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staIM 1 PaesaggI e InseDIaMentI rUralI In ItalIa MerIDIonale Fra tarDoantICo e altoMeDIoevo atti del Primo seminario sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia Meridionale (Foggia 12-14 febbraio 2004) a cura di giuliano volpe e Maria turchiano Bari 2005 Sommario Introduzione. Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale di Giuliano Volpe I paesaggi rurali del Meridione tardoantico: bilancio consuntivo e preventivo di Domenico Vera Paesaggi ed insediamenti rurali dell’abruzzo adriatico fra tardoantico ed altomedioevo di Andrea R. Staffa le analisi al radiocarbonio e la fine della villa di s. giovanni di ruoti di Alastair M. Small Il paesaggio rurale dell’alto Bradano fra Iv e v secolo d.C. di Helena Fracchia a sealed late 2nd c. a.D. pottery deposit from inland Basilicata by Helena Fracchia and John W. Hayes Ager Venusinus. ville e villaggi: il paesaggio rurale in età tardoantica di Maria Luisa Marchi la valle del Basentello e l’insediamento rurale di vagnari in età tardoantica di Pasquale Favia, Roberta Giuliani, Alastair M. Small e Carola Small Il ‘Progetto valle dell’ofanto’: primi dati sulla tarda antichità e l’altomedioevo di Roberto Goffredo e Giuliano Volpe Paesaggi e insediamenti rurali nel comprensorio del Celone fra tardoantico e altomedioevo di Angelo Valentino Romano e Giuliano Volpe con una appendice di Mariagrazia De Fino Faragola (ascoli satriano). Una residenza aristocratica tardoantica e un ‘villaggio’ altomedievale nella valle del Carapelle: primi dati di Giuliano Volpe, Giuliano De Felice e Maria Turchiano Paesaggi e insediamenti rurali dell’Apulia tardoantica e altomedievale di Giuliano Volpe Paleobiologia di un campione scheletrico tardoantico proveniente dal complesso paleocristiano di san giusto (lucera, v-vII secolo d.C.) di Sandro Sublimi Saponetti, Patrizia Emanuel e Vito Scattarella Indagine archeomagnetica sulle fornaci rinvenute negli scavi di vagnari e Faragola di Evdokia Tema e Roberto Lanza Inquilini e un modello di organizzazione del lavoro in una proprietà imperiale della Puglia romana di Pasquale Rosafio toponimi e insediamenti di epoca longobarda in Capitanata di Vittorio Russi Paesaggi e insediamenti rurali in Puglia nell’altomedioevo: il caso di seppannibale presso Fasano (Br) di Gioia Bertelli, Giorgia Lepore e Loredana Francesca Tedeschi architetture rurali altomedievali nel territorio della Puglia centrale: persistenze e nuove proposte di indagini di Pina Belli D’Elia la chiesa di s. Felice nel casale di Balsignano: indagini stratigrafiche sugli elevati di Maurizio Triggiani 11 23 39 127 133 145 173 193 223 241 265 299 315 329 337 349 361 377 387 5 Sommario la ricerca archeologica nell’ager Brundisinus: lo scavo della villa di giancola di Assunta Cocchiaro, Paola Palazzo, Caterina Annese, Giacomo Disantarosa e Danilo Leone Paesaggi tardoantichi di Brindisi di Maria Aprosio Insediamenti tardoantichi nel territorio di taranto: le problematiche attuali e lo stato della ricerca di Silvia De Vitis Paesaggi ed economia nel Samnium tardoantico ed altomedievale di Italo M. Iasiello Forme dell’evergetismo tardoantico: un patrono di eclano (CIL IX, 1128 = ILS 5506) di Fabio Caruso Una chiesa rurale e alcuni insediamenti a carattere religioso di epoca tardoantica e altomedievale nel territorio del Matese Casertano di Floriana Miele Il sito di via lepanto a Pompei: brevi note sul tardoantico in area vesuviana di Ernesto De Carolis e Gianluca Soricelli con una appendice di Celestino Grifa, Alessio Langella e Vincenzo Morra la Campania del Iv secolo: un esempio di ‘sistema agrario tardoantico’ di Eliodoro Savino Indicatori archeologici della produzione e diffusione del vino della Baia di napoli in età altomedievale di Gianfranco De Rossi Il castello, la curtis e il santuario: trasformazioni del paesaggio e dinamiche del potere tra tarda antichità e altomedioevo nel territorio di olevano sul tusciano di Alessandro Di Muro Il rapporto tra città e campagna in Calabria tra v e vII secolo: le nuove indagini archeologiche a Scolacium e nel suo territorio di Chiara Raimondo Paesaggi della Calabria tardoantica e medievale: fonti scritte e documentazione archeologica di Giuseppe Roma le villae-praetoria: i casi di san giovanni di ruoti e di Quote san Francesco di Carla Sfameni segesta. I villaggi di età imperiale di Franco Cambi l’insediamento rurale nella valle del Platani tra tardoantico e altomedioevo di Maria Serena Rizzo Dinamiche insediative tra tardoantico e altomedioevo in sicilia. Il caso di Milocca di Lucia Arcifa e Francesco Tomasello villaggi rurali e fattorie fortificate degli Iblei. Un modello siciliano tardoantico di Giovanni Di Stefano Il cursus publicus nella Sardinia tardoantica: l’esempio di Muru de Bangius di Pier Giorgio Spanu e Raimondo Zucca Proprietà imperiali e diocesi rurali paleocristiane dell’Italia tardoantica di Mariagrazia De Fino tra oriente e occidente: la gestione del patrimonium Petri in Italia meridionale di Roberta Mazza Considerazioni conclusive di Francesco Grelle 6 405 443 455 463 477 487 513 533 541 551 567 585 609 623 641 649 667 675 691 703 715 SSEMINARI EMINARI SSUL UL T A RDOANTICO E LL’AL ’’ALTOMEDIOEV ALT OMEDIOEVO TARDOANTICO ARDOANTICO TOMEDIOEVO IIN N IIT TA LIA M ERIDIONALE ITALIA ALIA MERIDIONALE Facoltà di Lettere e Filosofia DIPARTIMENTO DI SCIENZE UMANE in collaborazione con École Française de Rome Laboratorio di Archeologia con il patrocinio e il contributo di Provincia di Foggia e Comune di Foggia con il patrocinio di Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia Agenzia per il Patrimonio Culturale EuroMediterraneo Comuni di Ascoli Satriano e Canosa di Puglia Programma del Seminario Giovedì 12 febbraio 15,00 Saluti Antonio Muscio Rettore dell’Università di Foggia Michel Gras Direttore dell’École Française de Rome Carmine Stallone Presidente della Provincia di Foggia Paolo Agostinacchio Sindaco di Foggia Giuseppe Andreassi Soprint. per i Beni Archeologici della Puglia Franca Pinto Minerva Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Foggia Isabella Loiodice Direttore del Dipartimento di Scienze Umane, Università di Foggia 16,00 Giuliano Volpe Università di Foggia Ghislaine Noyé École des Chartes-Paris Presentazione del Seminario Presiede Maria José Strazzulla Università di Foggia 16,15 Domenico Vera Università di Parma I paesaggi rurali tardoantichi: un bilancio storiografico Presiede Vincenza Morizio Università di Foggia Calabria 18,30 Ghislaine Noyé École des Chartes-Paris Le campagne della Calabria bizantina 18,50 Chiara Raimondo Università della Calabria, Roberto Spadea Soprint. per i Beni Archeologici della Calabria Il rapporto fra città e campagna in Calabria tra V e VII secolo: le nuove indagini archeologiche a Scolacium e nel suo territorio 19,10 Giuseppe Roma Università della Calabria Insediamenti rurali della Calabria settentrionale tra Tardoantico e Altomedioevo 19,30 Discussione Venerdì 13 febbraio Presiede Daniele Manacorda Università di Siena Puglia 17,20 Alastair Small University of Edinburgh Analisi al radiocarbonio e la fine della villa di San Giovanni di Ruoti 17,40 Helena Fracchia University of Alberta Il comprensorio alto bradanico nel IV-V sec. d.C. 18,00 Maria Luisa Marchi Università di Foggia Ville e villaggi: il paesaggio rurale del comprensorio venosino in età tardoantica 9,00 Elena Antonacci Museo Civico di Foggia Il territorio di Teanum Apulum e le trasformazioni del paesaggio in età tardoantica 9,20 Roberto Goffredo, A.Valentino Romano, Giuliano Volpe Università di Foggia Il progetto ‘Valle del Celone’, ‘Valle dell’Ofanto’ 9,40 Giuliano De Felice, Maria Turchiano, Giuliano Volpe Università di Foggia La villa tardoantica di Faragola - Ascoli Satriano 10,00 Giuliano Volpe Università Foggia Paesaggi e insediamenti rurali dell’Apulia tardoantica e altomedievale 10,20 Sandro Sublimi Saponetti, Patrizia Emanuel, Vito Scattarella Università di Bari Paleobiologia di un campione scheletrico tardoantico proveniente dal complesso paleocristiano di San Giusto - Lucera 10,40 Pasquale Favia, Roberta Giuliani Università di Foggia Alastair Small, Carola Small University of Edimburgh L’insediamento rurale di Vagnari e la valle del Basentello in età tardoantica 18,20 Pausa 11,00 Pausa Abruzzo-Molise 16,40 Andrea Staffa Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo Paesaggi e insediamenti rurali dell’Abruzzo adriatico tra Tardoantico e Altomedievo 17,00 Valeria Ceglia Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise, Andrea Staffa Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Abruzzo Le necropoli altomedievali di Campochiaro: una testimonianza sul riassetto del popolamento in Molise tra VI e VIII secolo Basilicata 7 Programma del Seminario Presiede Marina Silvestrini Università di Bari 11,20 Evdokia Tema, Roberto Lanza Università di Torino Indagine archeomagnetica sulle fornaci rinvenute negli insediamenti rurali di Vagnari e Ascoli Satriano 11,35 Vittorio Russi San Severo Toponimi e insediamenti di origine longobarda in Capitanata 11,50 Gioia Bertelli, Giorgia Lepore, Loredana Tedeschi Università di Bari Insediamenti rurali in età altomedievale in territorio di FasanoBrindisi: Seppannibale e Lamalunga 12,10 Pina Belli D’Elia Università di Bari Architetture rurali altomedievali nel territorio della Puglia centrale: persistenze e nuove proposte di indagine 12,30 Maurizio Triggiani Università di Bari Architetture rurali nel territorio a nord di Bari: persistenze altomedievali. Il caso di Balsignano 12,50 Assunta Cocchiaro Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, Paola Palazzo Università della Tuscia La ricerca archeologica nell’ager Brundisinus: lo scavo della villa di Giancola 13,10 Maria Aprosio Università di Siena Paesaggi tardoantichi di Brindisi 13,30-15,00 Pausa Presiede Giorgio Otranto Università di Bari 15,00 Paul Arthur Università di Lecce Salento - paesaggi tra Tardoantico e Altomedioevo 15,20 Silvia De Vitis Taranto Insediamenti tardoantichi nel territorio di Taranto: le problematiche attuali e lo stato della ricerca Campania 15,40 Italo Iasiello Istituto Universitario Orientale di Napoli Paesaggi ed economia nel Samnium tardoantico e altomedievale 16,00 Fabio Caruso Università di Bari Forme dell’evergetismo tardoantico: un patrono di Eclano 16,20 Gianfranco De Rossi Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana Indicatori archeologici della produzione e diffusione del vino della Baia di Napoli in età altomedievale 16,40 Floriana Miele Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli Una chiesa rurale tardoantica a Ciorlano nel quadro insediativo dell’epoca nel territorio del Matese Casertano 17,00 Ernesto De Carolis Soprintendenza per i Beni Archeologici di Pompei, Gianluca Soricelli Università di Napoli ‘Federico II’ Il sito di via Lepanto a Pompei: osservazioni sul Tardoantico in area vesuviana 8 17,20 Alessandro Di Muro Università della Calabria Dinamiche insediative nella Langobardia minor: il territorio di Olevano sul Tusciano nell’alto medioevo alla luce delle recenti indagini archeologiche 17,40 Eliodoro Savino Università di Napoli ‘Federico II’ La Campania del IV secolo: un esempio di ‘sistema rurale tardoantico’ 18,00 Pausa Presiede Gian Pietro Brogiolo Università di Padova Proprietà e organizzazione del lavoro 18,10 Mariagrazia De Fino Università di Bari Proprietà imperiali e diocesi rurali 18,30 Roberta Mazza Università di Bologna Tra Oriente e Occidente: la gestione del patrimonium Petri in Italia meridionale 18,50 Carla Sfameni Università di Messina Le villae-praetoria: i casi di San Giovanni di Ruoti e di Quote San Francesco 19,10 Pasquale Rosafio Università di Lecce Inquilini e coloni nelle campagne pugliesi tra Principato e Tarda Antichità 19,30 Discussione Sabato 14 febbraio Presiede Rosa Maria Carra Università di Palermo Confronti con la Sicilia e la Sardegna 9,00 Franco Cambi Università di Siena Sicilia tardoantica. L’orizzonte del villaggio fra Segesta e Lilibeo 9,20 Oscar Belvedere, Maria Serena Rizzo Università di Palermo Il popolamento tra tardo antico e alto medioevo nella Sicilia centromeridionale 9,40 Francesco Tomasello, Lucia Arcifa Università di Catania Dinamiche insediative tra Tardoantico e Altomedioevo in Sicilia: il caso di Milocca 10,00 Giovanni Di Stefano Soprintendenza per i Beni Culturali di Ragusa Villaggi rurali e fattorie fortificate negli Iblei. Un modello siciliano tardoantico 10,20 Pier Giorgio Spanu, Raimondo Zucca Università di Sassari Il cursus publicus nella Sardinia tardoantica: l’esempio del praetorium di Muru de Bangius Marrubiu-Oristano 10,40 Pausa 11,00 Tavola Rotonda coordinatore Francesco Grelle Università di Lecce Introduzione Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale di Giuliano Volpe* Introduction Documents for the History and Archaeology of Late Antique and Early Medieval Southern Italy In the last decade, thanks to the numerous archaeological surveys and systematic field researches carried out in some areas of Southern Italy, more interesting data are available on Late Antiquity and Early Middle Ages. The concepts of ‘crisis’ and ‘decadence’ are nowadays considered obsolete theories thanks to the most recent historical approaches: the latest studies are concentrated on the peculiar characteristics of Late Antiquity and Early Middle Ages. The urgent need of these researches is to determine the ‘Southern Italy specificity’ within the Italian and Mediterranean context. The meetings on Late Antique and Early Medieval Southern Italy represent an opportunity to develop a comparison among the deep transformation experiences recorded between the IV and the X century in several areas of Southern Italy. The topic chosen for the first meeting is ‘Landscapes and rural settlements in Southern Italy between Late Antiquity and Early Middle Ages’ with particular attention to the rural settlement (i.e. farms, villas, vici) features and their organisation, the christianisation phenomenon, the relationship between town and territory, the organization of agronomic, craft and breeding production, the property structure and the working model, the building projects and, finally, the social and economic systems. Keywords: Southern Italy, Late Antiquity and Early Middle Ages, landscapes and rural settlements. * Dipartimento di scienze Umane, Università di Foggia; g.volpe@unifg.it. 1 volpe 1996 e 1999. 2 si vedano in particolare Ordona X e Ordona XI. 3 volpe 1994. 4 San Giusto; volpe 2001 e 2003; queste ricerche sono state molto favorite e sostenute da Marina Mazzei. 5 gli scavi sono condotti dalle Università di Foggia e di Bari, in stretta collaborazione con la soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia, grazie all’impegno e alla disponibilità di Marisa Corrente: volpe et alii 2002 e 2003. 6 volpe, De Felice, turchiano 2004 e 2005; si veda il contributo su Faragola in questi stessi atti. 7 si veda il contributo su vagnari di P. Favia, r. giuliani, a. e C. small in questi stessi atti. 8 volpe, romano, goffredo 2005a e 2005b; si vedano i relativi contributi in questi stessi atti. 9 si rinvia a Cracco ruggini 1993; Carandini 1993; schia- 1. Questo seminario, ideato con ghislaine noyé, costituisce una tappa di un percorso di collaborazione tra l’Università di Foggia e l’École française de rome ed è parte integrante, come si vedrà fra poco, di un ‘Progetto di rilevante interesse nazionale’ (PrIn). le sue radici affondano nelle attività di ricerca e nel dibattito sviluppatosi tra gli studiosi dell’età tardoantica e altomedievale almeno negli ultimi dieci-quindici anni. Per quel che riguarda più specificamente il percorso di studio di chi scrive, esso rappresenta uno degli esiti di oltre un decennio di attività svolta prima nel Dipartimento di studi classici e cristiani dell’Università di Bari e poi, dal 2000, nella neonata Università di Foggia. le ricerche, specificamente mirate all’approfondimento di tematiche del tardoantico in Apulia 1, hanno avuto avvio nel 1993 con gli scavi di Herdonia (1993-2000) 2, in collaborazione con il prof. Joseph Mertens, cui va anche in questa occasione la mia profonda riconoscenza, e dell’insediamento rurale di san giorgio nel brindisino (condotto nel 1993, in collaborazione con Daniele Manacorda, dalle Università di siena e di Bari) 3, e sono poi proseguite con gli scavi di san giusto (1995-1999) 4, del complesso paleocristiano di san Pietro a Canosa (dal 2001) 5, della villa tardoantica di Faragola ad ascoli satriano (dal 2003) 6, del villaggio industriale rurale di vagnari a gravina con la direzione di alastair small (1996-2004) 7 e infine con i progetti di archeologia dei paesaggi ‘valle del Celone’ (dal 1998) e ‘valle dell’ofanto’ (dal 2003) 8. 2. Il notevole incremento qualitativo e quantitativo delle ricerche e l’articolata complessità del dibattito sul tardoantico 9 hanno certamente rappresentato anche per l’Italia meridionale, come per altre realtà mediterranee, la più rilevante novità negli studi nei settori antichistico e medievistico degli ultimi decenni. In tale contesto, non c’è dubbio che un rinnovamento significativo del dibattito sul tardoan11 Giuliano Volpe vone 1996 e 1998; giardina 1999a; Marcone 2001; si veda infra il saggio introduttivo di D. vera. 10 toynbee 1965. 11 si vedano i contributi di g. Bandelli, e. gabba, F. grelle in Hannibal’ Legacy trenta anni dopo, in Modalità insediative, 15-32. 12 lo Cascio 2001, 5. 13 ruggini 1961. 14 De robertis 1951. 15 sempre sulla Puglia si segnalano gli studi, anche se orientati quasi esclusivamente agli aspetti di storia, agiografia e archeologia cristiana, nella sezione Apuliae Res della rivista Vetera Christianorum, poi raccolti nella serie Puglia paleocristiana e altomedievale IVI, Bari 1970-1991. 16 Carandini 1993. 17 schiavone 1996, 27; Id. 1998, 47. 18 Cfr. ad es. vera 1983, 1988, 1994, 1995, 1999, 2001. 19 vera, Markus, volpe 1995, 259. 20 si vedano ad esempio le sintesi regionali di P. Peduto, C. D’angela, g. volpe, r. spadea, F. Cuteri, rispettivamente su Campania, Puglia e Calabria in La storia dell’Alto Medioevo italiano, 279-359. Un ritardo degli studi sulle città altomedievali dell’Italia meridionale emerge anche dal quadro offerto da Brogiolo, gelichi 1998. sulle campagne cfr. ora volpe 2005. 21 La Calabre. 12 tico nel Mezzogiorno sia derivato, in primo luogo, da compiute indagini a scala regionale, che hanno consentito di sgombrare il campo da atavici rigidi schemi interpretativi preconcetti di ‘sviluppo/arretratezza’, troppo a lungo adottati come ‘filtro’ per la lettura dei fenomeni di continuità e discontinuità, crescita e destrutturazione dei vari ambiti regionali. Infatti, qualsiasi discorso sull’età tardoantica e altomedievale nelle regioni meridionali non può tuttora prescindere dal confronto con una tradizione letteraria e storiografica quanto mai stratificata, associata alla ‘questione meridionale’, al problema della ricerca delle radici ‘dell'arretratezza’ del Mezzogiorno, del 'ritardo' del sud, che una lunga stagione di studi faceva risalire già alla fase post-annibalica, di cui il grande storico a. toynbee 10 sottolineava un ruolo fondamentale nel determinare i caratteri successivi 11. nella visione di toynbee, come ha giustamente sottolineato e. lo Cascio, «radicalmente discontinuista e radicalmente continuista ad un tempo» 12, alla catastrofica frattura introdotta da questo evento traumatico nelle regioni dell’Italia meridionale, avrebbe fatto seguito una sostanziale continuità nel segno di un sottosviluppo secolare, sino addirittura al secondo dopoguerra. Diversamente dall’Italia settentrionale, per la quale già agli inizi degli anni sessanta si disponeva dell’ampia e articolata sintesi, condotta con metodo innovativo, di l. Cracco ruggini 13, per le regioni meridionali, se si escludono i pionieristici contributi di F.M. de robertis sulla Puglia 14, bisogna attendere tempi assai recenti per assistere ad uno sviluppo delle ricerche sull’età tardoantica e altomedievale 15. Un merito particolare, in questo processo di rinnovamento degli studi, è da attribuire alle ricerche archeologiche degli ultimi decenni e alle indagini storiche centrate su specifici territori nel ridimensionamento del valore epocale di certe trasformazioni strutturali, che hanno suggerito una valutazione meno catastroficamente e strumentalmente negativa dei successivi sviluppi. non si tratta ovviamente di proporre ireniche continuità o di negare ideologicamente «l’aspetto dirompente e catastrofico» 16 del passaggio dall’antichità all’altomedioevo, ma piuttosto di evitare «schemi semplicistici o teleologici nel pieno riconoscimento della sua autonomia» 17. soprattutto è stata messa in discussione, come ha sottolineato in più sedi D. vera 18, la tendenza all’equiparazione tra esiti e processi secolari, abbandonando «l’antico atteggiamento del medico al capezzale di un malato terminale» 19 e in particolare evitando la lettura di fenomeni di crisi, trasformazioni, abbandoni, sviluppi, successi e insuccessi in tutti i territori meridionali dell’Italia tardoantica e nei singoli comparti territoriali delle varie regioni, come se si trattasse di un qualcosa di unitario e di indistinto. lo sviluppo recente delle conoscenze dell'Italia meridionale in età tardoantica e (in misura minore) anche in età altomedievale 20 ha indubbiamente risentito, in alcuni casi, della feconda convergenza interdisciplinare tra le varie scienze storiche con l’uso integrato di fonti archeologiche, giuridiche, letterarie, epigrafiche. ne è un mirabile esempio la collana Munera diretta dall’amico Domenico vera, che ha anche accolto alcune sintesi regionali. Un riferimento obbligato per questa nuova serie di seminari è costituito dalla tavola rotonda tenuta a roma nel 1989 (i cui atti sono apparsi nel 1991) 21, organizzata dalla soprintendenza archeologica della Calabria e dall’École française de rome, in cui al caso specifico della Calabria fra tardoantico e altomedioevo si Introduzione. Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale affiancavano vari contributi sulle altre regioni meridionali, di fatto anticipando il senso e lo spirito di questa iniziativa. nel 1998 si sono tenuti due importanti convegni internazionali che costituiscono il segnale tangibile della metamorfosi avvenuta negli studi degli ultimi decenni, anche in Italia meridionale: mi riferisco al 38° Convegno di studi sulla storia e l'archeologia della Magna grecia di taranto dedicato a L'Italia meridionale in età tardoantica 22 e al convegno di napoli su Modalità insediative e strutture agrarie nell'Italia meridionale in età romana 23. In particolare il convegno tarantino, che ha avuto il merito di inserire i temi della tarda antichità e dell’altomedioevo nella prestigiosa e ormai quarantennale tradizione dei convegni magnogreci, ha assunto quasi un valore simbolico, in un territorio, l'Italia meridionale, nel quale a lungo ha prevalso nell’attività di ricerca ed anche in quella di tutela un'attenzione quasi esclusiva agli insediamenti italioti e indigeni, e in generale all'età greca e, al massimo, alla prima età romana. 22 L’Italia meridionale. Modalità insediative. 24 giardina 1999a. 23 3. Il processo che porta ai seminari foggiani ha poi conosciuto una nuova tappa nel novembre 1999, ancora una volta nella sede dell’École a roma, in occasione di un seminario dedicato al tema delle Importazioni in Calabria e Puglia tra Tarda Antichità e Alto Medioevo. Ha poi fatto seguito una tavola rotonda organizzata quasi esattamente tre anni fa a Bari, il 15 febbraio 2001, in occasione della pubblicazione degli atti del Convegno di taranto, con la partecipazione di r.M. Carra, a. giardina, F. grelle, g. otranto, D. vera. Come si vede quindi c’è stato un gran fermento di iniziative e di progetti, quasi una spia di quella ‘esplosione di tardoantico’ (e aggiungerei, di ‘altomedioevo’) anche in Italia meridionale, per citare, ormai è quasi d’obbligo, il famoso, provocatorio e salutare articolo di a. giardina 24. È per noi motivo di grande soddisfazione che quasi tutti i protagonisti di questa fervida stagione di ricerche e di convegni siano presenti a questo nostro appuntamento foggiano, che vuole essere soprattutto la prima tappa di un nuovo percorso. nel 2000 è nata, infatti, la Facoltà di lettere della neonata Università di Foggia, nella quale fin da subito si è voluto attribuire uno spazio di ricerca specifico alle tematiche del tardoantico e dell’altomedioevo. lo dimostra, tra l’altro il PrIn 2002 – Progetto di ricerca scientifica di rilevante Interesse nazionale, Paesaggi urbani e rurali in Puglia e Basilicata dall’età del Principato alla Tarda Antichità: ambienti e insediamenti, strutture produttive e dinamiche commerciali, forme istituzionali e sociali (di cui questo seminario costituisce uno degli esiti), che vede l’Università di Foggia come coordinatore nazionale, e l’impegno di sette unità di ricerca locali composte da storici, archeologi, archeometristi e guidate da: Marcello Ciminale (Università di Bari), liliana giardino (Università di lecce), Francesco grelle (Università di lecce), Maurizio gualtieri (Università di Perugia), Marina silvestrini (Università di Bari), Domenico vera (Università di Parma) e giuliano volpe (Università di Foggia). In ideale continuità con questa ricerca si collega ora il PrIn 2004, che vede nuovamente il coordinamento nazionale dell’Università di Foggia e che si concentra su tematiche specifiche del tardoantico, che proprio nel seminario sono state ampiamente trattate: Transumanza, grande allevamento, agricoltura e strutture territoriali nell'Italia meridionale tardoantica: analisi integrate di storia, archeologia, archeometria e geofisica, 13 Giuliano Volpe 25 small, Freed 1986. si veda il contributo di a. small in questo stesso volume, con altra bibliografia. 14 con cinque unità di ricerca locali, dirette da Marcello Ciminale (Università di Bari), Francesco grelle (Università di lecce), Marina silvestrini (Università di Bari), Domenico vera (Università di Parma) e giuliano volpe (Università di Foggia). sulla scia delle esperienze che ho voluto riassumere si è deciso di individuare una sede di dibattito e di periodici incontri sul tardoantico e l’altomedioevo in Italia meridionale, sul modello dei seminari sul ‘tardoantico e l’altomedioevo in Italia settentrionale’ giunti al decimo appuntamento e incentrati su tematiche fondamentali come le campagne, la fine delle ville, le fortificazioni, i territori di frontiera, l’edilizia, le ceramiche, le sepolture, gli edifici di culto rurali, sempre prontamente pubblicati prima in Archeologia Medievale, poi nella collana Biblioteca di Archeologia Medievale e infine nella collana Documenti di Archeologia diretta da gian Pietro Brogiolo e sauro gelichi, entrambi presenti a Foggia anche per testimoniare l’ideale legame tra queste nostre iniziative di ricerca. anche nella tempestività dell’edizione degli atti, nella nuova collana di archeologia dell’Università di Foggia, Insulae Diomedeae, vorremmo tentare di ispirarci all’esperienza dei seminari sull’Italia settentrionale. Questa nostra serie di seminari si propone di avviare un confronto sulle profonde trasformazioni che si verificarono nella fase compresa tra l’età tardoantica e l’altomedioevo (Iv-X secolo) nei vari comparti dell’Italia meridionale. Come argomento del I incontro si è scelto quello relativo a ‘Paesaggi e insediamenti rurali in Italia meridionale tra tardoantico e altomedioevo’ con particolare riferimento ai caratteri delle strutture insediative rurali (fattorie, ville, vici), alle forme e alla modalità di occupazione, al fenomeno della cristianizzazione, al rapporto tra città e territorio, all’organizzazione della produzione agraria e artigianale, agli assetti della proprietà e alle forme del lavoro, alle tipologie edilizie e alle tecniche costruttive e, in generale, al complesso sistema economico e sociale. alcune delle principali novità degli ultimi anni sono derivate, infatti, dagli studi sui paesaggi agrari e, in particolare, dalle indagini sistematiche in alcuni specifici contesti territoriali. le indagini sul campo hanno evidenziato alcuni fenomeni, come la formazione tra III-Iv e v secolo di un ‘sistema agrario tardoantico’, che tra vI e vII secolo andò definitivamente in crisi, parallelamente all’emergere di nuove forme di insediamento e di organizzazione economica. In numerosi territori meridionali si è registrato un diffuso abbandono dei siti in questa fase e non c’è dubbio che gli elementi di discontinuità appaiano prevalenti rispetto a quelli di continuità, sebbene l’ancora scarsa conoscenza di alcuni importanti indicatori, quali le ceramiche altomedievali, impongano cautela nel proporre generiche e pericolose schematizzazioni. Incomparabilmente più ricca rispetto ad alcuni anni fa, sotto il profilo tanto quantitativo che qualitativo, è oggi la documentazione su cui tentare di costruire quadri storici più affidabili. ad esempio, per quel che riguarda gli scavi, dopo il caso quasi isolato di s. giovanni di ruoti (che emblematicamente è l'unico scavo dell’Italia meridionale presente in Società romana e Impero tardoantico del 1986) 25, una serie di grandi scavi recenti, urbani e rurali, mette a disposizione stratigrafie affidabili ed una significativa documentazione materiale: ricordo ad esempio, tra gli altri, Carminiello ai Mannesi, otranto, vaste, Centoporte, lecce, Metaponto, Grumentum, venosa, egnazia, le ville di Masseria Ciccotti e san Introduzione. Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale 26 si vedano ad esempio le considerazioni in Cantino Wataghin 1992, Fiocchi nicolai 1994; Cantino Wataghin et alii 1996; Pergola 1997 e 2003; augenti 2003, 513. 27 Parrocchia rurale, in part. 634-638 (interventi di Ph. Pergola, J. guyon, g. volpe). 28 giardina 1999b. 29 sulle ‘due Italie’ cfr. già giardina 1986. gilio, san giacomo degli schiavoni, s. vincenzo al volturno, sibari, e mi permetto di inserire nella lista anche san giusto, Herdonia, Canosa, vagnari e la villa di Faragola. alcuni progetti di ricognizione sistematica stanno poi accrescendo notevolmente le conoscenze dei paesaggi rurali tardoantichi: ad esempio le ricerche nel territorio del Monte Massico e del bacino del garigliano, nel territorio di Buxentum, Brundisium, Venusia ed oria, in alcune valli fluviali come quelle del Biferno, del Bradano, del Basentello, del Celone e dell’ofanto. Un progresso non meno rilevante ha riguardato lo stesso statuto teorico delle nostre discipline, con il superamento di antichi steccati, particolarmente forti proprio tra gli studiosi del tardoantico e dell’altomedioevo, spesso legati più a logiche accademiche che a principi epistemologici, che hanno provocato dannose separazioni di ambiti disciplinari e indotto letture distorte, proprio perché non contestualizzate, di fenomeni storici importanti. nella realtà della ricerca è stata infatti del tutto abbandonata, anche in Italia meridionale, sia l’idea, per la verità risalente ad una fase ormai lontana, di una sorta di isolamento degli edifici di culto e dei cimiteri dal contesto storico e insediativo, urbano e rurale, sia la persistente sottovalutazione del ruolo morfogenetico che proprio gli edifici di culto hanno svolto nella riorganizzazione degli spazi urbani e rurali 26. Mi limito a ricordare a tale proposito gli atti della giornata di studi sul tema Alle origini della parrocchia rurale tenuta a roma nel 1998 27. Ciò nonostante, molte restano le lacune e notevoli i problemi non risolti (e tralascio le lamentele per i ritardi, gli scavi rimasti inediti, il difficile accesso alla documentazione e ai materiali, l’ancora limitata diffusione dei metodi dello scavo stratigrafico, della ricognizione sistematica, dell’archeologia urbana, ecc.). limitandomi ad elencarne alcuni, solo a livello esemplificativo, potrei indicare il livello non comparabile di conoscenze complessive relative ai diversi territori meridionali: se infatti conosciamo abbastanza bene la situazione di alcune zone della Puglia, della Basilicata e della Calabria, più ridotti sono i dati sulla Campania; ma se scendiamo nel dettaglio territoriale, scopriamo, ad esempio in Puglia, l’esistenza di zone grigie, come quella relativa alla parte centrale della regione. In tal senso il pur denso programma del seminario registra il diverso stato degli studi nelle varie realtà regionali. Il riferimento ai territori regionali e quindi agli spazi interessati dalla nostra analisi ci porta a prendere in esame un problema fondamentale, posto da a. giardina nelle sue belle conclusioni del Convegno di taranto, e cioè il problema della specificità (o meno) dell’Italia meridionale e quindi dell’opportunità di indagare questo territorio e la sua organizzazione in un determinata fase della sua storia, che con varie accezioni e sfumature definiamo tardoantica ed altomedievale 28. Personalmente condivido in pieno la necessità di non cadere nella ‘trappola’ della questione meridionale e quindi di non proiettare lo schema delle ‘due Italie’, caro ad un grande meridionalista come giustino Fortunato, su quello tardoantico dell’Italia annonaria e di quella suburbicaria 29, anche prescindendo dalla constatazione della profonda diversità nell’articolazione geografica di queste entità in età tardoantica e in età moderna e contemporanea. Come ha scritto giardina, riflettendo sul concetto di Italia meridionale applicato all’età tardoantica, che potrebbe essere inteso in senso ‘debole’ o in senso ‘forte’, «la formula delle due Italie è quella che a prima vista, sembrerebbe più di ogni altra giustificare l’uso in senso 15 Giuliano Volpe 30 giardina 1999b, 612-613. Ivi, 614. 32 Ivi, 615-616. 33 si vedano le osservazioni di salvemini 2002. 34 Ivi, 22. 35 giardina 1999a. 31 16 ‘forte’ del concetto di Meridione tardoantico» 30. Ma nonostante anche sotto il profilo terminologico l’assetto amministrativo tardoantico sembrerebbe ben adattarsi a tale dualità, opportunamente giardina ha sottolineato l’inadeguatezza di un’interpretazione delle vicende del distretto suburbicario alla luce del concetto di Italia meridionale, ricordando, sulla base di intuizioni di s. Mazzarino, che «laddove i moderni attribuiscono rilievo dominante alla questione meridionale, gli antichi vedevano emergere un problema appenninico» 31. non è un caso che anche la rappresentazione nelle carte geografiche antiche (si pensi alla Tabula Peutingeriana) dell’Italia disegnata ‘sdraiata’, disposta cioè orizzontalmente su una neutrale linea retta, in cui è enfatizzata la posizione di roma, sia l’esito di una percezione della penisola assai poco gerarchica o ideologica da parte degli antichi 32. sarebbe un errore peraltro considerare i territori meridionali dell’Italia tardoantica, e soprattutto di quella altomedievale, un qualcosa di unitario e indeterminato, un insieme amorfo, un ‘grande tutto’ privo di articolazioni significative. Più che a ‘due Italie’ dovremmo quindi pensare a ‘molte Italie’: il grande sforzo che la ricerca futura dovrà compiere consisterà nella valorizzazione di queste specificità, delle differenze e peculiarità, senza però perdere di vista l’obiettivo finale di proporre sintesi complessive e tracciare modelli generali. Questo tema ci porta inoltre a riflettere sul problema dello spazio, che è per l’analisi storica di importanza pari a quello del tempo. sotto il profilo metodologico, la definizione di un taglio spaziale consiste in un’operazione squisitamente interpretativa, capace anche di predeterminare i risultati di una ricerca, al pari della periodizzazione. lo è forse ancor di più oggi, che localismi, regionalismi, nazionalismi e globalizzazioni usano lo spazio per affermare vere o presunte nuove identità. lo spazio da sottoporre ad indagine non rappresenta cioè una semplice cornice da scegliere per comodità espositiva, come dimostra la recente riflessione sui problemi della storicizzazione del territorio, in particolare in relazione alle storie regionali (penso per esempio al progetto Imes-laterza) 33. nel nostro seminario la scelta si è orientata su Puglia, Basilicata, Campania e Calabria e su parte dell’abruzzo-Molise, con opportuni confronti con la sicilia e (in parte) con la sardegna. Ma il problema ovviamente non è quello delle dimensioni più o meno ampie del territorio da indagare. resta sul tappeto la domanda cui già prima si faceva riferimento: ha senso parlare di Italia meridionale tardoantica e altomedievale? Personalmente sono convinto di sì, sia per alcuni indubbi elementi di coerenza, sia e soprattutto se la consideriamo, in maniera consapevole, una cornice artificiosa, e per così dire ‘fantasmagorica’, secondo una felice formula recentemente proposta da B. salvemini 34. le profonde differenze riscontrabili tra le varie zone non escludono infatti la possibilità di individuare alcuni caratteri generali, in modo da evitare il rischio dei mille particolarismi legati alla variabilità delle situazioni locali. altro tema forte è quello della periodizzazione 35, consistente non tanto nell’annosa definizione di un inizio e di una fine dell’età tardoantica e della fase altomedievale, quanto nell’individuazione di una più precisa articolazione cronologica interna, cogliendo tutti i possibili elementi di discontinuità nelle vicende urbane e rurali, nell’organizzazione produttiva, nella circolazione delle merci, nella produzione artistica e artigianale, nella monetazione, ecc. resta peraltro ancora aperto un problema per certi versi più grave e intrigante, che forse costituisce il Introduzione. Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale maggiore impedimento per una piena comprensione dei vari fenomeni tardoantichi: l’ancora scarsa conoscenza dei processi e delle dinamiche verificatesi, tra prima e media età imperiale, e soprattutto nel III secolo 36. È, in conclusione, solo in questa dialettica tra la valorizzazione delle differenze spaziali e delle scansioni temporali e la ricerca di caratteri generali che sarà possibile proporre un’immagine diversa dell’Italia meridionale, raccogliendo ancora una volta 37 l’invito, anche per l’età tardoantica e altomedievale, formulato dal sociologo Franco Cassano, profondo conoscitore dell’attuale Mezzogiorno, a «non pensare più il sud o i sud come periferia sperduta e anonima dell’impero, luoghi dove ancora non è successo niente e dove si replica tardi e male ciò che celebra le sue prime altrove» 38. 36 l’analisi del III secolo è ancora da approfondire; si veda intanto il primo tentativo di analisi della situazione delle ville meridionali in Madsen 2003. 37 Cfr. volpe 1996, 365. 38 Cassano 1996, 5. 4. Inizialmente programmato per una sola giornata con l’apporto di una decina di interventi, il seminario si è enormemente dilatato in corso d’opera per via del gran numero di adesioni che sono pervenute da parte di tanti colleghi che hanno manifestato la propria convinta intenzione di partecipare all’incontro. Il programma si è quindi dilatato nell’arco di tre giorni con circa quaranta interventi. Mi sembra che tale successo di adesioni dimostri meglio di ogni discorso che il progetto ispiratore di questi seminari risponda ad un’esigenza reale, avvertita da tutti gli studiosi delle tematiche sulle quali qui vorremmo confrontarci. l’appuntamento è infatti inteso come occasione per presentare e discutere sia sintesi di ricerche in corso da tempo, sia, soprattutto, dati inediti e risultati delle nuove ricerche e indagini in corso (relative anche a singoli insediamenti rurali) con una particolare attenzione alle prospettive di carattere regionale, attraverso il coinvolgimento di quanti operano sul territorio: Università, soprintendenze, Musei, Centri di ricerca italiani e stranieri, ecc. È per questo che pur essendosi di molto dilatato, abbiamo voluto conservare, non solo nella dizione, ma nello spirito e negli obiettivi, il concetto di ‘seminario’ inteso come laboratorio, luogo di confronto e di dibattito realmente interdisciplinare tra specialisti dalla formazione e dalle competenze diversificate, nel tentativo di un approccio globale alla storia tardoantica e altomedievale delle regioni meridionali. non abbiamo voluto quindi che il nostro fosse un convegno ‘accademico’ mascherato da seminario, anche se siamo consapevoli che i tempi a disposizione per il dibattito sono stati molto (forse troppo) stretti: è per questo che abbiamo voluto prevedere una tavola rotonda finale, di cui però non è stato possibile tenere conto negli atti. C’è stata nella sua impostazione, peraltro estremamente libera e flessibile, una sorta di voluta dicotomia: da un lato la necessità di meglio definire aspetti concreti dell’insediamento rurale, della produzione e circolazione delle merci, di precisare cronologie e tipologie, ecc., dall'altro l’opportunità di affrontare questioni metodologiche e storiografiche e di affinare l’interpretazione storica disegnando i caratteri e le morfologie di un fenomeno. In realtà si tratta di un contrasto solo apparente, sia perché la quantità dei dati disponibili non è più affatto esigua, sia perché non crediamo in una ricerca che si limiti all'accumulo dei dati rinviando a domani e magari ad altri il compito di interpretarli. Pur nella consapevolezza dello stato ancora poco maturo del lavoro e addirittura della persistenza di alcuni vuoti totali di conoscenze, e pur evitando fughe in avanti, è necessario definire procedure comuni, porre domande che possano indirizzare il nostro lavoro e 17 Giuliano Volpe cominciare, quando è possibile, a formulare risposte. Mi sembra giunto cioè il momento per indirizzare gli sforzi verso obiettivi comuni, coordinando le ricerche e, magari, creando, come ho avuto modo di sostenere anche in altre occasioni, un vero e proprio gruppo di lavoro per l’Italia meridionale. I temi sul tappeto sono infatti tanti e potranno essere affrontati nelle prossime edizioni: penso al tema della città altomedievale, in Italia meridionale ancora poco approfondito, ai fenomeni di ruralizzazione, alla creazione e trasformazione di una gerarchia insediativa, alla cristianizzazione delle città e delle campagne, all’organizzazione paganica e vicana tra età romana e medievale, alle produzioni artigianali urbane e rurali, alla circolazione monetale, al rapporto tra produzione agricola e allevamento transumante, ecc. 5. Iniziative come questa sono possibili solo con l’apporto di molte istituzioni e persone. vorrei qui ricordarle e ringraziarle senza alcuna retorica. Innanzitutto ringrazio l’Università di Foggia nella persona del suo rettore il prof. antonio Muscio per il sostegno convinto e fattivo sempre garantito a tutte le nostre iniziative, gli scavi e le ricerche sul campo, l’allestimento dei laboratori e della biblioteca. Mi piace ricordare anche la Commissione scientifica d’ateneo, che ha accolto questo seminario e i relativi atti tra le attività finanziate dall’ateneo e ci ha benevolmente sostenuti anche nel superare le difficoltà legate all’ingrandimento dell’iniziativa. ringrazio la mia Facoltà, in particolare la preside Franca Pinto Minerva e tutti i colleghi del Dipartimento di scienze umane, perché considerano l’archeologia uno dei settori strategici di sviluppo delle attività didattiche e scientifiche. Un grazie convinto all’École française de rome con il suo nuovo direttore Michel gras e il responsabile della sezione medievistica françois Bougard che ha fin dagli inizi accolto il progetto di questa serie di seminari. Mi auguro che si possa a breve giungere alla stipula di una convenzione tra l’Università di Foggia e l’École française anche per dare maggiore sistematicità alla nostra collaborazione. ricordo ancora gli enti che in vario modo hanno patrocinato il seminario: la provincia di Foggia, nella persona del Presidente dott. Carmine stallone, ha messo a disposizione la bella e prestigiosa sala del tribunale della Dogana; la stessa Provincia ha anche voluto manifestare l’ospitalità ai relatori offrendo l’occasione per conoscere alcune specialità gastronomiche della Capitanata. siamo molto lieti inoltre del patrocinio di alcune istituzioni con le quali abbiamo da tempo una proficua e felice collaborazione, la soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia, la Fondazione Banca del Monte di Foggia e i Comuni di ascoli satriano e di Canosa, con i quali abbiamo stipulato specifiche convenzioni. Claudio grenzi ha saputo, come sempre con competenza ed eleganza, realizzare efficaci prodotti grafici per il Convegno, mentre edipuglia, che ha negli anni sviluppato un importante filone editoriale di studi tardoantichistici e medievistici, ha realizzato un bel volume, uno dei primi della nuova collana di archeologia dell’Università di Foggia. Un affettuoso ringraziamento infine all’équipe di archeologi che, con chi scrive, sta tentando di costruire una realtà archeologica nel giovane ateneo foggiano, 18 Introduzione. Documenti per la storia e l’archeologia dell’Italia meridionale tardoantica e altomedievale le amiche e colleghe Maria José strazzulla e vincenza Morizio e il gruppo di miei stretti collaboratori, ricercatori, tecnici scientifici, assegnisti e dottorandi di ricerca, che in vario modo anche in questa occasione ha operato per l’organizzazione e il buon funzionamento del seminario: Caterina annese, giovanna Baldasarre, antonella Buglione, giuliano De Felice, alessandra De stefano, giovanni De venuto, Pasquale Favia, roberta giuliani, roberto goffredo, Danilo leone, Marida Pierno, giulia recchia, valentino romano, giusy sibilano. Il merito principale va però a Mariuccia turchiano che ha curato con grande competenza e precisione prima la segreteria organizzativa e scientifica del seminario poi la redazione degli atti. al suo appassionato impegno e alle sue intelligenti capacità si deve molto del successo dell’iniziativa. ai lavori del seminario aveva partecipato con grande interesse e con la consueta curiosità scientifica l’amica Marina Mazzei, che pur non avendo mai condotto specifiche ricerche sull’età tardoantica e altomedievale, nell’ampio ventaglio di studi da lei realizzati, ha sempre sostenuto con forza e intelligenza questo filone di indagini, con una visione globale dello studio, della tutela e della valorizzazione archeologica del territorio daunio. Purtroppo Marina è venuta a mancare pochi mesi dopo il convegno, lasciando un enorme vuoto negli studi archeologici e nell’affetto dei tanti che l’hanno stimata e le hanno voluto bene. Ci lascia soprattutto una lezione umana e scientifica che vorremmo con forza conservare viva. a Marina dedichiamo gli studi qui raccolti. Bibliografia augenti a. 2003, Archeologia medievale in Italia. Tendenza attuali e prospettive future, aMediev, 30, 511-518. Brogiolo g.P., gelichi s. 1998, La città nell’alto medioevo italiano. Archeologia e storia, romaBari. Cantino Wataghin g. 1992, Urbs e civitas nella tarda antichità: linee di ricerca, in Demeglio P., lambert C. (eds.), La civitas christiana. Urbanistica delle città italiane fra tarda antichità e alto medioevo. Aspetti di archeologia urbana, atti del I seminario di studio (torino 1991), torino, 7-42. Cantino Wataghin g., gurt esparraguera J. M., guyon J. 1996, Topografia della civitas christiana tra IV e VI sec., in Brogiolo g.P. (ed.), Early Medieval Towns in the Western Mediterranean, atti del Convegno (ravello 1994), Mantova, 17-41. 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Certo, gli studi più strettamente attinenti a paesaggi e ambienti altomedioevali (Bertelli, Belli D’Elia, Triggiani, Di Muro) restano ancora troppo isolati e indipendenti fra di loro per essere ripresi in considerazioni complessive, non ostante i meriti e gli apporti di ciascuno di essi. Ma le ricerche di ambito tardoantico in modo del tutto casuale, pur movendo da prospettive diverse e prendendo ciascuna in esame un settore del Mezzogiorno peninsulare, concorrono tutte nel segnalare, in termini sostanzialmente non diversi, una frattura nelle modalità della vita associata e nella qualità dell’esistenza, la fine di un’epoca che collocano nell’arco di alcuni decenni, fra VI e VII secolo. La dissoluzione del tessuto urbano, il suo sfaldamento in nuclei autonomi, la ruralizzazione dello spazio cittadino emergono alla lettura degli archeologi ad Hadria nell’Abruzzo adriatico (Staffa) come a Herdonia nel Tavoliere pugliese (Volpe) o a Scolacium sulla costa ionica della Calabria (Raimondo). Parallelamente nelle campagne la trasformazione degli edifici, lo smantellamento delle murature ridotte a basi di pareti straminee o a sostegni per alzati precari, la diffusione di ricoveri di tipo capannicolo sono fenomeni osservati in tutta l’area presa in esame. Questo rimodellamento sembra investire così le terre rimaste all’impero come quelle occupate dai Longobardi, ed è indipendente dalla continuità ed anche dalla densità del popolamento, per quanto lasciano cogliere le indagini sull’Abruzzo marittimo. Probabilmente, il documento più impressionante di questa rottura è costituito dalle tracce dell’utilizzazione finale della splendida villa di Faragola presso Ausculum, nel Tavoliere. Qui, dove una rudimentale fonderia viene installata negli ambienti attigui a quella che fino a qualche generazione innanzi era stata una sontuosa cenatio, «la continuità topografica non fa che sottolineare la netta rottura con modelli insediativi, economici, culturali e sociali precedenti» (Volpe, De Felice, Turchiano). In altri casi le testimonianze sono meno espressive o meno immediate, ma uniforme è l’impressione di uno stacco periodizzante, che non potrebbe essere stemperato senza perdere di vista i caratteri costitutivi del Tardoantico, e senza rinunciare alla efficacia ermeneutica della periodizzazione stessa. Con ritmi diversi, ora accelerati e traumatici, ora più lenti e meno percepibili, la destrutturazione scardina l’assetto che il Mezzogiorno peninsulare aveva assunto negli ultimi secoli mentre non sembra investire la Sicilia, dove le forme tardoantiche potrebbero essere sopravvissute fino alla conquista araba. In questo senso orientano i risultati delle ricerche sul territorio di Segesta (Cambi) e di quelle, ancora peraltro agli inizi, sui monti Iblei e sulla valle del Platani (Di Stefano, Rizzo), anche se potrebbe essere imprudente generalizzarne i risultati. Ma va comunque richiamato che 715 Francesco Grelle già Lellia Cracco Ruggini nella Storia della Sicilia ha messo in evidenza come nell’isola «quasi per prolungata ibernazione» le istituzioni cittadine rimangano attive fino all’ottavo secolo. Assai minore attenzione di quella prestata alla rottura finale trova il processo di formazione del Tardoantico, nei lavori presentati al seminario. Non ostante diffusi riferimenti all’età tetrarchica e alle riforme del periodo, la novità degli interventi istituzionali e della loro incidenza sul modellamento della geografia antropica restano in ombra, e di conseguenza ne risente la percezione del distacco dai modelli dell’età del Principato. Tra l’altro, non assumono sufficiente rilievo né l’esistenza di un’amministrazione centralizzata pervasiva e capillare, che introduce anche in Italia l’ordinamento provinciale, né le riforme tributarie, determinanti per l’architettura sociale, né la militarizzazione generalizzata dello spazio, che stanzia guarnigioni permanenti anche nel Mezzogiorno della penisola. Nella sua premessa Giulio Volpe ha avvertito che la delimitazione territoriale scelta per il seminario non ha implicato affatto il riconoscimento che essa definisca un insieme organico: al contrario, essa ha inteso verificare «la possibilità di individuare alcuni caratteri generali» dell’area, e solo in tal caso «di parlare di Italia meridionale tardoantica e altomedioevale» come di un oggetto storiografico. Ed anche Domenico Vera nel suo bilancio preventivo si è interrogato «sulla validità storica del concetto di Meridione tardoantico». Alla fine dei nostri lavori ho l’impressione che proprio gli studi qui presentati abbiano accresciuto i dubbi sulla validità e l’utilità della categoria, per più ordini di ragioni. Per il momento, considerando i risultati già raggiunti, le conoscenze messe a confronto appaiono troppo eterogenee e settoriali per consentire analisi unitarie su ampia scala. I dati raccolti e presi in esame per alcuni comprensori – in particolare quelli del Tavoliere apulo –, o le informazioni di alcune serie di scavi hanno prodotto senza alcun dubbio ricerche di straordinaria efficacia ricostruttiva, ma proprio questi studi rendono diffidenti nei confronti di generalizzazioni o estrapolazioni prive di analoghi riscontri documentali. Nella stessa provincia tardoantica di Apulia et Calabria le esemplari indagini sui distretti del Celone e dell’Ofanto, risultato di anni di impegno collettivo, non hanno riscontro in altre aree, per le quali mancano ricerche adeguate o sono ancora allo stato iniziale. Per le conoscenze attuali sarebbe pertanto almeno frettoloso attribuire allo spazio provinciale apulo-calabro una coesione e una identità diverse da quelle che costruisce per esso l’ordinamento amministrativo con l’imporne l’afferenza ad una entità territoriale unitaria. Più in generale, le linee di tendenza uniformi che le ricognizioni topografiche lasciano cogliere nelle vicende dei paesaggi umani e degli ambienti sembrano nell’insieme inadeguate o insufficienti a definire una specificità meridionale nell’Italia tardoantica. Certo, sono oggetto di osservazione ripetuta e insistente la permanenza del popolamento rurale, le trasformazioni delle tipologie insediative con la riduzione o la scomparsa degli edifici minori e l’aumento dei più ampi che si espandono ulteriormente, la proliferazione degli 716 Considerazioni conclusive aggregati di villaggio, per quanto sfuggenti ne siano gli indicatori specifici (Staffa, Fracchia, Marchi, Roma, Volpe, Romano, Goffredo, Aprosio, De Vitis, Iasiello). Nelle attività produttive e nell’organizzazione del lavoro vengono segnalate trasformazioni di uno stesso segno nei diversi settori presi in esame (De Fino, Mazza, Rosafio). Infine, è comune il rilievo della crisi dei centri urbani, che nel corso del quinto secolo assume i caratteri di una più o meno accentuata destrutturazione (Savino, Raimondo, Volpe, Staffa). Si tratta tuttavia di fenomeni che non sembrano connotare in modo esclusivo l’Italia meridionale, né tanto meno appaiono costitutivi di un sistema economico e sociale, tale da consentire di parlare di ‘Mezzogiorno’ in senso forte. Un comune denominatore delle diverse analisi, non sempre esplicitato, è costituito poi dal postulato di un collegamento funzionale fra il Mezzogiorno e le esigenze e i consumi di Roma, e quindi dell’interferenza della fiscalità nella costruzione della geografia economica. Interferenze di tal genere mi sembrano indubbie, costituiscono anzi una caratteristica del modo di essere dell’Impero tardoantico ma, come ha avvertito Domenico Vera nel suo bilancio preventivo, non vanno ‘mitizzate’ in assenza di riscontri concreti; né vanno trascurate le resistenze che l’interventismo imperiale incontra nelle specificità locali, e non solo per la diversità delle vocazioni produttive. Sotto questo profilo può essere utile soffermarsi ancora sull’Apulia et Calabria, proprio per la ricchezza e la complessità dei risultati raggiunti dagli studi sul Tavoliere. Qui, le dinamiche insediative lasciano scorgere tra quarto e quinto secolo un singolare sviluppo nel popolamento e nelle attività produttive, tanto più significativo se lo si confronta con il lento degrado del Salento brindisino che pure presenta, nella considerazione dei geografi antichi, possibilità produttive non diverse. Nel comprensorio del Celone (Romano, Volpe) non solo la densità dei siti (35) è più alta che non agli inizi del Principato, ma si caratterizza per l’alta percentuale di piccole costruzioni rurali (12), un tipo di edifici che era assente in età medioimperiale nell’area, e che rimanda ad un’organizzazione in poderi divenuta ampiamente complementare a quella delle ville (19). Una conferma letteraria probabilmente è nel carme 20 di Paolino da Nola, con la sua descrizione di una famiglia di agricolae che dall’Apulia vanno in pellegrinaggio alla tomba di San Felice a Cimitile, portando in dono al santo un maiale da essi allevato a tale scopo: sarebbe difficile infatti vedere in questi allevatori domestici dei contadini schiavi o giornalieri impegnati su grandi proprietà altrui. Il panorama insediativo del comprensorio è completato da quattro nuclei di maggiore estensione, verosimilmente villaggi, e da ben tre complessi ecclesiastici, ulteriore conferma di un popolamento delle campagne diffuso e intenso, ampiamente articolato per quanto attiene all’organizzazione del lavoro e alle attività produttive. Le costruzioni rurali minori e i loro poderi possono essere attribuiti infatti a coloni, ma anche a coltivatori liberi, piccoli proprietari sulla permanenza dei quali in età tardoantica opportunamente insiste Domenico Vera; ad essi, e a lavoratori a giornata, più che a schiavi accasati, si può pensare anche per i villaggi. È difficile individuare i fattori specifici che possono avere promosso e sostenuto queste dina717 Francesco Grelle miche, dando al comprensorio la forma che emerge dalla ricerca; va comunque rilevata la risalente concentrazione nell’area di grandi proprietà senatorie e imperiali, che in epoca postcostantiniana potrebbero essere state trasferite in parte al patrimonio ecclesiastico, né va trascurata la vicinanza di tre centri urbani di qualche consistenza, Luceria, Aecae e Teanum Apulum. Si tratta infatti di presenze che, combinate insieme e potenziate dall’insediamento dell’amministrazione distrettuale della res privata nel saltus Carminianensis, al centro del distretto, avranno di necessità catalizzato e forse anche orientato la riorganizzazione produttiva del territorio nell’impatto con le riforme amministrative e tributarie di età tetrarchica. Non meno interessante è la ricognizione della valle dell’Ofanto (Goffredo, Volpe), dove si verifica un analogo, capillare popolamento delle campagne, spinto talora alla rioccupazione di siti abbandonati da secoli. Anche in questo comprensorio la tipologia insediativa si articola in ville (46, delle quali due nuove), piccole fattorie o case coloniche (50, più delle ville, e di esse ben 34 nuove) e villaggi (6). Qui, sembra indubbio che la prosperità tardoantica sia stata fortemente incentivata dalla presenza, nel raggio di una quarantina di chilometri dei due notevoli centri urbani di Canusium e di Venusia, potenziati dal riordinamento provinciale. L’insediamento nelle due città di funzioni amministrative imperiali e, successivamente, anche ecclesiastiche nonché di attività produttive connesse alle sacrae largitiones (con l’installazione di un doppio gineceo) avrà sviluppato necessità e bisogni che avranno prodotto una ricaduta positiva sulle campagne circostanti, chiamate in diverso modo a soddisfarli, favorendo l’articolazione produttiva e la singolare diffusione dei piccoli poderi. I due comprensori presentano dunque vicende analoghe nella ristrutturazione tardoantica, secondo un percorso che non trova confronti nemmeno nell’ambito della stessa provincia, per quanto ci risulta sinora, né tanto meno in altri contesti. Il confronto col non lontano distretto dell’alto Bradano (Fracchia), che anch’esso gode di una particolare prosperità in quest’epoca, ma in forme assai diverse, rafforza l’impressione di un’ampia varietà di paesaggi autocentranti, fragilmente interconnessi in un precario coordinamento dal potere imperiale. 718