosa sia la teologia queer e discuterne la "legittimità" 1 e "fecondità/fruttuosità" 2 .
queer sembra ricondurre direttamente al tedesco quer queer lo statuto linguistico di un'iperonimia, di un termine-ombrello utilizzato in riferimento a soggetti la cui identità sessuale differisce da quella strettamente cisgender eterosessuale: è esercitata sul desiderio soggettivo da parte di precisi dispositivi di potere eteronormativi dai gender studies Laurentis coniò l'espressione teoria queer nell'introdurre un intervento sull'omosessualità all'Università della California . Le teorie queer: un'introduzione, bametodologie, opinioni e punti di vista differenti. La domanda sorge spontanea: è possinell'introduzione all'antologia di teoria queer Canone inverso : la costituzione di un * Università degli studi di Milano-Bicocca, e.tarasconi@campus.unimib.it , «Differences: a Canone Inverso: Antologia di teoria queer
2006
Teorie dell'avanguardia tra materialismo e idealismo.
Sulla produzione della materialità corporea
Il focus del discorso ruota attorno a ciò che Federico Zappino chiama "modo di produzione eterosessuale". Cosa si intende con tale espressione? Se il modo di produzione capitalistico è incentrato sul rapporto tra capitale e lavoro, tale rapporto però non è sospeso nel cielo, si innesta a sua volta su una relazionalità sociale preesistente, strutturatasi e sedimentata in epoche passate, fondata su processi di soggettivazione gerarchicamente ordinati, contenenti rapporti di genere e sessuali connotati dall'esercizio di forme di dominio. In questo senso il conflitto di genere e sessuale finisce per attraversare e fratturare lo stesso conflitto di classe, in quanto c'è alla base una silenziosa ontologia gerarchica dei corpi, dove la materialità corporea si trova fin dall'inizio inscritta e di conseguenza prodotta in forma binaria come maschio o come femmina. Tertium non datur e neanche il neutro (neuter, né l'uno né l'altro). L'eterosessualità viene così a configurarsi come quella forma razionale che presiede a una specifica produzione della materia, sovraintendendo alla trasformazione di ogni corpo in un genere e garantendo l'inclusione quanto l'esclusione sociale, in base all'accettazione o meno di tale procedura. Ed è proprio questo modo soggiacente di produzione delle risorse umane e simboliche che informa e organizza tutta la societàeconomia e politica comprese -la quale la riconosce e la utilizza in quanto funzionale a suoi scopi. Tutto ciò è ancora di più valido nella misura in cui inseriamo questi discorsi nella situazione socio-economica presente, quella che in termini marxiani viene designata come sussunzione reale, intendendo con tale espressione quel processo in cui la vita intera è assoggettata al capitale in una maniera intensiva, organica e funzionale. E' tutta la ricchezza riproduttiva sociale a venire capitalizzata e messa al lavoro nel nostro tempo, con la conseguenza che bisogni e desideri vengono soddisfatti nella forma dello scambio mercantile, cosicché tutta la produzione della vita, attraverso una serie di circuiti multipli, si trova risucchiata nella valorizzazione del capitale. In breve: lavoro e vita sempre più si sovrappongono e si confondono. Il soggetto stesso diviene "imprenditore di sé stesso" e nella società proliferano "fabbriche del soggetto" (che è pure il titolo di un libro poco conosciuto di Toni Negri uscito negli anni Ottanta). A cosa serve tale riflessione? Se è vero che oggi, tanto a livello locale che globale, vediamo profilarsi i lineamenti di un capitalismo reazionario, fondamentalista e sovranista, con tratti marcatamente autoritari e discriminatori, quindi razzisti, sessisti e abilisti, è pure vero che sullo sfondo assistiamo da tempo alle manovre su larga scala di un capitalismo più "maturo", liberal, rainbow, inclusivo, il quale vuole promuovere la diversità nei luoghi di lavoro (diversity management) e incorporare nell'economia di mercato bisogni e desideri di soggetti minoritari (per lo più provenienti da classi sociali medio-alte), definendo così comportamenti, estetiche, modelli di consumo e canoni pubblicitari ad hoc. Fondando tutto ciò -sottolinea a più riprese Federico Zappinosempre sulle ferree logiche del mercato da un lato e sul disciplinamento dell'inclusività dall'altro, certamente non sull'eliminazione dei presupposti dell'esclusione, vale a dire l'esistenza del modo di produzione eterosessuale.
Sulle alleanze dei corpi
Ma il modo di produzione eterosessuale non è l'unica forma di diseguaglianza in cui si esplica l'organizzazione attuale della società insieme allo sfruttamento di classe. Giustamente nel libro ne vengono enucleate altre, come il razzismo, il sessismo, l'abilismo e, il più antico fra tutti, lo specismo. Dentro questi presupposti come sovvertire queste ontologie gerarchiche dei corpi per liberarci dall'assoggettamento di questi marcatori identitari e costruire il comune? Personalmente credo che il "queer come dispositivo" possa costituire un attrezzo efficace anche fuori dalle questioni di genere. Queer in un'accezione estensiva, come utensile ermeneutico per smontare in primis le fissazioni identitarie ed essenzialiste che possono allignare nelle pieghe delle nostre soggettività e della nostra quotidianità, ostacolando la relazione con la pienezza della vita e il suo divenire. In questo modo significa anche rendere queer lo stesso lavoro intellettuale, incominciando a rendere "strana" la teoria, trasgressiva, non ordinaria, non conforme ai canoni, sfidando una buona volta ciò che convenzionalmente viene definita teoria dagli ambienti accademici. In questa prospettiva il comunismo queer tratteggiato in queste pagine può allora incontrare e dialogare con altre forme di comunismo elaborate in questi anni, anch'esse poco conformi a letture dogmatiche, per dare vita a ciò che Foucault chiamava un'"insurrezione dei saperi assoggettati", un patchwork multiforme, un assemblaggio tutto orizzontale di pratiche e di conoscenze. In particolare sto pensando (ma altri nomi si potrebbero fare) ai contributi di due autori che ci hanno lasciato troppo presto: David Graeber e Mark Fischer. Sono sincero: non so quanto Zappino possa condividere le presenti riflessioni, le offro come contributo alla discussione da tempo in corso sulla costruzione di un nuovo paradigma politico. Graeber parlava spesso di "comunismo della vita quotidiana" (everyday communism), indicando una pratica all'opera qui e ora, senza nome e senza volto, per questo motivo spesso invisibilizzata (ne parla diffusamente nel suo Debito, Milano, Il Saggiatore, 2012). In altre parole, comunismo per Graeber è qualsiasi relazione umana operante secondo il principio "da ciascuno secondo le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni". Pertanto il comunismo è la materia prima di ogni forma di socialità, è il riconoscimento della nostra fondamentale interdipendenza (o, detto diversamente, la rivalutazione positiva della nostra costitutiva condizione di dipendenza), è qualcosa che è esistito ed esiste in ogni società umana, anche adesso, proprio in questo momento, laddove, pur con tutte le difficoltà che il presente attuale impone, si lavora e si collabora secondo principi egualitari, di solidarietà e di mutuo appoggio. Non sono posizioni nuove, riecheggiano infatti i temi della rivoluzione e dell'autogestione della vita quotidiana di matrice situazionista (penso soprattutto a Raoul Vaneigem) o le tesi di Toni Negri secondo cui il capitalismo sfrutta forme di cooperazione esistenti in gran parte a prescindere da esso. Il pregio dello sguardo di Graeber risiede nel sottrarre il comunismo alle rigidità dei cieli dell'ideologia, con i suoi mondi a venire richiedenti sacrifici senza fine, per ricondurlo al qui e ora, a una "militanza della gioia" -per usare una felice espressione di Silvia Federici -nel saper configurare obiettivi tangibili da raggiungere nel presente, i quali si distendono comunque lungo un orizzonte senza limite. Dal canto suo Mark Fischer nei suoi ultimi scritti (cfr. Il nostro desiderio è senza fine, Roma, Minimum fax, 2020) usava l'espressione iperbolica "comunismo acido" (acid communism), con la quale intendeva sottolineare i processi di costruzione della realtà, la sua plasticità contro la prospettiva totalitaria dell'attuale realismo capitalista (ben divulgato col mantra thatcheriano there is no alternative). Come Graeber, anche Fischer sosteneva la necessità di volgere l'attenzione a ciò che il capitale è costretto a ostacolare, vale a dire la capacità produttiva collettiva, il prendersi cura, la gioia di vivere, appunto.
Al realismo capitalista Fischer opponeva (anche, non solo) la "coscienza psichedelica" emersa negli anni Sessanta/Settanta, cogliendo in essa proprio la componente demistificatoria verso una concezione ingessata e rassegnata della realtà, per far emergere una prospettiva talmente radicale da promettere una democratizzazione e una politicizzazione delle stesse mappe cognitive che producono ciò che viene esperito come realtà. Tutto ciò per giungere a costruire un'altra idea di realtà che -partendo dalla sovversione delle attuali condizioni sociali, con tutte le matrici di oppressione imposte alla materialità vivente, come ribadito da Federico Zappino, -possa riconoscere, comporre, ricomporre e celebrare la vita nella sua multiformità, ciò che in fondo il capitalismo nella sua storia ha pervicacemente diviso, incasellato e sfruttato. Perché -dinanzi alla crisi planetaria in cui siamo immersi, con le sue guerre, emergenze ecologiche, pandemie, migrazioni ecc. -è ciò di cui abbiamo un grande bisogno oggi.
Physical Review D, 2014
Journal of Fish Biology, 1987
Comptes Rendus Mécanique, 2004
Journal of Cell Science
JAWRA Journal of the American Water Resources Association
International Journal of Andrology, 1991
Albert Speer Architecture 1932 1942 by Leon Krier
Proc. 9th International Conference on Hydroinformatics (HIC 2010), 7-11 September 2010, Tianjin, China, 1214-1221., 2010
SSRN Electronic Journal, 2000
Cahiers d’ethnomusicologie. Anciennement Cahiers de musiques traditionnelles, 2016
SYRIANS UNDER TEMPORARY PROTECTION IN TURKEY: FINDINGS AND RECOMMENDATIONS, 2019
Ciencias sociales y humanidades, 2023
Physiological Entomology, 1981
Pediatric and Developmental Pathology, 2004
O ESTÁGIO SUPERVISIONADO EM AMBIENTE HOSPITALAR COMO CONTRIBUIÇÃO PARA A FORMAÇÃO PEDAGÓGICA DE CRIANÇAS HOSPITALIZADAS
Journal of Asthma, 2019
Buddhist Encounters and Identities Across East Asia, 2018