La Pinacoteca comunale di Narni: “odissea”
di una Collezione pubblica
Lucilla Vignoli
La prima formazione della raccolta e la dispersione delle opere
“I veri genitori dei musei sono per me i Municipi, e lo Stato di fronte ad essi non è che un direttore di collegio”1. Così Adolfo Venturi riassumeva le proprie idee sul rapporto che, dopo l’Unità
d’Italia, si sarebbe dovuto istituire tra Stato e Comuni in materia di conservazione di opere d’arte.
I musei civici, ritenuti dal grande storico dell’arte i più adatti a conservare il patrimonio artistico della città “come cosa propria” e a custodire gli “aviti ricordi”2 dei cittadini, dovevano “contribuire allo scopo, non di tenere in carcere l’arte, […] ma di ospitare ogni cosa bella che, per volger di
tempi, non ha più la sua casa”3. Era necessario, quindi, valorizzare queste istituzioni, “che non sono
i magazzini, ma i sacrari della bellezza”4.
Le parole di Adolfo Venturi, pronunciate all’indomani della soppressione degli ordini religiosi
avvenuta sull’intero territorio nazionale, appaiono estremamente illuminanti per comprendere quale
dovesse essere il reale scopo della fondazione di un museo comunale.
I Municipi, tuttavia, trovandosi spesso impreparati a ricevere l’abbondante numero di oggetti
e manufatti artistici asportati dalle loro sedi originarie, non riuscirono in molti casi a fronteggiare in
maniera adeguata la situazione, tanto che numerose opere d’arte andarono disperse: molti musei
civici, infatti, “si decretarono solo perché il Governo non trasportasse fuor di luogo gli oggetti d’arte,
e non ebbero poi alcuna esistenza”5.
È questo il caso della raccolta comunale di Narni. L’importanza del patrimonio artistico di una
città che aveva rivestito un ruolo indubbiamente rilevante nel passato, ma che ormai si era avviata
a divenire uno dei centri minori dell’Umbria, era tale da richiedere un intervento risolutivo da parte
delle autorità competenti.
In seguito all’annessione dell’Umbria al nuovo Regno d’Italia, il commissario Pepoli, al fine
di salvaguardare l’ingente patrimonio artistico della regione, il 29 settembre 1860 aveva istituito una
“Commissione artistica provinciale per tutte le province amministrate dal regio commissariato”6.
Lo stesso Pepoli, il 2 novembre di quell’anno, si era recato a Narni, dove era stato “ricevuto
dalla milizia nazionale col concerto. Fu ospite in casa Sacripante e parlò alla folla, dalla fenestra, ringraziando per l’accoglienza ricevuta. Il 24 dicembre 1860 con decreto del commissario [...] i conventi di Narni passarono al Demanio ed a questo Comune”7.
I membri della nuova Commissione artistica avevano il compito di provvedere alla conservazione degli oggetti d’arte esistenti negli edifici pubblici e nelle chiese, anche attraverso un’attenta opera
di catalogazione dei beni la cui proprietà era passata al demanio, o era in procinto di passarvi8. Tra i
commissari preposti a tale funzione era anche Mariano Guardabassi, che nel 1865 si occupò della catalogazione degli oggetti d’arte esistenti negli edifici religiosi di Narni e dei suoi dintorni9 (fig. 2).
Sulla base della schedatura del Guardabassi, redatta il 30 novembre 1865, e in seguito alla richiesta avanzata dal sindaco di Narni il 26 dicembre dello stesso anno, il 20 marzo 1866 veniva emanato l’ordine della Deputazione Provinciale, con il quale l’incaricato della Cassa Ecclesiastica aveva il
compito di consegnare le opere d’arte prelevate dai soppressi conventi e monasteri della città di Narni
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Fig. 1. Narni, veduta di piazza dei Priori in una
fotografia databile agli inizi del Novecento, con il
palazzo comunale sulla sinistra e la fontana pubblica
sullo sfondo (BCN, AF, Città 122, n. inv. 463, s.d.,
riproduzione fotografica Della Rosa 1986).
Fig. 2. Scheda manoscritta di Mariano Guardabassi
redatta nel 1865 e riguardante il dipinto su tavola
raffigurante Sant’Antonio di Padova proveniente dalla
chiesa di San Girolamo a Narni (BAP, Guardabassi,
ms. 2244, c. 132r).
alla Commissione artistica “e questa al rappresentante del Municipio di Narni”: quest’ultimo promise
“tosto trasferirle al locale a tale oggetto approntato”, dichiarando anche che il Comune stesso “avrebbe
perduto sopra esse ogni diritto, quante volte non le avesse debitamente conservate a decoro del paese,
e benefizio degli studiosi”10. Il 10 aprile 1866 fu quindi stipulato l’atto tra il commissario della Deputazione artistica provinciale dell’Umbria, Mariano Guardabassi, il sindaco di Narni Filippo Valli e il rappresentante della Cassa Ecclesiastica, per la consegna degli oggetti collocati nei “soppressi Conventi e
Monasteri” di: Sant’Agostino (n. 7 opere), San Girolamo (n. 10 opere), San Domenico (n. 7 opere),
Sant’Antonio (n. 4 opere), Santa Margherita (n. 11 opere), Santa Restituta (n. 6 opere), San Bernardo
(n. 6 opere), San Cassio (n. 2 opere), Santa Maria delle Grazie (n. 3 opere), San Francesco11 (n. 3 opere)12.
Le opere erano state individuate in base alla schedatura Guardabassi. In realtà, come risulta
dal “Catalogo degli oggetti d’Arte conservati nel Palazzo Comunale di Narni” redatto da Giovanni
Eroli nell’ultimo decennio dell’Ottocento (e rivisitato dal regio ispettore agli scavi e ai monumenti
di Narni Candido Valli nel 1908)13, gli oggetti effettivamente prelevati provenivano solo dai conventi
di San Girolamo, San Domenico, Sant’Antonio da Padova (la chiesa dei “Cappuccini Nuovi”) e San
Cassio (solo molto più tardi, infatti, come si vedrà, verranno trasferiti nella raccolta comunale i dipinti dalla chiesa di San Bernardo14).
Lo stesso giorno di stesura dell’atto, il 10 aprile 1866, Guardabassi inviava una lettera al sindaco
di Narni, per invitarlo a prendere in consegna e a trasportare in Comune anche alcune opere di parti-
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Fig. 3. Narni, palazzo comunale,
sala del Consiglio, interno con le
opere d’arte esposte negli anni
cinquanta del XX secolo (foto
archivio Carlo Piantoni).
colare pregio conservate all’interno del santuario della Madonna della Quercia, edificio situato nei
pressi di Narni e sul quale “il Municipio esercita un giuspatronato”15. Tra queste, Guardabassi segnalava, in particolare, la raffinata tela ad olio raffigurante la Madonna con il Bambino, sant’Anna e due angeli recentemente ricondotta alla mano di Federico Zuccari16, l’Allegoria della regola francescana di
Michelangelo Braidi e una “tela ad olio ornata di cornice, di forma quadrata”, raffigurante il Noli me tangere, che misurava “m: 0.75 x 0.75”17. La missiva del Guardabassi era accompagnata da una copia della
lettera che il sindaco scriveva nello stesso giorno al parroco, don Angelo Lentini, invitandolo a recarsi
in Comune per accordarsi sulla consegna dei quadri suddetti18. Non si è a conoscenza, tuttavia, di
come si siano svolte in seguito le trattative tra il parroco e il sindaco della città. Si può soltanto affermare che due delle tele citate sono ancora oggi custodite all’interno del santuario mariano (la Madonna con il Bambino e sant’Anna e l’Allegoria della regola francescana), mentre il dipinto con il Noli me
tangere, celebrato da Guardabassi come opera di altissima qualità19, era entrato a far parte della raccolta comunale, come dimostra il citato inventario dell’Eroli redatto negli ultimi anni dell’Ottocento20.
I dipinti e le sculture prelevati dagli edifici religiosi di Narni furono inizialmente collocati nella
sala del Consiglio e in altri ambienti limitrofi del palazzo comunale (fig. 3).
La scelta delle opere riguardava, oltre ai dipinti mobili, anche alcuni affreschi staccati dalle pareti delle chiese demaniate (o presunte tali21), in particolare da Santa Maria Maggiore (generalmente
denominata nei documenti “San Domenico”, perché di proprietà dei frati Predicatori) e da San Girolamo, già appartenuta ai Minori Osservanti (fig. 4).
Fig. 4. Narni, chiesa e convento di
San Girolamo in una fotografia del
1870 circa (foto archivio Marco
Santarelli).
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Nel “2° trimestre del 1870” il Comune di Narni aveva comunicato alla Commissione artistica
provinciale dell’Umbria la volontà di “far distaccare e trasportare nella nuova pinacoteca comunale
due affreschi esistenti l’uno sulla porta d’ingresso alla chiesa dell’Ex Convento di S. Girolamo in
Narni, e l’altro in una camera terrena quasi diruta e attigua alla Chiesa medesima”22 (si tratta della
Madonna con il Bambino tra san Francesco e san Girolamo di Pierantonio Mezzastris, scheda n. 00, e
delle Stimmate di san Francesco, scheda n. 00, attribuite a Giovanni di Pietro detto lo Spagna). Il Municipio aveva commissionato il lavoro “al pittore Sig. Ettore Fantacchiotti. La Commissione incarica
il Consultore Sig. Professor Adamo Rossi di osservare tali affreschi, recandosi a Narni, e riferire per
una conveniente determinazione”23.
La grande pala con l’Incoronazione della Vergine di Domenico Ghirlandaio (scheda n. 307; fig. 5)
era stata prelevata dalla chiesa di San Girolamo e trasferita nella sala consiliare il 13 luglio 1871: l’operazione di trasporto era stata effettuata dallo stesso Fantacchiotti, che provvide a collocare il dipinto
sulla parete di fondo dell’aula24. Il successivo 16 agosto il Consiglio della Commissione provinciale
delle Belle Arti incaricò il “Consultore Sig. Prof. Silvestro Valeri” di recarsi a Narni per prendere visione
dello stato di conservazione degli oggetti d’arte trasportati in Comune25. Nella missiva indirizzata il 27
agosto dal prefetto a Mariano Guardabassi (che, nel frattempo, aveva assunto l’incarico al posto del
Valeri26) si ha conferma del fatto che diverse opere erano già state trasferite all’interno del palazzo comunale: “il Municipio di Narni fece trasportare nel luogo destinato per la pinacoteca comunale varii
oggetti d’arte già claustrali, fra cui il pregevolissimo quadro rappresentante la incoronazione della Vergine”27. Si chiede, pertanto, al Guardabassi di recarsi a Narni “per osservare l’operato del Municipio e
riconoscere lo stato degli oggetti trasportati e se sieno stati comunque e da chi ristaurati, ed in tale con-
Fig. 5. Domenico Ghirlandaio,
Incoronazione della Vergine e santi
(BCN, AF, Arte 28, s.d., foto
Alinari).
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giuntura riconoscere anche i lavori pel distacco di due affreschi esistenti l’uno sulla porta della suindicata Chiesa, l’altro in una camera terrena quasi diruta ed attigua alla chiesa medesima”28.
Il 17 giugno 1872 la Commissione, esprimendo soddisfazione per la decisione del Comune di
stanziare la somma di 500 lire per il mantenimento della pinacoteca e “per la cura che prende […]
alla custodia dei dipinti”, “porge fondata speranza che quanto prima verrà fatta a favore del Municipio la cessione delle dette opere di arte già claustrali e così delle dipinture a fresco che trovansi nelle
pareti dei soppressi Conventi. Raccomanda però che nel far staccare quest’ultime si prendano dal
Comune previi accordi con la nostra Commissione tanto sul modo onde vogliono essere condotti
tali lavori, che sulla scelta dell’artista cui affidare l’opera. La Commissione delibera d’interessare il
Sig.r Sindaco a conservare gelosamente le dipinture il cui distacco venne già eseguito coll’opera dal
Sig. Pampaglini, e quanto a quelle che ancora rimangono a distaccarsi desidera lo si avverta affinché nessun lavoro sia in proposito effettuato senza i previi accordi con la nostra Commissione”29.
Dopo la sollecitazione rivolta al Comune dalla Commissione artistica il 21 agosto 1872, al fine di
ottenere una relazione “sul progresso degli atti occorrenti all’apertura al pubblico della Pinacoteca Comunale”30, il 15 marzo 1873 la Commissione stessa osservava “con rincrescimento” come il Municipio
non avesse “ancora adempiuto alle disposizioni dategli circa il distacco degli affreschi esistenti nei soppressi conventi pel cui lavoro deve prendere i previi consensi con la Commissione medesima; la quale
è non meno dispiacente per essersi indugiato fin qui dal Comune a porgere la relazione richiesta sull’adempimento di ciò che il Comune è chiamato a fare per l’apertura al pubblico della Pinacoteca”31. Il
27 novembre dello stesso anno si lamentava, inoltre, che “il pittore Sig.r Fantacchiotti dopo di avere distaccato due affreschi non s’è più presentato per eseguire il distacco degli altri”: l’incarico venne quindi
affidato “al Sig.r Pampaglini lo stesso che la On. Commissione volle che assistesse il Fantacchiotti”32.
Lo stesso Pampaglini assicurava che nella primavera successiva avrebbe dato avvio ai lavori33,
elemento che fa supporre come lo stacco di una buona parte degli affreschi dalla chiesa di San Domenico fosse avvenuto proprio in questo periodo, nel primo semestre del 1874 (altri probabilmente,
come si è visto, erano già stati trasportati su un supporto mobile da Pampaglini prima del giugno del
1872)34. I due dipinti murali già staccati da Fantacchiotti, cui si fa riferimento nella missiva del 27 novembre 1873, sono da identificare, con ogni probabilità, negli unici due affreschi asportati dalla chiesa
di San Girolamo: la lunetta dipinta dal Mezzastris e le Stimmate di san Francesco dello Spagna, i quali
forse furono prelevati dalla chiesa degli Osservanti già poco dopo il 27 agosto 1871 e verosimilmente
prima del 17 giugno 1872, quando sono ricordate le operazioni eseguite dal Pampaglini che in un primo
momento era stato affiancato al Fantacchiotti nel lavoro di distacco delle pitture. Ancora il 4 agosto 1875,
su richiesta del Ministero della Pubblica istruzione, che chiedeva “di essere esattamente ragguagliato
del come il municipio di Narni abbia provveduto all’assetto della pinacoteca”, la Commissione fu costretta ad inviare il prof. Adamo Rossi a Narni per “accertare lo stato delle cose e riferirne”35.
Nonostante non fossero stati ancora approntati i locali atti ad accogliere le opere, è probabile che a questa data fossero già entrati a far parte della raccolta civica molti dei dipinti che avrebbero costituito il primo nucleo della pinacoteca pubblica.
Come si apprende dal citato inventario del 1908, la raccolta comunale, subito dopo la prima
fase della sua formazione, era costituita prevalentemente da opere provenienti dalle chiese di San
Girolamo e di Santa Maria Maggiore (San Domenico), con l’aggiunta di dipinti un tempo collocati
nella chiesa dei cosiddetti “Cappuccini Nuovi” e di alcune tele donate dal marchese Giovanni Eroli.
Contemporaneamente al trasferimento della pala del Ghirlandaio, nel 1871, è probabile che si
sia proceduto anche al trasporto degli altri dipinti mobili da San Girolamo (le tre tavole raffiguranti
Sant’Antonio di Padova, scheda n. 308, il Beato Bernardino da Feltre, scheda n. 309, e il Beato Giacomo
della Marca, scheda n. 306; la tela con la Deposizione dalla croce36 e le quattordici Sacre Stazioni della
Via Crucis di Giacinto Boccanera da Leonessa, scheda n. 329), dato che il 27 agosto di quell’anno sono
ricordati “varii oggetti d’arte già claustrali” trasportati in Municipio, “nel luogo destinato per la pinacoteca comunale”37.
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Per quanto riguarda le opere su tavola e su tela conservate nella chiesa di San Domenico,
esse furono trasferite alcuni anni dopo. Nel gennaio del 1877, infatti, il sindaco di Narni Raffaele
Stame osservava come all’interno della chiesa dei Predicatori fossero ancora custodite “alcune opere
di qualche pregio”, alla cui conservazione sarebbe stato necessario provvedere, dato che sarebbe
stato quasi impossibile preservare l’edificio “dalla occupazione continua o temporanea dei Militari”38, alloggiati nell’annesso convento, già soppresso e adibito a caserma. Il trasporto di tali “oggetti di pregio” deve essere avvenuto quindi nel periodo compreso tra questa data e il 1880, anno in
cui all’interno della “municipale pinacoteca”39 è segnalato lo “stendardo” bifacciale attribuito al cosiddetto Maestro di Narni del 1409 (scheda n. 296), insieme al quale furono con tutta probabilità
prelevate anche l’Annunciazione su tavola di Benozzo Gozzoli (scheda n. 304) e cinque tele, ricordate
anche da Giuseppe Vernocchi, parroco di Santa Maria Maggiore40: una Madonna del Rosario firmata
e datata 1611 dal pittore emiliano Jacopo Borbone41, uno Sposalizio della Vergine42, e tre dipinti raffiguranti San Domenico, San Tommaso d’Aquino43 e San Vincenzo Ferrer44.
Negli stessi anni la raccolta comunale si era arricchita anche di altre opere, provenienti dalla donazione del marchese Giovanni Eroli45. Lo storico e studioso delle bellezze locali, esponente di una delle
più illustri famiglie narnesi46, nel 1874 aveva donato, infatti, al Comune diversi dipinti: un bozzetto su tela
con la Presentazione al tempio, riconducibile alla cerchia di Paolo Veronese (scheda n. 319); due “centoni”
con le immagini della Maddalena e della Vergine Annunziata; due tondi di scuola fiamminga raffiguranti
San Sebastiano e San Girolamo; due tele con paesaggi, attribuite al pittore fiammingo Jan Frans Van Bloemen detto l’Orizzonte; altri tre dipinti su tela databili al XVII secolo e raffiguranti la Madonna che legge un
libro con il Bambino e san Giovannino (che lo stesso Eroli riferisce dubitativamente a Jacopo Borbone), la
Madonna dei sette dolori che adora il Figlio e un grande dipinto con Il ratto delle Sabine47.
A queste si devono aggiungere la copia ottocentesca eseguita dal pittore Pietro Comucci del Ritratto di un condottiero (Erasmo il Gattamelata?) attribuito al Giorgione (scheda n. 334), ricordata nelle
schede redatte da Candido Valli48, e due opere non citate nell’inventario, ma devolute dall’Eroli al Comune di Narni alcuni anni dopo la prima donazione: il bozzetto con La novena dei pifferai di Francesco
Diofebi (donato nel 1896; scheda n. 332) e il Ritratto di Giovanni Eroli firmato da Erulo Eroli (scheda n.
336), datato 1876, entrambi probabilmente collocati fin da principio all’interno degli uffici comunali49.
Alcuni dipinti furono prelevati da altri edifici religiosi del territorio: la chiesa dei Padri Scolopi,
situata nel centro storico della città, dalla quale proviene la tela con il Salvator Mundi qui ricondotta
alla mano di Jacopo Borbone (scheda n. 320), il santuario della Madonna della Quercia, in cui era
collocato il già citato Noli me tangere, e, soprattutto, la chiesa di Sant’Antonio di Padova dei Cappuccini Nuovi, eretta appena fuori dalle mura cittadine. Da quest’ultima, in particolare, erano stati
asportati due dipinti di notevoli dimensioni (3,25 x 2,90 m circa), firmati e datati 1608 dal pittore cappuccino Paolo Piazza di Castelfranco Veneto e raffiguranti “S. Francesco di Assisi in nuova foggia”
stigmatizzato da “tanti graziosi Angeletti”50 e “Cristo in casa della Maddalena”51. Dalla stessa chiesa
dei Cappuccini provenivano, inoltre, la tela con l’Apparizione della Madonna con il Bambino a san Felice da Cantalice (scheda n. 328), un San Sebastiano attribuito dall’Eroli allo stesso Paolo Piazza52 e,
probabilmente, due ovali raffiguranti due immagini di frati appartenenti all’Ordine53.
La collezione comunale era completata, infine, da alcuni dipinti di provenienza sconosciuta54,
da una campana in bronzo datata 174055 (scheda n. 374) e da due opere eseguite già in origine per
il Municipio: una tela con la Madonna in trono col Bambino tra san Cassio, san Giovenale e il grifo simbolo di Narni56 e un grande dipinto raffigurante l’Angelo tutelare della città 57 che, stando a quanto riportato nei documenti, doveva essere di alta qualità, da alcuni ritenuto addirittura “del Guercino, o
di altro eccellente Pittore”58. In questo periodo confluirono nella raccolta comunale anche tre croci
intarsiate a madreperla da San Girolamo59 (schede nn. 378-379) e il “ciborio in marmo per conservare gli olii santi” trasportato dalla chiesa di Santa Maria Maggiore60 (figg. 6-8).
Negli stessi anni un’altra pregevole opera scultorea del XV secolo, il monumento sepolcrale di
Gabriele Massei (figg. 9-10), stava per essere trasportata fuori dall’antica chiesa dei frati Predicatori.
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Fig. 6. Tabernacolo eucaristico, seconda metà
del XV secolo, Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore (foto archivio dell’autore, 2001).
Fig. 7. Narni, chiesa di Santa Maria Maggiore,
veduta di parte della navata centrale e dello scasso
effettuato in seguito al trasferimento del
tabernacolo eucaristico (BCN, AF, Città 250, n. inv.
993, 5, sul retro “9 settembre 1940”).
Il 3 giugno 1904, infatti, il prefetto della Provincia dell’Umbria scriveva una lettera al direttore
dell’Ufficio regionale della Conservazione dei Monumenti di Perugia, Dante Viviani, per informarlo
del fatto che il Consiglio comunale di Narni, in data 6 aprile, aveva concesso l’autorizzazione alla
Confraternita del Santissimo Sacramento di trasportare in cattedrale il monumento del giovane Massei, “esistente nella soppressa chiesa di S. Domenico di proprietà municipale”61. Da Perugia il 24 giugno dello stesso anno il direttore rispondeva al prefetto con un’interessante missiva, che faceva
Fig. 8. Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore, interno, veduta del
tabernacolo eucaristico ricollocato in
loco (foto archivio dell’autore, 2001).
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Fig. 9. Monumento sepolcrale di
Gabriele Massei, 1494 circa (part.),
Narni, chiesa di Santa Maria Maggiore
(foto archivio dell’autore, 2001).
riferimento anche al tabernacolo marmoreo già trasferito in Municipio e forniva delucidazioni sullo
stato di conservazione dell’edificio utilizzato dal Comune. La sua proposta, piuttosto, era quella di
ricollocare all’interno della chiesa le opere che vi erano state prelevate62: “Avuto riguardo all’importanza monumentale della Chiesa di S. Domenico in Narni ed ai pregevoli cimeli d’importanza storica ed artistica che nel suo interno contiene da non meritare il barbaro trattamento a cui è andata
in questi ultimi tempi soggetta, da tramutarsi ora in magazzino, ora in stallaggio, ora in caserma,
quest’Ufficio non può dare parere favorevole alla deliberazione del Consiglio Comunale di quella
città, con cui aderendo ad analoga domanda della Confraternita del Sagramento si concede ad essa
di trasportare e collocare nel Duomo il monumento del giovane Massei, uno dei principali ornamenti della Chiesa in parola. In tale occasione per parte di questo Ufficio medesimo devesi anzi de-
Fig. 10. Disegno raffigurante il
monumento sepolcrale di Gabriele
Massei, firmato da “C. Ridolfi” ed
eseguito “a spese di G. Eroli” (BCN,
Fondo G. Eroli, b. 21, corda 21-26).
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plorare come siasi rimosso dalla sua ubicazione originaria in detta Chiesa, il tabernacolo marmoreo
destinato a conservare gli olii santi, opera bellissima ritenuta, pure dall’On. Sacconi, di Mino da Fiesole”. Il direttore invitava il Municipio “ad accogliere e a porre in atto, quanto sin dal Maggio 1891
[…] proponeva il R.° Ispettore dei monumenti di quel tempo, il benemerito Prof. Cav. Luigi Carattoli,
membro della medesima Commissione”, cioè di “adibire questa Chiesa ad uso di Museo, raccogliendovi tutti i resti romani e medievali, architettonici, epigrafici, figurativi ecc. che già esistono disordinatamente nell’atrio del Palazzo Municipale ed in disadatti ambienti interni”. La lettera
prosegue con un elenco delle opere d’arte ancora custodite nella chiesa domenicana, che devono essere ritenute degne di conservazione, in particolare le “pitture votive che decoravano tutte le pareti
ed i piloni della chiesa e che, se fossero state conservate avrebbero fornito i più belli esemplari per
la storia dell’arte pittorica dall’infanzia al risorgimento, dal risorgimento alla decadenza”: di esse,
inoltre, ne restano “altre molte che si potrebbero rimettere in luce. […] Non potendo il Municipio di
Narni, in cui proprietà è passata oggi la Chiesa, disinteressarsi tanto della medesima da lasciarla in
abbandono, o da alterarla e trasformarla per adibirla ad altri usi, compromettendo la conservazione
di quanto in essa si contiene degno di essere conservato, […] quest’Ufficio troverebbe opportuno che
[…] sia esso richiamato ad accogliere e far sua la proposta sovraccennata, di conservare cioè nel loro
posto originario tutti i monumenti e gli oggetti d’arte che ancora vi rimangono, di rimettere al loro
luogo quelli che ne sono stati asportati, restaurandola ove occorre, e destinandola a civico Museo
nella maniera espressa nella Relazione Carattoli”. La missiva si concludeva così (le parole sono state
poi cancellate con una riga dallo stesso direttore): “potendovi anche assai convenientemente allogare al posto dell’altar maggiore la grandiosa e splendida tavola del Ghirlandaio che oggi trovasi
assai a disagio per deficienza di spazio e di luce nell’aula consigliare del Palazzo comunale”63.
Il trasporto del monumento Massei venne quindi vietato dal prefetto e dall’Ufficio regionale dei
Monumenti64. In merito alla proposta avanzata da Viviani di allestire un museo all’interno dell’edificio domenicano, il sottoprefetto di Terni, in data 31 luglio 1904, comunicava al prefetto la risposta del
sindaco di Narni: “Questa Rappresentanza municipale sarebbe ben lieta di poter formare un piccolo
museo nella monumentale soppressa Chiesa di S. Domenico; ma a prescindere dal fatto che verrebbe a mancarle un locale adatto per il ricovero di truppe di transito e per adunata dei richiamati in
caso di mobilitazione, mancherebbe al Municipio il modo di mandare ad effetto il progetto così bene
ideato per mancanza di mezzi”65: il museo, quindi, conclude il sindaco, potrebbe essere realizzato solo
a patto di ricevere un contributo economico da parte del Ministero della Pubblica istruzione.
Nel novembre del 1905 si registra la visita a Narni di Giorgio Bernardini, il quale nelle sue Gallerie Comunali dell’Umbria, ricorda nella sala del Consiglio del palazzo comunale tre opere, l’Incoronazione della Vergine del Ghirlandaio, l’Annunciazione del Gozzoli e l’affresco staccato dalla chiesa di
San Girolamo con San Francesco che riceve le stimmate; per quanto riguarda gli altri dipinti, essi sono
conservati all’interno di “una specie di magazzino che è alla dipendenza dell’economo, come ho
potuto conoscere da ciò che mi ha riferito l’uscere che mi accompagnava – ciò io scrivevo qualche
anno fa –. Quando però mi sono recato in Narni nel mese di Novembre non mi è stato possibile di
entrare in questo ultimo locale; mi si disse che la chiave per accedervi era nelle mani del Sindaco, il
quale essendo assente nessuno mi poteva aprire”66.
Nel 1907 alcune opere della raccolta municipale furono inviate alla “Mostra di Antica Arte
Umbra”, dove vennero finalmente poste all’attenzione degli studiosi67.
Il Comune aveva concesso in prestito cinque dipinti su tavola: lo stendardo bifacciale proveniente da San Domenico, oggi attribuito al Maestro di Narni del 1409; l’Annunciazione non ancora
riconosciuta come opera di Benozzo Gozzoli ma, in seguito all’esposizione, ricondotta correttamente alla mano del maestro fiorentino da Gnoli e Pératé68; tre dipinti da San Girolamo raffiguranti
Sant’Antonio di Padova, il Beato Bernardino da Feltre e il Beato Giacomo della Marca69.
Il Municipio aveva inviato, inoltre, un’incisione del XVII secolo rappresentante una veduta di
Narni, diciotto fotografie che riproducevano i monumenti della città e gli oggetti d’arte, un volume
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Fig. 11. Disegno raffigurante il
campanile della chiesa di Santa
Maria Maggiore e l’avancorpo noto
come “cappella di Santa Barbara”,
abbattuto nel 1909 (ASCN, senza
collocazione).
della Descrizione delle chiese di Narni e dintorni di Giovanni Eroli (1898), tredici pergamene e lo “Statuto del Comune di Narni del secolo XIV / trattenuto dalla Direzione della Mostra dell’Esposizione
con la promessa di rimetterlo quanto prima con pacco assicurato”70.
Nel 1909 in seguito al crollo dell’avancorpo situato davanti al campanile della chiesa di Santa
Maria Maggiore (fig. 11), confluirono nella raccolta comunale alcuni frammenti lapidei, riutilizzati
nella struttura andata distrutta ma in origine provenienti dall’antico pronao dell’adiacente chiesa
domenicana: collocati in quell’occasione nell’atrio del palazzo comunale, essi potrebbero essere
identificati con un bassorilievo in travertino, due lastre decorate a mosaico e alcuni capitelli, oggi custoditi nel museo71 (schede n. 61-64, 352, 355). L’avancorpo che sporgeva dal campanile della chiesa
era in quegli anni di proprietà della Congregazione di Carità di Narni72, che ne era venuta in possesso
in seguito alla soppressione della Confraternita di San Pietro73: a causa della volta pericolante, tuttavia, era già stata concessa l’autorizzazione alla sua demolizione74, che si sarebbe dovuta effettuare
senza manomettere “alcuna parte dell’antico manufatto”75, anche se poi l’improvviso crollo provocò
la distruzione di una parte dei resti più antichi, mentre i “pezzi frammentari che in minima parte testimoniavano il vecchio pronao della chiesa” furono trasportati “nei locali municipali”76.
Il direttore Dante Viviani espresse, allora, la volontà di non far rimuovere le basi del pilastro
e della colonna dell’avancorpo della chiesa, per conservare almeno le “pietre componenti detto pilastro” al fine di ricollocarle al loro posto originario77, ma ormai “i frammenti provenienti da quella
demolizione erano già trasportati per ordine dell’assistente Bizzarri nell’atrio comunale”78, dove poi
rimasero depositati per circa cento anni.
Il volto della raccolta comunale di Narni, così come si era andato definendo negli ultimi tre
decenni del XIX secolo, cambiò nel corso del Novecento. Un numero consistente di opere andò perduto, tanto che la raccolta, probabilmente già intorno agli anni Sessanta, dal punto di vista numerico era quasi dimezzata. Nel 1908 Candido Valli lamentava come, all’interno del palazzo comunale
di Narni, fossero conservati numerosi dipinti, “in completo disordine, in una piccola camera del Co-
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mune stesso presso la Sala Consiliare, dove giacevano polverosi da moltissimi anni”79. Essi erano
distribuiti tra la sala del Consiglio e le stanze adiacenti. Due tele, in seguito scomparse, erano state
adagiate, probabilmente per mancanza di spazio, “sopra un tavolo di fronte alla porta d’ingresso”:
una raffigurava la Madonna con gli angeli e san Tommaso da Villanova, di “autore ignoto”, l’altra la Madonna del Rosario, firmata dal pittore reggiano Jacopo Borbone e datata 161180.
In una lettera del 4 ottobre 1909 Dante Viviani chiedeva a Candido Valli di studiare un luogo
adatto ad ospitare il futuro Museo della città: l’ufficio della Soprintendenza, infatti, “è venuto nella
determinazione di interessare cotesta Amministrazione comunale a riunire e sistemare convenientemente in adatto locale tutti i cimeli archeologici e gli altri oggetti d’importanza storica ed artistica,
ora dispersi in varie località o ammassati in ambienti ristretti e mal sicuri per la loro buona conservazione, da formare un Museo o Pinacoteca degni della città che tanti pregevoli oggetti possiede”81.
Anche nel primo numero della rivista “Rassegna d’Arte Umbra”, diretta da Umberto Gnoli,
pubblicato nello stesso anno, si criticava lo stato di conservazione delle opere della raccolta, per le
quali veniva proposta una nuova ipotesi di sistemazione (che non sarà mai presa in considerazione
dalle autorità comunali), quella offerta dagli spaziosi ambienti dell’antico palazzo dei Priori: “Si spera
che tra breve gli oggetti d’arte del Municipio, fra cui la famosa Coronazione della Vergine del Ghirlandaio, l’Annunciazione di Benozzo, Le stimmate di S. Francesco dello Spagna, ora esposte nella sala consiliare, e gli altri preziosi dipinti ora accatastati in un buio magazzino, troveranno una decorosa sede
nei luminosi e adatti locali del palazzetto della Loggia, di fronte al Palazzo del Comune”82.
Sette dipinti su tela andarono dispersi già nel periodo compreso tra la redazione del primo inventario curato dall’Eroli (non datato, ma probabilmente riferibile ai primi anni Novanta dell’Ottocento)
e quella del catalogo rivisitato da Candido Valli nel 1908. Tra questi, la grande tela con l’Angelo tutelare
della città di Narni 83; il dipinto del Piazza raffigurante Cristo in casa della Maddalena84 (l’altro era ancora
conservato nella raccolta, ma sparì successivamente); uno dei due piccoli paesaggi di Jan Frans Van
Bloemen (il secondo, come più tardi è stato aggiunto nella stessa scheda, era stato temporaneamente
ritrovato, per poi scomparire di nuovo probabilmente poco tempo dopo85), donati da Giovanni Eroli.
In seguito al generale clima di confusione che si era generato a causa del continuo spostamento delle opere da un ambiente all’altro dei depositi comunali, alcuni dipinti che si credevano
perduti vennero casualmente ritrovati (come, ad esempio, la grande tela raffigurante Il ratto delle Sabine che, dalla sala consiliare, era stata portata nei sotterranei della chiesa degli Scolopi86), per poi
essere, però, nuovamente dispersi.
Numerose quindi le opere di cui nel tempo si sono perse le tracce: dai dipinti donati da Giovanni Eroli (ne rimasero solo quattro tra quelli citati) a quelli provenienti dalla chiesa dei “Cappuccini Nuovi” (dei quali oggi resta solo la tela realizzata nel 1713 in onore di san Felice da Cantalice),
ad alcuni provenienti da San Girolamo (quali la Deposizione dalla croce 87 e tre delle quattordici tele
con le Stazioni della Via Crucis del Boccanera), a tutti i dipinti su tela collocati in origine nella chiesa
di San Domenico (ai quali si è aggiunta, nel corso degli anni Ottanta, la sparizione di un affresco staccato raffigurante Sant’Ansano; scheda n. 00), fino ad arrivare alle opere citate nell’elenco di cui si
ignorava la collocazione originaria. Senza contare i due dipinti eseguiti già in origine per il Municipio, che quindi, per questo, avrebbero dovuto essere oggetto di particolari cure: la Madonna con il
Bambino tra i due santi protettori di Narni e, soprattutto, la grande tela seicentesca con l’Angelo tutelare della città, certo un’opera di alto livello a giudicare dai giudizi dell’epoca, che, ancor prima
della pala eseguita dal Ghirlandaio per gli Osservanti, rappresentava un simbolo per Narni e, probabilmente, doveva essere collocata sulla parete di fondo della sala consiliare.
La raccolta comunale nel corso del secolo venne privata, quindi, di una trentina di dipinti su
un totale di circa sessanta.
Il tentativo di Valli di stilare un inventario al fine di “procedere ad una sistemazione dei quadri esistenti nel Comune”88, infatti, non era stato seguito da alcuna azione concreta da parte delle
istituzioni comunali per una adeguata conservazione ed esposizione al pubblico degli stessi.
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Il travagliato progetto dell’allestimento del museo nella chiesa di Santa Maria Maggiore
e la questione della proprietà dell’antico edificio domenicano
Dopo le prime propostr avanzate da Luigi Carattoli nel 1891 e da Dante Viviani nel 1904 di allestire il museo civico all’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore, si tornò a parlare della questione solo nel 1925. Il 31 gennaio di quell’anno, infatti, allo scopo di “poter iniziare lo studio definitivo
che miri a fare della Chiesa di S. Domenico il Museo Comunale di Narni”, il soprintendente chiedeva
al sindaco per quale sussidio complessivo intendesse impegnarsi: “E ciò perché il Sup. Ministero
possa venire all’impegno del proprio contributo; e questo R. Istituto sapprà su quali mezzi può contare all’eventuale inizio dei lavori”89. Il Comune decise di stanziare un contributo “a cominciare dall’anno 1926, per cinque anni, da pagarsi previo esame del progetto, e durante la esecuzione dei
lavori”90. A tal fine anche l’Opera Pia Alberti aveva offerto del denaro per la “sistemazione del Museo
d’Arte di Narni nella Chiesa di S. Domenico”91.
Il 24 ottobre 1927 il soprintendente, bocciando la proposta di erigere a Narni, nell’antica
piazza del Lago (oggi piazza Garibaldi), un monumento in bronzo al Gattamelata92, proponeva di
impiegare il denaro a disposizione per aprire il museo nella chiesa di San Domenico ed eventualmente intitolarlo al celebre condottiero narnese: “In una mia visita recente a Narni ho potuto constatare che la minacciata erezione di un monumento al Gattamelata nuocerebbe in modo
irrimediabile all’armonia di quella delle due piazze che venisse scelta a tale uopo […] nell’intento di
assicurare la miglior conservazione del carattere artistico di Narni e di onorare insieme degnamente
e benevolmente la memoria del grande Condottiero, io consiglio di pensare piuttosto al restauro
della monumentale Chiesa di San Domenico, dove potrebbe poi accogliersi il «Civico Museo Gattamelata». Accolto un tale punto di vista, io potrei a suo tempo ottenere che gli sforzi di codesto Comune venissero aiutati con un generoso sussidio da parte del Ministero dell’Istruzione”93.
In realtà, il mancato allestimento di un museo comunale all’interno della chiesa di Santa Maria
Maggiore era accompagnato in questi anni dalla questione della controversa proprietà dell’edificio94. La
chiesa domenicana, infatti, poiché preposta all’uso di parrocchia, non era mai stata requisita95. Dopo
la confisca del convento, un frate dell’Ordine dei Predicatori aveva continuato a rivestire il ruolo di parroco della chiesa, sostituito, in seguito al forzato abbandono dell’edificio nel 1870 da parte degli stessi
Domenicani, da un sacerdote secolare nominato dal vescovo, “al quale spettava, in qualità di legale rappresentante, la detenzione degli immobili e di quanto in essi contenuto”96. Nel 1886, a causa delle pessime condizioni statiche dell’edificio, il vescovo Galli decise di concederlo in uso temporaneo al
Municipio in cambio della chiesa, soppressa, di Santa Restituta, dove poco dopo fu trasferita la parrocchia: il vescovo aveva stabilito di adibire la chiesa domenicana “ad uso profano non indecoroso”97.
A dispetto delle prescrizioni del presule, tuttavia, a partire da quel momento l’edificio fu utilizzato per
scopi assolutamente inadatti al rispetto sia della sacralità che della storicità del luogo, tanto che esso
fu adibito a magazzino di calce e legname e, quindi, a rimessa per i cavalli (mentre il convento annesso
era stato trasformato in caserma). Nel frattempo, a causa delle condizioni di conservazione dell’edificio, il Comune si era reso disponibile a custodire nei depositi della pinacoteca le opere d’arte che erano
conservate all’interno della chiesa (tra cui, certamente, l’Annunciazione del Gozzoli e il dipinto bifacciale
del Maestro di Narni del 1409, trasferite negli ambienti del palazzo comunale tra il 1877 e il 188098):
un’operazione di sgombro che, tuttavia, come ricordato nel 1890 dal parroco Giuseppe Vernocchi, “dovette essere molto precipitosa, giacché in quella circostanza non si conosce che fosse fatto dal Messo
governativo, o comunale, Inventario di sorta, né presa consegna alcuna”99.
Nel 1911 fu avviata una battaglia legale da parte del vescovo Francesco Moretti per ottenere
la restituzione dell’edificio, tanto che il Fondo per il Culto pretese che fosse imposto al Comune di
Narni un termine per il rilascio degli immobili e delle “opere d’arte, trasferite illegalmente in altre
sedi”100. Il Tribunale di Spoleto decise che le cause contro il Comune dovessero essere abbandonate
perché, in cambio della chiesa di Santa Maria Maggiore e della canonica, il Municipio aveva concesso
alla parrocchia la chiesa di Santa Restituta e alcuni locali annessi. Ne sarebbe dovuta seguire quindi
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Fig. 12. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, interno, veduta
della navata centrale dell’edificio,
ridotto a magazzino di legname
(BCN, AF, Città 4, n. inv. 72, s.d.).
Fig 13. Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore, interno, veduta della
navata centrale e di quella sinistra
con operai al lavoro nel 1940 (BCN,
AF, Città 250, n. inv. 993,4).
Fig. 14. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, interno, veduta di
parte della navata sinistra in
occasione dei lavori del 1940 (BCN,
AF, Città 250, n. inv. 993, 10).
una transazione che, tuttavia, fu interrotta nel 1922 per volontà di monsignor Brugnola, il quale decise di far stilare una perizia per stabilire il valore dei rispettivi immobili.
La questione andò ancora avanti: nel 1933 si sarebbe dovuto firmare il protocollo che sanciva
l’operazione di scambio dei due edifici e la restituzione da parte del Comune degli arredi sacri provenienti dalla chiesa domenicana (compreso il dipinto su tavola bifacciale del Maestro di Narni, oggetto di particolare venerazione)101. Tuttavia il protocollo non venne mai firmato, in quanto nella
vicenda non erano stati coinvolti i veri proprietari di Santa Maria Maggiore, ossia i frati Predicatori.
Nei primi anni Cinquanta, nonostante i Domenicani avessero espresso la volontà di non rinunciare alla “proprietà e al diritto di una chiesa che ha per l’Ordine tante memorie, specialmente
con la Beata Lucia”102, e nonostante la Sacra Congregazione del Concilio avesse richiesto al vescovo
Dal Prà di riferire lo stato delle pratiche “per ottenere dal Governo la retrocessione della chiesa di
San Domenico con parte dell’annesso ex convento”103, le controversie cessarono.
Il Comune di Narni, interpellato dal vescovo, aveva ribadito la sua ferma volontà di “mantenere gli accordi mai convalidati in precedenza”104, facendo leva presso il vescovo sullo stato di “fa-
Fig. 15. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, interno, veduta
della navata destra con gli affreschi
di scuola benozzesca e operai al
lavoro negli anni sessanta del XX
secolo (BCN, AF, LAV. P. 21, n. inv.
259, foto Pannuzzi).
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Fig. 16. Marten Stella e Gilles Congnet, Storie
della Genesi (part. della Cacciata dei progenitori
dal Paradiso terrestre), 1570, Narni, chiesa di
Santa Maria Maggiore.
tiscenza” dell’edificio, per il quale sarebbero stati necessari lavori di ristrutturazione di “varie decine di milioni” di lire (che, tuttavia, “neppure il Municipio è in grado di fare”105). D’altra parte, il deplorevole stato di conservazione della chiesa, visibile da alcune riproduzioni fotografiche del 1940
(cfr. figg. 12-14)106, è denunciato anche dalle fonti dell’epoca: “Chi entra nella Chiesa è oppresso da
un vivo senso di scoramento; è in completo abbandono, con affreschi che si staccano, o imbrattati
da vernice, cataste di legna, carbone, veicoli, travi etc. È ridotta a magazzino comunale! Nella navata
sinistra si apre una cappella con affreschi degli Zuccari, rovinati dal tempo e dall’uomo; più avanti
la navata è sorretta da travi perché cadente”107.
Nel 1953 Dal Prà dichiarava, quindi, alla Sacra Congregazione “l’inopportunità di insistere
nella pratica intrapresa per la restituzione dell’edificio”, che avrebbe messo la Curia “in una situazione estremamente imbarazzante” per “la responsabilità di una grande rovina”: proponeva, semmai, di ricontattare i Domenicani, legittimi proprietari dell’immobile, per intervenire a salvaguardia
della loro chiesa, cosa che di fatto, non è mai avvenuta108.
Solo dopo alcuni anni dalla conclusione di tali eventi, si ricomincierà a discutere circa l’istituzione di un museo comunale a San Domenico.
D’altra parte gli amministratori comunali, che avevano sempre rimandato, in un modo o nell’altro, la realizzazione di tale progetto, erano stati ben consapevoli fin dal principio del fatto che il
Comune stesse utilizzando la chiesa in maniera arbitraria proprio perché essa, a differenza dell’annesso convento, non era mai stata requisita. L’11 gennaio 1877, infatti, dopo che la Giunta aveva già
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Fig. 17. Marten Stella e Gilles
Congnet (attr.), Storie della Genesi
(part.), 1570, Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore.
respinto la richiesta del parroco di riaprire al culto la chiesa “per eseguire le funebri religiose”109, il
sindaco Raffaele Stame aveva ricordato alla Giunta che quella chiesa non era stata “compresa nella
cessione del Convento fatta al Comune, ma che in effetto il Municipio vi ha agito da proprietario; e
che sarebbe quasi impossibile il preservarla dalla occupazione continua o temporanea dei Militari.
Laonde sarebbe bene […] prevenire il caso che il Parroco reclami la ufficiatura di quella Chiesa, cercando il modo che egli possa officiarne un’altra. La giunta autorizza il Signor Sindaco a fare le pratiche che stimarà opportune a raggiungere gli intenti da lui accennati”110: osservazioni che furono alla
base del successivo e informale accordo intercorso nel 1886 tra il Comune stesso e il vescovo Galli,
per la concessione, in cambio dell’edificio dei Domenicani, della chiesa di Santa Restituta.
Nel 1961 il soprintendente Gisberto Martelli (su esortazione di Carlo Castellani, ispettore onorario
ai monumenti della città), scriveva al Comune di Narni, lamentando il precario stato di conservazione
in cui versavano i dipinti conservati nella sala del Consiglio comunale, in particolare l’Annunciazione di
Benozzo Gozzoli e l’Incoronazione della Vergine del Ghirlandaio (che “presentano piccoli sollevamenti e
cadute di colore, che sarà necessario consolidare”111), oltre alla tavola del Maestro di Narni del 1409, la
quale mostra “varie spaccature, ma soprattutto appare collocata in modo assai instabile ed in un punto
della sala, ove può rischiare di subire ulteriori danni”112. Lo stesso Martelli esortava, inoltre, l’amministrazione a curare la sistemazione nella sede comunale delle Sacre Stazioni della Via Crucis di Giacinto
Boccanera, dimenticate in un “magazzino” nella chiesa di San Domenico, “al fine di evitarne la disper-
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Fig. 18. Narni, palazzo comunale, sala del
Consiglio con le opere d’arte esposte (BCN,
AF, Città 252, n. inv. 995, “Narni, Consiglio
Comunale”, 23-6-1956, 1).
Fig. 19. Narni, palazzo comunale, sala del
Consiglio con le opere d’arte esposte (BCN,
AF, Città 252, n. inv. 995, “Narni, Consiglio
Comunale”, 23-6-1956, 2).
sione”113. Risale, infatti, proprio a questo periodo la scomparsa di tre delle quattordici tele, la cui conservazione aveva già sollevato notevoli preoccupazioni da parte di Castellani114.
Nel 1968 il soprintendente chiedeva delucidazioni sul motivo per il quale la parte della “Pinacoteca” esposta nella sala consiliare non fosse visitabile, chiedendo se ci fossero particolari impedimenti per l’apertura del sito o se la chiusura fosse dovuta al cattivo stato di conservazione delle
opere115. Castellani rispose che la sala sarebbe stata completamente aperta non appena fosse stato
nominato “il bibliotecario, che è anche custode della stessa” e che le opere “ivi esposte sono in discreto stato di conservazione, salvo il noto ‘Gozzoli’ per il quale è in corso l’avvio al restauro”116.
Come è possibile osservare da alcune fotografie scattate negli anni Cinquanta (figg. 3, 18-19)117,
all’interno della sala del Consiglio erano collocate in questo periodo le seguenti opere118: sulla parete
di fondo, l’Incoronazione della Vergine del Ghirlandaio, il tabernacolo marmoreo proveniente da San
Domenico e l’affresco raffigurante un Angelo inginocchiato staccato dalla stessa chiesa (scheda n. 311);
sulla parete a sinistra dell’ingresso, l’Annunciazione di Benozzo, la tela raffigurante il Salvator Mundi
del Borbone, la tavola con il Sant’Antonio da Padova, accanto alla quale probabilmente erano disposte le altre due provenienti da San Girolamo (il Beato Bernardino da Feltre e il Beato Giacomo della
Marca119); sulla parete di fronte alla pala del Ghirlandaio, alcuni affreschi staccati, di cui due provenienti
dalla chiesa degli Osservanti (Le stimmate di san Francesco attribuito allo Spagna120 e la Madonna col
Bambino tra san Francesco e san Girolamo del Mezzastris) e uno dalla chiesa di San Domenico (La consegna delle chiavi a san Pietro; scheda n. 321); sulla parete destra, altri affreschi staccati dall’edificio domenicano (la danneggiatissima Crocifissione e santi, scheda n. 298), il frammento con i Tre angeli
(scheda n. 297), il Santo papa (scheda n. 301) e la Santa regina martire (scheda n. 302), l’Ultima cena
di Giovan Francesco Perini (scheda n. 314), oltre al busto in gesso con il ritratto del Gattamelata
(tratto “dai calchi dell’originale”121 monumento in bronzo di Donatello a Padova; scheda n. 381) e alla
settecentesca urna di San Massimino (scheda n. 365). Quest’ultima opera, prelevata anch’essa dalla
chiesa di Santa Maria Maggiore, era stata inclusa nella raccolta comunale proprio in questi anni.
Contemporaneamente si continuava a discutere del progetto di istituire la pinacoteca negli
ambienti della chiesa di Santa Maria Maggiore, nel frattempo ristrutturati e adibiti a sede espositiva
di una mostra dedicata alle “Compagnie di ventura”122. In una lettera del 12 novembre 1970 Renzo
Pardi sollecitava il Comune di Narni affinché predisponesse il nuovo allestimento delle opere all’interno dell’edificio domenicano, dove erano “migliori condizioni climatiche e di luce” rispetto alla
sala consiliare123: una sollecitazione avanzata al sindaco anche dal nuovo ispettore onorario ai Mo-
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Fig. 20. Narni, monastero di San
Bernardo, in una fotografia che
documenta le distruzioni operate
tra il 1962 e il 1967 (foto archivio
Leo Emiri).
numenti, Mario Bigotti, che chiedeva di prendere accordi per il trasporto delle due tavole del Ghirlandaio e del Gozzoli e dell’affresco staccato con le Stimmate di san Francesco attribuito allo Spagna124.
Ancora nel 1972 Bigotti esortava il sindaco ad adoperarsi per il trasferimento dei tre dipinti a San Domenico, come richiesto più volte anche dalla Soprintendenza, affermando che sarebbe stato necessario predisporre un sistema di allarme e di sicurezza idoneo125.
È in questo periodo che la raccolta comunale di Narni viene ad assumere una connotazione
diversa rispetto a quella che l’aveva caratterizzata al momento della sua prima formazione.
Dopo la perdita dei numerosi dipinti che, come si è visto, scomparvero nel giro di pochi decenni, la collezione fu ampliata grazie all’acquisizione di nuove opere.
Nel corso della prima metà del XX secolo (stando alle testimonianze, prima della trasformazione
della chiesa e del monastero benedettino di San Bernardo in alloggi di fortuna degli sfollati della Seconda guerra mondiale126), confluirono nella raccolta civica alcuni manufatti sopravvissuti all’opera di
demolizione dell’antico complesso di San Bernardo (fig. 20): tre campane in bronzo (schede nr. 375377), l’iscrizione che ricorda la consacrazione della chiesa nel 1763 (scheda n. 369), i frammenti del portale del monastero (scheda n. 362) e cinque dipinti su tela databili al XVIII secolo (la pala dell’altare
maggiore raffigurante l’Incoronazione della Vergine e santi dell’Ordine benedettino, scheda n. 330, e quattro lunette con Storie della vita di san Benedetto, scheda n. 331)127.
Dall’antica chiesa di Santa Maria di Visciano (comunemente nota come Santa Pudenziana)
fu prelevata una scultura lignea databile alla prima metà del XIV secolo, raffigurante una Madonna
Fig. 21. Antoniazzo Romano (attr.),
Resurrezione di Cristo (part. prima
dell’intervento di restauro), Narni,
raccolta comunale.
| 81
Fig. 22. Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore, interno, veduta della
navata centrale con le opere d’arte
della raccolta comunale esposte
nella zona del presbiterio nei primi
anni settanta del XX secolo (tratta da
Prandi 1973, fig. 98, p. 308).
Fig. 23. Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore, interno, veduta della
navata destra con le opere d’arte
della raccolta comunale esposte
nella cappella della famiglia del
Gattamelata nei primi anni settanta
del XX secolo (foto tratta da Prandi
1973, fig. 103. p. 313).
in trono con il Bambino (scheda n. 295), mentre dall’edificio dedicato a San Martino nei pressi di
Taizzano, tra il 1970 (data dell’acquisto dell’immobile da parte del Comune) e il 1972-73128, venne trasportato all’interno della chiesa di San Domenico un pregevole altare in pietra di età altomedievale,
decorato sulla fronte con racemi vitinei ed elementi geometrici (scheda n. 339).
Su richiesta del commissario prefettizio di Narni, inoltre, vennero concesse in custodia al Comune nove importanti opere di proprietà dell’Istituto per l’assistenza all’infanzia “Beata Lucia” di
Narni, segnalate da Carlo Castellani129: un busto in terracotta raffigurante San Bernardino da Siena,
attribuibile ai fratelli Giacomo e Raffaele da Montereale e forse proveniente dalla Confraternita di Rieti
intitolata al santo (scheda n. 315); tre dipinti su tavola raffiguranti, rispettivamente, la Resurrezione
di Cristo ricondotta alla mano di Antoniazzo Romano (scheda n. 312; fig. 21), l’Annunciazione della Vergine firmata da Livio Agresti (scheda n. 316), l’Immacolata Concezione recentemente riconosciuta
come opera dello stesso pittore forlivese (scheda n. 317); cinque tele, che rappresentano il Parnaso
(scheda n. 322), l’Adorazione dei pastori (scheda n. 324), San Francesco riceve le stimmate (scheda n.
323), tutte databili al XVII secolo, un Ritratto di dama (scheda n. 326), eseguito probabilmente a cavallo tra Sei e Settecento, e il Salvatore tra la Vergine e i santi Giuseppe, Giovanni Battista e Giovanni
Evangelista, attribuito alla mano di Francesco Trevisani e riconducibile all’attività di committenza
svolta dal cardinale Giuseppe Sacripante (scheda n. 327)130.
Le opere furono concesse in prestito a condizione che ricevessero “una decorosa sistema-
Fig. 24. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, interno, veduta
della navata sinistra con le opere
d’arte della raccolta comunale
esposte nei primi anni settanta del
XX secolo all’interno della cappella
affrescata sulla volta con le Storie
della Genesi (foto tratta da Prandi
1973, fig. 102, p. 312).
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zione” e che venissero restaurati “2 dipinti maggiormente deteriorati”: le due tavole raffiguranti la
Resurrezione di Cristo e l’Immacolata Concezione (quest’ultima citata come l’“Ascensione”)131.
Un provvisorio allestimento degli oggetti d’arte di proprietà comunale all’interno della chiesa
di San Domenico, quindi, vide la luce tra il maggio 1972 (quando Bigotti esortava il sindaco ad adoperarsi per il trasferimento dei dipinti nell’edificio) e il 1973, anno in cui Prandi pubblicava alcune riproduzioni fotografiche dell’interno della chiesa con il relativo allestimento delle opere132 (figg. 22-24).
Le sculture e i dipinti esposti in questa occasione erano i seguenti (la descrizione è tratta
dalla Guida di Narni di Gino Cotini):
“II Cappella a destra [dell’ingresso, n.d.r.]
Immagine di Gesù Redentore - Tela - Scuola Raffaellesca
IV Cappella a destra - (Cappella del Gattamelata)
al centro: Tavola - La Resurrezione - Marcantonio Aquili, figlio di Antoniazzo Romano - 1510
a destra: Tavola - S. Antonio da Padova
a sinistra: Tavola - Bernardino da Feltre di Fiorenzo di Lorenzo
In fondo alla navata di destra
parete destra: Crocefissione - Affresco riportato su Tela 1450
Annunciazione - Tavola di B. Gozzoli
parete sinistra: Affresco su tela - Frammento di cena - Torresani - sulla parete di fronte [...] altare Paleocristiano di marmo scolpito, proveniente dall’abazia di S. Martino in Taizzano.
Abside: Affreschi diversi raccolti da varie parti della chiesa di scuola senese, umbra (o narnese):
4 raffigurazioni di santi di diversa dimensione - Stendardo doppia faccia in legno - anonimo narnese (’400) […].
Urna di marmo - che si trovava sotto l’altare della chiesa e conteneva le reliquie di S. Massimino
- dono del Card. Sacripante ai Domenicani. Statua lignea - Madonna con Bambino, proveniente
dalla chiesa di S. Pudenziana - sec. XIII. Affreschi su tela del Mezastris - provenienti dalla chiesa
di S. Girolamo.
Affreschi diversi - provenienti da altre chiese di Narni.
Busto in terracotta - Vecchietta - S. Bernardino da Siena […].
Fondo navata sinistra
Tavola Pompeiana in marmo - riproduzione fedele donata dal Martinori. Tavola - B. Lattanzio
della Marca - Madonna con Bambino e Santi (sec. XV) ignoto - Affresco su tela.
Cappella Arca
L’Annunciazione - L. Agresti 1560 – Tavola;
di fronte: La Resurrezione - Tela (sec. XVI).
[…] ai lati della cappella [la prima a sinistra, n.d.r.] 4 tele - episodi della vita di S. Benedetto - sec.
XVII seconda metà.
Sparsi nelle varie parti dell’ambiente ci sono reperti vari di ogni epoca sfuggiti alla distruzione oltre
ad una serie di campane appartenenti alla chiesa di S. Bernardo e degli Scolopi”133.
Questo primo tentativo, finalmente effettuato, di costituire un museo della città, aperto al
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pubblico e in grado di raccogliere almeno una parte dei dipinti e delle sculture della pinacoteca, insieme ad altri tipi di manufatti e reperti archeologici, non poteva comprendere la pala del Ghirlandaio, date le dimensioni dell’opera e la difficoltà di trasportarla al di fuori della sala consiliare.
Per quanto riguarda le ultime acquisizioni, come si è visto, le richieste avanzate dall’Istituto
“Beata Lucia” furono quasi del tutto disattese: innanzitutto perché delle nove opere consegnate, solo
tre furono esposte (il busto del San Bernardino da Siena, la Resurrezione di Cristo e l’Annunciazione dell’Agresti), senza che venisse attivato il restauro dei due dipinti maggiormente deteriorati (restaurati solo
in tempi recenti134), ma soprattutto perché il nuovo allestimento approntato all’interno della chiesa di
San Domenico fu presto smantellato e le opere rimasero chiuse per molti anni nei magazzini comunali.
Il 17 marzo 1978, infatti, il soprintendente Francesco Santi inviava una lettera di protesta all’Assessorato ai Beni Culturali della Regione Umbria, in cui comunicava che tutto il materiale storico-artistico di proprietà del Comune era stato “ricoverato nella 3a cappella a destra della chiesa di
S. Domenico, chiusa poi con un tramezzo in prefabbricato di gesso e la porta di accesso è stata sigillata. Poiché la chiesa è sottoposta a lavori di restauro strutturale con conseguente aggravamento
dell’umidificazione degli ambienti (pari al 100% di umidità relativa) si fa presente il gravissimo rischio di irreparabili danni al materiale, che è indispensabile trasportare in locali più idonei, con tutte
le precauzioni necessarie”135. Santi riteneva comunque che la Pinacoteca dovesse rimanere a San
Domenico, per le particolari caratteristiche del monumento, collocato nel centro storico della città.
Nell’ottobre dello stesso anno il soprintendente, in una lettera al Comune di Narni, lamentava ancora che a quella data non fossero state spostate le opere, “riunite in una cappella laterale”
Fig. 25. Narni, chiesa di Santa Maria
Maggiore, cappella laterale con le opere d’arte
accatastate nel 1978 (AFSU, Narni – Ex S.
Domenico: Negativo Sopr. [s.n.], 1978).
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Fig. 26. Narni, chiesa di Santa Maria Maggiore,
particolare del monumento funebre di Gabriele Massei
e dell’affresco con la Madonna con il Bambino tra i santi
Vincenzo Ferrer e Giuseppe, staccato e trasferito nel 1977
(foto archivio Giovanni Manuali).
a San Domenico, collocazione “inidonea” e “pericolosissima” per l’umidità dell’ambiente causata
dai lavori edili eseguiti all’interno dell’edificio136.
La collocazione dei dipinti e delle sculture di proprietà comunale nella terza cappella a destra
dell’antico edificio domenicano è testimoniata anche da una fotografia del 1978, rinvenuta presso
l’Archivio della Soprintendenza, dalla quale risulta evidente lo stato di abbandono in cui erano costrette le opere137 (fig. 25).
Nel 1977, inoltre, probabilmente subito dopo lo smantellamento del “museo”, dalle pareti
della chiesa di San Domenico furono staccati altri due dipinti ad affresco: una Madonna incoronata
da due angeli del XV secolo (scheda n. 303) e la Madonna con il Bambino tra san Giuseppe e san Vincenzo Ferrer, qui attribuita alla mano di Alessandro Torresani (scheda n. 318; cfr. fig. 26). È verosimile,
inoltre, che nello stesso periodo sia entrato a far parte della collezione civica anche un altro affresco
staccato, di cui si ignora la provenienza, raffigurante la Madonna con il Bambino tra i santi Francesco
e Antonio abate, opera di un seguace di Piermatteo d’Amelia (scheda n. 310).
Gli ultimi progetti per la creazione del museo e il lungo deposito delle opere d’arte nei magazzini
Il problema della conservazione delle opere d’arte di proprietà municipale rimase irrisolto
ancora per molti anni. Il 22 maggio 1986 all’interno della chiesa di San Domenico venne effettuato
un sopralluogo da parte della Soprintendenza: lo testimonia una lettera inviata dal soprintendente
Domenico Valentino al sindaco di Narni Giulio Cesare Proietti, per “una ingiustamente mancata valorizzazione” nel tempo delle opere d’arte, che risultano caratterizzate da “enormi traumi di tipo lacerazioni o fessurazioni” e da “sollevamenti della pellicola pittorica che minacciano cadute a breve
termine”138(cfr. fig. 27). Mentre l’Annunciazione del Gozzoli subiva nel 1987 un nuovo intervento di
restauro139 e veniva trasportata, in un primo momento, all’interno dell’ufficio del sindaco e, successivamente, in una piccola stanza del palazzo comunale, adiacente alla sala consiliare140, le altre opere
della collezione civica rimanevano accatastate nell’umida cappella dell’antico edificio domenicano.
Nel frattempo veniva elaborato un progetto completamente nuovo per la creazione del
museo: esso prevedeva l’utilizzo di un altro monumento storico della città, il palazzo un tempo di
proprietà della famiglia Eroli di Narni, edificato nei pressi del palazzo comunale e a ridosso della
chiesa di San Francesco. Allo scopo di istituirvi il “Museo della Città - Centro di Documentazione
della Storia Urbana”, tra il 1988 e il 1989 la Provincia di Terni e il Comune di Narni nominarono un
gruppo di lavoro per un progetto di fattibilità141.
Fig. 27. L’Annunciazione della
Vergine di Benozzo Gozzoli in una
fotografia del 1987, in cui sono
visibili i gravi sollevamenti della
pellicola pittorica (foto archivio
Giovanni Manuali).
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Già qualche anno prima, nel 1984, la Provincia di Terni aveva provveduto ad acquistare il palazzo e nel 1987 ad avviare “i lavori di risanamento e ristrutturazione del complesso edilizio”142.
Poco dopo, tuttavia, il progetto, che ormai sembrava definitivo, subì delle variazioni.
Tra il 1992 e il 1993 il Comune strinse un accordo con la Diocesi di Terni, Narni e Amelia per la
realizzazione di un “Museo Civico - Diocesano” da allestirsi presso i locali del palazzo vescovile di Narni,
accanto alla cattedrale di San Giovenale143. Dato che gli ambienti del Vescovado necessitavano di una
ristrutturazione, contemporaneamente fu dato il via al “I° stralcio dei lavori di adattamento”144 dell’edificio, eseguiti grazie ai finanziamenti concessi dalla Regione dell’Umbria, che ha provveduto anche ad
assegnare degli stanziamenti per il restauro di alcune delle opere d’arte della raccolta comunale145.
In tale occasione il sindaco Renato Purgatorio affermò che la realizzazione del museo nel palazzo vescovile non avrebbe comunque comportato l’abbandono del progetto più generale, che prevedeva “l’utilizzazione come polo culturale di Palazzo Eroli”146.
Nel 1995, tramite altre deliberazioni del Consiglio comunale, l’amministrazione narnese chiedeva alla Provincia di Terni di “destinare Palazzo Eroli in Narni, di proprietà della stessa Provincia,
a ‘Palazzo della Cultura’ per ospitare anche il costituendo Museo Cittadino”147, e otteneva “l’annullamento della paventata alienazione del Palazzo da parte della Provincia”148. Confermando la propria
volontà di gestire l’immobile, la Giunta riteneva “di dover organizzare in un unico contenitore il seguente patrimonio di proprietà comunale: Biblioteca, Archivio storico e altri archivi, Pinacoteca, Raccolta archeologica e paleontologica, Fototeca, Donazione Castellani”149.
Il progetto fu approvato nel 1997. Esso prevedeva la realizzazione di un unico itinerario museale comprensivo di entrambe le sedi, palazzo Eroli e il Vescovado, “secondo un percorso storico
e tematico unitario, sia sotto il profilo del metodo sia dell’allestimento e dei criteri museografici
della gestione”, in grado di incrementare gli spazi destinati ad ospitare le raccolte comunali e di valorizzare “entrambe le ipotesi precedenti (Vescovado o Palazzo Eroli presi singolarmente)”150.
Il progetto di allestimento della Pinacoteca fu redatto dal prof. Francesco Federico Mancini
dell’Università degli Studi di Perugia, secondo un criterio espositivo incentrato sul rapporto dialettico tra le opere custodite all’interno della raccolta comunale e i monumenti della città in cui esse
furono conservate per secoli151. Le sculture e i dipinti databili tra la seconda metà del XIV e gli inizi
del XV secolo (la scultura lignea con la Madonna e il Bambino in trono proveniente dalla chiesa di
Santa Pudenziana, lo stendardo bifacciale del Maestro di Narni del 1409, l’affresco frammentario raffigurante Tre angeli e l’altro, di ridotte dimensioni, con l’immagine a mezzobusto della Madonna con
il Bambino) sarebbero stati esposti all’interno di palazzo Eroli, nelle sezioni dedicate al basso Medioevo. Negli ambienti del palazzo vescovile, invece, sarebbero confluite le opere, sia di proprietà comunale che diocesana, risalenti ai secoli XV-XVIII.
Il grande spazio espositivo del salone sarebbe stato articolato in diverse sezioni, convergenti
verso l’opera più imponente della collezione, il grande dipinto su tavola di Domenico Ghirlandaio proveniente da San Girolamo: dalla prima sezione, dedicata alla cattedrale di San Giovenale (in cui avrebbe
trovato spazio la scultura lignea del Vecchietta, ora in duomo, raffigurante Sant’Antonio abate), si sarebbe passati alla seconda, riguardante le più illustri famiglie della città (Cesi, Eroli, Massei, Gattamelata), e, quindi, alla terza e alla quarta, dedicate rispettivamente agli ordini mendicanti e alle maestranze
lombarde attive a Narni nel Quattrocento. Nell’ambito della quinta sezione, incentrata sulle presenze
toscane in città, sarebbero stati esposti l’Annunciazione della Vergine del Gozzoli e il tabernacolo dalla
chiesa di San Domenico della scuola di Agostino di Duccio: il percorso in questa prima sala si sarebbe
concluso con la sesta sezione, riservata alle opere provenienti dalla chiesa di San Girolamo e, in particolare, alla pala del Ghirlandaio. Oltrepassato il ristretto ambiente di collegamento tra il salone e la
stanza successiva (all’interno del quale sarebbe stata esposta la tela seicentesca ora in cattedrale, raffigurante San Pellegrino con una veduta di Narni sullo sfondo), si sarebbe giunti nella seconda sala, che
avrebbe dovuto accogliere le opere del XVI e XVII secolo: alcuni espositori collocati al centro avrebbero
ospitato anche dei preziosi oggetti sacri del Tesoro della cattedrale. La terza sala, inoltre, sarebbe stata
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Fig. 28. Narni, chiesa di Santa Maria Maggiore, cappella di San Pietro: si
riconoscono il busto di San Bernardino da Siena, l’urna di San Massimino,
una delle campane in bronzo, affreschi staccati e opere su tavola e su tela
sui piani della struttura in tubi innocenti (foto archivio dell’autore, 2001).
Fig. 28. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, cappella di San
Pietro, urna di San Massimino
(foto archivio dell’autore, 2001).
dedicata all’illustrazione della cultura artistica a Narni nel XVIII secolo, attraverso la presentazione delle
undici Stazioni della via Crucis del Boccanera e delle tele provenienti dalla distrutta chiesa di San Bernardo. Anche all’interno di tale ambiente, infine, alcuni espositori avrebbero accolto candelieri, ostensori e reliquiari settecenteschi provenienti dalla cattedrale.
In vista di tale allestimento, i lavori al Vescovado erano, nel frattempo, progrediti e una parte
degli ambienti al primo piano dell’edificio erano stati quasi completamente restaurati, tanto che si
provvide anche all’allestimento del mobilio necessario per ospitare la futura pinacoteca.
La mozione già avanzata in Consiglio comunale denunciava, tuttavia, il fatto che la convenzione con la Diocesi “che tutelava la comunità” era scaduta nel 1998, senza che si annunciasse la
prospettiva di una prossima apertura del museo, né negli ambienti quasi interamente rinnovati del
palazzo vescovile, né all’interno di palazzo Eroli, per la ristrutturazione del quale i lavori erano ancora in corso d’opera152.
Il progetto di apertura di un museo a Narni sembrava per il momento subire un nuovo arresto.
Alla fine degli anni Novanta, quando i locali del Vescovado erano ancora in fase di restauro,
l’Annunciazione del Gozzoli, insieme ad altri, pochi, dipinti restaurati della raccolta comunale, scelti tra
quelli che erano stati depositati nella chiesa di San Domenico, fu trasportata all’interno del palazzo vescovile153.
Nel frattempo, gran parte delle opere della raccolta civica, tra le quali la Resurrezione di Cristo
di Antoniazzo Romano, la lunetta raffigurante l’Immacolata Concezione, il busto in terracotta con il
ritratto di San Bernardino da Siena, vari affreschi staccati e numerose tele databili tra il XVII e il XIX
secolo, rimaneva all’interno dell’umida cappella della chiesa di San Domenico (figg. 28-29), edificio
che dal 1985 era stato adibito anche a Biblioteca comunale e dal 1998 perfino ad aula consiliare154.
Il forte tasso di umidità, la notevole quantità di sporco e di polvere, la precarietà dello stato
di conservazione (la cappella non era chiusa, ma facilmente accessibile anche a chi entrava in chiesa
per accedere alla Biblioteca) hanno causato nel tempo numerosi danni alle opere ivi conservate e
hanno portato anche alla recente scomparsa di almeno una di esse155.
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La mostra “Pittura e scultura a Narni tra XIV e XVIII secolo”: un primo passo verso la nascita
della Pinacoteca civica
Nell’anno 2002, dopo una prima analisi e rimessa “in ordine” delle opere conservate nella
chiesa di San Domenico156, il Comune di Narni si attivò per un trasferimento dei dipinti e delle sculture dall’edificio dei frati Predicatori157 agli ambienti, ormai restaurati, del palazzo vescovile, dove era
possibile offrire loro una sistemazione più degna.
I locali del Vescovado, infatti, furono riaperti al pubblico in seguito all’allestimento di una mostra riguardante alcune opere d’arte della raccolta comunale, curata da chi scrive e da Alessandro
Novelli. L’esposizione, dal titolo “Pittura e scultura a Narni tra XIV e XVIII secolo”, realizzata allo scopo
di porre all’attenzione del pubblico almeno una parte di un patrimonio artistico che non era più visibile da circa trent’anni, rimase aperta per due anni, dal maggio 2002 al giugno 2004158 (fig. 30).
Uno dei primari obiettivi dell’esposizione era quello di attirare l’attenzione, in particolare, su
quelle opere che più di altre necessitavano di un urgente intervento di restauro. Un intento fortunatamente raggiunto, grazie al contributo del Lions Club di Narni e della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, che hanno accolto la richiesta di finanziare il restauro della preziosa tavola
raffigurante la Resurrezione di Cristo e di altri sette dipinti della raccolta comunale159.
Nel frattempo, come si è visto, il progetto per la creazione di un vero e proprio museo per la
città si era momentaneamente arenato.
Un nuovo interesse in questa direzione sembrava essersi risvegliato proprio in occasione dell’inaugurazione della mostra (il 2 maggio 2002), quando il sindaco Luigi Annesi e il vescovo di Terni,
Narni e Amelia mons. Vincenzo Paglia firmarono un nuovo accordo per la creazione di un “Museo
Civico-Diocesano”. Tuttavia a quell’atto ufficiale non seguirono i fatti. La nuova amministrazione
comunale, con il neoeletto sindaco Stefano Bigaroni, insediatasi pochi giorni dopo, non si era di-
Fig. 30. Narni, palazzo vescovile, salone
principale: veduta dell’allestimento di uno degli
ambienti della mostra Pittura e scultura a Narni tra
XIV e XVIII secolo (foto archivio dell’autore, 2002).
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mostrata favorevole al progetto di istituire un unico museo: pertanto, nonostante la firma della convenzione (che prevedeva una durata di 15 anni), l’idea del “Museo Civico-Diocesano” venne di nuovo
abbandonata, mentre i lavori a palazzo Eroli erano ancora in attesa di essere completati.
Per circa due anni, quindi, la mostra “Pittura e scultura a Narni tra XIV e XVIII secolo”, regolarmente aperta al pubblico, ha svolto la funzione di “Pinacoteca civica”, dato che al suo interno era
visibile un buon numero di opere tra le più rappresentative della collezione comunale.
La pala del Ghirlandaio, così come l’affresco staccato con le Stimmate di san Francesco dello
Spagna, a causa delle loro notevoli dimensioni, erano rimasti all’interno della sala consiliare.
Al contrario, la delicata tavola con l’Annunciazione di Benozzo Gozzoli, dopo l’ultimo restauro
del 2002 e il ritorno dalla mostra a Montefalco160, venne esposta per alcuni mesi, anche se poi fu nuovamente ricollocata in deposito nel luglio 2003, per il verificarsi di nuovi sollevamenti della pellicola
pittorica.
Per un breve periodo, inoltre, all’interno del salone del Vescovado, è stata visibile la grande
tela del sipario del Teatro comunale di Narni (scheda n. 333), dipinta dal pittore ternano Gioacchino
Altobelli con l’episodio del Passaggio del fiume Adda da parte del Gattamelata (1853-1855). È in questo periodo, infatti, che la raccolta comunale si è arricchita di questa nuova opera, creduta perduta
per lungo tempo e ritrovata nel 2003161.
Inoltre, per la prima volta dalla sua acquisizione, era stato esposto in pubblico il Ritratto di
Giovanni Eroli di Erulo Eroli.
L’allestimento della mostra “Pittura e scultura a Narni tra XIV e XVIII secolo”, arricchito dalla
presenza di pannelli didascalici e riproduzioni fotografiche illustranti le principali emergenze artistiche della città tra Medioevo ed età moderna, prevedeva la presentazione delle seguenti opere:
Sala n. I (salone con camino):
(Dipinti e sculture dal XIV alla metà del XVI secolo)
1. Scultore umbro della prima metà del XIV secolo, Madonna con il Bambino in trono, scultura
lignea policroma proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Visciano;
2. Bottega del Maestro della Dormitio di Terni, Madonna della Misericordia incoronata dagli
angeli (Tre angeli), affresco frammentario staccato dalla chiesa di Santa Maria Maggiore;
3. Maestro di Narni del 1409, Madonna con il Bambino in trono; Dormitio e Incoronazione della
Vergine, dipinto su tavola bifacciale, dalla chiesa di Santa Maria Maggiore;
4. Pittore attivo nella prima metà del XV secolo, Madonna con il Bambino, affresco staccato
dalla chiesa di Santa Maria Maggiore;
5. Pierantonio Mezzastris, Madonna con il Bambino tra san Francesco e san Girolamo, affresco
staccato dalla chiesa di San Girolamo;
6. Antoniazzo Romano (attr.), Resurrezione di Cristo, olio su tavola, collocazione originaria
sconosciuta (proprietà dell’Istituto “Beata Lucia” di Narni);
7. Giacomo e Raffaele da Montereale (attr.), San Bernardino da Siena, busto in terracotta, forse
proveniente dalla Confraternita di San Bernardino a Rieti (proprietà dell’Istituto “Beata Lucia”
di Narni);
8. Piermatteo d’Amelia (attr.), Sant’Antonio di Padova, tempera su tavola, dalla chiesa di San
Girolamo;
9. Piermatteo d’Amelia (attr.), Beato Bernardino da Feltre, tempera su tavola, dalla chiesa di
San Girolamo;
10. Giovan Francesco Perini, Ultima cena, affresco staccato dalla chiesa di Santa Maria Maggiore;
11. Livio Agresti, Annunciazione della Vergine, f. e d. 1559, olio su tavola, proveniente probabilmente dalla Confraternita della Santissima Annunziata (proprietà dell’Istituto “Beata Lucia”
di Narni).
| 89
Sala II:
(Dipinti dalla seconda metà del XVI alla prima metà del XVIII secolo)
12. Cerchia di Paolo Veronese, Presentazione di Gesù al tempio, olio su tela (bozzetto), dalla collezione di Giovanni Eroli;
13. Pittore del XVII secolo, Parnaso, olio su tela, collocazione originaria sconosciuta (proprietà
dell’Istituto “Beata Lucia” di Narni);
14. Pittore di Montoro, Storie di san Benedetto, 1739, quattro lunette dipinte a olio su tela, provenienti dalla chiesa di San Bernardo.
Sala III:
15. Giacinto Boccanera, Le sacre stazioni della Via Crucis, 1728-29, 11 opere dipinte a olio su tela
provenienti dalla chiesa di San Girolamo.
Sala IV (cappella del palazzo):
16. Benozzo Gozzoli, Annunciazione della Vergine, tempera su tavola, dalla chiesa di Santa
Maria Maggiore (esposta dal 29 dicembre 2002 al 1 luglio 2003).
Sala della biglietteria
(opere del XIX secolo):
17. Erulo Eroli, Ritratto di Giovanni Eroli, f. e d. 1876;
18. Pietro Comucci, Ritratto di un condottiero (Erasmo il Gattamelata?), 1860;
19. Modellino in bronzo del monumento di Donatello a Padova raffigurante Erasmo da Narni
detto il Gattamelata (fine del XIX secolo).
Il 30 giugno 2004 la mostra “Pittura e scultura a Narni tra XIV e XVIII secolo” fu chiusa al
pubblico e le opere vennero di nuovo depositate nei magazzini comunali.
Nel frattempo, con delibera del 4 giugno 2003 l’amministrazione comunale di Narni, in accordo con la Provincia di Terni e la Regione dell’Umbria, aveva definitivamente stabilito di riunire all’interno di palazzo Eroli tutto il materiale archeologico e storico-artistico.
Il prof. Francesco Federico Mancini si è quindi occupato di un nuovo progetto di allestimento
della Pinacoteca, redatto nel luglio dello stesso anno162. Attraverso un percorso che avrebbe offerto
una lettura diacronica della storia artistica narnese, al fine di consentire al visitatore di dialogare
mentalmente con l’esterno della città, l’allestimento sarebbe stato articolato in sette sezioni, ognuna
corredata da pannelli esplicativi, arricchiti da immagini, apparati didascalici e ricostruzioni grafiche
utili a richiamare il contesto storico di provenienza degli oggetti esposti.
Nelle prime due sezioni, dedicate al basso Medioevo (segnate dalla presenza, all’ingresso, del
calco di uno dei portali romanici della chiesa di Santa Maria Impensole), alcune carte del territorio e
grandi riproduzioni fotografiche dei più importanti monumenti cittadini (allestite in modo tale da ricreare, all’interno del museo, un fotomontaggio tridimensionale della piazza dei Priori) avrebbero riprodotto l’articolazione urbana di Narni nei secoli XIII e XIV. La terza sezione, riservata al periodo a
cavallo tra la seconda metà del XIV e il primo quarto del XV secolo, avrebbe previsto, accanto alle opere
della raccolta civica, l’esposizione di un modello ligneo in scala della Rocca dell’Albornoz e di alcune
carte e riproduzioni fotografiche illustranti il sistema delle rocche edificate dal cardinale spagnolo in
Umbria. La quarta sezione avrebbe dovuto illustrare il panorama artistico a Narni nel XV secolo. Per
offrire un quadro il più possibile completo, l’esposizione di alcune delle opere più rilevanti della raccolta comunale (prima fra tutte l’Annunciazione del Gozzoli) sarebbe stata accompagnata dalla presenza di pannelli didascalici riguardanti la storia civile e religiosa della città e delle principali famiglie
locali del tempo (con particolare riguardo alla figura del cardinale Berardo Eroli): il tutto arricchito
dalla riproduzione fotografica di altre preziose opere custodite all’interno degli edifici religiosi di Narni.
| 90
L’Incoronazione della Vergine del Ghirlandaio avrebbe occupato la quinta sezione (corredata da pannelli
illustrativi sul luogo di provenienza del dipinto, sull’attività del maestro e della sua bottega, sulla tecnica esecutiva della pala e sulla sua fortuna iconografica in Umbria). Le ultime due sezioni sarebbero
state dedicate allo sviluppo della produzione artistica tra il XVI e il XVIII secolo. In particolare, la sesta
sezione, suddivisa a sua volta in due settori, avrebbe riguardato le opere del Cinque e Seicento: anch’essa sarebbe stata completata da pannelli illustrativi riguardanti le vicende storiche di Narni in età
moderna, o di approfondimento su alcuni artisti di particolare rilievo (quali, ad esempio, lo Spagna e
la fortuna del suo linguaggio in Umbria meridionale). Il percorso espositivo si sarebbe concluso, infine, con l’ultima sezione, riservata al XVIII secolo: i dipinti sarebbero stati accompagnati da pannelli
illustranti le vicende storiche della città nel Settecento, con una particolare attenzione alla figura dell’illustre cardinale Giuseppe Sacripante. Riproduzioni fotografiche di preziosi oggetti del Tesoro della
cattedrale del XVI-XVIII secolo avrebbero, inoltre, completato l’allestimento di tali sezioni (un accordo
con la Curia avrebbe potuto prevedere l’esposizione temporanea o permanente degli stessi).
A partire dal mese di aprile 2007 è stato finalmente aperto al pubblico il museo della città di
Narni, all’interno degli ambienti del “rinnovato” Palazzo Eroli.
I dipinti e le sculture della Pinacoteca sono stati collocati nelle sale del piano nobile dell’edificio, secondo una disposizione (curata dallo stesso prof. Mancini) che, rispetto a quella prevista nel
progetto del 2003, ha dovuto tenere conto dell’esiguità degli spazi a disposizione.
I locali restaurati del palazzo vescovile sono stati ora adibiti a sede del “Centro Diocesano per la
Documentazione”, comprendente l’Archivio Storico Diocesano di Narni, il Fondo antico della Biblioteca
diocesana “Beata Lucia” e, prossimamente, il Fondo antico della Biblioteca comunale di Narni163.
La chiesa domenicana di Santa Maria Maggiore (fig. 31)è stata invece oggetto di lavori di ri-
Fig. 31. Narni, chiesa di Santa
Maria Maggiore, interno (foto
archivio dell’autore, 2009).
| 91
strutturazione, intrapresi recentemente dal Comune di Narni. In base ad un accordo stipulato con
l’Università degli Studi di Perugia, l’ampia aula della chiesa, oltre ad essere impiegata come sala polivalente (atta ad accogliere quindi conferenze, convegni e attività culturali di vario genere), verrà utilizzata innanzitutto come aula magna della Facoltà di Scienze della Formazione dell’ateneo
perugino164.
Negli anni immediatamente precedenti a tali interventi, all’interno dell’edificio sono stati effettuati alcuni scavi, eseguiti sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologica dell’Umbria,
che hanno riportato alla luce importanti testimonianze delle fasi più antiche del monumento: sono
riemerse, infatti, la primitiva abside semicircolare della chiesa romanica (riedificata nelle forme attuali dai Domenicani nella seconda metà del XIV secolo165), sulle pareti della quale sono ancora visibili alcuni lacerti di interessanti affreschi medievali, e la cripta, forse aggiunta dagli stessi frati
Predicatori166. Sotto la pavimentazione della navata sinistra, infine, sono affiorati i resti di un pavimento a mosaico databile in epoca altomedievale, che attesta l’esistenza in quel punto di un edificio di culto più antico: una serie di scoperte che testimonia ancora una volta la straordinaria ricchezza
del sito, certo uno dei luoghi della città più carichi di significato, per l’eccezionalità delle stratificazioni storiche che esso documenta e per la qualità delle emergenze architettoniche e artistiche che
questa chiesa, “museo di se stessa”, ancora oggi conserva.
Cfr. Agosti 1996, p. 116.
Dalla lettera di A. Venturi a C. Fiorilli del 9 settembre 1894, citata in Agosti 1996, pp. 115-116.
3
Venturi 1898, p. 722.
4
Ibidem.
1
2
5
Ibidem.
Marabottini 1987a, p. 17.
7
Martinori 1987, p. 608.
8
Marabottini 1987a, p. 17.
9
Cfr. BAP, Guardabassi, ms. 2244, cc. 121-186.
10
ASSU, b. AGCM XI, fasc. 3A, c. 15a. Lo stesso giorno il prefetto dichiarava di “potersi rilasciare al municipio di Narni gli oggetti d’arte già spettanti alle soppresse corporazioni religiose secondo l’inventario redatto a cura della sunnominata commissione” (ASSU, b. AGCM V, fasc. 2C, c. 2). Tale inventario non è stato rintracciato tra le carte dell’Archivio Storico della
Soprintendenza, dove già alla fine dell’Ottocento era segnalato come mancante (cfr. ASSU, b. AGCM V, fasc. 2B, c. 4), ma è
possibile conoscere quali siano state le opere segnalate grazie all’opera di catalogazione effettuata dal Guardabassi.
11
Da intendersi come lo Speco di San Francesco, situato nei pressi di Narni, in località Sant’Urbano, e non come la chiesa dei
frati Conventuali eretta nel centro storico della città. Cfr. le schede del Guardabassi in BAP, Guardabassi, ms. 2244, cc. 184-186.
12
ASSU, b. AGCM XI, fasc. 3A, c. 15a.
13
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1-2. Cfr. anche Novelli - Vignoli 2004a, pp. 173-177, dove questo catalogo è stato
pubblicato per la prima volta.
14
Cfr. infra. Le opere delle chiesa di San Bernardo saranno trasportate negli ambienti comunali solo dopo la metà del XX secolo, prima della trasformazione dell’antico monastero benedettino in alloggi per gli sfollati della Seconda guerra mondiale
(Novelli 2010, p. 53; Vignoli 2010, p. 80; cfr. schede nn. 330-331).
15
ASCN, Miscellanea, 1866, lettera di Mariano Guardabassi del 10 aprile 1866: “Nota di quadri da ritirarsi dalla Chiesa parrocchiale di Santa Maria della quercia”. Il santuario della Madonna della Quercia, situato nei pressi di Narni, fu, infatti, edificato per volontà del Comune di Narni tra gli ultimi decenni del XVI e i primi del XVII secolo, sul luogo di un’immagine
miracolosa, particolarmente venerata, incastonata tra i rami di una quercia. Per la storia dell’edificazione del santuario, cfr.
Vignoli 2009a, pp. 133-142.
16
Vignoli 2009a, pp. 87-101.
17
ASCN, Miscellanea, 1866, lettera di Mariano Guardabassi del 10 aprile 1866: “Nota di quadri da ritirarsi dalla Chiesa parrocchiale di Santa Maria della quercia”.
18
ASCN, Miscellanea, 1866, lettera del sindaco di Narni del 10 aprile 1866 (copia): “Al Reverendo Signor Don Angelo Lentini
Parroco della Villa della Quercia”.
19
Cfr. anche Guardabassi 1872, p. 140: “IIIa T. O. - (appesa sopra una porta) - Noli me tangere; vedesi Cristo stante a S: nel
centro la Maddalena genuflessa ed appresso Marta e Veronica, dietro le figure v’è un balaustro e più lungi a S: la tomba del
6
| 92
Nazzareno con sopra due Angioli verso i quali dirigono i loro passi Giovanni e Pietro; compie il quadro la veduta di Gerusalemme. A D: in basso leggesi Baccius faciebat. Opera pregievolissima!”.
20
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XXXIII. Nella scheda si afferma che l’opera si trovava “in casa del Marchese Giovanni Eroli che la cedette al medesimo Comune”: in realtà, sia per la descrizione dettagliata (che coincide con
quella sopra riportata) che per la presenza della firma (“BACCIVS FACIEBAT”), il dipinto è identificabile con certezza con la tela
segnalata da Guardabassi all’interno del santuario della Madonna della Quercia. D’altra parte essa non compare neanche nell’elenco di opere donate al Comune dal marchese Eroli nel 1874. Oggi del dipinto non si hanno più notizie. Cfr. Vignoli 2009a,
p. 87.
21
Per la questione della proprietà della chiesa domenicana di Santa Maria Maggiore, cfr. infra e Cassio 2010a, pp. 157-161.
22
ASSU, b. AGCM X, fasc. 1, cc. 115v-116r.
23
Ivi, c. 116r.
24
Eroli 1880c, p. 29. Il grande dipinto fu trasportato all’interno della sala consiliare grazie all’apertura di un’asola nel muro,
poi richiusa e riaperta dopo più di un secolo, quando nel 2007 l’opera è stata trasferita nell’attuale sede del Museo di palazzo
Eroli.
25
ASSU, b. AGCM X, fasc. 1, cc. 118r-119r.
26
Guardabassi ricevette l’incarico dal prefetto il 27 agosto 1871. Cfr. ASSU, b. AGCM V, fasc. 2B, c. 5.
27
Ibidem.
28
Ibidem. Guardabassi stilò anche una relazione al riguardo, provvista di alcuni suggerimenti e approvata dalla Commissione il 30 settembre, ma non pervenuta; cfr. ASSU, b. AGCM X, fasc. 1, cc. 120r-v.
29
Ivi, s.n.
30
Ivi, s.n.
31
Ivi, s.n.
32
Ivi, s.n.
33
Ivi, s.n.
34
Ad eccezione dei due affreschi staccati dalla chiesa di San Girolamo (la Madonna con il Bambino tra san Francesco e san Girolamo del Mezzastris e le Stimmate di san Francesco dello Spagna), tutti gli altri affreschi staccati e confluiti alla fine dell’Ottocento nella raccolta comunale di Narni provengono dalla chiesa dei frati Predicatori di Santa Maria Maggiore. Cfr. AST,
Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1-2.
35
Ivi, s.n.
36
Per la descrizione dell’opera, oggi perduta, cfr. AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXIV.
37
Cfr. sopra.
38
ASCN, Deliberazioni della Giunta dal 24 novembre 1876 al 23 novembre 1884, seduta dell’11 gennaio 1877, III proposta.
39
Eroli 1880c, p. 43.
40
ASDN, Sacre Visite, Boccanera - Moretti 1890-1906, Visita di Mons. Boccanera alla Parrocchia di Santa Maria Maggiore, s.n.:
“Furono in allora portati in Comune cinque Quadri grandi, che tuttora sono ben coltivati: il primo rappresenta la Madonna
Assunta dipinta su legno che si sostiene sopra una macchinetta pure di legno, e così portavasi in processione; il secondo San
Tommaso d’Aquino; il terzo San Domenico; il quarto la Madonna del Rosario; ed il quinto San Vincenzo Ferreri. Altri piccoli
quadri di nessun conto furono dati alle Monache Stimatine”.
41
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XXXVI. Cfr. anche AST, Fondo G. Ceroni, 1° deposito, b. 26, fasc. 86, Inscrizioni antiche e moderne…, p. 35; Eroli 1898, p. 273.
42
La tela raffigurante lo Sposalizio della Vergine (2,31 x 1,09 m) era conservata all’interno della sagrestia della chiesa; cfr. AST,
Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XXVIII.
43
Il dipinto va identificato, con tutta probabilità, con la tela commissionata da Febo Arca Cardoli per l’altare maggiore della
cappella eretta nel 1594 in seguito al lascito testamentario dello zio Domenico Cardoli, morto nel marzo 1593. L’opera è così
descritta da Eroli nel 1862, quando essa era ancora collocata in chiesa: “Il quadro di S. Tommaso anch’oggi esistente, della
Cappella eretta da Febo Arca Cardoli è di buon pennello” (Eroli 1862, p. 229). Cfr. anche Eroli 1898, p. 273 e la scheda redatta
dallo studioso nell’ultimo decennio del secolo in AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XXXVII.
44
I due dipinti raffiguranti San Domenico e San Vincenzo Ferrer non compaiono nell’inventario redatto da Eroli nell’ultimo decennio dell’Ottocento e rivisitato da Candido Valli nel 1908, mentre sono ricordati tra le opere trasportate in Comune da padre
Vernocchi. Forse essi sparirono poco dopo il trasporto negli ambienti comunali. Non è escluso, tuttavia, che il citato dipinto
raffigurante San Vincenzo Ferrer possa essere identificato con la tela raffigurante la Gloria del santo, recentemente trasportata
nel Museo Diocesano e Capitolare di Terni ma fino a poco tempo fa conservata nella chiesa di San Francesco a Narni, per la
quale è già stata ipotizzata la provenienza dalla chiesa domenicana di Santa Maria Maggiore ed è stata attribuita all’ancora
poco noto pittore “Vanni” da Narni (Novelli - Vignoli 2004a, p. 35). Delle cinque tele oggi non rimane alcuna traccia.
45
ASCN, 1874, tit. 9, fasc. 3, pos. 5, s.n.
46
Cfr. Novelli, in questo volume, pp. 129 ss.
47
AST, Fondo G. Ceroni, 1° deposito, vol. 2, fasc. 1, nn. XX, XXV, XXX, LII; AST, Fondo G. Ceroni, 1° deposito, vol. 2, fasc. 2, nn.
| 93
XIX, XXII, XXIX. Ad eccezione della Presentazione al tempio della cerchia del Veronese tutte le altre opere donate dal marchese
Eroli nel 1874 sono andate perdute.
48
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XLIV. Lo stesso Giovanni Eroli afferma di aver commissionato il dipinto
a Pietro Comucci (nel 1860, stando a quanto riportato nel cartiglio apposto sul retro) e di averlo donato al Comune, che lo
espose nella sala del Consiglio comunale (Eroli 1876, p. 166).
49
Il Ritratto di Giovanni Eroli, in particolare, già nel 1924 era ricordato nel “gabinetto riservato del Sindaco” (Robusti 1924, p.
88), dove è rimasto fino alla prima esposizione in pubblico nel 2002 all’interno del palazzo vescovile di Narni, nell’ambito
della mostra dedicata alle opere d’arte comunali (cfr. infra, pp. 88-90).
50
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XXVI.
51
Quest’ultimo dipinto risultava già perduto nel 1908. Cfr. AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXVII.
52
L’opera era già scomparsa nel 1908. Cfr. AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXXII.
53
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, nn. XXXVIII-XXXIX. Anche questi due dipinti sono andati perduti.
54
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, nn. XII, XL-XLIII.
55
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. I. Nell’inventario Giovanni Eroli afferma che questa campana, ancora oggi
conservata nella raccolta comunale, si trovava in origine “appiccata in sul campanile del Comune stesso”.
56
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. XLV. Candido Valli, che riporta le misure del dipinto (1 x 0,77 m), non propone una datazione per l’opera.
57
L’opera risulta già scomparsa nel 1908; cfr. AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXI.
58
Già nel 1802 si proponeva la vendita dell’opera, che tuttavia non venne approvata; cfr. ASCN, Consigli e Riformanze (17951808), n. 78, Die Vigesima octava Augusti 1802, cc. 111-114. Cfr. anche Vignoli 2009a, p. 45.
59
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, nn. XXXV, XLVI-XLVII.
60
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. L. Il tabernacolo marmoreo è stato in seguito ricollocato all’interno della
chiesa di San Domenico, sul quarto pilastro a sinistra, di fronte al monumento del giovane Gabriele Massei: il punto da cui
era stato prelevato è ben visibile in una fotografia del settembre del 1940; cfr. fig. 7.
61
ASSU, b. 39 I, fasc. 3, c. 1. La lettera del prefetto era stata preceduta da una segnalazione del sottoprefetto del Circondario
di Terni datata 22 maggio 1904; cfr. ASP, Prefettura di Perugia..., Atti, b. 43, fasc. 338, c. 7r.
62
Si pensi, ad esempio, al frammento di affresco staccato dall’ultima cappella in fondo alla navata destra della chiesa, raffigurante l’Ultima cena, opera di Giovan Francesco Perini di Amelia (scheda n. 314). Come si è avuto modo di dimostrare in
altra sede (Novelli - Vignoli 2004a, pp. 127-139), il dipinto faceva parte di un ciclo di affreschi con le Storie della Passione di Cristo, di cui alcune scene sono ancora conservate sulle pareti della cappella, mentre altre sono da riportare alla luce: un esempio emblematico di quanto affermato nella lettera sopra riportata, valido ancora oggi, in quanto sarebbe quanto mai
auspicabile ricollocare il dipinto, tuttora conservato nei depositi comunali, nella sua sede originaria.
63
ASSU, b. 39 I, fasc. 3, c. 2 (cfr. anche ASP, Prefettura di Perugia..., Atti, b. 43, fasc. 338, cc. 3r-6v). Pochi giorni dopo, il 5 luglio,
Candido Valli scriveva una lettera al direttore dell’Ufficio regionale, con la quale rinnovava la richiesta di trasportare il monumento
Massei nel duomo, in quanto la chiesa di San Domenico era destinata “spesso a servire di alloggio alle truppe di passaggio, queste, come fecero già del tabernacolo degli oli santi, lavoro di scultura attribuito a Mino da Fiesole, possono recare al monumento in parola ulteriori guasti oltre quelli che ha già subiti”. Il 16 luglio, tuttavia, Viviani rispondeva a Candido Valli, negando
ancora una volta il permesso (ASSU, b. 39 I, fasc. 3, cc. 3-4).
64
Cfr. la lettera del prefetto al sottoprefetto del 30 giugno 1904 ( ASP, Prefettura di Perugia..., Atti, b. 43, fasc. 338, cc. 2r-v).
65
ASP, Prefettura di Perugia..., Atti, b. 43, fasc. 338, cc. 1r-v.
66
Bernardini 1906, p. 112.
67
Catalogo della Mostra… 1907, pp. 51-52, 58, 68, 119. Cfr. anche AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, inv. D3, b. 2, fasc. 24. Il verbale è datato 26 gennaio 1908 ed è firmato da Candido Valli e dal sindaco di Narni Giuseppe Barilatti, i quali dichiarano di
aver trovato “gli oggetti inviati alla Direzione della Esposizione di arte Antica di Perugia e da questa restituiti”, “nello stesso
stato in cui gli erano stati inviati”.
68
Cfr. scheda n. 304.
69
Alla mostra erano stati inviati anche il busto in terracotta raffigurante San Bernardino da Siena (scheda n. 315) e la Resurrezione di Cristo dipinta su tavola (scheda n. 312), entrambi di proprietà dell’Istituto “Beata Lucia” (cfr. Catalogo della Mostra…
1907, pp. 51, 153), che tuttavia, a quel tempo, non facevano ancora parte della raccolta comunale.
70
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, inv. D3, b. 2, fasc. 24.
71
Il crollo dell’avancorpo posto di fronte al campanile della chiesa di Santa Maria Maggiore avvenne un anno dopo la stesura
dell’inventario dei beni conservati nel palazzo comunale da parte di Candido Valli, che quindi non ha potuto segnalare la presenza all’interno della raccolta comunale di tali frammenti lapidei, alcuni dei quali sono oggi esposti all’interno del Museo
di palazzo Eroli. Non si può escludere, tuttavia, che alcuni dei bassorilievi tuttora conservati siano stati trasportati nell’atrio
del palazzo comunale già al momento della demolizione della cappella eretta di fronte al portale destro della chiesa (intitolata a San Tommaso), avvenuta, secondo Eroli, durante l’amministrazione del sindaco Raffaele Stame (1873-1889). Cfr. schede
nn. 347-349.
| 94
ASSU, b. 39 I, fasc. 3, c. 44. Tale avancorpo era in realtà una cappella intitolata a Santa Barbara, restaurata e in seguito dotata da Elena Cardoli che, nel suo testamento del 10 maggio 1618, aveva nominato erede universale la Compagnia del Santissimo Sacramento, in seguito accorpata alla Confraternita di San Pietro apostolo (APS, Quaderno Riccitelli-Cardoli, s.n.; Eroli
1862, p. 229).
73
La Confraternita di San Pietro apostolo, che aveva sede all’interno della chiesa dei frati Predicatori, è stata soppressa nel
1747. Cfr. scheda n. 321.
74
In un primo momento la direzione dell’Ufficio regionale per la conservazione dei Monumenti, con lettera del 24 novembre 1908, aveva disposto che la demolizione non riguardasse “i pilastri dell’antico pronao che formano gli angoli del piccolo
fabbricato”. Cfr. ASSU, b. 39 I, fasc. 3, c. 41.
75
Ibidem. Cfr. anche Ivi, cc. 42, 44.
76
Ivi, c. 48.
77
Ivi, c. 49.
78
Ivi, c. 50.
79
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, “Avvertenza”.
80
Ivi, nn. XXXVI-XXXVII.
81
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, inv. D3, b. 2, fasc. 21, lettera del soprintendente Dante Viviani all’on. comm. Candido Valli,
4 ottobre 1909.
82
“Rassegna d’Arte Umbra” 1909, p. 35.
83
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXI.
84
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXVII. Per la figura di questo interessantissimo artista e frate cappuccino,il cui catalogo è stato recentemente arricchito di un’opera d’arte riscoperta a Cupramontana (AN), raffigurante Il transito di san Giuseppe (Sgarbi 2008, pp. 90-92), cfr. la monografia recentemente dedicata al pittore, Marinelli - Mazza 2002.
85
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 2, n. XXIX.
86
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, n. LII.
87
Il dipinto su tela raffigurante la Deposizione dalla croce era stato indicato da Candido Valli come un’opera di cui si erano perse
le tracce già nel 1908. Tuttavia, diversi anni dopo Russo (1937, p. 173) ricordava lo stesso dipinto, “pregevole lavoro del Cinquecento”, ancora conservato “nella Pinacoteca narnese”. Anche in questo caso, quindi, è probabile che la tela, in un primo momento, fosse ritenuta dispersa da Valli e che, più tardi, sia stata casualmente ritrovata, per poi essere di nuovo perduta.
88
AST, Fondo G. Ceroni, 1o deposito, vol. 2, fasc. 1, “Avvertenza”.
89
ASSU, b. 40, fasc. 4C, c. 22.
90
ASCN, Deliberazioni Consiliari (1915-1925), n. 107. Cfr. anche ASSU, b. 40, fasc. 4C, c. 23.
91
Come risulta dalla corrispondenza intercorsa tra il soprintendente e il presidente dell’Opera Pia Alberti del 24 e 27 agosto
1925. Cfr. ASSU, b. 40, fasc. 4C, cc. 24-25.
92
Ivi, c. 26.
93
Ivi, c. 29.
94
La questione della proprietà della chiesa di Santa Maria Maggiore di Narni è stata approfonditamente studiata da Giuseppe Cassio, a cui si deve l’analisi della documentazione sull’argomento cui si fa riferimento nel testo e che ringrazio per
aver messo a mia disposizione in anteprima il suo saggio sull’argomento di prossima pubblicazione; cfr. Cassio 2010a, pp.
157-161. Cfr. anche Bartolini - Faustini 2008, p. 115, nota 147, dove era già stata segnalata la controversa questione della proprietà della chiesa domenicana.
95
Cassio 2010a, p. 157.
96
Ibidem.
97
Cassio 2010a, p. 158.
98
Cfr. infra.
99
ASDN, Sacre Visite, Boccanera - Moretti 1890-1906, Visita di Mons. Boccanera alla Parrocchia di Santa Maria Maggiore, s.n.
Cfr. anche Cassio 2010a, p. 158.
100
Cassio 2010a, p. 158.
101
Ibidem.
102
Circolare della Provincia Romana dei Frati Predicatori al vescovo Dal Prà del 24 febbraio 1951, citata da Cassio 2010a, pp.
160-161.
103
Circolare della Sacra Congregazione del Concilio al vescovo Dal Prà dell’11 agosto 1952, citata da Cassio 2010a, p. 161.
104
Ibidem.
105
Ibidem.
106
BCN, AF: città 4 num. 72, città 250 num. 993, LAV. P. 37, num. 763.
107
Castellani 1959, pp. 19-20. Gli “affreschi degli Zuccari” citati da Castellani sono in realtà da identificare con gli affreschi raffiguranti Storie della Genesi dipinti dai due pittori fiamminghi Marten Stella e Gilles Congnet all’interno della prima cappella
a sinistra dell’ingresso (cfr. Sapori 1990, pp. 32-33).
72
| 95
Cassio 2010a, p. 161.
ASCN, Deliberazioni della Giunta dal 24 novembre 1876 al 23 novembre 1884, seduta del giorno 10 dicembre 1876, VI proposta. Il sindaco Stame e il signor Sopranzi avevano infatti osservato che “essendosi ridotto l’ex-Convento di S. Domenico a caserma, la Chiesa non potrebbe essere riaperta al culto senza andare incontro a gravi inconvenienti, tantopiù che nei lavori
recentemente votati dal Consiglio è compresa la costruzione di un balcone sulla chiesa per dare passaggio ai due camerini
laterali, che saranno tra breve occupati dai militari. Per queste considerazioni la Giunta reputa non potersi annuire alla domandata riapertura, e suggerisce al mentovato Sig. Parroco di procurare d’ottenere l’uso della chiesa della Madonna Impensole per depositarvi i cadaveri durante le funzioni funebri”.
110
ASCN, Deliberazioni della Giunta dal 24 novembre 1876 al 23 novembre 1884, seduta del giorno 11 gennaio 1877, III proposta.
111
ADSU, b. T 22-2, sottofasc. 2, lettera del soprintendente Gisberto Martelli al Comune di Narni e p.c. a Carlo Castellani, 10
novembre 1961.
112
Ibidem.
113
Ibidem.
114
Ivi, lettera di Carlo Castellani al soprintendente Martelli, 23 ottobre 1961. Le tre tele sono scomparse nel periodo compreso
tra il 1961, data della missiva inviata da Castellani, e il 1980, anno in cui è stato redatto un inventario dei beni del Comune di
Narni, dal quale risulta che erano rimaste undici tele delle Stazioni della Via Crucis; cfr. Comune di Narni, Elenco descrittivo…
1980, p. 14. Cfr. anche scheda n. 329.
115
ADSU, b. T 22-2, sottofasc. 2, lettera di Renzo Pardi a Carlo Castellani, 19 aprile 1968.
116
Ivi, lettera di Carlo Castellani a Renzo Pardi, 5 maggio 1968.
117
Le fotografie che corrispondono alle figg. 18-19, datate 23 giugno 1956, sono conservate nella Biblioteca comunale di Narni
(BCN, AF, città 252, n. 995). La fotografia n. 3 è stata messa gentilmente a disposizione di chi scrive dal compianto sig. Carlo Piantoni.
118
Cf. anche la descrizione della sala del Consiglio offerta da Castellani (1959, p. 19).
119
I due dipinti, infatti, non sono visibili nelle fotografie, ma la loro collocazione nella sala è ricordata nelle fonti; cfr. Castellani 1959, p. 19.
120
L’affresco è ancora oggi conservato all’interno della sala consiliare.
121
La citazione è tratta dalla targa apposta sul supporto di sostegno al busto stesso, in cui si ricorda l’esecuzione dell’opera.
122
Cfr. Pace 1970.
123
ADSU, b. T 22-2, sottofasc. 2, lettera di Renzo Pardi al Comune di Narni e p.c. a Mario Bigotti, 12 novembre 1970.
124
Ivi, lettera di Mario Bigotti al sindaco Giacomo Di Fino e p.c. a Renzo Pardi, 21 novembre 1970.
125
Ivi, lettera di Mario Bigotti al sindaco di Narni, 12 maggio 1972.
126
Vignoli 2010, pp.80, 88 nota 29.
127
Altre opere ricordate nelle fonti locali sono andate perdute. Cfr. ivi, pp. 79-100 e schede nn. 334-335.
128
Cfr. la fotografia dell’interno di San Domenico in cui compare l’altare, pubblicata in Prandi 1973, p. 309, fig. 99.
129
Istituto Assistenza Infanzia “Beata Lucia” di Narni, Deliberazione del Consiglio… 1969, in risposta alla richiesta avanzata dal
Comune di Narni in data 13 gennaio dello stesso anno (Comune di Narni, Ufficio di Gabinetto, num. di prot. 561, 13 gennaio
1969).
130
Di tali opere, quattro fanno ancora parte del percorso espositivo dell’attuale pinacoteca allestita a palazzo Eroli (il busto
del San Bernardino, la Resurrezione dipinta su tavola, l’Annunciazione della Vergine dell’Agresti, la tela con il Parnaso), mentre
le altre cinque sono state recentemente restituite all’Istituto “Beata Lucia”, con atto datato 16 novembre 2007.
131
Istituto Assistenza Infanzia “Beata Lucia” di Narni, Deliberazione del Consiglio… 1969, in risposta alla richiesta avanzata dal
Comune di Narni in data 13 gennaio dello stesso anno (Comune di Narni, Ufficio di Gabinetto, num. di prot. 561, 13 gennaio
1969).
132
Prandi 1973, p. 308 fig. 98, pp. 312-313 figg. 102-104.
133
Cotini [s.d.], pp. 42-43.
134
I dipinti sono stati restaurati, su formale richiesta di chi scrive e di Alessandro Novelli, grazie ai finanziamenti del Lions
Club di Narni e della Fondazione della Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Cfr. schede nn. 312, 317, 322, 324, 326-328, 330.
135
ADSU, b. T 22-2, sottofasc. 2, lettera del soprintendente Francesco Santi all’Assessorato dei Beni Culturali della Regione Umbria e p.c. al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali e al Comune di Narni, 17 marzo 1978.
136
Ivi, lettera del soprintendente Francesco Santi al Comune di Narni e p.c. all’Assessore della Regione Umbria Roberto Abbondanza e al Ministero, 27 ottobre 1978. Il sindaco di Narni a questa data è Luciano Costantini (1977-85). Cfr. Onofri 1993,
p. 183.
137
AFSU, Narni - Ex S. Domenico, Negativo Sopr. [s.n.], 1978.
138
ADSU, b. T 22-2, sottofasc. 2, lettera del soprintendente dirigente superiore Domenico A. Valentino al sindaco di Narni con
allegata la relazione del restauratore Piero Nottiani, 3 giugno 1986.
139
Cfr. Ivi, preventivo di Giovanni Manuali per il restauro dell’Annunciazione della Vergine di Benozzo Gozzoli, 24 giugno 1987.
140
Comunicazione orale del responsabile dei Beni Culturali del Comune di Narni Roberto Nini.
108
109
| 96
Il Museo della Città… 1988, p. 3.
Ibidem.
143
Con deliberazione della Giunta comunale n. 250 del 3 aprile 1992 venne fissato l’intento dell’Amministrazione comunale
e della Curia vescovile di realizzare un museo cittadino. La conferma a tale decisione avvenne in seguito alla deliberazione
del Consiglio comunale n. 39 del 17 maggio 1993, con la quale si approvava “lo schema di accordo con la Diocesi” e veniva
firmata la bozza di accordo. Cfr. l’elenco delle deliberazioni comunali in materia riportate in Comune di Narni, “Convenzione
tra il Comune di Narni e la Diocesi di Terni-Narni-Amelia per la costituzione del Museo Civico-Diocesano”, 2 maggio 2002,
rep. n. 1238, p. 2.
144
Dalla mozione avanzata in Consiglio comunale dal consigliere Paolo Baiocco in data 12 marzo 1999. Colgo l’occasione per
ringraziare Marco Bartolini per la segnalazione di tale documento.
145
Le informazioni mi sono state gentilmente fornite da Roberto Nini, responsabile dell’Ufficio dei Beni Culturali del Comune di
Narni. Le opere restaurate grazie ai contributi concessi dalla Regione dell’Umbria sono i dipinti di cui alle schede nn. 297, 300302, 314.
146
Ibidem.
147
Comune di Narni, “Convenzione tra il Comune di Narni e la Diocesi di Terni-Narni-Amelia per la costituzione del Museo
Civico-Diocesano”, 2 maggio 2002, rep. n. 1238, p. 2.
148
Dalla mozione avanzata in Consiglio comunale dal consigliere Paolo Baiocco in data 12 marzo 1999.
149
Ibidem.
150
Comune di Narni, “Convenzione tra il Comune di Narni e la Diocesi di Terni-Narni-Amelia per la costituzione del Museo
Civico-Diocesano”, 2 maggio 2002, rep. n. 1238, p. 2.
151
La documentazione relativa al primo progetto di allestimento delle opere d’arte della Pinacoteca mi è stata fornita dal prof.
Francesco Federico Mancini, che ringrazio per la cortese collaborazione.
152
Cfr. la mozione avanzata in Consiglio comunale dal consigliere Paolo Baiocco in data 12 marzo 1999.
153
Non sono state fornite notizie più precise riguardo all’anno in cui alcune di queste opere sono state trasportate all’interno
del palazzo vescovile. Già nel 1998-99, tuttavia, esse erano stipate in una stanza dell’edificio. La tavola del Gozzoli, in particolare, era adagiata a terra, tra la polvere provocata dai lavori in corso all’interno del palazzo, dove è stata vista da chi scrive,
che ha ottenuto il permesso di accedere ai locali del Vescovado nel periodo in cui stava lavorando alla propria tesi di laurea.
154
La chiesa di San Domenico era stata temporaneamente utilizzata come aula consiliare a causa dei lavori che in quegli anni
interessavano il palazzo comunale.
155
Cfr. supra e scheda n. 299.
156
Una prima “cura” di tali opere, abbandonate e accatastate nella cappella della chiesa domenicana, è stata effettuata da chi
scrive e da Alessandro Novelli, che hanno anche spinto le autorità a trasferire i dipinti e le sculture all’interno degli ambienti
restaurati del palazzo vescovile.
157
Nel frattempo anche la Biblioteca comunale era stata chiusa al pubblico proprio a causa del forte tasso di umidità dell’ambiente, rilevato in seguito ai lavori edili effettuati all’interno dell’edificio negli anni sessanta. La Biblioteca comunale è stata
chiusa nel 2002 e riaperta nel 2008 negli ambienti a piano terra di palazzo Eroli.
158
La mostra era stata aperta in un primo momento, in via sperimentale, dal 2 al 12 maggio 2002. Il successo dell’esposizione
spinse gli amministratori a decidere per una riapertura al pubblico del sito a partire dal 9 agosto dello stesso anno fino al 30
giugno 2004.
159
In particolare, il restauro della Resurrezione di Cristo è stato realizzato con il contributo del Lions Club di Narni, mentre gli
interventi sugli altri dipinti (la lunetta su tavola con l’Immacolata Concezione e le tele raffiguranti il Parnaso, l’Adorazione dei
pastori, il Ritratto di dama, il Salvatore tra santi, l’Apparizione della Madonna con il Bambino a san Felice da Cantalice e l’Incoronazione della Vergine e santi dell’ordine benedettino) sono stati resi possibili grazie ai finanziamenti della Fondazione CARIT. Cfr.
schede nn. 312, 317, 322, 324, 326-328, 330.
160
Il restauro fu eseguito proprio in occasione della mostra “Benozzo Gozzoli (1420-1497), allievo a Roma, maestro in Umbria”, tenutasi a Montefalco, nella chiesa-museo di San Francesco, dal 2 giugno al 31 agosto 2002.
161
La grande tela è stata rivenuta da chi scrive e da Alessandro Novelli abbandonata in un casolare di campagna.
162
Tale documentazione è stata messa gentilmente a disposizione di chi scrive dal prof. Francesco Federico Mancini.
163
Si ringrazia Giuseppe Cassio dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Terni, Narni e Amelia per le informazioni.
164
Si ringrazia l’architetto Antonio Zitti del Comune di Narni per le informazioni.
165
Bartolini - Faustini 2008, p. 113.
166
Ibidem.
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Inventario degli oggetti di Belle Arti (Giovanni Eroli, 1851)
a cura di Lucilla Vignoli
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La raccolta comunale attraverso gli inventari storici
a cura di Lucilla Vignoli
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