Aldo De Sanctis (a cura di) VIA GIOSTRA VECCHIA
Aldo De Sanctis, titolare del corso di
Rilievo dell’Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università della Calabria, svolge attività di ricerca sui
temi del rilevamento e della rappresentazione applicati prevalentemente alla
conservazione ed al recupero edilizio/urbano. È autore di numerose
pubblicazioni tra cui ricordiamo: Borgo Pio 1824-1871, disegno delle trasformazioni edilizie attraverso i documenti d’archivio; Rappresentazione e
Architettura, linguaggi per il rilievo ed
il progetto; Lo Spazio urbano come tema, il caso-studio del centro antico di
Cosenza.
Rubbettino
€15,00
INGEGNERIA EDILE - ARCHITETTURA
VIA GIOSTRA VECCHIA
ANALISI E RILIEVI SUL PATRIMONIO
EDILIZIO ED URBANO
a cura di Aldo De Sanctis
Rubbettino
Le ragioni dell’insediamento di nuove
costruzioni su via Giostra Vecchia sono
diverse (grandi lotti liberi, posizione
orografica, andamento del terreno…),
ma la più immediata è probabilmente
quella pratica di avere a disposizione
un’area sufficientemente libera, non
troppo distante dal centro cittadino,
su cui edificare. Un po’ come avviene
per la Strada Nuova a Genova nella
metà del ’500, o per Via Giulia a Roma
nei primi anni dello stesso secolo (citando liberamente le prime realizzazioni che vengono in mente), anche a
Cosenza tra il XVI ed il XVII secolo
matura l’idea di avere una strada “moderna”, capace di proporre schemi di
sviluppo urbano differenti da quelli
correntemente adoperati.
Il richiamo a Genova ed a Roma è evidentemente un pretesto: cambia sia il
contesto che la dimensione economica
delle opere; per la presenza di progetti
unitari, cambiano le regole ed i principi ispiratori degli interventi e cambiano soprattutto gli interessi e le possibilità d’indirizzo politico della committenza. Quel che rimane è la consapevolezza di un modo nuovo di guardare
la città, di conoscerla e farne parte e la
stessa veduta anonima di Cosenza
(1595 circa), conservata presso la biblioteca Angelica di Roma, può considerarsi, in tal senso, una conferma.
VIA GIOSTRA VECCHIA
ANALISI E RILIEVI SUL PATRIMONIO
EDILIZIO ED URBANO
a cura di
Aldo De Sanctis
Rubbettino
© 2006 - Rubbettino Editore
88049 Soveria Mannelli - Viale Rosario Rubbettino, 10 -Tel. (0968) 6664201
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Indice
Introduzione
7
Via Giostra Vecchia
Aldo De Sanctis
9
Rilevamento e conoscenza
Aldo De Sanctis
43
Note sulla composizione urbana dell’area
della Giostra Vecchia alla fine del XVI secolo
Brunella Canonaco
79
Schede sugli edifici di via Giostra Vecchia
Francesca Molezzi
89
Contributo delle indagini termografiche alla
conoscenza della struttura architettonica
Giuseppe Fortunato e Antonio Lio
111
Appunti sul rilevamento di via Giostra Vecchia
Luca Laino e Antonio A. Zappani
133
Nota bibliografica
163
Introduzione
Via Giostra Vecchia, esito di una ricerca finanziata con fondi regionali (L. 10/98), è un’occasione per analizzare Cosenza partendo dal
suo “interno”, considerando cioè i singoli edifici, i modi in cui si
aggregano e gli spazi urbani che realizzano; ma è anche un’occasione per verificare come metodi di indagine differenti (rilievi, ricerche
d’archivio, analisi grafiche...) possano risultare efficaci, se coordinati tra loro, non solo per fini disciplinari o di conoscenza, ma di
offerta spendibile sul campo, sia nell’esercizio professionale che nella gestione del patrimonio architettonico: oltre che nella presente
pubblicazione, il materiale prodotto trova organizzazione in un sistema informativo, accessibile a tutti ed aperto a nuovi incrementi di
dati, particolarmente dedicato ai temi della conservazione e del
recupero (tutela, restauro, opere di adeguamento tecnologico...).
Un’occasione, in definitiva, capace non solo di raccogliere e presentare elaborati sull’assetto d’insieme o sui singoli elementi di un settore urbano, ma anche di promuovere, almeno così crediamo, attenzioni e consapevolezza diffusa in quanti, a titolo diverso, lavorano
sui “materiali” architettonici (costruzioni, tessuti edilizi, spazio
urbano...) che ancora oggi caratterizzano il centro antico della città.
Le ragioni dell’insediamento di nuove costruzioni su via Giostra
Vecchia sono diverse (grandi lotti liberi, posizione orografica, andamento del terreno...), ma la più immediata è probabilmente
quella pratica di avere a disposizione un’area sufficientemente libera, non troppo distante dal centro cittadino, su cui edificare. Un
po’ come avviene per la Strada Nuova a Genova nella metà del
’500, o per Via Giulia a Roma nei primi anni dello stesso secolo,
citando liberamente le prime realizzazioni che vengono in mente,
anche a Cosenza, tra il XVI ed il XVIII secolo, matura l’idea di avere una strada “moderna”, capace di proporre “schemi” di sviluppo
urbano differenti da quelli correntemente adoperati.
Il richiamo a Genova ed a Roma è evidentemente un pretesto:
cambia sia il contesto che la dimensione economica delle opere;
per la presenza di progetti unitari, cambiano le regole ed i principi ispiratori degli interventi e cambiano soprattutto gli interessi e
le possibilità d’indirizzo politico della committenza. Quel che
rimane è la consapevolezza di un modo nuovo di guardare alla città, di conoscerla e farne parte; la stessa veduta anonima di Cosenza (1595 circa), conservata presso la biblioteca Angelica di Roma,
7
può considerarsi in tal senso una conferma. In questa si mostra
infatti tutta la varietà tipologica presente nella compagine cittadina e non soltanto i “pezzi” migliori: insieme al castello, al duomo
ed al palazzo del re, pressoché centrali ed in asse tra loro, si riportano tutte le case, tutte quelle che è possibile rappresentare dal
punto di vista prescelto e con queste le strade e le prime costruzioni della piana del Crati.
Gli scritti del ‘400 e del ‘500, le teorie urbane e le iniziative delle
maggiori città italiane sono evidentemente conosciuti negli
ambienti più evoluti della società cosentina e, se è improprio assegnare al primo tratto di via Giostra Vecchia un valore esemplare,
non può non riconoscersi la novità della proposta, del tutto inedita a Cosenza, basata non sull’accostamento di singole unità, ma
sulla ripetizione del “blocco” edilizio, modellato sulle dimensioni
del palazzo nobiliare.
“Et nelle città – scrive Andrea Palladio nel 1570 - rende bellissima
vista una strada diritta, ampia e polita, dall’una e dall’altra parte della quale siano magnifiche fabbriche”.
La strada di cui ci occupiamo, come detto, non ha le caratteristiche previste dai trattati rinascimentali e la sua larghezza non è,
come raccomanda Leonardo, quanto “la universale altezza delle
case”. Via Giostra Vecchia si sviluppa nel tempo, per aggiustamenti progressivi e rifacimenti anche radicali di volumi (come ad esempio quello di palazzo Caselli-Vaccaro, trasformato completamente
nel corso del XVIII e XIX secolo); segue prescrizioni empiriche di
progettazione, con un rapporto tra larghezza stradale ed altezza
degli edifici che con difficoltà riesce a raggiungere il valore di 0.5.
La stessa forma del vuoto risente di tutte le irregolarità imposte dal
tracciato viario e dall’orografia; tuttavia ci sembra importante iniziare ad analizzare la città partendo da simili componenti (prestando attenzione alla disposizione degli edifici, alla forma del vuoto,
alle peculiarità organizzative, al rapporto tra pieni e vuoti…), perché non di rado è su questi che diviene possibile identificare i tratti distintivi ed il “carattere” dell’intero aggregato urbano.
Venendo a quanto si è fatto ricordiamo che la ricerca, pur presentando una sostanziale sintonia di obiettivi, può strumentalmente
suddividersi in due parti:
- la prima presenta rilievi (analisi grafiche, riflessioni teoriche, note
su aggiornamenti tecnici…) e ricerche d’archivio sui singoli edifici;
- la seconda realizza un sistema informativo sul centro antico di
Cosenza, che inizia a funzionare proprio per gli elaborati e le schede prodotti nell’ambito di questo studio.
A. D.
8
VIA GIOSTRA VECCHIA
“La voce <Giostra> - scrive Mario Borretti - non crediamo abbia
bisogno di soverchie spiegazioni. I primi tornei o giostre della Cosenza
quattrocentesca, ricca di traffici e animata da una elegante società
patrizia dedita agli amori, ai giochi ed alle feste, dovettero essere notevoli (…). Tutti vestivano pregiate e lussuose vesti; dai balconi e dai
poggi i più antichi damaschi e sete cosentine facevano festa” (1). L’autore, normalmente attento ai riscontri documentari, nel suo lavoro
sulla toponomastica cosentina lascia trasparire, forse con qualche
esagerazione, l’idea di una città festosa, agiata e, in generale, senza
troppi problemi.
La realtà cittadina di quel periodo però è altra e probabilmente è
più vicina a quella che può rilevarsi, con dovizia di dettagli, nel
Giornale di Viaggio in Calabria di Giuseppe Maria Galanti, che
visita ufficialmente la regione dopo il terremoto del 1783 e nelle
relazioni del Corpo reale d’Ingegneri di Ponti e strade (2), istituito
per decreto (n. 213) nel 1808.
“In Cosenza - scrive Galanti - fummo ad alloggiare ne’ Cappuccini che
sono in una situazione che domina la città. Qui vicino è il castello che
va in rovina e che dovette essere molto buono ne’ tempi antichi (…).
La città è posta in pendio, il quale unito al pessimo lastricato la rende
incomoda per andarvi a piedi ed in carrozza. Gli edifici sono meschini, le strade tortuose ed irregolari” (3). Non che Cosenza, agli occhi
del visitatore ufficiale del Regno, non abbia risorse o Istituzioni
notevoli da mostrare; lo stesso Galanti ci parla di studenti che regolarmente frequentano “scuole Regie e normali”, di “gran piantagioni di olivi e di fichi”, della “ruota” (sala delle udienze), dello “Spedale ed il suo Orfanotrofio”; ci parla, in definitiva, di una città non
esemplare, ma con luci ed ombre come è normale che sia.
Sulla viabilità e sui continui lavori di sistemazione interna, svolti
dal Corpo degli Ingegneri e successivamente dagli Uffici tecnici
comunali, esiste un’ampia documentazione d’archivio con previsioni di spesa, opere da eseguire, consuntivi e reclami di privati. Simili documenti possono, secondo noi, diventare un indicatore importante non solo della situazione viaria, nei differenti periodi, ma dell’intera realtà cittadina e dei “modi” della sua evoluzione.
Per corso Telesio, asse principale della città e per tutte le altre strade del centro antico, è possibile ricostruire, quasi completamente, il
numero degli interventi, con dettagli sulle variazioni operate per
9
1/ M. Borretti, Le strade
di Cosenza, saggio di
toponomastica storica,
Cosenza
tipografia
Chiappetta 1951; la citazione si riferisce alla vicina via Giostra Nuova, ma
è chiaro che i richiami sul
toponimo valgono anche
per la strada di cui ci
occupiamo.
2/ Il primo decreto di
Gioacchino Napoleone,
Re delle due Sicilie, è del
18.11.1808; con il decreto n. 261 del 21.1.1809
si stabiliscono le competenze che riguardano, tra
l’altro, la costruzione,
riparazione e manutenzione delle strade Regie e
loro diramazioni. Cfr.
Bull. Leggi del Regno di
Napoli, 1809 in A.S.Cs.,
coll.E/95.
3/ Per ogni informazione
sul viaggio di G. M.
Galanti vedi l’accuratissima edizione critica di A.
Placanica, Giuseppe Maria Galanti Giornale di
Viaggio in Calabria
(1792), Napoli Società
Editrice
Napoletana
1981, pagg. 263 – 264.
4/ A. S. Cs, Opere pubbliche comunali, B. 11,
fascicolo 257.
5/ A. S. Cs, Archivio
antico, B. 14, fascicolo
94.
6/ A. S. Cs., Archivio
antico, B. 14, fascicolo
94.
regolarizzarne l’andamento e sui materiali impiegati. Nel progetto
di riattazione della strada principale di Cosenza del 1824, ad esempio, si fa notare che l’attuale tracciato “oltre le mancanze in più punti, è dappertutto in disordine (...). E’ quindi indispensabile il ricostruirlo interamente con l’impiego della pietra medesima” (4). Per le
opere si utilizza selciato a calce, con pietra del luogo e “arena” presa nel fiume Busento.
Ogni lavoro comporta in genere modifiche di assetto, con variazioni sia della pendenza che della geometria delle strade. Nel citato progetto si parla di “piccole correttioni”, necessarie per il corretto funzionamento della più importante via della città; in realtà
i valori espressi e soprattutto il senso della descrizione alludono ad
interventi di una certa importanza, con ricadute non solo sulla
pendenza della strada, ma sui raccordi con i tracciati secondari e
con i pavimenti delle botteghe che prospettano sulla strada stessa.
Nel 1826 si eseguono lavori per la sistemazione di via Padolisi che
riguardano “l’inselciato fatto con ciottoli di fiume della grassezza di
circa sei once, con malta di calce e arena di fiume” (5); altri lavori si
segnalano “nella strada detta mezzo-tomolo”, per ricostruire la
“strada del Teatro”, nelle rampe della “strada detta Timpone” ed in
“via Giostra Vecchia avanti la casa Grisolia” (6).
Nei documenti, come detto, troviamo sia il dettaglio dei materiali
impiegati (a volte si dice di riutilizzare quelli esistenti), che la misura delle opere; non compaiono invece grandi adeguamenti tecnologici e spesso si ha l’impressione di lavori fatti più per motivi contingenti che per un’effettiva volontà di riqualificazione o di rinnovamento urbano.
Via Giostra Vecchia, in una posizione non distante rispetto al “centro” cittadino individuato da piazza Duomo ed in un quartiere tra
i più antichi della città, non può che seguire la sorte delle altre strade: poca manutenzione, rattoppi di emergenza e conseguenti
lamentele dei cittadini. L’andamento sostanzialmente “orizzontale”, dato dalla disposizione orografica, i salti di quota attenuati e
qualche brusco cambio di direzione riescono però ad inserirla nella viabilità generale ed a farla funzionare, seppure con fatica, come
collegamento tra due porte della città: quella degli Archi di Ciaccio, caratterizzata dall’edificio del Contestabile Ciaccio (XV–XVIII
secolo), che con un grande arco segna visibilmente un limite dell’abitato e quella presso il convento di San Francesco d’Assisi
(XVI–XVIII secolo) che, tramite via della Motta, immette sulla
strada Nazionale per Rogliano.
Di tutta via Giostra Vecchia il secondo tratto, quello compreso fra
il largo antistante palazzo Bombini ed il convento di San Francesco
d’Assisi, è certamente il più “infelice” e la strada si riduce quasi ad
10
un vicolo, con strettoie ed irregolarità, poco compatibili anche con
le esigenze della viabilità antica. Nella parte di nostro interesse,
quella tra le case Greco e Bombini, la situazione è diversa e con un
rapporto più equilibrato tra altezza degli edifici e larghezza stradale; ma è soprattutto la ricorrenza di costruzioni qualificate a rendere interessante questa porzione di strada. La sequenza dei palazzi,
realizzati con materiali, partizioni compositive e finiture di pregio,
determina un insieme urbano di rilevante valore architettonico che
si viene consolidando per fasi progressive ed in un periodo di tempo straordinariamente lungo (XVI–XIX secolo).
Per i rifacimenti e gli accorpamenti proprietari che si sono succeduti è difficile rintracciare una volontà progettuale unitaria; piuttosto è la successione delle costruzioni che delimitano il contorno
della strada ad individuare modalità di crescita urbana, differenti
da quelle più in uso nel centro antico: le strade di Cosenza evolvono generalmente con margini compatti, setti murari in comune tra
le proprietà e solo le necessità di collegamento interno riescono ad
interrompere la teoria dei prospetti; l’accostamento tra unità abitative e la “costanza di filo” sono i dati percettivi che spesso prevalgono su tutto il resto (caratterizzazioni compositive, moduli geometrici, moduli costruttivi…). Su via Giostra Vecchia troviamo
invece unità edilizie quasi “autonome”, costruttivamente e funzionalmente indipendenti da quanto è vicino ed attorno e con il “vuoto” che fa da tramite tra un isolato e l’altro.
Forse è il sentire comune tra i proprietari (l’indipendenza economica, l’autonomia intellettuale…), o anche la conoscenza di esperienze differenti a dare la consapevolezza che è possibile costruire in
modo diverso ed a suggerire un modello di sviluppo urbano inedito per Cosenza, fatto con la ripetizione in “serie” di volumi, anche
se architettonicamente differenziati tra loro.
Gli scritti del ‘400 e del ‘500, le teorie e le iniziative delle maggiori città italiane sono evidentemente conosciuti negli ambienti più
evoluti della società cosentina, così come le istanze di rinnovamento urbano previste per Napoli (poi solo in parte realizzate), città di
riferimento per Cosenza. In una lettera (1524) di Pietro Summonte, cardinale napoletano, leggiamo che Alfonso II d’Aragona ha in
animo di “estendere ad linea recta tucte le strade maestre, da muro a
muro della città, tolti via portichi, cantoni e gibbi ineguali e così per
traverso estendere pure ad directura, tucti li vichi da capo ad capo della città” (…) per fare di Napoli “la più netta e polita città (…) d’Europa” (7).
Se è improprio assegnare al primo tratto di via Giostra Vecchia un
valore esemplare, non può non riconoscersi la novità della proposta che utilizza, come detto, non l’accostamento di singole unità,
11
7/ C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano, Storia dell’Arte Italiana, Milano
Electa - Bruno Mondadori 1986, vol. II, pag.
364.
1a/ Via Giostra Vecchia, piano terra degli
edifici e successione
dei cortili interni.
(pagina precedente)
8/ Stendhal, Passeggiate
romane, Bari Laterza
1973, pagg. 206 – 207.
ma la ripetizione del “blocco” edilizio, modellato sulle dimensioni
del palazzo nobiliare.
Lo spazio che ne deriva è dissimile da quello che troviamo in altre
parti del centro antico e si caratterizza per un rapporto più “equilibrato” tra larghezza viaria ed altezza delle costruzioni e per la presenza ricorrente di cortili e di androni che contemporaneamente ne
dilatano le dimensioni e ne articolano la disposizione, fino a formare un continuum tra esterno ed interno (Fig. 1a, b, c).
Parenteticamente notiamo che lo spazio di strade, piazze e cortili, a
Cosenza originariamente pavimentati con gli stessi ciottoli di fiume (nei cortili spesso disposti con organizzazioni geometriche),
individua un vero e proprio materiale architettonico con cui per
eccellenza può identificarsi una città, antica o moderna che sia;
non un’eccedenza delle soluzioni di progetto, ma un componente
essenziale delle aggregazioni edilizie che trovano nel vuoto il tessuto connettivo necessario per funzionare e per svilupparsi. Ed è per
l’insieme degli spazi pubblici, semipubblici e privati che la città è
in grado di enumerare che, di norma, si arriva a determinare la sua
qualità.
Su strade, piazze e cortili storicamente si concentrano i maggiori
controlli degli amministratori e dell’intera cittadinanza ed è proprio su simili “vuoti”, indipendentemente da ogni regolarità geometrica, che possono rintracciarsi i valori di convivenza civile
espressi da una comunità. L’area libera dunque non solo come pausa tra le costruzioni, o semplice risultato di operazioni tecniche, ma
indice per l’identità di un gruppo sociale e della sua storia; fattore
protagonista della scena urbana, in relazione spesso determinante
con l’organizzazione dei volumi edificati.
Regolare o meno che sia, uno spazio ha importanza per la coerenza che è in grado di istituire tra gli elementi in gioco (tra pieni e
vuoti, tra emergenze e tessuto “minore”, tra forme edilizie e geometrie d’insieme…), per la “trasparenza” o la “compattezza” che presenta; ha importanza per l’interesse, a volte lo stupore, che è in grado di suscitare: “Al ritorno da Villa Ludovisi ci siamo fermati a lungo – scrive Stendhal – a piazza Montecavallo, che secondo me è la più
bella di Roma e del mondo. Gli sciocchi dal <gusto obbligato> le rimproverano la sua forma irregolare” (8).
A Cosenza l’irregolarità formale degli spazi è, per così dire, la regola; nasce per fattori orografici e per il disporsi “naturale” degli insediamenti; per l’evoluzione indotta dalla successione degli interventi edilizi e per le “correttioni” dei lavori di pavimentazione che, seppure ogni volta di piccola entità, arrivano a modificare il tracciato
delle strade e delle piazze ed anche il modo di percepirle.
Dal punto di vista del metodo prendere una strada come occasio12
1b/ Via Giostra Vecchia, pianta del piano terra degli edifici e prospetti (particolare).
13
14
15
9/ L. Quaroni, Progettare
un edificio – otto lezioni di
architettura, Milano Mazzotta 1977, pag. 73.
10/ A. S. Cs, Archivio
antico, B. 14, fascicolo
99.
ne di studio per la valutazione dello spazio urbano e più in generale della qualità di un centro antico, ci appare lecito almeno per due
motivi:
- simili componenti (una strada, una piazza…) hanno normalmente una continuità storica tale da presentare stratificazioni in ogni
loro parte, paragonabili a quelle di comparti di maggiori dimensioni; detto altrimenti, più che configurare modelli esemplari (esito di
un progetto unitario o di una volontà individuale che ne farebbe
un prodotto specifico, difficilmente generalizzabile) individuano
una sorta di sintesi evolutiva della città.
- Tutte le strade (le piazze, le case…) del centro antico di Cosenza
hanno subito un’evoluzione “lenta” e modificazioni graduali, attuate senza stravolgimenti o interventi radicali. Ed è proprio da simili modalità realizzative, dalle “relazioni” che progressivamente si
sono venute determinando, che ci sembra derivi la ricchezza formale che oggi risulta lecito rilevare; ricchezza formale spesso in
contrapposizione con la riconoscibilità e, per molti versi, l’omologazione delle costruzioni, delle strade e piazze contemporanee.
Nell’analisi di questo tipo di relazioni quasi mai ci sono regole certe da rintracciare; per leggerle e valutarle funzionano bene “dispositivi grafici” (schemi, immagini analitiche, rilievi…) in grado di
rubricare le soluzioni che intercorrono tra “pieni” e “vuoti” e di
compararle.
In genere si tratta di relazioni che nascono per la dipendenza che
viene ad istituirsi tra edifici contermini e per i principi d’ordine che
ogni variazione riesce a determinare nel contesto di riferimento;
nascono per aggiustamenti successivi e per riferimenti non geometrici, ma percettivamente attendibili; ancora nascono per l’accostamento di materiali tipici del luogo e le proporzioni che i volumi
costruiti, in ogni caso, stabiliscono col vuoto. “Le superfici esterne
di un edificio – scrive Ludovico Quaroni – costituiscono un sistema
di forme di inviluppo che dividono gli spazi interni da quelli esterni.
Dividono non separano, perché gli spazi esterni hanno sempre cercato
di stabilire una comunicazione cogli spazi interni” (9).
Tornando a quanto visto in precedenza, quello della manutenzione degli spazi esterni è per Cosenza un problema ricorrente, tanto
che nel 1827 si ordina una ricognizione di tutte le principali strade cittadine “in esecuzione di quanto il Sig. Sindaco, autorizzatovi
dal Sig. Intendente, ha prescritto” (10). A giudicare dai commenti
riportati a seguito della visita, fatta per commissionare un appalto
di manutenzione, la situazione sembra di sufficienza. Nella relazione conclusiva che, per l’estensione delle ricognizioni, la natura delle osservazioni e la quantità delle informazioni “accessorie” (nomi
di strade, di famiglie…), riportiamo quasi per intero, troviamo:
16
1c / Via Giostra Vecchia, pianta del piano terra degli edifici e prospetti (particolare).
17
- “Strada centrale, che dal ponte sul Busento mena all’angolo primiero
del Palazzo dell’Intendenza, compresovi la piazza piccola, il larghetto
del popolo, piazza grande, largo di Monsignore e larghetto Curatore /
In bonissimo stato, sia relativamente agli inselciati sia alla polizia, ne’
soli parapetti del tratto della medesima contigua al ponte de’ revocati
si richiedono diverse porzioni di fabbrica…
- Vico tra Spiriti e Santa Chiara / Questo vico per essere ridotto in buonissimo stato, debbono (…) e ricostruirsi d’inselciato fatto a secco...
- Strada che dalla Giostra mena al Real Teatro Ferdinando / E’ in buonissimo stato
- Strada che dall’angolo della casa del Sig. Andreotti, salendo pel teatro, mena a quella del Sig. Ronchi (?) / E’ in buonissimo stato
- Strada che dalla casa Silvani mena al rifugio e propriamente al lampione / E’ in buonissimo stato
- Vicoletto fra Ronchi e Falco / In questo vicoletto richiedisi l’ingrandimento del condotto onde gl’inquilini non fossero obbligati di buttarvi le immondizie, lavoro che debbono eseguire i proprietari delle case
- Strada di Portapiana che per S. Giovanni mena al Castello / E’ in
buono stato, debbiasi invitare (?) il Sig Parroco di rifare il muro a secco caduto del suo giardino…
- Strada maestra di Portapiana / E’ in ottimo stato
- Vico di Portapiana, che mena al Castello / E’ in buono stato
- Strada vecchia che dal monastero della Trinità conduce a Portapiana / Perché questa strada divenghi consegnabile debbono sgombrarsi i
molti materiali (…) E vi si debbono rifare d’inselciato…
- Strada che dalla casa di Bosco mena al Capostrada al di là dell’arco
di Ciaccio / Perché questa strada possa dirsi in buonissimo stato, vi si
debbono costruire d’inselciato a secco, con pietre nuove…
- Vico Richichi, dal portone della casa di Bosco a quello del signor Vercillo / In questo vicoletto per il quale passa la processione del Corpus,
vi si deve sdruire e ricostruire l’inselciato con due fuse (?) nel centro…
- Vicoletto fra Arabia e Palazzo / E’ in buonissimo stato
- Strada che dalla casa del Sig. Orsi (?) mena alla chiesa delle Cappuccinelle / Perché questa strada possa essere nello stato di consegnarsi, vi
si richieggono le seguenti porzioni d’inselciato fatte a secco con pietre
nuove, cioè fra due giardini di Vercillo e Castelfranco (…) Nel largo
delle Cappuccinelle…
- Strada Vetere, che mena alla Giostra Vecchia ed alla casa Valentini /
Per ridurla in buono stato vi si richiede un muro a secco (…) e d’inselciato fatto a secco…
- Vicoletto sopra gli Archi di S. Francesco di Assisi / Devesi costringere
il Sig. D. Raffaele Greco a togliare le pietre di sua proprietà che l’ingombrano, altronde è in buono stato
- Strada che da S. Francesco di Assisi mena alla casa Firrao / Questa
18
strada per potersi dire in buonissimo stato, vi si debbono eseguire i
seguenti lavori cioè, si debbono togliere i materiali esistenti (…) Inselciato, Fabbrica, e tufi…
- Strada tra Spada e Campagna sino al supportico di Muzzillo / Perché questa possa dirsi in buonissimo stato vi si richiede d’inselciato fatto in calce…
- Strada Muzzillo e Claudi (?) / Perché possa dirsi in buono stato, vi
si deve togliere il materiale esistente (…) E vi si debbono costruire d’inselciato a secco…
- Vicoletto tra Ronchi e Muzzillo / Perché fosse nello stato da potersi
ricevere, si richieggono d’inselciato (…) E debbono togliersi di materiali…
- Vico tra Campagna e Dechiara fino alla casa Ronchi / E’ in cattivo
stato, ma formerà l’oggetto di una perizia particolare
- Vico tra Ronchi e Silvati / E’ in ottimo stato
- Strada che da largo Politi mena alla Giostra Vecchia / E’ in buono
stato
- Vico tra Firrao ed Orsimarsi / Perché diventi in buono stato deve
sgombrarsi il materiale esistente…
- Rampe del Timpone / Sono in buonissimo stato, vi si debbono sgombrare materiali…
- Strada che dagli Orefici conduce alla casa Bosco in S. Francesco di
Assisi / E’ in buono stato
- Vicoletto rispetto la casa di D. Domenico Donato / Perché possa essere consegnato vi si richiede la rifazione dell’inselciato…
- Vicoletto tra Cundari e Giannuzzi che non spunta / Vi si deve togliere il materiale…
- Vico che dalla strada Mercante mena alla casa del Sig. Donato / Perché possa dirsi in buono stato, vi si richiede d’inselciato…
- Strada che dal vico Pettini mena in S. Fran.co di Assisi / E’ in buono stato; vi si debbono sgombrare di materiali…
- Strada che da questo mena alla Fontana di Messerandrea / Perché
possa dirsi in buono stato, vi si richiedono d’inselciato…
- Strada del largo Cuzzolini mena a Fontananuova / Perché possa dirsi in buono stato, vi si richiedono d’inselciato…
- Strada che dall’arco di Roberto mena alla piazza piccola / Perché possa dirsi in buono stato, debbono sgombrarsi i materiali esistenti (…) e
si debbono ricostruire d’inselciato fatto come sopra…
- Vico Ferraro / E’ in buono stato
- Vico Roberto / Perché possa dirsi in buono stato, vi si debbono ricostruire d’inselciato (…). E si debbono sgombrare i materiali…
- Strada e vico Cannavari / Perché possa dirsi in buono stato, vi si
richiede d’inselciato…
- Vico Bombini / Perché possa dirsi in buono stato, vi si richiede d’in19
selciato (…) E di materiale…
- Strada che da S. Fran.co di Paola mena a Palazzo / E’ in buonissimo stato
- Strada Maestra, che dal ponte mena a Palazzo / Perché possa dirsi in
buono stato, vi si richiede d’inselciato…
- Strada che da Palazzo mena alla casa Tirelli / E’ in pessimo stato, e
vi si dovrebbe costruire l’inselciato intieramente
- Strada tra Ricci e Scarfoglio (?) / Perché possa dirsi in buono stato, vi
si richiede d’inselciato…
- Strada S. Agostino / E’ in buono stato
- Strada di Rose (?) / E’ in buono stato
- Strada che dal ponte di S. Francesco mena al ponte de’ Pignattari /
E’ in buono stato, ne’ parapetti del ponte de’ Pignatari vi si richiedono
di tufi …
- Strada delle Conciarie lungo il fiume Crati / Perché possa dirsi in
buono stato, vi si richiede d’inselciato (…) E di materiali…
- Strada che dallo Spirito Santo conduce alla Piazza Grande / Perché
possa dirsi in buono stato, vi si richiede d’inselciato…
- Vico Gescile (?) / Perché possa dirsi in buono stato, vi si debbono
togliere di materiali…
- Supporto Baracca / Perché possa dirsi in buono stato, vi si deve rifare l’inselciato…
- Vico Scarfoglio / E’ in buono stato
- Strada che dal mezzotumolo conduce alla piazzetta e piazzetta / In
buono stato
- Vico Ranieri / In buono stato
- Strada Cafarone / Perché possa dirsi in buono stato, vi si richiedono
d’inselciato…
- Strada Martino che mena alla Giostra nuova / Idem…
- Salita Martino / Idem…”.
A fine elenco, la relazione riporta il totale dei lavori necessari e,
nonostante qualche semplificazione, può dirsi che affronti in modo
ordinato il problema della conservazione delle strade urbane. La
distinzione tra i vari tipi di giudizio è sintetica, ma efficace e si
comprendono bene sia i lavori che devono compiersi che le quantità degli stessi; “in buono stato”, “in buonissimo stato”, “in pessimo stato” specificano con certezza le condizioni di fatto, mentre lo
fa meno l’indicazione “perché possa dirsi in buono stato” che, pur
richiamando lavori da realizzarsi, sembra quasi una formulazione
per fare apparire poco gravi le lacune e la situazione viaria.
Per tutte le strade, piazze e vicoli si pensa ad una finitura in ciottoli di fiume, posati a secco. Spesso nei vicoli compare la notazione di materiali d’ingombro di cui non sempre è chiara la provenienza, ovvero non è chiaro se accumulati dalle acque piovane
20
oppure dall’incuria dei cittadini. Com’è ovvio le strade e le piazze
principali sono in migliori condizioni (corso Telesio e le piazze
adiacenti risultano in “bonissimo stato” sia per lo stato di conservazione che per la pulizia); quelle periferiche (strada delle Conciarie, strada Vetere…) ed i vicoli si presentano sempre con lavori da
fare.
Via Giostra Vecchia non compare direttamente, ma a leggere i
risultati dell’indagine, tutta la viabilità circostante viene detta “in
buono stato”. In una lettera all’Intendenza della Calabria Citeriore
del 1834, troviamo però che il signor Raffaele Pugliano e tutti gli
abitanti della zona si lamentano perché la “strada della Giostra Vecchia ha bisogno di urgenti accomodi per essersi resa impraticabile”
(11). “Urgenti accomodi” già richiesti nel 1826 “dal punto del
palazzo Caselli a quello del sig. Telesio” (12).
La toponomastica è ancora incompleta e per localizzare le vie spesso si fa ricorso ai nomi delle case e delle famiglie che le abitano. Nel
1843 si imporrà a Cosenza la numerazione civica, ma solo nel 1882
si approverà, con una delibera comunale, la “nominclatura delle
piazze e delle vie della città” (13); ancora oggi però, girando per il
centro antico, è facile trovare strade e vicoli privi di riferimenti
toponomastici.
Continuando a scorrere la relazione del 1827 vediamo che la Commissione svolge altri due tipi di ispezioni: quella sui “condotti maestri de’ luoghi immondi” e quella sulle fontane.
Per la pulizia di tutti i condotti si richiede la spesa “di ducati diceotto”; si elencano poi sette fontane cittadine ed i lavori occorrenti:
- nella fontana “del Padiglione vi si richiede un portellino di quelli di
proprietà della città (…), di rimettere in opera il canale, allungandolo (…) e di polire il suo piano dando libero scolo alle acque…
- Messer Andrea inferiore è in buono stato.
- Idem superiore presenta varie crepature sul prospetto dalle quali sgorga l’acqua; un tratto della stessa è ingombro dal terreno della frana…
- Fontana avanti il Rifuggio, è in buono stato.
- Fontana della Motta, è in buono stato.
- Fontana del Paradiso, potrebbe dirsi in buono stato, ma vi si richiedono i tufi nuovi (…), vi si devono togliere i cespugli dal prospetto, e
deve imbiancarsi tutto il prospetto, come pure pulirsi la botte (…). Si
deve altresì ricoprire un pezzo di acquidotto nella strada nuova…
- Fontana della Piazza, perché possa dirsi in buono stato si deve rifare il tratto di condotto crepato…”.
Anche per questa parte, la relazione presenta sia lo stato di conservazione che i danni; in sintesi, tre fontane su sette hanno bisogno
di riparazioni urgenti, nei prospetti e nelle tubazioni.
Per quanto riguarda le strade, le piazze, i condotti e le fontane, la
21
11/ A. S. Cs., Archivio
antico, B. 24, fascicolo
182.
12/ A. S. Cs., Archivio
Antico, B. 14, fascicolo
94.
13/ Archivio comunale,
delibera del 29. 03.1882.
14/ A. S. Cs., Opere pubbliche comunali, B. 15,
fascicolo 327.
15/ Cfr. C. Carozzi – A.
Mioni, L’Italia in Formazione…, Bari De Donato
1980.
16/ A.S.Cs., Affari Ecclesiastici, B. 12, fascicoli 1,
4, 5, 6, 8, 9. Nel fascicolo 5 troviamo il “Notamento delle spese pei
lavori di demolizione,
puntellamento ed altro
ordinati dalla Commissione Edilizia Temporanea 18.03.1854; l’elenco
riporta il lavori eseguiti
(capomastro,
giornate…).
17/ Cfr. G. E. Rubino –
M. A. Teti, Cosenza,
Roma/Bari Laterza 1997,
pag. 90 e seguenti.
ricognizione del 1827 può considerarsi un punto fermo da cui partire per dare alla città una veste di efficienza; nei documenti successivi però il carattere sistematico che la contraddistingue sembra
perdere valore. Si lamentano ancora insufficienze e ritardi e nella
prima metà del XIX secolo un po’ tutti i principali servizi pubblici
della città divengono materia costante di reclami e di delibere
comunali. Oltre la viabilità, generalmente inadeguati sono: l’illuminazione pubblica, che utilizza lampade ad olio e l’acqua per usi
civici, nonostante la presenza di fontane in quasi tutti i quartieri;
fontane che, come visto, necessitano di manutenzione continua sia
per l’uso quotidiano che se ne fa che per i “guasti” alle tubazioni,
prodotti dalle alluvioni. In una lettera del 1859 all’Intendente della Calabria Citeriore, troviamo che per i “guasti significanti a’ condotti della fontana sita sulla piazza maggiore di questa città (…)
necessita accorrere con sollecitudine agli accomodi, stante che in questa
fonte attinge la maggior parte della popolazione” (14).
In realtà molti Comuni italiani versano in condizioni analoghe ed
in uno stato d’igiene preoccupante; nella relazione allegata alla legge sanitaria del 1888 si legge che 6400 Comuni sono privi di
fognature e 1286 hanno abitazioni prive di latrine (15).
Il terremoto del 1854 sconvolge l’intera Cosenza, provocando danni ingentissimi: oltre le case, quasi tutti i palazzi, le chiese ed i conventi subiscono crolli (le Cappuccinelle, S. Francesco d’Assisi, S.
Francesco di Paola, S. Gaetano, l’orfanotrofio, l’ospedale, il castello…); il duomo è forse l’edificio meno danneggiato.
In piazza Prefettura si costruisce “una baracca per cappella”, nell’area da destinare a teatro cittadino; le strade (Motta, la consolare di
Portapiana, vicolo S. Tommaso…) sono colme di detriti ed ovunque si cercano muratori esperti “per demolizioni e puntellamenti”
urgenti (16).
Negli anni immediatamente successivi, con i sacrifici ed il concorso di tutti, la città si riprende e paradossalmente è a questo sciagurato evento che possono farsi risalire la definitiva scelta di espandere l’abitato al di là dei fiumi ed il rilancio dell’industria edilizia, che
rinasce per far fronte ad interventi diffusi, sia sulle abitazioni che
nei diversi spazi urbani della città (17).
Via Giostra Vecchia, forse per l’uso di materiali e di tecniche
costruttive migliori, subisce danni limitati ed i proprietari, oltre ad
intervenire per consolidare, colgono l’occasione dei lavori anche
per rivedere l’aspetto esterno dei loro edifici: per palazzo Grisolia,
ad esempio, nel 1857 si fa la richiesta per ottenere una porzione di
suolo pubblico su cui realizzare un portico con quattro colonne di
fronte all’ingresso principale; palazzo Orsimarsi, vicino al precedente, subisce danni parziali e riesce a conservare il suo aspetto set22
tecentesco, caratterizzato da balaustre in ferro battuto e dal grande
portone d’ingresso; palazzo Caselli, rimaneggiato più volte dal XIII
secolo in poi, con fusioni di unità edilizie e sopraelevazioni, nella
metà dell’800 trasforma radicalmente la sua distribuzione interna
(19); i palazzi Bombini e Greco, oltre ai lavori di ripristino, trasformano in modo significativo i loro prospetti principali.
Nei documenti d’archivio troviamo che, tra le altre, le famiglie
Greco, Bombini, Monaco e Caselli il 19 Luglio 1854 presentano
una domanda per ottenere “la grazia sovrana della franchigia del ferro” (18), impiegato nei lavori di consolidamento (travi in ferro
sono oggi visibili nel portico di palazzo Grisolia; gran parte delle
“catene” inserite negli edifici risalgono a questo periodo…).
Il Catasto post-unitario del 1873 registra fedelmente ogni variazione di assetto e ci presenta una situazione urbana ormai del tutto
ristabilita. Per la prima volta, dalla citata veduta dell’anonimo,
Cosenza ha modo di manifestarsi non per descrizioni “mirabili” o
per l’accostamento delle sue architetture migliori, ma come città
“plurale”, con l’insieme delle sue stratificazioni edilizie e proprietarie; come città fatta di abitanti, case e strade, disponibile alla lettura, anche nelle sue conformazioni “minori”.
Con lo scopo pratico della perequazione fiscale, i catasti editano
una nuova immagine di città, la più completa che conosciamo, in
grado di evidenziare caratteri ed ambiti urbani inconsueti, del tutto inavvertiti nelle rappresentazioni precedenti.
Dal punto di vista grafico le mappe non utilizzano codificazioni
particolarmente sofisticate: al tratto grafico spesso aggiungono il
colore ed ogni articolazione volumetrica è ridotta al solo dato planimetrico dei “pieni” e dei “vuoti”. I segni impiegati hanno una
derivazione intuitiva (rosso per i tetti, celeste per l’acqua, linee continue per dividere, tratti di legatura per unire…) e non si escogita
alcuna tecnica (di tipo progressivo o combinatorio) per articolarne
ulteriormente le possibilità descrittive.
L’obiettivo di predisporre una base omogenea in tutto il territorio
dello Stato, per l’applicazione delle aliquote fiscali, promuove una
specializzazione degli elaborati grafici, con la preminenza di alcuni
“connotati” rispetto ad altri; non una rappresentazione sull’insieme
dei significati che la città conserva, ma un’immagine composta sulle divisioni particellari, sul costruito e sullo spazio urbano. Tuttavia
il disegno di Cosenza si manifesta in tutta la sua articolazione e
complessità: emergono gli edifici maggiori ed i monumenti, la geometria “variabile” dei vuoti e la frammentazione dell’edilizia diffusa; ed è proprio per le codificazioni grafiche che le mappe utilizzano che può individuarsi, con evidenza, la forma della città e la
coerenza del suo assetto con l’andamento orografico dei luoghi.
23
18/ La sistemazione della
corte interna è del XVI
secolo; per altre informazioni cfr. F. Terzi – S. Vecchione - F. Cozzetto,
Palazzo Caselli, Cosenza
tipografia Satem 1986.
19/ A.S.Cs., Affari ecclesiastici, B. 53, fascicolo
14.
2a/ Via Giostra Vecchia, mappa catastale del 1873.
20/ A. S. Cs., Sommarione della mappa urbana del
Comune di Cosenza,
aggiornamento dell’anno
1903. Si tratta di un registro che, in dodici colonne numerate, riporta: un
numero progressivo; la
situazione (via, contrada,
piazza, viale…) dei fabbricati e loro accessori; il
numero civico; i numeri
di mappa (principali e
subalterni); la destinazione dei fabbricati e loro
accessori; la posizione dei
fabbricati (ottima, media,
cattiva); lo stato dei fabbricati (buono, mediocre,
infimo); la quantità dei
vani per ciascun piano
(sottoterra, primo piano,
(…), quinto piano); la
superficie (are, centiare);
il possessore.
Il foglio numero 3, del Catasto post-unitario, fa vedere Via Giostra
Vecchia con divisioni particellari di media e grande dimensione
(Figg. 2 a, b) ed un assetto proprietario poco articolato; oltre i
palazzi, come notato in precedenza, si evidenziano i cortili interni
che, in mappa, vengono indicati come pertinenze edilizie, ma con
lo stesso colore delle strade.
La via, nel tratto di cui ci occupiamo, inizia con un piccolo spazio
(un incrocio di strade carrabili e pedonali) davanti a palazzo Greco
e termina con la piazzetta di palazzo Bombini; tra questi due elementi di “testata” si sviluppano edifici volumetricamente “omogenei” ed in rapporto diretto col vuoto della strada. Su tali fabbriche
è possibile ricavare una prima serie di informazioni leggendo attentamente il registro (sommarione) allegato alle mappe (20). Per gli
interessi del nostro lavoro, dal sommarione riportiamo, il numero di
particella, la via, la destinazione d’uso, i vani per piano ed il nome
del possessore:
- 889 / Salita Motta - via Giostra Vecchia / casa civile / 7, 9, 10, 5
(quattro piani) /Bombini Giuseppe;
- 890 / Salita Motta - via Giostra Vecchia /5, 14, 17, 9, 14 (cinque
piani) / Bombini Giuseppe;
- 891 / via Giostra Vecchia / corte comune a 890, 892;
- 892 / via Giostra Vecchia / casa con porzione alla corte 891 / 1,
24
2b/ Via Giostra Vecchia, mappa catastale del 1873, trascrizione.
6, 5 (tre piani) / Gallo Vincenzo;
- 893 / via Giostra Vecchia / bottega falegname al pianterreno, casa
/ 1, 2 (due piani) / Magliocchi Giuseppe;
- 894-1 / Vico II Giostra Vecchia / casa civile con sottopassaggio
pubblico / 5, 4, 11, 4 (quattro piani) / Caselli Francesco;
- 894-2 / Vico Timpone – vico I Giostra Vecchia / luoghi a pianterreno / 4 ( un piano) / Caselli Elvio;
- 894-3 / Vico II Giostra Vecchia / casa civile con sottopassaggio /
7, 7, 7 (tre piani) / Caselli Eugenio;
- 895 / via Giostra Vecchia / corte comune;
- 896-1 / Vico Timpone – vico Timpone II - via Giostra Vecchia /
casa civile / 8, 11, 10 (tre piani) / Bombini Giuseppe;
- 896-2 / Vico Timpone – vico Timpone II - via Giostra Vecchia /
casa civile / -, -, -, 12, 1 (cinque piani) / Orlandi Mariano;
- 932 Vico I Giostra Vecchia / casa civile / 2, 5 (due piano) / Stella Giuseppina;
- 933-1 / via Giostra Vecchia / casa / 6, 3, 6, 4 (quattro piani) /
Magliocchi Raffaele;
- 933-2 / Vico I Giostra Vecchia - Vico II Giostra Vecchia - via
Giostra Vecchia / 6, 4, 6, 4 (quattro piani) / Magliocchi Francesco;
- 934 / via Giostra Vecchia / scuderia e appartamento in primo piano / 1, 4 (due piani) / Zupi (?);
25
- 935 / via Giostra Vecchia / andito comune;
- 936 / via Giostra Vecchia / orto / Grisolia;
- 937 / via Giostra Vecchia / teatro in costruzione / Grisolia;
- 938 / Vico II Giostra Vecchia – via Padolisi / luogo terreno e
appartamento / 1, 3, 1 (tre piani) / De Lorenzi Giuseppe;
- 939-2 / Vico II Giostra Vecchia / due stanze in primo piano / 2
(un piano) / Caselli;
- 939-5 / Vico II Giostra Vecchia / casa / 3, 9 (due piani) / Abate
(?) Antonietta;
- 940 / Via Giostra Vecchia – via Biagio Miraglia - Vico II Giostra
Vecchia / casa civile / 8, 10, 19, 18, 17, 9 (sei piani) / Grisolia Salvatore;
- 978-1 / Via Biagio Miraglia / casa / -, -, 7 (tre piani) / Cosentini
Michele;
- 978-2 / Via Gaetano Argento / bottega / 1 (un piano) / parrocchia S. Maria;
- 978-3 / Via Gaetano Argento / bottega / 2 (un piano) / Cosentini Michele;
- 979 / Via Biagio Miraglia / casa / 1, 2, 11 (tre piani ) / Magliocchi Francesco;
- 980-1 / Via Biagio Miraglia / casa civile / 2, 13, - (tre piani) / Greco Pietro;
- 980-2 / Via Biagio Miraglia / porzione di casa / -, -, 6 (tre piani)
/ Greco Pietro;
- 980-3 / Via Biagio Miraglia / casa / -, -, 6 (tre piani) / Greco
Erminio;
- 981 / Via Biagio Miraglia / luogo terreno / 1 (un piano) /
Magliocchi Francesco;
- 1265 / Via Giostra Vecchia / casa con terrazzo / 2, 3 (due piani)
/ Gallo Vincenzo.
Le costruzioni hanno una media di tre piani e solo nelle parti in
forte pendenza si può rilevare un numero di piani che supera quello dei prospetti, di regola presenti su via Giostra Vecchia. Le unità
di piccola dimensione sono poche e si localizzano in prevalenza
sugli angoli dei lotti, a margine delle grandi proprietà che, neppure nel caso di realizzazioni di pregio, riescono a trovare accordi per
soluzioni di buon senso (la particella 933, di proprietà Magliocchi
con la 932 e la 934; la 890, di proprietà Bombini con la 893; la
937, destinata a teatro con la 936).
L’unico isolato con particelle di dimensione ridotta è quello comunemente detto della famiglia Falvo, ma in catasto indicato di proprietà diverse (Cosentini, Greco e Magliocchi. Ai Falvo appartiene
la proprietà retrostante).
I nomi ricorrenti nel registro sono quelli delle famiglie più note di
26
Cosenza (Bombini, Caselli, Gallo, Grisolia, Magliocchi…), generalmente arrivate in questa parte di città nella seconda urbanizzazione dell’area (XVIII-XIX secolo), in sostituzione di quelle di primo insediamento (XV-XVII secolo), come Cavalcanti, Cicala, Dattilo, Ferrao, Sersale, Telesio…
Relativamente al teatro notiamo che quello di via Giostra Vecchia,
indicato nel sommarione del 1903 in costruzione (particella 937, di
proprietà Grisolia), non ha nulla a che vedere con l’attuale teatro
Rendano, che inizia la sua storia nei primi decenni dell’Ottocento.
Riassumendola brevemente abbiamo che nel 1812 si pensa di
costruire il teatro di città nei locali, ceduti al demanio, della chiesa
del Gesù, presso l’ex - convento dei Gesuiti; tra il 1819 ed il 1826
si eseguono i lavori più urgenti per adattare la chiesa a teatro e sempre nel 1826 iniziano le prime rappresentazioni. Per mancanza di
fondi, le opere di completamento proseguono a rilento (dal 1826
al 1831), ma il teatro continuerà comunque a funzionare.
Nel 1853, le ripetute richieste di restituzione della Compagnia di
Gesù ed una disposizione ufficiale convincono l’Amministrazione
comunale a trattare per l’acquisto di un fondo, su cui realizzare un
nuovo teatro.
Nel 1856 i locali dell’ex-chiesa vengono restituiti ed in via provvisoria il teatro si trasferisce in un “baraccone” di legno posto, vicino
alla fontana del Paradiso, nell’attuale piazza Prefettura. Il 30 Giugno 1858 il Comune emette un bando per la costruzione del nuovo teatro (21), ma solo nel 1878 iniziano i lavori più importanti
che, con alterne vicende, proseguono fino al 1895; ancora nel 1900
si stipula un contratto con il signor Giovanni Diana (22) per la
decorazione interna, si appaltano una gradinata in marmo e le balconate in cemento armato. Finalmente nel 1909 si inaugura il nuovo teatro cittadino (23).
Il teatro del Barone Grisolia in via Giostra Vecchia, è probabile
invece che non abbia mai funzionato; indicato in costruzione nel
1903, già pochi anni dopo (1923) i nuovi proprietari, i signori Perris e D’Atri, chiedono alla Commissione Edilizia del Comune il
permesso di trasformare quanto sino ad allora attuato in casa per
“civile abitazione”.
La proposta di adeguamento viene approvata (Fig. 3), ma subirà
modifiche in corso d’opera ed oggi si presenta con un piano in più
ed una differente partizione del prospetto (rispetto a quanto previsto, il prospetto attuale risulta meno organico e quasi privo di
attenzioni compositive); l’organizzazione planimetrica di progetto
è invece abbastanza coincidente con l’attuale (tornano il portone,
il lungo corridoio d’entrata, il corpo scala, la chiostrina interna…).
La destinazione ad appartamenti (24) ha certamente influito sul27
21/ A. S. Cs., Opere pubbliche comunali, B. 14,
fascicolo 305.
22/ A. S. Cs., Opere pubbliche comunali, B. 27,
fascicolo 5.
23/ I documenti dell’intera vicenda del teatro di
Cosenza si trovano in
copia riuniti e facilmente
consultabili presso l’Archivio di Stato di Cosenza.
24/ Archivio comunale,
divisione
urbanistica
18.8.1923 (fascicolo III).
3/ Via Giostra Vecchia, progetto di casa per “civile abitazione” da realizzarsi al posto del teatro Grisolia (1923).
l’assetto definitivo della nuova fabbrica, ma la poca cura nella composizione del prospetto principale può anche vedersi come il segnale di una caduta d’interesse dei nuovi proprietari per un bene posto
in una zona, ormai non più di grande valore economico. C’è infatti da ricordare che nel 1906 l’Ufficio Tecnico Comunale redige un
Piano d’Ampliamento, che decisamente sposta l’attenzione di cittadini ed amministratori nelle aree al di là dei fiumi (quelle recuperate con la costruzione degli argini e quelle della piana del Crati
28
e del Busento) e che negli anni del primo dopoguerra iniziano, in
dette aree, le prime opere di urbanizzazione. Negli Anni Venti tutta questa parte di città vedrà la realizzazione di costruzioni, sia pubbliche che private, che attireranno l’attenzione di tutti.
Tornando alla breve disamina sui lavori di manutenzione viaria,
troviamo che a circa un secolo di distanza dalle rilevazioni ottocentesche, nel 1926 l’Ufficio Tecnico Comunale ordina una “Perizia
dei lavori più urgenti di sistemazione e pavimentazione di vie interne
della città” (25). Si tratta di una nuova ricognizione, con analisi dei
costi, specifiche dei materiali e computi metrici, estesa all’intera
compagine cittadina; oltre le sistemazioni stradali lungo il fiume e
nelle aree d’espansione, si prevedono lavori in quasi tutte le vie del
centro antico (parte iniziale e finale di corso Telesio, inclusa piazza
Prefettura; salita del Liceo; tutta via Campagna; piazza Follari; via
Giostra Vecchia; via Motta; via Gaetano Argento - via Vergini;
piazza San Francesco d’Assisi ed altri tratti minori).
L’esame è dettagliato, si specificano chiaramente i tratti di strada da
fare ex-novo, quelli da aggiustare, le misure e le opere necessarie;
con i registri di stima, nel fascicolo numero 1 troviamo anche una
mappa sintetica dei lavori, in scala 1:2000, con l’indicazione a
colori delle parti su cui è necessario intervenire.
Analisi e rappresentazione di via Giostra Vecchia
Rilevare via Giostra Vecchia, più che un modo per simularne l’apparenza, è per noi un’occasione, forse l’unica che abbiamo, per
esperire indagini sulla consistenza delle case, dei palazzi e dello spazio urbano che conserva; per conoscerne i caratteri e soprattutto le
relazioni tra costruito e “vuoto” che inequivocabilmente la individuano.
L’architettura e lo spazio urbano non si consegnano alla conoscenza con una visita sul posto o replicando, pure con attenzione, dettagli e particolarità esecutivi; si conoscono valutando assetti e soluzioni compositive, valutando cioè, attraverso il linguaggio grafico,
problemi architettonicamente pertinenti.
In un’azione di rilevamento, la conoscenza viene per le restituzioni
che si portano a termine, ma anche per le elaborazioni grafiche che
si è in grado di attuare e l’organizzazione delle informazioni che,
per loro tramite, è possibile ottenere: spesso sono proprio i “modi”
della rappresentazione a far emergere la funzione dei singoli elementi e le motivazioni di lettura.
In altri termini, per arrivare alla conoscenza architettonica servono
ipotesi figurative in grado di far risaltare le connessioni (o i riman29
25/ Archivio storico
comunale, Categ. 10,
Classe 1, fascicolo 125.
di) tra le parti ed il ruolo che singolarmente svolgono; servono elaborazioni sufficienti per produrre il significato, anche in vista di
nuove opportunità applicative (incrementi di ricerca, di analisi, di
valutazioni interpretative…). Ancora servono riferimenti espliciti
sulla forma, che è possibile raggiungere proprio per le prove grafiche ripetute e le selezioni/enfatizzazioni di segni che si è capaci di
promuovere.
In queste note ed in quelle del capitolo che segue, ricorrono più
volte i richiami alla selezione delle componenti, alle indagini sulla
consistenza delle parti, ad operazioni conoscitive, ma pensare al
disegno della città, comprenderne l’evoluzione, o immaginare una
ricerca urbana con finalità operative vuol dire soprattutto realizzare delle condizioni di riuscita; condizioni che possono esprimersi,
più che con descrizioni o con generici elaborati a tema urbano, con
restituzioni consapevoli, capaci di mettere insieme coerenza di forme e dispositivi grafici idonei per evidenziarle e per leggerle.
Studiare la città secondo “forme” da restituire (con classificazioni/comparazioni, analisi grafiche, schemi, immagini compiute…),
se da un lato può avere limitazioni nella conoscenza più generale,
per un rilevatore e per quanti si occupano di analisi (edilizia o urbana), la consapevolezza formale di cui parliamo si configura come
un dato irrinunciabile: la forma in architettura coincide con il contenuto e considerarla graficamente è il modo più efficace che abbiamo per esaminarne il valore.
Comprendere lo spazio urbano, i palazzi e le case che ne fanno parte, per così dire dall’interno, come espressione di materiali architettonici e di forme, di relazioni o di connessioni tra elementi può
contribuire non poco a rinnovare l’attenzione, non su una città in
generale, ma su una ben individuata, con proprie determinanti e
specificità.
Con i fattori formali e le relazioni tra le parti, obiettivi quasi per
definizione (la forma di un edificio è sotto gli occhi di tutti e da
tutti può essere misurata e analizzata; lo stesso può dirsi per le relazioni geometriche di uno spazio, gli allineamenti, le proporzioni…) ed in apparenza facili da valutare, ci sembra utile iniziare una
ricerca sulla città antica, perché seppure limitati a ciò che è possibile “vedere”, consentono di evitare il fare inconsapevole e di avere
una base coerente da cui partire per ogni successiva operazione, di
recupero o di conservazione che sia.
Incidentalmente notiamo che quanto detto non intende evidentemente escludere altri tipi di ricerca (storica, strumentale o d’altro
tipo ed i riferimenti d’archivio contenuti nei vari capitoli ne sono
una testimonianza), ma solo mettere attenzione su operazioni, che
nella pratica corrente risultano spesso malfatte o sottovalutate.
30
Se il rilevamento non è solo un tramite per riprodurre la realtà,
possiamo ritenere le singole restituzioni come “autonome” rispetto
all’opera realizzata e dotate di capacità tali da rivelare anche i significati che la stessa realtà direttamente non esprime (rapporti tra
costruito e vuoto, tra i componenti di un volume…). E’ per questa circostanza che possono accreditarsi i rilevatori ad essere protagonisti del processo analitico ed interpretativo ed è per l’uso dei
dispositivi grafici che sono in grado di costruire, che possono
manifestarsi preferenze e opzioni operative (di conoscenza, conservazione, recupero…).
Gli elaborati che seguono servono, forse meglio di ogni altra indicazione, a chiarire il senso di quanto stiamo affermando, ad evidenziare i caratteri di via Giostra Vecchia e soprattutto a dare consistenza a quell’idea di spazio, come tipico “materiale” della città,
avanzata all’inizio di queste note.
In contesti “irregolari”, come quelli di un centro antico, ci sembra
infatti che servano meno le ricerche solo descrittive e genericamente interpretative; quel che più serve è la definizione di un ordine
d’indagine “integrato”, fatto di rilievi, analisi grafiche e ricerche
d’archivio, pertinente con le situazioni e capace di sollecitare risposte propriamente architettoniche: restituire con schemi ed immagini di sintesi, sezioni o sequenze grafiche non vuol dire altro che entrare nella consistenza di un assetto per individuare gerarchie e selezionare informazioni; vuol dire analizzare la compiutezza del reale,
disarticolando l’ordine apparente per indagare i “depositi” delle sue
forme. E’ per l’azione di tali schemi ed analisi grafiche, importanti
non solo in senso tecnico, ma potrebbe dirsi “ontologico”, che si
può arrivare a conoscere, almeno così crediamo, l’architettura e la
città.
Seguendo la successione degli elaborati, abbiamo:
- immagini che utilizzano tecniche di mediazione grafica simboliche e riportano, come dato prevalente, la forma del vuoto in relazione ai volumi edificati (Fig. 4a). La doppia rappresentazione
(vuoti e pieni trattati in positivo ed in negativo) permette di cogliere l’effettivo rapporto esistente tra gli elementi a confronto (se al
vuoto delle aree libere corrisponde esclusivamente il pieno degli
isolati) ed il loro carattere di dipendenza. Si tratta di schemi che
lavorano sulla forma planimetrica e che considerano costante il
valore dell’altezza, riducendo ogni eventuale variazione presente
negli alzati; possono anche considerarsi come prime operazioni per
comporre una classificazione tra le differenti tipologie di spazi.
Dal punto di vista del metodo, l’attenzione su poche variabili significative, non è un espediente facile per ridurre la realtà e renderla
più abbordabile; al contrario la semplificazione grafica è, in questo
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4a/ Via Giostra Vecchia, rappresentazione per “pieni” e “vuoti”.
caso, un’opportunità per indirizzare l’attenzione e per eliminare
interferenze nella ricerca del risultato.
Come altri tipi di analisi che si producono sulla città antica, anche
questa ha inizio prendendo atto e lavorando su ciò che esiste, su
quanto è compiuto, sia in senso formale che di corrispondenza
reciproca tra le parti; attraverso la forma del vuoto, vista come
risultato di un rapporto (pieno/vuoto), si cerca di innescare un procedimento di scoperta della struttura “interna” di un assetto e di
realizzare ipotesi conoscitive, anche in assenza o in apparente disarmonia di riferimenti geometrici.
Con simili elaborati, si cerca cioè di definire un “ambiente” di analisi e di realizzare una specie di premessa per l’indagine che si vuole compiere; ancora quel che si cerca di fare è di realizzare “modelli” grafici in grado di far evolvere l’analisi urbana e di non accogliere subito la somiglianza come dato privilegiato da considerare. E’
evidente che non si scarta la rappresentazione somigliante per principio, ma si cerca di considerarla non come l’unica in grado di fornire indicazioni utili e neppure come preminente in ogni situazione d’indagine.
A questi elaborati aggiungiamo quello sulla lettura dell’organizzazione viaria e dei margini; anche in questo caso si tratta di uno
schema che cerca di proporre una gerarchia tra i percorsi dell’area
e di attribuire un significato compositivo ai margini che delimitano il perimetro della strada in questione. Si tratta di margini generalmente compatti, permeabili per punti ed omogenei per tutta l’estensione del contorno; solo il tratto antistante palazzo Grisolia è
indicato con una fascia di permeabilità, utile per rimarcare la presenza del portico (Fig. 4b; c).
- Il secondo gruppo di elaborati si serve di tecniche di mediazione
grafica analogiche e cerca, nonostante le riduzioni e deformazioni
che comporta, di sintetizzare i valori di “volume” presenti nella
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4b/ Via Giostra Vecchia, organizzazione viaria e margini.
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strada. La rappresentazione d’insieme consente di confermare la
“continuità” compositiva degli edifici di via Giostra vecchia (già
individuata con i grafici precedenti) ed il loro ruolo nella definizione dello spazio urbano, con i caratteri di chiusura o quelli di permeabilità.
Si utilizza una scala di rappresentazione sintetica e, oltre la disposizione del costruito, si cerca anche di restituire la funzione del vuoto urbano, il suo sviluppo, il ruolo connettivo che svolge.
Le sezioni ortogonali all’asse della strada, inserite nel grafico d’insieme e redatte ancora in una scala di sintesi, servono per evidenziare il rapporto di equilibrio al “limite” tra edificio e vuoto (un’altezza maggiore avrebbe ridotto la via ad un vicolo), espresso anche
nei grafici che seguono e per affermarne la particolarità. Sono figure marginali, ma non accessorie ai contenuti ed in grado di contribuire a precisare la natura dello spazio urbano esistente in via Giostra Vecchia (Fig. 5).
- Il terzo gruppo di elaborati si avvale di tecniche di mediazione
grafica prevalentemente iconiche e propone il confronto tra le due
situazioni di “testata”, prima richiamate; sono assonometrie sezionate, attente ai valori di somiglianza e redatte in un rapporto scalare sufficiente per riconoscere sia la partizione architettonica che
l’organizzazione interna del volume in esame (presenza di androni,
cortili, scale…).
La complessità della rappresentazione (organismo edilizio, sezione,
pianta, descrizione interna) è un modo per rispondere all’articolazione dello spazio reale e dei volumi che ne fanno parte; interviene
per evidenziare le relazioni tra esterno ed interno ed offrire elementi di conoscenza sufficienti, per eliminare ogni incertezza ed ogni
ambiguità di lettura.
In entrambe le situazioni si è cercato di utilizzare analoghe modalità di elaborazione delle informazioni (un’assonometria sezionata,
rivolta verso la parte iniziale o terminale del tratto di strada), ma
per cercare di segnalare il secondo cortile di palazzo Bombini e la
piazzetta di rispetto, presente davanti al portone d’ingresso, il
secondo elaborato è trattato diversamente: per palazzo Grisolia
abbiamo un’assonometria sezionata sul cortile e sul corpo scala; per
palazzo Bombini un’assonometria sezionata sul primo cortile, riferimenti in pianta ed una planimetria (complementare all’assonometria) del secondo cortile, con la piazzetta antistante.
Gli edifici, per materiali ed “omogeneità” sia funzionale che distributiva, arrivano a stabilire tra loro una “sintonia” tale da essere percepiti, se non proprio come simili, come appartenenti ad un unico
ambiente urbano: ogni edificio è in corrispondenza con gli altri per
dimensioni, complessità distributiva, rapporto con la strada ed è
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5/ Via Giostra Vecchia, veduta d’insieme a quadro orizzontale e profili edificio/strada/edificio.
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6a/ Via Giostra Vecchia, assonometria sezionata di palazzo Grisolia.
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6b/ Via Giostra Vecchia, assonometria sezionata di palazzo Bombini.
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7a/ Via Giostra Vecchia, prospettiva a quadro orizzontale tra i palazzi Greco, Grisolia ed ex-teatro.
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7b/ Via Giostra Vecchia, prospettiva sullo spazio urbano tra i palazzi Greco, Grisolia ed ex-teatro.
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per questo tipo di relazioni che tra costruito e spazio può vedersi l’esistenza di un accordo, fatto da “materiali” architettonici solidali e
non dal caso o dalla semplice vicinanza (variando qualche elemento o lo stacco tra gli edifici, si modifica fortemente il risultato).
Guardando le assonometrie emerge con chiarezza il rapporto
costruito/non-costruito e la continuità tra il vuoto interno dei cortili (originariamente pavimentati con lo stesso materiale delle strade) e quello esterno della strada; ma si precisa anche il ruolo funzionale che il cortile svolge nell’edificio e quello, meno evidente, di
componente urbano per il raccordo tra spazio pubblico, semipubblico e privato.
Il cortile di palazzo Grisolia costruisce un vero e proprio spazio
architettonico (Fig. 6a); pur con dimensioni “ridotte”, determina la
tipologia della costruzione, vale a dire il modo per distribuire gli
ambienti e per farli funzionare (area di raccordo esterno-interno,
ingressi collegamenti verticali…).
Palazzo Bombini, per forma e dimensioni, presenta una distribuzione diversa e due cortili interni, corrispondenti alle porzioni in
cui può essere suddiviso l’intero volume: quella su via Giostra Vecchia, con un cortile più grande che svolge un ruolo prettamente
funzionale e quella sulla piazzetta di testata, con un cortile di piccole dimensioni che, oltre il ruolo funzionale svolge anche quello
di rappresentanza; la pavimentazione ottocentesca a ciottoli, presente sia sulla piazzetta che all’interno della corte, sottolinea bene
detto ruolo.
Attorno ai cortili si sviluppa l’organizzazione delle due parti (affacci interni, collegamenti verticali, distribuzione orizzontale…) e si
definisce la tipologia del palazzo, che evidentemente rispetta sia le
esigenze funzionali che quelle proprietarie (Fig. 6b).
Gli altri elaborati servono per confermare il ruolo di “testata” dei
volumi terminali e per sottolineare le caratteristiche dei vuoti (Figg.
7a, b), che sinteticamente possono dirsi di modeste dimensioni,
utili in senso organizzativo (raccordo tra i diversi livelli orografici
quello tra i palazzi Greco/Grisolia/ex-teatro; di rispetto quello di
palazzo Bombini), ma non banali ed in grado di articolare la spazialità dell’intera area.
Se consideriamo il rapporto tra larghezza delle strade ed altezza
degli edifici, nel centro antico di Cosenza, troviamo valori sempre
inferiori ad 1; su Corso Telesio, ad esempio, il valore medio di tale
rapporto è 0.32. Nel tratto considerato (lungo 125m. circa e largo
in media 7.5m.), detto valore sale invece a 0.5, in prossimità dei
palazzi Grisolia e Magliocchi; si abbassa poi a 0.3, vicino palazzo
Bombini ed a 0.26, su via Biagio Miraglia.
Il carattere “unitario” a cui più volte s’è fatto riferimento, come può
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vedersi nelle restituzioni, non deriva dalla omogeneità compositiva
dei prospetti e neppure dalla loro somiglianza; deriva dalle dimensioni “paragonabili” dei volumi costruiti, dalla organizzazione
urbana che realizzano e dal modo con cui scandiscono il vuoto. Un
problema di ordine, dunque e di proporzioni tra parti “piene” ed
aree libere.
In ultimo, tornando al ruolo che le elaborazioni possono svolgere
in un procedimento di analisi, ricordiamo che ogni grafico ha un
proprio modo di rendere i rapporti, di restituire gli edifici ed il
vuoto urbano ed è per la complementarità tra le immagini, non per
la quantità delle informazioni che singolarmente contengono, che
possono stabilirsi momenti efficaci di scelta ed alternative per individuare validi elementi di giudizio.
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