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  • Giuseppe Scandurra Department of Human Studies University of Ferrara Via Paradiso 12, Ferrara giuseppe.scandurra@unif... moreedit
Quando, nel 2019, sono arrivato per la prima volta a Salinas di Guaranda, un paese sulle Ande dell'Ecuador a 3.550 metri di altitudine sul livello del mare, non vi era nemmeno una capanna, ma solo case di cemento. Alla fine degli anni... more
Quando, nel 2019, sono arrivato per la prima volta a Salinas di Guaranda, un paese sulle Ande dell'Ecuador a 3.550 metri di altitudine sul livello del mare, non vi era nemmeno una capanna, ma solo case di cemento. Alla fine degli anni Sessanta, però, quando arrivarono i missionari dell'operazione Mato Grosso, Salinas era un piccolo paese fatto di abitazioni di paglia. La maggioranza dei salineros viveva in zone isolate: non c'erano strade, luce elettrica, telefono, fognature, dispensario medico e tutti i campesinos erano sfruttati da una famiglia di latifondisti. A inizio anni Settanta, un gruppo di volontari italiani accompagnati dai salesiani istituirono una cooperativa che permise di ridistribuire la proprietà della terra a tutti i salineros attraverso piccoli prestiti: nacquero, in questo modo, un'economia comunitaria e diverse micro-imprese che non avevano proprietari se non gli stessi salineros. In che modo il "modello" Salinas che si autodefinisce "comunitario", "alternativo" e "critico" rispetto ai modelli economico-politici oggi dominanti in Occidente ci costringe a riflettere circa determinate problematiche connesse al fare un'"antropologia delle politiche"?
Nel 2014, partecipando a un bando dell’Ateneo di Ferrara – PRIA –, abbiamo ottenuto un finanziamento per realizzare un’attività di ricerca transdisciplinare della durata di tre anni. Da subito, come gruppo di ricerca composto da... more
Nel 2014, partecipando a un bando dell’Ateneo di Ferrara – PRIA –, abbiamo ottenuto un finanziamento per realizzare un’attività di ricerca transdisciplinare della durata di tre anni. Da subito, come gruppo di ricerca composto da urbanisti, architetti e antropologi urbani, abbiamo voluto inscrivere il nostro lavoro all’interno di ciò che l’Unesco nel 2011 ha chiamato il programma Historic Urban Landscape; ovvero quell’insieme di studi, ricerche-azioni, pratiche di rigenerazione e di conservazione integrata del patrimonio storico capaci di generare uno sviluppo sostenibile rafforzando i fattori di equità sociale. Più nello specifico, la nostra ricerca, all’interno di questo approccio, ha individuato strategie e linee guida per un programma di rigenerazione per una zona “pilota” dell'Avana non inclusa nel perimetro del sito Unesco e non oggetto d’interventi di valorizzazione.
Research Interests:
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso un dottorato di ricerca in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in atto in città durante la campagna elettorale del... more
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso un dottorato di ricerca in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in atto in città durante la campagna elettorale del sindaco Sergio Coferati. Bologna usciva dalla prima amministrazione comunale di centro- destra dal secondo dopoguerra e l’atmosfera era festosa, come di liberazione, dopo i quattro anni di Giunta del sindaco Giorgio Guazzaloca. La ricerca che avevo condotto per il Dottorato dialogava con il contesto di studi legati all’antropologia urbana (Sobrero, 1992; Signorelli, 1996; Callari Galli, 2007; Barberi, 2010; Cancellieri, Scandurra, 2012) e aveva come oggetto una storica periferia di Roma; più nello speci co le pratiche di vita quotidiana di un gruppo di uomini e donne membri di un Comitato di quartiere (Scandurra, 2007, 2008, 2009, 2012). Oggi potrei sintetizzare la domanda al centro di questo studio con queste parole: esiste ancora, in un mondo che descriviamo sempre più come delocalizzato, una relazione reciprocamente costitutiva tra «antropologia e località?» (Appadurai, 1996). Una questione centrale anche nella campagna elettorale a cui assistetti in quell’anno a Bologna, in una città allora in lotta tra la voglia di essere metropoli e quella di essere un piccolo paese.
Nel 2004 ho iniziato a insegnare Antropologia culturale all’Università di Bo- logna e ho cominciato a fare ricerca «in/sulla» città (Eames, Goode, 1977); non conoscevo Bologna e per deformazione professionale non vedevo altro modo di “sentirmi a casa” se non studiandola, se non facendola oggetto di ricerche etnografiche di media/lunga durata.
Questo libro conclude forse la mia curiosità per questa città. Dopo dieci anni di ricerche ho la sensazione che la voglia di conoscere Bologna – oggi sempre più paese e meno metropoli, come avranno modo di vedere i lettori leggendo i saggi raccolti in questo volume –, e quindi di studiarla, sia terminata. Quella distanza che all’inizio mi permise di poter osservarla, descriverla, interpretarla – una di- stanza che nel far ricerca, dunque familiarizzando con essa, si è sempre più ridotta – oggi ha acquisito un’altra forma. Ho abitato in molte case in questi dieci anni e ho due  gli che parlano bolognese perché in questa città sono nati e probabilmente vi cresceranno, ma credo che il mio rapporto con Bologna sia cambiato, forse esaurito; e di conseguenza il mio rapporto di ricerca.
Research Interests:
Nonostante la presenza di cittadini di origine straniera in Emilia-Romagna sia recente, è possibile distinguerne tre fasi principali. La prima risale agli anni Ottanta quando il fenomeno era ancora molto contenuto - al di sotto delle... more
Nonostante la presenza di cittadini di origine straniera in Emilia-Romagna sia recente, è possibile distinguerne tre fasi principali. La prima risale agli anni Ottanta quando il fenomeno era ancora molto contenuto - al di sotto delle 30.000 unità e dell’ 1% della popolazione residente. I paesi di provenienza erano quasi esclusivamente quelli del Nordafrica e si trattava in particolare di lavoratori maschi adulti. I primi inserimenti consistenti di lavoratori di origine di origine straniera, collocatisi nelle fonderie e nei cantieri edili della provincia di Reggio Emilia, risalgono a circa venti anni fa e hanno riguardato soprattutto cittadini emigrati dall’Egitto.
Research Interests:
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since becoming a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been the... more
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since becoming a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been the topic of a romantic, epic and popular literature style translated in several languages, but also food for thought for philosophers and poets. Football has been and still is a great metaphor used to write on our contemporary society and, at the same time, a popular “topic of conversation” used by pubs’ patrons to while away time during boring afternoons and evenings; whether it is being discussed in a working-class neighbourhood bar or in the living room of a gentrified historical centre house, football has always played the role of a cultural glue between “high” and “low” culture. So what could be more anthropological than transforming a pub discussion or a drawing room philosophical debate into a “scientific” subject matter? This is also the reason why football has been regarded by some ethnologists as a “rite”. Others, mostly sociologists, have realized that in studying it there is the opportunity, perhaps the very last one, to write on the surviving conflicting nature of our Western and European culture, seemingly pacified yet still fraught with bellicose instincts.
In recent years ethnographic research has been published in Italy that could fit in a sub-discipline that the author of this essay tries to synthesize under the term “Anthropology of urban marginality”. A much debated topic of study... more
In recent years ethnographic research has been published in Italy that could fit in a sub-discipline that the author of this essay tries to synthesize under the term “Anthropology of urban marginality”. A much debated topic of study outside our country, especially from the sixties onwards, after the early generations of Chicago ethnographers. These are the questions that the author wishes to answer in his written: to which extent is it possible to speak of an anthropology of urban marginality in our country? What have these studies achieved in terms of improvement of policies aimed at “marginal individuals” living in our cities? Who reads this research? Have they changed the way of doing research inside university? In brief, what were the consequences of the application of these studies inside and outside University?
This essay is the outcome of an ethnografic research started in september 2001 as doctoral dissertation in Anthropology of Contemporariness at the University Milano Bicocca. Purpose of the essay is to tell a story: the story of the school... more
This essay is the outcome of an ethnografic research started in september 2001 as doctoral dissertation in Anthropology of Contemporariness at the University Milano Bicocca. Purpose of the essay is to tell a story: the story of the school 725, created by the catholic priest Roberto Sardelli, in the bidonville of the Acquedotto Felice, an experience of education among the shanties in the neighbourhood of the quarter Pigneto. The shanty-towns at the border were of the outskirts a landscape typical of Rome before the Eighties. The experience of the school 725 and of the people living in the bidonvilles of Rome is highly significant not only for the history of this specific quarter but for the history of whole city, Rome, which constructed its own identity and community feeling, to a relevant extent, on the basis of the fight for the housing, as it happened specifically in the Pigneto.
Premessa Quasi cinque milioni sono gli immigrati che regolarmente o irregolarmente vivono in Italia: alimentano con il loro lavoro, con le tasse che pagano, con i loro figli, con la loro vita insomma, la nostra produttività, sia quella... more
Premessa
Quasi cinque milioni sono gli immigrati che regolarmente o irregolarmente vivono in Italia: alimentano con il loro lavoro, con le tasse che pagano, con i loro figli, con la loro vita insomma, la nostra produttività, sia quella legale che quella illegale; aprono le nostre città ad uno scambio di beni, di usi, di tradizioni che strappa gli abitanti, volenti o nolenti, al loro provincialismo, che le apre al fluire della contemporaneità, alle vicende del mondo.
Il nostro Paese riesce, per quanto riguarda le politiche di integrazione, dopo più di venti anni dall’inizio di questo fenomeno, ad ignorarlo, non aderendo a nessuno dei modelli adottati negli altri paesi europei che lo hanno conosciuto ben prima di noi. Rendiamo difficile l’acquisizione dei diritti di cittadinanza tenendoli vincolati allo ius sanguinis, impedendo così la possibilità di innestare un modello di integrazione in qualche modo analogo a quello cui si ispira la legislazione della Francia; né d’altra parte sviluppiamo l’articolarsi di un multiculturalismo che con sistematicità e competenza metta a contatto e confronto attivo le diverse lingue, le diverse tradizioni, i diversi modelli culturali di cui siamo portatori “noi” e “loro”.
Nella realtà dei vissuti quotidiani e dei rapporti con le istituzioni il modello italiano per la maggioranza degli immigrati è un modello che oscilla tra l’esclusione e il laissez faire. E’ una richiesta di rispetto delle nostre leggi senza concedere il diritto di partecipare, in qualche misura, in qualche modo, alla vita delle istituzioni pubbliche del nostro Paese; né particolare attenzione è dedicata a fare conoscere loro significati e valori delle une e delle altre; è una richiesta di condividere i principi su cui si fonda la nostra vita pubblica senza porre in atto i processi per mezzo dei quali sia possibile, prima o poi, parteciparvi a pieno diritto, acquisendo cioè la cittadinanza del nostro Paese. E si assiste così ai casi, paradossali quanto si voglia ma che sono sempre più frequenti, di giovani individui, figli di cittadini immigrati che sono nati in Italia, hanno frequentato le nostre scuole, spesso sono stati immessi nel mondo della formazione e del lavoro e che al compimento del diciottesimo anno di età, risultano essere “clandestini”.
Quarta di copertina: Al centro di questa monografia vi sono gli immaginari di un gruppo di ragazzi di origine straniera, tutti pugili dilettanti di una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bolognese.... more
Quarta di copertina: Al centro di questa monografia vi sono gli immaginari di un gruppo di ragazzi di origine straniera, tutti pugili dilettanti di una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bolognese. Entrare in questa palestra nata nel 1950 ha significato fare i conti con 50 anni di pugilato a Bologna, con la storia di uno sport nato nei circoli del Dopolavoro operaio, con la cultura della socialità e del tempo libero in uno dei territori più “popolari” della città. Per questa società pugilistica hanno combattuto, infatti, molti operai che lavoravano nelle numerose fabbriche metalmeccaniche che hanno caratterizzato il territorio della Bolognina. Dall’inizio degli anni Ottanta, con la chiusura delle fabbriche  metalmeccaniche e con il contemporaneo arrivo nel quartiere dei primi immigrati - la Bolognina è oggi il territorio dove la loro presenza in città è più significativa -, la palestra ha aperto le porte a pugili di origine non italiana, cambiando i metodi di insegnamento, i tempi di allenamento, la stessa organizzazione sociale. Oggi i giovani pugili che vi allenano sono adolescenti, dai 12 ai 25 anni, che in parte frequentano la scuola, gli istituti tecnici della Bolognina, in parte sono alle prese con le prime esperienze nel mondo del lavoro. Le loro storie sono al centro di questo libro in cui una palestra di boxe è utilizzata come finestra per leggere le trasformazioni che hanno caratterizzato questa prima periferia di Bologna negli ultimi anni.
Oggetto di questo testo è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico e fisico del “degrado” che caratterizza... more
Oggetto di questo testo è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese  spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico e fisico del “degrado” che caratterizza il capoluogo emiliano.
A settembre 2007 abbiamo iniziato uno studio su tale territorio. Il gruppo di ricerca è stato composto, nella prima fase di lavoro - settembre 2007/aprile 2008 - da tre ricercatori: la sociologa Elena Rossini, l’antropologo Giuseppe Scandurra e il pedagogista Alessandro Tolomelli. Per quanto riguarda i responsabili scientifici della ricerca hanno ricoperto questi ruoli l’antropologa Matilde Callari Galli e il pedagogista Antonio Genovese per il Dipartimento di Scienze dell’Educazione e il sociologo Maurizio Bergamaschi per il Dipartimento di Sociologia - Università di Bologna.
Obiettivo generale della ricerca è stato, durante questa prima fase di lavoro, riportare l’attenzione su tale contesto indagando i reali motivi per cui si è andata via via producendo una rappresentazione che vede questa piazza come luogo simbolo e reale del degrado cittadino. Per far questo abbiamo condotto un’analisi delle problematiche, dei bisogni e delle aspettative messi in evidenza dalla molteplicità degli attori sociali che frequentano Piazza Verdi, le loro pratiche di vita quotidiana, le rispettive modalità di fruizione del luogo, le differenti percezioni e rappresentazioni della piazza prodotte da questi attori sociali. (Rossini, Scandurra, Tolomelli 2009)
Abbiamo inoltre cercato di riportare alla luce la memoria storica del luogo e come questa sia cambiata negli ultimi anni prendendo in analisi momenti significativi - come ad esempio il 1968, 1977 - in cui questo territorio è stato determinante per la produzione di una identità cittadina e Piazza Verdi è divenuto uno dei luoghi simbolo della “bolognesità” e del rapporto tra città e Università .
Piazza Verdi è frequentata da diversi attori sociali in orari diversi e con differenti modalità di utilizzo dello spazio pubblico. Il primo obiettivo specifico che abbiamo perseguito durante la prima fase di lavoro è stato quello di creare una mappa capace di rendere leggibili i diversi usi, percezioni e rappresentazioni del territorio e, allo stesso tempo, produrre una quadro d’insieme relativo a come le diverse istituzioni che operano su questo contesto - Università, Quartiere, Comune, comitati e associazioni del territorio, forze dell’ordine - sono intervenute negli ultimi anni, attraverso differenti progetti, per fare fronte alle problematiche della zona. Tale area, in effetti, è stata recentemente oggetto di interesse da parte delle istituzioni e dei media cittadini e nazionali.
A fronte della molteplici iniziative promosse su Piazza Verdi al fine di risolvere il problema “degrado”, il nostro lavoro piuttosto che produrre soluzioni, si è dato come compito capire cosa si intende oggi, a Bologna, per degrado e perché Piazza Verdi ne sia diventato un luogo-simbolo cittadino quando non nazionale . Per questo abbiamo scelto, da subito, di avvalerci di strumenti di indagine legati alla disciplina antropologica consapevoli che Piazza Verdi rappresenti a tutti gli effetti uno spazio pubblico dove consistente e significativa è la convivenza, alle volte conflittuale, di diversi gruppi sociali che rivendicano il loro diritto a fruire del medesimo spazio pubblico.
A settembre 2009, una volta ottenuti i finanziamenti per proseguire la ricerca abbiamo allargato l’équipe di ricerca coinvolgendo in qualità di ricercatori il giornalista, direttore del mensile bolognese «Piazza Grande», Leonardo Tancredi, e l’antropologa Elisa Castelli, cominciando così la seconda fase di lavoro che abbiamo terminato nell’aprile 2010. In questi altri otto mesi di lavoro ci siamo dati come obiettivo generale quello di approfondire alcuni temi e chiavi di lettura emersi durante la prima fase di ricerca.
Leggendo statistiche e dati demografici risulta evidente come, anche per quanto concerne l’Italia, continua a crescere la quota di popolazione che vive in città. Nel corso del 2007, in tutto il pianeta, questa ha superato la soglia... more
Leggendo statistiche e dati demografici risulta evidente come, anche per quanto concerne l’Italia, continua a crescere la quota di popolazione che vive in città. Nel corso del 2007, in tutto il pianeta, questa ha superato la soglia simbolica del 50%. (UN 2008)
Nonostante diverse ricerche sui processi di globalizzazione in atto sottolineano l’accresciuta, quanto asimmetrica mobilità e la compressione spazio-temporale che caratterizza il vivere urbano (Augé 1994), appare estremamente significativo il ruolo giocato dalle nostre città intese come contesti materiali e come forme localizzate delle dinamiche globali e dei processi di ri-territorializzazione (Haesbaert 2001). Queste sono sempre più i centri del potere economico, politico, discorsivo e sociale e, in quanto tali, i luoghi “naturali” di espressione del conflitto sociale. (Brighenti 2010)
La città, anche per questo, è stata al centro di numerose monografie negli ultimi anni. Pubblicazioni - in questo numero della rivista facciamo riferimento soprattutto a quelle nazionali - ad opera di studiosi afferenti a diverse discipline: sociologi, antropologi, geografi, politologi, semiologi, economisti, ma anche, ovviamente, urbanisti, architetti e storici urbani.
Ai lavori della letteratura scientifica vanno poi aggiunti un numero significativo di film, realizzati sempre recentemente e prodotti nel nostro Paese, che hanno come protagonisti specifici contesti urbani. Inoltre, spesso, ieri come oggi, a raccontare meglio di tanti altri le trasformazioni delle nostre città sono grandi romanzieri: opere, tutte, che incidono sempre più sulla costruzione dei nostri “paesaggi urbani immaginari”. (Sandercock e Attili 2010a, 2010 b; Barberi 2010)
Da questa letteratura, più o meno “scientifica”, emerge innanzitutto come la città non sia un mero sfondo dell’agire sociale ma sia piuttosto la forma più complessa dell’interdipendenza umana, ovvero un ambiente costituito da processi specifici e strutturanti (Hannerz 1980; Sassen 1994; Soja 2000). Uno degli obiettivi di questo numero della rivista dedicata agli studi urbani è proprio quella di individuare, analizzare, comprendere qual è la specificità di questi processi raccogliendo contributi degli autori che troviamo più interessanti prodotti negli ultimi dieci anni. Saggi che ci aiutano a comprendere come determinati fenomeni di ri-territorializzazione enfatizzano il locale come spazio di costruzione identitaria. Fenomeni che, pur manifestandosi sotto forme spesso escludenti ci invitano a ricordare quanto gli attori sociali e gli spazi siano in costante interazione reciproca. Contributi, tutti, che riconoscono il nesso fondativo tra città e democrazia (Bagnasco e Le Galès 2003), del fatto cioè che la qualità di una democrazia si distingue anche dal suo atteggiamento verso la città. (Lefebvre 1968; Massey 1995; Isin 2002; Mitchell, 2003)

1. Tracce Urbane
Tre anni fa abbiamo dato vita a un gruppo di lavoro chiamato “Tracce Urbane”. All’origine di questo gruppo ci sono stati numerosi incontri tra un gruppo di ricercatori, con differenti percorsi disciplinari, che più volte, nel corso degli ultimi anni, hanno lavorato insieme al fine di rispondere a questa domanda: come è possibile studiare, rappresentare, progettare insieme la città?
In molti paesi le figure cui le amministrazioni locali e centrali chiedono il supporto tecnico al fine di rispondere praticamente a queste domande sono architetti e ingegneri, alcuni dei quali aggiungono alle proprie qualifiche professionali anche quella di urbanista. Ma cosa può dirci l’urbanistica oggi? Perché, oggi, gli architetti, gli urbanisti denunciano l’attraversamento di una crisi disciplinare? (Cellamare 2008)
A questo va aggiunto che esiste un altro sapere urbano, quello delle scienze sociali, che in Italia non ha mai ottenuto un riconoscimento istituzionale circa la propria competenza a prendere parola sulla città, nonostante la sociologia europea e quella americana siano nate tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, proprio in stretto rapporto con la prima industrializzazione, l’urbanesimo e le trasformazioni delle città in metropoli industriali. Se pensiamo all’antropologia, studiosi come Alberto Sobrero (1992) e Amalia Signorelli (1996), autori dei due manuali di antropologia urbana pubblicati negli anni Novanta, sottolineano, per esempio, una sensibile carenza nella formulazione di un solido fondamento teorico-metodologico capace di motivare la scelta dell’antropologia in direzione della ricerca urbana. Se per ricerche urbane intendiamo teorie e pratiche su come circoscrivere il campo, definire l’oggetto di ricerca, isolarne le caratteristiche, elaborare un metodo specifico di analisi e le forme di rappresentazioni conseguenti, a quanti lavori, nel campo delle scienze sociali, potremmo riconoscere questo contributo? (Semi 2006)
Se pensiamo alle ricerche che hanno concentrato lo sguardo sulle realtà urbane del nostro Paese non possiamo nascondere come appaia necessario violare alcuni “paletti accademici”. Un altro degli obiettivi di Tracce Urbane è dimostrare come, utilizzando la pratica etnografica, molti sguardi disciplinari possono integrarsi; ancora di più siamo convinti di come, proprio partendo dalla specificità urbana, sia possibile costruire un campo di studi transdisciplinari. Infatti il primo volume pubblicato da questo gruppo di ricercatori (Cancellieri e Scandurra, 2012) è nato proprio dall’esigenza di un dialogo interdisciplinare, in particolare di uno sguardo incrociato tra urbanisti e scienziati sociali che metta al centro sia ricerche empiriche che riflessioni teoriche. Un dialogo che parta dall’assunzione riflessiva del rischio di andare oltre i confini delle proprie discipline senza abolirle, ma anzi valorizzandone, attraverso lo scambio, i rispettivi sguardi.
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso la ricerca per il Dottorato in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in affitto in città durante la campagna elettorale del... more
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso la ricerca per il Dottorato in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in affitto in città durante la campagna elettorale del sindaco Sergio Cofferati. Bologna usciva dalla prima amministrazione comunale di centro-destra dal Dopoguerra e l’atmosfera era festosa, come di liberazione dopo i quattro anni guidati dal sindaco Giorgio Guazzaloca. La ricerca che avevo condotto per il Dottorato dialogava con il contesto di studi legati all’antropologia urbana (Sobrero 1992; Signorelli 1996; Callari Galli 2007; Barberi 2010; Cancellieri e Scandurra 2012) e aveva come oggetto una periferia di Roma, il Pigneto; in particolare, le pratiche di vita quotidiana di un gruppo di uomini e donne membri di un Comitato di Quartiere. La domanda al centro dello studio poteva essere così sintetizzata: esiste ancora, in un mondo che descriviamo sempre più come delocalizzato, una relazione reciprocamente costitutiva tra antropologia e località? (Appadurai 1996). Una domanda centrale anche nella campagna elettorale a cui assistetti in quell’anno a Bologna, in una città allora in lotta tra la voglia di essere metropoli e quella di essere un piccolo paese.
Nel 2004 ho iniziato a insegnare antropologia culturale all’università di Bologna e ho iniziato a fare ricerca in città - sulla città è più esatto (Eames, Goode 1977). Non conoscevo Bologna e, per deformazione professionale, non vedevo altro modo di ambientarmi se non studiandola, se non facendola oggetto di o ricerche etnografiche di lunga durata. Questo libro conclude forse questa curiosità, la mia curiosità per questa città. Dopo dieci anni di ricerche ho la sensazione di aver preso molto da questo paese con aspirazioni metropolitane, ma anche di aver dato abbastanza. Ho la sensazione che la voglia di conoscerla, e quindi di studiarla, sia terminata. Quella distanza che all’inizio mi permise di poter osservarla, descriverla, interpretarla - una distanza che, nel far ricerca, si riduceva sempre più familiarizzando con essa - oggi ha acquisito un’altra forma. Ho abitato in molte case in questi dieci anni e ho due figli che parlano bolognese perché in questa città sono nati e forse vi cresceranno, ma credo che il mio rapporto con Bologna sia cambiato, forse esaurito - e di conseguenza il mio rapporto di ricerca. 
Quando sono arrivato avevo ovviamente delle rappresentazioni su questa città (Fabietti 1999). Nelle classifiche sulla qualità della vita pubblicate su «Il Sole 24 ore» Bologna in quell’anno appariva come prima. Fino al 2004, però, soprattutto durante i tre anni del Dottorato, io conoscevo della città solo il sottopassaggio della stazione centrale, dove ho passato molto tempo ad aspettare i treni che andavano a Roma - dove ho abitato fino al 2004 - e a Milano - dove per l’appunto svolgevo l’attività di Dottorato. In più occasioni, proprio in questo spazio di attesa, più di una volta sono stato oggetto di richieste - sigarette che monetine per lo più - da parte di senza fissa dimora che facevano su e giù tra i binari della stazione. Ogni volta mi sono chiesto che relazione ci fosse tra le statistiche de «Il Sole 24 ore» e la presenza di così numerosi barboni. Questa è stata la mia prima curiosità di ricerca. 
Nel settembre 2004 fino al dicembre 2005 ho realizzato così un progetto di ricerca finalizzato a produrre una mappa delle realtà riguardanti l’emarginazione sociale a Bologna - dormitori, politiche di accoglienza, storie di vita di senza fissa dimora etc.-, al fine di capire, oggi, che tipologie di persone sono quelle che vivono per strada considerando il fatto che quasi mai si tratta di una libera scelta. Soprattutto, quali sono i circoli viziosi che non permettono a questi attori sociali, nel contesto cittadino bolognese, di cambiare vita (Scandurra 2005). Sempre dentro il contesto degli studi urbani, concentrando però l’attenzione su specifici processi di esclusione sociale (Bergmaschi, Guidicini e Pieretti 2004; Bonadonna 2001, Barnao 2004, Tosi Cambini 2005; Scandurra 2013), ho iniziato a interessarmi alla formazione di nuove povertà e le pratiche di vita quotidiana agite da persone che vivono in strada e rivendicano una “cultura” di strada, la qual cosa mi ha costretto a interrogarmi sulla relazione tra cultura e cittadinanza. Ho studiato le pratiche di un gruppo di senza fissa dimora ospiti del dormitorio pubblico di Bologna “Massimo Zaccarelli”, ampliando poi lo sguardo a specifici territori periferici del capoluogo emiliano-romagnolo, al fine di capire se è possibile parlare in città di fenomeni di impoverimento collettivo; e ancora, se questi processi colpiscono tutti o in particolare determinati attori sociali che vivono nel territorio.
Allargando il campo della ricerca ho continuato a indagare questi temi ponendo l’attenzione sulle pratiche di vita quotidiane di un gruppo di immigrati rom romeni senza casa che vivono nella prima periferia bolognese, a sud della città, iniziando a dialogare, sempre dentro il grande contenitore degli studi urbani, anche con il campo di studi dell’antropologia dell’immigrazione. (Antonelli e Scandurra 2008). Inoltre, rivolgendo lo sguardo alle politiche per l’inclusione sociale ho proseguito questi interessi come membro del gruppo di studio “Nuove povertà” dell’Istituto Fondazione Gramsci-Emilia Romagna (Scandurra 2013) e come capofila dell’unità locale di Ferrara che, all’interno di un progetto Prin 2011, si occuperà nei prossimi anni di studiare le politiche di accoglienza e di inclusione sociale promosse dalla regione Emilia Romagna e in particolar modo dalla Provincia di Ferrara .
Nel gennaio del 2007 ho iniziato, con la collega Fulvia Antonelli, una ricerca sulle palestre di pugilato di un quartiere periferico di Bologna, Bolognina, al fine di capire che funzione sociale hanno queste palestre e che rapporto c’è tra la strada e lo sport pugilistico. La maggior parte degli iscritti in palestra è costituita da ragazzi di origine straniera, il che mi ha dato modo di studiare gli immaginari, le rappresentazioni, le pratiche di vita quotidiana di un gruppo di adolescenti di «seconda generazione» (Antonelli e Scandurra 2010). Tale ricerca mi ha permesso di dialogare anche con due altri campi di studi su cui ho poi continuato a lavorare, ovvero quello legato all’antropologia dello sport (Satta e Scandurra 2013) e quello legato alle seconde generazioni (Callari Galli e Scandurra 2009). Nell’ultimo anno, infatti, insieme al giornalista Leonardo Tancredi, sto lavorando sulle rappresentazioni e le pratiche quotidiane di un gruppo di tifosi che costituiscono la curva del Bologna calcio. Gli ultras della squadra del capoluogo emiliano ci stanno infatti dando modo di utilizzare tale curva calcistica come finestra per leggere al meglio la città di Bologna e come è cambiata negli ultimi anni (Scandurra e Tancredi 2014). 
Una volta conclusa la ricerca sulla boxe, ho continuato a condurre studi urbani, attraverso il metodo etnografico, indagando lo spazio pubblico di piazza Verdi a Bologna (Castelli, Scandurra, Tancredi e Tolomelli 2011). L’interesse verso gli spazi pubblici urbani sono continuati quando,  La seconda, insieme alla collega sociologa Maria Antonietta Trasforini, ho deciso di iniziare nel febbraio del 2012 una ricerca a Tunisi, al fine di capire il ruolo che la cultura e l’arte stanno svolgendo nel produrre le trasformazioni sociali e politiche che hanno avuto e hanno come teatro la capitale tunisina a partire dalle “Primavere Arabe”. (Scandurra 2013)
Più in generale, la passione per indagare temi e questioni legati agli studi urbani è proseguita  dando vita, insieme a un gruppo di colleghi, al gruppo transdisciplinare di studi urbani “Tracce Urbane” (Cancellieri e Scandurra 2012) e dirigendo, con il collega sociologo Alfredo Alietti, il Laboratorio di Studi Urbani del Dipartimento di Studi Umanistici  dell’Università di Ferrara che, negli ultimi due anni, ha organizzato numerosi seminari invitando studiosi urbani nazionali e internazionali .

Per questo volume ho pensato di selezionare, all’interno di questi ambiti di studio, quattro saggi che potessero sintetizzare i campi di ricerca sui cui ho lavorato negli ultimi anni, che così posso riassumere.

a) Antropologia Urbana: studio di “comunità urbane”, comunità di quartiere, comitati e associazioni territoriali, nascita di sobborghi e di enclave, trasformazioni delle periferie, processi di gentrificazione, suburbanizzazione, zonizzazione, processi di progettazione partecipata, processi di produzione di “località”; nozione di “spazio pubblico”.
b) Antropologia dell’Esclusione Sociale: formazione di nuove povertà, nozione di “degrado” e di “povertà”, politiche sociali e diritti di cittadinanza, raccolta di storie di vita di “esclusi” dal territorio, “nuove povertà”.
c) Antropologia dell’Immigrazione e Comunicazione Interculturale: politiche dell’accoglienza, nozione di “cultura”, studi multiculturali, politiche migratorie, studi sulle “seconde generazioni”; politiche per l’’inclusione sociale degli immigrati.
d) Antropologia dello Sport: lo sport come attività per costruire identità individuali e collettive e gruppi caratterizzati da intimità culturale, “comunità di pratiche”.
Al centro di questa monografia vi sono gli immaginari di un gruppo di ragazzi di origine straniera, tutti pugili dilettanti di una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bolognese. Per questa società... more
Al centro di questa monografia vi sono gli immaginari di un gruppo di ragazzi di origine straniera, tutti pugili dilettanti di una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bolognese. Per questa società pugilistica hanno combattuto molti operai che lavoravano nelle numerose fabbriche metalmeccaniche che hanno caratterizzato il territorio della Bolognina. Dall’inizio degli anni Ottanta, con la chiusura delle fabbriche metalmeccaniche e con il contemporaneo arrivo nel quartiere dei primi immigrati, la palestra ha aperto le porte a pugili di origine non italiana. Le loro storie sono al centro di questo libro in cui una palestra di boxe è utilizzata come finestra per leggere le trasformazioni che hanno caratterizzato questa prima periferia di Bologna negli ultimi anni
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since it has become a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been... more
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since it has become a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been the topic of a romantic, epic and popular literature style translated in several languages, but also food for thought for philosophers and poets. Football has been and still is a great metaphor used to write on our contemporary society and, at the same time, a popular "topic of conversation" used by pubs' patrons to while away time during boring afternoons and evenings; whether it is being discussed in a working-class neighbourhood bar or in the living room of a gentrified historical centre house, football has always played the role of a cultural glue between "high" and "low" culture. So what could be more anthropological than transforming a pub discussion or a drawing room philosophical debate into a "scientif...
Abstract The paper describes the social organization of a boxing gym, Tranvieri, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has changed rapidly in the last 20 years due to the closing of factories and... more
Abstract The paper describes the social organization of a boxing gym, Tranvieri, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has changed rapidly in the last 20 years due to the closing of factories and the arrival of immigrants, especially ...
This paper present in short the result of a research focused on Giuseppe Verdi Square (Bologna) as public space. The aim of the research was to carry out the different perspectives and interpretation of the square by the different local... more
This paper present in short the result of a research focused on Giuseppe Verdi Square (Bologna) as public space. The aim of the research was to carry out the different perspectives and interpretation of the square by the different local users. Piazza Verdi, situated in the historic centre of Bologna, is often represented in recent years as a pragmatic place of the "damage" that characterizes the town. In September 2007 the research began, promoted by the Office of Culture & Cor-porate Communication of the University of Bologna in collaboration with the Department of Education and the Department of Sociology, and it’s completed in October 2008. The group of research conducted an analysis of the issues, needs and expectations highlighted by the multiplicity of social actors who use Giuseppe Verdi Square, their practices of daily life, their methods of use of the site, different perceptions and representations of the square produced by these social actors. Besides, it raises ...
Oggetto di questo articolo e la formazione di una rete di intellettuali a Ferrara tra l’inizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta che hanno prodotto fuori e dentro le Mura cittadine una serie di opere visive – se pensiamo... more
Oggetto di questo articolo e la formazione di una rete di intellettuali a Ferrara tra l’inizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta che hanno prodotto fuori e dentro le Mura cittadine una serie di opere visive – se pensiamo alla pittura, alla fotografia, al cinema, alla videoarte – di scritti – reportage, inchieste sociali, saggi, poesie, racconti, romanzi – di difficile classificazione. Alla base dello sguardo analitico di questa generazione di intellettuali vi era un punto di vista fortemente transdisciplinare laddove le separazioni tra discipline – a cominciare da quella studi scientifici/umanistici – erano meno evidenti, vista anche l’assenza di facolta umanistiche e l’istituzione della prima cattedra di Antropologia a Ferrara solo nel 2008/2009. La domanda al centro di questo articolo e: prima della nascita di una cattedra di antropologia in che modo studiosi dallo sguardo urbano e artisti hanno prodotto pensieri ibridi, frutto di una contaminazione, attraverso un ...
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our... more
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our scientific writing, is just one of the many writing machines, not always clearly distinguishable among each other. What kind of writing is “Gomorrah”, we started asking several years ago? An essay, a novel, a piece of journalism, of literature, an ethnography? What’s the role of fiction in it? To answer this question we have to go back to a time when disciplines were less institutionalized and see how the literary set of images was conceived and influenced by urban scholars, and vice versa, in order to determine the moment when the “two cultures”, ie literature and scientific production, have influenced each other. In addition, the city was born with modernity. Novel was born with modernity. The first urban ethnographies were born with the birth of ...
The paper describes the social organization of boxing gym “Tranvieri”, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has been rapidly changing over the last twenty years due to the closing of factories... more
The paper describes the social organization of boxing gym “Tranvieri”, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has been rapidly changing over the last twenty years due to the closing of factories and the arrival of immigrants, especially from Maghreb. The gym population has changed accordingly: currently about two thirds of those attending the gym as a leisure centre are children of immigrants. I studied the practices of everyday life by these young boxers born in Italy but without citizenship who daily frequent this gym once finished vocational school, work, family responsibilities. Boxing is for them not a solution to the frustration inflicted by a social world they perceive as indifferent if not hostile towards them, rather the possibility of not being represented in it as excluded people.
Wacquant’s book focuses on the relationship bertween street culture and the world of the gym. Wacquant’s goal is to avoid the exotic insight often adopted in representing the environment of boxing, in order to focus on the gym space and... more
Wacquant’s book focuses on the relationship bertween street culture and the world of the gym. Wacquant’s goal is to avoid the exotic insight often adopted in representing the environment of boxing, in order to focus on the gym space and on the daily life practices by a group of pugilists who are not probably going to be professionals. The gym turns into a a window allowing to observe the migratory flows towards U.S., since boxers belong mostly to the working class. The Author analyzes deeply the connection between pugilists and the coach, often similar to a father-son connection. The main issue of the book, however, is the teaching and learning dynamic through which they learn how to become pugilists. The training method of the “noble art”, indeed, shows the paradox of an individual discipline that implies a collective training. It’s impossible to learn boxing through a theoretical pathway. To learn a punch requests to repeat it thousands of times. Teaching a physical practices invo...
Nel 1845 Engels finisce di scrivere “La situazione della classe operaia in Inghilterra”. Un libro che, riletto oggi, evidenzia tutta la sua complessita e ricchezza laddove l’autore tenta di rispondere a domande che ancora oggi rimangono... more
Nel 1845 Engels finisce di scrivere “La situazione della classe operaia in Inghilterra”. Un libro che, riletto oggi, evidenzia tutta la sua complessita e ricchezza laddove l’autore tenta di rispondere a domande che ancora oggi rimangono centrali per tutti coloro che fanno parte di cio che in questo articolo provero a chiamare urban studies. Difficile in questo senso, giudicare il libro di Engels: a quale sguardo disciplinare “ingabbiarlo”? In questi ultimi 175 anni saranno infatti tanti i ricercatori e le ricercatrici, con sguardi disciplinari differenti, che ripartiranno dalle questioni sollevate dallo studioso tedesco per descrivere e analizzare il processo di nascita delle citta moderne; ma saranno tanti anche i romanzieri che prenderanno ispirazione dal testo di Engels, a dimostrazione di come la sua opera fu sempre percepita come un prodotto scientifico costruito su dispositivi narrativi difficilmente classificabile nel gioco attuale dei settori scientifici disciplinari. Ma cos...
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our... more
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our scientific writing, is just one of the many writing machines, not always clearly distinguishable among each other. What kind of writing is “Gomorrah”, we started asking several years ago? An essay, a novel, a piece of journalism, of literature, an ethnography? What’s the role of fiction in it? To answer this question we have to go back to a time when disciplines were less institutionalized and see how the literary set of images was conceived and influenced by urban scholars, and vice versa, in order to determine the moment when the “two cultures”, ie literature and scientific production, have influenced each other. In addition, the city was born with modernity. Novel was born with modernity. The first urban ethnographies were born with the birth of ...
Oggetto di questo testo è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato dai media locali e nazionali, in questi ultimi anni, come luogo simbolico e fisico del "degrado" che... more
Oggetto di questo testo è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato dai media locali e nazionali, in questi ultimi anni, come luogo simbolico e fisico del "degrado" che caratterizza il capoluogo emiliano. Obiettivo generale dell'inchiesta è stato riportare l'attenzione su tale contesto indagando i reali motivi per cui si è andata via via producendo una rappresentazione che vede questa piazza come luogo simbolo e reale del degrado cittadino
This article describes the social organisation of the ‘Tranvieri' boxing gym in Bolognina, a working-class neighbourhood of Bologna that has been rapidly changing over the last 20 years due to the closure of factories and the arrival... more
This article describes the social organisation of the ‘Tranvieri' boxing gym in Bolognina, a working-class neighbourhood of Bologna that has been rapidly changing over the last 20 years due to the closure of factories and the arrival of immigrants, especially from the Maghreb. The gym population has changed accordingly: currently about two-thirds of those attending the gym as a leisure centre have immigrant parents. The author studied the everyday life of these young boxers, born in Italy but without citizenship, who visit the gym daily after finishing vocational school, work and family responsibilities. For them, boxing is not a solution to the frustration inflicted by a society they perceive as indifferent if not hostile towards them, but it does offer them the possibility of not being represented as persons excluded from that society.
I saggi raccolti nel volume sono l'esito di ricerche empiriche e riflessioni teoriche sul tema della convivenza interetnica nei contesti urbani in Italia. Le articolate dinamiche di costruzione della cosiddetta società multiculturale... more
I saggi raccolti nel volume sono l'esito di ricerche empiriche e riflessioni teoriche sul tema della convivenza interetnica nei contesti urbani in Italia. Le articolate dinamiche di costruzione della cosiddetta società multiculturale passano attraverso il quotidiano confronto all'interno della prossimità socio-spaziale tra autoctoni e stranieri. Da tempo l'habitat delle città italiane è profondamente mutato, in particolare nelle zone popolari in cui si è radicata la maggior parte delle famiglie immigrate nel loro percorso di inserimento e d'integrazione. I diversi casi studio riguardano quartieri delle grandi aree urbane - Roma e Milano - e quartieri di città di media dimensione - Padova, Bologna, Pesaro, Bergamo e Palermo - nei quali da tempo si sono venute a strutturare le differenti modalità di convivenza interetnica. Convivenze in cui si esplicitano nei rapporti tra i diversi gruppi talune difficoltà, talvolta conflitti, sovente causate dalle condizioni di esclus...
Research Interests:
RESUMEN En el siglo XXI la antropología urbana está experimentando varias modalidades con las cuales aplicar sus conocimientos en cruces interdisiciplinarios que contribuyan a conservar las memo- rias históricas de la ciudad y a... more
RESUMEN
En el siglo XXI la antropología urbana está experimentando varias modalidades con las cuales aplicar sus conocimientos en cruces interdisiciplinarios que contribuyan a conservar las memo- rias históricas de la ciudad y a reapropriarse de la posibilidad de transformarla (Althabe, 2000). Este texto cuenta el proceso interior del barrio Mandrione en Roma, cuna de grandes pensadores y artistas como Pier Paolo Pasolini, donde un grupo de habitantes convoca a la universidad para proyectar y construir nuevas acciones que tutelen este gran patrimonio arqueológico e identitario. El objetivo de los habitantes es recrear lugares de convivencia, los antropólogos los ayudan partiendo de la historia oral que evidencia cómo “antes” –a pesar de la guerra, la pobreza, los rancheríos de inmigrantes y gitanos, la prostitución– existía una dimensión humana de la ciudad. A partir de esta investigación etnográfica los estudiantes y profesores de arquitectura diseñan estructuras livianas que puedan ayudar a los habitantes a dar vida a estos espacios con jardines y huertas urbanas gestionadas en autonomía. Los habitantes construyen ciclovías, jardines, superando la indiferencia de los gobiernos municipales y entrando en una nueva fase histórica de la ciudad a nivel mundial, el retorno a la cogestión colectiva de la ciudad, como cogestión de los bienes comunes urbanos (Ostrom, 2005).
Research Interests:
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbero rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “antropologia delle marginalità urbane”.... more
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbero rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “antropologia delle marginalità urbane”. Prima di arrivare all’oggetto centrale di questo scritto vorrei ricostruire, in sintesi, ciò che di più interessante emerge in questi recenti studi etnografici.
Research Interests:
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso un dottorato di ricerca in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in affitto in città durante la campagna elettorale del... more
Sono arrivato a Bologna nel 2004 dopo aver concluso un dottorato di ricerca in “Antropologia della Contemporaneità” all’Università di Milano-Bicocca. Ho preso la mia prima stanza in affitto in città durante la campagna elettorale del sindaco Sergio Cofferati. Bologna usciva dalla prima amministrazione comunale di centro-destra dal secondo Dopoguerra e l’atmosfera era festosa, come di liberazione, dopo i quattro anni di Giunta del sindaco Giorgio Guazzaloca.
Nel 2004 ho iniziato a insegnare Antropologia culturale all’Università di Bologna continuando a interessarmi, come nel caso della ricerca di Dottorato (Scandurra 2007), di temi legati agi studi urbani nell’ambito dell’antropologia (Sobrero 1992; Signorelli 1996; Callari Galli 2007; Barberi 2010; Cancellieri e Scandurra 2012); non conoscevo Bologna e per deformazione professionale non vedevo altro modo di “sentirmi a casa” se non studiandola, se non facendola oggetto di ricerche etnografiche di media/lunga durata.
Quando sono arrivato avevo ovviamente delle rappresentazioni su questa città (Fabietti 1999). Nella classifica sulla qualità della vita pubblicata su «Il Sole 24 ore» nel 2004 – e così anche nei dieci anni successivi – Bologna appariva tra le prime città italiane per “qualità della vita”. Nel 2004, però, io conoscevo di questa realtà urbana solo il sottopassaggio della stazione centrale, dove, durante i tre anni del Dottorato (2001-2004), ho passato molto tempo ad aspettare i treni che andavano a Roma – dove ho abitato fino al 2004 – e a Milano – dove, per l’appunto, svolgevo l’attività di ricerca dottorale. In più occasioni, proprio in questo spazio di attesa, sono stato oggetto di richieste da parte di senza fissa dimora – sigarette e monetine per lo più – i quali facevano su e giù tra i binari della stazione; in più di un’occasione, quando ciò accadeva, mi sono chiesto che relazione ci fosse tra le statistiche de «Il Sole 24 ore» e la presenza di così numerosi senza casa.
Nel settembre 2004, quando mi sono trasferito a Bologna per iniziare a insegnare, ho realizzato un progetto di ricerca finalizzato a produrre una mappa delle realtà riguardanti l’emarginazione sociale in città – dormitori, politiche per l’inclusione sociale, storie di vita di senza fissa dimora –, al fine di capire che tipologie di persone sono quelle che vivono in strada considerando il fatto che quasi mai si tratta di una libera scelta. Soprattutto, quali sono i circoli viziosi che non permettono ancora oggi a queste persone, nel contesto cittadino bolognese, di cambiare vita (Scandurra 2005). Sempre dentro il contesto degli studi urbani, concentrando però l’attenzione su specifici processi di esclusione sociale (Bonadonna 2001; Barnao 2004; Bergamaschi, Guidicini e Pieretti 2004; Tosi Cambini 2005), ho iniziato a interessarmi alla formazione di “nuove povertà” e alle pratiche di vita quotidiana di persone che rivendicano una “cultura” di strada, la qual cosa mi ha costretto a interrogarmi sulla relazione tra «cultura di strada» e «cittadinanza» (Riccio e Scandurra 2008).
Nello specifico, ho studiato le pratiche di un gruppo di senza fissa dimora ospiti del dormitorio pubblico di Bologna “Massimo Zaccarelli” ampliando poi lo sguardo a specifici territori periferici del capoluogo emiliano-romagnolo con la volontà di capire se è possibile ancora oggi parlare in città di fenomeni di impoverimento collettivo; e ancora, se questi processi colpiscono tutti o solo determinati attori sociali che vivono in città (Scandurra 2012).
Durante la ricerca su dormitorio pubblico “Massimo Zaccarelli” ho incontrato Leonardo Tancredi, il quale dirigeva il giornale mensile «Piazza Grande», giornale che si è sempre speso per migliorare la qualità della vita delle persone senza fissa dimora che vivono nel capoluogo emiliano denunciando specifici processi di esclusione sociale che hanno caratterizzato Bologna negli ultimi venti anni. Nello stesso periodo ho iniziato a collaborare con il gruppo di studio sulle “Nuove e Vecchie Povertà” diretto dall’antropologa Matide Callari Galli presso l’Istituto Fondazione Gramsci-Emilia Romagna occupandomi, inizialmente, della relazione tra determinati territori periferici cittadini e pratiche di vita di gruppi di uomini e donne senza casa (Scandurra 2007a); e, successivamente, facendo attività di ricerca su come, dopo la conclusione del mio studio sul dormitorio pubblico “Massimo Zaccarelli”, fossero cambiate le pratiche di vita quotidiane dei senza fissa dimora che hanno vissuto, e in parte vivono ancora, a Bologna negli ultimi anni (Scandurra 2013).
Research Interests:
The present issue aims at focusing on the relationship between space and violence in a urban perspective. In order to do so, specific essays were selected, all by Italian researchers and all conducted through ethnographic practice. The... more
The present issue aims at focusing on the relationship between space and violence in a urban perspective. In order to do so, specific essays were selected, all by Italian researchers and all conducted through ethnographic practice. The selection was made with a view to draw a sketch of the state of the art on this issue. By using ethnographic practice and starting from the city as an object of study, a new field of transdisciplinary studies can be built.
Research Interests:
Al centro dei saggi che compongono questo monografico vi sono due parole: sport e spazio. Tutti i lavori presentati sono frutto di ricerche etnografiche che analizzano lo spazio urbano concentrando l’attenzione su specifici luoghi... more
Al centro dei saggi che compongono questo monografico vi sono due parole: sport e spazio. Tutti i lavori presentati sono frutto di ricerche etnografiche che analizzano lo spazio urbano concentrando l’attenzione su specifici luoghi (palestre di fitness e di boxe, campi sportivi, sale di danza etc.), ma anche piazze e strade di determinati contesti urbani (la periferia bolognese della Bolognina, gli spazi pubblici del Nord-Est italiano, quelli sportivi di Trento, Mantova, Trieste, Priolo, Modena, Pesaro, Bologna e ancora il distretto di Brooklyn a New York e i quartieri periferici di Chicago) al fine si studiare le pratiche di vita quotidiana di uomini e donne, ragazzi e ragazze, bambine e bambini (con un taglio dunque intergenerazionale) che praticano la stessa disciplina sportiva (boxe, danza classica, danza vodou, calcio, cricket, basket etc.) o le stesse attività fisico-corporee (i frequentatori delle palestre e dei centri di fitness e/o i partecipanti a eventi ludici urbani). Il senso che gli “abitanti” di queste “palestre” urbane danno allo sport non è riducibile a una semplice attività fisica, da cui la domanda che è al centro di questo monografico: come si diventa per esempio calciatori, ballerine, boxeurs, o, più semplicemente, frequentatori di una palestra? Come all’interno di questi luoghi o contesti urbani si produce e riproduce un sapere sul corpo? È solo un sapere sul corpo o un sapere che attraverso il corpo diventa mezzo di appartenenza ad una “comunità”?
Parole chiavi: Sport, Spazio, Cittadinanza, Corpo, Pratiche
The paper describes the social organization of the boxing gym “Tranvieri”, located in Bolognina, a working class neighborhood of Bologna that has been rapidly changing over the last twenty years due to the closing of factories and the... more
The paper describes the social organization of the boxing gym “Tranvieri”, located in Bolognina, a working class neighborhood of Bologna that has been rapidly changing over the last twenty years due to the closing of factories and the arrival of immigrants, especially from Maghreb. The gym population has changed accordingly: currently about two thirds of those attending the gym as a leisure centre are children of immigrants. I studied the practices of everyday life by these young boxers born in Italy but without citizenship who daily go to the gym once finished vocational school, work and family responsibilities. Boxing is for them not a solution to the frustration inflicted by a social world they perceive as indifferent if not hostile towards them, rather the possibility of not being represented within it as excluded persons.
The aim of this special issue is to discuss the urban space through the lens of interpretation of the concept of “community of practice”. By focusing on specific places (gyms, sports fields, dance halls, etc..) But also squares and... more
The aim of this special issue is to discuss the urban space through the lens of interpretation of the concept of “community of practice”. By focusing on specific places (gyms, sports fields, dance halls, etc..) But also squares and streets located in certain urban contexts (the outskirts of Bologna Bolognina, the sports facilities of Trento, Cagliari and still in the district of Brooklin New York) study the practices of everyday life of men and women, boys and girls, girls and boys (with a cut so transgenerational) that share physical spaces and relationship by virtue of their practice the same sport (boxing, ballet, vodou dance, soccer, cricket etc.) or the same physical bodily activities (those who frequent gyms etc.). These learning processes, body, within physical locations structured or in urban situations spatio-temporally less certain in fact result in “practical” knowledge embedded in giving relevance to the daily life of the protagonists of this research through a continuous production and reproduction of senses and meanings that have value even outside of space and time sports. Knowledge that influence the way in which they build their identity as citizens and that is relevant about their citizenship.
In this framework, the methodology we use to investigate what lies behind the normal course of daily life within these settings can only be that ethnography. Telling the point of view of these “practitioners” meant for researchers authors of these essays build relationships of trust with them, use tools such as life histories, the free, in-depth interview, participant observation and sometimes do observant participation.
The sport, in a Manichean division between work and leisure, it is commonly considered an “minor”, of leisure, a “safety valve” of a society that is increasingly crushed to a size and a conception of hyper-productive of life. Still, the sense that the “inhabitants” of these gyms urban damage to the sport is not reducible to a simple physical activity. As you become footballers, dancers, boxers, or, more simply, a gym- goers? As in these places or urban contexts produces and reproduces a knowledge on the body? You only know about a body or a knowledge that through the body becomes a means of belonging to a “community”?
The concept of “communities of practice” allows us to analyze these places as laboratories construction of subjectivity and “urbanity” as well as a time were the old artisan shops scattered throughout the city. What is produced in our cities today? What are the new arts to teach? Who are the masters and apprentices who? How is the knowledge inside them? There are new forms of learning in the city body that are also expressed according to other trajectories less institutionalized?
The existence of fitness gyms, boxing, dance, football pitches and cricket thought of as areas for recreation, mental well-being and socialization through the exercise of a sport or physical, must be seen to ' interior of a wider reflection on the relationship between body and space and place that must cover corporeality in urban space. There are such bodies which are considered the “natural” occupants of specific urban spaces and others that are considered “out of place” or as the “invaders” as they become visible in
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places that were not intended for them.
At the same time, the emergence of new bodily practices directly in the urban space and outside of these places specifically deputies physical activity, describes new processes of appropriation of the city and the construction of citizenship that deserve to be investigated in more depth.
The spatial dimension is essential in sports, whether it takes place in a public or private space, in a regime of gratuity or payment. Social actors do not move it in a vacuum space-time, but are in a continuous dialectical relationship with spaces. In defining the blurred boundaries between sport and geography and highlighting the centrality of two fundamental concepts such as “place” and “space” there are scholars who define the sport as “a space science.” From here the link that we want to develop in this issue between sport and urban areas, between bodies and cities, including differences and socio-spatial urban.
Premessa Oggetto di questo saggio è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico del “degrado” che... more
Premessa
Oggetto di questo saggio è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese  spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico del “degrado” che caratterizza il capoluogo emiliano. A settembre 2007, insieme a due colleghi ricercatori, abbiamo iniziato uno studio su quest’area urbana promosso dalla Direzione “Cultura e Comunicazione Istituzionale - Alma Mater”, dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione e dal Dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna .
Obiettivo generale della ricerca è stato riportare l’attenzione su tale contesto indagando i reali motivi per cui si è andata via via producendo una rappresentazione che vede questa piazza come luogo simbolo del degrado cittadino. Per far questo abbiamo condotto un’analisi delle problematiche, dei bisogni e delle aspettative messi in evidenza dalla molteplicità degli attori sociali che frequentano Piazza Verdi, le loro pratiche di vita quotidiana, le rispettive modalità di fruizione del luogo, le differenti percezioni e rappresentazioni della piazza prodotte da questi attori sociali.
Negli ultimi anni ho concentrato lo sguardo sulla trasformazione di determinati zone all’interno di quartieri bolognesi alla luce dell’arrivo di sempre più consistenti flussi immigratori. Ho iniziato a chiedermi: come è cambiata la città... more
Negli ultimi anni ho concentrato lo sguardo sulla trasformazione di determinati zone  all’interno di quartieri bolognesi alla luce dell’arrivo di sempre più consistenti flussi immigratori. Ho iniziato a chiedermi: come è cambiata la città in questi ultimi anni; e, soprattutto, come sono cambiate quelle aree nella parte nord della città sempre più caratterizzate dalla presenza di ragazzi di origine straniera.
Non è mia intenzione in questo lavoro proporre delle soluzioni, ma piuttosto offrire dati utili che permettano a chi ha il dovere di governare queste aree di leggere al meglio i problemi di questi territori e proporre, di conseguenza, politiche, anche urbanistiche, che sappiano migliorare la qualità della vita dei cittadini che vi abitano. I dati che presenterò sono frutto di ricerche qualitative, di natura etnografica, che fanno riferimento a un territorio specifico di Bologna, la Bolognina. Sebbene siano relativi esclusivamente a questa zona possono essere utili, secondo me, per leggere al meglio problemi che riguardano l’intera città - non è possibile, infatti, isolare la Bolognina dall’intero territorio cittadino come se fosse un’area «naturale», autonoma, indipendente dal contesto più grande che la comprende. Utilizzare la pratica etnografica potrebbe permettere, infatti, di leggere al meglio i problemi e i bisogni di gruppi di cittadini il cui punto di vista spesso non è preso in considerazione nelle pratiche di progettazione urbana.
Sebbene il dialogo tra scienziati sociali e urbanisti, in Italia, non si sia mai realmente sviluppato  ritengo convinto di come, utilizzando la pratica etnografica, questi sguardi disciplinari possano integrarsi. A  partire dalla specificità urbana è possibile costruire un campo di studi transdisciplinari che sappia andare oltre i confini delle proprie discipline senza abolirle, ma anzi valorizzandone attraverso lo scambio, i rispettivi sguardi e gli specifici contributi, dando vita così a dei veri e propri urban studies.
In recent years ethnographic research that has been published in Italy could fit in a sub-discipline that the author of the essay tries to synthesize under the term “Anthropology of urban marginality”. A much debated topic of study... more
In recent years ethnographic research that has been published in Italy could fit in a sub-discipline that
the author of the essay tries to synthesize under the term “Anthropology of urban marginality”. A much
debated topic of study outside our country, especially from the sixties onwards, after the early
generations of Chicago ethnographers. These are the questions that the author wishes to answer in his
paper: to which extent is it possible to speak of an anthropology of urban marginality in our country?
What have these studies achieved in terms of improvement of policies aimed at “marginal individuals”
living in our cities? Who reads this research? Have they changed the way of doing research inside
university? In brief, what were the consequences of the application of these studies inside and outside
University?

Keywords: ethnography, urban marginalities, ethnography, urban studies, homeless
A un anno di distanza dalla cacciata di Ben Ali in Tunisia, qualche mese dopo l’uscita del monografico di “Archivio Antropologico Mediterraneo” dedicato alle “Primavere Arabe” (D’Agostino - Kilani 2011), con la collega Maria Antonietta... more
A un anno di distanza dalla cacciata di Ben Ali in Tunisia, qualche mese dopo l’uscita del monografico di “Archivio Antropologico Mediterraneo” dedicato alle “Primavere Arabe”  (D’Agostino - Kilani 2011), con la collega Maria Antonietta Trasforini, richiedemmo, nella forma di start up, un piccolo finanziamento all’Ateneo di Ferrara per i processi di internazionalizzazione. Il progetto che presentammo, come antropologo urbano e sociologa dell’arte e dei processi culturali dell’Università di Ferrara, recitava più o meno così:

Dopo la “rivoluzione” in Tunisia, le “Primavere Arabe” si scontrano con la repressione in molti altri paesi islamici, dalla Libia allo Yemen fino alla Siria. L’esempio tunisino ha tuttavia sconvolto molte certezze, tra cui quella di un’“eccezione araba” in base alla quale nel mondo musulmano non sarebbe attuabile un cambiamento di società. Le trasformazioni in atto sono il risultato di esigenze che esistevano già da tempo all’interno della società tunisina. Le “Primavere arabe” sono state viste dall’Occidente come rivoluzioni senza leader (o meglio, che hanno tanti leader quante sono le persone scese in piazza), senza partiti (sono rivoluzione di ideali, e non di ideologie) che si fondano sul profondo cambiamento di una società che chiede a gran voce di poter entrare nella “modernità”. Ma che tipo di modernità? A segnare ulteriormente la peculiarità della “rivoluzione” tunisina - sempre che sia legittimo utilizzare questo termine - è il fatto che ad animare la protesta siano le frange più giovani della popolazione. A scendere in piazza sono stati prima di tutto quegli stessi giovani (studenti, artisti, intellettuali etc.) che fino a pochi anni fa cercavano altrove una possibilità di riscatto. Le Primavere Arabe, dunque, riassumono in sé numerose rivoluzioni: politiche, culturali, sociali. (Premessa al progetto di ricerca che presentammo per il finanziamento presso l’Università di Ferrara nel gennaio del 2012)
Oggetto di questo articolo è la formazione di una rete di intellettuali a Ferrara tra l'inizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta che hanno prodotto fuori e dentro le Mura cittadine una serie di opere visive-se pensiamo... more
Oggetto di questo articolo è la formazione di una rete di intellettuali a Ferrara tra l'inizio degli anni Cinquanta e la fine degli anni Ottanta che hanno prodotto fuori e dentro le Mura cittadine una serie di opere visive-se pensiamo alla pittura, alla fotografia, al cinema, alla videoarte-di scritti-reportage, inchieste sociali, saggi, poesie, racconti, romanzi-di difficile classificazione. Alla base dello sguardo analitico di questa generazione di intellettuali vi era un punto di vista fortemente transdisciplinare laddove le separazioni tra discipline-a cominciare da quella studi scientifici/umanistici-erano meno evidenti, vista anche l'assenza di facoltà umanistiche e l'istituzione della prima cattedra di Antropologia a Ferrara solo nel 2008/2009. La domanda al centro di questo articolo è: prima della nascita di una cattedra di antropologia in che modo studiosi dallo sguardo urbano e artisti hanno prodotto pensieri ibridi, frutto di una contaminazione, attraverso un comune sguardo antropologico?

The present essay deals with the network of intellectuals that was active in Ferrara between the beginning of the Fifties and the end of the Eighties in the fields of visual arts-painting, photography, movies-and writing-reportage, social enquiry, essays, poetry, fiction-and which are rather difficult to classify. These intellectuals had an analytic view marked by a transdisciplinary approach, in an environment where the disciplinary boundaries, starting from the duality Human vs. Scientific studies, were much less sharp than they are today, due to the absence of a Humanities faculty. The first professorship of anthropology in Ferrara was established in 2008-2009. How did scholars and artists produce hybrid and contaminated views of the urban before the introduction of Anthropology? This is the question this article wants to answer. Parole chiave: antropologia; transdisciplinarietà; fiction/no fiction.
Over the last fifteen years, if we focus on the northern outskirts of Bologna and study the settlement patterns of the foreign citizens in order to read the territory, the dialectic South / North seems to take on more importance than the... more
Over the last fifteen years, if we focus on the northern outskirts of Bologna and study the settlement patterns of the foreign citizens in order to read the territory, the dialectic South / North seems to take on more importance than the duality center / periphery.  In recent years, however, there’s  a new trend not readable through merely quantitative data and that is the formation of areas - blocks, housing estates – strongly affected by the presence of “second generation” immigrants. I began to wonder: how did the municipal area change in recent years and how should we call these suburbs?
Research Interests:
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our... more
The focus of this study is the relationship between literature and urban studies. This relationship comes into view when novels and anthropologists tackle the modern and contemporary city. Today we are aware of how our “non-fiction”, our scientific writing, is just one of the many writing machines, not always clearly distinguishable among each other. What kind of writing is “Gomorrah”, we started asking several years ago? An essay, a novel, a piece of journalism, of literature, an ethnography? What’s the role of fiction in it? To answer this question we have to go back to a time when disciplines were less institutionalized and see how the literary set of images was conceived and influenced by urban scholars, and vice versa, in order to determine the moment when the “two cultures”, ie literature and scientific production, have influenced each other. In addition, the city was born with modernity. Novel was born with modernity. The first urban ethnographies were born with the birth of the city and of what we call “modern”. How much, how and why do these three
words work together?
Research Interests:
The overall goal of this essay is to re ect, after six years from publication, on how I circumscribed, conducted and wrote a research with fellow anthropologist Fulvia Antonelli between 2007 and 2010, a research about the practices of... more
The overall goal of this essay is to re ect, after six years from publication, on how I circumscribed, conducted and wrote a research with fellow anthropologist Fulvia Antonelli between 2007 and 2010, a research about the practices of everyday life of a group of amateur boxers of the “Tranvieri”, a gym in Bolognina, a district in the outskirts of Bologna. The research employed instruments related to ethnographic practice. I wrote diaries and  eld notes relevant to the daily life within the space of the gym. I collected the life stories of the leading members, I conducted in-depth conversations with active and retired boxers, sports journalists, members of regional and national boxing federations, coaches and managers. I put the  eld data into a dialogue with reference literature, magazines and literary works, memoirs of the great boxers and monographs as well as scienti c papers. Also, I watched famous boxing movies while reconstructing the history of the ranvieri, a gym born in 1950 that has always been linked to the Circolo del Dopolavoro Ferroviario, an associa- tion of tram drivers in Bologna. Speci c objective of this paper is to re ect, after six years from the publication, on how my methodological choices have in uenced and determined interpretations of this reality.
Research Interests:
Leggendo statistiche e dati demografici risulta evidente come continui a crescere la quota di popolazione che vive in città. Nel corso del 2007, in tutto il pianeta, questa ha superato la soglia simbolica del 50%. Nonostante la retorica... more
Leggendo statistiche e dati demografici risulta evidente come continui a crescere la quota di popolazione che vive in città. Nel corso del 2007, in tutto il pianeta, questa ha superato la soglia simbolica del 50%. Nonostante la retorica della globalizzazione sottolinei l’accresciuta quanto asimmetrica mobilità e la compressione spazio-temporale che caratterizza il vivere urbano, appare estremamente significativo il ruolo giocato dalle nostre città intese come contesti materiali e come forme localizzate delle dinamiche globali e dei processi di ri- territorializzazione. Queste sono sempre più i centri del potere economico, politico, discorsivo e sociale e, in quanto tali, i luoghi “naturali” di espressione del conflitto sociale.
Le città stanno cambiando anche in funzione dei cambiamenti della società e dell’economia, e ne esprimono una sintesi. La finanziarizzazione dell’economia, l’evoluzione (o l’involuzione) del welfare state, il ruolo centrale del ciclo dello sviluppo insediativo nell’economia e i connessi processi di mercificazione della città, della socialità e della vita quotidiana costituiscono fattori centrali nell’evoluzione urbana.
D’altra parte le città, come d’altronde sempre nella storia dell’uomo, sono i luoghi dell’autorganizzazione, dove la vita collettiva brulica, si organizza, si appropria dei luoghi, produce spazi, culture, significati, all’interno di un campo di azione e di interazione tra soggetti, interessi, poteri diversi. Anche oggi tali territori risultano attraversati da processi di ri-appropriazione che sono anche processi di risignificazione dei luoghi.
La città è il teatro dei grandi fenomeni sociali, ed anche il luogo fondamentale della produzione culturale; ma è anche una realtà tutta da ri-conoscere, da re-interpretare. Non è più quella che conoscevamo, ereditata dalla modernità; è cambiata non solo nella sua forma fisica ma anche nel modo di viverla e nelle relazioni sociali che la costituiscono. La città, anche per questo, è stata al centro di numerose monografie negli ultimi anni. Pubblicazioni ad opera di studiosi afferenti a diverse discipline: sociologi, antropologi, urbanisti, architetti, storici urbani, geografi, politologi, semiologi, economisti, ecc.
Research Interests:
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since it has become a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been... more
Why take an interest in a football stadium terrace or curva? First of all, since it has become a mass activity, football has certainly been one of the most represented sports in western literature and cinematography. Not only has it been the topic of a romantic, epic and popular literature style translated in several languages, but also food for thought for philosophers and poets. Football has been and still is a great metaphor used to write on our contemporary society and, at the same time, a popular “topic of conversation” used by pubs’ patrons to while away time during boring afternoons and evenings; whether it is being discussed in a working-class neighbourhood bar or in the living room of a gentrified historical centre house, football has always played the role of a cultural glue between “high” and “low” culture. So what could be more anthropological than transforming a pub discussion or a drawing room philosophical debate into a “scientific” subject matter? This is also the reason why football has been regarded by some ethnologists as a “rite”. Others, mostly sociologists, have realized that in studying it there is the opportunity, perhaps the very last one, to write on the surviving conflicting nature of our Western and European culture, seemingly pacified yet still fraught with bellicose instincts.
Research Interests:
In questo numero, proponiamo una serie di interventi intorno alla dimensione urbana in Italia. Il numero si compone di due tipi di esplorazioni: da un lato, una serie di saggi di sintesi che intendono presentare lo stato dell’arte della... more
In questo numero, proponiamo una serie di interventi intorno alla dimensione urbana in Italia. Il numero
si compone di due tipi di esplorazioni: da un lato, una serie di saggi di sintesi che intendono presentare lo stato dell’arte della produzione di conoscenza e indagine sulla città e i territori italiani, dall’altro una serie di studi di caso tratti da ricerche monogra - che. Come di consueto, l’obiettivo principale de lo Squaderno non è tanto quello di una impossibile esaustività contenutistica quanto di fornire spunti per ulteriori percorsi di ricerca e, se possibile, di incrocio e incontro tra studiosi.
Research Interests:
This chapter focuses on the connections between the transformation of citizenship, the diversification of poverty and the development of transnational ways of migrating. As a result of the emergence of new poverties, the methods of... more
This chapter focuses on the connections between the transformation
of citizenship, the diversification of poverty and the development of
transnational ways of migrating. As a result of the emergence of new
poverties, the methods of impoverishment are characterised by a deep individualisation,
so that it is possible to observe different life situations, forms
of privation that go beyond ordinary economic deprivation. Furthermore,
new methods of migrating and of managing difference within multicultural
configurations have led some scholars to speculate on new paths for claiming
and granting rights. However, human rights discourses tend to reify the
complex and ambivalent social and cultural processes through which rights
are negotiated, realised or denied within specific contexts. In some cases
there is a noticeable gap between the provision and the realisation of rights,
which is often affected by negotiation between individuals and groups. Such
negotiation is influenced in many ways by the representation (symbolic as
well as political) of social and migrant minorities.
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The anthropologist Ferdinando Fava, who has conducted extensive ethnographic research on the Zen neighbourhood in Palermo (Fava, 2008), wrote an interesting essay titled Tra iperghetti e banlieues, la nuova marginalità urbana... more
The anthropologist Ferdinando Fava, who has conducted extensive
ethnographic research on the Zen neighbourhood in Palermo (Fava,
2008), wrote an interesting essay titled Tra iperghetti e banlieues, la nuova
marginalità urbana (Hyperghettoes and banlieues, new urban marginality).
Chicago’s ghettoes, Paris’s banlieues, Barcelona’s Poligono, Amsterdam’s
Probleemstandwij, Moscow’s Hrushebi, Los Angeles’ hoods. All Western cities
have their own words to describe their marginal, cursed neighborhoods
(Fava, 2008a).
At the heart of this essay lies a question that most authors, researchers
in different disciplines, have sought to answer: how did Italian suburbs
change because of the end of a production mode - the ‘world factory’ - and
the arrival of massive migration flows?
Research Interests:
Dibattito sulla figura e il ruolo del ricercatore
Research Interests:
In questo numero, proponiamo una serie di interventi intorno alla dimensione urbana in Italia. Il numero si compone di due tipi di esplorazioni: da un lato, una serie di saggi di sintesi che intendono presentare lo stato dell’arte della... more
In questo numero, proponiamo una serie di interventi intorno alla dimensione urbana in Italia. Il numero
si compone di due tipi di esplorazioni: da un lato, una serie di saggi di sintesi che intendono presentare lo stato dell’arte della produzione di conoscenza e indagine sulla città e i territori italiani, dall’altro una serie di studi di caso tratti da ricerche monogra - che. Come di consueto, l’obiettivo principale de lo Squaderno non è tanto quello di una impossibile esaustività contenutistica quanto di fornire spunti per ulteriori percorsi di ricerca e, se possibile, di incrocio e incontro tra studiosi.
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Analisi antropologica del concetto di minoranze alla luce della ricerca urbana sul territorio di Piazza Verdi a Bologna
Research Interests:
Tra il 26 febbraio e il 23 aprile 2009, presso l’Urban Center di Bolo- gna, in pieno centro storico cittadino, il Comune e la Provincia del capo- luogo emiliano-romagnolo organizzarono un ciclo di conferenze per co- noscere il rapporto di... more
Tra il 26 febbraio e il 23 aprile 2009, presso l’Urban Center di Bolo- gna, in pieno centro storico cittadino, il Comune e la Provincia del capo- luogo emiliano-romagnolo organizzarono un ciclo di conferenze per co- noscere il rapporto di uso, produzione e consumo degli spazi pubblici, e ancora i costumi relazionali, i modi di produrre località dei principali gruppi di cittadini stranieri residenti a Bologna. Il tema della giornata era “Bologna e la città degli altri” e a tutti gli studiosi invitati era stato chie- sto di presentare delle relazioni che avessero al centro la distribuzione ter- ritoriale e i modelli insediativi della popolazione straniera residente in città negli ultimi anni.
La distribuzione territoriale dei cittadini stranieri, del resto, è sempre stata tra i principali oggetti di studio delle scienze sociali, la sociologia e l’antropologia urbana in particolare, e lo è a maggior ragione oggi nel mo- mento in cui, soprattutto a livello mediatico, molti conflitti registrabili negli spazi pubblici urbani vengono rappresentati come “etnici”.
Research Interests:
Minoranza: un insieme di individui che condivide un’identità culturale, etnica, religiosa, linguistica o di genere e che non costituisce una realtà socialmente dominante: un gruppo sociale sempre subordinato a una maggioranza che è... more
Minoranza: un insieme di individui che condivide un’identità culturale, etnica, religiosa, linguistica o di genere e che non costituisce una realtà socialmente dominante: un gruppo sociale sempre subordinato a una maggioranza che è riconosciuta tale perché rappresenta determinati valori superiori di identità nazionale o collettiva. (Ilardi 2009)
Secondo il sociologo urbano Massimo Ilardi, negli ultimi anni il rapporto tra minoranza e maggioranza si è profondamente modi cato. Tale rapporto ha costituito un’utile chiave di in- terpretazione sociologica  nché i valori dei due gruppi si sono di erenziati in base a caratteri ideologici, politici ed economici. Le minoranze, oggi, non hanno più nulla di minoritario o
di subordinato, all’opposto coltivano l’ambizione di esercitare egemonia attraverso un punto di vista di parte che produce immaginari, rappresentazioni e si traduce in pratiche ritenute legittime in quanto rivendicate come “culturali”. Pratiche che rispondono sempre più a una logica politica che trova fondamento nella dialettica amico/nemico (Schmitt 2008). La maggioranza, di conseguenza, non riesce più a produrre strumenti di mediazione e di sintesi.
Per accorgersi di ciò, scrive Ilardi, gli scienziati sociali dovrebbero sullo spazio urbano: è proprio sul territorio, nel senso più  sico, che le minoranze possono agire una domanda di maggiore libertà materiale rompendo quel patto tra spazio e politica su cui il moderno aveva edi cato le sue forme politiche. (Ilardi 2009)
Research Interests:
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbe- ro rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “Antropologia delle marginalità urbane”.... more
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbe- ro rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “Antropologia delle marginalità urbane”. Prima di arrivare all’oggetto centrale di questo scritto vorrei ricostruire, in sintesi, ciò che di più interessante emerge in questi recenti studi etnografici.
Research Interests:
A partire da ricerche empiriche, e condotte attraverso la pratica etnografica, oggetto di questa relazione sono le pratiche, le rappresentazioni e gli immaginari di un gruppo di adolescenti, ragazzi e ragazze, figli di genitori stranieri,... more
A partire da ricerche empiriche, e condotte attraverso la pratica etnografica, oggetto di questa
relazione sono le pratiche, le rappresentazioni e gli immaginari di un gruppo di adolescenti, ragazzi e
ragazze, figli di genitori stranieri, nati nel nostro Paese, o venuti in Italia in età pre-scolare, ma tutti
senza cittadinanza. Nel 2008 alcuni di questi ragazzi furono oggetto di una ricerca che ho realizzato a
Bologna in una palestra di pugilato frequentata da adolescenti figli di marocchini e tutti residenti nel
capoluogo emiliano. A partire dalle loro parole, dai loro punti di vista, cercherò, in questa relazione, di
raccontare, ponendo l'attenzione sul nostro territorio regionale, cosa significa oggi per loro la parola
"cittadinanza", quali i problemi che vivono quotidianamente, all'interno di un contesto legislativo,
lavorativo, famigliare che si è profondamente modificato negli ultimi anni.
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La scienza antropologica non è soltanto interessata al selvaggio nudo, ma all'uomo o alla donna in pantaloni da golf o in abito da sera. Al vero uomo di scienza importa poco se si sta occupando di un sobborgo o della giungla […], delle... more
La scienza antropologica non è soltanto interessata al selvaggio nudo, ma all'uomo o alla donna in pantaloni da golf o in abito da sera. Al vero uomo di scienza importa poco se si sta occupando di un sobborgo o della giungla […], delle medicine e delle formule magiche di uno stregone Bantu o del lavoro di un membro dell'Associazione Reale di Medicina. Ciò che ci distingue dai selvaggi è spesso più apparente che reale; i pantaloni da golf possono nascondere un bruto e una mano di vernice può coprire un cuore tenero (Hannerz, 1980, 37).
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This paper present in short the result of a research focused on Giuseppe Verdi Square (Bologna) as public space. The aim of the research was to carry out the different perspectives and interpretation of the square by the different local... more
This paper present in short the result of a research focused on Giuseppe Verdi Square (Bologna) as public space. The aim of the research was to carry out the different perspectives and interpretation of the square by the different local users. Piazza Verdi, situated in the historic centre of Bologna, is often represented in recent years as a pragmatic place of the "damage" that characterizes the town. In September 2007 the research began, promoted by the Office of Culture & Corporate Communication of the University of Bologna in collaboration with the Department of Education and the Department of Sociology, and it's completed in October 2008. The group of research conducted an analysis of the issues, needs and expectations highlighted by the multiplicity of social actors who use Giuseppe Verdi Square, their practices of daily life, their methods of use of the site, different perceptions and representations of the square produced by these social actors. Besides, it raises also an historical analysis of the place and how this has changed in recent years, especially cause this area is a symbolic place of the 1 I capitoli 2,3,4,6,7,10 sono di Elena Rossini; i capitoli 8,9,11,12,13 sono di Giuseppe Scandur-ra; i capitoli 5,14,15,16,17,1 sono di Alessandro Tolomelli.
Research Interests:
Le storie riportate in questo saggio si riferiscono a un gruppo di rom protagonisti di una ricerca condotta tra il marzo 2006 e il luglio 2007 a Villa Salus, nel quartiere Save-na, dove 146 cittadini romeni hanno abitato a cominciare... more
Le storie riportate in questo saggio si riferiscono a un gruppo di rom protagonisti di una ricerca condotta tra il marzo 2006 e il luglio 2007 a Villa Salus, nel quartiere Save-na, dove 146 cittadini romeni hanno abitato a cominciare dall'inverno 2005 insieme alle loro famiglie. Le storie raccolte di una decina di minori rom romeni residenti a Villa Salus sono state fatte dialogare con le voci e le rappresentazioni di un gruppo di in-segnanti degli istituti scolastici del quartiere Savena che insieme a noi hanno riflettuto a voce aperta sulla presenza di alunni stranieri nelle scuole del territorio. Solo metten-do a confronto gli immaginari, le aspettative, i bisogni degli alunni da una parte, in grande parte minori romeni di Villa Salus, e delle insegnanti dall'altra abbiamo pensato si potesse analizzare un termine fin troppo evocativo come " scuola multiculturale " , a
Research Interests:
The paper describes the social organization of a boxing gym, Tranvieri, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has changed rapidly in the last 20 years due to the closing of factories and the... more
The paper describes the social organization of a boxing gym, Tranvieri, located in Bolognina, a working class neighbourhood in the city of Bologna which has changed rapidly in the last 20 years due to the closing of factories and the arrival of immigrants, especially from the Maghreb. Accordingly, the gym population has changed: currently about two thirds of those attending the gym are children of immigrants. The motivation for starting boxing is the search for respect in a social setting in which school and work are mainly sources of frustration and humiliation. Young immigrant boxers are deferen-tial towards Italian trainers and the latter do not have racist attitudes toward them. As is well known, boxing is a male world: the female body is perceived as something extraneous to the gym and, although two or three women practise boxing at Tranvieri, female boxing is generally disapproved of. The tension between the boxing world and the world of women is also exhibited in the conflict between trainers, who wish to strictly control the athletes in terms of diet, temporal routines and sexual practices, and the bo-xers' mothers, wives and girlfriends.
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Un viaggio nel cuore della complessa realtà che genericamente va sotto l’allarmante/rassicurante definizione di “degrado” urbano, che cerca di investigarne i confini, di far emergere, in luogo dello spazio caotico in genere percepito con... more
Un viaggio nel cuore della complessa realtà che genericamente va sotto l’allarmante/rassicurante definizione
di “degrado” urbano, che cerca di investigarne i confini, di far emergere, in luogo dello spazio
caotico in genere percepito con ansia e secondo luoghi comuni come realtà indistinta da cui difendersi e
contro la quale opporre confini (normativi, spaziali, temporali), le voci, i volti, le storie dei protagonisti
– sulle tracce delle donne e degli uomini che la nozione stessa di degrado tende a ridurre a cose, a sgradevoli
oggetti di una sorta di arredo umano della città composto da mucchi, anche viventi, di rifiuti.
Incursioni antropologiche nella Bolognina, e Bologna2, e, soprattutto, nel Dormitorio Notturno Carracci:
storie di marginalità urbana – o di costituzione di ghetti -, e vicende individuali che concorrono
a trasformare cittadini a pieno titolo – come ciascuno di noi - in cittadini-rifiuto. Un processo di periferizzazione
‘sottile’, nomade, degli individui, che fa da contraltare alla nascita più o meno spontanea
di slums e balieues, delle classiche periferie solidamente ancorate al territorio.
Research Interests:
L’idea di questo libro nasce durante il seminario dal titolo Periferie come banlieue? organizzato da Dipartimento e Facoltà di Pianificazione dell’Università “Iuav” di Venezia, sulla scia dei fatti accaduti nelle banlieue francesi alla... more
L’idea di questo libro nasce durante il seminario dal titolo Periferie come banlieue? organizzato da Dipartimento e Facoltà di Pianificazione dell’Università “Iuav” di Venezia, sulla scia dei fatti accaduti nelle banlieue francesi alla fine del 2005. La domanda contenuta nel titolo del seminario voleva sollecitare alcune riflessioni su ragioni e cause delle rivolte, nonché sulle differenze tra il contesto francese e quello italiano e spingere la riflessione a guardare le periferie italiane per comprendere cosa siano esse diventate e soprattutto cosa debba intendersi per “periferia” nei processi di trasformazione della città “contemporanea”. Il volume diventa così una corposa raccolta di saggi teorici e di casi studio relativi alle periferie di otto città italiane — Bologna, Catania, Messina, Milano, Napoli, Prato, Roma e Torino — studiate e descritte con attenzione attraverso l’analisi dei processi di trasformazione accaduti, i fenomeni di degrado e disagio sociale, i processi di riqualificazione che le hanno interessate, in molti casi i caratteri e l’evoluzione che i quartieri periferici insieme all’intera città hanno subito.
Research Interests:
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbero rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “Antropologia delle marginalità urbane”.... more
Negli ultimi anni, nel nostro Paese, sono state pubblicate numerose monografie che potrebbero rientrare in un sottocampo disciplinare che in questo saggio provo a sintetizzare con il titolo di “Antropologia delle marginalità urbane”. Prima di arrivare all’oggetto centrale di questo scritto vorrei ricostruire, in sintesi, ciò che di più interessante emerge in questi recenti studi etnografici.
Research Interests:
Piano B è un gruppo nato nel giugno 2006 al fine di produrre inchiesta sociale a Bologna. In questo momento fanno parte di Piano B e sono, dunque, autori di questo lavoro: Fulvia Antonelli, Pietro Bellorini, Gianluca D’Errico, Luca... more
Piano B è un gruppo nato nel giugno 2006 al fine di produrre inchiesta sociale a Bologna. In questo momento fanno parte di Piano B e sono, dunque, autori di questo lavoro: Fulvia Antonelli, Pietro Bellorini, Gianluca D’Errico, Luca Lambertini, Paolo Lambertini, Mimmo Perrotta, Sara Sartori, Giuseppe Scandurra, Leonardo Tancredi. La ricerca presen- tata ha come oggetto storia e realtà sociale, economica, etnica del quartiere Navile di Bologna. Articolazione della ricerca: Introduzione 1. Un quartiere 2. Officina dell’inchiesta 3. Storia di un quartiere 4. Storia di una fabbrica. Parte prima – La fabbrica 1. Le Officine della Resistenza 1.1. Nel corpo del quartiere 2. Le spaventose e buie officine 2.1. Sulla soglia 2.2. Fare bene il lavoro 2.2. Sopravvivere al lavoro 2.4. Morire di lavoro. 3. La fabbrica è il dragone Parte seconda – Il Dragone 1. Al passo con i tempi 2. Il dragone che avanza 3. Il successo come paradigma esistenziale 4. La Cina sotto casa Parte terza – La fabbrica e il centro commerciale 1. Le Minganti si presentano 2. Da Officine... 3. ...a “fabbrica d’incanti” 4. Quale idea di riqualificazione? 5. Il quartiere visto dalle Minganti Parte quar- ta – Le mani sul quartiere 1. Si apre la partita: i privati 2. Le istituzioni 3. Laboratorio di urbanistica partecipata 4. Fare i conti con l’oste
Research Interests:
In recent years several monographs have appeared in Italy, though even more abroad, as a report of ethnographic research into the everyday life practices of marginal urban social groups; all fall under a disciplinary subfield the author... more
In recent years several monographs have appeared in Italy, though even more abroad, as a report of ethnographic research into the everyday life practices of marginal urban social groups; all fall under a disciplinary subfield the author calls “Anthropology of urban marginality.” The authors of these works have increasingly been using technologies other than written representation, as for instance the medium of photography. There is a question at the core of this article which could be summed as, Why and how can this medium aid in a better understanding of the phenomena being investigated?
Research Interests:
Socio-anthropological studies on the city have addressed directly the audiovisual recently. This trend emerges from the awareness that the textual materials usually employed in research too often show their limits, given the complexity of... more
Socio-anthropological studies on the city have addressed directly the audiovisual recently. This trend emerges from the awareness that the textual materials usually employed in research too often show their limits, given the complexity of the urban phenomena. The increasing use of audiovisual research raises a crucial question: what is the added value of photography and video, as well as of the many extra textual languages that increasingly are complicating research work? The simple diffusion of electronic text and the use of devices have taught us to manipulate text and images simultaneously, but in the process have changed the methodological approach of social sciences from the definition of questions and research hypotheses to the construction of the empirical basis, and finally the writing and analysis, seen as experimental practices that flow into what we might call an expanded search. Urban studies, having complexity as their main object as well as an undeniable encounter of paradigms and disciplines, have implicitly encouraged and made common the use and testing of audiovisual technology. City Visualscapes is an attempt to focus on those experiences of urban research that privilege languages employing experimental visual practices alongside more traditional research tools.
Research Interests:
Tra l’ultima settimana di maggio e la prima di giugno 2008 numerosi quotidia- ni nazionali hanno riportato in prima pagina un fatto di cronaca avvenuto nel territorio del Pigneto, prima periferia di Roma. Presso l’isola pedonale di via... more
Tra l’ultima settimana di maggio e la prima di giugno 2008 numerosi quotidia- ni nazionali hanno riportato in prima pagina un fatto di cronaca avvenuto nel territorio del Pigneto, prima periferia di Roma. Presso l’isola pedonale di via del Pigneto, in una tranquilla giornata primaverile, un uomo di cinquant’anni, nato e sempre vissuto in questo territorio, ha rotto le vetrine di un negozio gestito da immigrati. Tale gesto è stato interpretato da quasi tutta la stampa come atto di xenofobia e di violenza contro gli immigrati che vivono a Roma e più in gene- rale nel nostro Paese. «Ernesto» è il nome  nto che ha dato ai giornalisti l’uomo responsabile dell’atto, il quale, intervistato pochi giorni dopo, ha dichiarato alla giornalista di «la Repubblica»: «Io sono un  glio del Pigneto [...]. Tutti sanno chi sono e perché ho fatto quello che ho fatto. È giusto che il Pigneto veda scritta la verità [...]. Stavolta l’ho fatto per loro. Per il Pigneto». Ma a quale verità del Pigneto si riferisce «Ernesto»? Che cosa vuol dire essere «un  glio del Pigneto»?
Vorrei provare a rispondere a queste domande attraverso questo saggio, frutto di una ricerca etnogra ca che ho condotto dal dicembre 2001 al dicembre 2004, che ha avuto per oggetto il territorio del Pigneto. Che ruolo ha oggi una località come quella del Pigneto negli schemi dei  ussi culturali globali? In un mondo che viene descritto, e non solo dagli antropologi, come sempre più delo- calizzato, che cosa è una «località»? Perché i residenti e in generale gli abitanti di questo territorio preferiscono de nirsi «del Pigneto» piuttosto che romani?
Research Interests:
The anthropologist Ferdinando Fava, who has conducted extensive ethnographic research on the Zen neighbourhood in Palermo (Fava, 2008), wrote an interesting essay titled Tra iperghetti e banlieues, la nuova marginalità urbana... more
The anthropologist Ferdinando Fava, who has conducted extensive ethnographic research on the Zen neighbourhood in Palermo (Fava, 2008), wrote an interesting essay titled Tra iperghetti e banlieues, la nuova marginalità urbana (Hyperghettoes and banlieues, new urban marginality). Chicago’s ghettoes, Paris’s banlieues, Barcelona’s Poligono, Amsterdam’s Probleemstandwij, Moscow’s Hrushebi, Los Angeles’ hoods. All Western cities have their own words to describe their marginal, cursed neighborhoods (Fava, 2008a).
At the heart of this essay lies a question that most authors, researchers in different disciplines, have sought to answer: how did Italian suburbs change because of the end of a production mode - the ‘world factory’ - and the arrival of massive migration flows?
We will try to give an answer to this question through a comparison (Fava, 2012) between two so called ‘marginal’ neighbourhoods (Fava, 2012a): Bolognina in Bologna and Zen in Palermo. We will compare these urban areas in relation to the same global dynamics (social-economical, political- juridical as well as symbolic) that have produced the American hyperghetto and the declining French banlieue (Sotgia, 2012). Through this exercise we shall illustrate the complexity of local responses to macro-social global changes (Bolognina and Zen are two peripheral neighbourhoods of two middle-sized Italian cities). If the transformation of a globalized world traverses national borders, local environments make it possible to grasp in a more particular way the changes of the contemporary city and of Italian
cities in particular.
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Oggetto di questo saggio è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico del “degrado” che caratte- rizza il... more
Oggetto di questo saggio è lo spazio pubblico di Piazza Verdi, territorio del centro storico bolognese spesso rappresentato, in questi ultimi anni, dai media locali e nazionali, come luogo simbolico del “degrado” che caratte- rizza il capoluogo emiliano. A settembre 2007, insieme a due colleghi ri- cercatori, abbiamo iniziato uno studio su quest’area urbana1. Obiettivo ge- nerale della ricerca è stato riportare l’attenzione su tale contesto indagando i reali motivi per cui si è andata via via producendo una rappresentazione che vede questa piazza come luogo simbolo del degrado cittadino. Per far questo abbiamo condotto un’analisi delle problematiche, dei bisogni e del- le aspettative messi in evidenza dalla molteplicità degli attori sociali che frequentano Piazza Verdi, le loro pratiche di vita quotidiana, le rispettive modalità di fruizione del luogo, le differenti percezioni e rappresentazioni della piazza prodotte da questi attori sociali.
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Le periferie in Italia sono sempre state un grande "problema" per le amministrazioni locali. Le città si sono espanse sempre più, in una selvaggia costruzione di nuovi edifici dove ammassare le persone, senza offrire loro un qualcosa che... more
Le periferie in Italia sono sempre state un grande "problema" per le amministrazioni locali. Le città si sono espanse sempre più, in una selvaggia costruzione di nuovi edifici dove ammassare le persone, senza offrire loro un qualcosa che non sia soltanto un dormitorio. In quelle più problematiche, mancano addirittura i servizi essenziali: negozi, scuole e trasporti. Quando però la situazione entra nel loop del degrado e lo Stato è assente, arriva qualcun altro a "prendersi cura" degli abitanti delle periferie, aggiungendo al degrado la criminalità. Ma le periferie non sono soltanto questo. Conoscere la realtà di chi vi vive a volte è complicato, ma il quadro della situazione fortunatamente, talvolta, non è così tragico. Nonostante tutte le problematiche, nonostante tutte le avversità. Nelle periferie, ci sono storie legate alla comunità, al senso di appartenenza, al senso di umanità e di integrazione. Laddove poi non arriva un aiuto dall'alto, gli abitanti si riuniscono per soddisfare a quelle mancanze. Questo libro racconta alcune di quelle storie. Non è facile vivere nelle periferie, specialmente in quelle delle grandi città, ma con gli strumenti necessari e basilari, si compiono magie. Approfondiamo dunque questa interessante raccolta e ricerca con Adriano Cancellieri e Giada Peterle, curatori dell'antologia a fumetti Quartieri. Viaggio al centro delle periferie italiane (BeccoGiallo 2019) e autori della storia a fumetti dedicata al quartiere Arcella a Padova.
Al centro di questo saggio vi sono gli immaginari, le rappresentazioni, le pratiche di vita quotidiane di un gruppo di pugili dilettanti della “Tranvieri”, una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bo-... more
Al centro di questo saggio vi sono gli immaginari, le rappresentazioni, le pratiche di vita quotidiane di un gruppo di pugili dilettanti della “Tranvieri”, una palestra di boxe della Bolognina, un quartiere della prima periferia bo- lognese oggetto di una ricerca iniziata nel febbraio 2007 e tutt’ora in corso. In queste pagine vogliamo indagare un tema tra i tanti che sono emersi dalla ricerca, ovvero le questioni di genere e che significato può assumere la parola “corpo” in una palestra di boxe.
Entrare alla Tranvieri, palestra nata nel 1950 e da sempre legata al Circolo del Dopolavoro dei tranvieri bolognesi, ha significato, per noi, fare i conti con 50 anni di pugilato a Bologna, con la storia di uno sport nato nei circoli del Dopolavoro operaio, con la cultura della socialità e del tempo libero in uno dei territori più popolari della città. Per questa società pugilistica hanno combattu- to, infatti, molti operai che lavoravano nelle fabbriche metalmeccaniche della Bolognina
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Al centro di questo scritto vi sono alcune riflessioni frutto di ricerche che ho condotto nel territorio bolognese: dal settembre 2004 fino a dicembre 2005 ho studiato gli immaginari, le rappresentazioni di un gruppo di senza- casa... more
Al centro di questo scritto vi sono alcune riflessioni frutto di ricerche che ho condotto nel territorio bolognese: dal settembre 2004 fino a dicembre 2005 ho studiato gli immaginari, le rappresentazioni di un gruppo di senza- casa ospiti di un dormitorio comunale conosciuto con il nome di “Carracci” e ubicato, fino a gennaio 2006, in via de’ Carracci, nel confine sud del quartiere Navile, a ridosso della Stazione Centrale, nella prima periferia nord del capoluogo emiliano (Scandurra, 2005). Tra febbraio 2006 e febbraio 2007, insieme a un gruppo di ricercatori, insegnanti, educatori, giornalisti abbiamo condotto un’inchiesta sociale sulla chiusura di una fabbrica metalmeccanica, la Casaralta, nel confine est del quartiere Navile (Piano b, 2008). Infine, da febbraio 2007 ho iniziato, con l’antropologa Fulvia Antonelli, una ricerca etnografica sulle pratiche di vita quotidiane di un gruppo di pugili di una palestra di boxe nel cuore del Navile, alla Bolognina, vicino Piazza dell’Unità (Antonelli, Scandurra, 2008). Cosa emerge da queste ricerche che possono rientrare in campi di interesse legati all’antropologia urbana e all’antropologia delle marginalità urbane?
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Il Carracci: memorie di un rifugio urbano Giuseppe Scandurra 1. Il Progetto Carracci Il Progetto Carracci nasce nel dicembre del 2000 quando, alla chiamata del Comune di Bologna per il fronteggiamento del- l’emergenza freddo, diverse... more
Il Carracci: memorie di un rifugio urbano
Giuseppe Scandurra
1. Il Progetto Carracci
Il Progetto Carracci nasce nel dicembre del 2000 quando, alla chiamata del Comune di Bologna per il fronteggiamento del- l’emergenza freddo, diverse imprese sociali ed enti di volonta- riato rispondono impegnandosi a creare una rete per affrontare, in soli dieci giorni, le urgenti necessità di riparo delle persone senza fissa dimora che, in quel periodo dell’anno, non avreb- bero trovato un posto presso le strutture esistenti in città (Rete Carracci 20051). La Rete, composta da un insieme eterogeneo di associazioni, si aggiudicò la convenzione per la gestione della struttura messa a disposizione dal Comune in via de’ Carrac- ci 69/2. Il Progetto Carracci, nonostante la prospettiva iniziale di durata di soli tre mesi, riesce a proseguire la sua attività ot- tenendo una proroga per altri tre mesi, fino al giugno 2001. Dopo questi primi sei mesi, la Rete si impegna per la realiz- zazione di un servizio di accoglienza a bassa soglia2 abbinato ad una particolare concezione della riduzione del danno. Un intervento composito in cui si dovevano combinare: “L’acco- glienza notturna, la prevenzione dei rischi che minano la tutela della salute, l’orientamento e il sostegno, l’attività dei percorsi di reinserimento in collaborazione con i servizi territoriali, il miglioramento della qualità della vita nel suo complesso” (Rete Carracci 2005). Questo servizio riuscì a resistere per un anno, fino al dicembre 2001. Successivamente, il Progetto Carracci chiese ed ottenne un finanziamento dalla Regione. Grazie a queste sovvenzioni ed alla compartecipazione dell’Ente locale, che continuò a mantenere a disposizione l’edificio in via de’ Carracci, l’esperienza della Rete si prolungò per un ulteriore biennio.
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Questo volume continua il viaggio iniziato con "Educarsi all'interculturalità" all'interno dell'immigrazione in Italia. In particolare, questo libro prende in esame il modo in cui la presenza di stranieri riconfigura i paesaggi urbani; la... more
Questo volume continua il viaggio iniziato con "Educarsi all'interculturalità" all'interno dell'immigrazione in Italia. In particolare, questo libro prende in esame il modo in cui la presenza di stranieri riconfigura i paesaggi urbani; la città, infatti, si rivela un luogo di incontro e di scambio, nel quale diverse culture si incontrano e si intrecciano, a volte scatenando conflitti, altre volte riuscendo a convivere pacificamente. Dopo un'incisiva panoramica sui nuovi approcci teorici e metodologici al fenomeno migratorio, si esplorano le esperienze di coesistenza di diverse culture nella città di Bologna e in un quartiere romano. Ma la storia della presenza straniera in Italia è anche storia del particolare modo in cui tale presenza è stata interpretata e narrata. Per questo viene analizzato anche il modo in cui i mass media, in particolare alcuni media locali bolognesi, rappresentano gli immigrati. Questo per dimostrare come una larga fetta degli stereotipi relativi non agli immigrati, ma al modo in cui la stampa li ha definiti, non trova riscontro quando i dati e le informazioni vengono raccolte e analizzate sistematicamente.
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Etnografia di uno spazio abitativo informale nel centro di Roma
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Il presente volume emerge in grande parte dal Seminario internazionale “Culture e conflitto” tenutosi a Courmayeur tra il 13 e il 15 dicembre 2002, promosso dal Centro di prevenzione e difesa sociale, dal Dipartimento di Scienze... more
Il presente volume emerge in grande parte dal Seminario
internazionale “Culture e conflitto” tenutosi a Courmayeur
tra il 13 e il 15 dicembre 2002, promosso dal Centro di prevenzione
e difesa sociale, dal Dipartimento di Scienze dell’Educazione
dell’Università degli Studi di Bologna e dalla
Fondazione Courmayeur, in collaborazione con la Commissione
Nazionale Italiana per l’UNESCO.
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Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della divisione del mondo in due emisferi contrapposti ci si illudeva che questa riunificazione, e la libertà di movimento che ne conseguiva, determinassero un periodo di pace governato da un... more
Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della divisione del mondo in due emisferi contrapposti ci si illudeva che questa riunificazione, e la libertà di movimento che ne conseguiva, determinassero un periodo di pace governato da un unico sistema politico ed economico fondato sulla democrazia e regolato dal mercato. Ma in realtà sono stati eretti nuovi muri: muri che rafforzano le frontiere degli Stati per escludere la massa di immigrati in arrivo da paesi devastati; e muri che dividono quartieri e zone all'interno delle stesse città per difendere privilegi e status di una parte dei loro abitanti. Il libro, diviso in due parti per la differente lettura del fenomeno che i due autori propongono, cerca di rispondere ad alcune domande: chi e cosa i muri vogliono lasciare fuori? Cosa avviene e che tipo di comunità si costituiscono dentro i territori blindati? E cosa chiedono le masse di migranti che premono alle porte dell'Occidente?
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Le Pigneto est un quartier de Rome né entre la n du XIXe siècle et les trois premières décennies du siècle dernier. Sur le papier, sa forme est celle d’un petit village dont il est facile de tracer et reconnaître les limites ;... more
Le Pigneto est un quartier de Rome né entre la  n du XIXe siècle et les trois premières décennies du siècle dernier. Sur le papier, sa forme est celle d’un petit village dont il est facile de tracer et reconnaître les limites ; c’est une petite ville de forme triangulaire à proximité du centre de Rome. Cependant le plan n’étant pas le territoire, l’uniformité et l’homogénéité apparente de cet espace urbain dissimulent une réalité métropolitaine autoconstruite, abusive, caractérisée par un haut niveau de complexité formelle.
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Alla vigilia del 1870 l’area attualmente denominata quartiere Tuscolano, appartenente al IX Municipio, che comprende il territorio del Mandrione, era integralmente agricola, solo qualche casale e qualche villa. Gli unici interventi... more
Alla vigilia del 1870 l’area attualmente denominata quartiere Tuscolano, appartenente
al IX Municipio, che comprende il territorio del Mandrione, era integralmente
agricola, solo qualche casale e qualche villa. Gli unici interventi realizzati sul territorio
consistevano nella ferrovia Roma-Frascatri inaugurata nel 1856, con stazione fuori
Porta Maggiore, e nel 1890 lo stabilimento Omnibus e Tramways tra la ferrovia e vicolo
del Pigneto, attualmente deposito dell’Atac (Sotgia 2003)
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La strategia residenziale dei cittadini di origine straniera a Bologna sta fa- vorendo dunque una presenza più omogenea in relazione al territorio comunale e la coabitazione di diversi gruppi nazionali nella stessa area; eppure, se ciò... more
La strategia residenziale dei cittadini di origine straniera a Bologna sta fa- vorendo dunque una presenza più omogenea in relazione al territorio comunale e la coabitazione di diversi gruppi nazionali nella stessa area; eppure, se ciò è indicativo dell’assenza di ghetti e quartieri etnici, non esclude, allo stesso tempo, la formazione recente di zone molto circoscritte di maggiore concentra- zione della popolazione non italiana in cui si configura una parziale dominanza di uno o più gruppi nazionali stranieri. Tali micro realtà, però, sono difficili da indagare e meritano una ricerca qualitativa di natura etnografica.
Proprio a partire da quest’ultima osservazione negli ultimi anni ho concen- trato lo sguardo sulla trasformazione di determinati territori e periferie bolo- gnesi alla luce dell’arrivo di sempre più consistenti flussi immigratori. Ho ini- ziato a chiedermi: come è cambiato il territorio comunale in questi ultimi anni e come chiamare oggi queste periferie soprattutto nella parte nord della città sempre più caratterizzate dalla presenza di ragazzi di origine straniera? Soprat- tutto, quali pratiche di cittadinanza le caratterizzano?
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La presenza di prime, seconde e terze generazioni, nonché l'incremento delle fa-miglie della migrazione nel nostro contesto richiedono, ormai in modo innegabile anche per il profano, di delineare politiche migratorie precise. La... more
La presenza di prime, seconde e terze generazioni, nonché l'incremento delle fa-miglie della migrazione nel nostro contesto richiedono, ormai in modo innegabile anche per il profano, di delineare politiche migratorie precise. La consistenza e la complessità dei flussi migratori verso il nostro paese, il loro grado di stabilizzazione, comportano scelte, da parte dei decisori pubblici, coerenti con le caratteristiche e le specificità dei flussi, capaci di coniugare esigenze e mo-delli culturali assai articolati. Al fine di delineare percorsi di cittadinanza coerenti alle specificità dei diversi flus-si e quindi dei diversi soggetti e famiglie che si orientano verso il nostro paese, an-che in forma stabile, sono sempre più necessarie conoscenze, competenze, modelli e metodi d'intervento capaci di cogliere le dinamicità ma anche gli elementi di continuità dei flussi migratori, di andare oltre le superficiali descrizioni della realtà migratoria fatta dai mass media, o da " studiosi dell'emergenza ". La collana " Politiche migratorie " oltre a costituire un utile strumento conoscitivo intende diventare un ambito scientifico in cui fare confluire esperienze, modelli di buone pratiche, affinché il decisore pubblico e lo studioso di politiche sociali, l'operatore dei servizi alla persona, possano disporre di strumenti scientifici valida-ti nella prassi, utili per delineare politiche coerenti con una società dinamica e cul-turalmente variegata. La collana pensata per studiosi, decisori, operatori si prefigge di mettere a disposi-zione materiali di diversa natura (teorizzazioni, ricerche, studi di casi) affinché il dibattito scientifico e l'operatività possa disporre di materiali tali da contribuire a far fare un salto alle politiche migratorie, passando così da una dimensione ancora troppo eclettica a una dimensione in cui l'innovazione e la scientificità siano punti essenziali.
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Al centro di questo scritto vi sono alcune riflessioni frutto di ricerche che ho condotto nel territorio bolognese: dal settembre 2004 fino a dicembre 2005 ho studiato gli immaginari, le rappresentazioni di un gruppo di senza- casa... more
Al centro di questo scritto vi sono alcune riflessioni frutto di ricerche che ho condotto nel territorio bolognese: dal settembre 2004 fino a dicembre 2005 ho studiato gli immaginari, le rappresentazioni di un gruppo di senza- casa ospiti di un dormitorio comunale conosciuto con il nome di “Carracci” e ubicato, fino a gennaio 2006, in via de’ Carracci, nel confine sud del quartiere Navile, a ridosso della Stazione Centrale, nella prima periferia nord del capoluogo emiliano (Scandurra, 2005). Tra febbraio 2006 e febbraio 2007, insieme a un gruppo di ricercatori, insegnanti, educatori, giornalisti abbiamo condotto un’inchiesta sociale sulla chiusura di una fabbrica metalmeccanica, la Casaralta, nel confine est del quartiere Navile (Piano b, 2008). Infine, da febbraio 2007 ho iniziato, con l’antropologa Fulvia Antonelli, una ricerca etnografica sulle pratiche di vita quotidiane di un gruppo di pugili di una palestra di boxe nel cuore del Navile, alla Bolognina, vicino Piazza dell’Unità (Antonelli, Scandurra, 2008). Cosa emerge da queste ricerche che possono rientrare in campi di interesse legati all’antropologia urbana e all’antropologia delle marginalità urbane?
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Roma da almeno un decennio è al centro di un ampio dibattito e di un’intensa produzione di rappresentazioni e progetti che si sono contesi la possibilità di rimetterne in scena identità e prospettive. La capitale, se da una parte è stata... more
Roma da almeno un decennio è al centro di un ampio dibattito e di un’intensa produzione di rappresentazioni e progetti che si sono contesi la possibilità di rimetterne in scena identità e prospettive.

La capitale, se da una parte è stata proposta come presunto modello su scala nazionale per le nuove élites della conoscenza, dall’altra, localisticamente, è divenuta lo scenario di una simbolica riconquista del centro da parte di una periferia reinterpretata come slogan populista. Le dinamiche del mercato immobiliare e la gentrificazione, il disagio abitativo, le pratiche d’insediamento dei migranti e l’emergere di nuove chiusure identitarie, sono tutti fenomeni governati entro un conflitto di retoriche e immaginari che hanno fatto uso del rapporto centro-periferia.

Paesaggi dell’esclusione costituisce l’esito di un percorso di confronto interdisciplinare sulle trasformazioni della capitale che ha coinvolto antropologi, urbanisti, storici ed economisti, insieme a giovani etnografi, impegnati, ciascuno con i propri linguaggi, nell’analisi delle trasformazioni dei territori metropolitani, a partire dall’interazione di attori e interessi con le istituzioni e gli altri poteri consolidati della città. L’obiettivo è quello di costruire un’occasione di dialogo e di confronto per interrogare le dinamiche dello spazio urbano e tentare così di raccogliere la sfida interpretativa della Roma contemporanea.
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La rivista "Gomorra" esce per la prima volta in libreria dieci anni fa. Ha due obiettivi: rompere l'autonomia delle discipline di fronte all'insorgere della questione metropolitana che rappresentava una radicale discontinuità rispetto... more
La rivista "Gomorra" esce per la prima volta in libreria dieci anni fa. Ha due obiettivi: rompere l'autonomia delle discipline di fronte all'insorgere della questione metropolitana che rappresentava una radicale discontinuità rispetto alla città del Moderno; ricollocare il territorio al centro della riflessione e dell'analisi teorica. La fonda un gruppo romano di architetti, urbanisti, sociologi, antropologi e critici d'arte: la vicinanza di lavoro e di vita, la possibilità non solo di incontrarsi con una certa continuità ma anche di scontrarsi in discussioni interminabili ed estenuanti sono fattori determinanti per cementare quella parzialità del punto di vista, quella consapevolezza dell'essere "parte", quella rivendicazione di autonomia e di libertà teorica che hanno caratterizzato i dieci anni di vita della rivista.
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La collana ospita manuali e monografie dedicati alla tutela e alla protezione dei diritti evolutivi, sociali, giuridici dei minori, redatti con un esplicito intento interdisciplinare e con la condivisa e comune attenzione a promuovere la... more
La collana ospita manuali e monografie dedicati alla tutela e alla protezione dei diritti evolutivi, sociali, giuridici dei minori, redatti con un esplicito intento interdisciplinare e con la condivisa e comune attenzione a promuovere la conoscenza e il rispetto per ogni soggettività in ogni contesto sociale: famiglia, scuola, tribunale, contesti residenziali alternativi alla famiglia. Le finalità perseguite sono preminentemente rivolte a: promuovere e diffondere una cultura relazionale centrata sull'accoglienza e il rispetto delle molteplici espressioni della soggettività umana; sensibilizzare i professionisti che si occupano o che si occuperanno di minori verso una capacità di ascolto, di accoglienza e di condivisione delle problematiche strettamente collegate alla specificità della fase evolutiva del minore, con particolare attenzione alle situazioni di disfunzione familiare (conflitto, maltrattamento, fisico e psicologico) e/o di compromissione nella socializzazione con i pari (vittimizzazione, stigmatizzazione, pregiudizi etnici e di genere); fornire al lettore, relativamente alla sua specifica professionalità (operatori sociali, educatori, inse-gnanti, psicologi, giuristi, volontari, studenti di scienze umane), strumenti di valutazione dei contesti evolutivi e delle relazioni significative che li caratterizzano in modo da accrescere competenze psicologiche, sociali e giuridiche integrate che possano facilitare la progettazione e la realizzazione di interventi riparativi, sia di matrice giuridica che terapeutica ed educativa; integrare conoscenze teoriche ed esperienze pratiche che possano consentire una migliore e più diffusa comprensione dei fattori e dei processi di grave rischio e compromissione del benessere e dello sviluppo personale in età evolutiva, al fine di contrastarli promuovendo il benessere e la salute degli individui attraverso un mirato incremento delle caratteristiche protettive degli ambienti di vita. I volumi della collana sono sottoposti a referaggio doppio cieco.
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Bologna è sempre stata ricca di diverse cittadinanze: Bologna città universitaria, città mercato dei comuni che la circondano, città delle ere e del divertimento, Bologna città di immigrazione. Così è sempre stata percepita... more
Bologna è sempre stata ricca di diverse cittadinanze: Bologna città universitaria, città mercato dei comuni che la circondano, città delle  ere e del divertimento, Bologna città di immigrazione. Così è sempre stata percepita dall’esterno, così spesso si è autorappresentata. Dagli anni Ottanta, però, ognuno di questi attributi sembra più definire singoli gruppi che non un insieme amalgamato sulla base della condivisione di una residenza comune. È negli ultimi tempi che le diverse cittadinanze hanno accentuato il loro carattere di mondi separati. Le diverse tessere di questo mosaico cominciano dunque a scollarsi, private di una politica coerente che le faccia stare assieme. Con il passar degli anni, molti quartieri sono diventati sede di gruppi e di culture diverse: di immigrati ma anche di studenti pendolari o fuori sede, a cui si affrancano presenze rapide e saltuarie ma incisive per i loro rapporti con la produzione mercantile e commerciale della città, e tuttavia ogni realtà resta isolata dalle altre.
Da anni, gli incontri reciproci tra le diverse anime della “città della cultura” non solo non vengono più stimolati, piuttosto impediti, e la valorizzazione puramente economica degli spazi rende impossibile la socialità casuale, non programmata
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La presenza di prime, seconde e terze generazioni, nonché l'incremento delle fa-miglie della migrazione nel nostro contesto richiedono, ormai in modo innegabile anche per il profano, di delineare politiche migratorie precise. La... more
La presenza di prime, seconde e terze generazioni, nonché l'incremento delle fa-miglie della migrazione nel nostro contesto richiedono, ormai in modo innegabile anche per il profano, di delineare politiche migratorie precise. La consistenza e la complessità dei flussi migratori verso il nostro paese, il loro grado di stabilizzazione, comportano scelte, da parte dei decisori pubblici, coerenti con le caratteristiche e le specificità dei flussi, capaci di coniugare esigenze e mo-delli culturali assai articolati. Al fine di delineare percorsi di cittadinanza coerenti alle specificità dei diversi flus-si e quindi dei diversi soggetti e famiglie che si orientano verso il nostro paese, an-che in forma stabile, sono sempre più necessarie conoscenze, competenze, modelli e metodi d'intervento capaci di cogliere le dinamicità ma anche gli elementi di continuità dei flussi migratori, di andare oltre le superficiali descrizioni della realtà migratoria fatta dai mass media, o da " studiosi dell'emergenza ". La collana " Politiche migratorie " oltre a costituire un utile strumento conoscitivo intende diventare un ambito scientifico in cui fare confluire esperienze, modelli di buone pratiche, affinché il decisore pubblico e lo studioso di politiche sociali, l'operatore dei servizi alla persona, possano disporre di strumenti scientifici valida-ti nella prassi, utili per delineare politiche coerenti con una società dinamica e cul-turalmente variegata. La collana pensata per studiosi, decisori, operatori si prefigge di mettere a disposi-zione materiali di diversa natura (teorizzazioni, ricerche, studi di casi) affinché il dibattito scientifico e l'operatività possa disporre di materiali tali da contribuire a far fare un salto alle politiche migratorie, passando così da una dimensione ancora troppo eclettica a una dimensione in cui l'innovazione e la scientificità siano punti essenziali.
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A partire da ricerche empiriche, e condotte attraverso la pratica etnografica, oggetto di questa relazione sono le pratiche, le rappresentazioni e gli immaginari di un gruppo di adolescenti, ragazzi e ragazze, figli di genitori stranieri,... more
A partire da ricerche empiriche, e condotte attraverso la pratica etnografica, oggetto di questa relazione sono le pratiche, le rappresentazioni e gli immaginari di un gruppo di adolescenti, ragazzi e ragazze, figli di genitori stranieri, nati nel nostro Paese, o venuti in Italia in età pre-scolare, ma tutti senza cittadinanza. Nel 2008 alcuni di questi ragazzi furono oggetto di una ricerca che ho realizzato a Bologna in una palestra di pugilato frequentata da adolescenti figli di marocchini e tutti residenti nel capoluogo emiliano. A partire dalle loro parole, dai loro punti di vista, cercherò, in questa relazione, di raccontare, ponendo l'attenzione sul nostro territorio regionale, cosa significa oggi per loro la parola "cittadinanza", quali i problemi che vivono quotidianamente, all'interno di un contesto legislativo, lavorativo, famigliare che si è profondamente modificato negli ultimi anni.
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