Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

Girolamo Menghi, esorcista viadanese del Cinquecento

Il saggio narra di Girolamo Menghi, teologo ed esorcista che visse tutte le vicissitudini religiose dovute al tumultuoso periodo della Controriforma e che venne direttamente coinvolto nelle dinamiche di quegli anni. L’analisi della sua vita e del suo pensiero riflette tutte le difficoltà che doveva affrontare chiunque decidesse in quegli anni di intraprendere l’attività di esorcista. The essay is about Girolamo Menghi, a theologian and exorcist who lived during the Counter - Reformation, directly involved in the religious dynamics that characterized those years. The analysis of his life and thought reflects the difficulties anyone would encounter when undertaking the hard job of the exorcist.

103 DAVIDE BALZANO GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO Introduzione Il 9 luglio 1609, dopo una lunga vita sicuramente non priva di avventure, si spegneva a Viadana, sua città natale, Girolamo Menghi, uno dei più grandi (se non addirittura il maggiore) esorcisti di tutti i tempi, dotto teologo e intellettuale. Da allora la sua figura, per quanto assai ben conosciuta nell’ambiente religioso sino alle soglie del diciottesimo secolo e altrettanto nota tra i cultori dell’argomento, non è mai stata oggetto di un vero e proprio studio, né antropologico, né filosofico, né storico. Per quanto questo possa stupire, va detto che questo campo è tutt’oggi uno dei meno esplorati nell’ambito della ricerca e sono ben poche le pubblicazioni che prendono in esame aspetti così specialistici della storia del pensiero religioso; non è dunque così scandaloso che di quest’autore si trovino nelle librerie (se si è fortunati), solo due testi, la ristampa anastatica della sua prima opera e una traduzione di una successiva; «ho compiuto un primo passo in un campo per lo più inesplorato»1, scriveva D. P. Walker nel suo scritto (risalente al 1981) sugli esorcismi francesi e inglesi a cavallo del diciassettesimo secolo, e lo stesso si potrebbe dire per la presente ricerca, un’analisi certamente nuova di un personaggio ancora oggi da scoprire nella sua interezza, da inserire appieno nel suo panorama storico e da valorizzare per il contributo culturale che è in grado di fornire. Per questo motivo riportare alla ribalta una figura quale quella di Girolamo Menghi è un’opportunità in grado di stimolare ulteriori riflessioni su un’epoca e un settore che ha ancora molto da dare. Girolamo Menghi da Viadana: la vita e le opere L’epoca della controriforma, uno dei periodi più travagliati della storia, fu caratterizzato da un continuo susseguirsi di avvenimenti e dibattiti religiosi d’indubbio valore spirituale e intellettuale, nei quali si distinsero figure, ecclesiastiche e non, che lasciarono una pesante impronta della loro esistenza, permettendo agli studiosi odierni di analizzarne la vita e il pensiero nei minimi dettagli 1 D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo: Francia e Inghilterra tra Cinque e Seicento, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1984, p. 4. 104 DAVIDE BALZANO (basti ricordare quella di Giordano Bruno, condannato al rogo nel 1600 proprio a causa delle sue idee poco consone alla dottrina cattolica). Tra questi, tuttavia, ve ne fu uno la cui fama non mancò di varcare i confini nazionali2, ma del quale si conosce tutt’oggi ben poco, per quanto ci siano giunte in forma completa tutte le sue opere: Girolamo Menghi, nato a Viadana nel 1529 e ivi morto all’età di ottant’anni il 9 luglio 16093, fu una figura di spicco in campo teologico e demonologico, autore di rilevanza assoluta nel campo dell’esorcistica, arte in cui fu considerato massimo esperto sia prima che dopo la morte4. Non si conosce l’ambiente in cui crebbe, né si sa se appartenesse a una famiglia povera, benestante, tradizionalmente legata alla chiesa o meno; gran parte delle informazioni sulla sua vita sono reperibili nella cronaca della Chiesa mantovana del minore osservante Ippolito Donesmondi e nella lapide commemorativa che sin dal 1632 si stagliava nella demolita chiesa di San Francesco di Viadana; oltre a queste fonti, esiste una gran quantità di documenti di origine ecclesiastica dai quali trarre ulteriori notizie in grado di far luce sulle peripezie che il frate viadanese affrontò e descrisse nel corso della sua lunga esistenza5. Di certo si sa che nel 1549, a soli vent’anni, entrò nell’ordine francescano dei frati osservanti (allora detti “zoccolanti”), del quale 2 Alle idee dell’autore viadanese sembrano accostarsi più volte gli esorcisti francesi impegnati, tra il XVI e XVII secolo, in numerosissimi rituali su indemoniati; nonostante questi fossero probabilmente svolti a fini puramente propagandistici per combattere l’eresia ugonotta, si può constatare come sia la sintomatologia che l’esorcismo in sé segua fedelmente lo schema tratteggiato da Girolamo Menghi. Per approfondire l’argomento si veda: P. LOMBARDO, Il secolo del diavolo, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2005; D. P. WALKER, Possessione ed esorcismo...cit. 3 G. MENGHI, Il flagello dei demoni, traduzione di L. Dal Lago, Vicenza, Neri Pozza Editore, 1997, p. 9. Vi è una discordanza tra quanto afferma Dal Lago e quanto riportato sulla lapide commemorativa presente, sin dal 1632, nella demolita chiesa di San Francesco di Viadana, la quale indica l’8 luglio come giorno della sua morte. È probabile che il Dal Lago abbia consultato altri documenti su cui è riportata un’altra data. 4 Sulla figura di Girolamo Menghi e sui non unanimi giudizi sulla sua opera cfr.: A. PARAZZI, Origini e vicende di Viadana e suo distretto, Viadana, Nicodemo Remagni, 1894-1899, vol. II, p. 140; G. TASSONI, Girolamo Menghi o dell’arte esorcistica, «La Martinella di Milano», 1965, fasc. 3, pp. 113-120; G. VOLPATO, Girolamo Menghi o dell’arte esorcistica, «Lares», LVII, lug. set. 1991, pp. 381-397. 5 Le indicazioni bibliografiche utili a una ricostruzione della vita di Girolamo Menghi si trovano in Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi di Ottavio Franceschini, postfazione della ristampa anastatica del Compendio dell’arte Essorcistica di Girolamo Menghi, Genova, Ed. Nuova Stile Regina, 1987; informazioni pressoché analoghe sono rintracciabili nella nota del traduttore di Luigi Dal Lago di G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., pp. 9-10. GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 105 avrebbe fatto parte sino alla morte6; l’epitaffio presente sulla sua lapide, nonché i vari documenti che ne parlano, descrivono il monaco viadanese quale religioso esemplare, dotto teologo, conosciuto anche nelle sfere più alte della chiesa, autore ed esorcista di massimo rilievo. La sua formazione si protrasse per circa un ventennio, probabilmente nel convento bolognese dell’Annunziata, riconosciuto nel 1451 quale uno dei centri di studio ufficiali dell’Ordine7, luogo in cui le conoscenze di carattere teologico del Menghi non conobbero limiti, permettendogli di consultare autori di ogni epoca sapientemente citati nelle diverse opere da lui redatte. Erudito circa la tradizione cattolica, già segnato da un lungo apprendistato e circondato da luoghi di fama esorcistica, quale il Duomo di Modena, dedicato a San Gimignano, famoso per il suo potere sui demoni o la catena di San Vicinio, conservata oggi a Sarsina in provincia di Bologna e anch’essa celebre per la sua efficacia nello scacciare i maligni, Girolamo Menghi poté finalmente intraprendere una carriera, quella dell’esorcista, che gli avrebbe dato la fama di cui tutt’oggi gode. Dacché ebbe modo di agire in modo indipendente, il frate divise la sua vita tra l’attività di scrittore e quella di sacerdote itinerante al servizio dell’umanità nella lotta contro il diavolo, un nemico reso ancor più manifesto dalla pesante atmosfera creatasi in seguito alle varie iniziative intraprese dalla Chiesa in nome della Controriforma. Molti dei casi da lui affrontati o conosciuti tramite i resoconti di altri individui vengono esposti nei suoi stessi scritti, e fanno capire quale fosse la mentalità con cui egli svolgeva la sua pratica: Girolamo Menghi «tende a vedere dovunque influenze diaboliche, anche nelle malattie fisiche, nelle avversità metereologiche e in ogni altro tipo di calamità»8. Non esiste per lui alterazione fisica o dello spazio che non possa avere origine nell’intervento demoniaco, e compito dell’esorcista è quello di mettere in fuga il demone per eliminare la sua influenza maligna. L’istruzione, le modalità d’azione e le accortezze che i sacerdoti dovranno conoscere per intraprendere questa strada vengono accuratamente elencate e descritte nelle cinque principali opere del frate di Viadana, uscite tutte nell’ultimo quarto del XVI secolo, ma riviste e ripubblicate anche in seguito. La prima di queste è il Compendio dell’arte essorcistica et possibilità 6 Ogni riferimento a vita e opere di Girolamo Menghi è ripreso dalle fonti citate in nota 3. O. F RANCESCHINI , Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi (1529-1609), postfazione...cit., pp. III-XIX. 8 G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., p. 10. 7 106 DAVIDE BALZANO Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Compendio dell’arte essorcistica, Et possibilità delle mirabili, & stupende operationi delli Demoni, et de i Malefici. Con li rimedi opportuni alle infermità Maleficiali, Venezia, Paolo Ugolino, 1601. Viadana, Biblioteca Comunale “Luigi Parazzi”, Fondo Antico. GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 107 delle mirabili et stupende operationi delli demoni et de’ malefici; con li rimedij opportuni alle infermità maleficiali, stampato a Bologna per i tipi di G. Rossi nel 15769 e ampliato nel 1582 e nel 1601; l’opera è dedicata a Giulio Feltri della Rovere, l’allora protettore dell’Ordine Francescano, e, pur essendo la prima da lui scritta, può senza dubbio essere considerata l’opera più importante di quest’autore, dato che racchiude tutto il sapere menghiano, esplicando in modo esauriente ogni aspetto della teologia demonologica e fornendo gran parte delle informazioni necessarie al sacerdote esorcista. Il modello del Compendio ricalca pesantemente quello di un’opera ecclesiastica decisamente più conosciuta e diffusa, cioè il Malleus Maleficarum di I. Sprenger e H. Institoris, trattato la cui influenza sarebbe giunta sino alle soglie del settecento riscuotendo un successo pressoché unanime. Composto tra il 1486 e il 1487, quest’ultimo si divide in tre parti, le quali esaminano e forniscono le indicazioni fondamentali circa il trattamento di una strega: nella prima si discute della reale esistenza delle fattucchiere, si confutano i miscredenti, si espone come queste collaborino col diavolo, i loro rapporti e le operazioni da esse svolte; nella seconda parte si elencano i rimedi e le precauzioni approvate dalla Chiesa utili a chi decidesse di affrontarle; nella terza e ultima infine viene redatta la metodologia con cui condurre un processo di stregoneria. Allo stesso modo, il Compendio viene diviso in tre libri, ognuno relativo a un preciso ambito della teoria di Girolamo Menghi: il libro primo descrive l’origine dei demoni, le loro capacità, il modo in cui irretiscono gli uomini e agiscono sul mondo e il perché fanno tutto ciò; il successivo è denominato «Dove si tratta delle mirabili e stupende operazioni dei malefici, fatte con l’aiuto diabolico»10 si occupa invece della figura della strega, «ovvero strigimaga»11, cioè di quegli individui, principalmente donne, che stringevano patti col diavolo o sfruttavano i poteri dei demoni per insidiare altri uomini; la terza è dedicata ai rimedi utili a combattere sia i primi che i secondi, e fornisce anche qualche indicazione al sacerdote sul «modo che deve tenere l’esorcista nello scongiurare»12. 9 Vi è in questo caso una leggera discordanza tra quanto riportato da Ottavio Franceschini e Luigi Dal Lago, poiché quest’ultimo indica il 1579 quale data di pubblicazione; è tuttavia molto probabile che egli si riferisse a una seconda edizione, evidentemente quella da lui esaminata, dal momento che la copertina originale del Compendio non lascia dubbi e riporta proprio il 1576 nella dicitura MDLXXVI. 10 Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 74. 11 Ibidem. 12 Ivi, p. 291. 108 DAVIDE BALZANO Dopo appena un anno, sempre per i tipi di Giovanni Rossi, viene alla luce la seconda composizione del Menghi: il Flagellum daemonum, seu exorcismi terribiles, potentissimi, efficaces. Remedia probatissima in malignos spiritus expellendos fatturasque et maleficia effuganda de obsessis corporibus. Cum suis benedictionibus et omnibus requisitis ad eorum expulsionem, dedicato al cardinale Gabriele Paleotti, vescovo di Bologna. Anche questa volta il testo è diviso in due sezioni: viene difatti esposta precedentemente la «dottrina bellissima e necessaria agli esorcisti per scacciare gli spiriti maligni dai corpi degli indemoniati»13, indirizzato specificatamente al sacerdote, alla preparazione che questi deve avere e ai tranelli che i demoni escogitano per ingannare l’esorcista, quindi vengono trascritti sette «esorcismi terribili e potentissimi»14. Nelle versioni latine, inoltre, a questi erano spesso uniti i remedia probatissima in malignos spiritus expellendos15, una serie di provvedimenti sia spirituali che sensibili in grado di agevolare la liberazione dell’ossesso. Risale invece al 1584 il Fustis daemonum, adiurationes formidabiles, potentissimas et efficaces in malignus spiritus fugandos de oppressis corporibus humanis. Ex sacrae Apocalypsis fonte variisque sanctorum Patrum fausta, complectens… Opus sane ad maximam Exorcistarum commoditatem nunc in lucem editum, anch’esso composto da un’introduzione teorica e una raccolta di esorcismi. Quest’opera stampata a Bologna da Giovanni Rossi viene dedicata a Francesco Gonzaga, eminente figura ecclesiastica e ministro generale dell’Ordine Francescano. La terza raccolta di esorcismi esce nel 1588 ed è intitolata Eversio daemonum e corporibus oppressis, cum divorum, tum aliorum auctorum potentissimo set efficaces in malignos spiritus propulsando set maleficia ad energumenis pellenda, continens Exorcismos. Ab innumeris mendis, quibus tam temporum iniuria, quam hominum incuria scatebant expurgatos, variisque Documentis ac Rubricis, cum suis Benedictionibus exornatos… nunc primum in luce edita, seguita, nel 1596, dal Fuga daemonum, adiurationes potentissimas, et Exorcismos formidables, atque efficaces, in malignos spiritus expellendos et maleficias ab energumenis pellenda. Ex Sacris Canticis variisque nostrae Fidei Mysteriis, necnon ex Sacrorum Patrum aucthoritatibus fausta pulcherrime continens… Opus sane ad maximum Exorcistarum commoditatem oppressorumque utilitatem 13 G. MENGHI, Il flagello dei demoni...cit., p. 11. Ivi, pp. 45-167. 15 Ivi, p. 10. 14 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 109 Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Flagellum daemonum, exorcismos terribiles potentissimos, et efficaces, Venezia, Domenico Maldura, 1584. Il libro è rilegato con Fustis daemonum, adiurationes formidabiles, potentissimas, & efficaces in malignos spiritus fugandos de oppressis corporibus humanis,Venezia, Domenico Maldura, 1584. Viadana, Biblioteca Comunale “Luigi Parazzi”, Fondo Antico. 110 DAVIDE BALZANO Frontespizio del volume di Girolamo Menghi, Tesoro celeste della gloriosa madre di Dio Maria Vergine. Nel quale si ragiona del vero Culto, & adoratione, che si deve alle Sacrosante Imagini, Bologna, eredi Giovanni Rossi, 1607. Viadana, Biblioteca Comunale “Luigi Parazzi”, Fondo Antico. GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 111 nuper in lucem editum. Cui etiam addita sunt eiusdem Auctoris Remedia in malignos spiritus expellendos stampata a Venezia dagli Eredi Giovanni Varisco e indirizzata nuovamente a Francesco Gonzaga, divenuto nel frattempo vescovo di Mantova. Visto il grande numero di citazioni che si susseguono nel corso delle sue opere, non è difficile risalire a quali fossero le principali fonti cui s’ispirò: oltre al già nominato Malleus Maleficarum, sicuramente Silvestro Priero e Paolo Grillando occupavano un posto particolare nella sua biblioteca, ma accanto a essi vi erano Sant’Agostino, col suo De Cive Dei, Michele Psello, autore bizantino dell’undicesimo secolo, dal quale viene ripresa la classificazione dei demoni in base agli elementi naturali. Un posto di particolare importanza viene inoltre riservato a San Tommaso, le cui Sentenze vengono considerate una pietra miliare nella storia del pensiero cattolico, e a San Bonaventura, principale commentatore di queste ultime, al quale si aggiunge, pur essendo preso in considerazione meno spesso, Alessandro da Hales. L’ultimo, immancabile, riferimento del Menghi è chiaramente quello ad Aristotele, spesso denominato semplicemente “il filosofo”, il quale, nel XVI secolo, rappresentava ancora il massimo picco del pensiero umano e non poteva essere ignorato dal alcun intellettuale. Oltre a questi, vanno ricordati alcuni scritti minori del viadanese, testimoni comunque della sua vasta cultura: nel 1592 redige un commento della regola di San Francesco, intitolato Giardino delitioso de i Frati Minori e pubblicato a Bologna da Giovanni Rossi, due anni dopo propone la traduzione della Summa Angelica di Angelo di Chivasso (Venezia, 1594), e infine, due anni prima dalla morte, pubblica a Bologna da Giovanni Rossi nel 1607 il volume Tesoro celeste della gloriosa Madre di Dio Maria Vergine. Un aspetto interessante dell’opera menghiana è ravvisabile nell’analisi delle autorità cui egli dedicava i suoi lavori: come si può notare, essi sono tutti indirizzati a personalità cattoliche d’indubbio rilievo (vescovi, protettori dell’Ordine Francescano…), fatto che avrebbe permesso al frate viadanese di raggiungere una certa fama nell’ambiente cattolico, consentendogli di ottenere posizioni di discreto livello nelle gerarchie ecclesiastiche e di interloquire con le massime cariche delle stesse. Dato che la sua area d’azione era fondamentalmente il territorio bolognese e dintorni, è in quest’ambito che ottenne i posti più prestigiosi: nel 1587 e nel 1589 venne difatti eletto definitore della provincia, col compito, insieme ad altri tre frati, di sorvegliare e avallare le decisioni del ministro provinciale; poco meno di dieci anni dopo, nell’ottobre del 1598, acquisì infine la massima carica a 112 DAVIDE BALZANO livello locale, cioè, appunto, quella di ministro della provincia di Bologna. A un anno dalla scadenza di quest’ultimo mandato, tuttavia, alcuni dissidi e dei disordini all’interno dell’Ordine parevano mettere in pericolo la permanenza del viadanese in tale carica; a conferma della sua notorietà in ambiente ecclesiastico, fu lo stesso papa Clemente VIII a pretendere che egli giungesse alla fine del suo mandato, dopo che già due anni prima lo aveva indicato quale la persona più indicata per questo ruolo. Le conoscenze “alte” di cui era munito il Menghi, riflettono tuttavia assai bene il carattere elevato delle sue opere scritte, le quali, per quanto vengano presentate come utili a chiunque volesse intraprendere la carriera dell’esorcista, sono inevitabilmente dotate di caratteristiche stilistiche e sostanziali incomprensibili, o meglio, tali che una persona priva di un’istruzione notevole difficilmente avrebbe realmente compreso. Non è un caso che autori successivi, quali ad esempio Floriano Canale, prete bresciano vissuto nel XVII secolo e autore di un trattatello intitolato Del modo di conoscer et sanare i maleficiati del 1638, indichi insieme ad alcuni altri, proprio Girolamo Menghi quale autore fondamentale per chi volesse approfondire le tematiche demonologiche16. Le fortune del grande esorcista non furono tuttavia sufficienti a escludere scossoni e ostacoli alla sua carriera, la quale, sul finire del XVI secolo, cominciò a vacillare e a incontrare sempre più dissensi; si conoscono difatti due casi in cui l’operato del Menghi si risolse in fallimento: durante l’esorcismo di una religiosa di nobile famiglia furono gli stessi parenti a interrompere il trattamento per evitare scandali in società e lo stesso esito si ebbe in seguito a un esorcismo durato sei mesi in una non meglio precisata località padana, alla fine dei quali, riunita una congregazione di teologi e medici, si decise per la malattia naturale, contro il fermo parere di Girolamo Menghi, convintissimo che si trattasse di una possessione17. Il colpo di grazia venne dato probabilmente quando le gerarchie cattoliche delegarono a un collegio di teologi ogni decisione sui casi 16 Cfr. F. CANALE, Del modo di conoscer et sanare i maleficiati, Sala Bolognese, Arnaldo Forni Editore, 1987, ristampa anastatica dell’edizione del 1638, “Al lettore”: «Perché l’autore del presente libro ha cercato d’esser breve, chi desidera vedere di queste materie più diffusi trattati può legger: […] Il Fustis Daemonum, del P. Girolamo Menghi. Il Compendio dell’arte esorcistica divisa in due parti, del medesimo. […] Il libro detto fuga daemonum». Per quanto non si sappia molto sulla vita di Floriano Canale, è indicativo il fatto che Girolamo Menghi venisse indicato con ben tre delle sue opere insieme ad altre autorità di questi campo quali Martin Delrio, Pietr’Antonio Stampa o Francesco Maria Guaccio. 17 O. FRANCESCHINI, Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi...cit., p. X. GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 113 di possessione diabolica; nonostante questo, la fama di Girolamo Menghi restò assolutamente immutata, difatti la Chiesa non negò mai la sua perizia in tale campo e anche dopo la stesura del Rituale Romano del 1614 sotto il pontificato di Paolo V, egli rimase uno dei migliori interpreti dell’arte esorcistica, se non addirittura il principale esponente di questa pratica. Successivamente, l’atteggiamento della Chiesa nei suoi confronti mutò a causa delle indiscutibili sfumature superstizione presenti in diversi accenni alle sue opere e per la mancata approvazione di alcuni suoi esorcismi. Infatti, con decreto del Sant’Uffizio del 4 marzo 1709 i suoi testi furono proibiti18. Oggi, tuttavia, questa interdizione non è più vigente e quindi la circolazione e lo studio dell’opera menghiana non è più sottoposta ad alcun veto, tantomeno spirituale, neanche per persone credenti. Il pensiero di frate Girolamo Menghi Uno dei principali motivi per cui Girolamo Manghi intraprese l’attività di scrittore dipende sicuramente dalle varie mentalità religiose con cui si scontrò nel corso del suo apprendistato: nonostante il forte impegno con cui la Chiesa, anche grazie all’appoggio ai vari ordini minori, si stava rilanciando nella società, gli elementi di difficoltà per il cattolicesimo erano certamente non indifferenti. Senza dubbio la diffusione delle dottrine luterane, pur avendo toccato solo marginalmente l’Italia, aveva fatto breccia nelle comunità spirituali (basti pensare alle sanguinosissime guerre di religione che scossero la Francia nel XVII secolo); a ciò va aggiunto il fatto che in molte zone della penisola, in particolar modo in quelle rurali o nei paesini isolati, resistevano ancora superstizioni, tradizioni folcloristiche e credenze di vario tipo, che si mischiavano con il cristianesimo senza fornire un metodo, un’ideologia o un sistema standardizzato per affrontare determinate questioni, tra le quali la valutazione e il trattamento dei casi di possessione. Lo scetticismo circolante verso questo tipo di pratiche viene testimoniato dallo stesso frate di Viadana, quando, nel Capitolo III del secondo libro del Compendio, afferma che: 18 La Sacra Congregazione dell’Indice ne proibì la lettura (Index 1786 p. 192) accusando il Menghi di avere prestato «fede a tutti i fatterelli popolari in cui si narra essere comparso il demonio in forma visibile: troppa credulità e anche superstizione», G. CASATI, L’indice dei libri proibiti. Saggi e commenti, III, Milano, Pro Famiglia, 1939, p. 255. Cfr. anche A. GANDA, La biblioteca dei Cappuccini di Viadana nella seconda metà del Settecento, «Vitelliana. Viadana e il territorio Mantovano fra Oglio e Po. Bollettino della Società Storica Viadanese», III, 2008, pp. 175-232. Nell’inventario l’unica opera del Menghi presente figura fra i libri proibiti. 114 DAVIDE BALZANO alcuni hanno detto che il maleficio è una cosa finta, & che non si ritrova alcuno maleficio se non nella opinione, & estimazione degli uomini, i quali non conoscendo le cause d’alcuni effetti naturali, per essere occulte, attribuivano tali effetti all’operazioni degli uomini19. O ancora, in un altro tratto: non mancarono né mancano persone che con tutte le loro forze negano che oggi ci siano ossessi, malefici e persone colpite da malefici. Sostengono inoltre che tutte le malattie che si dicono causate dai malefici sono invece naturali e i loro segni non rivelano l’esistenza di un maleficio, ma sono segni naturali20. È possibile che una delle persone cui il frate rivolgeva tale critica fosse Levinius Lemnius, un medico e pensatore del XVI secolo, il quale negava la possibilità che il diavolo potesse possedere un uomo. Girolamo Menghi, nel capitolo settimo del Flagello riporta le motivazioni addotte dai sostenitori di questa tesi: gli indemoniati, la cui casistica comprende per altro in grandissima parte fanciulle abbastanza giovani, non sarebbero altro che «donne e ragazze soggette agli umori dell’utero, che, a causa della debolezza del loro cervello sono solite fare gesti simili a quelli degli ossessi»21. Poco dopo, tuttavia, lo stesso frate, spiega quale sia l’errore compiuto da chi nega la possibilità dell’intervento diabolico nelle ossessioni: costoro, a sua detta, non capiscono che proprio questo tipo di condizione avvantaggia i demoni, difatti essi «prendono possesso più facilmente degli uomini e delle donne di debole cervello, piuttosto che di uomini assennati, allo scopo […] di non essere scoperti e di non far ricadere su di sé le colpe dei delitti»22; inoltre «tormentano le donne e le ragazze piuttosto che gli uomini per il fatto che cercano di occultarsi sotto il pretesto degli umori uterini, che influiscono maggiormente sulle donne e meno sugli uomini»23. Attraverso i suoi libri, dunque, Girolamo Manghi tentò di fornire ai sacerdoti uno strumento con cui affrontare questo tipo di fenomeni. Questo sforzo è particolarmente evidente nella «Dottrina bellissima e necessaria agli esorcisti», la parte introduttiva del Flagello, indubbiamente lo scritto più “pratico” dell’esorcista viadanese, il quale, sin dal sommario, ne fa capire la valenza: basterà citare alcuni titoli 19 Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 88. G. MENGHI, Il bastone dei demoni, in Il flagello dei demoni...cit., p. 280. 21 Ivi, p. 265, cap. 7: «Qui si dimostra che i demoni possono tormentare i corpi umani in seguito alle preghiere dei maghi; si confutano poi gli argomenti dei detrattori dell’arte esorcistica e si discute sulla scienza degli angeli buoni e di quelli cattivi». 22 Ivi, p. 267. 23 Ibidem. 20 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 115 di capitoli, quali «La fede e la preparazione che devono avere gli esorcisti prima di iniziare a scacciare i demoni», «le domande e gli ordini che l’esorcista deve rivolgere ai demoni» o «come conoscere in anticipo le astuzie del demonio e come porvi rimedio», per rendere palese l’aspetto meramente concreto di queste nozioni, prive di quei vagabondaggi teologici che costituivano invece la parte fondante del Compendio. Pur avendo dato la possibilità di apprendere e approfondire l’argomento attraverso la semplice lettura, il frate non smette mai di avvertire i suo seguaci sulla reale via attraverso la quale si può giungere al padroneggiamento di quest’arte: si tratta dell’esperienza, l’unica maestra in grado di porre nelle mani di un uomo le conoscenze necessarie per affrontare il male dilagante nel mondo. I demoni, difatti, sono di vari tipi, si mostrano all’uomo in mille forme diverse, soffrono maggiormente alcuni gesti e parole rispetto ad altri, usano tranelli, inganni, si lasciano manovrare da maghi e stregoni malvagi e abietti; non sono insomma nemici facili da combattere. Proprio per questo motivo è nell’atto pratico del rituale, più che in quello teorico, che l’esorcista dovrà applicarsi osservando altri sacerdoti più esperti di lui, prima di poter operare. L’esorcismo, tanto per cominciare, va svolto solo nel momento in cui si abbia la piena certezza di avere a che fare con un caso di possessione; in questo caso il frate di Viadana appare in realtà, soprattutto a un lettore della nostra epoca, piuttosto dispersivo, dal momento che, nell’elencare i vari sintomi che un indemoniato potrebbe accusare, inserisce una serie incredibilmente lunga di eventi di tipo medico; come egli stesso afferma d’altronde, «ci sono segni veri e reali, che si possono distinguere da quelli naturali, soprattutto quando certe malattie sono sconosciute ai medici e questi non sanno quali rimedi applicare per guarire il malato, oppure quando le medicine utilizzate non giovano a nulla»24. Altri due aspetti fondamentali da considerare per essere certi della presenza dello spirito maligno sono la chiaroveggenza e la capacità di parlare lingue straniere, il latino o il greco. Quanto alla prima, Girolamo Menghi espone la sua teoria in particolare nel capitolo IV del primo libro del Compendio, denominato «Come i demoni conoscano le cose future contingenti, ove si tratta, se essi possano conoscere i segreti e i pensieri del nostro cuore»; in esso il frate spiega che questo tipo di abilità non è in essi privo di limiti, bensì va considerato nell’ambito della permissione divina, 24 Ivi, p. 280. 116 DAVIDE BALZANO secondo la quale non è concesso ad alcuna creatura di vedere ciò che ancora non è accaduto: la cognizione delle cose future contingenti, o che sono di Dio, oppure che pendono da Dio e perciò quando alcune di queste cose vengono predette, questo predire si chiama divinazione, perché è atto divino. E poiché i demoni siccome superbi desiderano essere onorati come Dio, grandemente si sforzano di mostrare di avere in sé tale atto divino; il dire dunque che i demoni per sé stessi conoscano & sappiano con certezza le cose future contingenti, altro non è che attribuirgli quello che è solo proprio di Dio & di conseguenza una falsa credenza & di diretto contro la fede & con infedeltà, il più delle volte è aggiunta idolatria25. Nel circoscrivere dunque la possibilità diabolica in quest’ambito, Girolamo Menghi si arma delle tesi di tre autorità della chiesa, e cioè San Tommaso, San Bonaventura e Sant’Agostino. Secondo il primo, per quanto riportato dalle Questioni Disputate alla questione XVI26, si può conoscere il futuro in due modalità: in sé stesso, possibilità relegabile solo a Dio, e nelle sue cause, seguendo tre ulteriori operazioni; queste sono: - «Secondo la possibilità o potenza loro», nel caso in cui gli eventi possono essere e non essere. - «Secondo la potenza & possibilità, ma anche secondo l’operazione & natura della causa attiva», quando i fatti avvengono necessariamente. - «Nelle lor cause & secondo la potenza loro & anche secondo la causa attiva», se la causa, pur essendo certa, può essere ostacolata in qualche modo nei suoi effetti. La conoscenza delle cause, tuttavia, essendo più prossima a quella del presente piuttosto che a quella del futuro, non è definibile come “chiaroveggenza”, dato che queste, essendo appunto un atto puramente divino, dovrebbe trascendere completamente dalle proprietà dei corpi terreni e dai meccanismi tra essi presenti27; sembra quasi, in questo caso, che il Menghi voglia spostare questo tipo di sapienza su un piano addirittura scientifico, mettendo in secondo ordine quello trascendentale o spirituale. Egli stesso, d’altronde, seppur con ben altra sfumatura, aveva spesso parlato di “scienza” dei demoni. A proprio sostegno, il frate viadanese riporta dunque San Bonaventura, il quale, nel commento alle Sentenze di San Tommaso, alla 25 Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 30. Ivi, p. 26. 27 Ivi, pp. 27-28. 26 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 117 distinzione VII questione III della II parte aveva suddiviso gli avvenimenti futuri secondo tre possibilità di sviluppo: - Alcuni eventi hanno una causa determinata e infallibile, dunque possono essere conosciuti sia da Dio che dagli uomini o dai demoni. - Alcuni hanno una causa determinata, ma fallibile, ma sono comunque alla nostra portata, come a quella demoniaca. - Altri hanno una causa indeterminata e fallibile; la loro conoscenza spetta solo e unicamente a Dio o può giungere alle creature per divina rivelazione28. Nonostante questo, gli spiriti maligni a volte affermano cose che poi corrispondono alla realtà dei fatti; per spiegare tale fenomeno, al viadanese torna utile ciò che Sant’Agostino aveva detto nel suo commento alla Genesi: egli sosteneva che ciò fosse possibile secondo quattro differenti modalità, e cioè per vivacità d’ingegno, se esaminano il nostro modo di vivere e giungono a determinate conclusioni sulle nostre inclinazioni e stati d’animo; per esperienza, quando determinano quale sia l’effetto a partire dalla sua causa; con fraudolenta cautela, cioè nel momento in cui, ingannandoci, predicono qualcosa per poi compierlo loro stessi; per l’altrui dottrina se Dio o gli angeli concedono loro di sapere qualcosa29. I demoni, d’altronde, sono a conoscenza di tutto ciò che è avvenuto nel passato e sta avvenendo nel presente; conoscono i peccati degli uomini che non si sono pentiti, i furti, le nostre debolezze e paure, sanno trovare gli oggetti nascosti, rubati o trafugati; se Dio glielo permette possono anche vedere le cogitazioni dei nostri cuori. Con questa lunga serie di argomentazioni Girolamo Menghi vuole dunque dimostrare dei demoni che «eglino avere la scienza & cognizione di tutte le cose naturali», e non si basano su una realtà trascendentale e del tutto separata dalla sensibilità umana, bensì su una mera analisi dei fatti e delle conseguenze cui essi portano, laddove non sia presente l’intervento divino. La chiaroveggenza è dunque un lato peculiare dell’opera menghiana, poiché, sotto alcuni punti di vista, compara le possibilità diaboliche a quelle umane, variandone solo la qualità, dato che gli orizzonti nei quali si muovono tali creature sono infinitamente maggiori rispetto a quelli cui può aspirare l’umanità; di essi comunque si può dire che «eglino avere la scienza & cognizione di tutte le cose naturali»30. 28 Ivi, pp. 28-29. Ivi, pp. 30-31. 30 Ivi, p. 35. 29 118 DAVIDE BALZANO Quanto alla capacità di parlare lingue ignote al posseduto, il frate è piuttosto ambiguo: egli ammette che ciò possa avvenire, ma non sempre; difatti i demoni non parlano latino, greco o altre lingue perché questo alle volte non gli è concesso da Dio, affinché la curiosità umana resti confusa: la quale più si diletta d’udire curiosamente parlare il demonio negli spiritati, che d’udire la parola di Dio per bocca del suo ministro31. Tuttavia, nel capitolo IX del primo libro del Compendio egli afferma che essi in varie e diverse regioni & province […] sono pronti a mal fare agli uomini, per questo si esercitano & parlano con le lingue di tutte quelle genti, in modo che i demoni che abitano tra noi in Italia possono parlare con tutte le altre lingue; ma questo sogliono fare di rado & con grandissime difficoltà32. Essi, tuttavia, non ne hanno una propria, poiché per parlare tra di loro non la usano, dunque è impossibile identificarne una originaria33. Oltre a questi due vi sono, come già detto, svariati sintomi di ordine fisico e fisiologico: I segni principali che una persona è nello stesso tempo maleficiata e indemoniata sono la costrizione del cuore e della bocca dello stomaco: agli ossessi sembra di avere un bolo sullo stomaco. Altri sentono punture nel cuore, come se fossero punti da aghi. Ad alcuni sembra che il cuore venga come corroso. Talvolta sentono invece un grande dolore nel collo e nelle reni, come se tali membra fossero lacerate da cani. Altri ancora hanno l’impressione come di un bolo che sale e scende nella gola. In certi casi la via generativa risulta bloccata. Alcuni hanno una tale indisposizione di stomaco che rigettano col vomito tutto quello che mangiano o bevono per il loro sostentamento. Altri percepiscono come un vento freddissimo che come una fiamma scorre lungo il ventre. Certi malati sono impediti di digerire il cibo. Ma il segno principale è quando le medicine applicate non recano alcun giovamento al malato34. Come dunque sottolinea lo stesso viadanese, l’elemento fondamentale per convalidare la diagnosi di possessione sta nel fatto che i farmaci preposti per tale tipo di sofferenze non abbiano alcun effetto; sono d’altronde noti almeno due casi in cui la medicina ufficiale fallì e fu necessario ricorrere al famoso esorcista per guarire l’inferma: a Reggio Emilia, nel 1574, intervenne per curare una ragazza 31 Ivi, p. 30. Ivi, p. 55. 33 Ibidem. 34 G. MENGHI, Il bastone dei demoni, in Il flagello dei demoni...cit., pp. 283-284. 32 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 119 ossessa da un demone dopo che il suo medico, non riuscendo a farla stare meglio con i medicinali, aveva cominciato a pensare che si trattasse di un’infestazione diabolica; lo stesso era accaduto l’anno successivo nella medesima città, quando un altro medico lo aveva interpellato per il caso di una nobile donna35. Non bisogna poi pensare che a essere colpiti dai demoni siano solo uomini peccaminosi o donne voluttuose; chiunque su questo mondo può essere preda del maligno, il quale tenta di portare l’uomo al peccato in ogni momento e in tutti i modi possibili; egli, anzi, cercherà con maggior vigore di impossessarsi di quegli individui dalla retta vita, poiché in tal modo il sacrilegio sarà ancor più spiacevole a Dio e il diavolo ne trattà maggior divertimento e forza. Girolamo Menghi cita difatti due casi, seppur differenti l’uno dall’altro, in cui le persone colpite erano persino due religiosi. Il primo è quello di «un certo uomo in Boemia, d’una città chiamata Dachono, il quale avendo un figlio unico e sacerdote; per causa della sua liberazione (perché era posseduto dal demonio) lo condusse a Roma»36. Il frate viadanese riporta l’intera dinamica di quest’evento, esponendo anche le motivazioni per le quali il demonio lo aveva attaccato: Perché, essendo interrogato da me, come contro il consueto modo di parlare agli spiritati, per quanto tempo fosse capace di ragione; mi rispose. Io solamente allora sono privato della ragione, quando voglio celebrare la messa oppure visitare i luoghi sacri; & tra tutte le altre cose che il demonio con la mia bocca ha proferito nelle sue parole, questo ha detto, che siccome fin’ora gli avevo fatto maggior dispiacere nel predicare al popolo; così egli ora per nessun modo mi avrebbe lasciato predicare; perché egli (per quanto riferiva il padre) era stato grazioso predicatore e amato da tutti37. Il secondo, invece, era un grande religioso che aveva desiderato ardentemente la possessione demoniaca per potersi liberare del vizio di superbia che lo stava opprimendo e per poter mettere alla prova la sua fede: Essendo celeberrimo al mondo e sentendosi di essere tentato di vanagloria, e con gran forza facendo resistenza a tale peccato, nondimeno per più essere umiliato, con tutte le viscere del suo cuore pregava Iddio, che gli permettesse di essere vessato dal diavolo per spazio di cinque mesi; il che, essendogli concesso da Dio, essendo incontinente tanto era travagliato, bisognò legarlo e applicargli tutte quelle cose che si sogliono 35 O. FRANCESCHINI, Un ‘mediatore’ ecclesiastico: Girolamo Menghi...cit., p. IV. Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica, ...cit., pp. 156-157. 37 Ivi, p. 158. 36 120 DAVIDE BALZANO applicare agli altri spiritati & vessati dal demonio; e finito che fu il quinto mese, totalmente fu liberato, tanto dalla vanagloria, quanto dal demonio38. In questi due casi si espongono due concezioni della massima importanza all’interno del sistema menghiano: la prima è che, come sosteneva San Tommaso, «tale vessazione […] appartiene alla ragione della pena che della colpa; sappiamo per certo che le pene corporali di questa presente vita, non sempre sono date per punizione della colpa; perché alcune volte non sono imposte a quelli che peccano e alle volte sono date a quelli che non peccano»39. Inoltre, come si nota nel secondo aneddoto, si capisce anche quale sia il motivo per cui Dio permette che il demonio possa sfruttare un simile potere: oltre che per punire i peccatori, il fatto che il male agisca in modo fisico nel mondo fa sì che gli uomini di fede possano esaltare la grandezza della loro spiritualità e in tal modo mettano in risalto la forza del bene. A Dio, come afferma espressamente il Menghi, «conviene lasciare operare la malizia del diavolo»40, per poter far risaltare le azioni dei giusti. Giunto dunque alla certezza circa la presenza del maligno, il sacerdote doveva iniziare i riti liberatori; diverse circostanze erano tuttavia necessarie affinché questi sortissero effetto. L’esorcista, innanzitutto, deve essere ben preparato circa tutte le possibili astuzie del demonio, le sue abilità, i trucchetti che usa, il modo in cui svolgere l’esorcismo; Girolamo Menghi riassume velocemente tutte le conoscenze di cui devono essere in possesso tutti coloro che volessero intraprendere tale mestiere: L’esorcista abbia cura di conoscere tutto quello che riguarda l’arte dell’esorcismo e anzitutto il modo che il diavolo adopera per entrare nei corpi umani. Deve sapere se il malato è stato colpito da maleficio o no; inoltre deve sapere quali sono i segni da cui si riconosce se qualcuno è indemoniato o colpito da un maleficio; quali segni si manifestano quando si esorcizza un ossesso; quale atteggiamento tiene il diavolo uscendo dal corpo degli ossessi. Infine bisogna che si conoscano in anticipo le malizie e gli inganni che usano i demoni per indurre all’errore l’esorcista, cose tutte di cui abbiamo già parlato prima e che si trovano anche nel nostro “Bastone dei Demoni”41. Escluse le sue opere, non vengono mai fornite dall’autore altre indicazioni su letture o scrittori particolari che potrebbero aiutare un novizio nell’apprendere l’arte dell’esorcismo; la cosa più probabile è 38 Ivi, p. 154. Ibidem. 40 Ivi, p. 73. 41 Ibidem. 39 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 121 che, viste le conoscenze ecclesiastiche di alto rango di cui godeva, i suoi principali seguaci fossero persone già versate in campo teologico, quindi le indicazioni implicite da lui fornite erano più che altro i rimandi a San Tommaso, Silvestro Priero, San Bonaventura e Sant’Agostino che il viadanese spesso operava; la pratica per strada, altro elemento spesso indicato quale miglior modo di districarsi tra le mille sfaccettature di questo mondo, restava il metodo migliore per accrescere la propria abilità nella «più faticosa di tutte le opere di misericordia»42. Anche la rettitudine del sacerdote è un aspetto da non sottovalutare: egli deve avere una fede ferma, salda nei suoi principi, priva di alcun dubbio sui misteri di Cristo e della chiesa cattolica; deve confessarsi e fare una costrizione dolorosa dei peccati, poiché se non sarà completamente pentito delle sue azioni peccaminose, il demone potrà scoprirle e usarle per metterlo in difficoltà, togliergli credito di fronte agli astanti, far vacillare il suo potere; ai demoni difatti sono nascosti solamente quelli perdonati da Dio, i quali restano all’infuori della loro podestà43. L’esorcista deve poi essere conscio del fatto che è solo un mero strumento di Dio; quando opera il rituale egli non deve aspettarsi nulla di preciso, bensì deve rimettersi nelle mani del Signore e attendere che Egli decida come intervenire su quell’evento. Anche il modo in cui proferirà gli ordini e i comandi è fondamentale: ciò va fatto con voce forte, sicura, risoluta, non debole o tremolante, altrimenti i demoni rideranno delle sue parole invece che rimanerne intimoriti44. Un aspetto sorprendente sta nel fatto che, a detta del Menghi, non è strettamente necessario che a svolgere il rituale sia un religioso, bensì può farlo anche una persona qualsiasi; nel Compendio, al capitolo IX del terzo libro, afferma che: nel conferire di tutti gli ordini sacri si conferisce anche la podestà di poter esercitare questo, ovvero quell’altro ufficio, verbi gratia, di leggere l’epistola, il Vangelo e così di ciascun ordine; l’ufficio dunque del scongiurare quantunque appartenga all’esorcista, che ha tale autorità per l’ordine; nondimeno lecitamente può essere fatto anche da quello che non ha tal’ordine45. Poco dopo cita anche un piccolo aneddoto da lui conosciuto, di una giovane vergine la quale era riuscita a guarire un uomo da un ma42 G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit, p. 12. Ivi, pp. 12-13. 44 Ivi, p. 13. 45 Cfr. G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 288. 43 122 DAVIDE BALZANO leficio al piede con un’Orazione Domenicale e un simbolo apostolico vale a dire con un Pater e un Credo46. Affinché si possa essere certi di compiere nel modo giusto il rito, Girolamo Menghi fornisce cinque indicazioni fondamentali da seguire per non cadere nella spirale della superstizione: - La gloria di Dio va sempre considerata il fine principale. Non bisogna portare l’uomo al vizio, bensì placarne la brama. Il rituale deve essere svolto secondo la tradizione della chiesa cattolica o seguendo la Sacra Scrittura. Bisogna essere certi che al gesto corrisponda l’effetto voluto. Non bisogna in alcun modo scatenare scandali47. - Vi sono poi sette ulteriori consigli, forniti dal Menghi, che l’esorcista dovrà assolutamente tenere a mente se vuole sperare nella buona riuscita delle sue azioni: - Il praticante non deve usare parole di cui non conosce il significato o correrà il rischio di invocare, anche solo inconsapevolmente, altri demoni. Non vanno utilizzati per lo stesso motivo nomi a lui sconosciuti. Non bisogna mai dire bugie o falsità; essendo questo un peccato, il demonio ne trarrebbe potere. Non si devono porre sull’indemoniato cose vane; piuttosto è meglio limitarsi al segno della croce. Il sacerdote non deve porre le sue speranze in nulla all’infuori della podestà divina. L’esorcista sia concentrato sulle parole sacre che sta recitando; qualsiasi altro fattore esterno non deve distrarlo in nessun modo. L’effetto che ci si deve aspettare è quello che Dio concede, quindi non bisogna avere aspettative di alcun genere48. - Un altro dettaglio fondamentale è il giorno scelto per l’esorcismo: la domenica, dopo la messa, è il momento migliore per l’ufficio, ma anche le festività, quali il Natale, la Risurrezione e l’Ascensione di Cristo o la Pentecoste, sono più efficaci degli altri49. Quanto al luogo, quello ideale è la chiesa, ove le nostre preghiere sono più incisive e hanno più potere sui demoni, piuttosto che nelle case private, posti in cui spesso ci sono “cose vergognose”; qualora tuttavia, per qualsiasi motivo, il paziente non avesse modo di spo46 Ivi, p. 289 Ivi, pp. 279-281; vedere anche G. Menghi, Il Flagello dei Demoni...cit., pp. 31-32. 48 Ivi, pp. 282-283; vedi anche G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit, pp. 32-33. 49 G. Menghi, Il Flagello dei Demoni...cit., p. 40. 47 GIROLAMO MENGHI: ESORCISTA VIADANESE DEL CINQUECENTO 123 starsi, ogni luogo andrà bene50. Girolamo Menghi si mostra favorevole anche alla possibilità di agire nella sfera pubblica, poiché «l’ordine dell’esorcistato è uno dei sette ordini sacri della chiesa, che non agisce mai di nascosto, ma tutto compie pubblicamente»51; lo stesso Gesù Cristo, ci ricorda il frate, «cacciò i demoni dai corpi umani alla presenza della folla»52. Tale pratica conserva poi, a livello religioso, un forte valore positivo per la comunità che vi assiste, dal momento che «si può scorgere la malizia dei demoni, si rinforza la fede, si manifestano la misericordia e la potenza di Dio»53. Prima che le orazioni e gli scongiuri abbiano inizio, inoltre, il posseduto deve fare una contrizione dei peccati e si deve confessare54; anche l’eucarestia è della massima importanza, poiché il corpo di Cristo «è un fuoco che brucia e arde contro gli spiriti maligni»55. Emerge, da un simile studio, un fatto fondamentale: nonostante le svariate pratiche, azioni, gesti, liturgie, che i preti e i sacerdoti potevano svolgere, ogni cosa resta sempre e comunque sottomessa a un unico potere: quello di Dio, il quale ha la podestà di decidere ogni cosa e intervenire su tutto. È in questo quadro che va inserito il meccanismo dell’esorcismo: tale atto, difatti, resta, in un mondo in cui il demonio è ovunque e Dio agisce sempre e in ogni luogo, l’unico strumento in possesso dell’umanità per cercare di combattere la piaga diabolica, la sventura maggiore in cui ogni persona potrebbe imbattersi. Conclusione Per capire il reale significato dell’opera di Girolamo Menghi, è errato limitarsi all’erudizione e all’ampiezza di citazioni ecclesiastiche che si ripercorrono nell’arco delle pagine da lui scritte: bisogna piuttosto inserirle nel panorama culturale e religioso, incredibilmente variegato, in cui agì il frate viadanese. Egli non fu, difatti, solamente un esorcista, bensì rappresentò, in un secolo dominato dall’incertezza, una risposta spirituale e antropologica ai mille piccoli drammi interiori cui un uomo del XVI secolo poteva imbattersi. 50 Ivi, pp. 39-40. Ivi, p. 43. 52 Ibidem. 53 Ivi, p. 44. 54 G. MENGHI, Compendio dell’arte essorcistica...cit., p. 295. 55 Ibidem, vedi anche G. MENGHI, Il Flagello dei Demoni...cit., p. 22. 51 124 Sarebbe altrettanto inutile, se non puramente speculativo, cercare di rintracciare un arco di patologie o eventi medici che possano spiegare quali fossero in realtà le sofferenze che attanagliavano gli individui cui si diagnosticava la possessione diabolica; al di là del fatto che il livello dello sviluppo della scienza medica del tempo escludeva tendenzialmente gran parte dei fenomeni psichiatrici, nonché i disagi di ordine psicologico, va sottolineato come il frate di Viadana, agendo sulla sfera interiore dell’uomo, avesse portato una serie di rimedi, il più delle volte coronati, a sua detta, col successo, in grado di lenire tali sofferenze. Certamente il dovere di uno storico o di uno studioso, nell’imbattersi in questo tipo di dettagli, resta quello di considerare come falsa ogni pretesa di presenza paranormale o demoniaca; tuttavia, come afferma il famoso antropologo Ernesto De Martino «se e in che misura i poteri magici sono reali è questione che non può essere decisa indipendentemente dal senso della realtà che qui fa da predicato del giudizio. Ma questo senso può essere appreso solo entro la individuazione del dramma storico del mondo magico»56. Girolamo Menghi, insomma, è una figura dall’altissimo spessore culturale, proprio perché, inserendosi prepotentemente nel mondo in cui viveva, riuscì, con pratiche più o meno accettabili, a portare un ventaglio di sicurezze laddove ogni cosa veniva presentata come completamente esclusa dal potere umano. ABSTRACT The essay deals with Girolamo Menghi, personage who was not very well known in the time of the Counter-Reformation, directly involved in the religious dynamics shaking those years. The analysis of his life and of his thought reflects the difficulties anyone would encounter when undertaking the hard job of the exorcist. The essay is divided into two parts: the first examines the life of Menghi, his publications, the tasks he had been given and the ties he had established during his whole life; in the second part the elements of his theory are outlined: what preparation he would indicate to priests in order to start the exorcist career, which were the typical symptoms of the possessed, how the ritual should develop. In the second part of the essay the main points of his theological thought are also described. 56 E. DE MARTINO, Il mondo magico, prolegomeni a una storia del magismo, Torino, Bollati Boringheri, 2007, p. 69.