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2 itinerari 3 1. Biblioteca San Giovanni - Pesaro Località Pesaro, Via Passeri 102 Anni 1996 - 2002 Collaboratori Massimo Carmassi, Gabriella Ioli, Franco Panzini Architetture di Danilo Guerri nelle Marche Situato nel quadrante nord-occidentale del centro in un’area topograficamente e culturalmente marginale, il complesso di San Giovanni risale al XVI secolo quando fu costruito da Francesco Maria Della Rovere su progetto dell’architetto Girolamo Genga. Ultimato solo nel XVII secolo, non divenne mai una struttura di particolare richiamo, finendo negli anni sessanta del secolo scorso a rivestire il ruolo di deposito di materiali dismessi e rimessa degli automezzi del servizio lavori pubblici. La storia moderna del complesso ha invece inizio solo nel 1998, quando per recuperarlo il Comune coinvolge la fondazione Scavolini, la quale assegna rapidamente la redazione di un primo progetto a Danilo Guerri, Franco Panzini (per la sistemazione delle aree verdi) e Massimo Carmassi, il quale però si ritira per la redazione del progetto definitivo a causa dei troppi impegni, lasciandolo al solo Guerri. Come un maestro ha inventato una tradizione regionale Nato come generico “centro sociale” nel 1999, trasformato per le possibilità di finanziamento in “sosta per pii pellegrini” alla fine dello stesso anno, solo nel 2001 -a opere preventive ultimate- si decide di adibire il complesso a biblioteca cittadina. Nel giugno dell’anno successivo, l’ex-convento di San Giovanni viene riaperto alla cittadinanza, che riscopre con stupore questo brano di città. L’intervento contemporaneo di Guerri mira a ridare un senso contemporaneo ad un edificio snaturato dalle tante trasformazioni, sia all’interno che all’esterno dell’edificio. In particolare a cingere lo spazio verde antistante è aggiunto un lungo porticato con capriate in legno e copertura trasparente che aggettano in corrispondenza delle due estremità per definire due nuovi accessi: il principale su via Passeri costituito da un’asola vetrata aperta nella cortina muraria del prospetto la cui forma echeggia quella dei grandi arconi termali, mentre il secondario si apre su di un “caffè letterario” che accoglie i visitatori della biblioteca. Le principali sale di lettura sono state ricavate dalle grandi aule capitolare e refettorio, mentre al piano superiore il lungo corridoio che distribuiva alle celle dei monaci viene rivisitato grazie ad una illuminazione dall’alto, utilizzando il sottotetto per tavoli di consultazione e piccoli studioli. L’altro braccio invece, in corrispondenza della sala capitolare, una cortina vetrata definisce una galleria di lettura che si protende verso il parco pubblico, mentre al piano superiore funge da terrazza coperta. In corrispondenza dell’ingresso secondario sono direttamente raggiungibili una serie di alloggi convenzionati, contribuendo alla continuità d’uso e alla definizione del complesso come “parte viva” della città. a cura di Monica Prencipe Foto - Raffaello Scatasta, Mario Ciampi, Alberto Guerri, Francesca Sasso Nel 1939 Danilo Guerri nasce a Castelferretti in una piccola frazione del capoluogo marchigiano. Dopo il biennio passato al Politecnico di Milano si trasferisce alla facoltà di Architettura di Roma. Allievo di Libera e Quaroni (con il quale si laurea nel ‘71), alterna allo studio la presenza nei cantieri, lavorando come associato dal 1966 nello studio TAU, per il quale realizza alcuni edifici residenziali nella zona di Fregene. Risale a questi anni inoltre, il rapporto di amicizia con Mario Ridolfi, spesso definito dall’architetto marchigiano un vero e proprio “padre putativo”. Nel 1972 apre uno studio a Falconara (AN) e abbandona così una carriera già ben avviata nella capitale. Nonostante i numerosi accostamenti con l’architettura di Ridolfi nella definizione di un proprio linguaggio, quella di Guerri è un’architettura disseminata di riferimenti (ripresi, interiorizzati e rielaborati) estesi all’intera storia dell’Architettura: dalle tecniche tradizionali del mattone e del legno, all’architettura del ferro dell’Ottocento passando per Morris, Mackintosh e Maybeck, fino alle evoluzioni avanguardiste dell’Inghilterra e dell’Olanda. Più che di forme gratuite e idee precostituite, l’intera opera di Guerri sembra innanzitutto frutto di una sconfinata passione per il mestiere e un’innata curiosità per la costruzione, che conferiscono alle sue opere un’elegante vivacità, ma senza tralasciare l’importanza della riflessione teorica sul ruolo urbano dei propri interventi. La ricchezza delle soluzioni è riportata infatti alle diverse scala e non si esaurisce nel disegno di dettaglio del ferro e del legno: ne sono un esempio le sperimentazioni sull’isolato e il rapporto con la città di “Villa Sorriso” a Senigallia, e la sala “urbana” del Teatro delle Muse, vera e propria piazza coperta della città. Si affiancano al tema della residenza (cui dedica gran parte della sua produzione), anche diversi progetti pubblici come le Muse di Ancona e la Biblioteca San Giovanni a Pesaro per i quali è anche possibile trarre molti spunti di riflessione sul tema del riuso di un edificio storico. La storia diventa per Guerri un tempo con cui confrontarsi alla pari, un altro presente del manufatto architettonico con cui instaurare un rapporto “parlando” una lingua comune, senza cesure nette, ma senza cadere nella nostalgia del passato. Architetto che “progetta per costruire”, dimostra che ancora oggi è possibile combinare le possibilità della costruzione e il dialogo con artigiani esperti (rappresentanti di un antico “saper fare”), con l’amore e la riflessione sul ruolo contemporaneo dell’Architettura. Pesaro Prospetto interno da via Massimi Mar Adriatico Ancona 1. Biblioteca San Giovanni, Via Giambattista Passeri 102, Pesaro 2. Villa Sorriso, Via Giovanni Amendola, Senigallia 3. Casa Rocchetti, S.P. Sant’Angelo 120, Senigallia 4. 5. 6. 7. Casa Casoni, Via Matteotti 21, Falconara M.ma Teatro delle Muse, Piazza della Repubblica 1, Ancona Casa Frittelli, Varano (Ancona) Centro Servizi e Abitazioni, Via Enrico Sacripanti, Ancona 8. Casa Guzzini, C.so Persiani, Recanati Sezione A-A 4 itinerari 5 3. Casa Rocchetti Senigallia Località Senigallia (AN), Strada Provinciale Sant’ Angelo 120 Anni 1997 - 2004 Collaboratori A. Pozzi, C. Neri, R. Pesaresi, S. Ragaglia, F. Paladini, M.Sarti, P. Vissani, G. Mosci, R. Antonucci 2. Complesso residenziale “Villa Sorriso” - Senigallia Località Senigallia, Via Amendola Anni 1984 - 1988 Collaboratori A. Pozzi La realizzazione riguarda un insieme di edifici, originariamente destinati ad uso ricreativo-turistico, poi ampliato e trasformato in condominio residenziale. La trasformazione consiste nella sostituzione ed ampliamento di un volume centrale, nella ristrutturazione e trasformazione di un edificio a due piani a confine, e nella costruzione di un nuovo edificio che ingloba un piccolo padiglione preesistente. L’isolato, reso già abbastanza complesso dal programma funzionale di riutilizzo dell’esistente, diviene un momento di riflessione sul tema dell’architettura della città, proseguendo le sperimentazione condotte ad Ancona qualche anno prima. L’area prevede infatti 20 appartamenti diversificati in quattro gruppi di cinque alloggi (e qualcosa come 12 diverse distribuzioni totali), tenuti insieme da una straordinaria sequenza di percorsi, slarghi, passaggi coperti e scale che testimoniano la complessità di una piccola città. In particolare un profondo sottoportico si apre su via Amendola (che in origine non era altro che il corridoio di distribuzione alle camere dell’albergo) per condurre direttamente all’interno dell’isolato, dove attraverso delle gradinate, si esce sul percorso pedonale in quota del blocco centrale, luogo che rappresenta il vero fulcro dell’isolato. Un altro percorso che conduce all’interno è invece posto tra i due blocchi centrale e quello ad angolo, dove anche qui il passaggio viene letteralmente “scavato” in uno degli alloggi a voltine. Guerri ritorna inoltre, ed in modo quasi ossessivo, all’utilizzo della geometria del quadrato che organizza l’intero impianto alle diverse scale: dalla divisione dell’isolato in tre grandi blocchi, al modulo base delle residenze di ampliamento. Il blocco centrale, risultato dalla sovrapposizione in alzato di due schiere, è composta da cinque aree profondi 24 metri e large 6, ma di altezza crescente man mano che entriamo all’interno dell’isolato. Inglobano invece il padiglione tra via Amendola e via Venezia, i cinque alloggi simmetrici lungo la bisettrice e salsati due a due per compenetrare le scale e ridurre a tre le rame complessive. La struttura è a pilastri in calcestruzzo armato e solai in laterocemento. Le murature di tamponamento sono in mattoni pieni, a fodera dei pilastri, nelle varie forme di questi e con tessiture differenziate a seconda che siano fodere o tamponamenti. Le coperture sono invece costruite in voltine di calcestruzzo armato, con controsoletta in tavelloni e caldana armata, su doppie file di mattoni appoggiate alla voltina in calcestruzzo. Le volte di copertura dell’ex albergo e di parte dei duplex centrali sono in coppi. Ritornando ancora una volta sul tema della villa isolata, Guerri cerca di sperimentare nuove possibilità di accordo tra le necessità della vita individuale e quelle della vita sociale della casa. Se infatti da una parte il soggiorno e il suo focolare sono saldamente posti in posizione centrale, le camere sono invece tutte raggiungibili separatamente, in modo da garantire l’assoluta privacy dei singoli. Al piano terra la sala centrale si disgrega in una serie di altri ambienti, tutti pensati in relazione con il paesaggio circostante: a nord, in direzione del mare, viene posizionato un soggiorno completamente apribile in diretto contatto con il giardino, mentre a sud un doppio volume lega il ballatoio metallico e la libreria in quota agli spazi già su differenti livelli del soggiorno e, tramite l’ampia vetrazione panoramica, al paesaggio esterno. Ad ovest viene invece inserito un loggiato coperto che racchiude i collegamenti verticali, anch’esso pensato come un volume apribile e ombreggiabile a piacimento. Il paramento esterno viene risolto attraverso l’utilizzo di “cotti” locali e conci litici, ma l’abitazione sembra il risultato felice di abbinamenti materici inusuali: dal mattone alla pietra, fino all’acciaio dei volumi aggiunti, al legno dei serramenti e alla lamiera dei volume dei soppalchi. 6 itinerari 7 4. Casa Casoni - Falconara Marittima Località Falconara M.ma (AN), Via Matteotti 21 Anni 1997 - 2004 Collaboratori G. Mosci, C. Neri, F. Paladini, M.Sarti, P. Vissani La casa nasce in sostituzione di un villino degli anni Venti, malridotto dal terremoto del ’71, e definita come un’”esperimento di invenzione dello spazio domestico”, originata dalla particolarità del volume esistente, facendo riflettere su come l’intervento non vada visto in maniera limitativa, ma come un momento di “scoperta”. Viene previsto l’inserimento di una struttura a telaio, mentre la muratura è ricostruita a cuci e scuci. All’interno la regolarità del villino viene scardinata dal volume del soggiorno al primo piano e del terrazzo al piano superiore, su cui si innesta anche il collegamento verticale tra gli ambienti. Il contrasto viene accentuato anche in prospetto dal rapporto tra la grande vetrata a tutt’altezza del soggiorno dal carattere più “modernista” e il volume più chiuso e regolare delle camere. 5. Teatro delle Muse - Ancona Località Ancona, Piazza della Repubblica 1 Anni 1978 - 2002 Gruppo di progettazione D. Guerri (capogruppo), P. Salmoni, G.Salmoni Collaboratori C. Lucarelli, C. Neri, P. Vissani, V. Trubbiani (opere artistiche), A. Cavallini (impianti meccanici), R. Tedeschi e G. Arcesilai (illuminotecnica), A. Cocchi (consulenza per l’acustica) Il Teatro delle Muse di Ancona venne costruito nel 1821 ad opera dell’architetto Pietro Ghinelli, grazie al finanziamento della città e dell’Associazione dei palchettisti. Simbolo del ruolo culturale della città, il teatro dovette essere chiuso durante la seconda guerra Mondiale, ma solo negli anni sessanta l’Amministrazione completa la demolizione costruendo una struttura in cemento armato per la sala interna. L’incarico, dopo le molte polemiche, passa verso la fine degli anni settanta a Danilo Guerri (come capogruppo) e più tardi anche all’architetto Paola Salmoni. Il delicato compito consiste non solo nell’ estendere la ristrutturazione a tutto l’isolato, ma anche nel conciliare quanto era stato già fatto con le parti superstiti dell’edificio originario. In particolare la sala venne aumentata in larghezza ma immutata in profondità, prevedendo in origine un ibrido tra una sala “all’italiana” con soli due ordini di palchi, ed un’ampia galleria. La riflessione sul tema dell’edificio del teatro come “metafora della città”, ha portato l’architetto a configurare la sala interna come una grande piazza cittadina: due loggiati di ordini sovrapposti si fronteggiano infatti sui lati adiacenti la scena, mentre uno stilobate, sempre più alto man mano che ci si avvicina verso la scena, accompagna la pendenza della platea. L’ordine inferiore è realizzato con un calco in calcestruzzo su casseforme lisce che riproduce esattamente il porticato in pietra d’Istria in facciata, mentre quelli superiori proseguono in mattoni sul filo della struttura esistente. Per rendere meglio utilizzabili i palchetti laterali (dalla funzione ormai quasi simbolica che questi hanno), e risolvere la netta separazione tra la scena e l’auditorio, Guerri disegna la campata “di transizione” tra il palco e il pubblico come un prolungamento della scena che, anche grazie ad una lieve espansione nella parte centrale, permette allo spettacolo di proiettarsi verso il centro dell’auditorio. La platea, concepita come una cavea classica, si moltiplica nella parete di fronte al palcoscenico dove trova spazio una galleria configurata come una mensola che aggetta sulla sala realizzata con gradoni in struttura lamellare. All’interno viene anche previsto un piccolo ridotto di 180 posti (contro i 1147 della sala principale), che sfrutta la pendenza della platea principale, mentre nell’anello di cornice dell’isolato viene inserita la Galleria Nazionale. 8 itinerari 9 6. Casa Frittelli - Ancona, frazione Varano 7. Piazza con residenze - Ancona Località Ancona, frazione Varano Località Ancona, Via Enrico Sacripanti 1 (zona Q1 - Monte d’Ago) Anni 1976 - 79 Collaboratori P. Veresani Anno 1986 Collaboratori D. Andreoni, G. Morpurgo, P. Bonvini, A. Campitelli, G. Cortesi, V.Curzi, A. Pozzi, G. Raffaelli, M. Turchi Il tema dell’abitazione è uno di quelli con cui ogni architetto deve necessariamente misurarsi, e sul quale Danilo Guerri ritorna in gran parte della sua produzione. La casa Fritteli, dal nome dell’odierno proprietario, ma che in origine apparteneva allo stesso architetto, viene costruita alla fine degli anni settanta dopo la sua stagione romana. Si tratta di un ampliamento di una casa colonica posta sulla collina di Varano – una frazione di Ancona posta di fronte al massiccio del monte Conero- il cui nucleo originario è composto da un quadrato (in pietra locale e liste di mattoni) di 8,3 metri, prolungato a 10 su uno dei lati. Questo rimane il fulcro dell’abitazione, trasformato in soggiorno a doppia altezza e concluso in copertura da una coppia di capriate in legno lamellare incrociate lungo le diagonali. A queste sono appese le travi di bordo del ballatoio-libreria che corre lungo i tre lati, mentre sull’ultimo viene posizionata una scala a chiocciola posta in parallelo rispetto alle diagonali della copertura. Questa apre verso una parete, completamente vetrata per tutta la sua altezza, che raccorda il nucleo originale con l’ampliamento vero e proprio. La scala in cemento si trasforma al primo piano in una struttura molto più leggera in acciaio che introduce ad un piccolo verziere. A quest’ultimo livello si aprono inoltre sul prospetto sud in corrispondenza dei soppalchi della camere, due grandi terrazze, coperte da una suggestiva struttura in vetro e legno che rielabora le possibilità della tradizionale capriata. All’esterno, il fumaiolo in lamiera, così come i discendenti ad imbuto ed il balconcino in vetro-cemento e acciaio aggettante sull’ingresso principale, attestano forti reminescenze tecnologiche della prima società industriale, in piena sintoni con la zona. Il Comune di Ancona aveva previsto in quest’area la localizzazione di vari servizi per l’intera area residenziale circostante sorta negli anni ‘80. Sfruttando a suo favore la fascia di rispetto per l’oleodotto, Guerri prevede in quel punto la costruzione di una grande piazza circolare, su cui si attestano due distinte aree, non solo per destinazione, ma anche per soggetti attuativi: da una parte il complesso dei privati, destinata a edilizia residenziale e commerciale, che si sviluppa per un quarto di corona circolare, e dall’altra i servizi pubblici, di competenza pubblica. Quest’ultimo blocco prevedeva una palestra, una piscina ed una scuola materna, basati su di un modulo volumetrico di 10,5 metri. A contrasto di questi padiglioni degradanti sul terreno, è posto il blocco della scuola media, dal tetto piano e posto perpendicolarmente alle curve di livello, che si chiude torreggiante a valle con il centro civico e le aule speciali della scuola. A questo primo landmark urbano fa eco il blocco degli ascensori e delle scale del complesso residenziale, segnando con caratteri di monumentalità l’ingresso della piazza che è concepita anche come cavea all’aperto. Quello che oggi si può osservare è invece qualcosa di molto diverso dall’originale progetto, soprattutto a causa della mancata costruzione di tutta l’area di competenza pubblica. Anche il blocco dei privati presenta difformità marginali nella costruzione rispetto al progetto originale, ma si possono ancora osservare la grande torre degli ascensori e delle risalite e il disegno della piazza circolare. Negli ultimi anni il Comune ha approvato e costruito, al posto del complesso sportivo e scolastico, blocchi di edilizia residenziale convenzionata, i quali ricalcano in modo evidente l’inclinazione e la forma del blocco della scuola media, spogliando però la piazza del ruolo civico per il quale era stata pensata. 8. Casa Guzzini - Recanati Località Recanati (MC), C.so Persiani Anni 1995 - 1998 Classificabile come un intervento al limite del restauro, il progetto di intervento nella quattrocentesca Casa Bruglia (oggi Guzzini) di Recanati, presenta molti spunti di riflessione sull’attuale tema della “convivenza” tra architettura moderna e tradizionale. L’edificio si sviluppa su nove livelli rispetto alla via di cornice, di cui solo tre visibili sul fronte della piazza. Il collegamento tra i livelli della casa sottoline il rapporto tra le parti e dell’abitazione con la città al di fuori: grazie al restauro del sottoportico che metteva in relazione i livelli inferiori con la strada di cornice, la promenade continua senza interruzioni tra dentro e fuori. Viene inoltre inserito un nuovo corpo scala e un ascensore in posizione baricentrica, realizzato tramite la tecnica dei pozzi nel sabbione compatto. Dal livello sotto il giardino, è stata quindi scavata una galleria a doppia altezza che raggiunge la nuova scala. Il collegamento tra le prime rampe esistenti e questo nuovo nucleo avviene tramite una leggera passerella in legno con supporti metallici. Le linee sinuose degli elementi inseriti si adattano alle naturali irregolarità dei locali restaurati, senza lasciare nulla alla nostalgia ma anzi sfruttando ogni dettaglio come una possibilità di conferire un “carattere” al luogo.