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Harmonia Scritti di filologia claSSica in onorE di angElo caSanova a cura di guido Bastianini Walter lapini mauro tulli — tomo i — firEnzE univErSity PrESS 2012 Harmonia : scritti di filologia classica in onore di angelo casanova : tomo 1 / a cura di guido Bastianini , Walter lapini , mauro tulli. – firenze : firenze university Press, 2012. (Studi e saggi ; 109) http://digital.casalini.it/9788866551737 iSBn 978-88-6655-172-0 (print) iSBn 978-88-6655-173-7 (online Pdf) Progetto graico di alberto Pizarro fernández Certiicazione scientiica delle Opere tutti i volumi pubblicati sono soggetti ad un processo di referaggio esterno di cui sono responsabili il consiglio editoriale della fuP e i consigli scientiici delle singole collane. le opere pubblicate nel catalogo della fuP sono valutate e approvate dal consiglio editoriale della casa editrice. Per una descrizione più analitica del processo di referaggio si rimanda ai documenti uiciali pubblicati sul sito-catalogo della casa editrice (http://www.fupress.com). Consiglio editoriale Firenze University Press g. nigro (coordinatore), m.t. Bartoli, m. Boddi, f. cambi, r. casalbuoni, c. ciappei, r. del Punta, a. doli, v. fargion, S. ferrone, m. garzaniti, P. guarnieri, g. mari, m. marini, m. verga, a. zorzi. © 2012 firenze university Press università degli Studi di firenze firenze university Press Borgo albizi, 28, 50122 firenze, italy http://www.fupress.com/ Printed in Italy IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE Il Corno d’Africa costituisce, nella nostra tradizione antica, la punta sudorientale di una Libye che ha nel Novtou kevra", corrispondente al Capo Guardafui, un punto particolarmente rilevante per la rappresentazione cartografica dell’intero continente. Il corno di Noto è menzionato per la prima volta, per questa area geografica, in un passo di Strabone1 che risale in gran parte ad Artemidoro di Efeso e che descrive la linea di costa che va da Deire/Bab-el-Mandeb a Guardafui: ajpo; de; th'" Deirh'" hJ ejfexh'" ejstin ajrwmatofovro". prwvth me;n hJ th;n smuvrnan fevrousa, kai; au{th me;n ∆Icquofavgwn kai; Kreofavgwn: fuvei de; kai; persevan kai; sukavminon Aijguvption. uJpevrkeitai d∆ hJ Livca qhvra tw'n ejlefavntwn: pollacou' d∆ eijsi; sustavde" tw'n ojmbrivwn uJdavtwn, w|n ajnaxhranqeisw'n oiJ ejlevfante" tai'" proboskivsi kai; toi'" ojdou'si frewrucou'si kai; ajneurivskousin u{dwr. ejn de; th'/ paraliva/ tauvth/ mevcri tou' Puqolavou ajkrwthrivou duvo livmnai eijsi;n eujmegevqei", hJ me;n aJlmurou' u{dato" - h}n kalou'si qavlattan -, hJ de; glukevo", h} trevfei kai; i{ppou" potamivou" kai; krokodeivlou", peri; ta; ceivlh de; pavpuron: oJrw'ntai de; kai; i[bei" peri; to;n tovpon. h[dh de; kai; oiJ plhsivon th'" a[kra" th'" Puqolavou ta; swvmata oJlovklhroiv eijsi. meta; de; touvtou" hJ libanwtofovro": ejntau'qa a[kra ejsti; kai; iJero;n aijgeirw'na e[con. ejn de; th'/ mesogaiva/ potamiva ti" “Isido" legomevnh kai; a[llh ti" Nei'lo", a[mfw kai; smuvrnan kai; livbanon parapefukovta e[cousai. e[sti de; kai; dexamenhv ti" toi'" ejk tw'n ojrw'n u{dasi plhroumevnh kai; meta; tau'ta Levonto" skoph; kai; Puqaggevlou limhvn: hJ d∆ eJxh'" e[cei kai; yeudokasivan. sunecw'" d∆ eijsi; potavmiai te pleivou" e[cousai livbanon parapefukovta kai; potamoi; mevcri th'" Kinnamwmofovrou: oJ d∆ oJrivzwn tauvthn potamo;" fevrei kai; flou'n pavmpolun: ei\t∆ a[llo" potamo;" kai; Dafnou'" limh;n kai; potamiva ∆Apovllwno" kaloumevnh, e[cousa pro;" tw'/ libavnw/ kai; smuvrnan kai; kinnavmwmon (tou'to de; pleonavzei ma'llon peri; tou;" ejn bavqei tovpou"). ei\q∆ oJ ∆Elevfa" to; o[ro" ejkkeivmenon eij" qavlattan, kai; diw'rux kai; ejfexh'" Yugmou' limh;n mevga" kai; u{dreuma to; kunokefavlwn kalouvmenon kai; <to;> teleutai'on ajkrwthvrion th'" paraliva" tauvth", to; Novtou kevra". kavmyanti de; tou'to wJ" ejpi; meshmbrivan oujkevti, fhsivn, e[comen limevnwn ajnagrafa;" oujde; tovpwn dia; to; mhkevti ei\nai gnwvrimon † ejn th'/ de; eJxh'" paraliva†/. 15. eijsi; <de;> kai; sth'lai kai; bwmoi; Puqolavou kai; Livca kai; Puqaggevlou kai; Levonto" kai; Carimovrtou kata; th;n gnwvrimon paralivan th;n ajpo; Deirh'" mevcri Novtou kevrw", to; de; diavsthma ouj gnwvrimon. plhquvei d∆ ejlevfasin hJ cwvra kai; levousi toi'" kaloumevnoi" muvrmhxin (...). 1 16.4.14-15 C773-74 (edizione Radt 2005, dalla quale mi discosto come segnalato in apparato). 86 S. BIANCHETTI fevrei de; kai; pardavlei" ajlkivmou" kai; rJinokevrwta". ou|toi2 de; mikro;n ajpoleivpontai tw'n ejlefavntwn oiJ rJinokevrwte", w{sper ∆Artemivdwrov" fhsin, ejpi; seira;n3 tw'/ mhvkei, kaivper eJwrakevnai fhvsa" ejn ∆Alexandreiva/ ktl. «La regione dopo Deire è quella degli aromi: per prima quella da cui proviene la mirra, anch’essa da ascrivere al territorio degi Ittiofagi e dei Creofagi ma che produce anche la persea e il sicamino egizio. Al di sopra si trova il territorio di caccia agli elefanti di Lica. In diversi punti ci sono riserve di acque piovane; quando sono prosciugate, gli elefanti scavano con la proboscide e con le zanne e vi ritrovano l’acqua. In questo tratto di costa, fino al promontorio di Pitolao, si trovano due grandi laghi: il primo di acqua salmastra, che chiamano “mare”, l’altro di acqua dolce il quale nutre ippopotami e coccodrilli, mentre ai bordi cresce il papiro. Si vedono anche gli ibis nei dintorni del luogo. A cominciare da quelli che abitano nei pressi del promontorio di Pitolao, gli indigeni non si circoncidono. Segue la regione dell’incenso. Lì c’è un promontorio e c’è un tempio con un boschetto di pioppi. Nell’entroterra, inoltre, si trovano una regione fluviale chiamata “di Iside” e un’altra chiamata “Nilo”: nell’una e nell’altra crescono la mirra e l’incenso. Seguono poi un invaso riempito dalle acque che scendono dai monti e, dopo di questo, la Specola di Leon e il porto di Pitangelo. La regione contigua produce anche pseudocassia; seguono poi molte regioni fluviali che producono l’incenso e ancora fiumi fino alla regione del cinnamomo. Sulle rive del fiume che vi fa da confine cresce anche giunco in abbondanza. Poi c’è un altro fiume, il porto di Dafne e la regione fluviale detta “di Apollo”, che produce, oltre all’incenso, anche mirra e cinnamomo (questo però cresce in prevalenza nella parte più interna). Seguono il monte Elefante, che si protende in mare, un canale e subito dopo il grande porto di Psygmos e la stazione di rifornimento idrico detta dei cinocefali e l’ultimo promontorio di questo tratto costiero, il corno di Noto. Una volta doppiato questo promontorio in direzione sud non si registrano più – dice la nostra fonte – né porti né località perché *** non c’è niente di noto. 15. Lungo la costa conosciuta che va da Deire fino al corno di Noto ci sono stele e altari di Pitolao, di Lica, di Pitangelo, di Leon e di Carimorto, ma la distanza non è nota. La regione pullula di elefanti e di leoni detti formiche (...). Non mancano vigorosi leopardi e rinoceronti. Questi ultimi, i rinoceronti, sono meno grandi degli elefanti, non, come dice Artemidoro (Fr. 97 Stiehle) che pure dichiara di averli visti ad Alessandria, “per lunghezza fino alla coda...”». Strabone attribuisce alla sua fonte l’assenza di notizie sulla costa che, dal corno di Noto, piega verso sud. Se, come pare, questa descrizione deriva da Artemidoro4, si deve rilevare innanzi tutto il fatto che l’Efesino, in genere as2 ou|toi codd.: ou[te Radt. ejpi; seira;n codd.: ejpisuvrwn Radt. 4 Sull’opera di Artemidoro cf. Stiehle 1856, 193 ss.; Schiano 2007, 247 ss., e 2010, 35 ss.; Micunco 2008, 184-188. Sull’atteggiamento di Strabone, critico sulla credulità di Artemidoro, cf. Canfora 2010, 138-143. 3 IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 87 sai polemico nei confronti della Geografia di Eratostene, non menziona qui l’Alessandrino, che pure aveva descritto la costa del Mar Rosso. Il confronto, tuttavia, con il resto della tradizione5 autorizza effettivamente a ritenere che l’idea di Libye maturata da Artemidoro dovesse essere diversa da quella di Eratostene e dovesse riguardare in particolare la punta meridionale del continente. Lo si ricava da Strabone, il quale costituisce per noi il testimone che riporta su questo argomento sia il pensiero di Artemidoro che quello di Eratostene. Il geografo di Amasea parla infatti6 di una Libye dalla forma approssimativamente triangolare: i cateti di questo ipotetico triangolo rettangolo sono costituiti dalla costa mediterranea e dalla linea del Nilo, che può essere prolungata fino all’oceano. L’ipotenusa è costituita dalla costa atlantica. Seppure nel testo di Strabone non è nominato Eratostene, risulta tuttavia che le misura della larghezza della Libye, calcolata da Alessandria a Meroe e fino all’estremo meridionale della terra, corrisponde per cifre e per metodo di misurazione a quella dell’Alessandrino: a lui è dunque verosimilmente da riportare l’intero schema della Libye presente nel passo straboniano7. Invece in 16.4.14 C773-774, cioè nel nostro passo, la Libye ha una forma approssimativamente trapezoidale con un lato – quello meridionale – che dal corno di Noto punta verso sud per poi saldarsi al lato occidentale, costituito dalla costa atlantica. Una forma trapezoidale è attribuita esplicitamente alla Libye in 2.5.33 C1308. Queste due differenti idee sulla forma della Libye, da una parte, costituiscono una prova della mancata rielaborazione dell’opera straboniana e, dall’altra, consentono di definire con più precisione il debito del geografo nei confronti delle sue fonti. Per quanto concerne, in particolare, il nostro passo (16.4.14 C773-774) è da osservare subito che se la costa dal corno di Noto piega verso sud, questo significa che la connotazione meridionale del promontorio non doveva avere – almeno nel testo artemidoreo – valore assoluto: il corno indica in effetti, nel nostro passo9, l’ultimo punto noto di una costa che, piegando verso sud, 5 Cf. Bianchetti 1990, 871 ss. 17.3.1 C825 = Erat. Fr. III B, 55 Berger con comm. 310-311 = F 100 Roller 2010 e comm. 200 ss. 7 Berger 1903, 547; cf. anche Zimmermann 1999, 120. Contra cf. Strenger 1913, 46. In 17.3.2 C825 Strabone riferisce che Artemidoro aveva chiamato Lixus il piccolo centro Tinx, chiamato da Eratostene Lixus (Fr. III B, 59 Berger e comm., 313 per la derivazione del nome dal Periplo di Annone). 8 Cf. Dion. Per. 175. Sul passo straboniano cf. Aujac 1969, 167. 9 Su kevra" nel vocabolario geografico greco cf. Desanges 1989, 29-34, il quale sottolinea che il significato più comune è «promontorio» piuttosto che «golfo», presente invece nel Periplo di Annone sul quale cf. da ultimo lo stesso Desanges 2000, 141-146. 6 88 S. BIANCHETTI va a formare il quarto lato del trapezio cui è assimilata la Libye. Questo lato incrocia poi il lato atlantico in un punto necessariamente più a sud del corno di Noto. Ora, noi sappiamo che la scoperta del quarto lato è riconducibile essenzialmente all’esplorazione di Eudosso di Cizico. Questo avventuroso personaggio è legato, nella nostra tradizione, al tentaivo di navigare dall’India verso l’Egitto utilizzando il monsone. Posidonio di Apamea aveva narrato le avventure di Eudosso e Strabone riferiva questa narrazione nel contesto della discussione sulla circolarità dell’oceano10: al ritorno dal secondo viaggio in India, Eudosso non era riuscito a imboccare il Mar Rosso ma era stato sbattuto dai venti uJpe;r th;n Aijqiopivan (2.3.4 C99). La convinzione maturata dal navigatore, che fosse dunque possibile circumnavigare l’Africa e andare da Gades al Mar Rosso con una rotta meridionale, non risulta invero provata perché Posidonio dichiara di non conoscere gli esiti dell’ennesimo tentativo compiuto in tal senso dallo spericolato personaggio. Delle avventure di Eudosso11 Artemidoro doveva essere al corrente ma non sappiamo se conoscesse gli esiti dell’impresa uJpe;r th;n Aijqiopivan: il fatto che l’Efesino consideri del tutto ignoto il tratto di mare che dal corno di Noto si estendeva verso sud potrebbe autorizzare una conclusione negativa12. Il tratto di costa che si estende fino al corno di Noto a partire da Deire e che è indicato come «regione degli aromi» è dettagliatamente descritto nel passo straboniano da cui si sono prese le mosse. Di questo territorio è sottolineata la produzione di mirra, incenso, pseudocassia e cinnamomo e sono citati i nomi di esploratori inviati dai Lagidi, a cominciare da Lica, che aprì il territorio della caccia agli elefanti, nella regione interna. Il passo menziona poi un promontorio di Pitolao, una specola di Leon e un porto di Pitangelo: si tratta di nomi che ritornano poco dopo (16.4.15 C774: stele e altari di Pitolao, di Lica, di Pitangelo, di Leon e di Carimorto), con la menzione di Artemidoro, al quale appare riconducibile l’insieme dei dati relativi a questo tratto di costa. 10 Str. 2.3.4-5 C99-101 = Posid. F 49 Edelstein-Kidd con comm. Kidd 1988, 240-251. Sull’esperienza di Eudosso cf. Otto-Bengtson 1938, 1-22; 194-218; Laffranque 1963, 199 ss., e 1965, 182; Thiel 1967; Dihle 1978, 578; De Romanis 1996, 141 ss. Sulla forma della Libye che si deduce dall’esperienza dell’ardimentoso navigatore cf. Bianchetti 1990, 871 ss.; Zimmermann 1999, 122-127. 11 Per le date cf. Desanges 1978a, 151-173. Sull’utilizzazione del monsone nella navigazione cf. Tchernia 1995, 991-1009; De Romanis 1996, 140 ss.; Agius 2008, 48 ss.; 186 ss.; Sidebotham 2011, 28 ss. 12 In questo senso Desanges 1978b, il quale osserva che Eudosso pensava si potesse risalire dal Golfo di Aden verso Gades, mentre per Artemidoro la costa piega, dopo il corno di Noto, verso sud. IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 89 Già Berger13, seguito da Kortenbeutel, pensava che questi nomi – come quelli citati poco prima da Strabone (Demetrio, Stratone, Conone, Antifilo, Eumene) – fossero quelli di capi di spedizioni inviate dai Tolemei a caccia di elefanti, indispensabili macchine da guerra negli scontri con i Seleucidi14: in questa direzione sembrano andare infatti le testimonianze dei papiri che riconducono gran parte dei nomi citati in 16.4.9-10 C771-772 già al regno di Tolemeo II e di Tolemeo III. Dubbi su una possibile successione cronologica15 ricavabile dal testo straboniano derivano in effetti dalla frequenza di nomi come Lica16, presente tanto in testi papiracei relativi al regno di Tolemeo III quanto in contesti successivi al 217. Per Pitolao17 e Pitangelo18 i papiri attestano una attività documentata per il 223/2, mentre di Leon non risultano attestazioni. Quanto a Carimorto19, sappiamo da Polibio (18.55.1-2) che fu un uomo di Scopa, coinvolto con lui negli eventi che si verificarono nell’Alessandria di Tolemeo V, successivamente alla battaglia di Panion, vinta da Antigono III. Carimorto risulta comunque già attivo sotto Tolemeo IV. Siamo dunque in presenza di nomi di esploratori che, per la parte di costa a sud di Deire, risalgono a un periodo compreso tra il regno di Tolemeo III e quello di Tolemeo V. Oltre a questi nomi, la descrizione di Artemidoro riportata nel passo straboniano (16.4.14-15 C774) menziona luoghi naturali come il monte Elefante che compare ancora nella Geografia di Tolemeo. Non menziona siti stabilmente occupati ma solo stele e altari: questi termini indicano nel lessico storico-geografico, come già rilevato da Fraser20, i punti estremi raggiunti in spedizioni verso regioni ignote. Il carattere ‘pionieristico’ di queste spedi13 Berger 1903, 385; Kortenbeutel 1931, 27-28. Per un elenco dei comandanti nelle spedizioni a caccia di elefanti cf. PP 4419-4428. Mentre Rostovtzeff 1908, 302, sottolineava l’importanza della caccia agli elefanti già durante il regno del Filadelfo e dell’Evergete, Fraser 1972, I, 179, seguito da Scullard 1974, 136, attribuiva al Filopatore una sistematica politica di cattura degli elefanti, resisi indispensabili a seguito dell’andamento della battaglia di Rafia. Sull’argomento cf. anche Murray-Warmington 1967, 24-33, in part. 29; Desanges 1978a, 264, 276; Burstein 1989, 4-8; Casson 1993, 247260; Burstein 2000, 31-37; Marcotte 2010, 44. 15 Kortenbeutel 1931, 35, sulla scia di Rostovtzeff 1908, 303. 16 Documentazione in Kortenbeutel 1931, 34; Fraser 1972, II, 308 nn. 370-374; Casson 1993, 251-252. 17 P.Eleph. 28, dove è strathgov" di una spedizione databile al 223/2: cf. Wilcken 1912, 451; Fraser 1972, II, 306-307 n. 368. 18 P.Petr. III, 5a, 8, 6a, 22, su cui cf. Wilcken 1912, 452; Kortenbeutel 1931, 35; Fraser 1972, II, 307 n. 368. 19 PP 4428. Cf. Bevan 19682, 258; Fraser 1972, II, 308 n. 372; Desanges 1978a, 298-299; 1978b, 85-86; 1998, 72. Cf. anche Casson 1993, 256. 20 Fraser 1972, II, 306-307 n. 368. 14 90 S. BIANCHETTI zioni è legato, evidentemente, alle difficoltà a procedere in territori la cui pertinenza lagide risulta contrastata da vicende come la secessione della Tebaide (206-186 ca.), che influirono sul complesso della politica tolemaica21. Gli altari (che rimandano a quelli menzionati durante la spedizione di Alessandro) e le stele (che rimandano alle colonne fissate da Eracle durante le imprese in Occidente) sembrano indicare chiaramente, nella tradizione storico-geografica greca22, le tappe di una espansione intesa in continua evoluzione. Se questa è – come pare – la chiave di lettura della sintetica descrizione dell’avanzata lagide verso il Corno d’Africa, è ipotizzabile che Artemidoro riporti notizie attinte dagli archivi egiziani23 e nelle quali era particolarmente sottolineato l’avanzamento dei Lagidi in territori di frontiera. Egli cita, ad esempio, una Arsinoe24 immediatamente prima di Deire. Si tratta probabilmente della stessa Arsinoe localizzata da Mela (3.80-81) prima di Berenice epi Deire, quest’ultima identificabile direttamente con Deire25. Per quanto attiene alle fonti di Artemidoro, è stato già sottolineato da parte dei moderni come questi attingesse in grandi dosi ad Agatarchide di Cnido26, la cui descrizione era centrata essenzialmente sugli aspetti etnoantropologici della costa occidentale del Mar Rosso. Ora, l’unica menzione di esploratori lagidi che troviamo in Agatarchide è costituita dal nome di Simmia, ammiraglio di Tolemeo III, e che oltrepassò gli Stretti (Diod. 3.18; Phot. 250.40-48). Tenendo anche conto del fatto che dal testo di Agatarchide giuntoci in Diodoro e in Fozio non si ricavano in particolare elementi relativi alla costa a sud di Tolemaide delle cacce27, risulta problematico individuare 21 In questo senso Desanges 1978a, 302-203. Bianchetti 1990b, 67-73. 23 Per la documentazione di Artemidoro, che sembra colmare le lacune imputate da Agatarchide agli archivi reali, cf. Desanges 1998, 72 ss., che riporta agli eventi connessi alla secessione della Tebaide la difficoltà, rimarcata da Agatarchide, ad attingere agli archivi reali. Cf. da ultimo Marcotte 2001, 395 ss., sulla decisione di Agatarchide di interrompere il lavoro per le difficoltà di accesso ai documenti e per l’età avanzata; cf. anche, più in generale, 409410, sull’importanza dell’estremo Sud nella ricerca di Agatarchide. 24 Str. 16.4.14 C773; Ptol. 4.7.2. Per la possibilità che il nome voglia onorare Arsinoe II madre di Tolemeo III, o Arsinoe III moglie e sorella di Tolemeo IV Filopatore, cf. Kortenbeutel 1931, 38-39; Desanges 1978a, 297; 1978b, 100. 25 Bevan 19682, 175-176; Fraser 1972, II, 304 n. 360; Desanges 1978a, 297; 1978b, 83 ss., con l’identificazione di Deire con Ras Siyyan piuttosto che con Ras Doumêra (Conti Rossini 1920, 293) o Ras Bir (Müller 1901, 760); Id. 2001, 1187-1195. 26 Su Agatarchide cf. Woelk 1966, passim; Peremans 1967, 432-455; Gozzoli 1978, 5479; Desanges 1978b, 83 ss.; 1998, 73 ss.; Burstein 1989, passim; Santoni 2001; Marcotte 2001, 385-435. 27 Sulla fondazione del centro per opera di Eumede e risalente agli anni 270-264 cf. Desanges 1978a, 268-269, 271-272; Casson 1989a, 94-96; 1993, 249. 22 IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 91 da dove possa provenire la descrizione di Artemidoro relativa alla costa oltre Deire e, in particolare, da dove possa provenire il riferimento al corno di Noto. Tenendo conto dell’atteggiamento nettamente polemico di Artemidoro nei confronti dell’opera di Eratostene nonché dell’importanza della punta sud-orientale della Libye nella definizione della forma e dell’estensione dell’intero continente, mi pare si possa ipotizzare che l’attenzione rivolta dall’Efesino al corno di Noto vada letta in risposta all’idea di Libye maturata dall’Alessandrino. Eratostene riteneva che l’ecumene-clamide toccasse il suo limite meridionale con il parallelo del Paese della cannella, cioè con l’attuale Somalia. Questo parallelo attraversava anche Taprobane-Ceylon e seguiva una linea che, per l’Oriente, era il risultato delle informazioni raccolte dagli alessandrografi28. La tensione verso la costituzione di una carta del mondo e la necessità di correlare le notizie relative all’Oriente con quelle relative all’estremo Sud sono all’origine di una scansione geometrica degli spazi, comprensiva di allineamenti (vd. quello delle punte meridionali dell’India e della Libye) prodotti per congettura più che per effettiva verifica delle latitudini implicate. Va rilevato, altresì, che nei Frammenti della Geografia di Eratostene non compare alcun riferimento al corno di Noto e l’estremo meridionale della Libye è indicato come hJ kinnamwmofovro". Si tratta di una espressione da leggere in relazione al problema del commercio di questa spezia che, per Erodoto, Aristobulo e Teofrasto29 era di provenienza araba, mentre per Nearco30, in particolare, era trasportata da oriente verso l’Assiria, con una tappa al promontorio Maketa sulla costa araba del Golfo Persico31. Teofrasto, che descrive una geografia delle spezie che si dipana dall’Arabia, non usa gli aggettivi ajrwmatofovro", kinnamwmofovro", smurnofovro". Vale dunque la pena verificare i contesti nei quali, in particolare, kinnamwmofovro" ricorre: 28 Sulla carta di Eratostene cf. Thalamas, 1921; Dragoni 1979; Jacob 1992b, 113-127; Aujac 2001, 65-122; Geus 2002, 261-288; Id. 2007, 111-122. 29 Cf. Amigues 1996, 657-664; 2006, 90 ss.; Robin 1997, 37-56; Zambrini 1997, 481-494, sulla caratterizzazione dell’Arabia nella tradizione antica. Sul lessico delle spezie in Teofrasto cf. Pirenne 1961, 69-72 e, di recente, Squillante 2010. 30 FGrHist 133 F1= Arr. Ind. 32.7; Onesicrito (FGrHist 134 F 22) faceva provenire la pianta dall’India. 31 Sulla differenza tra origine geografica e provenienza commerciale del prodotto cf. Hennig 1939, 325-330. Per la provenienza orientale del cinnamomo cf. Casson 1984, 225-246, contro Raschke 1978, 652-655; Casevitz 1993, 405. Sull’origine somala della spezia cf. De Romanis 1996, 40 ss., con le obiezioni raccolte da Amigues 2006, 91-92. 92 S. BIANCHETTI – Strabone in 17.1.5 C789-790 parla del Nilo e contrappone la concezione degli antichi, maturata ‘per congettura’, a quella delle generazioni successive che si convinsero, per averlo visto, che il Nilo era ingrossato dalle piogge estive che cadevano nella regione etiopica. Continua Strabone sottolineando che «ciò divenne evidente soprattutto a quanti navigarono il Golfo Arabico fino al Paese della cannella o furono inviati alla caccia degli elefanti o per altri motivi di opportunità che spingessero i re d’Egitto, i Tolemei, a intraprendere delle missioni in quei luoghi». Il testo prosegue citando le imprese di Tolemeo II, il quale amava le esplorazioni e, a causa della sua cagionevole salute, era sempre in cerca di nuove e salubri località in cui soggiornare. Segue la menzione di Sesostri, il quale avrebbe percorso tutta la regione etiopica fino a dove cresce il cinnamomo. Conclude il geografo osservando che ancora al suo tempo se ne additava qualche testimonianza. Il passo, che risale nel suo complesso a Posidonio, riporta una dossografia sulle piene del Nilo che comprende Aristotele, Callistene ecc., e che continua con una definizione dell’estensione dell’Egitto tolemaico che sembra far capo a Eratostene (il quale per il Nilo accoglieva del resto la teoria aristotelica)32. – Ancora Strabone (1.4.2 C63)33 riferisce il procedimento necessario a misurare la larghezza dell’ecumene. L’arco di meridiano, assimilabile a un segmento compreso tra Meroe e l’Isola degli Egiziani (isola del Nilo su cui Str. 2.5.14 C119; 16.4.8 C770; 17.1.2 C786; cf. Hdt. 2.30), il paese della cannella e Taprobane vale qui 3.400 stadi. Si tratta di una misura che costituisce una parte del meridiano fondamentale e che risale senza dubbio a Eratostene. – Sempre Strabone (2.5.35 C132) riferisce la contestazione da parte di Ipparco delle misure di Eratostene34. L’Alessandrino in effetti aveva considerato il Golfo Arabico pressoché parallelo al meridiano fondamentale. Questa definizione si trova nello stesso contesto in cui viene definito il Paese della 32 Sulla dossografia relativa alle piene del Nilo cf. Bianchetti 2008, 1-16 (con bibliogra- fia). 33 Erat. F II C2 Berger = F 35 Roller e comm. 154; 152 sul Paese della cannella, senza discussione sull’origine dell’espressione utilizzata dallo scienziato per definire il limite meridionale dell’ecumene. 34 Erat. F IIIA 17 Berger = F 57 Roller con comm. 169, dove la diversa misura della distanza Meroe - Paese della cannella (qui valutata 3000 stadi contro i 3400 di Str. 1.4.2 C63 = Erat. F IIC 2 Berger = F 35 Roller) è ricondotta all’intervento di Strabone. Ma cf. 2.1.17 C74 sull’incertezza della misura presente in Strabone, il quale si rifaceva anche a Posidonio: Aujac 1969, 129, 142. Quanto a Ipparco (F 43 Dicks), del quale Strabone riporta qui la critica a Eratostene, va rilevato che lo scienziato di Nicea accoglieva il limite meridionale dell’ecumene fissato da Eratostene al Paese della cannella: cf. anche 2.5.7 C113 = Hipp. F 36 Dicks. IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 93 cannella e vengono descritti i luoghi di caccia all’elefante: si tratta dunque di dati di chiara matrice eratostenica, confermata dalle affermazioni successive. Strabone continua infatti dicendo che il parallelo del Paese della cannella arriva a Taprobane con una correlazione (cf. 2.1.13-14 C72; 2.1.17 C74) di natura congetturale e nella quale la latitudine di Taprobane è dedotta da un allineamento reso possibile dal confronto dei racconti degli alessandrografi con quelli degli esploratori lagidi. – Infine, in 2.2.2 C95, Strabone usa l’aggettivo ancora nel contesto del calcolo eratostenico relativo alla distanza tra i due tropici (16.800 stadi) e alla possibilità di definire l’ampiezza della zona torrida. Nelle testimonianze qui citate l’espressione hJ kinnanwmofovro" (cwvra) indica la regione più meridionale della Libye, correlata con Taprobane e con l’estremo meridionale orientale dell’ecumene: si tratta di una definizione la cui matrice eratostenica, qui ipotizzata, trova giustificazione, da un lato, nel tentativo di fissare in un parallelo (quello del Paese della cannella) il limite meridionale dell’ecumene e, dall’altro, nell’opportunità di attingere a una tradizione egiziana risalente all’età faraonica e che associava gli aromata all’area del Corno d’Africa35. A fronte di una latitudine meridionale indicata da Eratostene mediante un parallelo che univa la Libye e l’India e che era fissato a 12° N., Artemidoro sembra ricorrere a un toponimo specifico – il corno di Noto – per contestare la concezione eratostenica dimostrando, appunto, che oltre quella località la costa continuava a estendersi verso sud, senza che se ne conoscesse l’estensione per l’assenza di dati. All’origine della precisazione di Artemidoro dovevano stare le numerose notizie provenienti dalle esplorazioni successive all’età di Eratostene e delle quali quella di Eudosso di Cizico, già menzionata, è la più nota. È anche da osservare che il riferimento al corno di Noto sembra evocare un dato già presente nella tradizione geografica e relativo, tuttavia, al lato occidentale dell’Africa: un corno di Noto è presente, infatti, nel Periplo di Annone (§ 17, dove peraltro indica un golfo), testo del quale non intendo qui discutere se non per quanto riguarda la sua influenza in una idea di Africa che si evince ad esempio da Plinio (2.169) e che riporta alla concezione eratostenica. Il Naturalista riferisce, infatti, che Annone navigò da Gades ad finem Arabiae. Continua poi citando Cornelio Nepote36 proprio per il rac35 Cf. Diod. 1. 91 sull’uso della mirra e del cinnamomo per l’imbalsamazione. Cf. anche 2.49 = FGrHist 87 F 114 per la matrice posidoniana evidenziata da Jacoby. Sulla regione di Punt e la terra degli aromata cf. Wilcken 1925, 86-102; Herzog 1968, 8-21. 36 Sulla concezione di Cornelio Nepote cf. Detlefsen 1908, 56-57, il quale ritiene che Cornelio Nepote avesse scritto un’opera di geografia. Lo studioso ipotizzava anche (52-54) che Nepote attingesse a Posidonio, le cui teorie rifluivano in Mela e Plinio attraverso la sua me- 94 S. BIANCHETTI conto delle avventure di Eudosso di Cizico, che dal Golfo Arabico avrebbe navigato fino a Cadice. Il passo pliniano lascia chiaramente intravedere l’importanza di Cornelio Nepote che utilizzava le esperienze dei navigatori citati nel contesto della dibattuta – e mai risolta – questione della circolarità dell’oceano, nella quale molto peso avevano avuto le teorie dei geografi-scienziati, in particolare di Eratostene e di Posidonio. Nell’ambito delle conseguenze che la circolarità dell’oceano aveva sull’idea di Libye, Plinio37 riferisce anche che Giuba di Mauretania pensava si potesse raggiungere il capo Mossilite-Gardafui da Gades, spinti dallo stesso vento, il cauro. Anche questo passo implica chiaramente una concezione che adattava le imprese dei navigatori a un’idea approssimativamente triangolare della Libye e che si rifaceva evidentemente a Eratostene. Che quello pliniano sia, in effetti, un contesto denso di notizie di provenienza eratostenica si ricava da quanto lo stesso Plinio afferma per correggere, poche righe prima (6.170), l’opinione di Giuba che nomina una sola città di Berenice e che dimentica di menzionare la seconda Berenice, cioè Berenice Panchrysos e la terza detta epi Deire, identificabile con Deire38. La conoscenza delle città omonime e soprattutto l’ampiezza dello stretto all’altezza di Deire39 riportano, con ogni verisimiglianza, a Eratostene. A Eratostene, citato in 6.170-17140, risalgono anche le deduzioni ricavabili dall’osservazione del gioco delle ombre nel solstizio d’estate a Berenice e a Tolemaide delle cacce. Numerosi sono quindi gli elementi che suffragano la derivazione eratostenica di molte notizie contenute in questi capitoli del VI libro della Naturalis historia, dove Artemidoro è citato in alternativa a Eratostene al quale risale, in ultima analisi, l’impianto geografico complessivo. Alla descrizione qui sunteggiata e basata su autorevoli fonti greche, Plinio contrappone poi le precise informazioni raccolte dai pretoriani inviati da Nerone41. Il ricco dossier sulle esplorazioni greche (Dalione, Aristocreonte Bione, Basilide Simonide e lo stesso Timostene) non contiene peraltro alcudiazione. Contra cf. Silberman 1989, 574 n. 17. Sulla geografia di Nepote cf. anche Sallmann 1971, 124; Luisi 1988, 41-51. 37 Plin. 6.175, su cui Högemann 1985, 99-103; Bianchetti 1990, 877; Roller 2003, 234 ss. Sull’apporto di Giuba alla conoscenza dell’Africa cf. Sirago 1996, 303-317. 38 Vd. n. 25. 39 7 miglia e mezzo: cf. Str. 16.4.4 C769, su cui Biffi 2002, 268. 40 Il testo pliniano viene considerato Frammento della Geografia da Berger (IIIB 37) e da Roller 2010 (F 42 con comm. 158). Sul passo cf. Fraser 1972, II, 304 nn. 359 e 360; Desanges 1978b, 94-95. Sulle fonti di Plinio per la regione arabica cf. Macadam 1989, 291-295. 41 Török 1988, 136-137. IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 95 na menzione del corno di Noto42. Esso non è citato neppure da Mela e questo elemento potrebbe far pensare che neppure Giuba lo menzionasse. L’isolata menzione da parte di Artemidoro, nel testo da cui si sono prese le mosse, può a questo punto rendere legittima l’ipotesi che essa avesse una funzione essenzialmente polemica nei confronti di Eratostene e dell’idea di Libye maturata dall’Alessandrino. Per tentare di capire cosa Eratostene effettivamente dicesse sulla regione del Corno d’Africa, si dovrà tornare a Strabone, e in particolare a 16.4.4 C76943: tou' d∆ ∆Arabivou kovlpou to; me;n para; th;n ∆Arabivan pleuro;n ajrcomevnoi" ajpo; tou' Aijlanivtou mucou' – kaqavper oiJ peri; ∆Alevxandron ajnevgrayan kai; ∆Anaxikravth – murivwn kai; tetrakiscilivwn stadivwn ejstivn (ei[rhtai d∆ ejpi; plevon), to; de; kata; th;n Trwgodutikhvn, o{per ejsti;n ejn dexia'/ ajpoplevousin ajpo; ÔHrwvwn povlew", mevcri me;n Ptolemai?do" kai; th'" tw'n ejlefavntwn qhvra" ejnnakiscivlioi pro;" meshmbrivan stavdioi kai; mikro;n ejpi; th;n e{w, ejnteu'qen de; mevcri tw'n stenw'n wJ" tetrakiscivlioi kai; pentakovsioi pro;" th;n e{w ma'llon. poiei' de; a[kra ta; stena; pro;" th;n Aijqiopivan44 Deirh; kaloumevnh kai; polivcnion oJmwvnumon aujth'/: katoikou'si de; ∆Icquofavgoi. kaiv fasin ejntau'qa sthvlhn ei\nai Seswvstrio" tou' Aijguptivou mhnuvousan iJeroi'" gravmmasi th;n diavbasin aujtou': faivnetai ga;r th;n Aijqiopivda kai; th;n Trwgodutikh;n prw'to" katastreyavmeno" ou|to", ei\ta diaba;" eij" th;n ∆Arabivan kajnteu'qen th;n ∆Asivan ejpelqw;n th;n suvmpasan, dio; dh; pollacou' Seswvstrio" cavrake" prosagoreuvontai, kai; ajfidruvmatav ejstin Aijguptivwn qew'n iJerw'n. ta; de; kata; Deirh;n stena; sunavgetai eij" stadivou" eJxhvkonta: ouj mh;n tau'tav ge kalei'tai nuni; stenav, ajlla; prospleuvsasin ajpwtevrw, kaq∆ o} to; me;n divarmav ejsti to; metaxu; tw'n hjpeivrwn diakosivwn pou stadivwn, e}x de; nh'soi sunecei'" ajllhvlai" to; divarma ejkplhrou'sai stenou;" televw" diavplou" ajpoleivpousi, di∆ w|n scedivai" ta; fortiva komivzousi deu'ro kajkei'se, kai; levgousi tau'ta stenav. meta; de; ta;" nhvsou" oJ eJxh'" plou'" ejstin ejgkolpivzousi para; th;n smurnofovron ejpi; th;n meshmbrivan a{ma kai; th;n e{w mevcri pro;" th;n to; kinnavmwmon fevrousan o{son pentakiscilivwn stadivwn. pevra de; tauvth" oujdevna ajfi'cqaiv fasi mevcri nu'n: povlei" d∆ ejn me;n th'/ paraliva/ mh; 42 Dallo stesso Plinio (2.168) si ricava una possibile correlazione tra l’esperienza di Eudosso di Cizico, che aveva visto al mercato di Alessandria polene provenienti da imbarcazioni gaditane (Str. 2. 3. 4 C99), e l’esperienza di Gaio Cesare, nipote di Augusto che, nel I d.C., durante la spedizione contro gli Arabi del Mar Rosso, aveva riconosciuto nel Golfo Arabico insegne di navi provenienti dalla Spagna: al di là della discutibile storicità dei fatti, è da notare il ricorrere di un argomento (il riconoscimento di oggetti indicativi di una rotta) ritenuto valido, forse proprio in base al precedente eudossiano, a dimostrare un’ipotesi relativa alla continuità dei mari e alla loro percorribilità. Sulla spedizione di G. Cesare e sul silenzio di Strabone relativamente alla missione di Gaio Cesare cf. Nicolet 1989, 80 ss. che sottolinea il ruolo delle ricerche di Giuba e di Isidoro di Carace. 43 Erat. F IIIB 48 Berger = F 95 Roller e comm. 195-197, dove non sono segnalati problemi di testo. 44 Aijqiopivan codd.; ∆Arabivan Radt. 96 S. BIANCHETTI polla;" ei\nai, kata; de; th;n mesovgaian polla;" oijkoumevna" kalw'". ta; me;n dh; tou' ∆Eratosqevnou" peri; th'" ∆Arabiva" toiau'ta. «La parte del Golfo Arabico lungo il lato dell’Arabia, a partire dal recesso elanita – come registrarono Alessandro e Anassicrate – misura 14.000 stadi. Ma è stato detto di più (scil. da me)45. La parte lungo la regione dei Trogoditi, che è a destra per chi naviga da Heroonpolis, fino a Tolemaide e alla regione delle cacce degli elefanti, misura 9.000 stadi in direzione sud e leggermente verso est; da lì fino agli Stretti ci sono circa 4.500 stadi in direzione più orientale. Gli Stretti sono formati, dalla parte dell’Etiopia, da un promontorio chiamato Deire e da una cittadina dallo stesso nome, abitata da Ittiofagi. Dicono anche che qui si trovi una stele dell’egizio Sesostri, che ricorda in geroglifico il suo passaggio; sembra infatti che egli sia stato il primo a sottomettere l’Etiopia e la Trogoditica e che poi, passato in Arabia, da lì abbia percorso tutta l’Asia; perciò ci sono ovunque luoghi chiamati “accampamenti di Sesostri” e copie di templi di divinità egiziane. Gli Stretti si restringono a Deire fino a 60 stadi, ma non è questo luogo che oggi prende il nome di Stretti, bensì un altro luogo che si incontra navigando ancora oltre e dove la distanza tra i due continenti è di 200 stadi; ma sei isole, l’una vicina all’altra, colmando lo spazio intermedio, rendono molto breve la traversata: attraverso di esse le merci vengono trasportate nell’una e nell’altra direzione con chiatte e sono questi i luoghi che chiamano Stretti. Dopo le isole la navigazione successiva lungo la regione della mirra in direzione sud-est fino alla terra che produce il cinnamomo si estende per circa 5.000 stadi navigando all’interno del golfo. Dicono che fino ad oggi nessuno sia andato oltre questo limite e che lungo la costa non ci siano molti centri, mentre ce ne sono molti ben popolati nell’interno. Tali sono i racconti di Eratostene sull’Arabia». Si tratta di un passo complesso che pone qualche problema di testo: la correzione del tràdito Aijqiopivan in ∆Arabivan proposta da Radt nasce dall’idea che, secondo il recente editore di Strabone, Eratostene starebbe descrivendo qui la costa arabica e in relazione a essa fornirebbe la definizione di Deire46. La correzione risulta, in realtà, fuorviante e non necessaria perché la descrizione eratostenica segue, come convincentemente argomentato da Fantasia47, la costa egiziana del Mar Rosso, anche se comprende notizie ricavate da Alessandro e da Anassicrate48, cioè da esploratori che avrebbero navigato lungo la costa arabica del Mar Rosso. Alle misure di quel lato riferite da essi e considerate eccessive, Strabone contrappone i dati del lato egiziano, verosimilmente attinti da Eratostene. Questi valutava 9000 stadi il tratto da 45 Cf. 1.2.28 C35; 2.3.5 C100. Tarn 1929, 10; Fraser 1972, II, 181, 313 n. 393. Cf. Högemann 1985, 84. 47 Vd. Fantasia 1997, 398 ss., il quale accoglie peraltro uno stadio eratostenico di circa 185 m. sulla base di Engels 1985, 298-311. 48 Cf. Bianchetti 2009, 153 ss. Diversamente Roller 2010, 195. 46 IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 97 Heroonpolis a Tolemaide delle cacce, 4500 quello da quest’ultimo centro agli Stretti. Da dove Eratostene potesse aver ricavato queste misure si può dedurre alla luce dell’attività alla quale si è già fatto riferimento e svolta dai Tolemei nella Trogoditica e lungo la costa verso Deire49. Quanto alle modalità con le quali Eratostene potrebbe aver proceduto alle sue misurazioni, si dovrà tener conto che Strabone50 cita una descrizione di Filone relativa alla Trogoditica e riferita a un viaggio per mare. Berger51 ipotizzava che fossero proprio le misurazioni effettuate da Filone a fornire a Eratostene le notizie utili a fissare la latitudine di Siene e di Meroe. Egli avrebbe trasferito infatti sul meridiano di Siene e di Meroe i dati che riguardavano Berenice, considerata sullo stesso parallelo di Siene, e di Tolemaide delle cacce, sullo stesso parallelo di Meroe. Anche la distanza riportata da Plinio tra Berenice e Tolemaide52 (4.820 stadi) potrebbe essere stata calcolata da Filone, secondo quanto accolto anche da Desanges53 e sarebbe all’origine del calcolo di Eratostene. Se dunque, come probabile, sono i dati raccolti da Filone a offrire a Eratostene le distanze misurate sulla costa, si comprende poi – ed è Strabone (2.5.35 C132) a spiegarcelo – come l’Alessandrino abbia potuto considerare parallela la linea del Golfo Arabico e quella del meridiano fondamentale, giungendo così ad arrotondare a 5.000 stadi il tratto Siene-Meroe. Si comprende facilmente la ratio della trasformazione in linee parallele di segmenti che paralleli non sono (cosa che costituirà l’oggetto delle critiche di Ipparco): mediante queste astrazioni Eratostene riusciva infatti a misurare gli archi del meridiano fondamentale e a calcolare al contempo la larghezza dell’ecumene e la circonferenza massima della terra. Anche la definizione di «Stretti» contenuta nel passo straboniano (16.4.4 C769) può aiutare a identificare il contributo eratostenico. Strabone, infatti, afferma che all’altezza di Deire gli Stretti misurano 60 stadi ma aggiunge poi che «oggi non è questo il luogo al quale si dà il nome di Stretti». Gli Stretti 49 Cf. Desanges 1978a, 272-273, sulla fondazione di Tolemaide delle cacce per opera di Eumede, attivo tra il 286 e il 246: Str. 16.4.7 C770 su cui Biffi, 2202, 275. Cf. Plin. 2.183, 6.171; Mela 3.80; PME 3, 4; Ptol. 4.7.7. Sull’identificazion del centro con Aquiq cf. Desanges 1978a, 274; Casson 1989a, 101; Burstein 1989, 144 n. 2. 50 Str. 2.1.20 C77 = Erat. F IIB 36 Berger = F 40 Roller. Cf. Plin. 2.183 = Erat. F IIB 38 Berger = F 41 Roller, su cui Desanges 1978a, 250; Groom 1981, 65 ss. 51 Berger 1903, 413 n. 3; Desanges 1978a, 251. 52 Plin. 2.183-184; cf. 6.183, dove la misurazione di Eratostene (600 miglia) e quella di Artemidoro (625 miglia) sono collegate all’esperienza di Timostene di Rodi, ammiraglio della flotta di Tolemeo II. 53 Desanges 1978a, 248-252, per l’ipotesi di una navigazione sul Mar Rosso da parte di Filone. 98 S. BIANCHETTI sono costituiti da un altro luogo, più a sud, «dove la distanza tra i due continenti è di 200 stadi; ma sei isole, l’una vicina all’altra, colmando lo spazio intermedio, rendono molto breve la traversata». Come già sottolineato da Desanges, la descrizione degli Stretti, identificati con le sei isole (Sawabia) e riportata come «moderna», sembra far capo a Eratostene e a un’età nella quale la conoscenza si era spinta al di là di Deire. Certo può risultare poco perspicua l’affermazione che la dislocazione di isole dall’andamento nord-sud agevolasse il passaggio verso l’Arabia. Qualche difficoltà ha creato anche l’ampiezza, valutata da Eratostene 200 stadi ed equivalente (per uno stadio di 157,5)54 a poco più di 30 km. Contro le misure riportate ad esempio da Plinio, che attribuisce a Timostene una larghezza di 7 miglia e mezzo55, e che farebbero pensare a una incongruenza della tradizione, si può osservare che anche Eratostene parla di 60 stadi per quello che veniva considerato più anticamente lo Stretto, cioè Deire, mentre l’area delle isole a sud-est di Deire, ampia 200 stadi, è quella con la quale l’Alessandrino identificava gli Stretti nell’accezione più moderna. La presunta incongruenza potrebbe essere dunque risolta tenendo conto delle due diverse localizzazioni degli Stretti, l’una successiva all’altra: mentre infatti al tempo di Timostene e di Tolemeo II gli Stretti erano identificati con Deire, al tempo di Eratostene il concetto di Stretti doveva essersi trasferito a quelle isole che agevolavano di fatto il collegamento tra la Libye e l’Oriente56: i venti che soffiano all’altezza dell’isola di Perim rendono infatti molto difficile l’ingresso nel Mar Rosso attraverso Deire e il collegamento tra i due continenti, e la nuova rotta poteva consentire una navigazione più sicura. Oltre a questo va considerato anche il vantaggio, offerto dalla rotta delle isole, conseguente alla possibilità di sfuggire al controllo sui traffici esercitato pesantemente dalla pirateria araba57. Possono essere state dunque motivazioni di ordine nautico e legate al crescente flusso commerciale tra Oriente e Occidente ad aver spinto a trasferire alle isole Swabada un’idea di Stretti nata evidentemente in connessione con l’ampliamento dell’espansione lagide fino a Deire e trasferita in relazione all’evoluzione dei traffici marini tra i due continenti58. La descrizione straboniana aggiunge un dato importante relativo alla costa dopo Deire: dopo le isole la costa prosegue per 5.000 stadi e piega poi 54 In questo senso Aujac 1966, 176-179. Plin. 6.163; cf. 6.183, su cui Desanges 1978b, 93-94, con osservazioni anche sulla misura di Agatarch. in Diod. 3.38 che parla di 16 stadi. 56 Desanges 1978b, 84, con utile cartina della toponomastica relativa all’area di Bab-elMandeb. 57 Högemann 1985, 85 ss.; Sidebotham 1986, 6; 1989, 195 ss.; De Romanis 1996, 121 ss. 58 Cf. il quadro che risulta dal PME su cui Casson 1989. 55 IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 99 verso sud e verso est fino a raggiungere la regione che produce il cinnamomo. Conclude il geografo: «Dicono che nessuno si è spinto oltre questo limite...». Anche qui un problema di testo: fasiv59 tràdito è corretto in fhsiv da Kramer, seguito da Biffi, mentre Berger, Desanges e lo stesso Radt preferiscono a buon diritto accogliere la lezione tràdita, senza bisogno di riportare al solo Eratostene l’affermazione. Il passo è stato particolarmente dibattuto anche per questo numero (5.000 stadi) che è parso, soprattutto a Desanges60, difficilmente riconducibile a Eratostene, il quale non poteva conoscere quella regione. I 5.000 stadi sembrerebbero dunque far capo ad altri informatori, ad Artemidoro, a esempio, o ad altre fonti. Alcune osservazioni mi spingono a pensare invece che il dato sia effettivamente di provenienza eratostenica più che artemidorea: (a) Innanzitutto da Strabone 16.4.14 C774 non risultano misure riportate da Artemidoro per il tratto da Deire al corno di Noto. Il fatto che in 16.4.4 C769 venga fornita invece una misura di 5.000 stadi per questo tratto mi pare escludere la paternità artemidorea del dato. Che Artemidoro potesse attingere poi per questa area da Agatarchide pare dubbio, visto che l’informazione di quest’ultimo sembra fermarsi alla costa intorno a Deire. Ancora contro l’attribuzione ad Artemidoro di questa distanza va quanto Strabone riporta (16.4.20 C779) al termine di una descrizione del Mar Rosso che è incentrata sull’origine del nome: «Dice (scil. Artemidoro: F 102 Stiehle) che alcuni autori valutano in 5.000 stadi la distanza dagli Stretti del Golfo Arabico fino all’estremità del Paese della cannella» (senza però indicare chiaramente se si procede verso mezzogiorno o verso levante). Il fatto che il dato numerico sia riportato ad «alcuni» e che Artemidoro sembri dubitare di questa notizia sembra gettare più di un dubbio sulla paternità artemidorea della cifra citata. È anche da rilevare che la definizione della regione in questione come kinnamwmofovro", se sono valide le osservazioni sulla matrice eratostenica dell’aggettivo, potrebbe avvalorare l’ipotesi che riconduce all’Alessandrino la descrizione della costa nel suo complesso. (b) Quanto all’ipotesi che Eratostene non poteva conoscere questo tratto di costa va detto che la regione da Deire a Guardafui non presenta effettivamente quelle fondazioni che i Tolemei avevano fissato nella regione a nord 59 A favore della lezione tràdita, Berger 1880, 292-293: «Ich sehe weder Grund noch Anlass zu dieser Änderung, denn die Hdschr. stimmen überein und fasiv von dem der nächste Satz abhängt, schliesst sich an das vorhegehende fasiv, levgousi an». Cf. anche Desanges 1978a, 74, n. 214. 60 Desanges 1978a, 74. 100 S. BIANCHETTI di Deire. È vero tuttavia, come si è detto, che già sotto Tolemeo II e poi sotto Tolemeo III, IV e V vi dovettero essere esplorazioni effettuate lungo la costa oltre Deire, durante le quali furono fissate stele e altari come segni delle tappe raggiunte (vd. i riferimenti a Eumene, a Pitangelo, a Pitolao, a Lica, a Leon, a Carimorto sopra menzionati). A integrazione dei dati fin qui menzionati si può citare una dedica in versi a Pan eu[agro" kai; ejphvkoo", pubblicata nel 1945 da Householder e Prakken61. Essa contiene il ringraziamento di un personaggio, probabilmente a capo di una spedizione per la cattura di elefanti, tornato sano e salvo da una spedizione nella Trogoditica, zona di produzione della mirra, e nella regione dei Colobi62. L’area alla quale il nostro testo sembra far riferimento è dunque quella intorno a Deire e forse a sud di questo centro: la Trogoditica si estendeva infatti lungo la costa occidentale del Mar Rosso, fino al capo Guardafui63 e lungo la quale dopo Tolemeo Filopatore non risultano più cacce di elefanti. La regione definita qui smurnofovro" sembrerebbe identificabile, con Kortenbeutel e Desanges64, con il Corno d’Africa che, nella tradizione riconducibile a Eratostene e riportata da Strabone, era la regione degli aromi (ajrwmatofovro")65. La datazione dell’iscrizione, che menziona al v. 12 una Arsinoe identificabile con Arsinoe II o con Arsinoe III moglie di Tolomeo Filopatore, è fissata dagli editori in un periodo tra il 217 e il 20366. Se le considerazioni fin qui svolte sono giuste, se ne potrà concludere che: – L’interesse per la regione del Corno d’Africa, attestata già durante il regno dei primi Tolemei, dovette assumere nella Geografia di Eratostene una notevole rilevanza in relazione al disegno della Libye. Lo scienziato, che aveva fatto tesoro dei dati ricavati dalle esplorazioni lagidi, aveva immaginato che il tratto Deire-Guardafui terminasse con una regione nota fin dal- 61 Householder-Prakken 1945, 108-116; Bernand 1969, n° 164, 568-573; 1972, n° 8, 3839; Desanges 1978b, 99-100; Fantasia 1997, 397. 62 Sui Colobi, localizzati da Diod. 3.32 all’altezza di Deire, cf. Householder-Prakken 1945, 112. 63 Cf. Str. 16.4.4-18 C768-777; Mela 3.80-81; Marc. Her. GGM, I, 523; Ptol. 4.7.10. Cf. Murray 1967, 28 ss. 64 Kortenbeutel 1931; Desanges 1978b, 83 ss. Ma cf. le riserve di Fraser 1972, II, 303304; De Romanis 1996, 131. 65 Per una localizzazione della regione oltre Bab-el-Mandeb cf. Householder-Prakken 1945, 116. Sul termine cf. Tomaschek 1895, 1210-1212; Miller 1974, 154; Casson 1989a, 123. 66 Cf. anche Desanges 1978b, 99 ss., ma cf. Fraser 1972, II, 302 n. 353, che pensa a una data riconducibile al regno di Tolemeo II. IL CORNO D’AFRICA NELLA GEOGRAFIA DI ERATOSTENE 101 l’età faraonica come terra degli aromata e definita dall’alessandrino kinnamwmofovro". – La definizione eratostenica (kinnamwmofovro"), che privilegia la dimensione est-ovest attraverso il riferimento al parallelo che attraversa le zone meridionali della Libye e dell’India, tende a limitare il confine meridionale dell’intera ecumene e disegna dunque una linea più che un punto, in una prospettiva precipuamente cartografica. – La ‘correzione’ di Artemidoro il quale, in base alle più recenti esplorazioni, immagina che da Guardafui l’Africa si estenda verso sud, ricorre a un toponimo – il corno di Noto – da cui deriva un’idea diversa da quella eratostenica per la forma del continente. È da osservare, a margine della nostra ricostruzione, che Tolemeo – il geografo – recupera il Notou Keras artemidoreo ma lo colloca più a sud67, in un contesto completamente diverso: esso indica infatti la punta che chiude un golfo e rappresenta l’estremo meridionale della penisola che ha nella Punta degli Aromi l’estremo orientale. Ci si può interrogare sul significato di questo ‘recupero’ in un contesto peraltro diverso da quello artemidoreo. È difficile dare una risposta ma è probabile che Tolemeo, che correggeva quella che era comunque la carta di riferimento – cioè l’eratostenica – alla luce delle ampliate notizie ricavate dalle molteplici esplorazioni sul lato orientale del continente libico, tentasse un salvataggio complessivo delle informazioni ricavate dalla tradizione geografica precedente: in un’area che si presentava ancora fitta di zone ignote, i toponimi trasmessi dalla tradizione potevano aiutare a ‘avvicinare’ la nuova carta al lettore. In regioni tutte da scoprire, fissare e unire i segni di una tradizione antica e quelli di una esplorazione moderna permetteva di lavorare all’elaborazione di una nuova carta del continente africano: l’indagine di Tolemeo era destinata, come noto, a cambiare con l’idea di Africa l’idea stessa del mondo abitato. Serena Bianchetti Università di Firenze RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Agius 2008 = A. A. Agius, Classic Ships of Islam: From Mesopotamia to the Indian Ocean, Leiden 2008. Amigues 1988 = Théophraste. Recherches sur les plantes, I, livres I-II, Texte établi et traduit par S. Amigues, Paris 1988. 67 Ptol. 6.7.4, su cui Desanges 2006, 28-29. 102 S. BIANCHETTI Amigues 1996 = S. Amigues, Un cinnamome fantomatique, «Topoi» 6, 1996, 657-664. Amigues 2006 = Théophraste. Recherches sur les plantes, V, livre IX, texte établi et traduit par S. Amigues, Paris 2006. Aujac 1966 = G. Aujac, Strabon et la science de son temps, Paris 1966. Aujac 1969 = Strabon. 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