PAOLA ARTONI
“Quasi al primitivo
splendore”
Restauri nel “bel San Francesco” di Mantova
PAOLA ARTONI
“Quasi al primitivo splendore”
Restauri nel “bel San Francesco” di Mantova
QUADERNI DI POSTUMIA
2
PAOLA ARTONI
“Quasi al primitivo splendore”
Restauri nel “bel San Francesco” di Mantova
Associazione Postumia
CENTRO STUDI E RICERCHE
DI SCIENZE LETTERE E ARTI
Gazoldo degli Ippoliti
QUADERNI DI POSTUMIA
2
Direttore scientifico
Roberto Navarrini
Presidente dell’Associazione Postumia
Lucia Ferrari
Direttore responsabile
Annibale Vareschi
Coordinatore editoriale
Nanni Rossi
Comitato scientifico
Paola Artoni, Giuliana Algeri, Mario Allegri,
Giorgio Bernardi Perini, Paolo Bertelli,
Renato Berzaghi, David Chambers,
Francesco Mallegni, Roberto Navarrini,
Loredana Olivato, Antonio Paolucci,
Lionello Puppi, Antonio Romiti,
Gennaro Toscano
Crediti fotografici
Tutte le immagini qui pubblicate provengono
dall’Archivio del Convento di San Francesco
di Mantova, ad eccezione di quelle di
pp. 21, 174, 175 (Mantova, Complesso
Museale di Palazzo Ducale – Soprintendenza
di Mantova).
La pubblicazione delle suddette immagini
è stata autorizzata anche dall’Ufficio Beni
Culturali della Diocesi di Mantova
(prot. n. 183, 6/02/2017).
In copertina
Mantova, Chiesa di San Francesco,
Cappella Gonzaga, Storie di San Ludovico (dettaglio)
Retro di copertina
Foto ricordo sui ponteggi durante i restauri del 1951
e dettaglio dei francescani dipinti nelle
Storie di San Ludovico
Il presente volume
è pubblicato con il patrocinio
del Comune di Mantova
Assessorato alla Cultura
Impianti e stampa
Publi Paolini, Mantova
ISBN 978-88-95490-85-4
e con il contributo del
Dipartimento Culture e Civiltà
dell’Università degli Studi di Verona
SOMMARIO
Premessa
Nanni Rossi, Roberto Navarrini
pag.
7
Presentazioni
Fra Davide Bisognin
Loredana Olivato
»
»
9
11
Introduzione
Paola Artoni
»
15
CAPITOLO I
Da convento ad arsenale.
L’Ottocento tra spinte ideali e tentativi (vani) di recupero
»
19
CAPITOLO II
Restauri del Novecento
»
45
CAPITOLO III
Frammenti visivi tra nostalgica utopia e necessaria tutela
»
111
Appendici
»
185
Bibliografia
»
347
Indice dei nomi
»
359
7
Premessa
È motivo d’orgoglio per “Postumia” il poter annoverare nello scaffale
delle nostre edizioni questa monumentale ricerca della cara amica Paola
Artoni, che ha invero, ormai da parecchi anni, prestato il suo sapere e la sua
creatività anche al servizio delle nostre fortune associative.
D’ora in poi chiunque intendesse metter mano e mente al “pantheon
della città” dovrà partire da quest’opera di Paola, uno studio fondamentale
per comprenderne l’importanza.
Il complesso architettonico ha subito nel tempo i traumi di scelte scriteriate nelle destinazioni d’uso e i gravi danni dei luttuosi eventi bellici e
pertanto, grazie a Paola, ci si potrà rendere responsabilmente conto che, se
si vuole davvero essere degni eredi sia di chi ha ideato e costruito la chiesa e
il complesso monastico di San Francesco, sia degli illustri tecnici e studiosi
che hanno affrontato nell’arco di almeno due secoli i difficili restauri, occorre tornare ad interessarsene con conoscenza, cognizione di causa, competenza e con la capacità politica di pensare ed agire in grande.
Tra i meriti di Paola, a conclusione di un lavoro certamente non facile
ma esaltante negli esiti, ci sta infatti anche questo “memento”, documentatissimo, per Mantova, per i suoi cittadini, i suoi amministratori e per coloro
in specie che portano sulle loro spalle l’eredità illustre degli Andreani e dei
Gazzola.
Conoscere per decidere e per intervenire: grazie a Paola Artoni, d’ora
in poi - è giusto ripeterlo con forza - ci saranno assai meno alibi!
Nanni Rossi e Roberto Navarrini
9
Presentazioni
La bella chiesa mantovana di San Francesco, attualmente
adibita ad arsenale, nei tempi antichi costituiva il “Pantheon di Mantova” per essere la fedele custode delle tombe
dei signori della città e fu tra le costruzioni più illustri del
miglior periodo storico della città virgiliana ed il suo nome è
legato a molti episodi e fatti ormai passati alla storia … Un
ritorno alla pristina bellezza, d’altra parte, oltre a salvare le
belle architetture della chiesa ed i pochi dipinti che ancora
rimangono converrebbe anche per l’amore che i mantovani
sempre portarono alla loro chiesa.
L. Pescasio, 1941
La testimonianza dell’insigne avvocato mantovano bene esprime i sentimenti che da sempre provo verso il complesso monumentale di San Francesco, luogo dove da secoli si intrecciano storia, arte, poesia, umanità e
spiritualità. Un fascino misterioso avvolge chiunque viene in contatto con
questa chiesa sobria, semplice, essenziale, eppure così ricca, complessa, ridondante. La storia della chiesa e del convento è inspiegabilmente contraddittoria. È una storia ad un tempo esaltante e tragica, vivace e silenziosa,
appassionante e deludente. È una storia da sempre difficile e complessa,
eppure manifesta una forza d’attrazione unica, direi mistica e misteriosa,
coinvolgente ed enigmatica.
La presente importantissima pubblicazione mette in luce come il bel
San Francesco di Mantova, il primo “Pantheon” dell’inclita casata dei
Gonzaga, possa essere preso a paradigma locale e nazionale, per come si
è sviluppata ed è giunta a maturazione una nuova coscienza della tutela, della conservazione, del restauro, del recupero, del riscatto di un bene
culturale e artistico di notevole significatività. Per non dimenticare quanto
ruota attorno a questo meccanismo: rilievi grafici e fotografici, attribuzioni,
progetti, sponsorizzazioni, iter burocratici, riflessioni. E questo percorso è
avvenuto dopo decenni di diverso utilizzo dell’immobile (Arsenale militare), prima – durante – dopo i bombardamenti della II Guerra Mondiale,
dopo spoliazioni e furti indecorosi e meschini, nonostante le piccinerie e le
grettezze di qualche burocrate o degli stessi religiosi. Non si possono qui
10
P R E S E N TA Z I O N E
non citare alcune persone che hanno veramente amato questo complesso
monumentale e hanno lavorato con passione per restituire il bel San Francesco ai mantovani: le ditte Bianchi e Bottoli, i restauratori Arturo Raffaldini
e Augusto Morari. Un nome su tutti dovrebbe emergere nella rinascita della
chiesa e del convento, quello di padre Sigismondo Callegaro, infaticabile
protagonista della ricostruzione della chiesa di San Francesco, frate schivo
e silenzioso, umile e devoto, lontano dai riflettori e dal vacuo vociare. Non
posso che ringraziare Paola Artoni, per questa sua nuova fatica letteraria,
frutto di una meticolosa ricerca archivistica, supportata da un importante
apparato documentario e di cronaca conventuale. Grazie dottoressa, perché
solo attraverso il ricorso alla memoria possiamo trovare un barlume di luce
che dia spessore al presente e una speranza ad un futuro che ci appare tanto
incerto e problematico, quanto discontinuo e frammentario.
Fra Davide Bisognin
storico della Chiesa
P R E S E N TA Z I O N E
11
Ora il bel S.Francesco è in piedi. Per gradi, piano piano sta
tornando il grande Monastero dell’antichità
A. Azzoni, 1956
La chiesa di S. Francesco a Mantova è edificio emblematico delle più diverse vicende che hanno, nel tempo, travagliato il nostro Paese. Costruito, a
partire dai primi anni del XIV secolo, secondo i criteri dello stile romanicogotico e come edificio più rappresentativo dell’imponente convento dei Minori Conventuali, fu ritenuto per secoli una delle fabbriche più qualificanti
dell’epoca medioevale della città, arricchito, nel tempo, da opere d’arte di
pregio, tanto da essere scelto dai Gonzaga, signori dello Stato, come mausoleo di famiglia, ospitante le tombe di tanti famosi protagonisti della casata
ovvero di personaggi eminenti a questa legati.
Non solo. Verso la metà del XV secolo (precisamente nel 1459) Mantova viene scelta come sede del Concilio dei Principi Cristiani e che vede
protagonisti due illustri esponenti dell’intellighenzia italiana, il vescovo di
Verona, Ermolao Barbaro, come anche il papa Pio II (e cioè Enea Silvio
Piccolomini), entrambi studiosi di grande livello nonché politici di alto rango. A testimonianza del ruolo che la chiesa ed il convento rappresentano
agli occhi della città. Avviene contestualmente la consacrazione in un clima
culturale che ben si accorda con gli illustri protagonisti che avevano, in precedenza, animato la vita intellettuale della corte, quali Vittorino da Feltre,
Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna e tanti altri.
Con il passare del tempo il convento e la chiesa si arricchiscono di
decorazioni parietali, di una nuova Cappella Maggiore, di un refettorio,
di cappelle laterali ornate di affreschi, di un portico, di una “foresteria”, e
via citando. Tanto da essere descritti da studiosi settecenteschi locali quali
il Cadioli (1763) o il Bartoli (1771) in termini di ammirata e compiaciuta
stima.
Sarà con l’avvento napoleonico prima e con quello austriaco poi che la
situazione cambierà radicalmente. In un primo tempo, infatti, nell’ordine
delle nuove regole proclamate dall’impero francese, il convento fu soppresso e la chiesa chiusa (1797), non dopo, tuttavia, aver trasportato altrove le
opere di più appariscente valore. Ma la situazione peggiora ulteriormente
12
P R E S E N TA Z I O N E
con l’avvento del governo asburgico (1811) che decreta una funzione nuova (e problematica) degli edifici in questione, trasformando il complesso in
Arsenale. Con tutti gli stravolgimenti che tale nuovo ufficio comportava.
Anzitutto, infatti, gli spazi venivano ad essere gestiti in funzione del
nuovo ruolo assunto dalle fabbriche dove la chiesa, ad esempio, veniva
modificata e trasformata come “contenitore” specifico di strumenti bellici;
strutture architettoniche come altari, colonne, capitelli, ovvero i restanti
frammenti di affresco ancora percepibili, venivano trascurati ed anzi, spesso, vandalizzati.
È a questi avvenimenti che è dedicato il corposo saggio di Paola Artoni
che qui presentiamo e che analizza con competenza e passione i numerosi
documenti d’epoca relativi alle vicende ottocentesche e novecentesche che
hanno coinvolto la chiesa. In particolare relative ai diversi restauri realizzati
sulle pitture murarie, alle proposte di trasporto e di stacco che vari operatori avanzano, ai diversi tentativi di recuperare l’antico splendore della
fabbrica.
Di fatto, in quel contesto temporale, gli studiosi e gli appassionati d’arte locali non mancano di rilevare l’incresciosa situazione in cui versa la
chiesa ed auspicare un ripristino dell’edificio che aveva rivestito un ufficio
tanto importante nella storia della città. Significativo in proposito – e adeguatamente sottolineato dall’Artoni – sarà il ruolo di personaggi di metà
Ottocento quali lo studioso Carlo D’Arco, cha sarà poi anche podestà civico, ovvero del restauratore Bernardo Gallizioli, o ancora del pittore Ambrogio Nava, che intervengono a favore dello strappo degli affreschi ancora sopravvissuti. Non solo: negli ultimi decenni del secolo altri personaggi
intercedono sulla vicenda, sempre però in relazione agli affreschi in cui si
auspica la mano di Mantegna. È negli anni ’40 del Novecento, passato il
complesso dal Demanio al Comune, che la questione ritorna pressante e
non limitata ai resti delle pitture ancora percepibili ma bensì anche all’edificio della chiesa, alle cappelle interne, al campanile e a molte delle strutture
dove si adopera con passione, fra gli altri, il Soprintendente Pietro Gazzola.
Ma, il 14 febbraio 1944, il primo bombardamento della città da parte delle
truppe alleate interrompe tali significativi e volonterosi interventi: «Una
bomba cadde nel Chiostro grande – come attestano i documenti ritrovati
dall’Artoni – di questo Convento a pochi metri di distanza dal nostro ricovero, ove eravamo rifugiati». E si tratta solo della prima incursione seguita,
purtroppo, da molte altre, come confermano le testimonianze del tecnico
comunale Aldo Andreani, puntualmente riportate nel volume. Che costringono a sospendere i lavori. Ripresi, tuttavia, a partire dal maggio 1945
fino, almeno, al 1953. Ancora una volta Paola Artoni segue con attenzione
puntuale i documenti da cui emergono i nomi di coloro che sono coinvolti
nell’impresa di recupero («dopo quattro anni di pratiche, di carte, di sospi-
P R E S E N TA Z I O N E
13
ri, di viaggi, di attese…»), battendosi contro chi voleva abbandonare quegli
spazi, ritenuti ormai non più valorizzabili, al loro destino.
Ribadiamo che i documenti, gli scritti, le lettere, le relazioni (tutte inedite) pubblicate nel volume sono di grande impatto e tali da evidenziare
personaggi (sovrintendenti, architetti, restauratori, studiosi...) che ebbero la
forza di battersi perché S. Francesco non fosse abbandonato alla sua sorte.
Ma altrettanto impressionante e utilissimo (oltre che di grande impatto
e di testimonianza altamente appariscente) è il corredo di rilievi grafici come
anche di documentazione fotografica che arricchiscono il volume. Foto d’epoca originali, disegni, schizzi e testimonianze di contemporanei delle varie
vicende. Che, assieme all’imponente corredo di testi (la gran parte inediti),
propongono il saggio come rilevante ed imprescindibile itinerario di storia
urbana.
Loredana Olivato
Professore emerito
Università di Verona
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Introduzione
Le pagine che il lettore si prepara a sfogliare desiderano essere, prima
ancora che un racconto storico, l’espressione di un desiderio di pace. Il “bel
San Francesco” – come veniva chiamata la chiesa collocata nella Civitas
Nova, appena oltre il limite della Mantova più antica, “firmata” nel 1304
da un architetto di nome Germanus che la realizzò laddove frate Benvenuto, discepolo di San Francesco, aveva fondato un oratorio – ha conosciuto
stagioni gloriose, spoliazioni, devastanti attacchi, ma anche una significativa rinascita. Per comprendere l’importanza di questa chiesa francescana basti pensare al fatto che la cappella di San Ludovico fu, dal Trecento alla fine
del Quattrocento, utilizzata come pantheon della famiglia Gonzaga, a testimonianza del forte legame con la dinastia che si conferma anche nel 1450
quando, per volere del marchese Gianfrancesco, i Francescani Conventuali
vengono sostituiti con i Frati Minori Osservanti provenienti dal convento
delle Grazie. La consacrazione solenne avviene il 2 dicembre 1459, nel corso della Dieta di Mantova, alla presenza di papa Pio II e di trenta cardinali,
con una funzione guidata dal vescovo di Verona, Ermolao Barbaro. Ed è
sempre per volere di un Gonzaga, il marchese Francesco II, che nel 1491
viene costruito un dormitorio con un centinaio di celle, un chiostro grande
e l’infermeria, e che nel 1505 viene fondata una nuova ala del convento,
destinata ai frati forestieri, sviluppata verso il Rio – ovvero verso la porta
acquatica di Portazzolo – e che, l’anno seguente, viene affrescato dal veronese Bonsignori il refettorio, con la figura di Cristo e i ritratti della famiglia
Gonzaga.
Sono queste solamente alcune brevi riflessioni che, pur esulando da
quello che è il focus del tema del volume, sono necessarie per percepire in
filigrana la centralità di questo luogo. Le vicende che si vanno ad esaminare iniziano dall’Ottocento, quando da tempo la stagione gonzaghesca
è tramontata e, già da inizio Settecento, il convento è diventato una base
d’appoggio per i francesi presenti a Mantova. In appendice si è ritenuto
utile riportare la guida pubblicata nel 1763 da Giovanni Antonio Cadioli,
eclettico artista mantovano, fondatore della locale Accademia di Belle Arti,
come pure l’integrazione a quest’ultima dell’accademico bolognese Francesco Bartoli del 1771, per fissare una stagione che stava volgendo verso la
sua conclusione. Grazie a queste due guide si ha una sorta di itinerario nella
16
INTRODUZIONE
chiesa precedente alla soppressione: la prima cappella a destra era dedicata
a Sant’Antonio, la seconda a Sant’Andrea, la terza a Santa Margherita, la
quarta a Gesù, la quinta alla Vergine Immacolata, la sesta a San Bernardino,
l’ultima al Santissimo Sacramento. Sul lato opposto la collocazione degli
altari risulta più nebulosa: muovendosi dalla cappella maggiore e percorrendo il lato sinistro Cadioli elenca la Madonna di Reggio (ovvero della
Ghiara) dipinta da Francesco Borgani, la Conversione di San Paolo di Girolamo Mazzola Bedoli oggi nel Palazzo Ducale di Mantova, il pulpito con
i Santi Ludovico e Francesco del Bonsignori ora a Brera mentre Bartoli aggiunge alla descrizione un polittico di Giovanni Salmista, l’Annunciazione
del Costa (ovvero del Francia), la Madonna e santi del Moncalvo (in realtà
del Costa) e le giottesche Storie della Passione. Evidentemente l’itinerario
devozionale della chiesa di San Francesco risponde all’adorazione di Cristo
(gli altari del Santissimo e del Gesù), alla devozione alla Vergine (Annunciata, Immacolata, in gloria con santi); alla celebrazione dei santi dell’ordine
(Sant’Antonio, San Bernardino, San Ludovico); non tralasciando gli Scalzi
(San Pietro d’Alcantara) e il terz’ordine (Santa Margherita da Cortona).
D’altro canto gli accadimenti ottocenteschi relativi alla chiesa di San
Francesco trovano le loro radici nei decenni precedenti, ovvero al tempo
della ridestinazione d’uso del tempio e della dispersione delle opere d’arte.
In questa fase la chiesa viene spogliata dei monumenti sepolcrali – in parte
distrutti e in parte trasportati nella basilica di Sant’Andrea e in Palazzo
Ducale – e dei dipinti che ornavano le cappelle. Se, come è noto, la soppressione nel 1782 del convento ha segnato l’inizio della fine per il complesso
di San Francesco, con il 1797, anno della chiusura al culto della chiesa, è
cominciato il rapido declino della fabbrica, dal 1811 trasformata in arsenale militare e suddivisa in due piani e, dal 1854, isolata dal resto della città
tramite le mura e un fossato.
Le vicende che si vanno a descrivere in questo volume, pubblicato come
numero monografico della collana dell’Associazione Postumia, con il sostegno del Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona, iniziano
all’alba dell’Ottocento e vedono protagoniste alcune figure importanti legate alla storia del restauro e della tutela non solamente di questo angolo
d’Italia, nel segno di un dibattito tutt’altro che periferico. Il Novecento è il
secolo delle grandi contraddizioni, a partire dalle lungaggini burocratiche
intorno al passaggio di proprietà e il ritorno dei francescani, passando per
i restauri dell’inizio degli anni Quaranta fino ai giorni terribili delle bombe
e della violenza inaudita che riduce a polvere e briciole gli antichi affreschi
che avevano illuminato la chiesa nei secoli. La possibilità di presentare in
appendice le trascrizioni dei diari dei frati degli anni Quaranta e Cinquanta
rende la circostanziata cronaca quotidiana del convento una materia tanto
significativa quanto vivace. Quando l’avvio di un recupero sembrerebbe
INTRODUZIONE
17
ormai fallito, a poco a poco, e non senza laceranti relazioni istituzionali,
ecco che San Francesco invece rinasce nelle sue forme gotiche mentre ciò
che resta delle decorazioni murali viene strappato dalle pareti per essere
ricollocato a lavori conclusi. Nel dopoguerra questo luogo torna dunque
centro pulsante della vita cittadina e non solo. Bisognerà infine attendere
l’ultimo decennio del secolo affinché sia ridata nuova luce agli affreschi
della cappella Gonzaga, ovvero le Storie di San Ludovico, in un’operazione
di restauro che si rivela ancora oggi valida e che dovrebbe spingere alla virtuosa emulazione per la cura dei restanti affreschi che costituiscono il più
importante ciclo trecentesco ancora presente a Mantova.
Le ricerche condotte negli archivi di Mantova, Verona, Brescia e Roma,
iniziate in occasione della tesi di dottorato dedicata alle soppressioni dei
conventi francescani di Mantova e di Grazie di Curtatone, si sono via via
arricchite di materiali non consultati in precedenza, resi accessibili dalle
istituzioni e condivisi con gli studiosi con i quali si ha avuto la fortuna di
confrontarsi. Anche in virtù di questa prospettiva di apertura e con l’auspicio di ulteriori approfondimenti da parte di quanti vorranno tornare sullo
studio del San Francesco, si è voluto dedicare l’ultimo capitolo del volume
alle decorazioni pittoriche, molte delle quali non più esistenti ma documentate dalle foto d’epoca. Che queste pagine possano essere di stimolo per un
dibattito storico-artistico oltre che sulla conservazione e la tutela.
Nel 1954 Memore Pescasio dava conto dei restauri già compiuti fino a
quel momento e preannunciava nuovi interventi per riportare il complesso
«quasi al primitivo splendore». In questa forma di risarcimento rispetto alla
devastazione bellica si vogliono leggere i segni della speranza e dell’impegno che, allora come oggi, reclamano una rinnovata stagione di bellezza,
come necessaria e più che mai viva.
Paola Artoni
Università degli Studi di Verona
CAPITOLO I
Da convento ad arsenale.
L’Ottocento tra spinte ideali e tentativi (vani) di recupero
Il complesso di San Francesco, nonostante la destinazione d’uso militare e le spoliazioni di opere d’arte, per una concomitanza di fattori vive
l’Ottocento anche come momento in cui si manifesta l’espressione di una
nuova coscienza della tutela. Nel contesto mantovano va senz’altro riconosciuto il ruolo chiave del conte Carlo d’Arco, al quale si deve buona parte
della promozione in merito a questioni di conservazione dei monumenti
della città,1 attore, sin dal 1832, di un progetto dedicato alle acquisizioni
di opere da destinare al museo municipale oltre che autore, tra i tanti studi, della raccolta illustrata dei Monumenti di pittura e scultura trascelti in
Mantova e nel suo territorio (1837). Il suo impegno di intellettuale si esprime anche attraverso la politica: d’Arco è infatti attivo nella Commissione
d’Ornato che, dopo una prima fase attiva all’inizio del decennio, torna ad
agire attorno al 1847 con Gaetano Trenti, l’ingegner Giuseppe Nievo e il
marchese Giuseppe Sordi.2 Lo stesso anno d’Arco è eletto podestà e caldeggia l’impegno di una commissione dedicata alla realizzazione del museo ma,
a causa delle vicende belliche del 1848, egli si dimette e nel 1850 gli succede
Annibale Cavriani,3 il quale tuttavia non esita a chiedere al conte di tornare
a impegnarsi in prima persona per il progetto museale.
1. Gli anni Cinquanta: i trasporti di Pietro Dovati, i rilievi grafici di Giuseppe Razzetti e i progetti di stacco di Bernardo Gallizioli
Il Patrio Museo, accolto negli spazi dell’Accademia Virgiliana, apre il
22 aprile 18524 e dalla chiesa di San Francesco vengono staccati a massello
Su Carlo (1799-1872), discendente della famiglia trentina dei d’Arco che dal Settecento era giunta a Mantova e della quale è ancora visibile a Mantova il magnifico Palazzo, si
veda almeno Giornata di studio 2001, con bibliografia precedente. Il padre di Carlo, Francesco, fu deputato alla Congregazione Regionale. Carlo si formò all’Accademia di Milano e
approfondì i suoi studi a Roma.
2
Giuseppe Sordi (1812-1889) fu un accademico (per i riferimenti biografici si veda
BARONI 2002, p. 260).
3
Annibale Cavriani (1805-1876) è stato funzionario e podestà di Mantova (in BARONI
2002, p. 92).
4
Sull’istituzione del Museo Patrio di Mantova cfr. BAZZOTTI 2001.
1
20
PAOLA
ARTONI
Incisione tratta da S. Gionta, Fioretto delle cronache di Mantova, 1844.
due affreschi a questo destinati.5 Il 4 ottobre il capomastro Pietro Dovati,
da anni attivo sulla scena mantovana per questo tipo di interventi,6 scrive all’ingegner Furlani dando spiegazione in merito al compenso ricevuto
per il trasporto su tela di alcune pitture murali.7 Tra queste figurano due
Madonne col Bambino di inizio Trecento - un tempo collocate sui pilastri
dell’altare maggiore che, consegnate al Patrio Museo, dal 1915 sono confluite nella collezione del Palazzo Ducale di Mantova8 - oltre agli strappi della
5
ASCMn, Sezione Ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 1723/1852 in P.G.
3199/1861, in Fonti 2002, pp. 14-15 e in PRANDI 2010/2011, p. 101. A tale proposito vi è la
testimonianza diretta di D’ARCO (1853, pp. 7-11).
6
Nel 1827 il capomastro è responsabile del recupero degli affreschi del demolito Palazzo Torelli, un tempo collocato a Mantova dove ora sorge la sede centrale della Banca Agricola Mantovana (corso Vittorio Emanuele, 30). Gli affreschi, sei scene eseguite dalla cerchia di
Giulio Romano e ispirate all’iconografia del Camerino di Ovidio di Palazzo Te, per un certo
periodo sono state conservati nella casa di Dovati, nell’attuale via Conciliazione, 16, finché
nel 1852 sono state vendute ad Andrea Monga. Sono quindi confluite nelle collezioni civiche
veronesi e oggi si trovano esposte nel Museo degli Affreschi “Cavalcaselle” di Verona. La
vicenda è stata ricostruita con dovizia in SIGNORINI 2003 (con bibliografia precedente).
7
ASCMn, tit. X.3.4, 1830-1853, fasc. 1853. Cfr. L’OCCASO 2011, nota 40, p. 172 e
MAROCCHI 2014, p. 166.
8
Si vedano TAMASSIA 1996, p. 58; L’OCCASO 2011, schede 5-6, pp. 88-90.
DA CONVENTO AD ARSENALE
21
Le due Madonne trecentesche strappate dai pilastri di San Francesco e ora in Palazzo Ducale.
Madonna del latte, proveniente dalla casa del Fiera9 e dell’affresco con la
Madonna in trono col Bambino e due committenti, tolto sempre nel 1852
dall’esterno di Santa Maria della Vittoria.10 Per quest’ultimo si erano mossi,
sin dal 1834, sia l’architetto Giovan Battista Vergani, che aveva proposto
il distacco a massello, sia Carlo d’Arco, che il 17 luglio aveva scritto una
relazione sull’opera supponendo che l’autore fosse un mantegnesco, verosilmente fra’ Girolamo Bonsignori. Alla proposta di strappo, sottoposta
nel 1848 da Bernardo Gallizioli, restauratore di cui si dirà a breve, segue
quattro anni dopo l’effettivo distacco eseguito da Pietro Dovati.
ASMn, Documenti Patrii d’Arco, b. 209, 28 marzo 1852; ASCMn, tit. X-3-4, 18301853, fasc. 1852, in BAZZOTTI 2001, p. 109 (allo stesso Bazzotti si deve l’identificazione del
dipinto nelle collezioni del Palazzo Ducale di Mantova: BAZZOTTI 1993, pp. 243-286, p. 244,
fig. 261); L’OCCASO 2011, scheda 25, pp. 101-102, con bibliografia precedente, a partire da
D’ARCO 1853, pp. 15-16.
10
ASCMn, tit. X.3.4, 1830-1853, fasc. 1853 in L’OCCASO 2011, p. 92.
9
22
PAOLA
ARTONI
Un dettaglio dell’affresco un tempo presente nel catino absidale.
DA CONVENTO AD ARSENALE
23
Di lì a breve, si inizia a prendere in considerazione l’ipotesi di strappare
l’affresco del catino absidale di San Francesco, raffigurante la Madonna con
Bambino in trono e una schiera angelica, al tempo attribuito a Mantegna.
Questo dibattito, che coinvolge le autorità civili ed esperti di restauro, si
svolge, senza portare ad alcuna soluzione, per alcuni decenni e si può intendere come una manifestazione delle varie correnti di pensiero del tempo in
materia di tutela.11
Tutto inizia il 2 maggio 1853 quando Carlo d’Arco chiede informazioni
alla Congregazione Municipale della Città di Mantova sull’esistenza dell’affresco, non visibile in quanto collocato in una zona militare, suggerendo
l’opportunità di rilevare i contorni tramite lucido, in modo da potere conservare almeno il ricalco nel Museo municipale.12 Un’operazione che l’anno
precedente il pittore-restauratore Giuseppe Razzetti,13 aveva eseguito dei
lucidi nella Cappella Gonzaga su quelle che, al tempo, si pensava fossero
le Storie di san Bernardino della scuola del Mantegna, e da quei disegni,
realizzati al tratto e oggi conservati nella collezione del Palazzo Ducale di
Mantova, Lanfranco Puzzi avrebbe tratto le incisioni pubblicate dal d’Arco nel 1857.14 Il 16 maggio 1853 si chiede allo stesso Razzetti il lucido
dell’affresco dell’abside ed egli invia alla Congregazione Municipale della
Città di Mantova una relazione tecnica e un preventivo di spesa, pari a
400 lire austriache. Il commento di Razzetti è utile per confermare quanto
alcune foto mostrano, ovvero che il dipinto, alto cinque metri e largo sei,
«piramidale a cagione delle linee che concorrono al centro della curva
della volta», rappresentava «una Madonna seduta sopra un piedistallo col
Bambino sulle ginocchia da ogni lato circondata da graziosi angeli e sopra
il capo, nel cielo, cadenti due festoni di frutti e fiori intrecciati di vari cherubini che formano aureola al capo della Vergine. Ai lati di queste figure
vi sono due lesene anch’esse formanti parte del quadro della larghezza
di un metro sulle quali vi sono degli ornati a candelabro in chiaro-scuro
con fondo oro».15 L’evasiva risposta dell’interlocutore, ovvero la scelta di
«non dare un giudizio» in quanto mancano «dati regolatori in proposito»,
11
Tutta la pratica si trova in ASCMn, Sezione ottocentesca, cat. X.3.4 (Museo comunale), prot. 3199/1861.
12
ASCMn, Sezione ottocentesca, t. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 2334/1852 in P.G.
3199/1861.
13
Su Razzetti (1801-1888), restauratore mantovano di famiglia bresciana, si vedano
FERRARI 1992 e L’OCCASO 2008, con bibliografia ragionata.
14
Si rimanda a D’ARCO 1853, pp. 16-19, note 4-7 e, in seguito, a D’ARCO 1857, I, p. 54,
tavv. 34-37 e, a tale proposito, si vedano L’OCCASO 2011, schede 602-605, pp. 431, 432, tav.
CXCVIII e ci permettiamo di rimandare ad ARTONI 2013, p. 74; fig. 15.
15
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519. fasc. 3, P.G. 8634/1853 in P.G.
3199/1861, in PRANDI 2010/2011, p. 118.
24
PAOLA
ARTONI
I lucidi di Giuseppe Razzetti eseguiti nella
cappella Gonzaga, foto Calzolari.
ci fa comprendere, da un lato, come il lucido non sia stato realizzato e che
quindi non sia possibile disporre neppure di questa memoria del dipinto
perduto e, dall’altro, che curiosamente ciò che era stato possibile eseguire
solamente un anno prima per la cappella Gonzaga a breve distanza non
venga ritenuto altrettanto significativo. Di lì a breve Razzetti riceve l’inca-
DA CONVENTO AD ARSENALE
25
rico di staccare una Madonna col
Bambino.16
Nel 1854 sulla scena mantovana si sta affacciando il restauratore bresciano Bernardo Gallizioli17 che, quello stesso anno, sta
vivendo un momento importante
della sua carriera in quanto, dalla
seconda metà degli anni Quaranta, è estrattista di fiducia dell’Accademia di Belle Arti di Brera e
il suo trasporto degli affreschi di
Moretto – ovvero Mosè e il roveto ardente e i dieci Profeti, che il
Bonvicini aveva dipinto per lo studiolo del vescovo Mattia Ugoni,
oggi palazzo Martinengo Cesaresco Novarino in Brescia –, realizzato tra il 1853 e il 1855, sta per
essere presentato all’Esposizione Il torrione asburgico (1853-1883), foto Vecchi.
di Parigi del 1855.18
Il 27 luglio 1854, Carlo d’Arco dà notizia al segretario municipale
Vincenzo Galeotti intorno alla presenza del restauratore bresciano, giunto
a Mantova per trasportare su tela un non meglio identificato affresco, e
sull’intenzione di quest’ultimo di compiere altri lavori quali il lucido della
Madonna col Bambino, evidentemente non realizzato da Razzetti.19 La proposta scritta di Gallizioli, datata il giorno seguente e consegnata di persona
dal restauratore, si riferisce non tanto al lucido quanto all’intenzione di «levare dal muro la bella Madonna del Mantegna dipinta a fresco e che esiste
nella soppressa chiesa di San Francesco ora Arsenale militare. Questo magnifico dipinto ora nascosto allo sguardo delli intelligenti», con l’obiettivo
di destinare il dipinto «a pubblica vista nel museo patrio che ora con tanta
cura si sta arricchendo di oggetti antichi d’ogni genere». Si prevede che
16
Per L’OCCASO 2008 p. 186, con riferimento a ASMn, Documenti patrii d’Arco, b.
209, si tratta di una delle Madonne attualmente conservate in Palazzo Ducale.
17
Su Gallizioli (Gussago, 1796 - Brescia, 1867), verosimilmente allievo di Giambattista
Speri, si trovano delle significative citazioni in ONGER 2010; GIANGUALANO 2005 e nel profilo
GIANGUALANO 2014. Si ricorda anche la tesi PRANDI 2010/2011 sull’attività mantovana dello
stesso.
18
GIANGUALANO 2014, pp. 184-185, con bibliografia precedente.
19
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 4114/1854 in P.G.
3199/1861.
26
PAOLA
ARTONI
«questa operazione lungi dal portare ingiurie del tempo perché il cimento
che lo deve tenere attaccato alla tela doppia fatta l’operazione diventa come
uno smalto e conserva il colorito come nel suo primiero stallo». A garanzia
Gallizioli presenta delle certificazioni di «altre molte operazioni di simil genere». Tecnicamente l’operazione tiene conto delle dimensioni dell’affresco,
ovvero «della larghezza di metri cinque e centimetri cinquanta circa e di altezza di circa metri sette dovendolo dividere in tre quadri e poi due quadri,
separate le due lesene o candelabri che fiancheggiano la Madonna, necessitano tre tellari separati» e indica i vari materiali necessari, ovvero mussole,
«tela da rinforzo», «tela sulla quale deve rimanere il dipinto», fissando il
preventivo totale a 2591 lire austriache.20
Del 16 agosto è una raccomandazione del Comune di Brescia a sostegno dell’intervento di Gallizioli, dove egli è definito «trafficante di oggetti di belle arti e specialmente di quadri» che «si occupa anche con buon
successo nel lievo di pitture a fresco come ne ebbe a far esperienza anche
questa congregazione».21 L’impulso di questa nota, seguita il 26 settembre da un progetto con preventivo dello stesso Gallizioli, sembra sortire il
dovuto effetto perché dalla Congregazione mantovana parte l’indicazione
al Genio Militare affinché la commissione, costituita da d’Arco, Trenti e
Sordi, faccia un sopralluogo in vista dello strappo dell’affresco per mano
del restauratore bresciano e della riparazione del muro a spese del Comune.22 Il parere del Genio e del comandante della fortezza di San Francesco
è favorevole ma è necessaria l’autorizzazione del governatore generale del
Lombardo Veneto.23 Il 12 ottobre d’Arco, Sordi e Razzetti (anziché Trenti)
compiono il sopralluogo e stilano una relazione dove viene messa in discussione l’attribuzione a Mantegna, riassegnando la paternità dell’affresco a
«un artefice forse non meno sapiente di lui e vivente questo a quell’epoca».
La composizione e il disegno sono riconosciuti in uno stile «conforme a
quello di Andrea» mentre è diverso il modo di dipingere «meno robusto
ma più trasparente e più morbido». Non ci si spinge a ipotizzare un nome
ma si dichiara l’interesse per un dipinto «di molto pregio» che, oltretutto,
testimonia «un valente pittore in Mantova fin qui non bene conosciuto né
ricordato dalle istorie di patria». La commissione si esprime a favore di un
trasferimento nel “patrio museo”, tramite un trasporto «sopra una tela a
mezzo di preparati chimici molto impiegati», eseguito da un operatore che
possa dimostrare «le sue abilità in siffatto esercizio le quali siano riconosciute ed approvate da codesto municipio». Non solo: si chiede che venga
Ivi.
Ivi.
22
Ivi.
23
Ivi.
20
21
DA CONVENTO AD ARSENALE
27
Il fianco della chiesa adibita ad arsenale. La datazione 1913 si deduce dalla locandina del
film “Le memorie del diavolo”.
«imposta legge» affinché lo strappo non venga preceduto da «lavature, sia
generale sia parziale, di esso dipinto affinché non si perdano quei ritocchi
e quelle colature che dalla ubicazione di esso si ha ragione di credere che
possono aver reso perfetto ed integro lo stesso affresco»; si indica che lo
strappo debba essere completo e comprensivo anche dei «due ornamenti a
foggia di candelabri che vi sono posti ai lati» e che l’artefice dell’operazione si assuma «l’obbligo d’aver a compagno un artista del paese eletto dal
municipio che di continuo sopravveda a quel suo operato ed assicuri così il
mantenimento esatto delle condizioni sopra proposte».24 Sembrerebbe tutto
procedere per il meglio: il 17 novembre il Comune chiede al governatore
generale di trasportare l’affresco su tela, a proprie spese e con destinazione
finale al Museo Patrio, senza tuttavia tenere conto del parere negativo del
consiglio comunale che, di conseguenza, boccia questa spesa il 20 dicembre
1854 e riapre di nuovo un dibattito sull’opzione preferibile tra lo strappo e
il trasporto a massello e chiedendo un confronto tra le spese.25
Ivi.
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 5777/1854; P.G.
7013/1854, in P.G. 3199/1861.
24
25
28
PAOLA
ARTONI
Il fossato scavato nel 1853 e interrato nel 1940.
DA CONVENTO AD ARSENALE
Soldati in posa davanti alla facciata di San Francesco - arsenale.
29
30
PAOLA
ARTONI
Il fianco della chiesa-arsenale.
Il 19 gennaio 1855 l’architetto e pittore Ambrogio Nava,26 direttore
delle opere del Duomo di Milano e presidente dell’Accademia di Brera, presente a Mantova per «collaudo e liquidazione delle opere di restauro eseguite ai dipinti esistenti nel regio palazzo ducale ed in quello del te», supporta
l’intervento di strappo fornendo alla Luogotenenza della Lombardia delle
informazioni sul metodo e la tecnica utilizzati da Gallizioli per trasportare
su tela gli affreschi, riferendosi anche ai buoni restauri conclusi da questo
nell’ex convento di Sant’Ambrogio (il trasporto a massello dell’affresco di
Callisto Piazza), nel monastero di Santa Maria de’ Servi a Milano, nel Cenacolo di Luini nel convento di Santa Maria degli Angeli di Lugano. Nava
sconsiglia di utilizzare la tecnica a massello poiché questa «sarebbe opera di
grave impegno, sia per conservare intera quella estesa muratura dipinta, sia
per le conseguenze della rimanente parte del volto», oltre al fatto che sarebbe una tecnica con «gravissimo dispendio che andrebbesi ad incontrare con
esito incerto, in nessuna relazione coll’importanza del dipinto medesimo».
Una volta accertato che non ci siano ritocchi a secco o velature ad acqueSu Ambrogio Nava (Milano, 1791-1862) si vedano THIEME-BECKER, XXV, 1931;
MONGERI 1880. Tra le sue molte iniziative si ricorda il suo studio dedicato ai caratteri e alla
storia della cattedrale milanese (NAVA 1854).
26
DA CONVENTO AD ARSENALE
La facciata prima dei danni bellici.
31
32
PAOLA
ARTONI
rello, Nava consiglia quindi lo strappo e spiega con precisione le fasi del
procedimento adottato da Gallizioli, partendo da «applicare al dipinto che
si vuol levare una forte soluzione di colla ben calda alla quale si adatta una
tela che ben compressa di contro il dipinto, e ben essicata, in un giorno di
temperatura asciutta, con disinvoltura si distacca, e con essa viene estirpato
dal muro l’intonaco dipinto che poi si rimette sopra altra tela con cemento
preparato e poscia con acqua tiepida levandolo la tela collata, tutta la parte
dipinta rimane aderente alla tela sottoposta. Ed è precisamente in questa
operazione che colla levatura al dipinto non solo viene levata la colla, ma
con essa le parti dipinte che non trovasi a buon fresco. L’applicare poi la colla e l’assorbimento conseguito di essa del dipinto è la causa dell’alterazione
dell’intonazione dell’originale pittura». Nava si permette anche di suggerire
di scendere con il preventivo sino a 2000 lire austriache.27 La relazione del
presidente dell’Accademia di Brera porta l’amministrazione mantovana, al
contrario di quanto voluto, a sospendere l’ipotesi del trasporto a strappo,
metodo visto come troppo rischioso per le possibili alterazioni cromatiche.
Anche se la Congregazione Municipale invierà al consiglio comunale un
avviso con il quale comunicherà la decisione di affidarsi a Gallizioli per il
trasporto su tela dell’affresco indicando la metodologia per la Commissione
che sorveglierà il lavoro, il 25 luglio 1855 il consiglio comunale è evidentemente su un’altra lunghezza d’onda, tanto da chiedere alla Direzione del
Genio di tenere informati in merito ai possibili cambiamenti che l’affresco
si troverebbe a subire nel caso in cui venisse trasportato e, a fronte di una
valutazione, si rende disponibile a pagare con le casse comunali il trasporto,
eseguito con la metodologia di Gallizioli o con altra modalità ritenuta più
idonea.
Il silenzio cala sulla possibilità di strappare l’affresco sino al 27 dicembre 1858 quando, di nuovo, Razzetti torna a fare sentire la sua voce. Egli
scrive al d’Arco esprimendo la sua preoccupazione per lo stato conservativo del dipinto «in pericolo di scomparire dalla faccia del mondo perché in
mano del militare e posto nella sala d’armi» e anticipando che ci sarebbe il
beneplacito del governatore della fortezza di San Francesco per innalzare
dei ponteggi. D’Arco si fa portavoce di Razzetti e indica la possibilità di
eseguire un lucido che possa «mantenere memoria del detto monumento
prezioso dell’arte».28
27
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 2901/1854 in P.G.
3199/1861.
28
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 8634/1858 in P.G.
3199/1861, e ASMn, Documenti Patrii d’Arco, b. 209 (in L’OCCASO 2008, p. 187)
DA CONVENTO AD ARSENALE
Il fianco della chiesa affacciato sull’attuale via Scarsellini, foto Vecchi.
33
34
PAOLA
ARTONI
DA CONVENTO AD ARSENALE
Alcuni scatti precedenti all’interramento del fossato.
35
36
PAOLA
ARTONI
2. I progetti degli anni Sessanta e Settanta: dal coinvolgimento di Francesco
Rodighiero al passaggio mantovano di Guglielmo Botti
Non è dato di sapere cosa abbia impedito l’esecuzione del rilievo e dello
strappo, ma verosimilmente le ragioni vanno cercate nella temperie bellica,
perché l’affresco, ancora nel 1861, risulta in situ, così come emerge dalla
lettera inviata il 29 maggio di quell’anno dal prefetto dell’Accademia Virgiliana, il marchese Antonio Guidi di Bagno, alla Congregazione Municipale
di Mantova intorno al possibile trasporto su tela del dipinto da parte del
restauratore Francesco Rodighiero.29 Ma, ancora una volta, il progetto non
va in porto e la congregazione dichiara «non trattasi più di dar seguito a
nessun progetto che miri nel suo scopo, oggi poi per la ragione anche dei
tempi che corrono meno felici».30
Anche la presenza a Mantova di Guglielmo Botti31 nel 1870, ovvero
nello stesso anno in cui era impegnato sugli affreschi del Mantegna agli Eremitani, non viene colta. Il pisano, già celebre per i restauri al Camposanto
della sua città, godeva del sostegno di Giovanni Battista Cavalcaselle, ed
era stato chiamato a Mantova dal fotografo Carlo Naya per staccare alcuni
affreschi giotteschi della Cappella Bonacolsi.32 L’auspicio è che, come narra
Breda nella pubblicazione di quello stesso anno Sul nuovo sistema del Cav.
Guglielmo Botti, Pittore, per distaccare gli affreschi dalle pareti,33 egli si
possa occupare anche dei dipinti in San Francesco ritenuti di Mantegna.
Cosa che purtroppo non accade e che lascia dietro di sé un lungo silenzio
durato vent’anni. Inascoltata è anche la voce di Gustavo Frizzoni che, nel
1873, propone il trasferimento dello strappo in sede museale.34
ASCMn, Sezione ottocentesca, tit. X.3.4, b. 519, fasc. 3, P.G. 2901/1861 in P.G.
3199/1861
30
Ivi.
31
Si veda la voce biografica di PALANCA 2014, con bibliografia precedente.
32
Per questi si rimanda a BAZZOTTI 1992, p. 57, con appendice documentaria che attesta il tentativo di Botti di vendere gli affreschi al Comune di Mantova.
33
BREDA 1870, pp. 12-13 così scrive: «tutti sanno ormai che nella soppressa chiesa di
S. Francesco che ora fa parte del nostro arsenale d’artiglieria esiste un altro grandioso fresco
che, quantunque finora non vi si abbia trovato il nome o la sigla dell’autore, nulla ostante
mostra tutti i caratteri e, ciò ch’è meglio, tutto il merito d’un’opera di Mantegna. Non v’è
artista o intelligente d’arti che non resti colpito dalla bellezza di quel dipinto. Noi osiamo
quindi sperare che la Rappresentanza cittadina non si lascierà sfuggire questa occasione per
intavolare col cav. Botti le trattative dirette a concludere l’opera di rimozione anche di quel
capo-lavoro, per trasportarlo in località più idonea, ove torni di decoro alla città e di profitto
agli studiosi». Nello specifico sull’attività di questi anni si veda anche SARTI, 2004.
34
Ci si riferisce a FRIZZONI 1873, p. 178 nota 1.
29
DA CONVENTO AD ARSENALE
Il fianco della chiesa prima dei restauri degli anni Quaranta del Novecento.
37
38
PAOLA
ARTONI
Il porticato cinquecentesco e l’ingresso visti dall’interno del cortile.
3. Progetti di restauro negli anni Novanta: il sopralluogo di Filippo Fiscali,
la consulenza di Luigi Cavenaghi, il descialbo di Venceslao Bigoni
La vicenda si ripropone nel 1891 quando altre parti dell’affresco, danneggiato da infiltrazioni meteoriche, vengono ritrovate rimuovendo delle
imbiancature.35 In febbraio la Commissione provinciale conservatrice dei
monumenti affronta il tema dei «Ristauri ai dipinti del Mantegna nella soppressa chiesa di S. Francesco» facendo riferimento a un sopralluogo del sindaco Cesare Menghini con il restauratore toscano Filippo Fiscali,36 durante
il quale «ha riscontrate e trovate dipinture murali di grandissimo pregio
aventi bisogno di essere assicurate nell’intonaco alle pareti e ripulite dalla
imbiancatura di calce». Giovan Battista Intra, membro della commissione,
conosce questi dipinti e la commissione attende il ritorno a Mantova di
Fiscali, impegnato nei restauri in Sant’Andrea, per un parere.37 La presenza
Si rimanda ai documenti in ASCMn, Sezione novecentesca, tit. X.3.4 (Museo comunale), P.G. 3034/1891 in P.G. 6590/1902.
36
Su Fiscali si vedano RINALDI 1996; RINALDI 1998; TORRESI 1998; BERNINI 2010/2011e
il recente PALANCA 2014 a proposito del figlio Domenico (Firenze, 1858 - Pisa, 1930).
37
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Mantova, 28 febbraio 1891,
la commissione è composta dal predetto Pietro Franco, da Giovan Battista Intra, Carlo
Dall’Acqua, Francesco Tamassia, Francesco Fochessati, Gaetano Martineli.
35
DA CONVENTO AD ARSENALE
39
del toscano testimonia un momento significativo per la storia del restauro
a Mantova. Fiscali era un’autorità del settore, tra il 1883 e il 1886 aveva,
tra l’altro, diretto i restauri al Camposanto di Pisa, ed era noto per il suo
metodo che prevedeva l’adesione degli intonaci sollevati tramite iniezioni
di scagliola, i distacchi localizzati con il trasporto su rete metallica e, a seguire, il ricollocamento in situ dei frammenti. A Mantova in Sant’Andrea,
tra l’aprile e il giugno del 1890, egli aveva lavorato al recupero delle tele
conservate nella cappella del Mantegna, ovvero il Battesimo di Cristo, la
Deposizione nel sepolcro e la Sacra Famiglia, e, tra marzo e aprile 1891, al
restauro della tavola con gli stemmi della famiglia Mantegna e, nello stesso
periodo, aveva ricevuto la commissione per recuperare le pitture murali della stessa cappella. D’altro canto su di lui grava il severo giudizio di Adolfo
Venturi della Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della
Pubblica Istruzione, che aveva più volte compiuto dei sopralluoghi senza
preavviso per cogliere il restauratore assente se non impegnato in altre attività. Tanta acredine era stata mitigata dalla protezione di Fiscali da parte
di Cavalcaselle il quale lo avrebbe difeso finché fosse stato in attività ma
che non avrebbe potuto evitare, nel 1898, la cancellazione dalla lista dei
restauratori ministeriali.38
Nell’aprile 1891 il sindaco scrive al ministero della pubblica istruzione
descrivendo la situazione: «nel cupolino dell’abside di quel tempio esiste
una pittura a fresco riputata del Mantegna. Si suppone anzi, che intorno
al dipinto, già riconosciuto di mano dell’illustre artista, possanvi essere,
ricoperti dal bianco gli affreschi in prosecuzione del concetto ad esso immaginato. E tale supposizione viene inoltre avvalorata dal fatto che alcune
traccie scorgansi tuttora qua e là nel cupolino».39 Nel frattempo Fiscali è
tornato a Mantova per restaurare su incarico governativo la Cappella Mantegna in Sant’Andrea e la richiesta è che tale incarico venga esteso sino a
comprendere lo “scoprimento” degli affreschi. In maggio Antonio d’Arco,
sottosegretario di Stato al ministero degli affari esteri, intercede per la causa
scrivendo a Villari, ministro della pubblica istruzione.40 La risposta ministeriale è deludente: gli affreschi sono declassati a “scuola del Mantegna” e
Fiscali non può rimandare altri incarichi, oltre che a Mantova, a Bologna e
a Montefalco, ovvero l’intervento si potrà fare solamente quando il restauratore sarà libero dai suoi impegni e solamente se il municipio contribuirà
38
Sul dibattito intorno a Venturi si rimanda ad AGOSTI 1996, in particolare ai capitoli
III-IV; oltre che a RINALDI 1998, pp. 70-96; CONTI 2002, pp. 307-315. In rapporto a Mantova si veda anche BERNINI 2010/2011, p. 21
39
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Mantova, 27 aprile 1891.
40
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 7 maggio 1891.
40
PAOLA
ARTONI
nelle spese.41 Chiaramente il passaggio dell’attribuzione dal Mantegna a un
artista della sua cerchia deve avere danneggiato l’iter e la conferma viene
dalla parole dello stesso d’Arco indirizzate al ministero degli affari generali:
«se si fosse trattato di una probabile scoperta di affreschi del Mantegna
nel cupolino dell’abside della chiesa di S. Francesco in Mantova, questo
ministero, senz’indugio, avrebbe dato disposizioni perché si procedesse a
lavori occorrenti. Ma poiché gli affreschi visibili al di sotto del cupolino
non appartengono, secondo la moderna critica, al Mantegna, ed urge di
trarre pro dall’opera del Fiscali per lavori necessari, è giocoforza protrarre
la esecuzione delle ricerche sotto lo scialbo del cupolino».42 Anche il sindaco insiste con il ministero della pubblica istruzione e sottolinea che, mentre
Fiscali sarà impegnato ancora per un paio d’anni, quanto richiesto per San
Francesco è cosa “di breve durata”, anche perché il ministero della guerra
ha già autorizzato la costruzione di palchi (ovvero dei ponteggi) e tendoni.
A tale proposito l’invito è ad affidare a Fiscali in primis una verifica necessaria per comprendere l’eventuale presenza di altri dipinti nell’abside e,
d’altro canto, il sindaco non ritiene di pagare il restauratore, già incaricato
dal ministero, quanto piuttosto la struttura dei ponteggi.43 Il ministero accoglie parzialmente le richieste, ovvero nega definitivamente l’intervento di
Fiscali e, purché il Comune paghi l’impalcatura, è disponibile a mandare
«almeno dei riparatori dei dipinti che stanno al servizio di questo municipio. I lavori al Fiscali commessi non si possono procrastinare in alcun
modo, ma altra riparatura potrà in tempo non lontano fare quanto è nei
desideri di codesto on. Municipio».44 Il 6 giugno 1891 Fiscali è ancora a
Mantova, dove si fermerà sino alla fine del mese seguente, e scrive al sindaco della città auspicando una buona riuscita del lavoro di recupero degli
affreschi dell’abside di San Francesco.45 Nella querelle entrano anche le valutazioni storico-artistiche. Ne dà testimonianza il sindaco Menghini che in
luglio scrive al ministero della pubblica istruzione rendendosi disponibile
a pagare la struttura «per isolare più che fosse possibile i lavori di restauro dal riparto contenente i castelli di armi» ma entrando nel merito della
paternità degli affreschi. In particolare si evidenziano «lineamenti angelici,
franchezza di pennello, disegno accuratissimo ed una forza magistrale di
colorito, elementi questi che presi insieme fanno intendere che quell’insigne
lavoro sia opera di uno dei Mantegna, specialmente l’affresco meraviglioso
che sta nel centro del cupolino dell’abside, come venne già giudicato dal
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 16 maggio 1891.
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 19 maggio 1891.
43
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Mantova, 25 maggio 1891.
44
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 5 giugno 1891.
45
ASCMn, Sezione novecentesca, tit. X.3.4 (Museo comunale).
41
42
DA CONVENTO AD ARSENALE
41
Commendatore Cavenaghi di Milano e recentemente dallo stesso Professor
Fiscali». Ancora una volta si chiede l’intervento di Fiscali, giudicato necessario anche perché l’intonaco è ulteriormente caduto rivelando sui «due
fianchi del cupolino» la presenza di altre pitture. A lui andrebbe affidato
il compito di levare lo scialbo per rimettere a vista tutto il dipinto che il
tempo ha celato alla vista per troppo tempo.46 Sarà questa una delle varie
occasioni nelle quali Luigi Cavenaghi sarà convocato a Mantova in virtù
della sua autorevolezza,47 rafforzata dall’esito del suo coraggioso intervento
del 1885 sulla Madonna col Bambino e cherubini di Brera che, tradizionalmente assegnata a Giovanni Bellini, dopo la rimozione delle ridipinture era
stata indirizzata all’autografia dello stesso Mantegna.48 Nonostante questo
la risposta del ministero è molto secca, ovvero si ribadisce che l’importanza
degli affreschi non è rilevante come si afferma e che, in ogni modo, «questo ministero non può per ora che provvedere agli intonachi dipinti e alle
tavole e tele il cui colore minaccia rovina. E provvede, nel maggior numero
dei casi, con l’apposizione di veli alle pareti staccate e staccatisi dai dipinti,
rimettendo ad altro tempo il lavoro di riparazione (…). il dovere che ne
incombe di salvare prima ciò che sta in piena luce».49
Il 1° settembre 1892 il sindaco, su sollecitazione del poeta Natale Ferrone, scrive al ministero aggiornandolo sul fatto che è iniziato il riordino
del museo del municipio e che pertanto è sorta «l’idea di levare quegli affreschi dalla chiesa per portarli in detto museo dove sarà più agevole custodirli
al riparo da ogni danno che potessero loro arrecare l’abbandono in cui si
trovano attualmente e le ingiurie del tempo, e confermarli all’ammirazione
del pubblico e degli studiosi delle arti belle». Tale destinazione d’uso richiede necessariamente il descialbo prima e lo strappo poi e, proprio per questo,
si chiede nuovamente l’intervento di Fiscali quale grande esperto. 50 Anche
Luca Beltrami, direttore dell’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti scrive al ministero dell’istruzione pubblica per avvalorare questa
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Mantova, 14 luglio 1891.
Intorno a Luigi Cavenaghi (Caravaggio, 1844 – Milano, 1918) si rimanda alla monografia Luigi Cavenaghi e i maestri dei tempi antichi 2006, con bibliografia precedente
(almeno CONTI 1988, pp. 315-328).
48
Non passeranno molti anni rispetto a quando, precisamente nel 1906, Cavenaghi si
troverà sempre a Mantova al centro di una significativa querelle con il restauratore toscano
Fabrizio Lucarini relativamente alla Sala di Amore e Psiche di Palazzo Te e, in seguito, nel
1913, esprimerà anche dei pareri sulla Camera Picta. Abbiamo avuto modo di scriverne a
proposito tracciando il profilo di Dante Berzuini (1866-1935), impegnato in alcuni restauri
nella villa giuliesca (in ARTONI 2010).
49
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 23 luglio 1891.
50
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Mantova, 1° settembre 1892.
46
47
42
PAOLA
ARTONI
Il cancello del convento realizzato con i cannoni austriaci provenienti dal torrione.
richiesta.51 Il 27 settembre entra in scena Vencenslao Bigoni, “riparatore
di dipinti” modenese,52 invitato a presentarsi dal sindaco di Mantova per
valutare lo stacco, visto che il Comune è disposto a contribuire alla spesa
«sia per il completo ripulimento del dipinto dalla imbiancatura, sia per il
distacco del dipinto stesso e relativo adattamento in locale che lo mettesse
in maggiore evidenza e in condizioni più sicure di conservazione, essendosi
manifestata in questi ultimi tempi qualche traccia di deperimento».53 Bigoni
in quegli anni si sta formando al restauro a Venezia sotto la guida del conte
Giuseppe Uberto Valentinis, lavora per il ministero della istruzione pubblica nella divisione per gli Scavi, i Musei e le Gallerie, ed è, al contrario di Fiscali, sostenuto nella sua attività da Adolfo Venturi.54 La definizione di “riparatore” è ufficialmente indicata in una comunicazione del Ministero nella
quale si esalta la sua professionalità: «ha dato chiare e ripetute prove della
sua valentia nel riparare vecchi e pregevoli dipinti»55 e numerose sono conACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Milano, 17 settembre 1892.
Su Bigoni (Nonantola, circa 1850 – Modena? 1929) si rimanda, tra l’altro, a GALASSI
2002 e MARTINELLI BRAGLIA 2004 e al recente profilo tracciato in SILINGARDI 2014.
53
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 27 settembre 1892.
54
Si veda AGOSTI 1990, p. 84.
55
Cfr. BOIANI TOMBARI 2009, p. 268.
51
52
DA CONVENTO AD ARSENALE
43
sulenze alle quali è chiamato, non ultima quella mantovana. La relazione di
Bigoni datata 12 ottobre 1892 è particolarmente interessante: il restauratore dichiara di avere scoperto «una sezione di figura dalla testa ai piedi, e
soltanto la testa di un’altra figura. A giudicare dalle aureole in rilievo che si
scorgono, in questo scomparto vi sono cinque figure. In basso, a destra, vi è
del danno, composto da filtrazione di acque, ma non si può giudicare quanto
si estenda essendo coperto da più mani di bianco. Lo scomparto a sinistra
è più danneggiato di quello a destra, ma in questo si scorge sopra il bianco
l’aureola fatto dell’umidità, la quale serpegia (sic) quasi sino alla metà dello
scomparto». Per potere meglio considerare lo stato di conservazione Bigoni
propone di «scoprire buona parte del dipinto, e buona parte dove è segnato
il danno, per vedere se nulla vi è sotto, come ho ragione di credere dal piccolo saggio fatto. Lo scomparto di mezzo è benissimo conservato: rappresenta
la Vergine in trono con bambino, circondata da uno stuolo di angioli e serafini. Per direzione alli tre scomparti vi sono due fascioni sui quali vi è dipinto
due candeliere a chiaro scuro su fondo color castagno. Nella parte che serve
di attico alla cornice d’incoronamenti vi è dipinto un freggio il quale è coperto dal bianco. Per fare i saggi su detti occorrono circa 20 giorni».56 Tre
anni dopo non è stato fatto ancora nulla, come conferma Beltrami, direttore
dell’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti, al ministero della
pubblica istruzione: se da un lato lo spazio è ancora occupato, dall’altro
l’amministrazione comunale di quel momento non condivide quanto dichiarato dal sindaco precedente Menghini in termini di sostegno della spesa per
«il ripulimento ed il distacco di preziosi affreschi». Si cerca allora quantomeno di evitare i danni: «L’opera di questo ufficio ha dovuto quindi limitarsi, in
seguito alle giuste osservazioni del restauratore signor Bigoni, a esigere che
non sia data maggior estensione a certe indagini che qualche dilettante si era
permesso di fare raschiando l’imbiancatura che ricopre gli affreschi in modo
da compromettere la loro integrità».57
Anche il passaggio del secolo non vede purtroppo una soluzione, nonostante dei nuovi tentativi in tale senso e Bigoni, a Mantova tra il 1903 e il
1904, impegnato nel restauro della cappella del Mantegna in Sant’Andrea,
non riesce nell’intento di recupero in San Francesco.58
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Modena, 12 ottobre 1892.
La relazione viene poi spedita dal ministro Fiorilli al direttore dell’ufficio regionale per la
conservazione dei monumenti (ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2,
Roma, 27 novembre 1892).
57
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, Roma, 2 gennaio 1895;
Milano, 14 gennaio 1895.
58
ASMn, Scalcheria, b. 187 in PASTORE 1992, p. 129, nota 16.
56
45
CAPITOLO II
Restauri del Novecento
1. “Per l’amore che i mantovani sempre portarono alla loro chiesa”: dall’inizio del secolo al 1942
Il Novecento è la fase che più di ogni altra vede una lunga sequenza di
restauri e trasformazioni, di tragici eventi e di recuperi. Se oggi al nostro
sguardo il complesso di San Francesco si presenta risanato dalle ferite delle
bombe nelle forme scelte con il restauro degli anni Cinquanta, è importante
ricostruire i fatti che hanno portato il monumento allo stato attuale.1
- IL REGIO ARSENALE
L’alba del Ventesimo secolo vede il complesso di San Francesco fortemente connotato dall’impronta militare, così come testimoniano le foto che lo
mostrano nelle vesti di Regio Arsenale, presieduto da soldati, con la cancellata
dell’ingresso realizzata con il reimpiego dei cannoni provenienti dal distrutto
torrione austriaco. Come annota anche Vittorio Matteucci nel 1902 «l’immenso monastero – che sembra un paese – è tutto occupato dalle officine e
dai magazzini dell’arsenale di artiglieria, in cui potrebbero trovar posto seicento operai. La chiesa fu divisa in due piani, in quello terreno vi son cannoni
e mortai da assedio: in quello superiore – che comunica col monastero – si
conservano 86000 fucili».2 All’architetto Achille Patricolo,3 conservatore del
Palazzo Ducale, nel 1901 il Comune di Mantova affida il compito di valutare
se sia il caso di «restaurare, conservare e fors’anche rimuovere per opportuna
custodia nel Civico Museo l’affresco che trovasi nella ex Chiesa di San Francesco che fa parte di questo Arsenale e che fu oggetto di precedenti studi ed
assaggi, non mai però ultimati con definitivo esito».4 Patricolo ottiene il per-
1
Devo al proficuo scambio con Niccolò Tasselli, profondo conoscitore delle vicende
legate alla figura di Aldo Andreani, le segnalazioni di alcuni documenti qui citati e per questo lo ringrazio. Sono anche grata ad Alice Lovato con la quale, in occasione della sua tesi
magistrale in Storia dell’arte dedicata ai restauri novecenteschi di San Francesco, ho avuto
modo di confrontarmi.
2
Cfr. MATTEUCCI 1902, nota 4, p. 114.
3
Sulla figura e il ruolo di Patricolo si veda l’ampio studio di VALLI 2014.
4
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, 16 settembre 1901.
46
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L’interno della chiesa suddiviso in due piani, foto Calzolari.
messo ministeriale per il libero accesso5 e l’immagine dell’interno prima della
Grande Guerra è restituita dalla descrizione dello stesso architetto, pubblicata
nel 1911: «Entrando, vi si parano davanti, altissime dal suolo, due lunghe rastrelliere di legno verniciato di un colore cupo, irte di fucili innumerevoli, che
protendono in su le baionette inastate, non corruscanti di acciaio ma di gialli
riflessi di ottone, verganti e punteggianti la massa nera, quasi continua, dei
foderi. Sul suolo, delle strisce di tela da tenda, che fu bianca e sente e mostra
l’untume preservativo dei metalli, segnano i passaggi fra le rastrelliere, che auliscono falsamente nella dimezzata altezza della navata. Sulle volte maestose,
l’imbianco regolamentare ha qualche strappo che mette a nudo lo spunto di
un’antica decorazione dipinta, o il rosso di rilievi vaghissimi di terracotta, o gli
avanzi di un’arcata ogivale al di sopra di un più recente arco a semicerchio».6
Nel 1912 si inizia a dare forma a un progetto di recupero, che viene dibattuto – ma verosimilmente non concretizzato – tra il soprintendente Da Lisca, il
ministero della pubblica istruzione, l’ispettore Minghetti, con la proposta di
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, 28 settembre; 7 ottobre; 17
ottobre 1901.
6
Si veda PATRICOLO 1911, p. 33.
5
R E S TA U R I
DEL
NOVECENTO
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L’interno della chiesa con il soppalco e i ganci d’appoggio per le armi, foto Calzolari.
demolire alcune volte, un muro pericolante, sistemare le aperture delle finestre, sempre «raccomandando che si abbia cura di conservare quanto durante
i lavori stessi potesse venire in luce di interessante la storia e l’arte».7
- IL PASSAGGIO AL DEMANIO COMUNALE
Terminato l’uso militare, tra le due guerre si rende necessario l’adeguamento del luogo con l’obbiettivo del ritorno alla sua originaria destinazione, ovvero all’uso liturgico e conventuale. Questa fase vede l’avvicendamento della proprietà dallo Stato al Comune e quindi degli interessi posti
sulla struttura. Per giungere alla cessione del complesso da parte dello Stato
al Comune di Mantova, suggellata dalla legge n. 177 del 19 luglio 1941,8 la
strada è piuttosto complessa. Nel dicembre del 1936 il Ministro Generale
7
ACS, Fondo AABBAA, div. I (1908-24), b. 461, fasc. 2, 16 febbraio, 24 febbraio, 4
marzo, 16 marzo 1912.
8
ASBs, b. 419/1, Contratto di reciproca Cessione di immobili fra il comune di Mantova e lo Stato a titolo gratuito. La cessione riguarda anche la parte demaniale del Palazzo
della Ragione, l’ex chiesa del Gradaro, una bottega in vicolo Lattonai.
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PAOLA
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Rilievi fotografici prima del restauro di Andreani.
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DEL
NOVECENTO
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Vista dall’alto dell’abside e del convento.
dei Frati Minori scrive al ministero perché ha avuto notizia del prossimo
sgombero del convento di San Francesco dai materiali bellici9 e, di conseguenza, il prefetto contatta il Podestà di Mantova chiedendo notizie sullo
stato di diritto e sulle condizioni del luogo. L’intenzione è quella di procedere affinché gli spazi vengano liberati e anche, in parte, demoliti.10
Dalla replica del podestà al prefetto di apprende che il proprietario
è il Demanio e che il locale è in consegna all’Amministrazione Militare.
All’interno si trova il reparto di artiglieria ma, secondo il piano regolatore,
è già previsto il restauro della chiesa e del convento, prevedendo la demolizione dei fabbricati che sono stati addossati e che rivelano alcun valore
monumentale.11 Quasi tre anni dopo, nell’agosto del 1939, nel corso della
discussione sul nuovo piano regolatore, il podestà Gaetano Spiller annuncia
la cessione definitiva delle chiese di San Francesco e del Gradaro da parte
dell’autorità militare al Comune, mentre quest’ultimo cederà il terreno che
si trova attorno al cimitero israelitico. Il progetto dei restauri monumentali
ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 13 dicembre 1936.
ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 14 dicembre 1936.
11
ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 17 dicembre 1936.
9
10
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Rilievi fotografici prima del restauro di Andreani.
R E S TA U R I
DEL
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La zona absidale prima del restauro di Andreani.
viene affidato all’architetto Aldo Andreani.12 L’anno seguente, l’8 maggio
1940, a un mese dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale, il ministro della guerra Mario Mazzetti, capo della direzione generale del Genio, informa
il Ministero delle finanze che il Podestà di Mantova, a seguito del rilascio al
Comune da parte dello Stato dell’intero complesso artistico di San Francesco, e intendendo procedere con il restauro, richiede che vengano compresi
nella cessione anche i locali annessi al tempio, come gli stabili austriaci
che lo circondano sul lato che guarda verso la città e il chiostro.13 Un anno
dopo, il 7 maggio 1941, il Ministero delle finanze, tramite il provveditore
generale dello Stato, chiarisce che nel disegno di legge riguardante la parte
demaniale del Palazzo della Ragione, delle chiese del Gradaro e di San Francesco cedute dallo Stato al Comune, si fa riferimento anche agli immobili
annessi al tempio francescano e che tutto ciò verrà ulteriormente precisato
12
Si rimanda alla cronaca riportata in Un’importante riunione… 1939; a BARBACCI
1939 e allo studio planimetrico che mi segnala Niccolò Tasselli in AaVe, tav. 64394. Si veda
N. TASSELLI, Scheda “Restauro del complesso di San Francesco Mantova, 1941-45”, in DULIO, LUPANO 2015, pp. 222-225.
13
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, P.G. 1523/2240, 8 maggio 1940.
52
PAOLA
ARTONI
al momento della stipulazione del contratto ufficiale.14 Il 30 agosto ciò non
è ancora avvenuto ma il generale Spiller invia a padre Leonardo Bello, generale dei frati minori di Roma, una lettera nella quale elenca alcuni dei lavori
di abbattimento e assestamento che, a piano di restauro approvato, intenderebbe effettuare, ed esprime la volontà di consegnare il complesso all’autorità ecclesiastica da destinarsi senza nascondere una certa premura.15
- VERSO UN RESTAURO
L’approccio metodologico verso un restauro scientifico vede un dialogo piuttosto acceso tra gli attori che impiegano le fonti documentarie e
il rilievo fotografico secondo un’accezione contemporanea. La serietà del
progetto di recupero è testimoniata dalla metodologia impiegata, dalla ricca documentazione fotografica, realizzata tra agosto e ottobre 1941 dallo
Studio Calzolari,16 e dalla ricerca archivistica, così come confermato dal
fatto che in novembre il podestà di Mantova si fa inviare dai Minori di San
Francesco della Vigna copia del Liber Fabricae del 1503 proprio al fine di
avvalorare l’importanza del restauro.17 Il testo, spedito da padre Modesto
Bortoli, provinciale dell’Ordine, è consegnato a Cesare Ferrarini, direttore
della Biblioteca comunale di Mantova, e studiato dall’architetto Aldo Andreani che, come si vedrà, tanta parte avrà nei restauri.18 Nella parole di
Luigi Pescasio si esprime lo stato d’animo del momento: «La bella chiesa
mantovana di San Francesco; attualmente adibita ad arsenale, nei tempi
antichi costituiva il “Pantheon di Mantova” per essere la fedele custode
delle tombe dei signori della città e fu tra le costruzioni più illustri del miglior periodo storico della città virgiliana ed il suo nome è legato a molti
episodi e fatto ormai passati alla storia. Il programma di restauri artistici
14
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, 7 maggio 1941; e, in merito alla
decisione del Consiglio dei Ministri di cedere gratuitamente i tre fabbricati si veda anche
Secoli di storia… 1941.
15
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, P.G. 4236.
16
Come mi segnala Tasselli: in ASPMn, registri del Presidente dell’EPT 1937-44, b.
APT 27, pp. 325-26, prot. N. 929, con data 28 aprile 1942 si trova una lettera di Aldo
Andreani a Gazzola nella quale si specifica: «chiarissimo architetto, mi dispiace di non averla salutata ieri (io però, come s’era detto, l’aspettavo oggi martedì). Come ho promesso,
spedisco la serie delle fotografie che facevo eseguire tempo fa del San Francesco. Vorrà perdonarmi se mi sono preso la libertà di far fare le copie per conto della Soprintendenza. Sto
interessandomi del personale “assistente” e spero di essere su una buona traccia». Cfr. anche
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 11 luglio 1942. I lavori vengono eseguiti nei mesi
di agosto, settembre, ottobre 1941. Per l’attività dello studio Calzolari si rimanda alla tesi di
ACERBI 1999/2000 e al catalogo della mostra Obiettivo la città 2002.
17
BCTMn, Liber Fabricae, Libro della Fabbrica di San Francesco di Mantova, XVI
sec., misc. 827/17.
18
In ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. b. 55, 15, 17, 21 novembre 1941.
R E S TA U R I
DEL
NOVECENTO
53
Vista dall’alto prima dei restauri di Andreani.
del podestà – di cui a volte s’è fatto cenno nelle nostre cronache mensili
– comprende fra l’altro un importante piano di restauri a questa storica
chiesa: un complesso di lavori, in verità tutt’altro che semplice, che ad
effettuazione avvenuta costituirà senza altro un’opera quanto mai interessante ad opportuna. Un ritorno alla pristina bellezza, d’altra parte,
oltre a salvare le belle architetture della chiesa ed i pochi dipinti che
ancora rimangono converrebbe anche per l’amore che i mantovani sempre portarono alla loro chiesa».19 Come già anticipato quindi la legge n.
177 del 19 luglio 1941 determina la cessione al Comune. Seguono, nel
1942, in gennaio i progetti;20 in aprile l’approvazione da parte del Podestà dell’esecuzione dei lavori, messi in opera dalla ditta Bianchi Giovanni, relativi al tombamento del primo e del secondo tronco del canale
dell’arsenale con una stima dei lavori per la demolizione dei magazzini
e delle portinerie;21 e in maggio l’autorizzazione a questi interventi22 che
il mese seguente saranno già a buon punto mentre resta solamente da
PESCASIO 1941, p. 200.
AaVe, tav. 64429, Prospettiva di Progetto, gennaio 1942.
21
In ASMn, Prefettura (230), carteggio 1866-1951, b. 2877, 11 aprile 1942.
22
Il 26 maggio 1942 la Giunta provinciale autorizza la demolizione della portineria e
dei magazzini annessi, il monumento viene così isolato, è colmata la fossa.
19
20
54
PAOLA
ARTONI
demolire il muro perimetrale per ottenere l’ampiamento di via Scarsellini
e di piazza Arsenale.23 In giugno, nel corso dei lavori, vengono ritrovate
delle sinopie. Osservando le foto che documentano i lavori si deduce che si
debba trattare di quelle rinvenute nella parete della controfacciata, ovvero
nella cappella della Rama: in coincidenza della scena con San Francesco
che dona il mantello al povero si legge infatti l’annotazione “22/06/42” con
il monogramma “AA”.24 In luglio inizia la demolizione dell’impalcato e si
esegue un saggio murario.25 Proprio durante uno scavo il 21 luglio in una
cappella Andreani ritrova alcuni lacerti di sculture marmoree, così come
documentato in una delle foto che accompagnano la relazione.26
L’impegno espresso dal contratto di cessione degli immobili da parte
dello Stato al Comune di Mantova, risalente al 7 novembre 1942, riguarda
la chiesa, gli uffici e il perimetro adiacente e prevede l’impegno a restaurare
il tempio entro dieci anni e con l’approvazione preventiva della Soprintendenza ai Monumenti.27 Il 12 novembre l’impalcato è demolito e si effettuano dei saggi murari28 e, in occasione di una mostra allestita nel Palazzo
della Ragione, si dà conto anche dei primi restauri e del ritrovamento di
Come riportato in I restauri in città… 1942 il 25 giugno le sovrammissioni del periodo austriaco sono state quasi completamente smantellate e resta da demolire il muro
perimetrale in modo da allargare via Scarsellini e piazza Arsenale. Non si conosce invece il
progetto di restauro della chiesa.
24
ANDREANI 1963, tav. VII, relative al 22 giugno (cfr. appendice n. 4).
25
Il 25 luglio 1942 la delibera del Podestà propone la somma di 200.000 lire per la vendita del solaio di legno posto nella chiesa di San Francesco (ex arsenale); vengono interpellate alcune ditte le quali, tuttavia, non superano l’importo di 150.000 lire con le loro offerte.
Il Podestà ritiene comunque che siano state avanzate cifre troppo basse, pertanto dichiara
di voler mantenere la somma inizialmente fissata (in ASBABs, foto 23, 10 luglio 1942). Il
contratto per il tombamento del secondo tronco del canale dell’arsenale viene stipulato con
la ditta Mario Comini (in ASMn, prefettura (230) carteggio 1866-1951, b. 2870). Come
prima cosa, il solaio ligneo che divideva in due piani l’intera area interna della chiesa di
San Francesco andava rimosso e dopo quasi un mese dalla delibera nessuna ditta si era più
proposta a causa, molto probabilmente, della somma eccessiva. Illuminante, quindi, giunge
il 29 agosto 1942 la valutazione dell’ingegnere Alfredo Masi il quale, considerando che si
tratta di prendere in esame 200 metri quadrati di abete squadrato, di tavole dello spessore di
35 mm destinate al massimo per un riutilizzo in contesto di strutture portanti e non essendo
esse ulteriormente lavorabili, propone la cifra di 140.000 lire. Ciò è bastato a cambiare la
situazione, poiché il 28 settembre 1942 viene stipulato il contratto per la demolizione del
soppalco con il geometra Luigi Mozzini per la somma di 146.000 lire (rimozione a carico
della ditta (in ASMn, prefettura (230) carteggio 1866-1951, b. 2870).
26
Interessanti rinvenimenti… 1942b e ANDREANI 1963 (cfr. appendice n. 4).
27
Cfr. ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco). Sul “ritrovato” sagrato della chiesa di
San Francesco, in terra battuta, si veda Nuovi motivi… 1942 con la citazione di un documento dell’8 novembre 1943.
28
ASBABs, foto 24, 12 novembre 1942.
23
R E S TA U R I
DEL
NOVECENTO
55
alcuni affreschi.29 D’altro canto si fa urgente l’assegnazione del complesso
a un ordine religioso, da scegliersi tra i Conventuali, che avevano costruito
la chiesa, e gli Osservanti, officianti della stessa per più di trecento anni.30
La decisione spetta al podestà Spiller di comune accordo con il vescovo ed
è orientata verso l’ordine che ha la forza di sostenere le spese. Il 5 maggio
1943 si stipula il contratto di “convenzione con la Provincia Lombarda S.
Carlo Borromeo dei frati minori per l’uso del Tempio di S. Francesco con
convento ed annessi” per 99 anni.31 L’impegno è molto oneroso poiché la
Provincia, oltre ad assumersi le spese per il restauro e le assicurazioni, dovrà
avviare, già all’atto della consegna e in attesa dell’approvazione dei progetti
di restauro, le operazioni di indagine, scavo, demolizione di elementi estranei ai fabbricati originari e, entro un termine due anni, dovrà completare
gli interventi di ripristino architettonico sia interno che esterno del tempio.
L’approvazione dei progetti spetta al Podestà e ai Frati Minori; dopodiché
questi passeranno al vaglio delle autorità superiori. La chiesa potrà essere
officiata e aperta al culto una volta sistemati l’architettura e il sagrato; la
Provincia Lombarda Francescana provvederà agli arredi sacri della chiesa e
del convento e avrà inoltre il compito di provvedere all’arredamento sacro
del tempio, del convento ed annessi, previa approvazione.32 Un articolo del
16 maggio 1943, pubblicato su “La Voce di Mantova”, presenta pubblicamente i dettagli della concessione e le sue conseguenze.33
I protagonisti di questa prima stagione di restauri sono gli architetti
Aldo Andreani34 e Muzio, l’ingegnere Pier Fausto Barelli, questi ultimi referenti a Milano, e Pietro Gazzola, Soprintendente ai monumenti per le province di Verona, Cremona e Mantova. Gazzola, scrivendo il 5 maggio 1943
Gli affreschi… 1942, 15 novembre 1942.
Il cappellano militare Padre Onorio Achille Zanini, originario di Volta Mantovana,
con lettera datata 24 luglio 1942, scrive dal fronte russo e manifesta la sua preoccupazione
in merito all’assegnazione del tempio (ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, PG
72\1943).
31
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, PG 72\1943.
32
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, PG 72\2077, 1943.
33
Verso il ritorno di un altro illustre monumento 1943, p. 2.
34
Sulla figura di Aldo Andreani (Mantova, 1887 – Milano, 1971) si rimanda a MAROCCHI 2014a e al recente catalogo monografico pubblicato nel 2015 in occasione della mostra
allestita a Palazzo Te (DULIO, LUPANO 2015). Figlio di Carlo, ingegnere capo del Comune di
Mantova, si forma al Politecnico di Milano nel 1906. Nel 1910 si trasferisce a Roma e per
tre anni frequenta la scuola di ingegneria. Si diploma in architettura all’Accademia San Luca
e si laurea al Politecnico di Milano nel 1917. Tra il 1913 e il 1915 con il padre Carlo studio il restauro di palazzi antichi. Partito volontario per la Prima Guerra Mondiale, è anche
scultore. Intanto viene informato del Premio Picozzi assegnatogli al concorso per lo “studio
di restauro di monumento antico italiano”. All’impegno di architetto si affianca l’attività di
scultore.
29
30
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al Ministero dell’educazione Nazionale, direzione Generale delle Arti, a
proposito della tutela monumentale della chiesa di San Francesco specifica:
«A cura del Podestà di Mantova e sotto la sorveglianza di questa R. Soprintendenza sono stati praticati assaggi alla monumentale chiesa in oggetto, da
poco ceduta dal Demanio dello Stato, al comune di Mantova. Sono venute
così in luce tracce delle antiche strutture architettoniche e importantissimi
frammenti pittorici. In conformità a quanto è affermato dal Vasari (vita di
Vittore Scarpaccia – Milanesi Sansoni Vol. III° p. 63) la prima cappella a
destra risulta in massima parte opera di Stefano da Verona. Altri frammenti
di affresco appaiono qua e là sotto lo scialbo generale rivelando pitture di
varia epoca e scuola cosi come sarà possibile con precisione riscontrare in
sede di più esaurienti lavori di liberazione».35 A parere di Gazzola queste
notizie così significative andrebbero rese pubbliche e il Ministero dell’Educazione Nazionale il 26 maggio ne autorizza la diffusione a mezzo stampa.36
L’atto di convenzione viene quindi ufficialmente stipulato e controfirmato
il 1° settembre 1943.37 La relazione di Aldo Andreani è quanto mai importante e significativa per seguire le fasi del lavoro.38
2. Il restauro Andreani e i diari sotto le bombe: dal 1943 all’aprile 1945
Tanta attenzione per il complesso di San Francesco è, probabilmente,
da interpretarsi come una chiave di lettura che comprende non solamente l’aspetto storico artistico ma una centralità che tocca gli aspetti sociali
della Mantova del tempo. La rinnovata attenzione e cura non può essere
distinta da una visione del luogo dei francescani come il cuore dell’accoglienza spirituale e materiale della città. Il periodo prebellico è un fermento
di energie convogliate al restauro del complesso, con sondaggi conoscitivi
dei paramenti murari, propedeutici a una progettualità generale che passa
dalle scelte che hanno per oggetto la fabbrica allo svelamento dell’antica
decorazione pittorica. Le bombe interrompono bruscamente questa fase di
riscoperta degli affreschi per lasciare cumuli di macerie e pochi lacerti che,
grazie ad alcune operazioni di strappi, sono ancora oggi visibili.
I disegni dell’architetto Aldo Andreani, tecnico di fiducia del Comune
di Mantova, tracciano le linee progettuali del restauro seguito dal soprin-
ASBABs, b. 419/1.
ASBABs, b. 419/1.
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ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55.
38
Si veda la trascrizione integrale in Appendice n.3.
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I lavori del 1942 con il recupero dell’altezza delle navate, le demolizioni e i saggi sugli intonaci, foto Calzolari.
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tendente Piero Gazzola.39 Risalgono ai primi mesi del 1943,40 mentre del 4
maggio (o, come si trova altrove, del 5 maggio) è la convenzione tra il Comune e i Frati Minori della Provincia Lombarda per il tempio di San Francesco. Purtroppo i lavori non possono iniziare perché il tetto, le capriate e
alcune colonne necessitano di un consolidamento. Nei carteggi non si nascondono le perplessità per le richieste di onorario da parte di Andreani,
che pare siano lievitate e che i frati non potrebbero sostenere.41 La deliberazione della convenzione è simultanea alla già citata lettera del soprintendente Gazzola alla Direzione Generale delle Arti con la quale rende conto di
alcuni ritrovamenti effettuati durante i saggi stratigrafici preventivi, che saranno ulteriormente ampliati nel corso dei restauri, e dei quali il senatore
Spiller richiede di dare ampia voce alla stampa.42 Il 25 maggio l’ingegnere
Barelli, in qualità di rappresentante dell’ordine dei Frati Minori, scrive a
Spiller e ad Andreani indicando come si debbano modificare alcune lavorazioni, oltre che le spettanze di alcuni pagamenti, e cercando di opinare la
nota dell’architetto.43 Il giorno seguente il ministro dell’educazione nazionale scrive al soprintendente Gazzola informandolo del fatto che il ministero si compiace dei ritrovamenti e autorizza a darne ampia notizia alla stampa.44 Lo stesso ministero il 15 luglio 1943 approva la convenzione con i
Frati Minori pur dettando alcuni suggerimenti contrattuali.45 Il clima attorno all’operare di Andreani non deve essere stato tra i più sereni se il 31 luglio 1943 alcuni cittadini scrivono al podestà di Mantova, al ministero
dell’educazione nazionale e alla soprintendenza ai monumenti di Verona:
«premesso che i lavori recentemente compiuti intorno al palazzo della ragione di questa città non sono tali da riempire di soddisfazione chi abbia
39
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, 5 maggio 1943, in LOVATO 20112012, doc. 2, pp. 113-117. Sulla vicenda di Piero Gazzola si rimanda a Il monumento per
l’uomo 1990, in particolare alle pp. 154, 155 dove si riporta una scheda dedicata alla ricostruzione gotica della chiesa di San Francesco.
40
Come mi segnala Tasselli, i disegni risalgono al gennaio 1943 (Aave, tav. 64395)
e all’aprile 1943 (Aave, tav. 64397-64398). La liquidazione dei lavori “all’Arsenale” è in
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55, 20 gennaio 1943.
41
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, b. 55; ASBABs, fasc. 688 (San Francesco)
Convenzione n. 72 di P.G. del 4/5/1943/XXI). Andreani inizialmente chiede L. 20.000 per
i lavori di indagine appena eseguiti e L. 100.000 a forfait per i lavori ancora da farsi poi
innalza le cifre, rispettivamente, a L. 30.000 e L. 150.000 in quanto il primo lavoro è stato
eseguito fuori sede mentre il secondo è stato richiesto con particolare urgenza. Tutto questo
non viene accettato dai Frati perché Andreani abita a Mantova in via Peschiera 17 e il progetto deve essere presentato entro tre mesi dalla consegna del monumento.
42
ASBABs, fasc. 688 (San Francesco).
43
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1.
44
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco).
45
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 14 agosto 1943.
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Il Cristo in mandorla durante le fasi di descialbo.
gusto sano e retto intendimento d’arte e lasciano adito ai più legittimi timori circa il restauro – affidato allo stesso restauratore – della chiesa di S.
Francesco, monumento che, al pari della Ragione, interessa la cultura nazionale, i sottosegnati cittadini italiani chiedono che sia preventivamente
restauri, in genere lodevolissimi nell’intendimento ispiratore, non sempre
riescono tali nella pratica attuazione – dichiarano di essere mossi alla presente istanza dal solo amore dell’arte, non da mire o interessi personali».46
Il 14 agosto 1943 la convenzione tra Comune e Provincia Lombarda viene
modificata sulle indicazioni ministeriali e con la specifica delle norme da
seguire per i restauri. L’appello dei cittadini raccoglie una certa eco, così
46
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), l’originale è in BCTMn, fondo Marani, class.
1.1, b. 11.29.
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come testimoniato dalla lettera del 24 agosto del Ministro dell’Educazione
Nazionale a Gazzola nella quale si chiedono delle spiegazioni.47 In risposta
il soprintendente scrive alla Direzione Generale delle Arti riferendosi agli
accordi presi con la convenzione fra il municipio di Mantova e la Provincia
Lombarda dell’Ordine dei Frati Minori e, a proposito delle perplessità intorno alla figura di Andreani, egli specifica che «le preoccupazioni dei firmatari della memoria in data 31 luglio u. s. possono non essere infondate
se consideriamo la fervida fantasia del progettista. Confido tuttavia, con
l’autorevole appoggio di codesto ministero di poter riuscire a guidare il restauro così da farne cosa degna dell’importanza del monumento». A tale
proposito concede un nulla osta a rendere pubblici i dettagli grafici del
progetto.48 Una pianta è infatti datata settembre 194349 e lo stesso Andreani in quella data pubblica una Relazione che viene donata nel 1944 all’ingegner Ettore Parmeggiani, già podestà di Mantova tra il 1929 e il 1933. Il
primo studio di restauro è consegnato al Comune da Andreani il 9 ottobre
1943, mentre un documento sintetico con i lavori in programma tra l’inverno incipiente e l’anno seguente viene consegnato dall’architetto a Gazzola.50
Per questo progetto l’architetto scrive anche a padre Zucca sollecitando un
accordo congiunto tra podesteria di Mantova, provincia lombarda dei Minori e soprintendenza.51 In novembre la copertura è sostanzialmente conclusa mentre si stanno ancora chiedendo dei dettagli sulla prima parte dei
restauri previsti da Andreani.52 L’impostazione di massima per l’intero monumento è compiuta a metà novembre, spedita dal commissario prefettizio Alberto Azzali a Gazzola,53 monitorata da padre Zucca, il podestà,
Muzio e l’ingegner Barelli.54 Il 7 dicembre il commissario prefettizio scrive
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco).
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 26 agosto 1943.
49
In Aave, tavv. 64409, 64412 - 13, 64416, 64418, 64400 – 402.
50
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 21 ottobre 1943.
51
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 27 ottobre 1943. Qualche giorno dopo
Andreani scrive al Commissario Prefettizio e confida che il Comune abbia preso visione
della lettera inviata ai Frati Minori. Andreani sostiene la convenzione del 1° settembre 1943
e invia alla podesteria una relazione scritta (ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 4 e 6
novembre 1943 e ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1).
52
Il podestà chiede a padre Zucca di versare le quote mensili scadute e l’aumento delle
quote stesse delle successive. Comunica inoltre che la copertura sta per essere terminata (ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, relativa al 13 novembre ma indicata nella risposta
del 31 dicembre 1943).
53
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 15 novembre 1943; copia in ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1.
54
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 23 novembre 1943; il disegno del dicembre 1943 con le piante e le sezioni di progetto sono in AaVe, tavv. 64427, 64399, 64405,
64408, 64396, 64420 – 64427.
47
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al Comando Germanico ringraziando del sopralluogo compiuto il giorno
stesso con l’architetto Andreani chiedendo la concessione, oltre ai locali per
il deposito dei materiali edili, anche di un altro locale al secondo piano del
chiostro in un’area destinata a demolizione. Si vogliono infatti recuperare
immediatamente i materiali necessari al restauro.55 Lo stesso giorno padre
Zucca scrive al podestà avvisando che il 14 dicembre sarà a Mantova con
Muzio e l’ingegnere Barelli della Commissione Francescana e avranno
modo di conoscere il nuovo podestà, sostituto di Spiller a cui erano legati,
ovvero Alfonso Perrotti.56 Aldo Andreani è evidentemente preoccupato se il
7 dicembre, in vista dell’incontro del 14 dicembre con Zucca, Muzio e Barelli, si affretta a scrivere a Gazzola sollecitandolo a vedere il progetto esecutivo in anteprima.57 Sono effettivamente timori ben riposti e confermati
da una lettera dello stesso giorno inviata da padre Zucca al Podestà: «On.
Podestà di Mantova, nel confermarmi l’avvenuta a Mantova per la mattina
del 14 dicembre dei consulenti Ecc. Arch. Muzio e Ing. Barelli, e mia, come
da espresso in data 4 corr., mi sia concesso sottoporvi quanto segue: la commissione per i restauri della chiesa di S.Francesco in Mantova, creata dalla
Provincia dei Frati Minori di Lombardia – S.Carlo Borromeo – di cui fanno
parte come consulenti l’Ecc. Arch. Muzio e l’Ing. Barelli, ha preso visione
del progetto di restauro della chiesa stessa inviatole dall’Arch. Andreani ed
è spiacente di non poterlo approvare per le seguenti ragioni: I) il progetto in
parola non tiene conto dei bisogni del culto. A) prevede di chiudere con un
muro, da costruire ex novo, tutto il fronte delle cappelle di S. Bernardino e
seguenti fino al campanile, sicché tutte le dette cappelle che ora comunicano
con la chiesa con ampie arcate, verrebbero poi a comunicarvi solo mediante porticine, impedendo al pubblico di seguire le funzioni che si svolgessero
nelle cappelle stesse. B) pone il coro tra l’altare maggiore e la navata centrale, il che allontana il pubblico dall’altare maggiore, riduce la visibilità non
che la capienza della chiesa. Né tale sistemazione pare sia mai stata adottata anticamente nella chiesa di San Francesco a Mantova. II) tenuto presente
il carattere composito del tempio». Detto ciò, anche alla luce dell’intenzione di ricostruire alcuni corpi di fabbrica che non era stato incaricato di fare,
la commissione resta in attesa di un progetto più consono che sia approvato
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 4 dicembre 1943.
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 4 dicembre 1943, copia in ASDMn (fondo
Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026). Padre Zucca scrive al vescovo Menna (ASCMn,
Sezione novecentesca, cat. V.3.1; e in ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b.
2026, 7 dicembre 1943).
57
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 7 dicembre 1943.
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Il descialbo degli affreschi nell’estate 1942, foto Calzolari.
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Dallo scialbo riemerge il Giudizio Universale, foto Calzolari.
da tutti gli enti58 e consegna al Comune i rilievi.59 È il momento di difendere
il proprio operato e, a stretto giro, l’impresa presenta uno stato di avanzamento con l’elenco dettagliato dei materiali utilizzati e delle ore di lavoro
dei muratori e dei manovali60 mentre Andreani si appella anche al commissario prefettizio difendendo il proprio progetto.61 Sono necessari tre incontri tra Andreani, padre Zucca, l’architetto Muzio e l’ingegner Borelli, rispettivamente il 14, il 28 e il 29 dicembre,62 per concordare le linee di condotta
dei lavori da seguire in vista della presentazione di un diverso progetto che
prevede di mettere in evidenza i contrafforti del XIV secolo e di non modificare la volta.63 Da questo momento, presa visione del progetto di restauro
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco); ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1;
ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 7 dicembre 1943.
59
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 7 dicembre 1943.
60
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1; ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze
Religiose, b. 2026, 11 dicembre 1943.
61
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 12 dicembre 1943 con, in allegato, una
relazione storica tratta da Donesmondi.
62
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 14 dicembre 1943; ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 28 e 29 dicembre 1943.
63
ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze Religiose, b. 2026, 29 dicembre 1943;
ASBABs, b. 419/1, dicembre 1943, in LOVATO 2011/2012, doc. 5, pp. 155-158.
58
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Lavori in corso nella cappella della Rama: rimuovendo lo scialbo emerge l’Annunciazione,
foto Calzolari.
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L’arco affacciato verso la navata centrale con gli affreschi dei Profeti, foto Calzolari.
e di quanto già realizzato, si fissano le linee da seguire per presentare il
progetto al Consiglio Superiore delle Arti ed evitare l’esecuzione di lavori
non autorizzati; si prescrivono delle linee di aggiornamento del progetto
Andreani; si elencano le lavorazioni che, d’ora in poi, potranno essere eseguite senza preventiva autorizzazione del Consiglio delle Arti.
Anche il ministero dell’educazione nazionale chiede una copia della
convenzione e il progetto di Andreani64 che, a quanto viene detto dal commissario al ministero, il 30 dicembre non è stato ancora consegnato.65 Il
1943 si chiude con una lettera di padre Zucca che fa presente come i frati
abbiano speso 400mila lire contro le 200mila lire che il Comune avrebbe
dovuto versare per i lavori.66
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 30 dicembre 1943.
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 30 dicembre 1943. Padre Zucca informa
anche il vescovo Menna sulle linee di lavoro (in ASDMn, fondo Menna, Corrispondenze
Religiose, b. 2026), 31 dicembre 1943).
66
Si specifica che il cantiere è stato avviato ancor prima della stipula della convenzione
del 1° settembre 1943. Si allega lo stato lo stato d’avanzamento dei lavori dell’impresa. I
lavori sono proseguiti in piano fino all’11 dicembre 1943. Il Padre chiede quindi al Comune
la possibilità di saldare tale conto e nega la possibilità di aumentare le rate a suo carico nei
confronti del Comune (ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1; ASDMn, fondo Menna,
Corrispondenze Religiose, b. 2026, 31 dicembre 1943).
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Il sottarco con i Profeti dopo la demolizione del soppalco, foto Calzolari.
A fine anno si propone un secondo progetto e il 1944 sarà ancora un
anno di vicende travagliate. Il 10 gennaio la pratica relativa al progetto di
restauro seguita dal comune è pronta per essere unita alla convenzione e
spedita al ministero dell’educazione nazionale,67 mentre il 28 gennaio Gazzola scrive al Podestà riferendo di un sopralluogo con Andreani durante
il quale ha verificato la precaria condizione di stabilità di alcuni affreschi
nella sacrestia. Il restauro è pertanto urgente e deve essere incaricato un
67
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1.
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67
referente.68 L’11 febbraio architetti, collaudatori e rappresentanti delle varie autorità sono in San Francesco e con loro è il restauratore Archimede
Albertazzi di Milano, voluto da Barelli e Muzio.69
In queste pagine si è scelto di raccontare la tragedia del San Francesco
con una voce viva, ovvero quella dei frati che, giorno per giorno, annotano
gli eventi nei diari che abbiamo avuto la possibilità di consultare. Nelle
cronache del convento si arriva a una data fatale in un percorso a tappe
che diventa una sorta di cupa prefigurazione di ciò che sarà. Il 14 febbraio
1944 «Alle ore 13 e 30 Allarme. Squadre di bombardieri angloamericani
volano ad altissima quota sulla città sganciando numerose bombe, distruggendo case e facendo vittime. Si ebbero 11 morti e molti feriti. Una bomba
cadde nel chiostro Grande di questo Convento a pochi metri di distanza dal
nostro ricovero, ove eravamo rifugiati. Siamo scampati veramente per bontà di Dio! Deo gratias. È la prima volta che Mantova viene bombardata,
durante la presente guerra».70 Il 18 febbraio Gazzola chiede delle foto ad
Andreani come documentazione dei danni provocati dalla bomba esplosa
nel chiostro71 e scrive alla Direzione Generale delle Arti per informare il
ministero.72 Il giorno seguente il Commissario Prefettizio si rivolge al generale Silvio Spiller chiedendo di prendere accordo con i francescani per il
consolidamento degli affreschi.73
Dopo alcune settimane, il 31 marzo, Albertazzi scrive a padre Zucca
specificando che è necessaria la saldatura degli affreschi al supporto e che
questo lavoro è urgente in quanto necessario per permettere ad Andreani
di riaprire le antiche finestre esistenti nel muro in rottura e di costruire un
nuovo solaio.74 Non è altrettanto sollecito Andreani che, nonostante vari
richiami,75 non è pronto sino ai primi di maggio.76 E ancora il 14 maggio
nei diari si registra una «nuova incursione sulla Città e nuovo bombardamento a tre metri di distanza dal primo. Due grosse bombe incendiarie
caddero sulla strada, fortunatamente senza esplodere ed un’altra sul tetto
della Chiesa monumentale senza produrre alcun danno».77 Lo scampato peASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco); ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1.
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), lettera di padre Zucca a Gazzola, del 6
febbraio.
70
Vedi Appendice.
71
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco).
72
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco).
73
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 9 febbraio 1944.
74
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 1° aprile 1944.
75
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 10 aprile 1944; 24 aprile 1944 (lettera del
Commissario Prefettizio Alberto Azzali al Ministero dell’Educazione Nazionale).
76
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 6 maggio 1944.
77
Si vedano i Diari in Appendice.
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Il devastante effetto dei bombardamenti nella zona absidale. Resta salva la cappella Gonzaga, foto Calzolari.
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La controfacciata dopo i bombardamenti.
ricolo permette di proseguire con la campagna dei restauri, tanto che il 30
maggio è fissata la «visita alla Chiesa monumentale del direttore Generale
delle Belle Arti Gr. Uff. Anti, accompagnato dal suo segretario particolare
Nino Giannantonio (sic), dal Sopraintendente ai Monumenti di Verona ing.
Gazzola Piero e dal prof. Ozzola Leandro, Sopraintendente delle Gallerie
del Palazzo Ducale di Mantova. Elogiano l’opera di restauro in corso».78
Le tensioni con Andreani non paiono destinate ad appianarsi: in dicembre l’architetto non ha ancora presentato le modifiche richieste, pare che
voglia portare la quota dell’abside allo stesso livello di quella della navata
centrale,79 mentre in precedenza aveva previsto di abbassarlo rispetto alla
quota attuale, aumentando inoltre la sua richiesta di parcella.80 In luglio la
Cfr. i diari pubblicati in appendice.
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 1° giugno 1944 (lettera di Padre Zucca ad
Andreani e, per conoscenza, a Spiller ed a Padre Samuelli Superiore di Mantova).
80
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 26 giugno 1944; 5 luglio 1944; 7 luglio
1944; ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 7 luglio 1944.
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I poveri resti della facciata dopo i bombardamenti.
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Le operazioni di sgombero delle macerie.
ferocia degli attacchi è senza sosta: sono indicati l’8 e il 13, quando – come
registrano i frati – «Una bomba esplosa sul binario della ferrovia trasporta
una rotaia di ferro lunga 12 metri sulla piazza di S. Francesco sorvolando
le due ali del Convento ed il Chiostro». Il 14 vengono sganciate numerose
bombe e, poiché sia il conventino e sia la cappella provvisoria sono quasi
completamente distrutti dall’incendio provocato dagli spezzoni incendiari,
i frati sono costretti a trasferirsi nella casa palatina di via Corte (l’attuale
via Rubens). Due giorni dopo, il 16 luglio, un bombardamento distrugge il
ponte ferroviario e la strada di Porta Mulina mentre il 20 un altro attacco
72
PAOLA
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Alcuni lacerti di stucchi nella zona absidale.
colpisce il grande ponte della diga. In questo clima drammatico in luglio sia
padre Zucca sia il podestà Perini hanno tra le mani il progetto definitivo81
e, tuttavia, si affaccia l’idea del podestà Silvio Spiller di sospendere i lavori
in San Francesco togliendo ad Andreani la direzione.82 Nel frattempo i frati sono al riparo dal colpo del 3 agosto: «Al mattino bombardamento su
Mantova. Parecchie case rovinate, colpito anche, parzialmente il Battistero
della basilica di Sant’Andrea. Della chiesa monumentale di S. Francesco
cade la nave di sinistra dall’abside alla metà circa, la sagrestia ed il Gran81
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco); ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1,
17 luglio 1944. Il senatore Spiller scrive a Gazzola e a padre Zucca. Quest’ultimo non riuscirà ad essere a Mantova in quanto convalescente (ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco);
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 30 luglio 1944).
82
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 30 luglio 1944.
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L’infilata degli archi delle cappelle.
de Chiostro». L’8 agosto «Nel pomeriggio altri bombardamenti nella zona
del nostro Convento. Una bomba caduta sulla piazzetta ha provocato il
crollo della cappella provvisoria, lo sfasciamento del magnifico rosone di
pietra nel centro della facciata della chiesa e reso inabitabile il Convento».
La ferocia degli attacchi è testimoniata anche in un articolo pubblicato su
“La Voce di Mantova” del 10 agosto nel quale si dà conto dei danni dei
bombardamenti con una particolare attenzione alla chiesa e al convento di
San Francesco.83 In una sua annotazione Andreani specifica: «Condizione
prima degli eventi bellici: buone. Adibita Chiesa. Descrizione dei danni:
colpita nelle incursioni del 14 maggio 1943, e 8 agosto 1944. Danneggiata
nella navata sinistra con lesioni interne alle altre due navate. È andata com83
Nell’articolo della “Voce di Mantova” (L’opera… 1944) del 10 agosto 1944.
74
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pletamente distrutta la sacrestia che costituiva un importante documento
architettonico con notevoli tracce della primitiva struttura trecentesca e
delle successive trasformazioni. Sono andati perduti gli affreschi del secolo
XIVº che la decoravano. Il chiostro è stato colpito e ha avuto varie arcate
distrutte. Perduta è la Cappella dei Frati ricavata nel porticato del 500. Nella successiva incursione la chiesa è stato ulteriormente danneggiata. Sono
distrutte la navata centrale e la navata sinistra. Restano la facciata e parte
della navata destra con le cappelle. N. 4 foto nell’archivio fotografico della
soprintendenza».84 Il 19 agosto è lo stesso Andreani che chiede di sospendere i lavori85 e racconta che una dozzina di uomini sono stati impegnati nel
recupero dei materiali crollati, ricoverati all’interno della chiesa.86
Il cantiere è quindi sospeso totalmente già a fine agosto87 e in ottobre
questa interruzione viene notificata sia ad Andreani e sia all’assistente ai lavori Gino Fertonani di Rivarolo prevedendo, di conseguenza, una proroga
sui termini di consegna.88 Il 27 ottobre Andreani ha concluso il progetto definitivo per il restauro del primo lotto, identificato con “zona rosa” e chiede
a padre Zucca un riscontro urgente sul parere del Comune di Mantova,
della Provincia dei Frati di Lombardia e della soprintendenza.89
Nonostante tutto, ai primi di dicembre Aldo Andreani e Carlo
Andreani,90 quest’ultimo restauratore designato dal Ministero, su incarico
dell’ingegnere Rusconi, compiono un sopralluogo in chiesa per consolidare
dei resti di affreschi. Il materiale da ponteggio è prestato dall’impresa Bianchi mentre Leandro Ozzola e Gazzola concordano di utilizzare l’aiuto del
muratore Antonio Mazzola.91
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), s.d. (ma post 8 agosto 1944).
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 19 agosto 1944.
86
ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 19 agosto 1944.
87
Perotti, podestà di Milano scrive ad Andreani, Spiller e ai Frati Minori accogliendo
la sospensione totale dei lavori (ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 25 agosto 1944),
anche per permettere agli operai di aiutare il Genio Civile (ASCMn, Sezione novecentesca,
cat. V.3.1, 28 agosto 1944).
88
Nella lettera di Padre Zucca al podestà di Mantova (in conoscenza a Spiller, Piero
Gazzola, Gino Fertonani e Andreani) si specifica che la ricostruzione della parte di convento
e chiesa distrutti saranno a carico del comune in quanto proprietario. La Provincia dei Frati
Minori ha provveduto a salvare e recuperare i materiali per il restauro (ASCMn, Sezione
novecentesca, cat. V.3.1, 4 ottobre 1944). D’altra parte il Consiglio della Provincia dei Frati
Minori di Lombardia chiede al capomastro Fertonani di sospendere immediatamente i lavori
per il rischio di incursioni aeree e di stendere un inventario di tutto quanto esistente in loco
(ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 4 ottobre 1944).
89
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 27 ottobre 1944.
90
Per un profilo di Carlo Andreani (Roma, 1905-Trento, 1989), pittore e restauratore,
si rimanda a Un secolo di vita dell’Accademia degli Agiati 2003, II.
91
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 2 dicembre 1944; 9 dicembre 1944.
84
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Nei mesi seguenti è un susseguirsi di bombardamenti sulla città che culminano nel colpo di grazia della primavera del 1945. Sul diario del convento è scritto che la sera del 2 aprile «ripetuti attacchi aerei, la terza ondata
ha distrutto completamente la nostra chiesa Monumentale. Alle ore 21 il
monumento non è che un cumulo di rovine. Rimane in piedi solo il Campanile e benché assai rovinate le cappelle e la facciata. Il conventino nostro
è ancora in piedi, ma molto lesionato». Il giorno dopo la tragedia, mentre
continuano a scendere altre bombe nei pressi del convento, i frati comunicano al provinciale il disastro. Così annota lo stesso Andreani: «Il 3 aprile
1945, proprio nelle ore classiche, fra le “Palme” e “la Pasqua”, nelle quali
il Creato è pervaso da uno stato di grazia, un bombardamento “a tappeto”
si imbestialiva sul San Francesco fino a sradicarlo; restava in piedi solo la
facciata, nuda, livida, con l’occhio del “rosone” svuotato: la maschera cieca
che ghignava sullo scempio idiota consumato».92 Nel diario del convento è
scritto che già il 5 «Si incomincia la rimozione delle macerie pel recupero
del materiale riutilizzabile. Il Comune, interessato, dichiara di non poter
dare appoggi e di non poter provvedere ad impedire i furti di materiale».93
Ai primi di aprile il restauratore Arturo Raffaldini94 entra in scena in San
92
Come confermato dalle memorie di Aldo Andreani del gennaio 1960 (ANDREANI
1963, appendice n. 4), egli il 3 aprile 1945 scriveva: «comunico che la notte scorsa è stata
distrutta in Mantova da bombardamento aereo la chiesa di S. Francesco. Ho visitato le Autorità Ecc. il Podestà ed Ecc. il Prefetto al fine di assicurarmi la loro collaborazione per la
tutela in sito di tutto il materiale di residuo del monumento. Al podestà ho fatto presente la
necessità di otturare con muratura le brecce aperte dall’esplosione nel muro perimetrale della Chiesa ottenendo così una completa chiusura di protezione. Il podestà ha colto il mio parere che pure condivideva, qualche ora dopo, il Vice Podestà nel sopralluogo che effettuava
con me. La podesteria subordina l’esecuzione dell’opera muraria alla possibilità di sostenere
la spesa, Di cui io formulo il preventivo di circa L. 30.000. Ho dichiarato, nella mia qualità
di vostro rappresentante, di essere disposto a concorrere alla spesa con L. 10.000. Dal Capo
della Provincia ho ottenuto che la zona del S. Francesco sia vigilata, specialmente durante la
notte, da un servizio di pattuglia. Del S. Francesco restano in piedi la sola facciata, il fianco
con le cappelle (le due grandi e le piccole) e il campanile; all’interno resta, intatto, il solo
muro nuovo costruito divisione della navata minore destra con la corsia delle cappelle. Mi
recherò espressamente a Mantova, da Milano, lunedì prossimo 9 aprile per sollecitare la
podesteria a prendere definitivamente il provvedimento» (cfr anche ASBABs, fasc. 688 Mn
San Francesco).
93
Questo dettaglio è confermato da una lettera di Andreani a Gazzola dove si afferma
che il Comune di Mantova dichiara di non avere i fondi per terminare le opere di chiusura
perimetrale di S. Francesco. Non viene neppure effettuata la sorveglianza notturna promessa
dal Comune, mentre quella diurna è effettuata dai frati. Andreani intende quindi interessare
la stampa cittadina preannunciando che uscirà con un severo articolo (ASBABs, fasc. 688
Mn (San Francesco), 9 aprile 1945).
94
Arturo Raffaldini, nato a Mantova nel 1899 e scomparso a Firenze nel 1962, si forma
con Tallone all’Accademia di Brera. La sua carriera intensa lo vede impegnato negli anni
Venti a Rimini dove lavora con Giovanni Nave nel recupero degli affreschi trecenteschi della
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Francesco con un sopralluogo necessario in vista dello strappo di importanti dipinti murali. Si tratta di circa 80 metri quadrati di affreschi, molti dei
quali sono ricoperti da strati di scialbo che si dovranno asportare con un
costo di 3000 lire al metro quadrato.95 Il 14 aprile arriva il riconoscimento
da parte di Gazzola del lavoro compiuto da Andreani96 e, a seguire, un finanziamento da parte della soprintendenza per le necessità del momento.97
3. I restauri postbellici: maggio 1945-1953
Il ruolo focale di San Francesco è confermato nelle operazioni di recupero che seguono alla stagione delle bombe. Si riprendono velocemente le
fila di quanto progettato prima degli attacchi aerei più cruenti e ben presto
si indirizzano le energie. Come nel resto d’Italia, anche a Mantova ci si confronta con le “Norme per il piano di ricostruzione degli abitati danneggiati
dalla guerra” (DLL n. 154, 1° marzo 1945).
Pochi giorni dopo il fatidico 25 aprile 1945, il 5 maggio, infatti il padre
superiore «con padre Gaetano si reca in Comune a conferire con le nuove
autorità Comunali. Il sindaco Camerlenghi accoglie benevolmente e si mostra ben disposto a discutere eventuali modifiche al contratto stipulato nel
1942-43 per i restauri della Chiesa di S. Francesco» e il 18 dello stesso mese
iniziano le pratiche con il Comune e il Comando alleato per la cessione di
tutta l’area dell’ex Convento.98 Il 22 giugno arriva da Milano una delechiesa di Sant’Agostino. Nella sua città è impegnato in diverse campagne di strappi, in diverse campagna di restauri che hanno interessato Palazzo Ducale e Palazzo Te. Memorabile
lo strappo avvenuto sotto le bombe del 1943 dell’affresco di Piero della Francesca, raffigurante Sigismondo Pandolfo Malatesta davanti a san Sigismondo, del Tempio Malatestiano
di Rimini. Nel 1945 strappa parte della decorazione di palazzo Canossa in Verona, eseguita
da Tiepolo, prima del crollo definitivo. Nel periodo che qui si prende in esame Raffaldini è
impegnato oltre che a Mantova anche a Bologna dove lavora sugli affreschi e le sinopie di
Vitale da Bologna in Sant’Apollonia detta della Mezzaratta, oggi conservati nella Pinacoteca
Nazionale di Bologna. A seguire sono altre importanti commissioni a Ferrara per il duomo e
gli affreschi di palazzo Schifanoia; a Firenze, a Napoli. Per una nota biografica mi permetto
di rimandare ad ARTONI 2014, con bibliografia precedente (almeno ARTONI, MAROCCHI 2009,
pp. 154, 170, 175, 181, 182, il catalogo della mostra SOGLIANI 2012, p. 33, ARTONI 2013,
pp. 75-76).
95
Lettera di Raffaldini a Gazzola (ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 9 aprile
1945).
96
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 14 aprile 1945.
97
Lettera di Gazzola ad Andreani in ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 18 aprile
1945.
98
Lettera di padre Enrico Zucca al prefetto Solci (in ASCMn, Sezione novecentesca,
cat. V.3.1, 11 giugno 1945); e trasmissione della copia dell’istanza di concessione di un’area
in prossimità del Tempio (in ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 20 giugno 1945).
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gazione, composta da padre Enrico Zucca, l’architetto Muzio, il senatore
Spiller e Ozzola del Palazzo Ducale. Ci sono tutte le premesse per la ripresa
dei lavori, il sindaco è favorevole alla cessione di tutta l’area al Prefetto e
acconsente alla richiesta della Commissione tecnica per la costruzione di un
recinto attorno a tutta la chiesa e annessi, fino all’ingresso dell’arsenale. Va
detto che Andreani non è stato informato di questo sopralluogo e che non
nasconde la sua contrarietà.99 In luglio la ditta “Bianchi Giovanni e figlio”
predispone la recinzione delle rovine e il 3 agosto «nella seduta definitoriale
a Milano si decide il riadattamento ed il restauro della casa. Si iniziano subito i lavori».100 In ottobre Andreani chiede al sindaco Carlo Camerlenghi
di vigilare perché i lavori sono stati ripresi dai frati senza che egli sia stato
interpellato ed esprime quindi la sua preoccupazione sul fatto che questi
interventi potrebbero essere pericolosi.101 Il sindaco assicura che non sono
state eseguite altre ricostruzioni se non quelle del portico del pellegrino e
che ci si è limitati allo sgombero dei rottami.102
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 30 giugno 1945, lettera di Andreani a padre
Zucca: «Vengo informato della visita che sabato scorso, 23 p.p., Ella faceva Mantova, Accompagnato dal Muzio, dall’ing. Banterle e dal gen. Spiller, in Comune e al S. Francesco. Io
ero sulle rovine del tempio la notte stessa del disastro, come ero stato presente, e soprattutto
per intervenire d’urgenza sul S. Francesco, durante le altre incursioni sulla città; disgraziatamente nient’altro era rimasto allora a me di poter fare che impedire il furto del materiale
chiedendo personale di sorveglianza notturna (di giorno provvedeva padre Floriano con i
suoi frati) al prefetto e al podestà da me espressamente sollecitati; completare la mia richiesta facendo intervenire la stampa come un appello alla cittadinanza per affidare alla popolazione stessa la tutela e la sorveglianza dei resti del suo monumento; provvedere, a spesa della
soprintendenza, che meritava autorizzazione, alle più urgenti opere di recinzione. A questo
proposito mi è caro assicurarla che io sorveglio la iniziata opera di recinzione muraria da lei,
credo, ordinata all’impresa Bianchi. Questa recensione non fa che prevenire lo stesso provvedimento che io stavo per prendere e che avevo iniziato con l’interessare la soprintendenza,
Come ho detto a quelle immediate opere di difesa necessarie alla salvaguardia e al recupero
del materiale utile ai restauri futuri» (ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco); ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 30 giugno 1945).
100
Il 27 agosto 1945 sul giornale “Il Popolo” della Democrazia Cristiana viene pubblicato l’appello Salviamo i frammenti pittorici rimasti fra i ruderi del S. Francesco.
101
Lettera riservata di Andreani al sindaco Carlo Camerlenghi, nel suo ruolo di tecnico
di fiducia del Comune, con la quale denuncia il fatto che egli, per convenzione, deve presiedere ai lavori di restauro secondo il progetto approvato dalla Soprintendenza ai Monumenti.
I lavori, interrotti per eventi bellici, sono stati ripresi dai frati senza che egli sia stato convocato. Viene ignorato dall’ordine dei frati e per questo chiede l’intervento del sindaco per un
controllo delle opere in corso che, a parere dell’architetto, stanno compromettendo l’edificio
(in ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 21 ottobre 1945). Il sindaco di Mantova chiede conto a padre Zucca (ASCMn, Sezione novecentesca, cat. V.3.1, 25 ottobre 1945).
102
Il sindaco di Mantova ha verificato lo stato dei lavori nel S. Francesco senza, tuttavia, trovare delle ricostruzioni particolari, se non nel portico del pellegrino (ASCMn, Sezione
novecentesca, cat. V.3.1, 7 novembre 1945). Il 9 novembre su “Mantova Libera” appare un
articolo sulle rovine e i restauri di San Francesco.
99
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Giovanissimi muratori al lavoro nel cantiere, estate 1951.
La vita del convento prosegue nei mesi seguenti fino a che nel 1946, il
19 marzo, si registra un sopralluogo «del Sopraintendente delle Belle arti di
Verona alle rovine di S. Francesco – il quale viene per la nuova sistemazione
del monumento» ma il 5 maggio «per quanto al Comune si sia presentato
un progetto di massima per la ricostruzione di S. Francesco le Autorità non
si ritengono soddisfatte perché attendono proposte concrete per una nuova convenzione le quali si fanno sempre desiderare da Milano». L’8 luglio
avviene una svolta importante: «Giunge Comunicazione dal nostro molto
reverendo padre Provinciale che il Convento di S. Francesco dal decreto
«quam maximas» viene assegnato alla provincia veneta di S. Antonio. A
noi non rimane che preparare i nostri bauli». Questa fase è affidata alla
“voce” di frate Floriano Maria Ferro che, nel passaggio del testimone ai
Minori della provincia Veneta di Sant’Antonio, prosegue la Cronaca conventuale. È il 10 agosto 1946 e la scriverà sino al 4 ottobre 1953. Si tratta
di un resoconto tribolato che si apre con l’amara constatazione che «ciò che
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Le strutture delle nuove colonne, estate 1951.
non rovinò o distrusse la guerra, distrusse, rovinò, rubò il popolo mantovano, al quale si unirono le autorità d’allora, che fecero asportare quanto
di buono od utilizzabile in legnami e ferro vi era rimasto, con la scusa di
mettere in salvo (materiali che non tornarono mai!). Un calcolo di ciò che
fu asportato dal S. Francesco (fatto dall’impresa Bianchi e presente prima
e dopo quale ditta appaltata dai frati): 3 (tre) milioni circa di mattoni; 100
(cento) quintali di materiali ferrosi; 100 (cento) metri cubi di legnami».103
Ercolano Marani il 20 ottobre sulla “Gazzetta di Mantova”104 pubblica i
criteri per il restauro del tempio di San Francesco con una sintesi di quanto
stabilito dalle diverse parti il 14, 28 e 29 dicembre 1943, specificando i lotti
Vedi i diari in appendice.
Marani presenta i criteri del restauro in un articolo uscito su “La Gazzetta di Mantova” del 20 ottobre 1946 (MARANI 1946), in appendice n. 7.
103
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Le strutture delle nuove colonne, estate 1951.
di restauro e lo sviluppo dettagliato del progetto di Andreani. Le urgenze
sono in primis la copertura del tetto, la demolizione di alcune volte, e la
riapertura di alcune finestre antiche. Nel diario del dicembre del 1946 si
constata che i lavori di ricostruzione sono nel caos e il 16 gennaio 1947 «Il
padre Guardiano padre Floriano Maria Ferro va in Municipio per saggiare
come la pensano circa il San Francesco in quegli ambienti. L’arch. Poldi,
dell’Ufficio Tecnico, lo mette al corrente, ma in una maniera piuttosto scorbutica. In Municipio si ritiene:
a) che i Frati Minori Veneti non possono legittimamente ritenersi insediati in S. Francesco;
b) che il S. Francesco non è più area monumentale, dato i bombardamenti, e quindi non suscettibile di restauro;
c) che la Convenzione del 1943 è scaduta per la non ottemperanza alle
clausole da entrambe le parti;
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Vita di cantiere, estate 1951.
d) che è più che legittima la sottrazione di parte dell’area e la diversa
destinazione dell’intero immobile.
Il padre Floriano tenta di dimostrare illegale ed ingiusta tale presunzione giuridica del Comune; ma non ottenendo nulla per via della ragione si
riserva di ricorrere alla giustizia».
Il 29 giugno 1947 si trova la nota: «Accompagnato dal Sovrintendente
di Verona Mantova Cremona, prof. Piero Gazzola, fu oggi a Mantova il
Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti,
inviato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Visitò, fra l’altro, il S. Francesco, chiesa e convento: rimase impressionato dalla vastità delle rovine,
meravigliato che non si sia ancora fatto nulla per iniziarne il restauro, entusiasta del complesso monumentale ancora in piedi e riparabile; ne decise la
ricostruzione secondo i progetti presentati dai p.p. Francescani e dal Sovrintendente stesso, e già inoltrati da tempo in Municipio. Al detto Comitato
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Il cantiere di ricostruzione, estate 1951.
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Il cantiere di ricostruzione, estate 1951.
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Al lavoro nel cantiere, estate 1951.
fecero parte anche il Presidente per l’Arte Sacra S. Ecc. Mons. Costantini».
Il 7 luglio iniziano i restauri e la ricostruzione dell’ala del convento sopra il
refettorio e della facciata della chiesa.
Nel 1948 si susseguono le varie fasi di stesura del progetto di recupero.
Il 7 gennaio l’architetto Francesco Banterle giunge al convento con i suoi
progetti che non convincono i frati («Non era, certo, ciò che gli si era chiesto. I disegni erano cosa vecchia e male imbastita»), il 10 gennaio padre
Floriano e Bianchi sono a Verona nello studio dello stesso chiedendo delle
modifiche ai disegni che saranno presentati il 22 dello stesso mese. Sono
necessarie «più di due ore di discussione. Però essi vengono bene, anche nei
particolari». A questo punto servono i finanziamenti e comincia la lunga
trafila. Il 14 febbraio padre Floriano e Bianchi sono a Verona «per ben due
volte nella giornata, per incontrarsi con il Ministro Gonella alla Sovrin-
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Foto ricordo, estate 1951.
tendenza dei monumenti, al Palazzo Orti-Manara onde tentare d’ottenere
qualche sovvenzione per i lavori del S. Francesco di Mantova», e il 7 marzo Gazzola giunge improvvisamente a Mantova «e riferisce del buon esito
del suo viaggio a Roma, per la causa del S. Francesco. Si reca da S. Ecc. il
Vescovo onde persuaderlo ad assumersi l’amministrazione dei fondi conferitici dal Governo per la ricostruzione del S. Francesco. Ma ottiene fino
a un certo punto anche lui». Il giorno seguente il padre generale, il padre
provinciale e Banterle sono dal vescovo affinché firmi delle dichiarazioni e si
assuma l’amministrazione dei fondi ministeriali, cosa che Menna accetta. Il
15 marzo «arriva l’Arch. Banterle con tutte le lettere e i documenti da inviare a Roma per le pratiche della rifusione dei danni di guerra, ammontanti
a 180 milioni di lire, per la chiesa e convento complessivamente. Si invita il
Sovrintendente a recarsi personalmente a Roma per appoggiare la pratica».
L’idea è quella di sistemare il convento con delle nuove finalità, affinché
possa accogliere il ginnasio, il liceo e un convitto. Non è cosa semplice e
frequenti sono gli scambi di vedute tra Banterle e padre Floriano. Il 5 maggio Gazzola visita la cappella di San Bonaventura, «già ultimata nella parte
superiore sia nel restauro architettonico che pittorico. Egli è soddisfatto;
ordina di ritoccare qualcosa e di chiudere la finestra che dà sul campanile.
Dà pure il via per la demolizione degli archi del presbiterio e per l’inizio
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La cappella Gonzaga durante i restauri. A sinistra si osserva la parete con le Storie di san
Ludovico non ancora completamente svelate. A destra si notano gli affreschi della lunetta in
corso di descialbo.
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La cappella Gonzaga, suddivisa in due piani, durante il descialbo.
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Cappella Gonzaga, confronto della parete con la Crocifissione al tempo della dismissione da
arsenale e durante i restauri di Raffaldini.
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Cappella Gonzaga, dettaglio della Crocifissione.
del soprarco del portale da eseguirsi in cotto». Mentre proseguono le bozze
dei progetti di Banterle, che ancora non soddisfano il padre guardiano, il
24 maggio si annota che «l’Arco della navata media eseguito da Bianchi
viene molto bene». Il 1° giugno inizia la discussione tra il padre guardiano
e l’ufficio tecnico comunale in merito alla nuova convenzione da stipularsi
tra il Comune e i Frati Minori della Provincia Veneta, durante la quale
«Il p. Guardiano avanza la difficoltà che se non vi fanno quella striscia di
terra tra la chiesa e il palazzo d’Arco in compenso dell’area sottratta e dei
materiali asportati, non è possibile nessuna intesa. Viene obbiettato che ciò
sarà difficile dato il piano generale di ricostruzione della città, già approvato dal ministero. Tuttavia sarebbero venuti a fare un sopraluogo». Il 14
giugno «Viene iniziata la demolizione dell’Arco trionfale rinascimentale del
presbiterio; unico del suo stile rimasto ancora in piedi perché sostenuto da
due mastodontici contrafforti. Viene demolito perché pericolante, e perché
non corrisponde più allo stile quattrocentesco della chiesa che si vuole ricostruire secondo il tema della facciata e delle cappelle superstiti, e del campanile». Due giorni dopo si consegna all’architetto Cazzaniga l’elenco «delle
cose asportate dal S. Francesco dopo la guerra, come d’intesa. Mattoni:
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3.000.000 circa, dei quali, parte impiegati nella ricostruzione del ponte sul
Rio, parte ceduti alla Impresa Mori-Franzoni, in parte (circa 100.000) venduti al parroco di Pegognaga» mentre il giorno seguente Banterle e il padre
Luigi De Biasi vanno a Roma per sollecitare un finanziamento. In luglio si
prendono accordi con lo scultore Enrico Baldassarri affinché esegua due tipi
del Nome di Gesù in terracotta. Il 24 luglio Banterle consegna il progetto
definitivo del pianterreno, che comprende chiesa e convento e, il giorno
seguente, il padre guardiano coglie l’occasione della presenza a Custoza
del ministro Guido Gonella, giunto a commemorare i caduti della Battaglia
del 1848 e del 1866, «per supplicarlo ancora una volta della sovvenzione
per il S. Francesco, sempre promessa e mai data» ed effettivamente qualche
effetto sembra sortire da una lettera dell’onorevole Ottorino Momoli del
10 agosto. Banterle il 19 settembre presenta «l’ultima e definitiva stesura
dei progetti di massima», un mese dopo la Fondazione Kress di New York,
contattata dall’ex senatore Raffaele Montuori, già prefetto di Mantova (dal
1932 al 1939) e presidente della Camera di Commercio (dal 1931 al 1940),
e dalla marchesa Giovanna d’Arco, chiede i progetti di San Francesco per
un eventuale sovvenzionamento, vengono così spedite le relazioni e quindici
foto. L’interessamento di Montuori è tale che si premura di consegnare la
richiesta di persona negli Stati Uniti.
Nel frattempo, a Roma, Gonella stende un decreto per la “rifusione dei
danni” per un importo pari a 160 milioni. Il 26 ottobre Gazzola conferma
che il ministro ha firmato, tuttavia il 1° dicembre si scopre che la pratica
era inevasa da maggio e che molte procedure, così come la sovvenzione per
il 1948-49, devono essere rifatte. La marchesa d’Arco rivela che «hanno
proposto a lei la compera della stessa area, in maniera non ufficiale» mentre
Banterle avverte che i progetti sono stati richiesti dal vescovo e dalla soprintendenza ma tutto dovrebbe passare al vaglio del Genio Civile.
Nel 1949, a gennaio, proseguono le trattative con il ministero per i
contributi e con la fondazione Kress, che chiede ulteriori dettagli. Non deve
avere giovato all’iter la morte del segretario italiano di Kress, l’ingegnere
Picchetto, scomparso il 1° febbraio, che si era interessato direttamente di
Mantova. In marzo il soprintendente di Verona scrive all’ingegnere capo
del Genio Civile di Mantova elencando i danni di guerra che richiedono
interventi urgenti mentre in aprile il consiglio comunale approva i progetti
per la chiesa e il convento, «con qualche riserva per la facciata nord del
convento: troppo moderna e discordante con il resto».105 A maggio l’iter del
finanziamento ministeriale è ancora in corso. A metà giugno la collezione
del convento si arricchisce con un Cristo portacroce, dipinto da Ozzola e
105
ASBABs, fasc. 688 Mn (San Francesco), 17 marzo 1949.
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donato da lui stesso, che viene collocato sulla porta maggiore della Sagrestia. Una nota positiva nella cronaca è quella del 9 luglio: «Oggi finalmente
il piccolo convento di S. Francesco è riuscito a sistemarsi come si conviene».
L’11 luglio da Verona Gazzola scrive a padre Floriano, e per conoscenza a
Banterle, specificando che «il restauratore che questa Soprintendenza segnala per lo strappo ed il restauro degli affreschi in oggetto, sia il signor
Arturo Raffaldini – via Landini 2 – Firenze». Purtroppo non si specifica di
quali affreschi si tratti.106
L’anno seguente, il 1950, vede diversi interventi di restauro: il 5 febbraio Carlo Zanfrognini107 inizia quello del soffitto del refettorio e il 29
settembre Arturo Raffaldini comunica al padre guardiano la decisione del
sovrintendente ai monumenti «di eseguire lo stacco di tutte le pitture ancora rimanenti nella chiesa di San Francesco; e ciò per ordine della Direzione
Generale delle Belle Arti». Il 19 aprile giunge da Roma la notizia che i lavori
di recupero possono ufficialmente iniziare ma ancora a metà novembre il
padre guardiano deve recarsi a Roma «per sollecitare la pratica del San
Francesco. Alla Corte dei Conti sente che è stata approvata, ed è quindi
passata al Tesoro per l’approvazione e registrazione. Finalmente! Sia ringraziato Iddio e Sant’Antonio, al quale abbiamo affidato la pratica! Ora sì, che
siamo in porto!». Il 19 dicembre arriva il decreto ministeriale che stabilisce
la «cessione di 82 milioni per la Chiesa di San Francesco e Casa Canonica».
Nel 1951, in febbraio, viene scelta la ditta che si occuperà dei lavori,
ovvero la già nota impresa Bianchi. Il 21 marzo Banterle dà il via ufficiale
ai lavori, il giorno seguente «S’iniziano, in sordina e non a cuor tranquillo,
massime dalla parte della Ditta, i lavori. Si comincia dall’abbattimento di
due contrafforti dell’abside, che furono in parte demoliti. Ma sono durissimi». Il 4 giugno «Finalmente si iniziano i lavori in grande stile per la ricostruzione della Basilica di S. Francesco in Mantova. Dopo quattro anni di
pratiche, di carte, di sospiri, di viaggi e di attese…!». Restano alcuni punti
di discussione (come, ad esempio, in merito alle volte e ai pinnacoli) ma il
7 luglio «sono state completate tutte le colonne mediante la collocazione
di tutti i capitelli». Il 28 settembre Gazzola «ordina la demolizione degli
archi della navata destra edificati antecedentemente dall’Arch. Andreani»
e richiede il “Bozzetto plastico di gesso di tutta la costruzione”. Ai primi
di ottobre Gazzola chiede a padre Floriano di scrivere a Raffaldini affinché
ASFMn, fasc. “Ricostruzione chiesa”.
Zanfrognini è nato a Mantova nel 1897 ed è scomparso nel 1976. Già dagli anni
Trenta aveva collaborato con Raffaldini nei restauri al santuario della Beata Vergine delle
Grazie di Curtatone. Negli stessi anni in cui lavora in San Francesco è impegnato in alcuni
cantieri in Liguria. Per un approfondimento ci permettiamo di rimandare alla biografia pubblicata in ARTONI, MAROCCHI 2009, nota 26, p. 170.
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, durante i restauri.
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Cappella Gonzaga, le precarie condizioni della copertura.
esegua «lo strappo di frammenti di affresco venuti in luce dopo l’abbattimento del pilastro della cappella di S. Antonio», il guardiano provvede,
aggiungendo che la medesima richiesta è necessaria per palazzo Miniscalchi
di Verona.108 Raffaldini risponde da Firenze il 22 dello stesso mese «venerdì
sarò da lei ad attaccare i veli sugli affreschi; è necessario farmi fare un ponteggio e una protezione per la pioggia e la nebbia. Come abbiamo sempre
fatto si intende a sue spese possibilmente chiuso».109 Il 9 novembre giunge
Banterle «per decidere circa l’avancappella di S. Antonio (o cappella di Stefano da Zevio): nulla di fatto. Verrà da Roma l’Ispettore delle Belle Arti, e si
vedrà».
Nel gennaio 1952 inizia un carteggio esteso relativo alle lapidi storiche provenienti dal convento e conservate nel Palazzo Ducale. A gennaio
Ozzola «dice che ce le farà riavere, ma che intanto facciamo petizione al
Ministero». Il 22 febbraio visitano il cantiere Barbacci, sovrintendente ai
Monumenti di Bologna, nelle vesti di ispettore della Direzione Belle Arti,
108
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ASFMn, fasc. “Documenti: Soprintendenza Belle Arti”, 8 ottobre 1951.
ASFMn, fasc. “Ricostruzione chiesa”.
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, strappi eseguiti da Raffaldini, foto Calzolari.
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, strappi eseguiti da Raffaldini, foto Calzolari.
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Cappella Gonzaga, lunetta destra, durante il restauro.
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Cappella Gonzaga, lo strappo della sommità della lunetta sinistra eseguito da Raffaldini.
Nella stessa foto si osservano telai alveolari e lo strappo relativo alle Storie di San Ludovico.
I frammenti sono stati montati su telai.
Cappella Gonzaga, lunetta di sinistra, gli strappi d’affresco ricollocati in situ, foto Querci.
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Carlo Zanfrognini al lavoro nel refettorio, 1950.
Ozzola, sovrintendente ai Monumenti di Verona Mantova, e Banterle «per
una revisione generale dei lavori e per alcune decisioni: 1.a di continuare
(prolungare) la cappella di sant’Antonio fino al limite della navata secondaria della Basilica, allo stesso livello e altezza delle due campate; 2.a di ricostruire i pinnacoli; 3.a di ricostruire la guglia al campanile; 4.a di recingere
con una cancellata di ferro il lato fra le due cappelle di Sant’Antonio e san
Lodovico in Via Scarsellini. Ma per eseguire ciò occorrono i soldi di una
perizia supplettiva. Il Sovrintendente Gazzola s’impegna d’appoggiarla». Il
26 marzo la copertura della chiesa è completata e si iniziano a collocare le
capriate. Si valuta anche di arricchire l’interno della chiesa, ad esempio, con
la “Pietà” di Pietro Canonica o l’altare a San Cristoforo, con le lapidi che
ancora non sono tornate. A marzo «Il p. Federico fotografa alcune opere di
pittura già restaurate e giacenti al Palazzo Ducale, di proprietà della Basilica»; padre Floriano pensa a un pulpito di gusto quattrocentesco e ai dossali
per la sagrestia; un padre delegato studia con il notaio e l’avvocato Nicolini
«la possibilità di quattro altari dedicati ai quattro patroni delle arti liberali
e forensi, in modo che tutte le categorie cittadine fossero rappresentate e
dessero il loro apporto e aiuto con la loro offerta» e pure «si cerca l’opportunità di interessare la Direzione dei Monti di Pietà in Milano perché offra
la possibilità di innalzare un altare a S. Bernardino da Feltre, fondatore del
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L’interno di San Francesco alla conclusione dei restauri, 1952.
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La controfacciata al termine del restauro, 1952.
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Monte di Mantova». A giugno Ruperto Banterle, fratello dell’architetto,
è incaricato di eseguire due sculture per il paliotto dell’altar maggiore e il
Crocifisso con la Vergine e San Francesco. Contemporaneamente si discute
sulla possibilità di decorare la cappella di Sant’Antonio e il soprintendente
Gazzola propone di affidare l’incarico a sua moglie «brava pittrice, che già
affrescò la Capitolare di Verona», ovvero a Elena Schiavi.110
Il 21 settembre 1952 alle ore 8.30 la chiesa è benedetta dal padre provinciale, assistito da padre Floriano, delegato ai lavori di ricostruzione, e
dal padre guardiano padre Ermanno dal Seno. Alla presenza di tutta la
comunità dei frati, dei terziari e dei fedeli la basilica ricostruita riceve i titoli
di Santa Maria Assunta Incoronata (ovvero Santa Maria della Incoronata
o Degli Angeli, la cui festa ricorre il 2 agosto), oltre che di San Francesco
d’Assisi, ricordato il 4 ottobre. La celebrazione viene documentata in cortometraggio a colori girato dal medico Bazzi. In quell’occasione il ministro
promette di interessarsi dei restauri futuri, «massime per il ripristino della
Cappella dei Signori o di S. Lodovico Vescovo, con gli affreschi di Tommaso e Serafino da Modena». Il giorno seguente, in concomitanza con le celebrazioni del centenario dei Martiri di Belfiore, giunge in visita alla basilica
il presidente della Repubblica Luigi Einaudi.
Per avere una visione generale dei lavori condotti nella Cappella Gonzaga è utile la consultazione della relazione, datata 20 ottobre 1952, del
soprintendente Gazzola, dove si dà conto delle operazioni eseguite in quella
che lui chiama la «cappella Tommaso da Modena». In particolare si elencano le diverse fasi: «riattacco alle loro posizioni originali di tutti gli affreschi
già strappati, non intelaiati; riattacco alle loro posizioni originali di tutti gli
affreschi già strappati ed intelaiati compresa l’opera murale; trasporto ponteggio, compreso montaggio e smontaggio; rifacimento di tutti gli intonaci
mancanti; tinteggiatura ad affresco a secco in tutti gli intonaci mancanti
con tinte che accompagnano; ripulitura generale degli affreschi esistenti nel
soffitto; pulitura e restauro pittorico di tutti gli affreschi esistenti nelle tre
pareti».111
Il 1953 è l’anno del completamento degli arredi artistici. Nella relazione di Banterle datata 20 gennaio vengono riassunte le varie fasi, dalla prima
perizia di ricostruzione del 21 giugno 1950 ai rallentamenti delle operazioni
che, ancora nel 1953, devono tenere conto degli imprevisti dovuti alle riparazioni urgenti. A febbraio padre Floriano chiede a Gazzola il «ritorno
in Basilica dei quadri già restaurati dal Prof. Raffaldini. Il Sovrintendente
110
Ad Elena Schiavi (1914-2004), sposata dal 1944 a Mantova con Gazzola, pittrice
e autrice di importanti testi sulla riscoperta della tecnica dell’encausto, è stata, tra l’altro,
dedicata una monografia nel 1981 (SCHIAVI 1981).
111
ASBABs, b. 429/1.
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risponde d’aver già dato ordine al detto Professore. Il padre gli parla pure
delle lapidi storiche per la Basilica, giacenti nel museo del Palazzo Ducale».
Il 23 dello stesso mese «è iniziato il restauro della Cappella dei Signori o di
san Lodovico vescovo, per opera della Sovrintendenza», il 7 marzo Gazzola
incontra i frati con i quali parla «della disposizione dei quadri restaurati; e
si riparla delle lapidi, per le quali non s’è ancora disposto nulla, non ostante
la promessa di lui». Il 9 marzo si presenta il progetto della facciata nord del
convento mentre il 17 marzo «vengono infissi e appesi a loro luogo i frammenti di quadri già strappati e restaurati dal Prof. Raffaldini. La Basilica acquista più sapore d’antico e comincia essere più animata». Le annotazioni
dello stesso Gazzola, datate 22 marzo, confermano la buona riuscita della
ricollocazione degli affreschi strappati.112
Il 9 maggio sul diario si legge che «ha termine il lavoro di restauro della
Cappella dei Signori (San Lodovico Vescovo) ad opera del Prof. Raffaldini
di Firenze. Così ha pure termine il lavoro di collocamento dei quadri e dei
frammenti restaurati della Basilica. Ora la Chiesa è una specie di pinacoteca
di buoni quadri antichi». Alla cappella di Sant’Antonio viene destinato un
altare del Cinquecento che l’architetto Moroni di Milano, ha acquistato per
conto di Luisa Feltrinelli Doria dall’antiquario Morselli. Lo stesso sta cercando anche la pala d’altare, che sarà trovata dalla stessa mecenate in settembre. La Feltrinelli Doria commissionerà anche delle vetrate in alabastro,
le nervature alle volte e la pittura a spatola delle pareti e il 25 settembre
verrà posta una lapide per ricordare il dono della benefattrice in memoria
del padre Antonio. Gli artigiani del legno, da parte loro, intendono invece
offrire l’altare dedicato a San Giuseppe, su progetto dell’architetto Campagnari. È tale il rinnovamento del tempio che la restaurata basilica viene
inserita nella nuova edizione della Guida d’Italia del Touring.
4. I restauri nella Cappella Gonzaga: 1996-1998
Si giunge ora alla conclusione di questa disamina sugli interventi novecenteschi dando conto dell’ultimo restauro, che risale a vent’anni orsono,
osservando, da un lato, il valore di questo intervento e dall’altro auspicando una prossima stagione di recuperi del tempio francescano.
I lavori di restauro condotti nella cappella Gonzaga,113 sul ciclo più importante del Trecento conservato a Mantova, si sono soffermati sulla parete
di fondo, ovvero sulle storie della Vita di san Ludovico d’Angiò. L’interASBABs, b. 429/1.
Su questo tema ci permettiamo di rimandare ad ARTONI 1998; BERTELLI 1998; ARTONI 2013.
112
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, dettagli prima e durante il restauro di Morari.
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Cappella Gonzaga, Storie di san
Ludovico, dettagli prima e durante
il restauro di Morari.
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vento è stato condotto da Augusto Morari, ovvero da colui che, attorno al
1950 e quindi al tempo ragazzino, aveva partecipato al restauro degli affreschi sotto la guida di Arturo Raffaldini e del suo primo aiuto Ottorino Nonfarmale. Il restauro degli anni Novanta, diretto da Vincenzo Gheroldi della
Soprintendenza per i Beni Architettonici di Brescia, Mantova e Cremona e
sponsorizzato in memoria dei fratelli Adolfo ed Ernesto Zeni, rappresenta,
sino ai nostri giorni, l’ultimo grande cantiere condotto sulla decorazione in
San Francesco. In questa occasione sono stati raccolti alcuni dati sostanziali
sulla tecnica esecutiva. Sulla parete, realizzata a sacco, è stata stesa della
malta composta da calce aerea e aggregati a granulometria media. Il disegno della struttura architettonica generale è stata impostato sull’intonaco
con l’ausilio della battitura dei fili con terra rossa, mentre la sinopia, sempre
a terra rossa, è stata realizzata a pennello. La fascia inferiore ha previsto
una sequenza di mensoloni dipinti prospetticamente. A luce radente è stato
possibile leggere sull’intonachino i passaggi tra le varie giornate e le velature di calce stese a pennello e, in alcuni punti, si è evidenziato un disegno trasportato tramite spolveri e incisioni dirette e, a sua volta, ripreso a pennello
con terra gialla. La lettura cromatica dell’insieme purtroppo risente della
perdita delle finiture a secco, la cui preziosità originaria è oggi rivelata da
alcune tracce annerite della preparazione a foglia di stagno, ovvero da ciò
che costituiva la base per alcuni particolari a foglia d’oro, come pure alcuni
residui di blu lapislazzuli e rosso cinabro.
Allo stato attuale, sugli affreschi strappati e rimontati su telaio da Raffaldini negli anni Cinquanta e collocati sulle pareti non ancora restaurate, si
osserva come la polvere si sia depositata sulla superficie seguendo il tracciato
emergente del telaio e conferendo un aspetto ‘quadrettato’ alle scene. Sarebbe da verificare se gli sbiancamenti osservabili sulla superficie siano l’esito di
una progressiva transizione della calce dal retro del supporto verso la superficie dipinta, come conseguenza di una progressiva carbonatazione garantita
dall’interazione fra la pellicola superficiale e l’umidità ambientale.
Gli strappi non hanno invece interessato le Storie di san Ludovico, fatte
salve due porzioni di affresco, in alto a sinistra e a destra, documentate in
alcune foto d’epoca pubblicate nelle pagine precedenti, che sono state tolte
dalla parete, applicate su tela e reincollate direttamente sul muro.
Le problematiche che si sono presentate ai restauratori negli anni Novanta erano sostanzialmente quelle legate all’umidità di risalita, interna ed
esterna (non va dimenticato lo scorrimento del fossato a pochi metri di
distanza, l’assenza dei marciapiedi e dei canali di gronda), nonché alle infiltrazioni d’acqua e alle colature dovute alla scarsa tenuta dei serramenti.
Senza dimenticare che, durante i lavori del dopoguerra, secondo alcune testimonianze orali delle quali non è stato possibile ricostruire la fonte, sono stati chiusi gli accessi alle cripte sotterranee tramite riempimento
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, dopo il restauro di Morari, foto Broggi.
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Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, dopo il restauro di Morari, foto Broggi.
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con rottami. Evidentemente questo intervento ha contribuito a peggiorare i
danni legati all’umidità. In aggiunta a ciò la lettura dell’opera era compromessa: l’intonachino presentava diffuse problematiche di coesione, alcune
delle quali provocate dalla descialbatura, pertanto l’intervento dello Studio
Morari ha curato anzitutto il consolidamento, quindi si è proceduto alla
pulitura degli strati di sporco, ovvero della patina grigiastra causata dal
sistema di riscaldamento a olio pesante, e alla rimozione delle vecchie stuccature sopralivello realizzate a caseina.
La reintegrazione pittorica è stata eseguita ad acquerello e, secondo le
indicazioni della direzione dei lavori, non sono stati stesi né resine né fissativi finali. Una scelta che si sta dimostrando lungimirante poiché, a distanza
di vent’anni anni dalla conclusione del cantiere, non è presente alcun ingiallimento della superficie e, anzi, la leggibilità è ancora molto buona.
111
CAPITOLO III
Frammenti visivi tra nostalgica utopia e necessaria tutela
Alla cronaca dei restauri operati nel tempo e purtroppo anche delle
perdite irreparabili, si fa seguire una postilla su alcuni dei programmi iconografici che la chiesa di San Francesco ha accolto in passato e dei quali,
per ovvie quanto drammatiche questioni, non possiamo che possedere un
pallido ricordo.1 L’auspicio è che il repertorio iconografico, per buona parte
inedito, che qui si presenta accompagnato da alcune sintetiche annotazioni,
possa essere utile per riaprire un rinnovato dibattito storico artistico, nella
speranza che questo possa essere la migliore risposta alla violenza che ha
sbriciolato per sempre molte di queste pitture.
1. La navata destra: le cappelle Rama
Entrando dall’ingresso principale della chiesa di San Francesco subito
a destra vi è la grande cappella di San Bernardino, preceduta da due ambienti di grande interesse, ovvero quello che oggi è l’atrio della chiesa e lo
spazio ad esso antistante corrispondente alla prima campata della navata
di destra. Nel primo si trovano alle pareti alcuni importanti lacerti di affreschi strappati, ovvero: in controfacciata è riconoscibile in alto una lunetta
con San Francesco che riceve le stimmate, al di sotto della quale vi sono
delle scene attualmente poco leggibili relative alle Storie di San Francesco.
Lo si comprende dalla scena di sinistra che interpretiamo come il Sogno
d’Innocenzo III2 e da quella di destra che mostra San Francesco che dona
il mantello al povero. Di fronte sono stati collocati gli strappi delle sinopie
relative a questi due episodi della vita del Serafico e un’altra sinopia della
quale si dirà a breve. Proseguendo la lettura della controfacciata, nella prima campata della navata di destra, sono pure stati ricollocati degli affreschi
Il percorso che si va a proporre di seguito è un itinerario tra documenti e immagini,
molte delle quali qui pubblicate per la prima volta, che, grazie alla generosità dei francescani
di Mantova, in primis di padre Davide Bisognin, già guardiano superiore, si ha avuto la fortuna di potere studiare nell’archivio conventuale. Di padre Bisognin si ricorda la guida alla
chiesa (BISOGNIN, GUASTELLA 2009), ideale prosecuzione di VIALE 1971.
2
Per L’OCCASO 2005, p. 274 potrebbe essere la Visione del palazzo pieno d’armi.
1
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La vista della navata verso la cappella della Rama durante i restauri Andreani, foto Calzolari.
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La vista dell’atrio durante i restauri Andreani, foto Calzolari.
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strappati. Al vertice si trova un tondo con una figura di santo francescano,
al di sotto sono altri due santi dell’ordine, e, a scendere, a sinistra il Sogno
d’Innocenzo III e a destra San Francesco che dona il mantello al povero.
Sono curiosamente gli stessi temi della parete appena osservata. Un grande
aiuto nello studio di questi ambienti viene dall’osservazione delle fotografie
Calzolari risalenti all’inizio degli anni Quaranta, al tempo in cui la spazialità della chiesa era ancora compromessa dalla suddivisione in più piani. Si
specifica subito che si tratta di due ambienti distinti e contigui3 e che in alcune riprese fotografiche si osserva un arco ogivale in mattoncini, affacciato
sulla navata centrale, sul quale figurano a sinistra l’Arcangelo Gabriele, a
destra la Vergine Annunciata e nel sottarco le figure a mezzobusto di alcuni
Profeti emersi nel corso di un descialbo. Con il già citato restauro condotto
da Aldo Andreani viene infatti rimosso il soppalco recuperando l’altezza
originale delle campate e iniziano i sondaggi sull’intonaco.
Ai nostri giorni le coperture di questi due ambienti che si stanno prendendo in esame sono, rispettivamente, a vele incrociate, con al centro un
tondo con lo stemma della famiglia della Rama,4 e a cavalletti il secondo.
Nelle foto d’epoca si osserva come in origine fossero in entrambi presenti
delle coperture a vela affrescate, perdute sotto i bombardamenti.5 Relativamente al primo ambiente, ovvero l’attuale atrio, è disponibile una fotografia con il dettaglio di un giovane seduto su un trono dell’atto di scrivere,
mentre nel secondo vi erano in origine quattro vele con dipinte altrettante
figure rannicchiate.
Il dibattito intorno alla decorazione di questi ambienti tiene ovviamente conto di quanto indica Vasari, nella “Vita” di Liberale da Verona6 e in
quella di Carpaccio,7 quando egli annota che: «nella chiesa di S. Francesco
di cappelle murate già dalla nobil famiglia della Ramna, in una delle quali
Si vedano anche OZZOLA 1952 e KARET 2002, per i quali lo Scrivente era in una lunetta della cappella Rama mentre gli evangelisti/profeti erano nella volta della prima campata
laterale.
4
Per BAZZOTTI 1993, p. 243 la presenza di questo stemma è stato d’aiuto per rintracciare gli affreschi citati da Vasari, nel passo che a breve si va a citare. Per L’OCCASO 2005, p. 274
questo stemma probabilmente venne sostituito al precedente, ovvero a quello Pomponazzo.
A Pietrobono Pomponazzo è infatti assegnabile la costruzione della cappella, avvenuta entro
il 1438.
5
Negli scatti eseguiti dallo studio Calzolari si vedono le fasi dei lavori durante lo smantellamento dei soppalchi e delle divisioni in stanze del piano superiore. Si nota che l’atrio
attuale aveva due finestre, ovvero al piano terra e al primo piano, ricavate separando l’antico
finestrone gotico, in seguito ripristinato in tutta la sua altezza.
6
Mi permetto di rimandare al commento critico sulla “vita” vasariana di Liberale da
Verona in ARTONI 2013, nota 3, p. 57.
7
Vita di Vittore Scarpaccia et altri pittori viniziani e lombardi in VASARI 1967-1987, III,
1971 (ed. Giuntina), p. 619, vv. 34-40, p. 620, vv. 1-3
3
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115
Lo stemma della famiglia della Rama al centro del soffitto a vela dell’atrio.
è dipinto nella volta di mano di Stefano i quattro Evangelisti a sedere, e
dietro alle spalle loro, per campo, fece alcune spalliere di rosai con uno
intessuto di canne a mandorle, e variati alberi sopra et altre verdure piene
d’uccelli e particolarmente di pavoni; vi sono anco alcuni Angeli bellissimi.
In questa medesima chiesa dipinse una S. Maria Maddalena grande quanto
il naturale in una colonna, entrando in chiesa a man ritta». Se ancora molto
è da scrivere intorno alla committenza di questi ambienti della chiesa di San
Francesco, e per questo si rimanda a un successivo approfondimento, in
questa sede ci permettiamo di riprendere le fila di un discorso sintetizzato da
L’Occaso8 che si integra con il recente studio di Rodolfo Signorini dedicato
alle cappelle, ai monumenti, alle reliquie e gli inventari di San Francesco.9
Ovvero l’attuale atrio, già cappella di Sant’Antonio, si deve alla volontà di
Pietrobono Pomponazzo e venne costruito tra 1428 e 1439.10 A questa fase
apparterrebbero le decorazioni del primo ciclo descritto con le Stimmate di
San Francesco. La seconda fase è invece da individuare nella committenza di
Francesco della Rama che nel testamento del 1471 dispone la sua sepoltura
L’OCCASO 2005, pp. 264-277.
Ci si riferisce a SIGNORINI 2016.
10
Per questo: OZZOLA 1952; PERINA 1961, pp. 243-244; DELMORO 2004, p. 153, L’OCCASO 2005, p. 275.
8
9
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nella propria cappella in San Francesco, in un’arca, attualmente conservata
in Sant’Andrea.11 Un’epigrafe datata 1470 testimoniava la costruzione della
cappella e la sua decorazione, senza tuttavia specificarne l’intitolazione, ma
l’anno indicato è un dettaglio che coincide con una lettera che testimonia la
presenza di Nicolò Solimani al lavoro in San Francesco nel 1469 per Francesco Rama.12 È noto inoltre che nel 1629 questa cappella venne modificata
per la costruzione di un altare dedicato alla Madonna.13
1.A LA DECORAZIONE DELL’ATRIO
La lunetta con il San Francesco che riceve le Stimmate, datata al terzo
decennio del Quattrocento già da Magagnato, che lo mette in relazione
con il medesimo soggetto della collezione Cini eseguito da Giambono, ha
goduto di una certa fortuna di studi. Strappata, venne esposta al Museo di
Castelvecchio a Verona nel 1958 alla mostra “Da Altichiero a Pisanello”
con l’attribuzione a Stefano da Verona, ritenuto l’autore anche delle figure
in trono.14 Nel 1961 Chiara Perina riferisce che lo strappo è esposto nel Palazzo Ducale di Mantova e afferma che «Il linguaggio, che risolve con eleganza ritmica ogni elemento plastico nel trepido fluire della linea; i rapporti
tra i disegni preparatori del British Museum e il disegno de la Carità (Uffizi,
n. 1101 E), nonché altri di Dresda e dell’Ambrosiana; la concordanza fra
queste immagini e opere sicure del maestro veronese» confermano l’attribuzione e la datazione alla fine terzo decennio.15 I percorsi attributivi di questo
ASMn, Ospedale, b. 56, c. 79, 1471 in L’OCCASO 2005, p. 268.
In SIGNORINI 2016, pp. 9; 41 nota 20 è il testo della lapide: «Ad laudem & gloriam
omnipotentis & aeterni Dei spectabilis & praestantissimus vir Franciscus dela Rama, Illustrist & Excelsi Principis D. Ludovici Marchionis Mantuae socius & commensalis, qui sub
hoc lapide reconditus fuit anno Domini M.CCCC.LXX, deuotione Seraphici Francisci ductus honore (recte hanc) capellam adhuc vivens construi & picturis ornari iussit (in pariete
extra capellam)» (SCHRADER, 1592, cc. 336v-339r: 338v; Francis. De La Rama, testimoniato
alla fine del Settecento dai CODDÈ, Raccolta d’iscrizioni... (BCTMn, ms 1097.2), In Sacello
S. Andreae; PORTIOLI 1868, pp. 93-97: 96). Gerola evidenzia la relazione con questa lettera
(GEROLA 1908, pp. 130, 157).
13
Si veda SIGNORINI 2016, pp. 9, 41 nota 21: «D.O.M. Franciscus de la Rama Ludovici
Gonzagae marchionis Mantue commensalis, huius ecclesie benemeritus translato tumulo
ob novum altare Beate Virginis errectum hic posuit est anno 1629, qui obiit anno MCCCCLXX» (da PORTIOLI 1868, pp. 93-97; CODDÈ, Raccolta d’iscrizioni... (BCTMn, ms 1097.2)
c. 24v, n. CCXLIII, In sacello S. Iacobi de Marchia cum sua ala).
14
Cfr. MAGAGNATO 1958, pp. 46-47, n. 48, tav. XXVIII, con la riproduzione dell’affresco strappato ma senza l’indicazione delle misure.
15
PERINA 1961, pp. 244, 247, tav. 234: «Il particolare di una figura scrivente sul consueto fondo tappezzato di fiori ci restituisce la cadenza che ci pare autentica del maestro veronese, con timbro di elevata purezza, nelle forme sinuose, quasi morbidi fusi di imponderabili
fibre che tendono a sciogliersi nella fluida grafia». Si veda anche la stessa a p. 257, nota 29.
I confronti si basano su quanto riportato in ARSLAN 1943, pp. 203-206.
11
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Atrio, San Francesco che riceve le Stimmate, prima e dopo lo strappo.
Lo stato attuale delle Storie di san Francesco con gli affreschi strappati e ricollocati.
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Atrio, lo strappo della sinopia con Il sogno
di Innocenzo III.
Atrio, San Francesco che dona il mantello al povero, strappi dell’affresco e della sinopia.
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San Matteo, affresco distrutto.
San Francesco registrano alcuni cambi di opinione, ovvero: per Bernasconi
l’autore è Vincenzo figlio di Stefano;16 per Volpe e Paccagnini si tratta di
Bonifacio Bembo;17 per Cova va considerato Giovanni Badile.18 Orientati
su Stefano da Verona, la cui identità risulta dalla fusione di due artisti,
rispettivamente Stefano di Jean d’Arbois e Stefano di Antonio da Verona,
che lavora negli anni Trenta del Quattrocento,19 sono invece, oltre alla già
citata Perina, anche Ozzola, Longhi, Magagnato, Berenson, Karet20 e L’Occaso. Quest’ultimo invita anche a considerare un eventuale intervento di
un certo Giovanni di Stefano Amidani che nel 1428 era stato testimone del
testamento di Pietrobono Pomponazzo.21
La scena della Rinuncia agli averi è oggi scarsamente leggibile nello
BERNASCONI 1864, p. 226.
VOLPE 1958, pp. 409-413: 412; PACCAGNINI 1972, p. 44.
18
COVA 1989.
19
FRUET 1971; come ben chiarito in DELMORO 2004.
20
OZZOLA 1952, p. 63; LONGHI 1958, p. 75; MAGAGNATO 1962, pp. 46-47; BERENSON ed.
1968, p. 417; KARET 1999, p. 8, fig. 3; 2002, p. 16, fig. 16.
21
Amidani è documentato dal 1417 al 1433, così come riportato in L’OCCASO 2005,
p. 275.
16
17
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Atrio, parete est, San Francesco in
preghiera (?), affresco strappato e
ricollocato.
strappo dell’affresco, ricollocato in situ nella fase post bellica, e nella sinopia strappata dalla medesima scena, esposta nella parete di fronte, che
è riconducibile a un disegno conservato al Metropolitan Museum di New
York, assegnato da De Marchi a Giovanni Angelo di Antonio da Bolognola
e riconsiderato da L’Occaso come opera dello stesso Stefano da Verona.22
Tornando al passo vasariano sopraccitato, si ricorda che l’aretino riferisce al pennello di Stefano da Verona le figure degli Evangelisti a sedere,
non più esistenti, che noi conosciamo dalla foto dello Studio Calzolari, ovvero da una visione ravvicinata di un giovane dipinto in atto di scrivere che,
come giustamente rilevato da Roberta Delmoro,23 è identificabile come un
San Matteo, sulla scorta del cartiglio con l’iscrizione “liber generationis”,
ovvero l’incipit del libro dello stesso evangelista, mentre dietro di lui si vedono le “spalliere di rosai”. L’assenza nella descrizione vasariana degli altri
soggetti sarebbe per la studiosa da imputare a scialbature avvenute verosimilmente in coincidenza delle pestilenze del 1497 e del 1528. Può essere che
22
Cfr. DE MARCHI 2002c, L’OCCASO 2005, p. 274. Il disegno a penna e inchiostro bruno
del Metropolitan (Robert Lehman Collection, 1975.1.318) è riprodotto in L’OCCASO 2005,
fig. 15, p. 272 accanto alla foto ad alto contrasto della sinopia strappata.
23
DELMORO 2004, pp. 156-157.
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121
uno di questi evangelisti fosse dipinto al di sopra della parete est, ovvero
sulla parete d’ingresso alla Cappella di San Bernardino, laddove ai giorni
nostri ci sono ancora delle tracce di una figura in ginocchio, forse lo stesso
San Francesco in preghiera.24
1.B – LA DECORAZIONE DELLA PRIMA CAMPATA DELLA NAVATA DI DESTRA
Sempre in concomitanza con i restauri della prima metà del Novecento,
in questo caso appena prima dell’intervento di Andreani, una parete della
cappella viene fotografata nel suo sviluppo verticale, con la finestra a ogiva affacciata verso il sagrato della chiesa. La fotografia è importantissima
perché ci permette di vedere la situazione decorativa del secondo ambiente
della controfacciata in una condizione prebellica, ovvero il basamento dipinto, due scene laterali sormontate da due tondi, del quale il sinistro risulta
illeggibile e il destro mostra una figura di santo francescano barbuto. Una
visione ravvicinata permette di cogliere a sinistra la figura di San Francesco, con il bel volto di profilo, nell’episodio del Sogno d’Innocenzo III, con
l’iscrizione collocata sotto la scena, ovvero «[In]nnocentio parevali vedere
la chiesia de [...r]uinare e vedeva san Francesco la sosteniva».25 A destra, in
un dettaglio evidentemente fotografato dopo l’intervento di Andreani del
giugno 1942, così come documentato dall’iscrizione “22/6/42 AA”, si vede
un San Francesco che dona il mantello al povero, con la figura del mendicante perduta negli strati dipinti e rimasta a livello di sinopia. È questa la
seconda sinopia che, dopo essere stata strappata, verosimilmente negli anni
Cinquanta da Raffaldini, attualmente si trova esposta sulla parete di fronte
all’ingresso, a destra di quella che rappresenta il medesimo soggetto e che è
relativa all’altra parete. La scena con Francesco e il povero è ambientata in
un contesto urbano, così come appare evidente dalla presenza sullo sfondo
di una torre e di una facciata di chiesa, ancora oggi parzialmente leggibili.
In merito alla originaria copertura delle vele, purtroppo perduta ma
leggibile dalle fotografie Calzolari, interessanti sono le riflessioni sulle quattro figure rannicchiate, accompagnate da elementi allegorici e documentate
da alcuni scatti ravvicinati. Per Fiocco gli “Evangelisti” vanno ricondotti
ai disegni preparatorio oggi conservati al British Museum (inv. 1895-915-788 rv).26 Si sono soffermati su queste figure di “evangelisti” prima
Magagnato,27 poi la Perina in Mantova. Le Arti, dove sono riprodotti
24
A pare di L’OCCASO 2005, p. 274 forse è un lacerto della Preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano.
25
L’OCCASO 2005, p. 269, nota 230.
26
FIOCCO 1950, III, p. 59.
27
MAGAGNATO 1958, p. 37; 1962, p. 160.
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ARTONI
La prima campata della navata di destra, prima dei restauri di Andreani.
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La prima campata della navata di destra, durante i restauri di Andreani.
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La prima campata della navata di destra, Il sogno di Innocenzo III, foto Calzolari.
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Il sogno di Innocenzo III, il dettaglio con il volto di San Francesco, foto Calzolari.
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La prima campata della navata di destra, San Francesco che dona il mantello al povero,
foto Calzolari. Si nota l’iscrizione sull’intonaco “22/6/42 AA”.
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San Francesco che dona il mantello al povero, dettaglio del volto di san Francesco, foto Calzolari.
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tutti e quattro con la relativa ricostruzione grafica28 e, a seguire anche Mellini.29 Più recentemente la Karet ha proposto l’identificazione di questi come
dottori della Chiesa.30 Gli elementi allegorici che accompagnano queste figure maschili sono stati descritti dalla Delmoro come un uccello acquatico
(l’airone, prefigurazione della Passione di Cristo), una fenice (rimando alla
Resurrezione), una scimmia (allegoria del diavolo), che possono condurre
a interpretare i personaggi come Profeti vestiti all’orientale. La studiosa
propone pertanto una chiave di lettura cristologica che rimanda almeno
a Geremia con l’airone (con allusione alle profezie sulla Passione) e a Daniele imberbe con la scimmia (come profeta scampato, oltre che ai leoni, al
peccato).31 Concordiamo con questa lettura anche se, a nostro parere, gli
elementi allegorici sono da leggersi, rispettivamente, come un pavone dalla
lunga coda, un gallo e un diavoletto, ovvero da intendersi come simboli
della Vita eterna, della Passione di Cristo e del demonio.32
Di grande interesse sono le figure dell’Annunciazione, non più esistenti
e un tempo presenti nell’arco che si affacciava verso la navata centrale, con
l’angelo flessuoso, con i capelli morbidi, il petto d’armatura all’antica, la
veste che lascia intravedere i calzari classici e che ricorda alcune figure del
pannello centrale dell’abside di cui si dirà a breve e con la Vergine elegante
che rievoca i modi di un tardogotico sintetico e gentile. Per Ozzola, che scrive nel primo periodo post bellico, l’autore è sempre Stefano da Verona,33 per
PERINA 1961, p. 244; tavv. 224-231.
MELLINI 1971, pp. 55-57.
30
KARET 1999, schede 100ab, con bibliografia precedente; KARET 2002, p. 12. La stessa
invita a leggere una delle fotografie, quella con l’uomo barbuto con il capo chino laddove il
taglio della foto non lascia vedere se ci sia o meno un elemento allegorico, come uno degli
Evangelisti scriventi. Per la studiosa inoltre vanno considerate le vicinanze con l’affresco di
Stefano da Verona in Sant’Eufemia a Verona del 1426 e con disegni, studi di profeti, conservati al Graphische Sammlung, Albertina Vienna.
31
DELMORO 2004, p. 154.
32
L’Occaso considera invece queste figure complementari a quelle degli evangelisti in
trono che abbiamo esaminato in quello che è l’ambiente adiacente. Per lo studioso l’atrio
e la cappella sono un unico ambiente ed «essendoci tre figure per ogni vela, non possiamo
escludere che ogni Evangelista in trono fosse affiancato da un Profeta e da un Dottore della
Chiesa: un Sant’Agostino seduto per terra venne dipinto in seguito da Bonifacio Bembo nella
cappella Cavalcabò in Sant’Agostino a Cremona» (L’OCCASO 2005, pp. 274-275, nota 234).
Come si diceva nella premessa a nostro parere sono invece due ambienti distinti, un atrio con
gli evangelisti in trono e la cappella con i profeti nelle vele.
33
Per questo: OZZOLA 1952, p. 68 e lo stesso Ozzola nell’articolo della “Gazzetta di
Mantova” dello stesso anno (OZZOLA 1952b): «Fuori di questa cappella, ma nella contigua
navata maggiore della chiesa, era (ai due lati del primo arcone) l’Angelo Annunziante e la
Vergine Annunziata. Anche essi distrutti. L’angelo vi avanza verso la Vergine col giglio nella
sinistra in atto di benedire con la destra, mentre l’Annunziata sta leggendo un libro posato
davanti a lei sullo scrittoio. La scena è simile a quella famosa del Pisanello in S. Fermo a
28
29
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129
Perina di Stefano sarebbe solamente la Vergine34 mentre l’angelo andrebbe
assegnato a un artista del Quattrocento che affresca anche altrove nella
chiesa e che “restaura” (o conclude) la decorazione di Stefano.35 In quanto
alla datazione per la stessa Perina «mutila nella figura della Vergine suggerita dalla sinopia sull’arriccio, rivela negli sfondi architettonici e nella splendida figura dell’angelo una cultura figurativa senza riscontri nella superstite
produzione pittorica dell’ambiente mantovano attorno al 1470-80. Infatti
affiorano richiami ai toscani, a Piero della Francesca, la cui eco potrebbe
essere giunta diretta oppure mediata attraverso i ferraresi».36 Della stessa
opinione è Bazzotti.37 Se per Karet l’autore dell’Annunciazione è Stefano,38
più precisamente per Delmoro l’arcangelo sarebbe del mantegnesco Nicolò
Solimani, ovvero Nicolò da Verona.39 Lo stesso artista che in Ognissanti nel
1465 firma un affresco con la Madonna e Santi nella cappella dei Morti40
e che in una lettera del marchese di Mantova a Francesco Rama del 18 novembre 1469 viene indicato come attivo nelle cappelle fatte erigere dai della
Rama.41 Per L’Occaso invece Nicolò, al servizio di Francesco della Rama, è
l’autore di entrambe le figure dell’Annunciazione e quindi è da escludere un
passaggio di consegne tra Stefano e Nicolò.42
Verona, ma qui il rapporto fra Angelo e Maria è completamente invertito, qui l’angelo è un
suddito che s’inchina alla sua regina, mentre a Mantova era uno spirito immortale che portava un messaggio divino a una creatura umana. La visione del Pisanello anche se è posteriore
e derivata da quella di Mantova è una variazione iconografica originale e di una esecuzione
artistica superiore. Un particolare anatomico proprio del da Zevio in questo affresco son le
dita lunghe e serpeggianti ch’egli ereditò da Gentile da Fabriano e che il Pisanello non usò
mai. Le figure degli evangelisti sedute sul terreno, come quella della Madonna del roseto nel
Museo di Verona, dimostrano una tale predilezione di questo motivo da parte di Stefano che
l’ho ritenuta una delle ragioni per attribuire a lui l’affresco della Crocifissione del Palazzo
Ducale di Mantova».
34
In PERINA 1961, p. 244; tav. 232; p. 257, nota 31.
35
Vedi PERINA 1961, p. 244, tav. 233: «In questa seconda figura infatti il plastico disegno e la scandita architettura volumetrica dichiarano una mano diversa e un’epoca più
matura, che la imparentano con altre pitture di un maestro del pieno Quattrocento che ritroveremo nella stessa chiesa e che potrebbe aver compiuto o “restaurato” l’opera, di almeno
un cinquantennio precedente, di Stefano».
36
PERINA 1961, pp. 326-327, tav. 278.
37
BAZZOTTI 1993, pp. 276 e 280 nota 12.
38
KARET 2002, figg. 12-13.
39
DELMORO 2004, p. 157. Si confrontano l’arcangelo e il San Giovanni Battista di
Ognissanti (stesso volume del braccio, volto di tre quarti con scorcio da sotto in su) e con gli
angeli di Ognissanti (stesse pieghe dei panneggi).
40
Si rimanda a BERTELLI 2011, pp. 59-68, con ampia bibliografia precedente, e ad ARTONI 2013, p. 57 nota 3.
41
Cfr. GEROLA 1908, p. 157.
42
L’OCCASO 2005, p. 274.
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Lo stato attuale della prima campata della navata di destra.
Prima campata della navata di destra, Il sogno di Innocenzo III e San Francesco dona il mantello al povero, stato attuale degli affreschi strappati e ricollocati.
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Prima campata della navata di destra, Profeti e allegorie, affreschi distrutti, foto Calzolari.
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Arco affacciato verso la navata centrale, Arcangelo Gabriele, affresco distrutto, foto Calzolari.
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Arco affacciato verso la navata centrale, Annunciata, affresco distrutto, foto Calzolari.
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Sottarco della prima campata della navata di destra, Profeti, affreschi distrutti, foto Calzolari.
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Sottarco della prima campata della
navata di destra, Profeti, durante i restauri di Andreani, affreschi distrutti,
foto Calzolari.
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PAOLA
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Infine i dettagli del sottarco con i Profeti raccontano di un autore maturo, capace di impostare figure scultoree e di imprimere vigore ai ritratti, con
un particolare ductus del segno della linea di contorno scura che descrive i
tratti fisiognomici e che vediamo vicino agli esiti di Francesco Bonsignori.
Era di questo parere Ozzola: «L’opera non è citata dal Vasari, ma credo si
possa attribuire al Bonsignori per la sua fattura rozza a lui abituale e per il
carattere ritrattistico del viso, pensando a quanto notava già il Vasari ch’egli
fece molti ritratti costui essendo eccellentissimo nel ritrarre di naturale»,43
mentre era di differente idea la Perina che per le «sagome goticheggianti dei
cartigli» riferiva i Profeti a un «seguace del Mantegna intorno al 1460-70,
senza tradire il sottofondo alvisiano e il mantegnismo accademizzante tipici
del Bonsignori che, d’altra parte, non sarà a Mantova prima del 1487».44
2. Cappella di San Francesco
La descrizione della cappella dedicata al Serafico è restituita dalle parole di Aldo Andreani e dalle foto dell’epoca, testimonianze di una decorazione perduta sotto i bombardamenti. In particolare sulla parete destra
l’architetto rintraccia un affresco raffigurante una nave: «sul primo (piano)
sono i francescani fatti Vescovi, Cardinali e Pontefici; più in alto sono le
francescane illustri, e più in alto ancora i francescani dichiarati Santi; nel
mezzo della strana composizione del quadro sorge un albero che segna i
vari gradi della perfezione cristiana, con angeli portanti sentenze evangeliche, e sulla cima dell’albero sono in nomi delle Virtù; dai resti della pittura è
ancora dato di leggere la nave della Chiesa di Cristo sbattuta dalla tempesta
ma non sommersa: Cristo è in alto, al posto di comando, e a poppa e a prua
sono San Pietro e Maria Vergine con gli Apostoli e i Dottori della Chiesa
posti a difesa della verità contro l’errore; travolti dai flutti, gli eresiarchi di
tutti i tempi e segnatamente i Capi della Riforma».45 La Barca dell’ordine
francescano sostenuta da San Francesco è nota attraverso tre scatti, un intero (nel quale è leggibile l’iscrizione “3/7/42”, evidentemente risalente al
tempo dei restauri condotti da Andreani) e due dettagli. Il pendant di questa
scena è il Trionfo della Chiesa, assegnabile allo stesso autore e che presenta
la medesima cornice a girali. Quest’ultima rappresentazione è documentata
sia prima sia dopo lo strappo ed è attualmente collocata nella navata di
sinistra. Nel 1771 l’accademico bolognese Francesco Bartoli stese le Correzioni ed aggiunte alla Descrizione di Mantova del Cadioli dove, trattando
OZZOLA 1953, II, pp. 169-171, fig. 3.
PERINA 1961, p. 322, tav. 275.
45
Si vedano le relazioni di ANDREANI 1943, 1963 (appendice nn. 3-4).
43
44
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137
Barca dell’ordine francescano, affresco distrutto. Si nota l’iscrizione sul bordo inferiore
“3/7/42” riferibile al restauro di Andreani.
di San Francesco, specifica che «Entrando in chiesa la seconda cappella a
destra dedicata a S. Andrea è dipinta a fresco per opera di Andrea da Casalmaggiore e di Giulio Roboni, i quali oltre le pitture della volta fecero nella
parete sinistra la simbolica Nave della Religione Cristiana e nell’altra a
destra quella della Religione Serafica. Nella prima di esse rappresentazioni
leggonsi i nomi de’ pittori così: 1571. Alexander a Casale Maiori – et Iulius
Rubonus pictores una de mandato».46
46
Alla mano di Giulio Rubone sono assegnati anche secondo gli studi di Renato Berzaghi (BERZAGHI 1983, p. 132; BERZAGHI 1998a).
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ARTONI
Il Trionfo della Chiesa, prima e dopo lo strappo.
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3. Cappella di San Ludovico (Cappella Gonzaga, Cappella dei Signori)47
I motivi ispiratori della decorazione della Cappella Gonzaga,48 fortunatamente risparmiata dalle distruzioni delle bombe, sono la Vita di Cristo e
le Storie di San Ludovico da Tolosa. Il primo ciclo si svolge nei lunettoni del
lato destro e sinistro; la controfacciata dell’arcone d’ingresso è decorata con
la Crocifissione, l’Ascensione e la Pentecoste; la parete di fondo è completamente dedicata alle Storie di San Ludovico mentre le vele della copertura,
con Evangelisti e Angeli, si congiungono al centro con l’immagine di Cristo
in mandorla.
Se nel Settecento Giovanni Antonio Cadioli nella sua guida alla città di
Mantova affermava che «le pitture poi dell’altare di S. Bernardino sono di
mano d’uno degli scolari del Mantegna»,49 si deve per primo a Pietro Toesca un indirizzo attribuzionistico più pertinente. Nel 1912 lo studioso infatti ipotizza che possa trattarsi di Tommaso da Modena50 e, su questa scia,
si allineeranno nel 1933 Luigi Coletti51 e nel 1986 Mauro Lucco.52 D’altro
canto nel 1960 Giovanni Paccagnini è il primo a circoscrivere l’intervento
di Serafino de’ Serafini alle Storie di San Ludovico, con l’assegnazione ad
altra mano della Passione di Cristo e l’attribuzione a Tommaso dell’affresco
del lunettone,53 mentre nel 1979 Fulvio Zuliani si esprime contro l’assegnazione tarda alla produzione di Tommaso.54 Nel 1988 Andrea de Marchi
propone una visione più omogenea di tutta la cappella confermando la presenza di Serafino ma con il supporto di un seguace di Tommaso da Modena,
definendo in summa l’autore come Serafino ma con il probabile utilizzo dei
cartoni di Tommaso.55 L’anno seguente Robert Gibbs conferma l’impresa
come la maggiore di Serafino, con una sequenza narrativa irregolare, e definisce l’intervento di Tommaso nel ruolo sia di supervisore sia, in alcuni
passaggi, di esecutore materiale delle Storie di san Ludovico come pure in
47
Per una attenta e circostanziata ricostruzione delle vicende relative alla denominazione della cappella, in taluni casi confusa con quella di San Bernardino, si rimanda al recente
SIGNORINI 2016 che ben ricostruisce l’iter storico e critico. Nel segno del legame con la Francia si invita alla lettura di BRUNELLI, BIANCHI 2016.
48
In questo paragrafo riprendiamo il nostro studio pubblicato sui “Quaderni di San
Lorenzo” (ARTONI 2013 pp. 69-74), arricchito con il corredo delle immagini rinvenute
nell’archivio conventuale.
49
CADIOLI 1763.
50
TOESCA 1912 (ried. 1987), pp. 125, 126.
51
COLETTI 1933, pp. 80-85 e 155.
52
LUCCO 1986, p. 664.
53
PACCAGNINI 1960, pp. 268-280.
54
F. ZULIANI, Scheda n. 15, in Tomaso da Modena 1979, pp. 100, 162, 163.
55
DE MARCHI 1988, pp. 119-130.
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ARTONI
Cappella Gonzaga, Storie di san Ludovico, dopo il restauro di Morari, foto Broggi.
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quelle della Passione.56 A Ugo Bazzotti si deve, del resto, una sintesi delle
vicende attributive, risalente al 1989 e riaggiornata nel 1993.57 Nel 1999
De Marchi è tornato sulla vicenda dichiarando che a Serafino spetta in toto
la decorazione dell’intera cappella, lontana da Tommaso e dalle sue «ambientazioni empiriche e provvisorie».58 Lo stesso De Marchi ha proposto
una lettura iconografica che, a partire dal polittico di Serafino conservato
nel duomo di Piacenza, permetterebbe di completare idealmente la lettura
anche per gli scomparti degli affreschi mantovani oggi non più esistenti.59
Sono infatti presenti strette analogie tematiche. Come osserva De Marchi,
se a Mantova una parete è interamente dedicata a Ludovico (Luigi), che
nel 1328 aveva cacciato i Bonacolsi e che, secondo la tradizione, sarebbe
raffigurato nella scena nelle vesti di Carlo II al capezzale di san Ludovico,60
le altre tre campate sono riservate alla Passione di Cristo (perfettamente in
sintonia con la spiritualità dei francescani). In particolare la parete di accesso è riservata alla Crocifissione «preminente dal punto di vista dell’altare,
privilegiato anche nell’orientamento della serraglia con lo stemma gonzaghesco e del Cristo in maestà che domina nella vela sovrastante all’altare»61
mentre ciò che resta visibile sono le lunette dei lati, corrispondenti al terzo
registro e le due scene che affiancano l’arco di ingresso, ovvero nel primo
registro l’Ascensione e nel secondo la Pentecoste, con una lettura dal basso verso l’alto (nella lunetta vi è infatti a sinistra il Battesimo di Cristo, le
Tentazioni del demonio e l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme mentre, sulla
parete di fronte, da sinistra, si trovano l’Ultima Cena, la Lavanda dei piedi,
l’Orazione nell’orto dei Getsemani e la Cattura di Cristo). Per De Marchi:
«L’unica ipotesi plausibile è che nella parete orientale la sequenza procedesse dal basso e prevedesse nei due registri inferiori le Storie della Vergine e
dell’infanzia di Cristo prima del Battesimo, che segna l’avvio della vita pubblica (per i sei riquadri si potrebbe pensare all’Annunciazione, alla Visitazione, alla Natività, all’Adorazione dei Magi, alla Presentazione al tempio e
alla Fuga in Egitto o al Cristo che disputa coi dottori) e che nella parete ocGIBBS 1989, pp. 206-213.
BAZZOTTI 1989, pp. 8, 9, 212, 213; BAZZOTTI 1993, pp. 277-279.
58
DE MARCHI 1999, pp. 11-41:17.
59
Il polittico di Piacenza presenta uno stemma parzialmente leggibile. Secondo DE
MARCHI 1999, pp. 40-41, su suggerimento di Ugo Bazzotti, potrebbe essere una commissione
mantovana e questo potrebbe spiegare il riferimento alle storie di san Ludovico da Tolosa,
santo che ricordava e celebrava Luigi Gonzaga.
60
Ludovico sarebbe la figura di anziano con il cappuccio. Questa iconografia è la stessa
che si ritrova nei ritratti di Ambras (AMADEI-MARANI 1978, p. 17). Le Storie di san Ludovico
rappresentano: Il miracolo del cibo trasformato in rose; La vestizione; La consacrazione a vescovo; La morte di san Ludovico. Per l’iconografia delle quattro storie si veda KAFTAL 1978.
61
DE MARCHI 1999, p. 25.
56
57
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Cappella Gonzaga, Crocifissione, dettaglio durante il restauro degli anni Cinquanta.
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Cappella Gonzaga, Crocifissione, dettaglio durante il restauro degli anni Cinquanta.
cidentale la sequenza si invertisse, dall’alto verso il basso, ospitando quindi
nei due registri distrutti gli episodi salienti della Passione, come Cristo in
giudizio davanti a Pilato, la Flagellazione e l’Andata al Calvario ma anche
gli episodi della Deposizione dalla croce o nel sepolcro, della Resurrezione
e della Discesa al Limbo, che non potevano mancare prima dell’Ascensione.
Ne consegue che la Crocifissione, perché gli fosse riservata una posizione
preminente ed emblematica a fronte dell’altare, doveva inevitabilmente interrompere la sequenza narrativa, forse marcando la cesura tra il primo e
il secondo registro, secondo un pattern analogo a quello del trittico di Piacenza, solo in apparenza discontinuo».62 Secondo la lettura di De Marchi
l’assegnazione è, come detto, totalmente a Serafino, attivo in quel contesto
delle corti padane che va da Pavia e Piacenza, passando da Cremona, Mantova e Ferrara. Ma come giustificare le diversità tra le Storie di Ludovico e
quelle della Passione di Cristo? Per lo studioso sarebbero dovute alla valutazione delle percezioni dello spettatore, più o meno ravvicinate. Se infatti
nei registri alti la pittura è più sbrigativa e un profilo spesso delimita gli
incarnati, nei registri bassi c’è maggiore cura (ad esempio nell’Ascensio62
DE MARCHI 1999, pp. 26-27.
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Cappella Gonzaga, Crocifissione, dettaglio durante il restauro degli anni Cinquanta.
ne si osservano profili più sottili e carni più compatte), pertanto «il senso
di verità epidermica e l’evidenza dei profili presuppongono certo l’arte di
Tommaso, ma gli schemi sono più modulari e la disposizione compositiva è
più serrata e prevedibile. Vi manca il suo tono leggero e sorridente».63 Non
solo: le scenografie architettoniche non risultano confrontabili con il trittico di Piacenza, che è considerato più antico, né possono incontrarsi con il
modus operandi di Tommaso, il quale ritagliava le figure sulle architetture:
«a Mantova invece è un gioco serrato di scatole spaziali, variamente scalate
ed incastrate per sfruttare le superfici talora irregolari delle pareti, in una
singolare interazione tra incorniciature e figurazione che raggiunge il vertice
nell’idea di terminare le paraste delle pareti laterali con guglie che tripartiscono ariosamente le lunette. Questi gugliotti, a pianta poligonale e fastigio di cuspidi sopra le bifore di ogni faccia, rammentano quelli intagliati a
coronamento del trittico di Piacenza».64 Stefano L’Occaso non condivide
questa assegnazione totale a Serafino, distinguendo tra l’autore delle Storie
della Passione e quello delle Storie di san Ludovico, identificando tra i col63
64
DE MARCHI 1999, p. 33.
DE MARCHI 1999, pp. 33-34.
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Cappella Gonzaga, Crocifissione, dettaglio durante il restauro degli anni Cinquanta.
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Cappella Gonzaga, Crocifissione, dettaglio durante il restauro degli anni Cinquanta.
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Cappella Gonzaga, Ascensione, dettaglio durante il
descialbo.
laboratori dell’impresa anche il Maestro del Trionfo di Sant’Agostino della
Pinacoteca di Ferrara («che sia o meno Serafino») e il Maestro del Giudizio
Finale di Sant’Antonio in Polesine.65 Lo stesso studioso ha recentemente
precisato che le Storie di san Ludovico sono senza dubbio della stessa mano
del Trionfo di sant’Agostino mentre l’autore delle Storie di Cristo potrebbe
essere l’esecutore di un frammento delle Storie di santa Dorotea, conservate
sempre nella pinacoteca ferrarese.66
Le questioni attributive sono andate di pari passo con il dibattito circostanziato sulle questioni della datazione e della commissione. In particolare,
il committente sarebbe da individuare in Ludovico I Gonzaga (con un’ipotesi che giustificherebbe anche la dedicazione al santo eponimo sia proprio
sia del nonno Luigi/Ludovico, capostipite gonzaghesco), e la cronologia
farebbe pensare agli anni del suo capitanato, durato dal 1369 (anno della
scomparsa del padre Guido) sino al 1382. Questa assegnazione contesta la
tradizione, espressa da Ippolito Donesmondi, secondo la quale la cappella
sarebbe stata esistente già al tempo di Guido.67 Tra gli studiosi che hanno
L’OCCASO 2008, pp. 169-198:180 nota 53.
L’OCCASO 2011, Schede nn. 602-605, pp. 431, 432.
67
DONESMONDI 1616.
65
66
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Cappella Gonzaga, Battesimo di Cristo, lunetta di sinistra.
affrontato questo nodo anche L’Occaso ha messo in dubbio la versione di
Donesmondi rilevando che, tra l’altro, in un manoscritto settecentesco si
indica la costruzione nel 1380, ovvero due anni prima della morte di Ludovico I.68 In ogni modo a fine Trecento la cappella è senz’altro conclusa,
così come si comprende da un beneficio di Margherita Malatesta datato
5 novembre 1398.69 Secondo quanto pubblicato nel 1922 da Alessandro
Luzio, nel 1366 Galeazzo II Visconti aveva chiesto aiuto a Guido Gonzaga affinché gli prestasse delle maestranze per accelerare le decorazioni del
castello di Pavia e, d’altro canto, anche nel 1375 Serafino venne richiesto a
Mantova. In questa circostanza, a suo nome, aveva risposto il costruttore
Bonagrazio da Ferrara il quale ne aveva indicato il prossimo arrivo presso
68
L’OCCASO 2005, p. 169. Il manoscritto del 1792 è citato in FRANCHINI 1995, pp. 7391:91 nota 84 e in L’OCCASO 2004, pp. 46-56:47.
69
ASMn, AG, b. 2093, c. 155 («pro beneficio et loco beneficii capelle nostre illic constructe sub titulo Sancti Ludovici de ordine Minorum Sancti Francisci») in L’OCCASO 2005,
pp. 172, 173. Lo stesso L’Occaso ha ritrovato citati tra le maestranze della cappella a fine
Trecento il marangone Angelo da Arezzo e i pittori Antonio de Giochi, Pier Matteo da Fabriano, Zanino Corradi e Antonio Amidani.
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Cappella Gonzaga, lunetta di sinistra, dettagli degli affreschi strappati.
i Gonzaga, ma non prima di avere concluso alcuni lavori per gli Este.70 In
definitiva se anche Chiara Guerzi ha indicato la cronologia tra il 1373 e il
1375,71 De Marchi sarebbe più propenso a collocare l’intervento di Serafino
tra il 1370 e il 1372, ovvero dopo la morte di Guido Gonzaga ma prima dei
suoi lavori nella cappella Petrati in San Domenico a Ferrara (1373-1374),
mentre tenderebbe ad escludere la fase del 1376-1377, ovvero in prossimità
del documento appena citato, per due ragioni: anzitutto per la distanza dal
polittico modenese del 1385 e, in secondo luogo, per i caratteri stilistici
ancora vicini a Tommaso e cronologicamente collocabili intorno alla sua
scomparsa, avvenuta poco dopo il 1368.72
LUZIO 1922, II, p. 199.
GUERZI 2002 (2003), pp. 85-112:102.
72
DE MARCHI 1999, pp. 34-35.
70
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Cappella Gonzaga, Entrata in Gerusalemme, lunetta di sinistra.
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Cappella Gonzaga, Cattura di Cristo, lunetta di destra.
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Cappella Gonzaga, Orazione nell’orto e Ultima Cena, lunetta di destra.
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Cappella Gonzaga, Lavanda dei piedi e Bacio di Giuda, lunetta di destra.
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Cappella Gonzaga, gli affreschi delle vele.
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Cappella Gonzaga, gli affreschi della volta.
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4. Altri affreschi della navata di destra
Una foto successiva ai bombardamenti mostra, en plein air, tra l’accesso alla base del campanile e l’arcone che immette alla cappella Gonzaga,
una decorazione ad affresco parzialmente nascosta da una struttura utile
per lo stacco. In una visione più dettagliata è possibile osservare un Cristo
in croce tra santi, a sinistra un santo barbuto non meglio individuabile
(verosimilmente Giuseppe d’Arimatea), e la Vergine, a destra San Giovanni, San Francesco e Sant’Antonio abate. L’affresco strappato è attualmente
esposto nella cappella di San Bernardino, dopo il restauro eseguito nel 2003
da Emanuela Scaravelli.73
Confrontando queste foto con quelle dell’inizio degli anni Quaranta
che documentano la fase prebellica, si comprende che qui si trovava l’accesso alla testata della navata laterale, completamente distrutta dalle bombe.
Sono fortunatamente disponibili due immagini ravvicinate che
permettono la lettura iconografica: si osserva un Cristo in mandorla, circondato da serafini, che
stringe nella mano destra uno
scettro, sostanzialmente non leggibile in quanto verosimilmente
eseguito a foglia metallica perduta con la scialbatura, e nella sinistra, poco sopra una lacuna, un
globo. La mandorla è circondata
da una schiera di angeli musicanti che suonano trombe mentre, al
di sotto della stessa, vi è una figura barbuta e un gruppo di angeli
cantori che inneggiano alla Vergine con il cartiglio “Te Maria
Virginem confitemur”. Dettaglio
quest’ultimo che fa presupporre
la presenza di una perduta im- Accesso alla cappella Gonzaga dopo i bombarmagine della Madonna poco al damenti.
L’affresco strappato misura 200x300 cm. Il restauro è stato eseguito da Emanuela
Scaravelli sotto la direzione della funzionaria della soprintendenza Giuseppina Marti. L’intervento ha visto la rimozione delle vecchie stuccature, risalenti al periodo dello strappo, verosimilmente eseguito da Arturo Raffaldini, la pulitura della pellicola pittorica, la stuccatura
delle lacune e il ritocco pittorico.
73
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Cristo in croce tra santi, prima dello strappo post bellico e dopo il restauro del 2003.
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L’accesso alla testata della navata laterale durante i restauri di Andreani. Si osserva la parete
affrescata con Cristo in mandorla.
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Cristo in mandorla e i serafini, affreschi distrutti.
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di sotto del Cristo e che deve avere sviato le precedenti interpretazioni che
vedevano in questo Cristo una Vergine.74 L’aspetto stilistico rimanda a un
artista quattrocentesco goticheggiante.
5. Navata di sinistra
Accanto all’ingresso, a sinistra, è collocato l’affresco strappato con il
Giudizio Universale. Dalle foto risalenti all’epoca dei restauri Andreani,
come testimoniato dall’iscrizione “7/7/42 AA”, si osserva il progressivo descialbo e la presenza di figure dipinte anche sul contrafforte che costituiscono parte integrante dell’iconografia. In particolare in uno scatto si osserva
che, al di sopra del Giudizio, vi sono due riquadri affrescati con la Natività
e l’Adorazione dei Magi e si notano le strutture utilizzate dai restauratori
per lo stacco.
Ipotizziamo si trovassero sempre sul lato sinistro anche gli affreschi
trecenteschi con il Battesimo di Cristo, impaginato nello scomparto superiore della parete, culminante a ogiva, con le figure del Battista e del Dio
Padre mentre è andata perduta quella di Gesù. Nello scomparto inferiore
si nota una scena della quale sopravvivono solamente le figure di alcuni dignitari seduti e una fanciulla in primo piano. Quest’ultima potrebbe essere
interpretata come la danza di Salomè e pertanto nulla vieta di ipotizzare
che questa testimonianza del Banchetto di Erode facesse riferimento a una
cappella dedicata a San Giovanni Battista.
Così infatti si trova in PERINA 1961, p. 327: «Vergine racchiusa nella mandorla circondata dai cori angelici (tavv. 279-280) – affrescata sulla parete della navata destra, sopra l’apertura dell’arcata dell’ultima cappella – dove l’ascendente gotico traspare sia nella
soluzione compositiva arcaica sia nel delicato fluire della linea che circoscrive immagini di
ineffabile soavità».
74
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Giudizio Universale, foto durante il restauro. In alto a destra si osserva la struttura utile per
lo stacco degli affreschi, attualmente ricollocati sul fianco sinistro.
Un dettaglio del Giudizio Universale prima e dopo i bombardamenti.
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Battesimo di Cristo e Banchetto di Erode, affreschi distrutti.
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6. Abside
Uno scatto ravvicinato, risalente all’epoca dei restauri prebellici, permette di comprendere nel dettaglio la decorazione della cupola. Nei quattro pennacchi pare di intuire che vi siano gli Evangelisti, alla base vi è una
fascia che alterna finestre tonde con medaglioni a stucco mentre l’imbotte
presenta il motivo mantegnesco degli anelli legati che conducono lo sguardo all’oculo dove, al centro, è dipinto un Cristo Pantocrator circondato
da una corona di putti alati75 che per Giovanni Agosti «è probabilmente
Catino absidale, Madonna in trono, prima della descialbatura delle ali laterali, affresco
distrutto.
PERINA 1961, p. 322, tavv. 93-95: «Una volta dipinta a cassettoni, riecheggiante nella
botte la monumentalità di S. Andrea, immette attraverso un’arcata, decorata con racemi
vegetali e tondi a foggia di rosone, alla cupola. La cupola a sua volta si collega al corpo della
fabbrica mediante pennacchi, in cui sono dipinte, entro medaglioni cinti da ghirlande con
nastri, le figure degli Evangelisti. Da un tamburo ornato con un fregio di volute arboree,
pausate da oculi e da tondi con stemmi cinti da ghirlande, s’eleva la cupola decorata da un
ordito di anelli congiunti da sbarre». Un motivo che, come ricorda la stessa Perina, si ritrova
nella Camera Picta, in alcune facciate di case mantovane ma anche nella zoccolatura della
Grotta d’Isabella d’Este nel Castello di San Giorgio e che, come ricorda AGOSTI (2005, p. 241
nota 41) è presente anche nella pala con San Bernardino che è stata trasportata a Brera (su
questa cfr. UCCELLI 2006).
75
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L’abside durante i restauri degli anni Quaranta, foto Calzolari.
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L’oculo con il Cristo Pantocrator, affreschi distrutti, foto Calzolari.
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Il dettaglio del catino absidale, affreschi distrutti.
la prima risposta, troppo spesso trascurata, al soffitto della Camera degli
Sposi».76 Un’altra angolazione di ripresa permette di osservare, tra l’incrocio delle strutture dei ponteggi, la decorazione del catino absidale e
consente di percepire un programma iconografico che, sino ad ora, non
ci pare sia stato approfondito. Il dipinto prevede una suddivisione in tre
spicchi, a loro volta separati da paraste dipinte con motivi a candelabre.
Perfettamente coerente con il gusto mantegnesco si presenta l’artificio delle
ghirlande che si dipartono dalla scena centrale, sopra il capo della Madonna, e si sviluppano ai lati con i medaglioni con il Cristogramma. La scena
centrale presenta la Vergine in trono, delicata e altera al tempo stesso, che
sostiene il Bambino benedicente mentre attorno è una schiera di putti e angeli cantori. Il trono è rialzato e la Vergine appoggia i piedi su un prezioso
tappeto mentre in primo piano sono tre angeli musicanti. Alle spalle della
Madonna sono dipinti degli alberelli, uno per lato, e una siepe, evidentemente un’allusione all’hortus conclusus, prosegue anche nelle due scene laterali. A sinistra si osservano tre figure stanti: se la prima risulta purtroppo
illeggibile, la seconda ha le fattezze di un Santo vescovo che stringe tra le
76
AGOSTI 2005, p. 240, nota 41.
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mani un libro (San Bonaventura) mentre la terza è San Francesco, riconoscibile dalle stimmate e dal crocefisso, osservato da un angelo che stringe
tra le mani un drappo; nello scomparto di destra si notano altre tre figure,
rispettivamente un santo francescano con un libro sotto braccio e il giglio
(Sant’Antonio da Padova), un santo vescovo che sotto il piviale indossa il
saio (verosimilmente San Ludovico) e un terzo santo non identificabile (ad
sensum potrebbe trattarsi di San Giacomo della Marca). La rappresentazione dei santi dell’Ordine francescano trova la sua perfetta coincidenza
con le dedicazioni delle cappelle della chiesa e plausibilmente la figura
non esattamente individuabile a sinistra potrebbe essere San Bernardino
da Siena.
In questa sede ci permettiamo di indicare una distinzione tra l’autore
del pannello centrale con la Madonna in trono e colui che dipinse i Santi dell’Ordine francescano. Quest’ultimo è, a nostro parere, il medesimo
autore del ciclo pittorico della Libreria Sagramoso del convento di San
Bernardino a Verona. Alcuni dei volti sono infatti sovrapponibili a quelli presenti nell’impresa commissionata dai frati veronesi ed eseguita nel
1503.77 Come già detto nel capitolo precedente nulla purtroppo resta di
questo brano pittorico, distrutto sotto le bombe, e aggiungiamo che, sino
ad ora, quando si è presa in considerazione questa iconografia ci si è limitati a considerare il brano centrale. Fondamentalmente, a parte un cenno di
Chiara Perina che interpreta questa composizione tripartita in riferimento
al Polittico di San Zeno,78 si è sempre fatto riferimento all’immagine in cui
è visibile solamente la Madonna in trono, così come si vede in uno scatto
che deve essere inteso come un documento dello status quo prima dell’intervento di descialbatura dell’inizio degli anni Quaranta del Novecento
che ha svelato anche la “cornice” della scena centrale.79 Non stupisce, del
resto, l’ennesima conferma del collegamento a doppio filo con l’ambiente
Per un’ampia disanima sulla Libreria Sagramoso si rimanda a Storia, conservazione
e tecniche 2010.
78
PERINA 1961, p. 325: «si rivolgono dalle zone laterali, collegate alla precedente dal
fondo a verzura intrecciata e dal rincorrere dei festoni a ciuffi, Santi dell’ordine francescano
presentati da Angeli». La studiosa legge dei riferimenti al polittico di S. Zeno per il sistema
compositivo tripartito mentre è ignorata «la realizzazione prospettica nella compresenza in
primo piano di tutti gli elementi compositivi dell’affresco mantovano».
79
Come ha avuto modo di affermare Alessandra Zamperini (ZAMPERINI 2010, p. 29)
la Libreria Sagramoso è un luogo dove l’autore, da lei individuato in Domenico Morone,
riprende da una parte il proprio catalogo e dall’altro Mantegna ed «esemplare in tal senso
è l’iconografia della Vergine col figlio circondata dalla corona angelica, la cui origine sta
nella pala di Mantegna a Santa Maria in Organo (oltre che in idee esplicitate, ad esempio,
nell’Adorazione dei Magi degli Uffizi, ove pure compare il seggio roccioso) e i cui riflessi si
colgono nell’anonima versione un tempo nella volta della cappella maggiore di San Francesco a Mantova». Un riferimento si trova già in AGOSTI 1995, pp. 60 (fig. 5), 63.
77
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Catino absidale, a sinistra San Bonaventura e San Francesco; a destra Sant’Antonio da Padova, San Ludovico e un altro santo francescano, affreschi distrutti.
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Verona, Libreria Sagramoso, dettagli della scena della parete di fondo, rielaborazione grafica
da Storia, conservazione e tecniche, 2010 (Archivio Centro Laniac, Università di Verona).
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veronese, un leit motiv che passa anche dalla già citata presenza nel convento mantovano di Stefano e Nicolò da Verona ma anche del Bonsignori,
autore, come ricorda Vasari, del dipinto «sopra il pulpito, San Lodovico e
San Bernardino che tengono in un cerchio grande un nome di Gesù; e nel
refettorio di detti frati e in un quadro di tela, grande quanto la facciata da
capo, il Salvatore in mezzo ai dodici Apostoli in prospettiva, che son bellissimi e fatti con molte considerazioni».80
Per d’Arco e Patricolo l’artefice della Madonna col Bambino è lo stesso
Mantegna, per Venturi è di Nicolò da Verona e si data al 1469; per Van
Marle l’autore è Liberale, per Kristeller e Luzio il disegno di Mantegna è
stato eseguito dalla sua cerchia.81 Anche per la Perina questa è la versione
più accreditabile e sarebbe della stessa mano che esegue il San Bernardino
da Siena oggi a Brera, ovvero un autore da lei ribattezzato “Maestro del S.
Bernardino”, attivo attorno al 1487, anno di costruzione dell’abside.82 In
particolare per la studiosa la «figura sfilata del santo di Brera, attorno al
quale due angeli formano nicchia con drappo di damasco, appare ripresa
nei santi e negli angeli degli scomparti laterali del catino absidale di S. Francesco; la transenna della pala discende da quella della Camera degli Sposi
echeggiata, con varianti forse dovute alla mano di un altro collaboratore del
Mantegna cui potevano essere stati affidati i partiti decorativi, negli ornati
della cupola della chiesa francescana; gli angeli infine compaiono nelle due
opere con gli stessi moduli allungati, avvolti in drappeggi ricercati e capricciosi, così come appaiono ripetuti le piante di agrumi sullo sfondo, il tappeto orientale del podio».83 Per Agosti la Madonna dell’abside è un po’ goffa
Si veda BERTELLI 2013. Il primo dipinto, ovvero i Santi Ludovico e Francesco che
reggono il monogramma di Cristo è oggi conservato a Brera mentre il dipinto del refettorio
è andato perduto.
81
D’ARCO 1854; KRISTELLER 1901 p. 456; PATRICOLO 1911, pp. 54-56; VENTURI 1914, pp.
452-453, fig. 359; VAN MARLE 1926, p. 274; LUZIO, PARIBENI 1940, p. 45.
82
DONESMONDI 1616, p. 70: «L’anno poi seguente [1487] fù fatta la nobilissima fabrica
della Capella grande (ch’ora serve per il Coro) in San Francesco, da un gentilhuomo della
famiglia Rami, con la Cupola sopra, tanto magnifica, e riguardevole, quanto per la Chiesa
simile possa desiderarsi». Per PESCASIO 1954, p. 3 (si veda appendice n. 9): «Vi è certamente
un errore di data, in quanto è impossibile che siano occorsi diciassette anni per fare la cappella grande, già in corso di fabbrica, quando già dal 1470 il Rama aveva lasciato i denari
al massaro. È invece più credibile che la cappella sia stata finita nel 1477, cioè sette anni
dopo la morte del Rama, il quale avrebbe potuto prima di morire incaricare il Mantegna di
fare un bozzetto». Intorno alla costruzione dell’abside: MARANI 1961, pp. 95-96, 115, nota
164; TOGLIANI 2003, pp. 186-188. Problematica è l’interpretazione di un documento del
21 gennaio 1569 (ASMn, Archivio Gonzaga, b. 2581, in LUZIO 1922, p. 39 nota 2) dove si
cita «l’ancona del nostro altare maggiore» ancora non completata dopo 60 anni. Potrebbe
essere, come indicato in L’OCCASO 2005, p. 267, nota 213, un riferimento a una carpenteria
che avrebbe dovuto decorare l’altare.
83
PERINA 1961, p. 326.
80
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e ripropone «la parte centrale del trittico di San Zeno, combinandolo con
qualche riporto della Madonna con il Bambino ora a Brera e inquadrando il
tutto con fasce ornamentali che sembrano quelle della Camera degli Sposi»,
il tutto combinato con cenni della Madonna della Vittoria e della Madonna
Trivulzio, con una datazione che porta «allo scorcio del secolo».84 Zamperini osserva che dal San Bernardino oggi a Brera «proviene la particolare
architettura delle portelle dell’organo di San Bernardino di Verona, indirizzate in prevalenza a Domenico Morone ed ancorate al 1481»85.
In breve le direttrici cronologiche dell’abside condurrebbero, a nostro
parere, a leggere la parte centrale mantegnesca come assegnabile alla fine
degli anni Ottanta del Quattrocento mentre le ali laterali sono databili agli
anni della Libreria Sagramoso, ovvero attorno al 1503.
7. Frammenti dei quali non è possibile conoscere l’originaria collocazione
Come si è già accennato nel capitolo dedicato ai restauri ottocenteschi,
nel 1852 vennero strappati degli affreschi, in particolare due Madonne col
Bambino trecentesche di proprietà comunale (invv. 11519, 11520) che sono
indicate nel catalogo di L’Occaso come di mano del “Maestro di San Francesco di Mantova”,86 anche se lo studioso specifica che non si può escludere
che le differenze tra le due «non si debbano solo a diverse vicende conservative, ma siano da imputare all’attività di due distinti maestri: più legato
all’arte bizantina l’autore del primo, già rivolto verso lo Stil novo il pittore
del secondo. Nonostante le innegabili affinità tra le due opere, quasi speculari, diversa è la tecnica esecutiva, basata su forti incisioni nell’intonaco nel
11520, e diverso è il modo di preparare gli incarnati». Dopo lo strappo e
sino al 1915 vennero conservate nel palazzo Accademico per poi giungere
nel Museo di Palazzo Ducale dove si trovano anche ai giorni nostri, restaurate nel 1940 da Raffaldini, nel 1946 da Carlo Andreani, nel 1959 e nel
1969 da Assirto Coffani e nel 1993 da Marcello Castrichini.
Già nel 1835 Carlo d’Arco, Paolo Pianzola e Francesco Maria Ippoliti
della Commissione di Tutela avevano compiuto un sopralluogo in San FranAGOSTI 2005, p. 207.
ZAMPERINI 2010, p. 29. E ancora: «Le somiglianze, a prescindere dall’autografia, coinvolgono l’impalcatura architettonica, alcuni giochi prospettici – più arditi a Verona, a dire
il vero, come quello delle gambe penzoloni degli angeli, che torna nell’attico della cappella
Cartolari-Nichesola della Cattedrale – e la foggia delle colonne laterali, i cui capitelli, desunti dal trittico di San Zeno, albergano dei ritratti, che nel caso di San Bernardino, sono quelli
del donatore Gaspare Rossi e della moglie».
86
D’ARCO 1853, p. 11. Il primo affresco (inv. 11519) misura 137x78 cm, il secondo
(inv. 11520) invece 140x74 cm. Cfr. le schede nn. 5 e 6 in L’OCCASO 2011, pp. 88-90 con
bibliografia precedente.
84
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Madonna col Bambino, Mantova, Museo di Palazzo Ducale, inv. 11519.
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Madonna col Bambino, Mantova, Museo di Palazzo Ducale, inv. 11520.
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cesco e d’Arco aveva annotato: «entro ad un pilastro laterale al maggior altare, una Madonna con bimbo dipinta a grafitto d’oro, di maniera rozza ma
antica molto»87 aggiungendo che, insieme all’altra, si potevano facilmente
strappare in quanto «si appoggiano sopra al rilievo de’ due pilastri così che
col taglio di una testa di muro pervenire si può facilmente a staccarli».88 Per
d’Arco la prima Madonna è di gusto bizantino,89 per Ozzola è una ripresa
da Cimabue, risalente alla fine del XIII secolo o al principio del XIV, e rievoca i mosaici veneziani,90, anche per Paccagnini ricorda Cimabue.91 Per
Ragghianti sono entrambe opere del Trecento, un arcaista vicino a Barnaba
da Modena e influenzato dalla pittura bolognese.92 Per Bazzotti è un autore
toscano, inizialmente indicato come di fine Duecento, poi ripensato come
opera eseguita poco dopo il 1303.93 Per la Spanio è da avvicinare, come
pure l’altra Madonna, al Maestro del Trittico di Santa Chiara del Museo
Civico triestino, ovvero un autore veneziano attivo nel 1325 circa.94 Per
quanto riguarda il secondo strappo d’Arco avverte dei punti di contatto
con una non meglio definita Madonna di Cimabue in Santa Maria Novella, verosimilmente la Madonna Rucellai che è di Duccio ma che al tempo
aveva quella attribuzione.95 Seguendo la descrizione di Lanzi, che accennava alla presenza di un affresco del 1303 nel chiostro, Matteucci, Ozzola e
Paccagnini, vi collocano la sede originaria dell’affresco.96 L’affresco viene
assegnato da Ozzola alla scuola di Giotto, per Paccagnini risale all’inizio
del Trecento mentre per Bazzotti è riferibile al contesto senese di Duccio. 97
In conclusione di questo capitolo pubblichiamo alcuni scatti di
frammenti di affreschi, risalenti a epoche differenti, accompagnati
da un breve commento, con l’intenzione di offrire nuovi spunti alla
ricerca e a studi futuri.
In ASMn, AP, b. 26, 2 luglio 1835.
ASCMn, tit. X- 3-4, fasc. 1861, 3 aprile 1852; ASMn, DPA, b. 209,3 aprile 1852).
89
D’ARCO 1853, pp. 14-15 n. 2.
90
OZZOLA 1946b, p. 185; OZZOLA 1949, n. 23; OZZOLA 1953, n. 23.
91
PACCAGNINI 1960 p. 267.
92
RAGGHIANTI 1962, p. 36.
93
BAZZOTTI 1989, p. 7; BAZZOTTI 1993, p. 265.
94
SPANIO 1997, p. 405.
95
D’ARCO 1853, pp. 13-14, n. 1; D’ARCO 1857, pp. 22-23.
96
MATTEUCCI 1902, pp. 178-179, OZZOLA 1949, n. 34; OZZOLA 1953, n. 34, PACCAGNINI
1960, p. 267.
97
OZZOLA 1949, n. 34; 1953, n. 34; PACCAGNINI 1960, p. 267, BAZZOTTI 1993, p. 265.
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F R A M M E N T I V I S I V I T R A N O S TA L G I C A U T O P I A E N E C E S S A R I A T U T E L A
Le clarisse e la Natività:
i due affreschi prima
dello strappo e dopo
l’assemblaggio dei
frammenti, attualmente
collocati sulla parete
della navata destra.
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PAOLA
ARTONI
San Giorgio, affresco strappato collocato nella cappella di San Bernardino.
F R A M M E N T I V I S I V I T R A N O S TA L G I C A U T O P I A E N E C E S S A R I A T U T E L A
Sant’Anna e la Madonna col Bambino, affresco distrutto.
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PAOLA
ARTONI
Due foto d’epoca che
documentano una ammalorata
Imago Pietatis con la Madonna
e San Giovanni (mentre non è
leggibile Cristo), e un lacerto
d’affresco dedicato alle terziarie.
Affreschi perduti.
F R A M M E N T I V I S I V I T R A N O S TA L G I C A U T O P I A E N E C E S S A R I A T U T E L A
San Girolamo e San Francesco,
affreschi strappati e collocati sulla
parete della navata destra.
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PAOLA
ARTONI
F R A M M E N T I V I S I V I T R A N O S TA L G I C A U T O P I A E N E C E S S A R I A T U T E L A
Affreschi perduti, documentati negli anni Quaranta, foto Calzolari.
183
Appendici
Appendice 1
G. Cadioli, Descrizione delle pitture, sculture
ed architetture che si osservano nella città di Mantova
e ne’ suoi contorni, 1763
pag.
187
Appendice 2
F. Bartoli, Correzioni ed aggiunte
alla Descrizione di Mantova del Cadioli, 1771
»
191
Appendice 3
A. Andreani, Relazione sul progetto per il restauro
della abazia di San Francesco in Mantova, 1943
»
193
Appendice 4
A. Andreani, Relazione sul Progetto per il restauro
dell’abazia di San Francesco in Mantova,
in “L’Arte”, XXVIII, 1-2, LXII
(estratto dal fascicolo gennaio–giugno 1963, vol. XXVIII)
»
211
Appendice 5
ASFMn, Estratto della cronaca del convento
dal maggio 1943 all’agosto 1946
»
239
Appendice 6
ASFMn, Cronaca dal 10 agosto 1946 al 4 ottobre 1953
»
255
Appendice 7
E. Marani, Criteri per il restauro del tempio
di San Francesco, in «La Gazzetta di Mantova»,
domenica 20 ottobre 1946, p. 3
»
331
Appendice 8
F. Banterle, Relazione, in ASCMn, cat. V.3.1, b. 55,
20 gennaio 1953
» 333
Appendice 9
M. Pescasio, Tesori artistici mantovani.
La chiesa di San Francesco,
in «La Gazzetta di Mantova», 23 marzo 1954, p. 3
» 339
Appendice 10
A. Azzoni, Il nostro bel San Francesco,
in «La Gazzetta di Mantova», 12 giugno 1956, p. 3
» 343
187
APPENDICE 1
G. Cadioli, Descrizione delle pitture, sculture
ed architetture che si osservano nella città di Mantova
e ne’ suoi contorni, 17631
S. Francesco. Chiesa e convento de’ PP. Minori Osservanti detti i Francescani.
Piegando ora sulla sinistra, rechianci a S. Francesco de’ PP. Minori, che ne sta poco
da lunge. Ma prima d’entrarvi, alziam l’occhio un istante alla sommità dell’arco
contiguo, per cui si va nella strada, detta gli Stabili, dov’è il busto di terracotta di
Francesco I Gonzaga,3 quarto capitano di Mantova, e Vicario Imperiale; il quale
nella non troppo lunga serie degli anni suoi, si acquistò fama immortale d’uom
prestantissimo egualmente nell’armi, che nelle lettere. Quindi più abbasso, sul lato
destro, v’ha il busto del nostro Virgilio,4 e sul lato sinistro quello di Battista Spaguoli, detto, di questa sua patria, Mantovano; anch’egli, come ognun sa, illustre
Poeta. Ed a gloriosissimo vanto del primo, e ad onor segnalato ancor de’ secondi,
si legge scritto a grandi caratteri presso il busto del Gonzaga il seguente verso: Argumentum utrique in gens si soecla coissent.
Entriamo adesso nel vasto, ed antico Tempio di San Francesco, ed osserviam nell’altare della prima cappella grande, che ci riesce a destra, il quadro di S. Antonio di
Padova, fatto per mano del Castiglioni;5 ma si conosce, ch’egli ha sofferte delle
vicende disfavorevoli.
All’altare della cappella, che da questa parte succede in quarto luogo, detta del
Gesù, v’è il quadro de’ Santi Pietro, e Paolo, con in mezzo San Bernardino; ottimo
lavoro della scuola di Tiziano.6 I lati della cappella medesima hanno due belle staCfr. CADIOLI 1763 (ed. cons. a cura di Pescasio, s.d.), pp. 69-72.
Sulla figura artistica e critica di Cadioli si rimanda a: GRASSI 1999, BERTELLI 2007; BERTELLI
2010.
3
Si tratta del busto in terracotta un tempo conservato in Palazzo Ducale e ora nella collezione del Museo della Città di Mantova, nel Palazzo di San Sebastiano (Mantova. Il Museo
della città 2005, p. 64).
4
Il busto è andato perduto. Una copia è ora nella collezione del Museo della Città di Mantova, nel Palazzo di San Sebastiano (cfr. Mantova. Il Museo della Città 2005, p. 64).
5
Non è stato possibile rintracciare questo dipinto che faceva parte della vendita a Brera e
che è stato venduto in asta nel 1853. Si ricorda che nell’inventario del 1737/1738 (in ASMn,
Demaniali Uniti II, b. 215, fasc “Inventario del convento di S. Francesco di Mantova sotto
il governo di P. Daniele Vittorio di Mantova cominciando il dì 26 maggio 1737 sino a tutto
il dì 14 giugno 1738”) tra i benefici (cc. 9v-10 r) si indicano le spese «per aver fatto inalzare
l’ancona del Altare di S. Antonio, rimodernato l’altare con stucchi, adorata la cornice con
oro di zecchino, e le scalinate ancora».
6
Si riferisce al dipinto di Ippolito Costa raffigurante i Santi Antonio, Pietro e Paolo con il
monogramma di Cristo, attualmente conservato nella chiesa di Sant’Apollonia. Cfr. L’OCCASO 2007, p. 64; REBECCHINI 2007, pp. 59-60; ARTONI 2010, pp. 122-124.
1
2
188
PAOLA
ARTONI
tue in nicchie di marmo ben lavorate; una delle quali in stucco, ritratta dall’altra,
che v’era di bronzo, rappresentante Giovanni Pomponazzo dell’Ordine de’ Minori
ed insigne Filosofo, come vedesi nella sottoposta iscrizione e l’altra effettivamente
di bronzo, rappresentante Aurelio Pomponazzo, ambedue Mantovani.7
Nella quinta cappella, sotto la statua della Vergine Immacolata, cui è questo altar
dedicato, v’è un quadretto, rappresentante S. Anna, e la Madonna; lavoro del nostro
Mantovano Giuseppe Orioli,8 che terminò di vivere in questa sua patria l’anno 1750.
Or andando innanzi, e mettendoci nella navata contigua, ci si presenta subito
all’occhio il gran quadro appeso al muro, in cui vedesi il Salvatore, che benedice
l’inferma e la risana, dipinto a chiaroscuro da Luigi Costa.9
Ed eccoci alla cappella di S. Bernardino. Qui consideriamo questo isolato superbo
mausoleo di marmo, che v’è sull’ingresso, sostenuto da quattro simili colonne, intagliate, dorate, e scannellate spiralmente, con varj intaglj, sulla cassa, e statuette
di gusto gotico, in cui riposa Alda d’Este, moglie di Ludovico I, figliuolo di Guido,
terzo Capitano di Mantova, e Vicario Imperiale; e v’ha pur l’effigie della Principessa medesima, scolpita in marmo, e coricata sullo stesso deposito.10 Le pitture poi
dell’altare di S. Bernardino sono di mano d’uno degli scolari del Mantegna.11
Tutti i dipinti, che veggonsi ne’ varj ripartimenti del quadro del Coro, son riputati
lavori dell’Andreasino.12
Ritornando ora addietro, ed incamminandoci per mezzo della nave maggior della
Chiesa, fin oltre le cantorie, noi rivolgendoci nuovamente un tratto all’altar maggiore, osservar potremo verso l’estremità della cantoria in cornu Epistolae, che
guarda a noi, quel quadretto, su cui sta effigiato S. Pietro, che piange, espressovi
mirabilmente dal Fetti;13 di cui è pur l’altro direttamente d’incontro nell’apposita
cantorìa, rappresentante S. Girolamo.14
Quindi avviandoci lungo la nave laterale dalla parte del pulpito, dopo alquanti di
que’ frequenti altar, che vi sono, ci avverremo a quello della Madonna di Reggio,
Entrambe le statue sono andate perdute.
Non è stato possibile rintracciare questo dipinto.
9
Il dipinto non è stato identificato ma BETTINELLI (1774) ricorda la consuetudine di esporre
dei dipinti in chiaroscuro nelle chiese mantovane durante le esequie.
10
Il sarcofago di Alda, ridotto in pezzi, è conservato parte in Palazzo Ducale e parte nel
Palazzo d’Arco (ARTONI 2013).
11
Si riferisce al San Bernardino di scuola mantegnesca oggi conservato nella Pinacoteca di
Brera. Per questo almeno UCCELLI 2006.
12
Si tratta di un polittico perduto di Ippolito Andreasi detto l’Andreasino.
13
SAFARIK (1990, p. 236) aveva ipotizzato che questo potesse essere il San Pietro del Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. 7197) ma, tornando sull’argomento qualche anno dopo
(Domenico Fetti… 1996, pp. 89-90), lo stesso studioso aveva smentito tale suggerimento
poiché il dipinto è infatti documentato dal 1685 nel Castello di Praga e dal 1869 è stato
trasferito a Vienna. Nella stessa sede Safarik cita una buona copia antica, comparsa sul
mercato antiquario italiano nel 1989 e acquistata da un collezionista veronese, e probabilmente identica a quella presente nel 1662 nella collezione di Cristoforo e Francesco Muselli
(SAFARIK 1990, p. 103b).
14
Non è stato rintracciato.
7
8
APPENDICE
1
189
ch’è lavoro del Borgani;15 ed all’altro immediatamente contiguo della caduta di S.
Paolo, che per sentimento ancor del Vasari è di Girolamo Mazzola.16
Ora passiamo dinanzi al pulpito, che abbiam vicinissimo, perocchè son degne di tutta
la considerazion nostra le due figure del suo parapetto, rappresentanti S. Ludovico, e
S. Bernardino, in atto di sostenere il SS. Nome di Gesù,17 che per avviso del Pozzi, e
del Vasari, vi furon dipinte da Francesco Monsignori, Veronese, discepolo del Mantegna. Le pieghe de’ panneggiamenti di essi Santi sono graziosissime, e meravigliose.
Se vogliam recarci nella Sagrestia, vi troveremo internamente sopra la porta, che
mette in Chiesa, una bella pittura a fresco del Borgani, che rappresenta S. Francesco stimatizzato.18 Ed è pur del medesimo autore il quadro dell’altare, che v’è
dirimpetto, su cui è dipinto S. Bonaventura.19
Di qui possiamo agevolmente condurci nel Refettorio, dove ci sarà subito all’occhio una grande arcata in prospettiva, dipinta sul muro, con entrovi S. Francesco,
e varj altri Santi dell’Ordine, la qual ci vedrem destra; perocchè ella è un’opera
egregiamente disegnata, e condotta, per quanto può l’arte, fin presso al vero. Sulla
sommità dell’arco esterno di essa prospettiva Girolamo Mazzola dipinse quell’Angioletto, che sostien colla destra lo Stemma della Religion Francescana, il quale per
verità inganna l’occhio, e sembra propriamente staccato dal fondo. Eccoci dall’altro capo del Refettorio un’altra grand’opera di pittura in tela, disegnata anch’essa
in prospettiva, col Salvatore in mezzo agli Apostoli, tutti intenti in isvariate bellissime attitudini a lor divino Maestro, che parla; fuor solamente che Giuda, il cui
viso burbero, e strano palesa l’esecrabile tradimento, che egli sta macchinando
nell’animo. Quegli, che là vedete sul lato destro, che vien presentato da S. Francesco al Redentore, è il Marchese Francesco Gonzaga. Questa degna opera, al riferire
de’ mentovati Pozzi, e Vasari, è del poc’anzi lodato Monsignori; e lo sarà di fatto,
ma ha patito assai, ed è anche stata ritoccata da altra mano.
Mettianci ora un poco all’aperto, ed entriamo nel prossimo Chiostro maggiore, il
quale è bellissimo per la sua vastità, e per lo continuo magnifico portico, che giragli
intorno, tutto sostenuto da ben foggiate colonne di marmo d’ordine composito.
Ma elle sono specialmente da osservarsi quelle due colonne, che vi si veggono accoppiate in ciascuno de’ quattro angoli; imperciocchè sì le basi, che i capitelli loro
son variamente lavorati a differenti intaglj del più fino, e miglior gusto antico.20
Analogo soggetto, la Madonna di Reggio, ovvero della Ghiara, si trova nella chiesa di
Sant’Apollonia.
16
Si tratta della Conversione di Saulo di Girolamo Mazzola Bedoli, oggi nel Palazzo Ducale
di Mantova (si veda a tal proposito L’OCCASO 2011, pp. 195-196).
17
Si tratta del dipinto del Bonsignori con i Santi Ludovico e Francesco che reggono il monogramma di Cristo, oggi a Brera (cfr. R. BERZAGHI, scheda n. 182, in Pinacoteca di Brera
1990, pp. 330-332).
18
L’affresco è purtroppo andato perduto.
19
Si veda più avanti l’identificazione di Bartoli (1771) che, invece, afferma che si tratta di San
Ludovico. L’attribuzione a Borgani e il soggetto hanno fatto identificare questo dipinto nel
San Ludovico da Tolosa del Museo di Castelvecchio in Verona (BERZAGHI 1998).
20
Cfr. CADIOLI 1763, pp. 69-72.
15
191
APPENDICE 2
F. Bartoli, Correzioni ed aggiunte
alla Descrizione di Mantova del Cadioli, 1771
Questo tempio fu fabbricato a tre navate nel 1304 e nel muro esterno della facciata se ne legge ancora la memoria in una piccola lapide in questa forma: Huius
Ecclesiae Germanus complevit opus de an. MCCCIII. I portoni avanti al sacrato
di questa chiesa furono rifatti nel 1515 sul disegno di Francesco Borgani pittore ed
architetto. Vedi questa notizia anche nel Donesmondi, t. II, pag. 517.
Entrando in chiesa la seconda cappella a destra dedicata a S. Andrea è dipinta a
fresco per opera di Andrea da Casalmaggiore e di Giulio Roboni, i quali oltre le
pitture della volta fecero nella parete sinistra la simbolica Nave della Religione
Cristiana e nell’altra a destra quella della Religione Serafica. Nella prima di esse
rappresentazioni leggonsi i nomi de’ pittori così: 1571. Alexander a Casale Maiori
– et Iulius Rubonus pictores una de mandato.1
Nella terza cappella che segue il quadro con S. Margherita da Cortona è di Giuseppe Bazzani. 2
Nella quarta detta del Gesù la statua di bronzo del celebre filosofo Pietro Pomponazzo, e non Aurelio come dice il Cadioli, è scoltura di Alfonso artefice mantovano.3 Nel
muro fra la cappella di San Bernardino e quella del SS. Sacramento vedesi il sepolcro
di Alfonso Capilupi tutto lavorato a bassirilievi di marmo dai fratelli Mola.4
Nella sagrestia il quadro all’altare non rappresenta S. Bonaventura, come dice il
Cadioli, bensì S. Ludovico vescovo con in gloria Maria Vergine, il Bambino e vari
angioli.5
Tornando in chiesa nella nave da quella parte trovasi un altare con una antica
tavola a partimenti esprimente Maria Vergine, il Bambino, due Santi vescovi etc.,
opera giudicata di certo Giovanni Salmista, di cui il signor Masetti possiede una
Beata Vergine col Bambino seduta in trono con un angioletto appiedi che ha in
un tondino il nome dell’autore così: Io. Salmista f. an. D. MCCCCII. Veramente
in questa tavola non v’è alcuna iscrizione, ma dalla maniera consimile si giudica
A seguito del bombardamento subito dalla chiesa durante la Seconda Guerra Mondiale
di questi affreschi sopravvivono solamente alcuni frammenti, riportati su tela e appesi alla
parete della prima navata.
2
Si tratta della Santa Margherita ora nella chiesa di San Maurizio (cfr. TELLINI PERINA 1982,
p. 97).
3
Citata da BETTINELLI 1774, dove si specifica che in realtà si tratta di una terracotta dipinta.
4
Il monumento sepolcrale è stato trasportato nella basilica di Sant’Andrea e si trova nel
transetto di destra.
5
Si tratta del San Ludovico del Museo di Castelvecchio (BERZAGHI 1998).
1
192
PAOLA
ARTONI
del medesimo autore.6 In altro altare più oltre la SS. Annunziata lasciasi riconoscere per opera di Costa ferrarese.7 Nel contiguo la tavola con Maria Vergine e il
Bambino in gloria e nel piano S. Giorgio e S. Francesco, S. Giovanni Evangelista
e S. Arcangelo Michele è da me riconosciuta per opera di Guglielmo Caccia detto
il Moncalvo.8 Nell’ultimo altare l’antica tavola esprimente il Signore posto nel
monumento e sopra e sotto diligenti storiette della Passione credonsi non senza
fondamento opere dell’antico Giotto pittore fiorentino. Al chiostro prossimo alla
chiesa ha dipinto nelle lunette la vita e i miracoli di S. Francesco per la maggior
parte Giacomo Borbone da Novellara nell’anno 1614, venendo poi finito l’anno
seguente da diversi altri pittori. Questa notizia omessa dal Cadioli è stata da me
ritrovata nel Donesmondi, p. II, pag. 512.
Si ipotizza che le due tavolette, raffiguranti Sant’Ignazio d’Antiochia e Sant’Agostino, attualmente conservate nel Palazzo Ducale di Mantova (invv. 671, 672), potrebbero derivare
da questo polittico (cfr. L’OCCASO 2011, pp. 113-115 con l’attribuzione dubitativa a Nicolò
Solimani).
7
Si tratta dell’Annunciazione di Francesco Francia attualmente conservata nella Pinacoteca
di Brera (cfr. L’OCCASO 2007, pp. 62-79; D. PESCARMONA, scheda 94 in Pinacoteca di Brera,
1991, pp. 197-198). Si ricorda, tra l’altro, che nell’inventario del 1716 (in ASMn, Demaniali
e Uniti II, b. 53, fasc. “Inventario del P.R. Bonaventura di Mantova Guardiano 1716”, sottoscrizione del 28 giugno 1716, cfr. ARTONI 2010, appendice) si cita il restauro del tetto della
chiesa sopra la Cappella della Santissima Annunziata.
8
Si fa riferimento alla Madonna col Bambino e santi attribuita a Ippolito Costa e conservata
nel Palazzo Ducale di Mantova (in L’OCCASO 2011, pp. 159-160).
6
193
APPENDICE 3
A. Andreani, Relazione sul progetto per il restauro
della abazia di San Francesco in Mantova, 1943
PREMESSA
Risaliamo al tempo delle prime libertà costantiniane, al periodo di sicurezza e di
respiro per i cristiani e in ogni luogo dell’Impero cominciano a fabbricare.
Anche in Mantova approfittano del momento buono i fedeli per fondare nell’acqua
quattro muri, indizi delle prime zone sacre e del «sito» sul quale sorgeranno intorno al mille il San Lorenzo, Santa Maria del Gradaro, San Nicolò, San Paolo, Santa
Marta e con altre Sant’Agnese sul limitare dell’ancona.
Nasce in quel tempo da seme straordinariamente fecondo, gettato sul bordo della
palude, il piccolo oratorio che i mantovani dedicano alla Santa Vergine Incoronata, e che in pieno rinascimento rappresenterà solamente il ricordo della pietra di
fondazione del San Francesco, già elevato a dignità di pantheon. Le vicende che
accompagnano il San Francesco dal XII secolo, l’epoca più remota in cui oggi è
dato di accertare l’esistenza e la consistenza di una vera e propria chiesa, alla fine
del ’500, sono eccezionalmente fortunate.
Da prima, testimone del travagliato periodo feudale, tutto un cozzo di discordie
di armi dal quale il popolo italiano si libera per orientarsi verso le varie forme di
vita comunale, il San Francesco è il luogo sacro dove riparano i figli di Mantova
- Comune nel I° decennio del secolo XII - per concentrarsi e per dare conforto ai
loro spiriti ancora agitati; negli anni che seguono la nostra Chiesa è metà di Santi,
rifugio dei turbolenti capitani di popolo, asilo dei primi «signori», ultima dimora
dei primi Gonzaga; il Tempio è palestra di artisti, e l’Abazia è il soggiorno preferito
di papi e la sede di Concigli; campo di lotta e di rivalità fra Ordini religiosi che se
ne contendono il possesso; sepolcro dei «grandi» Gonzaga e di illustri Religiosi; da
ultimo, orgoglio di Mantova che è crogiuolo e centro di emanazione, nel periodo
isabelliano, dell’arte e della coltura europea.
Al predicatore di Assisi che è già passato per le città vicine ed arriva qui - 1216 - nel
viaggio che lo porta a Venezia dove imbarcherà per la terra Santa, i mantovani offrono in dono la Chiesa; il Frate che sarà Santo lascia in Mantova il laico professo
Benvenuto perché edifichi a fianco della Chiesa un ospizio per i primi Fratelli, i
quali si chiamano ancora Frati di Santa Maria dell’Incoronata; si afferma così in
Mantova la prima Famiglia dei Frati Minori Conventuali che dimora nella Chiesa
e in un povero abbozzo di convento.
Poi, popolo e patriziato e Bonacolsi, «signori», tanto si prodigano a beneficio del
San Francesco che, in un acceso crescendo di fede e di amore per i Religiosi francescani, sulle basi del largo «tema» romanico innalzano, quasi di sorpresa, l’inno
gotico-lombardo.
Il Tempio rinnovato per opera del Germanus, noto con altri artisti costruttori del
194
PAOLA
ARTONI
tempo, è consacrato nel 1304; Mantova, appena agli albori del XVI secolo, è fra le
prime città nostre che accolgono le forme dell’arte religiosa già dominante in Francia e in Germania ed imprimono su di esse la netta marca italiana.
Al declinare dei Bonacolsi - invano anche i Monaci di San Benedetto in Polirone si
appellano ai Bonacolsi per avere ragione sulle sopraffazioni di Luigi e dei tre figli
suoi signori di Gonzaga - ed all’affacciarsi dei Gonzaga alla ribalta politica, segue,
intorno al 1350, il delinearsi della potenza della nuova Signoria; potenza che l’autorità religiosa con papa Urbano V riconosce ed accresce tanto da concedere l’assoluzione dei peccati di sangue di cui Lodovico e Francesco Gonzaga si macchiano.
La riconoscenza dei due potenti Vicari imperiali si manifesta con donazioni alla
Chiesa, e beneficio indubbiamente debbono trarne anche i nostri Francescani che
si affrettano fabbricare.
Guido Gonzaga muore nel 1369 e i figli gli danno sepoltura in San Francesco; ucciso
il fratello Francesco, muore Lodovico nell’82 e vuole essere sepolto col padre in San
Francesco; (è inoltre ricordata l’esistenza nella Chiesa di uno dei primi monumenti di
sepoltura eretto per raccogliere le spoglie di Alda d’Este, moglie di Ludovico).
Il ’300, il secolo tipicamente «rosso» dei Gonzaga, si chiude nell’arca di Margherita
Malatesta - attribuisco a questo momento i resti di scultura che ho rinvenuto e che
ricordano l’arte dei Dalle Masegne in perfetta coincidenza con quanto si sapeva
soltanto da fonti letterarie -, che Francesco I° fa innalzare nel San Francesco a cui è
devoto e dove egli pure vorrà essere sepolto - nel 1407 - vicino alla moglie.
Da Giovan Francesco, al quale l’imperatore Sigismondo IV° conferirà nel 1433
il titolo di Marchese di Mantova, e da Paola Malatesta è invitato il frate di Frate
Bernardino da Siena per predicare in Duomo il Quaresimale del 1420. L’ascendente
che il Frate esercita sulla Corte e sul popolo a lui devotissimi è grande; tanto che si
è indotti ad attribuire a Lui l’autorità di inscenare il «colpo di stato» di cui è teatro
la nostra Abazia.
Dicono le cronache mantovane che ad una processione al Santuario delle Grazie
partecipano in massa i Padri francescani di Mantova; di ritorno dalla cerimonia,
con viaggio probabilmente organizzato piacevole per barca sul lago, i Conventuali
- chiamati così dai conventi maggiori che già essi abitano - approdano al San Francesco e vi trovano insediati i Padri Minori Osservanti. È l’hanno 1436.
Il nuovo Ordine Francescano pianta le sue radici in Mantova proprio alla vigilia del
periodo aureo della città. Comincia il luminoso periodo della Corte dei Gonzaga
alla quale è strettamente legata alla sorte del San Francesco.
Hanno assistito all’avvenimento religioso mantovano di tanta importanza, e forse
anche contribuito alla buona riuscita del piano abilmente predisposto, due personaggi che ora appaiono in primissimo piano, pilastri nel quadro stupendo del
rinascimento italiano: Lodovico II Gonzaga e Barbara di Brandeburgo.
È già alla «Giocosa», dove insegna, Vittorino da Feltre e vicini a Ludovico e a Barbara sono il Pisanello e saranno Andrea Mantegna e Leon Battista Alberti, i maestri
che al Tempio Mantovano regaleranno tutta una scuola.
Accennare a Lodovico e a Barbara significa immaginare la «sagra» del San Francesco.
Nel Tempio si dà infatti inizio ad un grandioso complesso di opere murarie di trasformazione e di opere di decorazione parietale; i muratori innalzano le pareti per
APPENDICE
3
195
i pittori, che guidati dalla coscienza e illuminati dal talento sfogano su di esse tutta
la loro voglia matta di frescare. All’esterno, i Frati cambiano la faccia alla Chiesa
e dedicano la cappella «dei signori» a Bernardino da Siena, canonizzato da papa
Bonifacio VIII. Doveroso omaggio dei Padri Minori Osservanti al grande Fratello
protettore.
Nell’anno 1459 Mantova, la città italiana che risplende per la luce della sua Reggia, è scelta come Sede della Dieta dei Principi Cristiani, e viene consacrato solennemente di San Francesco trasformato.
Nel ’78 e nell’82 il Tempio accoglie le spoglie dei due Gonzaga.
Ma ad esaltare lo splendore della Corte ed insieme la gloria del pantheon mantovano sta maturando, nel terreno già preparato fertilissimo da Lodovico e Barbara, il
momento di Francesco e di Isabella.
L’uomo d’armi, che sta a cavaliere del cinquecento, da dominatore, come da perfetto «buttero» sa stare in groppa dei suoi puledri, è accompagnato alla donna
che impersona la grazia dominatrice nella luce della rinascenza. È lo stesso uomo
vincitore di Carlo VIII a Fornovo, quello che si butta sui francesi alla testa del suo
squadrone, che fa portare a Mantova da uomo anche di pietà i corpi dei suoi compagni d’armi più cari; ad essi egli dà sepoltura in San Francesco.
Francesco II Gonzaga è il «magnus murator» che nei periodi di pace ama di costruire e che fabbrica l’architettura della nuova Abazia. L’opera edilizia appare a quei
tempi imponente «per le nuove fabriche del convento a cui non si trova un simile
in tutto l’ordine franciscano».
Il San Francesco ospita ormai più di cento Frati. Sull’esempio delle fabbriche
gonzaghesche che sono a portata di mano, caratteristiche per il tracciato di pianta
a disegno largo e lineare, la fabbrica del nuovo convento si imposta sul tracciato
di una «spaciosa crociara» che incorpora parte delle ali del conventino primitivo
fondato nel XIII secolo; nei «campi» della croce sono i Chiostri il cortile e l’orto.
All’Abazia si accede dal sagrato che si vuole chiuso e protetto; e si completa così il
piano monumentale di lavoro, fra l’ultimo decennio del XV e il primo del XVI secolo, con la fabbrica delle «stanze dei signori», del portico e dei «portoni». Appare
dall’insieme tutto il quadro architettonico cinquecentesco.
Francesco II, il Marchese «religiosissimo», muore nel 1519 ed è sepolto in San
Francesco, in terra, «conforme al suo comandamento».
È del 1543 il Capitolo generalissimo che si tiene nel San Francesco di Mantova con
la partecipazione di migliaia di Frati giunti qui «da ogni parte del mondo».
Al principio del XVII secolo, la corte dei Gonzaga, col fasto di Vincenzo I°, dà già
segni di stanchezza di decadenza, mai i frati del San Francesco riprendono a fabbricare. Il monumento del ’500 è già vecchio: urgono necessità di espansione e di
affermazione delle forme nuove; e il San Francesco si trasforma a traverso le opere
che nel primo capitolo di questa relazione esamineremo.
Il ricordo del modesto Oratorio che i fedeli avevano fabbricato ai margini delle
acque per innalzare la loro preghiera più semplice e più calda è già remoto; e lontano già è il tempo dell’illustre Abazia, di quella massa architettonica fatta tutta di
argilla del Mincio, rossigna, quasi incandescente per il fuoco del colore interno.
Nel secolo XVII San Francesco non sarà più.
A·A
196
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ARTONI
CAPITOLO I. GLI ASSAGGI E I RITROVAMENTI
Ho accertato l’esistenza della chiesa di epoca anteriore al 1304, la data con la quale
venne tramandato nel tempo e fino ad ora «l’atto di nascita» del San Francesco,
per il ritrovamento:
dello «spiccato» di muro della parete a mezzogiorno della chiesa primitiva, a paraste risultate per indagine in fondazione con ritmo di interasse variante fra i metri
4,20 e i metri 4,50;
di un resto della cornice terminale della parete stessa, costituita da mensole, archetti a tutto centro, ricorso dentellato1 e ricorsi sovrapposti a risega, restituito in luce
sotto l’imbottitura di un pennacchio di volta;
del contrafforte di sinistra del frontespizio a levante della chiesa;
di un resto di cornice – fatta saltare – il cui ritmo ad archetti a tutto centro si svolge
con attacco regolare al contrafforte detto;
di qualche resto della parete a notte della chiesa con tracce di cornice terminale, a
sole mensolette con sovrapposto doppio ricorso di mattone;
dei due filari della navata maggiore a colonne in cotto con basi e capitelli in pietra,
ritrovate sotto l’imbottitura della pilastrata seicentesca.2
con sagrestia, costituita da due locali – sagrestia propriamente detta e sala capitolare – a quote diverse di piano di pavimento, per il ritrovamento:
dei due «selici» di pavimento;
della fondazione del muro divisorio;
delle porte e feritoie aperte in costruzione nella parete a levante;
della regolare immorsatura delle pareti col fianco di sinistra della chiesa; muri nati
insieme in costruzione;
di pitture murate, nella sala del capitolo, di carattere e fattura che dico «bizantini» – sul fondo unito preparato con terre si sovrappongono altre terre impastate,
secondo la tecnica del tempo, con ovo e latte di fico, che non si incorporano col
fondo e si cancellano con una passata di mano -; la pittura rappresenta «al vero»
delle figure di Santi innicchiate nella teoria degli archi di una specie di pergola; gli
elementi di decorazione del pergolato e il fregio floreale che lo inquadra superiormente ricordano altri coevi del ravennate;
con convento, - costituito da due ali di fabbricato a due piani disposte normalmente fra di loro e racchiudenti, con le altre due pareti rispettivamente della chiesa e
della sagrestia, il cimitero - per il ritrovamento di una fila di finestrelle aperte in
costruzione - occhi delle cellette -; gli interassi regolari delle luci informano sulla
misura di larghezza delle celle retrostanti; i canaletti in vetro, di cui viene accertata
la sistemazione in costruzione ai lati delle feritoie, informano sull’accorgimento
adottato per praticare dall’interno la manovra di chiusura ed apertura dell’anta,
fissata all’esterno (vengono ritrovati i cardini).
La parete forata che l’assaggio ricupera è avanzo povero del primo abbozzo del
Il passaggio “da mensole, archetti a tutto centro, ricorso dentellato” viene omesso nella
relazione del 1963.
2
Quest’ultimo capoverso non risulta nella relazione
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convento, ma pure eloquentissimo: su quei pochi metri di muro si rivela tutta la
bravura di un artigianato maestro. L’alternarsi della finestrella ad archetto a tutto
sesto con quella ad archetto a sesto acuto fa pensare che quei muratori, nell’osare
il nuovo, non si decidono a lasciare le care vecchie forme sulle quali hanno tanto
imparato.
È individuata la chiesa del ’300 ed è accertata l’entità delle opere di trasformazione
eseguite sulla chiesa primitiva per il ritrovamento:
all’esterno, delle luci aperte in costruzione col muro del fianco sinistro, a notte, che si
ricostruisce quasi completamente, e che si innalza fino all’altezza della quota di gronda del fianco opposto, a mezzogiorno – che è il fianco che si conserva della chiesa
primitiva – imitando quella cornice di gronda ma riducendone l’importanza;
di detriti lignei chiusi in canale, con sezione di circa cm. 16x12, rintracciato corrente sulla parete destra della navata maggiore e svoltante sulla parete del frontespizio
di fondo; si tratta della sede praticata nel ’300, in costruzione, al piano di base
delle murature di sopraelevazione, del trave di collegamento del «cassone» navata
maggiore; il rinzaffo della sede è impressionato dalla fibbra lignea; sul frontespizio di fondo, cioè il muro che chiudeva la chiesa del ’300, vengono rintracciati,
lateralmente, i monconi del trave che prima della costruzione della nuova fabbrica
absidale – 1478 – doveva correre ininterrotto per l’intera «luce» della navata, e per
un tratto in vista: catena, a un terzo circa, della grande arcata che introduceva alla
modesta abside trecentesca.
all’interno, della sede di travi di legno impostate sulle tavole dei capitelli del colonnato appartenente alla chiesa primitiva e sul quale si innalza la chiesa del ’300:
di bironi in ferro, conficcati nella pietra dei capitelli, che si rinvengono rivestiti ancora di detriti di legno; si tratta del legamento con catene, trasversale e longitudinale, eseguito nel ’300, prima di innalzare le arcate gotiche sulle colonne romaniche;
(la delicatissima operazione di indagine nel peduccio delle arcate porta a determinare che è prevaletemente adottato il criterio di «tenere» con un solo birone la testa
del trave longitudinale e quella, appoggiata sopra, del trave trasversale);
della sede di catene, sempre lignee, a un terzo delle arcate;
delle feritoie della navata maggiore, luci accecate dall’imbottitura dell’imposta e
dagli anelli della volta seicentesca;
delle pietre, fatte saltare in occasione della fabbrica absidale della fine del XV secolo, con ornati arborei, resti dei capitelli di appoggio dell’arcata aperta sulla parete di fondo; faccio ricerche in fondazione e trovo la traccia della muratura degli
spalloni portanti i capitelli; la riforma della fabbrica absidale ridurrà gli spalloni a
basse paraste;
del muro di fondazione, compreso fra le due colonne a sezione ovoidale della navata maggiore, della parete di recinzione del coro che nel 1300, ad imitazione della
chiesa spagnola era collocato nel mezzo della navata maggiore;
della imposta della volta a crociera trecentesca a copertura delle cappellette di fondo alle navate minori, e dei serventi della crociera che risultano per assaggio in
fondazione; delle luci, monofore e a coppia, che nel ’300 si aprono in rottura sulle
pareti già appartenenti alla chiesa primitiva;
di resti di pitture trecentesche – a cui sono sovrapposte altre di epoca successiva –
sulle pareti delle navate minori e sulle arcate della navata maggiore.
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Nella sagrestia: di due grandi finestre ricavate in rottura nella parete della sagrestia
primitiva, e della quota di gronda determinata sulla traccia di cornice fatta saltare
con la sopraelevazione della manica nel XVII secolo. La traccia della cornice è trovata nella parete della sagrestia che guarda sul «chiostro dei morti».
Includo nelle opere che vengono eseguite in questo tempo la costruzione di una
fabbrica che si appoggia sul fianco a mezzogiorno della chiesa. È la prima cappella
che si addossa alla chiesa, e nella quale verrà ricavata la cappelletta delle Terziarie
facente parte del gruppo delle cappelle cinquecentesche. Trovo la traccia delle due
finestre della cappella e i resti della copertura con volta a crociera, la cui imposta,
sulla parete della chiesa primitiva, è ricavata in rottura.
È rivelata l’esistenza di un muro di recinzione parallelo al fianco destro della chiesa,
il quale parte dal piano di facciata della chiesa, fino ad incontrare il muro della cappella su descritta. Ritengo che il muro fosse originariamente la parete di protezione
di un cimitero esterno, in seguito coperto e suddiviso trasversalmente per ricavare
delle cappelle; muro visibile in parte fino alla seconda metà del ’400 e coperto totalmente dalle fabbriche appoggiatesi nel ’500 al fianco a mezzogiorno della Chiesa;
l’indagine porta al ritrovamento:
del muro di fondazione della parete esterna del recinto, interrotta da pilastri che
suddividono la parete in cinque campate;
della zoccolatura del muro con modanature in cotto;
dei resti dei pilastri e di un pinnacolo ricuperato nella imbottitura dei pennacchi
delle volte cinquecentesche, modellato a ordine doppio di colonnette in cotto, a
tortiglione;
dei resti di due luci aperte nella parete di facciata della prima campata;
della fondazione dei muri divisori, in asse coi pilastri contrafforti esterni.
Il ritrovamento dei resti di mezza colonna in cotto sul muro a mezzogiorno della
chiesa primitiva fa pensare alla spalla di sostegno dell’arcata aperta in rottura per
creare l’accesso al cimitero; con l’aggiunta delle cappelle cinquecentesche si completerà la distruzione della intera parete della chiesa primitiva.
Attribuisco all’inizio del ’400 la costruzione della cappella che per prima si appoggia alla prima campata del muro di recinzione su descritto.
L’ampio e nudo vano interno è accusato all’esterno da specchi piani di muro, chiusi
fra grossi pilastri. Le pareti di testata sono fermate da timpani massicci; (ritrovo i
resti del timpano rivolto a notte). Trovo la traccia delle luci originali, feritoie appoggiate agli spalloni, e all’interno appare la traccia degli anelli di imposta delle
volte, nate col muro e distrutte dalla botte cinquecentesca.
Nessuna traccia di pittura, certamente distrutta dal grosso strato di calce recente.
È questa la cappella «dei signori» che sarà dedicata più tardi al Santo Bernardino
da Siena.
Nella seconda metà del ’400 il San Francesco si arricchisce di una sfolgorante decorazione parietale. Le operazioni di assaggio conducono al ritrovamento di pittura
a fresco praticata sulla decorazione murale trecentesca e su altra ancora anteriore.
Sono residui di pezze di affresco con figure inquadrate in diligentissime corniciature geometriche, ritrovate disposte in modo da consentirci di stabilire che i pittori
(vari, e di talento e di scuola diversa) seguono le direttive di un unico piano ben
determinato di lavoro: le pezze ritrovate appartengono alla fodera stesa simultane-
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amente sulla intera superficie delle pareti, di cui la pittura accompagna i movimenti
in rientranza – strombatura feritoie – e in aggetto – pilastri e spalloni -. Alcune
porzioni, specialmente quelle di ornamento ai pennacchi di arcate e volte, sono
attribuibili a maestri. È di eccezionale interesse il ritrovamento di un riquadro incompleto, dove accanto alla pittura ultimata si rivela il «cartone» della pezza di
affresco rimasta da eseguire.
Coeva alla decorazione parietale di questo momento, rintracciata nella Chiesa, ritengo quella che l’assaggio conduce a trovare, murata, nella sala del Capitolo, oltre
la Sagrestia.
La pittura quattrocentesca si sovrappone a quella primitiva di cui si è già detto
parlando degli elementi che accertano l’esistenza della prima chiesa.
A mio parere, del momento in cui si eseguisce la nuova decorazione della sala, è il
motivo unico architettonico – porta fiancheggiata da bifore – aperto in faccia alla
pittura per accedere al Chiostro.
Verso la fine del ’400 si costruisce la cappella maggiore.
La fabbrica sorge in appoggio al frontespizio di levante del cassone-chiesa primitivo, coassiale con la navata maggiore, coprendo in parte l’area dell’abside trecentesca che si distrugge e di cui non resta che la traccia di due feritoie, luci che
l’assaggio ritrova accecate dalle colonne su cui si imposta la cupola. La cappella,
composta di tribuna cupola e abside, si innalza con caratteri proprii, di aperto
ricordo albertiano, ricca di opulenta decorazione di cotto e di pittura. Lo sfarzo
pagano vuole avere ragione sul nudo mistico.
Si demolisce per tanto l’arcata sulla parte di fondo della navata centrale che i costruttori della cappella considerano parete di ingombro alla piena visibilità della
nuova fabbrica; e con il grande arco, fondale della chiesa trecentesca, si demoliscono i pilastri laterali e i capitelli di appoggio, di cui oggi restano i soli monconi di
incastro. Si vuole che la cappella maggiore «entri» nel San Francesco per dominarvi
con un bel «pezzo» di nuova architettura.
Non altrettanto felice o quanto meno originale è la «novità» che gli stessi costruttori, a mio avviso, introducono nella chiesa sopraelevando i muri delle navate minori
per coprirle con volte a crociera.
Essi spingono la riforma fino alle cappellette di abside alle due navate. Scompaiono
le coperture lignee originarie.
Attribuisco pure alla fine del ’400 la fabbrica che si innesta fra la prima cappella
aggiunta alla chiesa nel ’300 e il campanile. La nuova cappella innalza le sue pareti
sul prolungamento dei muri delle due fabbriche esistenti e le chiude a mezzogiorno
con muro di testata forato da alte feritoie.
Il vivo esterno di questo muro e la faccia dei pilastri angolari sono intercalati da
sottili paraste che concorrono ad accentuare il senso di verticalità informatore
dell’architettura esterna ed interna della cappella.
Dall’esame delle murature è dato di determinare che originali, aperte in costruzione
di muro, sono le sole feritoie dette; che l’attuale muro di attico è muro successivamente sopraelevato; che i pinnacoli piantati sui pilastri e il rosone di facciata sono
aggiunte posteriori.
L’interno della cappella, dedicata al Santo Bonaventura – Giovanni da Fidenza -, è
a superfici piane chiuse da volta a crociera; le nervature della volta appoggiano su
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capitelli pensili. Gli assaggi portano a rivelare la decorazione che interessa completamente le pareti e la volta. La pittura è a fresco ed è da attribuirsi a pittori «ritardatari»; più vicino al clima del momento si dimostra l’artista che dipinge il dittico
compreso tra le finestre rappresentante il Santo Dottore che tiene scuola e il Santo
morente. I blu e i verdi crudi sono trattati, come di solito, con la tecnica a formula
di impasto, ancora oggi ignorata, della cera mischiata con calce.
Allo stesso periodo, fine XV secolo, attribuisco la trasformazione dell’antico cimitero in Chiostro. Per due lati in appoggio alle pareti del conventino primitivo e per
gli altri due in appoggio ai muri della Chiesa e della «manica» Sagrestia e Capitolo,
si fabbrica il porticato. Le catene in ferro delle volte sono passanti lo spessore dei
muri di appoggio. Le pareti dei portici saranno decorate più tardi: le pitture non
sono attribuibili a questo momento.
Intorno al 1500 il mattone prende il sopravvento sulla pittura; è il momento questo
dei «magni muratores» che creano sul San Francesco l’architettura di larga concezione cinquecentesca. Le corsie delle prime cellette e «officine» annesse forniscono
lo spunto del tracciato a crociera del nuovo Convento.
Le nuove fabbriche incorporano, o meglio, inghiottiscono il conventino primitivo.
L’indagine di primo tempo sull’intero quadro delle fabbriche che attribuisco a questo momento, dal Sagrato al lago e dal «canale» alla manica della Sagrestia, porta a
stabilire che quei muri nascono insieme e che partecipano di un solo piano costruttivo, organico e ben determinato.
Il quadro comprende le fabbriche che limitano la zona consacrata di preparazione
al Tempio: i «portoni», cioè il diaframma forato che separa la strada con il suo
traffico dallo spazio aperto sagrato; il portico, che è il tetto per i pellegrini; la
«foresteria» che è il fabbricato di rappresentanza a due piani che sta di fronte ai
«portoni».
L’assaggio sul particolare delle singole fabbriche – secondo tempo – conferma l’unità del complesso edilizio ritrovato, oggi quasi cancellato dalle manomissioni e dai
rimaneggiamenti avvenuti ne tempo.
Il tipo della finestra originaria architravata con strombatura intonacata – la caratteristica velatura lisciata – a raccordo curvilineo, si trova da per tutto, e a «luce»
pressoché constante; gli avanzi della sagoma cornice di gronda si trova ricorrente
sui diversi corpi di fabbrica; l’ampia volta è dovunque ripetuta a copertura degli
ambienti di rappresentanza. E gli assaggi portano al ritrovamento della cella cinquecentesca «tipo», e della sua formula di volume e di luce di finestra e di porta.
Tutti questi particolari rispondono ai canoni di dimensione e alla fattura che caratterizzano gli elementi di fabbrica del ’500 mantovano.
Il nuovo Convento viene impostato su quattro bracci di croce greca. Il braccio
parallelo all’asse longitudinale della Chiesa si estende dal «canale» alla manica
della Sagrestia. Al piano superiore sono le celle e le corsie di disimpegno che, con
la trasformazione del ’600, prenderanno il carattere di vere e proprie gallerie con
lucerna; al piano terreno sono il refettorio, la cucina ed i servizi annessi, le «officine» e la stalla.
Il refettorio è il volume del cinquecento che viene creato con lo sventramento di una
manica del convento primitivo; le operazioni di indagine sui muri, che l’ingombro
del materiale di Arsenale costringe per ora a limitare, portano al ritrovamento delle
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tre luci originali della sala e di un ribasso che è l’occhio creato cieco in costruzione
ad imitazione delle tre luci aperte; sulla parete di fondo del refettorio l’assaggio
rivela i resti di una «cena».
I corpi di fabbrica che si innalzano a recinzione del sagrato sono, come ho detto,
la «foresteria» compresa fra la Chiesa e il «canale»; il portico fondato sulla riva
del «canale» in faccia alla Chiesa; i «portoni» in faccia alla «foresteria». Il portico,
alterato nel ’600, ha resistito fino ad oggi; è scomparsa invece totalmente la traccia
della fabbrica dei «portoni» ricordati dalle cronache come fondati da Francesco II;
arricchiti poi con sculture per ordine del figlio Federico -, quindi demoliti perché
«pericolanti»; rifatti nel ’600, e infine distrutti con la trasformazione del San Francesco in Arsenale militare.
Non penso, come gli elementi che restano potrebbero indurre a giudicare, che sia
da attribuirsi al momento delle grandi opere su descritte la trasformazione della
Sagrestia, ma ad un momento successivo, e precisamente alla seconda metà del
’500. Si tratta di una trasformazione radicale dell’interno della manica, evidentemente suggerita per annettere al Tempio, divenuto pantheon, una grande sala di
Sagrestia.
Ricostruisco sul ritrovamento di tracce la sala che sarà distrutta dai rimaneggiamenti del ’600. Sepolti i due «selici» di pavimento della Sagrestia e dell’annesso
Capitolo primitivi, si livella il piano alla quota di pavimento Chiesa: demolito il
muro che separa la Sagrestia dal Capitolo, ci crea un solo vano; per dare l’appoggio
di muro voluto dalla nuova pesante copertura della sala, si ingrossa la parete che
apparteneva al Capitolo murando la pittura bizantina e quella, sovrapposta, del
’400; in appoggio sui sei capitelli pensili goticizzanti incastrati nelle pareti longitudinali si innalzano le nervature delle crociere di volta.
Nel tardo cinquecento si crea così una Sagrestia di architettura mista, con prevalente sapore di gotico «rifatto».
Le cappelle aggettanti sul fianco della Chiesa che guarda a mezzogiorno sono costruite pure, a mio avviso, nel periodo che chiude il cinquecento, e risultano dallo
sfondamento della parete esterna del recinto di cimitero annesso alla Chiesa del
’300. Esse si aggiungono sul prolungamento delle cappelle che già erano state ricavate, ad ingrandire la Chiesa, con la suddivisione in cinque campate del recinto
del cimitero; coperte con «mammelloni» piantati su pilastri; a pilastri cioè, fin dal
momento della costruzione di queste prime cappelle, veniva ridotta la parete piena
della prima Chiesa, con la conseguente distruzione, come s’è detto, della decorazione parietale del due del tre e del quattrocento.
In corrispondenza e sul prolungamento della prima campata è aggiunta la cappella
«dei signori»; e in corrispondenza delle altre quattro campate sorgono ora le cappelle dedicate al Santo Francesco, alle «anime purganti», al Gesù, e alla «Immacolata».
Mi riesce di individuare singolarmente queste cappelle sevendomi di notizie vaghe
di fonte letteraria che il ritrovamento del dato sicuro emergente dall’«assaggio»
porta a concretare.
Sulla parete di destra della cappella che segue quella «dei signori» (o di San Bernardino) è dipinta una specie di nave, a diversi piani: sul primo sono i francescani
fatti Vescovi, Cardinali e Pontefici; più in alto sono le Francescane illustri, e più in
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alto ancora i Francescani dichiarati Santi; nel mezzo della strana composizione del
quadro sorge un albero che segna i vari gradi della perfezione cristiana, con angeli
portanti sentenze evangeliche, e sulla cima dell’albero sono i nomi delle Virtù; dai
resti della pittura della parete di sinistra è ancora dato di leggere la nave della Chiesa di Cristo sbattuta dalla tempesta ma non sommersa: Cristo è in alto, al posto di
comando, e a poppa e a prua sono San Pietro e Maria Vergine, con gli Apostoli e i
Dottori della Chiesa posti a difesa della verità contro l’errore; travolti dai flutti, gli
eresiarchi di tutti i tempi e segnatamente i Capi della Riforma.
Resta per tanto individuata la cappella dedicata al Santo Francesco.
Segue la cappella dove ritornano in luce i resti di pitture allegoriche, sul piedritto
della curva absidale: sono angeli che sostengono aperto il libro della vita (pastorale
e mitra, candelabro, orologio ed altri attributi); è ricordato dall’Intra che nella cappella in San Francesco destinata alla celebrazione delle messe funebri doveva essere
murato il testo del «dies irae» con la sequenza celebre sotto il nome di «Testo mantovano» comprendente quattro strofe in più del comune; ma infruttuosa risulta la
ricerca dell’importante documento.
È questa la cappella delle «anime purganti».
Segue la Cappella che lo storico mantovano Cadioli chiama del «Gesù»; egli scrive
«all’altare della cappella che da questa parte succede in quarto luogo, detta del
«Gesù» v’è il quadro dei S.S. Pietro e Paolo, con in mezzo S. Bernardino, ottimo
lavoro della scuola del Tiziano».
Segue la quinta cappella dove riappaiono alla luce le pitture rappresentanti l’arcangelo S. Michele con la spada, in lotta con Satana (a significare Maria Immacolata
che al suo apparire sulla terra schiaccerà la testa del serpente); e, di fronte, la regina
Ester che implora per il popolo d’Israele la misericordia del re Assuerio: (figura biblica di Maria che supplica in favore del popolo cristiano dinanzi al trono di Dio).
È questa la cappella dell’Immacolata.
La fabbrica dell’antica cappella del ’300, su descritta, viene trasformata con l’architettura del cinquecento decadente, e destinata a Oratorio delle Terziarie, compreso
fra la cappella dell’Immacolata e la cappella del Santo Bonaventura.
Secolo XVII. L’indagine del maggiore interesse, quella praticata «in profondità»,
il lavoro cioè che ha condotto ad individuare il Santo Francesco nei vari aspetti e
sviluppi, dal suo nascere alla fine del 500, può dirsi esaurito. L’operazione di ricerca sul San Francesco del ’600 si riduce a determinare le sovrapposizioni subite in
questo tempo dalle strutture precedenti.
All’inizio del XVII secolo – pare che il San Francesco si rinnovi a date fisse, ogni
cento anni – si eseguiscono:
nella Chiesa: la demolizione delle volte della Sagrestia cinquecentesca e la sopraelevazione delle pareti della intera manica per sistemare la Biblioteca al piano superiore - la leggenda chiusa nel cartiglio dipinto ritrovato sulla porta di ingresso, aperta
nella galleria del Convento, celebra la costruzione della nuova «libreria» -;
la demolizione delle pareti di chiusura del Coro, installato fino ad ora nel mezzo
della navata maggiore; il nostro recinto corale segue la sorte comune che tocca nei
primi anni del ’600 ad altre basiliche che si amplificano con le fabbriche absidali,
dove gli «stalli» vengono sistemati sotto il catino;
la costruzione del presbiterio limitato dalla balaustra, di cui è ritrovata la traccia
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dell’incastro nelle due ultime colonne della navata maggiore;
la costruzione di sfondati, in rottura di muro, nella parete della navata minore di
sinistra, nicchie per altari;
nel Convento: la costruzione di due nuove ali di fabbrica: l’una in prolungamento e
coassiale col braccio della croce parallelo al fianco della Chiesa e l’altra, protendentesi verso il lago e normale alla prima, a chiusura dell’orto che diventa il «Chiostro
grande» del Convento, con portici a colonne; del porticato intorno al Chiostro fa
testimonianza il muro di fondazione cercato e ritrovato nell’attuale cortile dell’Arsenale;
la sopraelevazione dei muri della corsia centrale della croce cinquecentesca, in accompagnamento delle gallerie delle due nuove ali le quali vengono costruite già coi
muri delle gallerie elevati sui corpi laterali; la «croce» greca diventa «croce» latina,
chiaramente denunciata all’esterno dalle «spina» lanterna delle gallerie;
la decorazione con pittura delle lunette dell’antico Chiostro dei morti.
sul Sagrato: la elevazione di un piano sopra la fabbrica della «foresteria» cinquecentesca;
la sostituzione delle colonne in cotto del porticato cinquecentesco dei pellegrini con
colonne in pietra;
la demolizione dei «portoni» cinquecenteschi e la ricostruzione di nuovi ad opera
di Francesco Borgano «peritissimo non meno nella architettura che nella pittura».
Alle opere del principio del secolo che intaccano sì ma non distruggono, specialmente nel Convento, il complesso architettonico del monumento, segue alla fine del
’600 la «ondata» di quel barocco di brutta lega che risparmia né pure il nostro San
Francesco; il Tempio viene letteralmente mascherato e imbrattato; la devastazione
si accanisce specialmente sulla navata maggiore della Chiesa: sotto l’imbottitura di
una pilastrata che lo sottopone ad un vero martirio scompare il colonnato; scompaiono insieme le arcate trecentesche in cui si vengono ad inserire con «morse»
laceranti, i nuovi archi; sui capitelli delle paraste frontali appoggiano gli elementi
del nuovo coronamento ai quali dà lo spunto la trabeazione in cotto della cappella
maggiore; murate le feritoie primitive si aprono nuove finestre; scompare la copertura lignea della navata sotto la nuova volta.
La larga documentazione fotografica allegata, che pure è insufficiente ancora per
dimostrare l’opera distruggitrice compiuta sul Tempio con incosciente disinvoltura,
serve a dimostrare quanto compromesso ne sia rimasto l’insieme strutturale.
Dopo il saccheggio napoleonico che pratica la sua follia devastatrice anche sulle
sculture delle arche dei primi Gonzaga, frantumandole e seppellendole, forse per
non poterle trasportare – ho trovato dei preziosissimi resti fra il rottame di riempimento di una tomba -, il San Francesco trascina la sua vita fino al 1797 l’anno in
cui l’Abazia viene soppressa.
Nel secolo XIX l’Arsenale – fortezza infligge l’ultima pena al monumento italiano
che attende ora la sua rinascita.
CAPITOLO II. IL PROGETTO DI RESTAURO
L’atto di convenzione in data 1° settembre 1943, col quale il Comune di Mantova
concede in uso alla Provincia di Lombardia San Carlo Borromeo dei Frati Minori
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il Tempio di San Francesco con Convento ed annessi cortili chiostri porticati e
fabbricati minori di sua proprietà, affida a me, per volere del Podestà Eccellenza il
Generale Gaetano Silvio Spiller Senatore del Regno, il restauro dell’Abazia.
L’esame preliminare fatto su tutto il complesso delle fabbriche a traverso il rilievo
planimetrico e di alzato di ogni singola porzione; la indagine praticata per assaggio
sulle murature e in fondazione; in fine l’operazione di confronto che ho eseguito
sui diversi corpi di fabbrica caratterizzati per epoca fattura e materiale, mi hanno
condotto a sviscerare il «tema» così da poter oggi «vedere» chiaro, dal suo nascere
al massimo sviluppo e alla desolata fine, l’intero monumento. Con serena sicurezza
posso accingermi ad iniziare la mia opera.3
Il Progetto per il restauro del San Francesco provvede a medicare il monumento
nelle ferite e lacerazioni patite nel tempo, lo spoglia delle sovrastrutture, lo completa nelle porzioni mutilate; lo riporta ai volumi primitivi; ricostruisce, su documentazione letteraria convalidata da traccia di muro, le strutture perdute.
Il mio studio è Piano di restauro totalitario del monumento, nel complesso generale
delle fabbriche e degli spazi aperti costituenti l’Abazia che interessa una superficie
di circa quattordicimila metri quadrati.
I Frati Minori Osservanti non rimprovereranno all’architetto, mantovano, di presentare così un Progetto che è informato al programma massimo; e Mantova confidi nell’amore che indubbiamente anima i Frati per la sua Abazia: adattarsi e partire
da un puro restauro conservativo, non vuol dire né rinunciare al meglio né non
vederlo.4
Il sagrato
Il Progetto ricostruisce il recinto chiuso cinquecentesco limitato: dalla facciata della Chiesa; dal corpo di fabbrica doppio ridotto all’altezza dei primitivi due piani
che viene nuovamente adibito a foresteria; dal porticato dei pellegrini restituito
«a giorno»; da un nuovo portico, a ricordo degli antichi «portoni», che si estende
dal porticato dei pellegrini alla Chiesa, sul prolungamento della corsia interna che
introduce alle cappelle.
Richiamo l’attenzione di chi esaminerà il Progetto sul particolare della recinzione
del Sagrato; oso affermare che nel riquadro netto dello spazio aperto nel quale ritorna a prevalere la massa della facciata vera e propria del Tempio, essa riacquista
la purezza, la spaziosità, la solennità e, direi, la luce primitiva. Giudico che la ricostruzione dell’ala di fabbrica la quale ritorna ad innestarsi normalmente su quella
anonima porzione di muro di riempimento che sta fra la Chiesa e la Cappella «dei
signori», porti ad eliminare il senso di incertezza e di sbandamento diffuso sull’attuale prospetto per colpa di quel pezzo di muro rifatto che si intromette fra le pareti
«buone» delle due fabbriche laterali.
Per voler dare l’ampiezza massima al ripiano di accesso al Tempio e per la necessità
di conservare la quota di «spiccato» del porticato dei pellegrini, che è più bassa
A questo punto nella relazione del 1963 Andreani specifica: “I lavori saranno seguiti dal
Prof. Piero Gazzola, sovrintendente ai monumenti mantovani”.
4
Nella relazione del 1963 l’intero capoverso viene eliminato.
3
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della quota di pavimento della Chiesa, il Progetto assegna all’intero Sagrato due
quote diverse di piano raccordate da scalea che si estende per tutta l’ampiezza del
recinto.
Il Sagrato viene ad essere anticipato da una platea limitata dal fianco della cappella
di San Bernardino e dal pilo che viene progettato a base di una grande croce con
«l’impresa» francescana, piantato sulla riva del «canale». La platea, o «listone»,
allontana il sagrato per proteggerlo dal traffico della piazza.
Si accede al Convento percorrendo il porticato dei pellegrini.
Il tempio
Le facciate: il Piano per il restauro della fronte principale si limita al consolidamento della parete mediante sottomurazioni, e alla ripresa della zoccolatura e degli
archetti e dei pinnacoli di coronamento; al completamento del portale, preventivamente consolidato e ancorato, con le sculture laterali rappresentanti due Santi,
protetti dalle alette della garlenga; alla ripresa dei davanzali delle due finestr ate,
riportati all’altezza originale; alle operazioni di pulitura e di saldatura a cui dovrà
essere sottoposto l’affresco della lunetta per salvare i poveri resti di una pittura che,
per quel poco di leggibile che resta ancora sotto l’imbrattamento di malta cementizia, appare di buona fattura.
Alla facciata a mezzogiorno il Piano di restauro dedica specialmente notevoli opere
di risanamento; si rifanno circa millequattrocento metri quadrati di tetto. Viene
demolito il faldone di copertura, compreso fra la cappella di San Bernardino e
quella del Santo Bonaventura, che scende dal muro della navata centrale sul quale
appoggia, con una sola e insufficiente pendenza, fino ad arrestarsi tangenzialmente
alla curva delle cappelle. Dobbiamo a questa balorda copertura del periodo del San
Francesco truccato in Arsenale, lo stato di malora, specialmente nella zona delle
cappelle, in cui troviamo le murature e le decorazioni parietali di cui è riaffiorato,
in sede di assaggio, qualche resto di eccellente fattura. All’unica enorme falda, il
Progetto sostituisce delle coperture parziali che degradano con salti, raccogliendo
e disciplinando le acque in corrispondenza dei divisori delle cappelle; allo scarico
provvedono i doccioni in facciata. Notevolmente sgravato dal peso che seriamente
lo comprometteva, riappare liberato il muro della navata centrale con feritoie della
Chiesa trecentesca. Regolata sull’andamento della pendenza originaria, di cui trovo
la traccia sotto le volte a crociera, si distende la falda di copertura della navata minore di cui riappare il muro di facciata determinante il primo salto del nuovo tetto;
segue la sottostante corsia di accesso alle cappelle, voltata coi quattro mammelloni,
che la nuova copertura denuncia con corrispondenti padiglioni, e riappare il primitivo muro di recinto del cimitero, con pinnacoli sui contrafforti, a determinare
il secondo salto; singole coperture si modellano in fine sulla forma absidale delle
cappelle che si affacciano sul primo piano della zona centrale della facciata.
Questa porzione centrale è chiusa, come ho detto, fra le due cappelle di San Bernardino e del Santo Bonaventura o del «Crocefisso»; sulla prima il Progetto riporta il
tetto alla imposta e alla pendenza di falda originali così da consentire il rifacimento, guidato sulle tracce rinvenute, delle crociere interne a sesto acuto; e sulla seconda il Progetto demolisce il sopralzo di costruzione recente e restituisce la copertura
primitiva, autonoma, a padiglione. Della cappella del Crocefisso viene chiusa la
206
PAOLA
ARTONI
lunetta che sta sotto l’occhio centrale, ricavata in rottura, e pure murate vengono le
finestre in tangenza alla curva delle cappelle, ugualmente appartenenti al momento
dei rimaneggiamenti arsenalotti goticizzanti, e sostituite con «luci» laterali che il
Progetto riapre avendo a guida gli elementi delle finestre cinquecentesche.
Sono previste le opere di ripresa generale delle murature piane, degli sguanci di
feritoie e dei coronamenti in cotto lavorato a mano o stampato.
Il Campanile, completato di pigna terminale poggiata su tamburo poligonale, è la
massa verticale dominante sulla estesa, per quanto accidentata, orizzontalità della
facciata.
L’esterno del corpo absidale, nel quale comprendo le cappellette di fondo alle navate minori, resta conservato nel complesso monumentale delle sue masse. Con le
finestre trecentesche delle cappellette, accoppiate con intermedio pilastro, vengono
riaperte le feritoie nella zona della cupola, ultimi resti che ricordano l’abside della
Chiesa trecentesca.
La facciata a notte della chiesa è quella che vediamo dal «Chiostro dei morti». Su
questo fianco il Progetto restituisce completamente in vista il muro della navata
minore. Vi si legge bene la porzione del muro sopralzato per costruire la nuova copertura della navata con volte a crociera, in sostituzione della copertura originaria
trecentesca che doveva essere lignea come quella della navata maggiore.
La nuova falda di tetto della navata viene sistemata come quella del fianco a mezzogiorno, tenendo però conto dell’orientamento a notte che suggerisce di proteggere
opportunamente i canali che tagliano ad intervalli la falda per aprire le feritoie
originali della navata maggiore. Nella zona inferiore, sotto la cornice che corre da
un capo all’altro della parete, il Progetto demolisce il piano alzato sul portico del
Chiostro, di data recente, liberando così le cinque feritoie originarie che rischiarano
la navata.
l’interno: il Progetto restituisce alla navata maggiore del Tempio il suo aspetto architettonico del ’300; tollera invece e conserva la copertura a crociera delle navate
minori. Demolite le imbottiture e le sovrastrutture e i mascheramenti seicenteschi –
zoccolatura e pilastri, arcate a tutto centro, paraste, cornicione e volta di copertura
-; demolite le murature longitudinali ad archi a tutto centro, a sostegno del soppalco
deposito materiali a forte sovraccarico che tramezza la navata centrale e le navate
laterali, sono rimessi in luce il colonnato in cotto, le arcate a sesto acuto, le feritoie
e la copertura lignea della navata maggiore. Sono previste opere di consolidamento
delle colonne che ritroviamo in muratura di mattoni sapientemente sagomati e
malta di calce, con legamenti intermedi in pietra tenera; per queste piastre in pietra,
in gran parte lesionate, sono previsti accorgimenti di legatura a mezzo di anelli di
metallo. Le operazioni di chiusura mediante tassellature delle brecce aperte e di
riparazione delle porzioni lesionate o staccate, rimetteranno in fine le colonne nelle
condizioni di sopportare da sole il carico a cui esse sono assoggettate. Ho determinato che i carichi gravanti al piede di ciascuna colonna sono di complessivi Kg.
117600 con sollecitazione unitaria nella sezione di kg./cmq. 14,90. Ben conosciuti
erano i valori delle sollecitazioni unitarie e i «limiti ammissibili» dai costruttori di
sette secoli fa, i quali innalzavano la chiesa gotica sul colonnato romanico.
Per ricostruire il sistema di legatura traversale della navata centrale con le laterali
e quella longitudinale lungo i colonnati, viene reimpiegato il collegamento a mez-
APPENDICE
3
207
zo di travi in legno o di barre in ferro rivestite di legno; con travi pure in legno,
a completare il sistema, vengono legate tra di loro trasversalmente le pareti della
navata maggiore.
Viene ricostruita la parete di destra della Chiesa primitiva, forata solo da modeste
aperture che immettono nell’ambulacro delle cappelle.
Viene chiusa la cappella dei «signori» con la ricostruzione del muro di cinta della
prima campata del cimitero, forato da due feritoie ricomposte sulla traccia che si
trova. La cappella, chiusa, potrà in avvenire essere liberamente decorata dalla pittura che il gusto del tempo suggerirà; la nuova espressione d’arte sarà separata da
quelle antiche che oggi cerchiamo di salvare.
Il Progetto mette in evidenza con opportuni tagli i contrafforti del XIV secolo che
intercalavano la parete esterna del recinto di cimitero, e ai quali si appoggiano, nel
cinquecento, i muri divisori delle cappelle.
Inquadrata pure, con il riassetto della parete di destra, viene la Cappella del Santo
Bonaventura o del «Crocefisso».
Fra la cappelletta delle Terziarie e la cappella del Crocefisso viene riaperto lo spazio
attualmente ingombrato dalla scala di accesso all’impalcatura che taglia a metà la
Chiesa, e lo spazio viene utilizzato a soglia dell’ingresso secondario al Tempio.
Nel corpo absidale, e precisamente nelle zone della rotonda e del catino, sono murate le finestre di apertura recente e ripristinate quelle quattrocentesche; vengono
ripresi i motivi ornamentali di riquadro e le «arboree» trabeazioni in cotto, sulle
pareti della Tribuna, fatte saltare quasi totalmente coi rimaneggiamenti del ’600.
Il Progetto ricostruisce il recinto corale nel «sito» primitivo, all’inizio della sesta
campata della navata maggiore, fra la quinta e la settima colonna, su piano di
pavimento elevato che ricorre con quello del presbiterio e dell’abside. Il Coro è
progettato chiuso da pareti «istoriate» all’esterno; fra il Coro e la Mensa dell’altare
maggiore, collocata sotto la cupola, è la Tribuna o Piazzetta senatoria.
Vengono conservati il timpano del muro frontespizio a levante del Tempio e le tre
feritoie praticate originariamente nel muro per favorire la conservazione del legname di copertura.
Di accesso alle cappellette di fondo delle navate minori, il Progetto ricostruisce gli
archi sulla traccia delle imposte e delle «chiamate» originali; ricostruite pure per
traccia vengono le crociere della copertura primitiva.
Ad appoggio del pulpito viene assegnata la seconda colonna di destra della navata
maggiore.
È progettato il piano di pavimento delle cappelle cinquecentesche in leggera elevazione su quello dell’ambulacro che è al piano di Chiesa.
Per quanto riguarda i resti di decorazione murale il Piano di restauro prescrive il
più intransigente rispetto: le operazioni dovranno limitarsi alle sole saldature e ripuliture. Nella Cappella maggiore le patinature del cotto dovranno essere condotte
con scrupolosa sobrietà; della pittura dello spicchio centrale del catino, imbrattata
da ritocchi, si propone il puro lavaggio.
Il Progetto propone di ricomporre e di sistemare lungo le pareti ricostruite piane,
coi frammenti di marmo e di cotto ritrovati e coi «pezzi» trasportati in Chiese e
Musei della città, le arche delle antiche illustri sepolture.
208
PAOLA
ARTONI
LA SAGRESTIA
Il Progetto riporta la fabbrica alla quota della gronda originale demolendo il sopralzo del sei, e ricostruisce i due vani separati della Sagrestia e della Sala del Capitolo così come erano prima della trasformazione interna della manica ad unico
vano.
Il vano Sagrestia viene abbassato alla quota del pavimento primitivo, a livello intermedio fra quello della Chiesa e quello del Capitolo. A luci della Sagrestia vengono
riaperte le due finestre originali che guardano a levante; il Capitolo riceve luce dalla
porta che immette nel Chiostro e dalle due finestre bifore laterali.
Sopra la sala del Capitolo viene sistemata la Biblioteca del Convento.
IL CHIOSTRO
Il Progetto riapre gli occhi del porticato; vengono demoliti i piani sopraelevati sulle
corsie a notte e a levante; della parete alzata sul lato del Chiostro orientato a mezzogiorno viene conservata la quota di gronda attuale che è poi quella che ricorre
intorno ai quattro bracci della «crociara»; e nella parete portata dal portico rivolto
a mezzogiorno il Progetto propone di aprire un loggiato (il seicento ha già costruito
le volte), per far intravedere dal Chiostro le feritoie del conventino primitivo.
IL CONVENTO
Il Progetto conserva tutti i volumi delle fabbriche del Convento come era fino alla
sua soppressione; ricostruisce su tre lati il porticato del «Chiostro grande» per
sistemarvi sopra, nuovamente le celle; sacrifica la ricostruzione dell’ala di chiusura
del Chiostro verso il lago per adibirne l’area, insieme a quella oggi occupata dalla
ferrovia, a grande arteria stradale. Della manica di fabbrica del Chiostro rivolta a
sera, completata dal portico, il Progetto conserva l’intero volume, lasciando insistere sulla nuova sede stradale le due ultime campate della galleria a piano terra, regolatrici del traffico; resta così conservata integralmente anche la galleria superiore
con la finestrata di fondo «che guarda sul lago».
Lungo il «canale» è progettata la costruzione di due nuove ali di fabbrica, comprese fra le costruzioni antiche, per chiudere da quella parte il Convento. La prima
fabbrica, che viene a costituire la parete di levante del «chiostro della foresteria», è
progettata a due piani con colmo di tetto ricorrente con quello della foresteria; al
piano terreno sono sistemate le camere degli ospiti con annessi servizi, e al piano
superiore è la infermeria con camere sale scala e vani di servizio; la seconda nuova
fabbrica, che limita il cortile di servizio sul lato sempre a levante, è pure progettata
a due piani e vi sono distribuiti locali destinati al servizio generale del Convento;
al piano terreno la lavanderia, le autorimesse, la custodia carburanti, il pollaio, la
stalla; al piano superiore i locali di sartoria guardaroba stireria e camere e servizi
annessi.
In previsione di future necessità di espansione, il Progetto propone di annettere
all’Abazia l’area attigua di proprietà comunale confinante con quella d’Arco, la
quale renderà libera con la demolizione dei fabbricati adibiti tutt’ora a uffici e
officine dell’Arsenale.
Il Progetto stralcia una parte dell’appezzamento di terreno di cui parliamo per aprire la comunicazione fra la attuale Via Scarsellini e la grande strada lungo-lago della
APPENDICE
3
209
cui proposta si dice sopra. È progettato un ponte per l’allacciamento del vecchio
Convento con le future eventuali costruzioni che ad esso si vorranno annettere.
Si è detto «strada lungo-lago» perché è nei nostri voti che debba un giorno essere
finalmente compresa la necessità di edificare la nuova Stazione ferroviaria della
Città nella zona del Te, rinverdendo così la tranquilla sponda del lago, dai Giardini
a Cittadella, liberata dallo sconcio ingombro dell’attuale Stazione; la distesa degli
orti, degradanti fra la strada progettata e il lago, restituirà all’Abazia la cornice di
poesia di un tempo.
Il Progetto per il restauro del San Francesco è studiato sulla documentazione letteraria e di muro che fino ad oggi ho potuto procurarmi; dalle indagini che seguiranno in corso di restauro e che prevedo generose ancora di tracce, risulteranno nuovi
elementi di cui farò tesoro.
AA
In Mantova
1943
211
APPENDICE 4
A. Andreani, Relazione sul Progetto per il restauro
dell’abazia di San Francesco in Mantova,
in “L’Arte”, XXVIII, 1-2, LXII
(estratto dal fascicolo gennaio–giugno 1963, vol. XXVIII)
Milano, gennaio 1960
In questi giorni, dopo quasi vent’anni di buio esilio in un cassetto, mi ritornavano
in mano le cartelle sulle quali, allora, scrivevo la mia “relazione sul progetto per il
restauro della Abbazia di San Francesco in Mantova”.
Mi era piaciuto allora, nel 1943, alla vigilia di dare inizio al restauro del monumento, di ordinare e di fissare in due capitoli, preceduti da note di informazione generale, riassunte dalle notizie tramandate sull’argomento dagli storici locali,
quanto mi era risultato dalle indagini praticate e dalle tracce trovate eseguendo
assaggi sull’intero complesso del monumento – capitolo I -, e come da quei ritrovamenti fortunati dai quali ero stato condotto a capire e a ricostruire mentalmente
il quadro completo, ero pervenuto all’impostazione dell’insieme e all’elaborazione
del particolare del Progetto generale – capitolo II -. Una notevole documentazione
fotografica corredava ed illustrava i due capitoli.
Nelle prime settimane del ’45 il tempio, che era il nocciolo del piano di restauro
dell’intero complesso monumentale, era tutto restituito alla sua struttura originaria,
fusa con le preziosità architettoniche del momento rinascimentale. Il monumento
risorto rivedeva la luce. Restavano da completare alcune opere di finimento.
Il 3 aprile 1945, proprio nelle ore classiche, fra le “Palme” e “la Pasqua”, nelle
quali il Creato è pervaso da uno stato di grazia, un bombardamento “a tappeto”
si imbestialiva sul San Francesco fino a sradicarlo; restava in piedi solo la facciata,
nuda, livida, con l’occhio del “rosone” svuotato: la maschera cieca che ghignava
sullo scempio idiota consumato.
Subito dopo: l’armistizio.
Rileggendo le note di allora le ho sentite vive ancora, come aperta ancora è la mia
ferita.
Aldo Andreani
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PAOLA
ARTONI
ORIGINI E VICENDE DEL “SAN FRANCESCO”
Quindi passando la vergine cruda
Vide la terra nel mezzo del pantano
Senza cultura e d’abitanti nuda.
Li, per fuggire ogni consorzio umano,
ristette co’ suoi servi a far sue arti
e visse a vi lasciò suo corpo vano.
Gli uomini poi che ’ntorno erano sparti
S’accolsero a quel loco, ch’era forte
Per lo pantan ch’avea da tutte parti.
Per la città sovra quell’ossa morte
E per colei che ’l loco prima elesse
Mantova l’appellar senz’altra sorte.
In Mantova, intorno al mille.
Fra le prime zone sacre che i fedeli cercano di fissare ai margini della palude e sulle
quali sorgeranno i futuri santuari, è scelto il sito sul quale “da seme straordinariamente fecondo” s’innalzerà il San Francesco che in pieno Rinascimento assurgerà
e dignità di pantheon.
I primi segni che sorgono a testimonianza della fede cristiana sono i piccoli oratori
che più tardi diventeranno Santa Maria del Gradaro, San Nicolò, San Agnese, e,
infine, l’oratorio che i mantovani dedicano a Santa Vergine Incoronata sul quale un
giorno si alzerà il monumento che porterà il nome del Santo Francesco.
Superato il periodo feudale e i successivi vari orientamenti di impostazione di vita
comunale (Mantova è comune agli inizi del XII secolo), le vicende che accompagnarono la zona sacra dedicata alla Santa Vergine Incoronata, dal XII secolo – il
momento più remoto in cui solo oggi, per testimonianza di muro, è dato di accertare l’esistenza di una chiesa – alla fine del ’500, furono ben fortunate.
Il primo corpo di fabbrica che nasce sul ricordo del piccolo Oratorio dell’Incoronata è rifugio di capitani di popolo, è asilo e ultima dimora dei primi “signori”, è la
meta del predicatore di Assisi (1216) alla vigilia del suo viaggio in Terra Santa.
Il Frate Francesco, che ha ricevuto in dono dai mantovani la chiesa, vuole che accanto si edifichi un ospizio per primi fratelli, i quali si chiameranno Frati di Santa
Maria dell’Incoronata. Viene cosi ad affermarsi in Mantova il primo nucleo della
famiglia dei Frati Minori Conventuali che dimora in un piccolo abbozzo di convento, appoggiato al fianco della chiesa.
Negli anni che seguono i religiosi si affermano, e tanto è il loro ascendente sul popolo e sui “signori” (i Bonacolsi), che sul loro modesto complesso di fabbriche, che
pure già vive di un largo respiro romanico, essi innalzano, per opera del costruttore
Germanus, l’inno gotico – lombardo; il Tempio viene consacrato nel 1304.
E arriviamo intorno al 1350, negli anni cioè in cui si delinea la potenza della nuova
signoria che soppianta quella dei Bonacolsi. Forti della protezione dei Papi, che dei
nuovi Signori vedono di buon occhio l’accrescere del dominio, i Gonzaga si prodigano in donazioni al San Francesco.
Di queste provvidenze non possono non approfittare i Frati che riprendono a dedicarsi alla fabbrica, a soddisfare cioè la loro più forte ambizione: quella che denun-
APPENDICE
4
213
cia la forza e la autorità.
E si affrettano ad ampliare le fabbriche vecchie e ad innalzare le nuove che si delineano sul prato degradante al lago, creando un organismo che ha già i caratteri di
Abbazia.
Nel nuovo tempio vengono eretti i primi monumenti sepolcrali.
Guido Gonzaga muore bel 1369 e i figli gli “danno sepoltura in S. Francesco”;
ucciso il fratello Francesco, muore Lodovico nell’82 e “vuole” essere sepolto con il
padre in S. Francesco; (le cronache ricordano l’esistenza nel tempio del monumento
sepolcrale eretto per accogliere le spoglie di Alda d’Este moglie di Lodovico).
Il ’300 si chiude con l’arca di Margherita Malatesta – attribuisco a questo momento i resti di sculture che ho rinvenuto e che ricordano l’arte dei Dalle Masegne, a
conferma di quanto si sapeva fino ad ora solo da fonti letterarie -, che Francesco I
fa innalzare nel “San Francesco” a cui è devoto; “dopo egli pure vorrà essere sepolto” – nel 1407 – vicino alla moglie.
I primi anni del ’400 sono quelli in cui l’abbazia consolida, per opera dei suoi Padri
esperti e lungimiranti, che già governano i maggiori conventi – di qui la denominazione dei padri conventuali – quei caratteri di prestigio e di potenza che costituiranno la base necessaria al San Francesco per affrontare con sicurezza la luce, che
già accenna all’orizzonte, delle gloriose vicende future; visioni luminose apparenti,
dietro le quali, sotto i segni della pace della serenità e dell’amore, dovevano celarsi
fra i diversi Ordini religiosi le più tenaci rivalità; tenute nascoste ad arte, pazientemente, fino al loro esplodere nel momento calcolato il più opportuno in fulminee
azioni di ardimento e di prepotenza.
È quanto avviene proprio in Mantova con un audace e astutissimo colpo di sorpresa che scatta fulmineo nella nostra abbazia.
Le cronache mantovane dicono che ad una processione al santuario delle Grazie,
nella piccola borgata del “Le Grazie” ad una decina di chilometri dalla città, partecipano in massa i frati di Mantova. Dall’abbazia è ben visibile il Santuario che
lambisce le acque del lago.
Di ritorno dalle funzioni, con un viaggio in barca, che, bordeggiando tra il fruscio
dei canneti, sull’ora del tramonto, doveva essere piacevole, i Padri Conventuali approdano al loro convento e vi trovano, nuovi padroni, i Padri minori osservanti.
È l’anno 1436.
(era segnato dal destino che, cinquecento anni dopo, i frati minori conventuali venissero a subire non di miglior sorte.
Suonò amara – questa è storia dei nostri giorni – l’esclamazione di un Eminentissimo padre dei Conventuali patavini, quando, recatosi dal “Santo” a Mantova per
fare valere presso le autorità comunali i buoni diritti di precedenza del suo ordine
sulla proprietà del San Francesco, si rese conto – il rapporto contrattuale coi minori
francescani di Milano non era ancora perfezionato – che l’abbazia restaurata sarebbe stata ceduta alla provincia di Lombardia San Carlo Borromeo dei Frati Minori;
severo, l’illustre religioso lamentò: “si ripete oggi la beffa di cinque secoli fa”).
I nuovi frati sono veri maestri di vita; essi si sostituiscono ai fratelli, dediti invece
al ritiro e agli studi, e piantano le radici del novo ordine francescano in Mantova,
con calcolo perfetto, proprio quando entra nella sua luce più radiosa la corte dei
Gonzaga alla quale il San Francesco legherà strettamente la sua sorte.
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PAOLA
ARTONI
È la vigilia del periodo d’oro della città.
Il tempio sarà l’aula dove si cimenteranno pittori e marmorari sotto la guida dei
maestri; l’abbazia sarà il soggiorno di Papi e la sede di Concili.
In primissimo piano nel quadro del pieno quattrocento italiano sono ora Lodovico
Gonzaga e Barbara di Brandeburgo. Vicino a Lodovico e a Barbara è l’illuminato
maestro Vittorino da Feltre; vi saranno poi il Pisanello e Andrea Mantegna e Leon
Battista Alberti, i maestri che al tempio mantovano legheranno tutta una scuola.
È la “sagra” del San Francesco.
Nel tempio si da infatti inizio ad un grandioso complesso di opere murarie e di
pittura parietale, i muratori innalzano le pareti e le velano di calce incalzati dai pittori che sfogano su di esse tutta la loro voglia matta di frescare; non vi è decimetro
quadrato di muro che da essi resti dimenticato. I maestri assistono gli allievi.
I frati dedicano la cappella “dei signori” a Bernardino da Siena; omaggio doveroso? (frate Bernardino non era stato del tutto estraneo, insinuano le cronache,
allo scherzo giocato dai Conventuali in occasione delle funzioni religiose al “Le
Grazie”).
Nell’anno 1459 viene consacrato solennemente il San Francesco rinascimentale che
nel ’78 e nell’82 accoglierà le spoglie dei due grandi Gonzaga.
Ma ad accrescere la gloria del pantheon mantovano sta maturando ora il momento del secondo stupendo binomio: Francesco e Isabella. Il soldato giostratore che
monta e doma i puledri della razza di Corte cosi come, inchiodato in sella, sta a
cavallo del Cinquecento, da padrone, ha per compagna la donna fragile e dominatrice, smagliante nella piena luce della rinascenza italiana.
L’uomo d’armi che a Fornivo carica sui francesi in testa al suo squadrone e vince
Carlo VIII è l’uomo pio che vuole a Mantova vicino a lui i corpi dei suoi compagni
di battaglia più cari, e ad essi “dà sepoltura in San Francesco”.
Nei periodi di pace, Francesco II Gonzaga è il “magnus murator” che imposta l’architettura della nostra abbazia. L’opera pare in quei temo imponente “per le nuove
fabbriche del convento a cui non si trova un simile in tutto l’ordine franciscano”.
Il San Francesco ospita ormai più di cento frati.
Sull’esempio delle fabbriche gonzaghesche, caratteristiche per il largo tracciato di
pianta, la fabbrica del nuovo convento si imposta su una “spaciosa crociara” che
incorpora parti delle ali del conventino primitivo fondato nel XIII secolo; nei campi
dalla croce sono i chiostri e il cortile; e si completa il piano monumentale di lavoro, fra l’ultimo decennio del XV e il primo del XVI secolo, con la fabbrica delle
“stanze dei signori”, del portico e dei portoni. L’abbazia è cosi anticipata e protetta
dal sagrato, che resta chiuso dal lato della strada a mezzogiorno, e, a notte, dalle
acque del lago, al quale scendono i suoi orti. Appare dall’insieme tutto il quadro
architettonico cinquecentesco.
Francesco II, il marchese “religiosissimo” muore nel 1519, ed è “sepolto in San
Francesco”; in terra, “conforme al suo comandamento”.
È del 1543 il capitolo generalissimo “che si tiene nel San Francesco di Mantova”,
con la partecipazione di migliaia di frati giunti “da ogni parte del mondo”.
Con Vincenzo Gonzaga, al principio del XVII secolo, la corte soffoca nel fasto la
sua stanchezza; il rinascimento che muore. E il San Francesco anche si smarrirà,
attraverso le opere che ricorderemo a chiusura del I capitolo del nostro studio.
APPENDICE
4
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Il ricordo del povero oratorio che i fedeli avevano fabbricato ai margini delle acque
per innalzare la loro preghiera semplice e calda è già remoto; e lontano già è il tempo dell’illustre abbazia, di quella organica massa architettonica tirata su tutta con
l’argilla cotta del Mincio, rossigna, quasi incandescente per la fiamma che bruciava
all’interno del tempio: la fiamma creativa degli allievi e dei maestri tesi insieme
nell’esaltazione della fede.
CAPITOLO I
GLI ASSAGGI, I RITROVAMENTI, I RILIEVI
Il San Francesco come è oggi, chiamato ancora Arsenale: (tavola 1)
Ho potuto accertare l’esistenza della chiesa di epoca anteriore al 1304, la data con
la quale venne tramandato fino ad ora “l’atto di nascita” del San Francesco, in
seguito al ritrovamento:
a) Dello “spiccato” di muro della parete a mezzogiorno della chiesa primitiva, a
paraste risultate per indagine in fondazione con ritmo di interasse variante fra i
metri 4,20 e i metri 4,50;
b) Di un resto della cornice terminale della parete stessa, costituita da archetti a
tutto centro e da un allineamento di mensolotti portanti dei ricorsi sovrapposti a
risega, restituito in luce sotto l’imbottitura di un pennacchio di volta (tavola 2)
c) Del contrafforte di sinistra del frontespizio a levante della chiesa
d) Di un resto di cornice – fatta saltare – il cui ritmo ad archetti a tutto centro si
svolge con attacco regolare al contrafforte detto
e) Di qualche resto della parete a notte della chiesa con tracce di cornice terminale,
a sole mensolette con sovrapposto doppio ricorso di mattoni.
Con sagrestia: costituita da due locali – sagrestia propriamente detta e sala capitolare – a quote diverse di piano di pavimento, per il ritrovamento:
f) Dei due “selici di pavimento”
g) Della fondazione del muro divisorio
h) Delle porte e feritoie aperte in costruzione nella parete a levante
i) Della regolare immorsatura delle pareti col fianco di sinistra della chiesa; muri
nati insieme in costruzione
j) Di pitture murate nella sala del capitolo, dove sul fondo unito del muro, preparato con terre, si sovrappongono altre terre impastate, secondo la tecnica del tempo,
con ovo e latte di fico, che non si incorporano col fondo e si cancellano con una
passata di mano; la pittura rappresenta “al vero” delle figure di Santi inginocchiate
nella teoria degli archi di una specie di pergola
Con convento: costituito da due ali di fabbricato a due piani disposte normalmente fra di loro e racchiudenti, con le altre due pareti rispettivamente della chiesa e
della sagrestia, il cimitero, per il ritrovamento di una fila di finestrelle aperte in
costruzione (occhi delle cellette). Gli interassi regolari delle luci informano sulla
216
PAOLA
ARTONI
misura di larghezza delle celle retrostanti; i cataletti in vetro, di cui viene accertata
la sistemazione in costruzione ai lati delle feritoie, informano sull’accorgimento
adottato per praticare dall’interno la manovra di chiusura ed apertura dell’anta,
fissata all’esterno (sono ritrovati i cardini).
La parete forata che l’assaggio ricupera è avanzo povero del primo abbozzo del
convento, ma pure eloquentissimo: su quei pochi metri di muro si rivela tutta la
bravura di un artigianato maestro. L’alternarsi della finestrella ad archetto a tutto
sesto con quella ad archetto a sesto acuto fa pensare che quei muratori, nell’osare
il nuovo, non si decidono a lasciare le care vecchie forme sulle quali hanno tanto
imparato.
È individuata la chiesa del 300 ed è accertata l’entità delle opere di trasformazione
eseguite sulla chiesa primitiva per il ritrovamento:
all’esterno:
a) Delle luci aperte in costruzione con l’innalzamento del muro del fianco sinistro,
a notte, fino all’altezza della quota di gronda del fianco opposto, a mezzogiorno, e
imitando quella cornice di gronda ma riducendone l’importanza
b) Di detriti lignei chiusi in canale, con sezione di circa centimetri 16x12, rintracciato corrente sulla parete esterna destra della navata maggiore svoltante sulla parete del frontespizio di fondo; si tratta della sede praticata nel 300 (in costruzione,
al piano di base delle murature di sopraelevazione) per il trave di collegamento del
“cassone” della navata maggiore; il rinzaffo della sede è impressionato dalla fibra
lignea; sul frontespizio di fondo, cioè il muro che chiudeva la chiesa del 300, sono
rintracciati, lateralmente, i monconi del trave che prima della costruzione della
nuova fabbrica absidale – 1478 – doveva correre ininterrotto per l’intera “luce”
della navata, e per un tratto in vista: catena, a un terzo circa, della arcata che introduceva alla modesta abside trecentesca.
All’interno:
a) Dei due filari a colonna in cotto della navata maggiore, con basi e capitelli in
pietra, (ritornate alla luce sotto l’imbottitura della pilastrata seicentesca) portanti
le altissime arcate gotiche: (tavola III). Aghi di ferro, conficcati nella pietra dei capitelli, si rinvengono rivestiti ancora di detriti di legno; si tratta del legamento delle
“catene” trasversali e longitudinali eseguito prima di innalzare le arcate; (la delicatissima operazione di indagine nel peduccio delle arcate porta a determinare che
è prevaletemene adottato il criterio di “tenere” con un solo ferro la testa del trave
longitudinale e quella, appoggiata sopra, del trave trasversale). Resti di pietre con
ornati arborei, fatti saltare in occasione della fabbrica absidale della fine del XV
secolo, dovevano decorare i capitelli di appoggio dell’arcata aperta sulla parete di
fondo della navata; faccio ricerche di fondazione e trovo la traccia della muratura
degli spalloni portanti i capitelli; la riforma della fabbrica absidale ridurrà gli spalloni a basse paraste;
b) Del muro di fondazione, cercato e trovato, fra le due (sole) colonne a sezione
ovoidale della navata maggiore, della parete di recinzione del coro che nel 1300, ad
imitazione della chiesa spagnola e di altre nostre chiese coeve, famose, era collocato
APPENDICE
4
217
nel mezzo della navata maggiore;
c) Della imposta della volta a crociera trecentesca a copertura delle cappellette di
fondo alle navate minori, e dei serventi della crociera che risultano per assaggio in
fondazione; delle luci, monofore e a coppia, che nel ’300 si aprono in rottura sulle
pareti già appartenenti alla chiesa primitiva.
d) Di resti di pitture trecentesche – a cui sono sovrapposte altre di epoca successiva
– sulle pareti delle navate minori e sulle arcate della navata maggiore.
Nella sagrestia: di due grandi finestre ricavate in rottura nella parete della sagrestia
primitiva, e della quota di gronda determinata sulla traccia di cornice fatta saltare
con la sopraelevazione della manica nel XVII secolo. La traccia della cornice è trovata nella parete della sagrestia che guarda sul “chiostro dei morti”.
Includo nelle opere che furono eseguite in questo tempo la costruzione di una fabbrica che si appoggia sul fianco a mezzogiorno della chiesa. È la prima cappella
che si addossa alla chiesa, e nella quale sarà ricavata la cappelletta delle terziarie
facente parte del gruppo delle cappelle cinquecentesche. Trovo la traccia delle due
finestre della cappella e i resti della copertura con volta a crociera, la cui imposta,
sulla parete della chiesa primitiva, è ricavata in rottura.
È rivelata l’esistenza di un muro di recinzione parallelo al fianco destro della chiesa,
il quale parte dal piano di facciata della chiesa, fino ad incontrare la cappella su
descritta. Ritengo che il muro fosse originariamente la parete di protezione di un
cimitero esterno, in seguito coperto trasversalmente per ricavare delle cappelle.
L’indagine porta al ritrovamento:
a) Della fondazione della parete esterna del recinto, interrotta da pilastri che suddividono la parete in cinque campate
b) Della zoccolatura del muro con modanature in cotto
c) Di resti di pilastri e di un pinnacolo (tavola 4) ricuperato nella imbottitura di
pennacchi delle volte cinquecentesche, modellato a ordine doppio di colonnette in
cotto, a tortiglione;
d) Dei resti di due luci aperte nella parete di facciata della prima campata
e) Della fondazione dei muri divisori, in corrispondenza dei pilastri contrafforti
esterni.
Attribuisco all’inizio del ’400 la costruzione della cappella che per prima si appoggia alla prima campata del muro di recinzione su descritto.
L’ampio e nudo vano interno è accusato all’esterno da specchi piani di muro, chiusi
fra grossi pilastri. Le pareti di testata sono fermate da timpani massicci; ritrovo i
resti del timpano rivolto a notte (tavola V). Nella parete che guarda il sagrato trovo, assaggiando dall’interno, la traccia delle luci originali, feritoie appoggiate agli
spalloni e, sempre all’interno, appare traccia delle luci che fiancheggiano l’ingresso
della cappella che è voltata a “botte”. Nessuna traccia di pittura. È questa la cappella “dei signori” che sarà dedicata più tardi al Santo Bernardino da Siena.
Nella seconda metà del ’400 il San Francesco si arricchisce di una sfolgorante decorazione parietale. Le operazioni di assaggio conducono al ritrovamento di pitture
a fresco praticate sulla decorazione murale trecentesca e su altra ancora anteriore.
Sono residui di pezzo di affresco con figure inquadrate in diligentissime incornicia-
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PAOLA
ARTONI
ture geometriche, disposte in modo da stabilire che i pittori (varii, e di talento e di
scuola diversa) seguono le direttive di un unico piano ben determinato di lavoro: le
pezze ritrovate appartengono alla fodera stesa simultaneamente sulla intera superficie della parete, di cui la pittura accompagna i movimenti in rientranza – strombatura
di feritoie – e in aggetto – pilastri e spalloni -. Alcune parti, specialmente quelle di
ornamento ai pennacchi di arcate e volte, sono attribuibili a Maestri (tavola VI). È
di eccezionale interesse il ritrovamento di un riquadro incompleto, dove accanto alla
pittura ultimata si rivela la sinopia del pezzo di affresco da eseguire (tavola VII).
Coeva alla decorazione parietale di questo momento rintracciata nella chiesa, ritengo quella che l’assaggio conduce a trovare, murata, nella sala del capitolo, oltre già
detto parlando degli elementi che accertano l’esistenza della prima chiesa. A mio
parere, del momento in cui si eseguisce la nuova decorazione della sala, è il motivo
unico architettonico – porta fiancheggiata da bifore – aperto in faccia alla pittura
per accedere al chiostro.
Verso la fine del ’400 si costruisce la Cappella Maggiore (tavola VIII). La fabbrica
sorge in appoggio al frontespizio di levante del cassone formante la chiesa primitiva, coassiale con la navata maggiore, coprendo in parte l’area dell’abside trecentesca che viene demolita e della quale non resta che la traccia di due feritoie; luci che
l’assaggio ritrova accecate dalle colonne su cui si imposta la cupola. La cappella,
composta di tribuna, cupola e abside, si innalza con caratteri proprii, di aperto
ricordo albertiano, ricca di opulenta decorazione di cotto e di pittura. Lo sfarzo
pagano vuole avere ragione sul nudo mistico.
Si demolisce pertanto l’arcata sulla parte di fondo della navata centrale perché i
costruttori della cappella vogliono la piena visibilità della nuova fabbrica; e con
l’arco, fondale della chiesa trecentesca, si demoliscono i pilastri laterali e i capitelli
di appoggio, di cui oggi restano i soli monconi di incastro. Si vuole che la Cappella
maggiore “entri” nel San Francesco per dominarvi con un bel “pezzo di nuova
architettura.
Non altrettanto felice, o quanto meno originale, è la “novità” che gli stessi costruttori, a mio avviso, introducono nella chiesa sopraelevando i muri delle navate
minori per coprirle con volte a crociera.
Essi spingono la riforma fino alle cappellette di abside alle due navate. Scompaiono
le coperture lignee originarie.
Assegno pure alla fine del ’400 la fabbrica che si innesta fra la prima cappella
aggiunta alla chiesa nel ’300 e il campanile. La nuova cappella si alza su prolungamento dei muri delle due fabbriche esistenti e le chiude a mezzogiorno con muro di
testata forato da alte feritoie.
Il vivo esterno di questo muro e la faccia dei pilastri angolari sono intercalati da
sottili paraste che concorrono ad accentuare il senso di verticalità dell’architettura
esterna ed interna della cappella.
Dall’esame delle murature è dato di determinare che originali, aperte in costruzione
di muro, sono le sole feritoie su accennate; che l’attuale muro di attico è muro successivamente sopraelevato; che i pinnacoli piantati su pilastri e il rosone di facciata
sono aggiunte posteriori.
APPENDICE
4
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L’interno della cappella, dedicata al Santo Bonaventura – Giovanni da Fidenza, è
a superfici piane, chiuse da volta a crociera; le nervature della volta appoggiano su
capitelli pensili. Gli assaggi portano a rivelare la decorazione delle pareti e della volta.
La pittura è a fresco de è da attribuirsi a pittori “ritardatari”; più vicino al clima del
momento si dimostra l’artista che dipinge il dittico compreso tra le finestre rappresentate “il Santo Dottore che tiene scuola e il Santo morente”. I blu e i verdi crudi
sono trattati, come di solito, con la tecnica dell’impasto di cera con calce.
Sempre gli stessi anni, fine XV secolo, attribuisco la trasformazione dell’antico
cimitero in chiostro. Per due lati in appoggio alle pareti del conventino primitivo e
per altri due, in appoggio ai muri della chiesa e della “manica” sagrestia e Capitolo,
fu costruito il porticato. Le catene in ferro delle volte sono passanti lo spessore dei
muri di appoggio. Le pareti dei portici saranno decorate più tardi: le pitture non
sono attribuibili a questo momento.
Nel Cinquecento il mattone prende il sopravvento sulla pittura; è il momento questo dei “magni muratores” che creano in San Francesco l’architettura di larga concezione cinquecentesca. Le corsie delle prime cellette e “officine” annesse forniscono lo spunto del tracciato a crociera del nuovo convento (tavola IX).
Le nuove fabbriche incorporano, o meglio, inghiottiscono il conventino primitivo. L’indagine di primo tempo sull’intero quadro delle fabbriche che attribuisco
a questo momento, sul sagrato al lago e dal “canale” alla manica della sagrestia,
porta a stabilire che quei muri nascono insieme e che partecipano ad un solo piano
costruttivo, organico e ben determinato.
Il quadro comprende le fabbriche che limitano la zona consacrata di preparazione
al Tempio: i “portoni”, cioè il diaframma forato che separa la strada con il suo traffico dallo spazio consacrato; il portico, che è il tetto per i pellegrini; la “foresteria”,
che è il fabbricato di rappresentanza a due piani che sta di fronte ai “portoni”.
L’assaggio sul particolare delle singole fabbriche – secondo tempo – conferma l’unità del complesso edilizio ritrovato, oggi quasi cancellato dalle manomissioni e dai
rimaneggiamenti avvenuti ne tempo. Il tipo della finestra originaria architravata
con strombatura intonacata – la caratteristica velatura lisciata – a raccordo curvilineo, si trova da per tutto, e a “luce” pressoché constante; gli avanzi della sagoma
cornice di gronda ricorrono nei diversi corpi di fabbrica; l’ampia volta è dovunque
ripetuta a copertura degli ambienti di rappresentanza. E gli assaggi portano al ritrovamento della cella cinquecentesca “tipo”, e della sua formula di volume e di
luce di finestra e di porta.
Tutti questi particolari rispondono ai canoni di dimensione e al tipo di fattura che
caratterizzano gli elementi di fabbrica del ’500 mantovano.
Il nuovo convento è impostato su quattro bracci di croce greca. Il braccio parallelo
all’asse longitudinale del tempio si estende dal “canale” alla manica della sagrestia.
Al piano superiore sono le celle e le corsie di disimpegno che, con la trasformazione
del ’600, prenderanno il carattere di vere e proprie gallerie con lucernarii; al piano
terreno sono il refettorio, la cucina ed i servizi annessi, le “officine” e la stalla.
Il refettorio è il volume del Cinquecento che si ottiene con lo sventramento di una
manica del convento primitivo; le operazioni di indagine sui muri che l’ingombro
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PAOLA
ARTONI
del materiale di arsenale costringe per ora a limitare, portano al ritrovamento delle
tre luci originali della sala e di un ribasso che è l’occhio creato cieco in costruzione
ad imitazione delle tre luci aperte; sulla parete di fondo del refettorio l’assaggio
rivela i resti di una “cena”.
I corpi di fabbrica che si innalzano a recinzione del sagrato sono, come ho detto,
la “foresteria” compresa fra la facciata del tempio e il “canale”; il portico fondato
sulla riva del “canale”; i “portoni” in faccia alla “foresteria”. Il portico, alterato
nel ’600, ha resistito fino ad oggi; è scomparsa invece totalmente la traccia della
fabbrica dei “portoni” ricordati dalle cronache come fondati da Francesco II; arricchiti poi con sculture per ordine del figlio Federico, quindi demoliti perché “pericolanti”; rifatti nel ’600, e infine distrutti con la trasformazione del San Francesco
in arsenale.
Non penso, come gli elementi che restano potrebbero indurre a giudicare, che sia
da riferirsi al momento delle grandi opere su descritte la trasformazione della sagrestia, ma ad un momento successivo, e precisamente alla seconda metà del ’500.
Si tratta di una trasformazione radicale dell’interno della manica, evidentemente
suggerita per annettere al tempio, divenuto panteon, una grande sala di sagrestia.
Ricostruisco sul ritrovamento di tracce la sala che sarà distrutta dai rimaneggiamenti del ’600. Sepolti i due “selici” di pavimento della sagrestia e dell’annesso
capitolo primitivi, si livella il piano alla quota di pavimento delle navate: demolito
il muro voluto dalla nuova pesante copertura della sala, si ingrossa la parete che
apparteneva al capitolo murando la pittura più antica e quella, sovrapposta, del
’400; in appoggio sui sei capitelli pensili goticizzanti incastrati nelle pareti longitudinali si innalzano le nervature delle crociere di volta. Nel tardo Cinquecento si ha
così una sagrestia di architettura mista, con prevalente sapore di gotico “rifatto”.
Le cappelle aggettanti a mezzogiorno sono costruite pure, a mio avviso, nel periodo
che chiude il Cinquecento, e risultano dallo sfondamento della parete esterna del
recinto di cimitero. Esse si aggiungono sul prolungamento delle cappelle che già
erano state ricavate, ad ingrandire la Chiesa, con la suddivisione in cinque campate
del vecchio recinto del cimitero; coperte con “mammelloni” (tavole V e IV) piantati
su pilastri.
In corrispondenza e sul prolungamento della prima campata è aggiunta la cappella
dei “signori”; e in corrispondenza delle altre quattro campate sorgono ora le cappelle dedicate al Santo Francesco, alle “anime purganti”, al Gesù, e alla “Immacolata”.
Mi riesce di individuare singolarmente queste cappelle sevendomi di notizie vaghe
di fonte letteraria che il ritrovamento del dato sicuro emergente dall’ “assaggio”
porta a concretare.
Sulla parete di destra della cappella che segue quella “dei signori” (o di San Bernardino) è dipinta una specie di nave, a diversi piani;
“sul primo sono i francescani fatti Vescovi, Cardinali e Pontefici; più in alto sono
le Francescane illustri, i più in alto ancora i Francescani dichiarati Santi; nel mezzo
della strana composizione del quadro sorge un albero che segna i vari gradi della
perfezione cristiana, con angeli portanti sentenze evangeliche, e sulla cima dell’albero sono i nomi delle virtù; dai resti della pittura è ancora dato di leggere la nave
APPENDICE
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della Chiesa di Cristo sbattuta dalla tempesta ma non sommersa: Cristo è in alto,
al posto di comando, e a poppa e a prua sono San Pietro e Maria Vergine con gli
Apostoli e i Dottori della Chiesa posti a difesa della verità contro l’errore; travolti
dai flutti, gli eresiarchi di tutti ti tempi e segnatamente i capi della riforma”. Resta
per tanto individuata la cappella dedicata al Santo Francesco.
Segue la cappella dove ritornano in luce i resti di pitture allegoriche, sul piedritto
della curva absidale: sono angeli che sostengono aperto il libro della vita (pastorale
e mitra, candelabro, orologio ed altri attributi); è ricordato dall’Intra che nella
cappella in San Francesco destinata alla celebrazione delle messe funebri doveva
essere murato il testo dei “dies irae” con la sequenza celebre sotto il nome di “testo
mantovano” comprendente quattro strofe in più del comune; ma infruttuosa risulta la ricerca dell’importante documento. È questa la cappella detta delle “anime
purganti”.
Segue la cappella che lo storico mantovano Cadioli chiama del “Gesù”; egli scrive
“all’altare della cappella che da questa parte succede in quarto luogo, detta del
“Gesù” v’è il quadro dei SS. Pietro e Paolo, con in mezzo S. Bernardino, ottimo
lavoro della scuola del Tiziano”.
Segue la quinta cappella dove riappaiono alla luce le pitture rappresentanti: “l’arcangelo S. Michele con la spada, in lotta con Satana (a significare Maria Immacolata che al suo apparire sulla terra schiaccerà la testa del serpente)”; e, di fronte,
“la regina Ester che implora per il popolo d’Israele la misericordia de re Assuero:
(figura biblica di Maria che supplica in favore del popolo cristiano dinanzi al trono
di Dio)” è questa la cappella dell’Immacolata.
La fabbrica dell’antica cappella del ’300, su descritta, viene trasformata con l’architettura del cinquecento decadente, e destinata a Oratorio delle Terziarie, compreso
fra la cappella dell’Immacolata e la cappella del Santo Bonaventura.
Secolo XVII. L’indagine di maggiore importanza, quella praticata “in profondità”,
il lavoro cioè che ha condotto ad individuare il Santo Francesco nei vari aspetti e
sviluppi, dal suo nascere alla fine del 500, può dirsi, per ora, esaurito.
All’inizio del XVII secolo – pare che il Santo Francesco si rinnovi a date fisse, ogni
cento anni – si eseguiscono:
nella chiesa:
a) La demolizione delle volte della sagrestia cinquecentesca e la sopraelevazione
delle pareti della intera manica per sistemare la biblioteca al piano superiore; la
leggenda chiusa nel cartiglio dipinto ritrovato sulla porta di ingresso, aperta nella
galleria del convento, celebra la costruzione della nuova “libreria”;
b) La demolizione delle pareti di chiusura del coro, installato fino ad ora nel mezzo della navata maggiore; il nostro recinto corale segue la sorte comune che tocca
nei primi anni del ’600 ad altre basiliche che si amplificano con le fabbriche absidali, dove gli “stalli” vengono sistemati sotto il catino;
c) La costruzione del presbiterio limitato dalla balaustra, di cui è ritrovata la traccia
dell’incastro nelle due ultime colonne della navata maggiore;
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PAOLA
ARTONI
d) La costruzione di sfondati, in rottura di muro, nella parete della navata minore
di sinistra, nicchie per altari;
nel convento:
a) La costruzione di due nuove ali di fabbrica, l’una in prolungamento e coassiale
col braccio della croce parallelo al fianco della chiesa e l’altra, protendendesi verso
il lago e normale alla prima, a chiusura dell’orto che diventa il “chiostro grande”
del convento, con portici a colonne; del porticato intorno al chiostro fa testimonianza il muro di fondazione cercato e ritrovato nell’attuale cortile dell’arsenale;
b) La sopraelevazione dei muri della corsia centrale della croce cinquecentesca, in
accompagnamento delle gallerie delle due nuove ali le quali vengono costruite già
coi muri delle gallerie elevati sui corpi laterali; la “croce” greca diventa “croce”
latina, chiaramente denunciata all’esterno delle “spina” lanterna delle gallerie;
c) La decorazione con pittura delle lunette dell’antico chiostro dei morti.
Sul sagrato:
a) La elevazione di un piano sopra la fabbrica della “foresteria cinquecentesca;
b) La sostituzione delle colonne in cotto del porticato cinquecentesco dei pellegrini
con colonnette in pietra;
c) La demolizione dei “portoni” cinquecenteschi e la ricostruzione di nuovi ad
opera di Francesco Borgano “peritissimo ma non meno nella architettura che nella
pittura”.
Alle opere del principio del secolo che intaccano si ma non distruggono, specialmente nel convento, il complesso architettonico del monumento, segue alla fine del
’600 la “ondata” di quel barocco di brutta lega che risparmia né pure il nostro San
Francesco; il tempio è letteralmente mascherato, imbrattato, crivellato; la devastazione si accanisce specialmente sulla navata maggiore: sotto la imbottitura di una
pilastrata che lo sottopone ad un vero martirio scompare il colonnato; scompaiono
insieme le arcate trecentesche in cui si vengono ad inserire con “morse” laceranti
(tavola XI), i nuovi archi; sui capitelli delle paraste frontali, sono appoggiati gli
elementi del nuovo coronamento ai quali dà lo spunto la trabeazione in cotto della
Cappella maggiore; murate le feritoie primitive si aprono nuove finestre; scompare
la copertura lignea della navata sotto la nuova volta (tavola X).
Dopo il saccheggio napoleonico che pratica la sua follia devastatrice anche sulle sculture delle arche dei primi Gonzaga, frantumandole (tavola XII) e seppellendole, forse
per non poterle trasportare – ho trovato preziosissimi resti fra il rottame di riempimento di una tomba - , la chiesa e il convento di San Francesco trascinano la loro vita
fino al 1797, l’anno in cui l’abbazia è soppressa; nell’800, sarà arsenale – fortezza.
CAPITOLO II
Il progetto di restauro
L’atto di Convenzione in data 1° settembre 1943, col quale il Comune di Mantova,
Podestà il Generale Gaetano Silvio Spiller, concede in uso alla Provincia di Lombardia San Carlo Borromeo dei Frati Minori il tempio di San Francesco con convento
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ed annessi cortili, chiostri, porticati e fabbricati minori di sua proprietà, affida a me
l’incarico del restauro del monumento.
L’esame preliminare fatto su tutto il complesso delle fabbriche attraverso il rilievo
planimetrico (tavola XV) e di alzato di ogni singola porzione; la indagine praticata
per assaggio sulle murature di alzato e di fondazione; in fine l’operazione di confronto che ho eseguito sui diversi corpi di fabbrica caratterizzati per epoca fattura e
materiale mi hanno condotto a sviscerare il tema così da poter oggi “vedere” chiaro
il monumento, dal suo nascere al massimo sviluppo e alla fine. Sono preparato per
iniziare con serena sicurezza l’operazione del restauro.
I lavori saranno seguiti dal Prof. Piero Gazzola, sovrintendente ai monumenti mantovani.
Il progetto per il restauro del San Francesco provvede a medicare il monumento
dalle ferite e dalle lacerazioni patite nel tempo, lo spoglia delle sovrastrutture, lo
completa nelle porzioni mutilate; lo riporta ai volumi primitivi; ricostruisce, su documentazione letteraria convalidata da traccia di muro, le strutture perdute.
Il mio studio è Piano di restauro totale del monumento, nel complesso generale delle fabbriche e degli spazi aperti costituenti l’Abbazia (tavola XVIII); essa interessa
una superficie di circa quattordicimila metri quadrati.
Il sagrato
Il progetto ricostruisce il recinto chiuso cinquecentesco limitato: dalla facciata del
tempio; dal corpo di fabbrica doppio ridotto all’altezza dei primitivi due piani
che viene nuovamente adibito a foresteria; dal porticato dei pellegrini restituito
“a giorno”; da un nuovo portico, a ricordo degli antichi “portoni”, che allaccia il
porticato dei pellegrini con la corsia interna che introduce alle cappelle e coassiale
con essa.
Richiamo l’attenzione di chi esaminerà il progetto sul particolare della recinzione
del sagrato; oso affermare che nel riquadro netto dello spazio aperto nel quale ritorna a prevalere la massa della facciata vera e propria del tempio, essa riacquista
la purezza, la spaziosità, la solennità e, direi, la luce primitiva. Giudico che la ricostruzione dell’ala di fabbrica la quale ritorna ad innestarsi normalmente su quella
anonima porzione di muro tirato su a chiusura della corsia interna fra il fianco a
mezzogiorno della chiesa e la parete a notte della cappella “dei signori”, porti ad
eliminare il senso di incertezza e di sbandamento diffuso sullo attuale prospetto,
dato appunto da quella pezza di muro rifatto che si intromette fra le pareti “buone” delle due fabbriche laterali.
Per voler dare l’ampiezza massima al ripiano di accesso al tempio e per la necessità
di conservare la quota di “spiccato” del porticato dei pellegrini, che è più bassa
della quota di pavimento della chiesa, il progetto assegna all’intero sagrato due
quote diverse di piano, raccordate da scalea che si estende per tutta l’ampiezza del
recinto.
Il sagrato viene ad essere anticipato da una platea compresa fra il fianco della cappella di San Bernardino e il pilo che viene progettato a base di una grande croce con
“l’impresa” francescana, piantato sulla riva del “canale”. La platea, o “listone”,
allontana il sagrato dal traffico della piazza antistante (tavola XVIII).
Si accede al convento percorrendo il porticato dei pellegrini.
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ARTONI
Il tempio
Le facciate: il piano per il restauro della fronte principale si limita al consolidamento della parete mediante opere di sottomurazione e alla ripresa della zoccolatura e
degli archetti e dei pinnacoli di coronamento; al completamento del portale, preventivamente consolidato e ancorato, con le sculture laterali rappresentanti due
santi, protetti dalle alette della carlinga; alla ripresa dei davanzali delle due finestrate, riportati all’altezza originaria; alle operazioni di pulitura e di saldatura a
cui dovrà essere sottoposto l’affresco della lunetta per salvare i poveri resti di una
pittura che, per quel poco di leggibile che resta ancora sotto l’imbrattamento di
malta cementizia, appare di buona fattura.
Sulla parete della cappella di S. Bernardino, interrotta da un pilastro centrale, sono
riaperte le tre luci originarie.
Alla facciata a mezzogiorno specialmente il piano di restauro dedica notevoli opere
di risanamento; si rifanno circa millequattrocento metri quadrati di tetto (tavola
XIII). Viene demolito il falcone di copertura, compreso fra la cappella di San Bernardino e quella del Santo Bonaventura, che scende dal muro della navata centrale
sul quale appoggia con una sola insufficiente pendenza, fino ad arrestarsi tangenzialmente alla curva delle cappelle. Dobbiamo a questa balorda copertura del tempo
nel quale il San Francesco fu truccato in arsenale lo stato di malora, specialmente
nella zona delle cappelle, nella quale troviamo le murature e le decorazioni parietali
di cui è riaffiorato, in sede di assaggio, qualche resto di eccellente fattura. All’unica
falda, il progetto sostituisce (tavola XVI) coperture parziali che degradano con salti,
raccogliendo e disciplinando le acque in corrispondenza dei divisori delle cappelle;
allo scarico provvedono i doccioni in facciata. Notevolmente sgravato dal peso che
seriamente lo comprometteva, riappare liberato il muro della navata centrale con
feritoie della chiesa trecentesca. Regolata sull’andamento della pendenza originaria
– di cui trovo la traccia sotto le volte a crociera, - si distende la falda di copertura
della navata minore di cui riappare il muro di facciata determinante il primo salto
del nuovo tetto; segue la sottostante corsia di accesso alle cappelle, voltata coi quattro mammelloni, che la nuova copertura denuncia con corrispondenti padiglioni,
e riappare il primitivo muro di recinto del cimitero, con pinnacoli sui contrafforti,
a determinare il secondo salto; singole coperture si modellano in fine sulla forma
absidale delle cappelle che si affacciano sul primo piano della zona centrale della
facciata, chiusa, come ho detto, fra le due cappelle di San Bernardino e del Santo
Bonaventura o del “crocefisso”. Sulla prima il progetto riporta il tetto alla imposta
e alla pendenza di falda originaria cosi da consentire il rifacimento, guidato sulle
tracce rinvenute, delle crociere interne a sesto acuto; e sulla seconda viene demolito
il sopralzo di costruzione recente e restituita la copertura primitiva, autonoma, a
padiglione. Della cappella del crocefisso viene chiusa la lunetta che sta sotto l’occhio
centrale, ricavata ugualmente appartenenti al momento dei rimaneggiamenti arsenalotti goticizzanti, e sostituite con “luci” laterali che il progetto riapre avendo a
guida gli elementi delle finestre cinquecentesche.
Sono previste le opere di ripresa generale delle murature piane, degli sguanci di
feritoie e dei coronamenti in cotto lavorato a mano.
Il campanile, completato di pigna terminale poggiata su tamburo poligonale, è la massa
verticale dominante sulla estesa, per quanto accidentata, orizzontalità della facciata.
APPENDICE
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L’esterno del corpo absidale, nel quale comprendo le cappellette di fondo alle navate minori, resta conservato nel complesso monumentale delle sue masse. Con le
finestre trecentesche delle cappellette, accoppiate con intermedio pilastro, vengono
riaperte le feritoie nella zona della cupola, ultimi resti che ricordano l’abside della
chiesa trecentesca.
La facciata a notte della chiesa è quella che vediamo dal “chiostro dei morti”. Su
questo piano il progetto restituisce completamente in vista il muro della navata
minore. Vi si legge bene la porzione del muro sopralzato per costruire la nuova copertura della navata con volte a crociera, in sostituzione della copertura originaria
trecentesca lignea, come quella della navata maggiore.
La nuova falda del tetto della navata viene sistemata come quella del fianco a mezzogiorno, tenendo però conto dell’orientamento a notte che suggerisce di proteggere opportunamente i canali che tagliano ad intervalli la falda per aprire le feritoie,
trovate in assaggio, della navata maggiore. Nella zona inferiore, sotto la cornice
che corre da un capo all’altro della parete, il progetto demolisce il piano alzato sul
portico del chiostro, di data recente, liberando così le cinque feritoie originarie che
rischiarano la navata.
L’interno (tavola XVII): la navata maggiore del tempio viene restituita al suo aspetto architettonico del ’300; è tollerata e conservata la copertura a crociera delle
navate minori. Demolite le imbottiture e le sovrastrutture e i mascheramenti seicenteschi – zoccolatura e pilastri, arcate e tutto centro, paraste, cornicione e volta di
copertura -; demolite le murature longitudinali ad archi a tutto centro, a sostegno
del soppalco deposito materiali a forte sovraccarico che attualmente tramezza la
navata centrale e le navate laterali, sono rimessi in luce il colonnato in cotto, le arcate a sesto acuto, le feritoie e la copertura lignea della navata maggiore. Sono previste opere di consolidamento delle colonne che ritroviamo in muratura di mattoni
sapientemente sagomanti e legati con “letti” sottili di calce e con piastre in pietra
tenera in gran parte lesionate; sono previsti accorgimenti di saldatura a mezzo di
anelli di metallo.
Le operazioni di chiusura mediante massellature delle brecce aperte e di riparazione
delle porzioni lesionate o staccate rimetteranno infine le colonne nelle condizioni
di sopportare da sole il carico a cui esse sono assoggettate. Il calcolo dei carichi
gravanti al piede di ciascuna colonna porta a constatare che ben conosciuti erano
dai costruttori di sette secoli fa i valori delle sollecitazioni unitarie e i “limiti ammissibili” quando veniva alzata la chiesa gotica sul colonnato romanico.
Per ricostruire il sistema di legatura traversale della navata centrale con le laterali
e quella longitudinale lungo i colonnati, è reimpiegato il collegamento a mezzo
di travi in legno o di barre in ferro rivestite di legno; con travi pure in legno, a
completare il sistema, sono legate tra di loro trasversalmente le pareti della navata
maggiore.
Si ricostruisce la parete di destra della chiesa primitiva, forata solo da modeste
aperture che immettono nell’ambulacro delle cappelle.
Si chiude la cappella dei “signori” con la ricostruzione del muro di cinta della prima capata del cimitero, forato da due feritoie ricomposte su traccia. La cappella,
chiusa, potrà in avvenire essere liberamente decorata dalla pittura che il gusto del
tempo suggerirà; la nuova espressione d’arte sarà separata da quelle antiche che
226
PAOLA
ARTONI
oggi cerchiamo di salvare.
Il progetto mette in evidenza con opportuni tagli i contrafforti del XIV secolo che
intercalavano la parete esterna del recinto di cimitero, e ai quali si appoggiano, nel
cinquecento, i muri divisori delle cappelle.
Inquadrata pure, con il riassetto della parete di destra, è la cappella del Santo Bonaventura o del “crocefisso”.
Fra la cappella delle terziarie e la cappella del crocefisso è riaperto lo spazio attualmente ingombrato dalla scala di accesso all’impalcatura che taglia a metà l’altezza
della navata, e lo spazio è utilizzato a bussola dell’ingresso secondario del Tempio.
Nel corpo absidale, e precisamente nelle zone della rotonda e del catino, sono
murate le finestre di apertura recente e ripristinate quelle quattrocentesche; sono
ripresi i motivi ornamentali di riquadro e le “arboree” trabeazioni in cotto, sulle
pareti della tribuna, fatte saltare quasi totalmente coi rimaneggiamenti del ’600.
Il progetto ricostruisce il recinto corale nel “sito” primitivo, all’inizio della sesta campata della navata maggiore, fra la quinta e la settima colonna, su piano di pavimento
elevato che ricorre con quello del presbiterio e dell’abside. Il recinto è progettato
chiuso da pareti “istoriate” all’esterno; fra il coro e la mensa dell’altare maggiore,
collocata sotto la cupola, è la tribuna o piazzetta senatoria (tavola XVII e XVIII).
Sono conservati il timpano del muro frontespizio a levante del tempio e le tre feritoie praticate originariamente nel muro per favorire la conservazione del legname
di copertura.
Di accesso alle cappellette di fondo delle navate minori, sono ricostruiti gli archi
sulla traccia delle imposte e delle “chiamate” originarie; ricostruite pure per traccia
vengono le crociere della copertura primitiva.
Ad appoggio del pulpito viene assegnata la seconda colonna di destra della navata
maggiore.
È progettato il piano di pavimento delle cappelle cinquecentesche in leggera elevazione su quello dell’ambulacro e della chiesa.
Per quanto riguarda i resti di decorazione murale il piano di restauro prescrive il
più intransigente rispetto: le operazioni dovranno limitarsi a saldature e ripuliture. Nella cappella maggiore le patinature del cotto dovranno essere condotte con
scrupolosa sobrietà; della pittura dello spicchio centrale del catino, imbrattata da
ritocchi, si propone il puro lavaggio (tavola XIV).
Si propone infine di ricomporre, dove sarà possibile, e di sistemare lungo le pareti
ricostruite piane, coi frammenti di marmo e di cotto ritrovati e coi “pezzi” trasportati in chiese e musei della città, le arche delle antiche illustri sepolture.
La sagrestia
Il progetto riporta la fabbrica alla quota della gronda originaria e ricostruisce i
due vani separati della sagrestia e della sala del Capitolo così come erano prima
della trasformazione interna della manica ad unico vano. Il vano della sagrestia è
abbassato alla quota del pavimento primitivo, a livello intermedio fra quello della
chiesa e quello del Capitolo. A luci della sagrestia vengono riaperte le due finestre
originarie che guardavano a levante; il capitolo riceve luce dalla porta che immette
nel chiostro e dalle due finestre bifore laterali.
Sopra la sala del capitolo sarà sistemata la biblioteca del convento.
APPENDICE
4
227
Il chiostro
Il progetto riapre gli occhi del porticato; sono demoliti i piani sopraelevati sulle
corsie a notte e a levante; della parete alzata sul lato del chiostro orientato a mezzogiorno è conservata la quota di gronda attuale che è poi quella che ricorre intorno
ai quattro bracci della “crociara”; e nella parete portata dal portico rivolto a mezzogiorno si propone di aprire un loggiato (il seicento ha già costruito le volte) per
far intravedere dal chiostro le feritoie del conventino primitivo.
Il convento
Il progetto conserva tutti i volumi delle fabbriche del convento come era fino alla
sua soppressione; ricostruisce su tre lati il porticato del “chiostro grande” per sistemarvi sopra, nuovamente le celle; sacrifica la ricostruzione dell’ala di chiusura
del chiostro verso il lago per adibirne l’area, insieme a quella oggi occupata dalla
ferrovia, a grande arteria stradale. Della manica di fabbrica del chiostro rivolta a
sera, completata dal portico, si conserva l’intero volume, lasciando insistere sulla
nuova sede stradale le due ultime capate della galleria a piano terreno (tavola
XVIII) che potranno essere opportune regolatrici del traffico; resta così conservata integralmente anche la galleria superiore con la finestra di fondo “che guarda
sul lago”.
Lungo il “canale” è progettata la costruzione di due nuove ali di fabbrica, comprese fra le costruzioni antiche, per chiudere da quella parte il convento. La prima fabbrica, che costituirà la parete di levante del “chiostro della foresteria”, è
progettata a due piani con colmo di tetto ricorrente con quello della foresteria; al
piano terreno sono sistemate le camere degli ospiti con annessi servizi, e al piano superiore è la infermeria con camere sale scala e vani di servizio; la seconda
nuova fabbrica, che limita il cortile di servizio sul lato sempre a levante, è pure
progettata a due piani vi sono distribuiti locali destinati al servizio generale del
convento; al piano terreno la lavanderia, le autorimesse, la custodia carburanti,
il pollaio, la stalla; al piano superiore i locali di sartoria, guardaroba, stireria e
camere e servizi annessi.
In previsione di future necessità di espansione, il progetto propone di annettere
all’abbazia l’area attigua di proprietà comunale confinante con quella d’Arco, la
quale renderà libera con la demolizione dei fabbricati adibiti tuttora a uffici e officine dell’arsenale.
Una parte dell’appezzamento di terreno di cui parliamo sarà utilizzata per aprire
la comunicazione fra la attuale Via Scarsellini e la grande strada lungo-lago della
cui proposta si dice sopra. È progettato un ponte, per l’allacciamento del vecchio
convento con le future eventuali costruzioni che ad esso si vorranno annettere, da
gettare sopra la strada di comunicazione detta. Altra arteria di comunicazione fra
la Via Scarsellini e la grande strada lungo-lago il progetto propone di aprire più a
sud, a fianco della riva destra del canale.
Si è detto “strada lungo-lago” perché è nei nostri voti che debba un giorno essere
finalmente compresa la necessità di sistemare la nuova stazione ferroviaria della
città nella zona del Te, rinverdendo così la tranquilla sponda del lago dai giardini
a Cittadella, liberata dall’ingombro degli attuali binari di corsa e di manovra; la
228
PAOLA
ARTONI
distesa degli orti, degradanti fra la strada progettata e il lago, inquadrerà l’abbazia
nella cornice di poesia di un tempo.
Il progetto per il restauro del San Francesco è studiato sulla documentazione letteraria e di muro che fino ad oggi ho potuto procurarmi; dalle indagini che seguiranno in corso di restauro e che prevedo generose ancora di tracce, risulteranno nuovi
elementi di cui farò tesoro.
Mantova 1943
Tavola I – S. Francesco di Mantova. Veduta d’insieme
APPENDICE
Tavola II – Resto della cornice terminale della chiesa
anteriore al 1304.
Tavola III – Le arcate gotiche della Navata Maggiore.
4
229
230
PAOLA
ARTONI
Tavola IV – Cappelle Meridionali e pinnacolo.
Tavola V – Resti del timpano e cappelle Meridionali.
APPENDICE
Tavola VI – Resti di affreschi. Angelo annunciante
Tavola VII – Resti di affreschi.
4
231
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PAOLA
Tavola VIII – La cappella maggiore.
ARTONI
APPENDICE
4
Tavola IX – Tracciato a crociera del nuovo convento.
Tavola X – La volta che sostituì l’originale copertura lignea.
233
234
PAOLA
ARTONI
Tavola XI – Le colonne trecentesche sotto il
rivestimento barocco.
Tavola XII – Resti di sculture delle arche
gonzaghesche.
APPENDICE
4
Tavola XIII – Il sistema dei tetti da rifare.
Tavola XIV – Affresco nello spicchio centrale del catino della cappella maggiore.
235
236
PAOLA
ARTONI
Tavola XV – Rilievo planimetrico.
Tavola XVI – Profilo della chiesa di S. Francesco e progetto di ripristino delle coperture.
APPENDICE
4
237
Tavola XVII – La navata maggiore restituita al suo aspetto architettonico trecentesco.
Tavola XVIII – Pianta della chiesa e del convento di S. Francesco nel piano generale del
restauro.
239
APPENDICE 5
ASFMn, Estratto della cronaca del convento
dal maggio 1943 all’agosto 1946
Annotazione in copertina: “Ricevuto il 27 agosto 1946”
“Estratto della cronaca del Convento di San Francesco in Mantova dal ritorno in
città dei Frati Minori (25 maggio 1943)
N.B. Nell’archivio del Convento si conserva la cronaca e una copia riguardante le
trattative e la convenzione tra i Comuni di Mantova e i Frati Minori della Prov.
di Milano, trattative iniziate il 7 maggio 1942 e concluse il 4 maggio 1943 con la
firma della convenzione tra il Comune di Mantova e la Provincia dei Frati Minori
di Milano.
Maggio 1943
Al mattino del 26 padre Floriano Samuelli, padre Giustino Tacchi, fra’ Ercolano Baccolo e fr. Cristoforo Colosio, accompagnati dal M.R. padre Provinciale p.
Arcangelo Galli giungono in Mantova e, recatisi in Vescovado accompagnati dal
vescovo Mons. Domenico Menna vengono introdotti nella loro abitazione provvisoria di Via Corte N. 19, (casa Palatina) dove Mons. Vescovo offre loro ospitalità.
I Religiosi compiono le loro pratiche di pietà nella chiesa di Santa Barbara, di cui
è rettore Mons.
Luigi Scassa.
29/5
P. Floriano superiore della piccola famiglia religiosa, con p. Giustino, si
reca in Comune a fare atti di ossequio a S.E. il Podestà Senatore Gaetano Spiller.
Nella chiesta di S. Barbara, nessuna funzione pubblica da parte nostra, per non
urtare con nessuno; pochissimi i fedeli.
Giugno
22/5 (sic)
Mons. Vescovo acconsente alla nostra richiesta per una Cappella
pubblica provvisoria a S. Francesco.
27/5 (sic)
P. Pio Pecchio, tiene in Mantova i S.S. Esercizi alle Suore di S.
Giuseppe in Via della Conciliazione.
30/5 (sic)
P. Floriano con P. Enrico Zucca si recano dal Podestà, il quale
afferma di non poter accordare il permesso del nostro accesso alla abitazione di S.
Francesco, prima che da Roma venga l’autorizzazione Ministeriale.
240
PAOLA
ARTONI
Luglio
8/6 (sic) Arriva a Mantova il M.R. p. Raffaele Pontraldolfi visitatore generale di
questa Provincia accompagnato da p. Pancrazio Chiodini Segretario Provinciale.
Riparte la sera stessa per Cremona, dopo la visita a S.E. Mons. Vescovo.
Segue la postilla e la firma al registro della cronica del M.R. p. Visitatore:
«Visitationem canonicam generalem peragentes hanc quoque domum nuper Provinciae Mediolanensis S. Caroli Borromaei concreditam visitavimus et ex toto corde Deo gratias agentes, a Domino adprecamur ut familia Franciscana in hae Mantuana civitate vivat, crescat, floreat».
Mantuae 8 Julii 1943
F. Raphael Pontraldolfi O.F.M.
Comm. Visit. G.lis
De mandato P.S. Ad.R.
fr. Pancratius Chiodini
pro secret.
Settembre 1943
dal 6/9 al 13/9 p. Floriano si reca al Capitolo Provinciale, ove viene confermato
Definitore e Superiore di questa casa di Mantova.
20/9
Occupazione di Mantova da parte delle truppe germaniche.
21/9
P. Giustino Tacchi si trasferisce a Baccanello, perché nominato Guardiano
di quel convento. La sera del medesimo giorno, arriva di Milano p. Pio Pecchio
destinato a questo convento.
Ottobre 1943
19/10 È qui venuto p. Cosma Sala del convento di S. Gaetano di Brescia per fare
l’impianto della luce nel nostro piccolo convento provvisorio di S. Francesco.
Novembre 1943
12/11 Parte fr. Ercolano Baccolo per recarsi al convento di Saiano, sua nuova
destinazione.
17/11
Arriva p. Contardo Brugnetti da Fara d’Adda assegnato a questa famiglia.
12-13 nov.
Trasloco della piccola Comunità religiosa dalla casa Palatina di S.
Barbara al piccolo Convento di S. Francesco.
18/11
P. Cosma Sala porta il quadro restaurato di S. Francesco, che deve servire
APPENDICE
5
241
di pala dell’altare della cappella.
In serata giunge il M.R. p. Provinciale, onde, presenziare all’indomani alla solenne
benedizione della Chiesetta di S. Francesco e dell’annesso Convento.
19/11 Mons. Vescovo accompagnato dal suo Segretario e dal Cerimoniere della
Cattedrale, benedice la Cappella e celebra il S. Sacrificio tenendo al Vangelo un
delicatissimo discorso augurale.
Nel pomeriggio (ore 16 e 30) la chiesa è gremita di fedeli. Funzione religiosa in
onore a S. Elisabetta con Panegirico tenuto dal M.R. padre Provinciale, seguito
dalla benedizione Eucaristica e dalla benedizione Papale.
La stessa sera arrivano in questa città 500 profughi dall’Italia meridionale, fra i
quali il p. Guardiano (p. Ottaviano Napolitano), un altro padre e tre fratelli laici
del convento del Minturno della provincia napoletana del S. Cuore, e il domestico
del medesimo Convento. Il Guardiano p. Ottaviano Napolitano si trattiene in questo convento, gli altri il giorno seguente furono inviati al Convento di S. Gaetano
in Brescia a disposizione del M.R.P. Provinciale. La sera del 19 arriva in questo
convento per rimanervi di famiglia fr. Placido Pasini da Provaglio Val Sabbia.
21/11 Si inizia l’orario festivo delle S.S. Messe alle ore 6 ½ e alle 10. La funzione
del pomeriggio si tiene alle ore 16.
Dicembre 1943
8/12
Solennità della Immacolata Concezione: alle ore 10 messa distinta con
mottetti cantati dalle alunne dell’Orfanatrofio di via Scarsellini.
15/12 P.dre Pio si porta a Castiglione delle Stiviere per predicare la Novena del
S. Natale.
27/12 P. Pio tiene la giornata di ritiro delle Terziarie francescane di S. Maurizio,
come aveva fatto il mese precedente.
28/12 P. Pio tiene i S.S. Esercizi alle Signore Vergini di Gesù in Castiglione delle
Stiviere.
Con licenza del p. Provinciale il 7 corr. mese Fra’ Placido andò al Convento di Cividino col carro a ritirare due campane per la nostra chiesina.
La solennità del Santo Natale si è celebrata nella Nostra Cappella nel miglior modo
possibile.
Alle 6 e ½ p. Ottaviano Napolitano celebrò le tre S.S. Messe con breve sermone al
popolo. Alle 10 il Padre Superiore celebrò la Messa Solenne. Tanto al mattino che
nel pomeriggio si prestarono al canto le orfanelle di Via Scarsellini.
Gennaio 1944
6/1
Giornata missionaria Francescana, alle 6 e ½ S. Messa con breve discorso
242
PAOLA
ARTONI
di p. Ottaviano. Alle 10 Messa Solenne. Nel pomeriggio discorso di circostanza
tenuto da p. Pio. Benedizione Eucaristica.
Per implorare la cessazione della guerra e la tanto sospirata pace, ogni giorno alle
16, si recita nella Cappella il Rosario e si imparte la benedizione Eucaristica.
Febbraio 1944
14/2
Alle ore 13 e 30 Allarme. Squadre di bombardieri angloamericani volano
ad altissima quota sulla città sganciando numerose bombe, distruggendo case e
facendo vittime. Si ebbero 11 morti e molti feriti.
Una bomba cadde nel chiostro Grande di questo Convento a pochi metri di distanza dal nostro ricovero, ove eravamo rifugiati. Siamo scampati veramente per bontà
di Dio! Deo gratias.
È la prima volta che Mantova viene bombardata, durante la presente guerra.
27/2
Prima domenica di Quaresima. Il p. Guardiano benedice le Croci e dirige
la Via Crucis nella nostra Cappella.
In questo mese di febbraio fr. Cristoforo Colosio (falegname) ha ultimato il bancoarmadio della Sagrestia per i paramenti.
Settimana Santa e Pasqua
Rimangono in Convento p. Guardiano e p. Ottaviano. Le sacre Funzioni si celebrarono nel miglior modo possibile.
Mese Mariano
Viene celebrato nella nostra chiesa in modo semplice con discorso e benedizione
Eucaristica. La predicazione è tenuta da p. Contardo Brugnetti, il quale tenne pure
il Mariale anche in S. Leonardo, mentre p. Ottaviano predica il Mariale nel ricovero dei vecchi in Città.
I fedeli del rione regalano a questa nostra chiesa una statua del Sacro Cuore di Gesù.
14/5
Domenica
Nuova incursione sulla Città e nuovo bombardamento a tre metri di distanza dal
primo. Due grosse bombe incendiarie caddero sulla strada, fortunatamente senza
esplodere ed un’altra sul tetto della Chiesa monumentale senza produrre alcun
danno. In città due vittime. Molte case incendiate tra cui la casa parrocchiale di S.
Gervasio e Protasio.
Il rev. Padre Guardiano di Busto Arsizio (p. Francesco Bianchi) ha regalato a questo
Convento 20 (venti) metri di tela per lenzuola e N. 12 (dodici) tovaglioli.
30/5
Visita alla Chiesa monumentale del direttore Generale delle Belle Arti
Gr. Uff. Anti, accompagnato dal suo segretario particolare Nino Giannantonio (sic), dal Sopraintendente ai Monumenti di Verona ing. Gazzola Piero e
dal prof. Ozzola Leandro, Sopraintendente delle Gallerie del Palazo Ducale di
APPENDICE
5
243
Mantova. Elogiano l’opera di restauro in corso.
Giugno 1944
Ogni giorno funzioni in onore del Sacro Cuore di Gesù. Per una settimana è stato
qui ospite il fratello questuante del Commissariato di Terra Santa di Venezia, fra’
Maurizio d’Asti.
20/6
Visita canonica del M.R. padre Provinciale accompagnato dal padre segretario, che riparte il dì seguente per Cremona.
Segue il visto:
«Nella prima visita Canonica intermedia
fr. Giovanni Chiodini
Min. Prov.le
Sopra le Cappelle provvisorie viene innalzata una delle due campane per chiamare
i fedeli alle Sacre Funzioni.
In questo mese viene eseguita la pavimentazione in cotto della cucina, del refettorio
e di un’altra camera.
30/6
Il r.p. superiore erige la Via Crucis nella chiesa Parrocchiale di Ceresara.
Luglio 1944
2/7
Domenica
Con licenza di Mons. Vescovo secondo il rituale dell’ordine viene eretta canonicamente nella nostra Cappella la congregazione maschile del Terz’Ordine Francescano.
8/7
Bombardamento della Città. 4 morti e parecchi feriti gravi.
13/7
Nuovo bombardamento della Città. Una bomba esplosa sul binario della
ferrovia trasporta una rotaia di ferro lunga 12 metri sulla piazza di S. Francesco
sorvolando le due ali del Convento ed il Chiostro.
14/7
Altro feroce bombardamento ferroristico. Da bombardieri americani, vengono sganciate forte numero di bombe dirompenti e circa diecimila spezzoni incendiari. Si ebbero molti morti e gran numero di feriti.
Il nostro conventino e la Cappella Provvisoria, vennero in gran parte distrutti
dall’incendio, cosicché abbiamo dovuto sloggiare e ricoverare alla Casa Palatina
di Via Corte.
16/7
Ancora bombardamento, viene distrutto da bombe di grosso calibro il
ponte ferroviario e la strada di Porta Mulina.
20/7
Diga.
Bombardamento verso sera. Viene colpito e distrutto il Grande Ponte della
244
PAOLA
ARTONI
Agosto 1944
1/8
Visita del M.R.P. Provinciale che riparte il pomeriggio del dì seguente.
3/8
Al mattino bombardamento su Mantova. Parecchie case rovinate, colpito
anche, parzialmente il Battistero della basilica di Sant’Andrea.
Della chiesa monumentale di S. Francesco cade la nave di sinistra dall’abside alla
metà circa, la sagrestia ed il Grande Chiostro.
5/8
Arriva il rev. p. Gaetano Cavagnini da Castenedolo, per rimanere di famiglia in questo convento.
8/8
Nel pomeriggio altri bombardamenti nella zona del nostro Convento. Una
bomba caduta sulla piazzetta ha provocato il crollo della cappella provvisoria, lo
sfasciamento del magnifico rosone di pietra nel centro della facciata della chiesa e
reso inabitabile il Convento.
9/8
P. Pio Pecchio parte da Mantova per Varese, ove è destinato di famiglia.
10/8
La Voce di Mantova pubblica un articolo deplorando i danni provocati dalle
bombe sulla città ed in particolare sul Convento e sulla Chiesa di S. Francesco.
14/8
Visita di Mons. Vescovo alla casa di Via Corte, si intrattiene cordialmente
coi religiosi presenti: quindi ritiene responsabile della casa il r.p. superiore.
Settembre 1944
4/9
Verso le ore 11.30 massiccio bombardamento Anglo Americano. È andata
completamente distrutta la così detta Chiesa dei Filippini. 4 morti appartenenti al
Ricovero di Mendicità che si trovavano in p.zza Virgiliana.
Ottobre 1944
1/10
Incursione aerea alle ore 11 circa. Bombe sul Ponte dei Mulini.
11/10 Ore 14 incursione. Sgancio di bombe alla periferia. Una bomba nel centro
della p.zza Castello.
Grazie al Cielo nessuna vittima. La basilica di S. Barbara ha riportato la rottura di
tutti i vetri.
15/10 Viene attrezzata ed adibita a Cappella la sagristia di S. Barbara, ove si
conserva pure il S. Sacramento.
Novembre 1944
28/11
P. Gaetano predica a Rodigo la novena della Immacolata.
APPENDICE
5
245
I RR.PP. si assentano tutti per il Ministero.
Dicembre 1944
3/12
Solenne funzione in S. Barbara in onore della santa Martire. Tiene il panegirico il r.p. Floriano Samuelli.
22/12
I rr. pp. sono assenti per il Ministero.
Gennaio 1945
8/1
Fr. Cristoforo incomincia la questua della legna.
29/1
P. Gaetano e fr. Cristoforo si recano a Rezzato per i Santi Esercizi.
Febbraio 1945
2/2
Incursione aerea su porta Mulina. Distruzione completa della strada.
26/2
Si notifica al Podestà di Mantova, a scanso di responsabilità, che a S. Francesco (ex Arsenale) si asportano legnami da non autorizzati.
Marzo 1945
7/3
Alle ore 13 incursione aerea nemica, sgancio di bombe sulla città (parte
sud orientale) è questa la ottantesima terza incursione sulla città.
13/3
Ottantesima Quarta incursione su Mantova. Ancora colpita la zona di
porta Mulina, fortunatamente non si deplorano vittime.
18/3
Bombardamento di P. Molina.
24/3 I rev. padri si assentano per Ministero durante la settimana Santa:
Padre Floriano a Portiolo
“ Contardo a Pegognaga
“ Gaetano a Soave Mantov.no
28/3
A tarda sera bombe sulla Città nessuna vittima.
31/3
Mitragliamento della Centrale elettrica. Si rimane senza luce.
Aprile 1945
¼
Ore 10 ½ bombe su Cittadella. Distruzione della Chiesa Parrocchiale e
diverse case. Nessuna vittima.
246
PAOLA
ARTONI
2/4
A sera ripetuti attacchi aerei la terza ondata ha distrutto completamente la
nostra chiesa Monumentale.
Alle ore 21 il monumento non è che un cumulo di rovine. Rimane in piedi solo il
Campanile e benché assai rovinate le cappelle e la facciata.
Il conventino nostro è ancora in piedi, ma molto lesionato.
3/4
Si comunica al M.R.P. Provinciale il disastro di S. Francesco. Altre bombe
nelle vicinanze di S. Francesco.
5/4
Si incomincia la rimozione delle macerie pel recupero del materiale riutilizzabile.
Il Comune, interessato, dichiara di non poter dare appoggi e di non poter provvedere ad impedire i furti di materiale.
10/4
Mitragliamenti a Porta Mulina.
11/4
Arrivo del M.R.P. Provinciale che riparte il dì seguente per Brescia con
mezzi di fortuna dopo una visita a Mons. Vescovo ed al Podestà di Mantova.
29/4
Grosse formazioni di aerei dalle ore 10 alle ore 14 incrociano sul cielo di
Mantova. A sera mitragliamenti sulla periferia.
Le Autorità civili e militari abbandonano la Città.
Alle ore 21 vien fatto saltare dai tedeschi il Ponte di S. Giorgio. Durante la notte
numerosi scoppi di bombe e polveriere provocati dai tedeschi.
24/4
Alle ore 11 la Città viene occupata dai patrioti. Sulle torri e alle finestre
sventolano drappi bianchi in segno di resa.
25/4
La città si orna di tricolore verso le 12 una prima macchina americana
attraversa le vie della Città. Verso le 17 una colonna corazzata tenta di passare
da porta Mulina; ma il Ponte è stato fatto saltare dai Tedeschi nella tarda sera del
lunedì.
L’occupazione della città avviene pacificamente. La popolazione è calma e disciplinata.
26/4
Alle dodici passano grosse formazioni di bombardieri.
27/4
Passaggio delle truppe americane motorizzate della V° armata.
Maggio 1945
5/9
Il r.p. Superiore con p. Gaetano si reca in Comune a conferire con le nuove
autorità Comunali.
Il sindaco Camerlenghi accoglie benevolmente e si mostra ben disposto a discutere
eventuali modifiche al contratto stipulato nel 1942-43 per i restauri della Chiesa
di S. Francesco.
APPENDICE
5
247
18/9
Si iniziano le pratiche col Comune ed il Comando alleato per la cessione di
tutta l’area dell’ex Convento.
31/9
nata.
P. Gaetano inizia i SS. Esercizi Spirituali alle R. Suore di S. Maria Incoro-
Giugno 1945
8/6
Ci viene rilasciato, a nostra richiesta, dal Comando Alleato un cavallo.
10/6
Il p. Superiore si reca a Milano per sollecitare le trattative col Comune
riguardo S. Francesco.
//
12/6
Si consegna al Sindaco la domanda indirizzata al Prefetto per la cessione
dell’area di S. Francesco.
21/6
Visita canonica del M.R.P. Provinciale.
22/6
Giungono da Milano: p. Enrico Zucca, l’architetto S.E. Muzio, l’ing. Barelli, il senatore generale Spiller si aggiunge ad essi il prof. Ozzola del Palazzo
Ducale. Breve sopraluogo a S. Francesco, quindi tutti assieme al M.R.P. Provinciale
si recano da Mons. Vescovo, indi passano in Comune ove vengono ricevuti dal
Sindaco presenti l’ing. Capo del Serv. Tecnico Comunale ed il Segretario capo.
Il Sindaco rinnova il suo assenso per la ripresa dei lavori a S. Francesco, afferma
di aver passata la domanda per la cessione di tutta l’area al Prefetto accompagnandola con proprio parere favorevole, e acconsente pure alla richiesta della nostra
Commissione tecnica per la costruzione di un recinto attorno a tutta la Chiesa e
annessi, fino all’ingresso dell’Arsenale.
La Commissione dopo altro breve sopraluogo verso le ore tredici lascia Mantova.
Luglio 1945
2/7
Si iniziano oggi i lavori per la recinzione delle rovine di S. Francesco. I
lavori sono sostenuti dalla Ditta Bianchi Giovanni e figlio.
22/7
È finita la cinta costruita attorno alle rovine di S. Francesco.
23/7
È stabilita per oggi una seduta in Prefettura per le decisioni circa la domanda avanzata dal rev. p. Enrico per la cessione di tutta l’area dell’ex Arsenale.
Saranno presenti:
Il sig. Prefetto – il Sindaco – l’Ing. Capo del Comune – p. Gaetano (in assenza del
Superiore) ed il perito edile sig. Bianchi.
27/7
Si è tenuta la stabilita adunanza. Il Prefetto ancora non ha letto la doman-
248
PAOLA
ARTONI
da, inoltratagli. Comunque, assicura parere favorevole e l’inoltro della medesima
al Comando Alleato.
30/7
Finita la revisione dei tetti della casa già abitata, gli operai passano a sistemare la copertura della cappella fiancheggiante la facciata.
Agosto 1945
3/8
Nella seduta definitoriale a Milano si decide il riadattamento ed il restauro
della casa.
Si iniziano subito i lavori.
4/8
Dopo ripetuti solleciti, finalmente anche il Prefetto ha vistata la domanda
cessione area ancora non ceduta a S. Francesco.
17/8
In data odierna la domanda è passata al C.M.A., che l’ha trasmessa al
Distretto Militare Italiano per i necessari accertamenti.
18/8
La casa è in via di sistemazione. I muratori avranno lavoro ancora per due
– tre settimane.
27/8
Sul giornale «Il Popolo» della D.C. appare un articolo con titolo: «Salviamo i frammenti pittorici rimasti fra i ruderi del S. Francesco.
Settembre 1945
3/9
Il R.P. Superiore risponde all’articolo comparso sul giornale «il Popolo»
12/9
La desolata casa di S. Francesco va lentamente prendendo sagoma meno
triste. La riparazione interna dei muri è ultimata. Il falegname va sistemando i serramenti superstiti. Mancano tutti i vetri e le imposte.
15/9
P. Gaetano si reca ad Asola per tenere i S.S. Esercizi alle rev. Suore Orsoline del S. Cuore.
24/9
P. Gaetano tiene altro corso di S. Esercizi alle rev. Suore della Incoronata a
Montanara.
Ottobre 1945
1/10
La casa di S. Francesco è quasi pronta; mancano ancora i vetri. Da qualche
giorno è iniziato il trasporto di materiale da Via Corte a S. Francesco. Fra pochi
giorni il trasloco definitivo della Comunità.
4/10
La piccola comunità oggi trasferita a S. Francesco. Il coretto ci serve da Cappella. Alle ore 20 la famiglia religiosa cena per la prima volta nel refettorio provvisorio.
APPENDICE
5
249
7/10
Celebrazione votiva della festa di S. Francesco, nella cappella fiancheggiante la facciata del monumento distrutto. Interviene il R. Mons. Vicario Generale
Paride Aldini che celebra al mattino parlando ai Terziari e partecipa alla nostra
modesta refezione.
A sera conferenza del rev. don Primo Mazzolari che parla sul tema: «S. Francesco
e la libertà» interessando il numeroso uditorio.
18/10
Viene istallata la termocucina ordinata alla Ditta Rosa di Bergamo.
29/10 In un incontro fra il p. Superiore ed il Com.te del Distretto Militare questi
afferma che attende a proposito della cessione dell’area una risposta da Bolzano
(Genio Militare) e consiglia stendere nuova domanda alla Dir. Gen. del Genio Militare Ministero Guerra.
30/10 Visita dell’Architetto Comunale per controllo delle rovine e dei lavori fatti in S. Francesco.
Novembre 1945
9/11
Su «Mantova Libera appare un articolo sulle rovine e sui restauri di S.
Francesco.
20/11 P. Gaetano tiene a Montanara la novena della Immacolata e p. Contardo
idem a Barbasso. Arriva p. Roberto Tognacca ex Cappellano Militare assegnato a
questo convento.
Dicembre 1945
10/12
Giunge da Sajano il postulante Borgonovo Angelo.
20/12 Fra Cristoforo parte per incontrarsi con i confratelli di Sajano che devono
consegnargli un quadro di S. Antonio ad uso della nostra Cappella.
22/12 Si ultima oggi la costruzione completa della Cappella che è pronta per la
riapertura.
23/12 Alle ore 10 si apre la Cappella e si inizia la benedizione della medesima.
Segue la S. Messa del M.R.P. Provinciale che tiene al Vangelo il discorso di circostanza. A sera solenne benedizione Eucaristica.
26/12 Arriva a sera p. Michele Marini proveniente dal convento di Cremona, il
quale viene a sostituire p. Roberto destinato a Cremona.
250
PAOLA
ARTONI
Gennaio 1946
3/1
Si stabilisce l’orario festivo: S.S. Messa alle ore 6 ½ e 10.
Benedizione Eucaristica alle ore 16
per i giorni feriali:
S.S. Messa alle ore 6 e 7.
4/1
Le rev. Suore Ancelle della Carità di Via Solferino prestano gentilmente
alcuni banchi per la Cappella. Candelieri ottone per l’altare ed offrono alcune sedie
usate.
6/1
Solennità della Epifania.
Si tiene la solita giornata missionaria francescana che frutta l’offerta di lire duemiladuecento.
7/1
P. Michele si reca a Rezzato per i S. Esercizi Spirituali.
12/1
Fra Cristoforo inizia la questua della legna.
17/1
Su consiglio del Magg. Randise comandante del Pres. Militare di Mant. si
è ritirata la domanda per la cessione dell’area di S. Francesco (perché il Comandante stesso non avrebbe potuto inoltrarla con parere favorevole) a quanto afferma il
maggiore stesso.
25/1
Abboccamento del r. padre Superiore col T. Col. Comandante l’Arsenale.
Questi conferma quando già disse il Magg. Randise, e cioè che tutto l’ex arsenale
potrà rimanere automaticamente libero quando la Sez. Stacc. d’Artiglieria potrà
trasferirsi nei capannoni all’uopo adibiti.
26/1
Il p. Superiore inoltra domanda al Sindaco perché la piazza arsenale venga
denominata p.zza S. Francesco d’Assisi.
Febbraio 1946
½
Erezione della Via Crucis in Cappella.
17/2
P. Contardo so reca a predicare due missioni successive in Valtellina con p.
Balugani del convento di Dongo, mentre p. Michele si è recato a Crema, parrocchia
di S. Michele per predicarvi le S.S. Missioni con p. Colombini.
24/2
p. Gaetano predica le Missioni a Viadana.
Marzo 1946
10/3
11/3
P. Michele erige la Via Crucis nella Chiesa parrocchiale di Pietole.
frà Cristoforo inizia la Questua delle uova.
APPENDICE
16/3
5
251
Erezione della Via Crucis nel Coretto della nostra Chiesa.
19/3
Sopraluogo del Sopraintendente delle Belle arti di Verona alle rovine di S.
Francesco – il quale viene per la nuova sistemazione del monumento.
24/3
Il dr. prof. Guido Rossi della Univ. Catt. del S. Cuore di Milano accompagnato da p. Cirillo Narone Commissario di Terra Santa di Milano tiene al palazzo Aldegatti una conferenza sul tema «La questione del Medio Oriente e dei luoghi Santi».
Aprile 1946
1/4
P. Gaetano si assenta per una Missione a Prosto (Sondrio)
7/4
Si svolge presso il nostro convento una giornata di ritiro per terziari, uomini di A.C. e conf. di S. Vincenzo. Sono assistiti da don Cavagnari.
Pro università cattolica si raccolgono in Cappella lire 1.020.
9/4
P. Superiore si reca dall’Ing. Capo del Comune, il quale l’ha esortato a sollecitare da Milano decisioni con presentazione di progetto o qualcosa di concreto
al Comune di Mantova il quale attende ormai da diversi mesi.
In seguito il Superiore si reca a Milano per riferire quanto sopra al m.r. padre provinciale.
12/4
P. Gaetano erige la Via Crucis nella chiesa parrocchiale di S. Giacomo
delle Segnate.
dal 14 al 28/4
Santa.
Si svolgono con decoro in Cappella le funzioni della Settimana
30/4
P. Gaetano erige la Via Crucis nel noviziato dei RR. PP. Carmelitani.
P. Contardo si reca a Milano a predicare il mese Mariano nella chiesa di S. Carlo
al Corso.
P. Michele predicherà il mese di maggio nella nostra chiesa ed al Collegio del SS.
Redentore.
Maggio 1946
5/5
Per quanto al Comune si sia presentato un progetto di massima per la ricostruzione di S. Francesco le Autorità non si ritengono soddisfatte perché attendono
proposte concrete per una nuova convenzione le quali si fanno sempre desiderare
da Milano.
13/5
Funzione in Cappella per la Consacrazione del Cuore Immacolato di Maria.
Alle ore 16: ora prevista di adorazione, con concorso straordinario di fedeli (la
cappella si dimostra troppo angusta).
252
22/5
PAOLA
ARTONI
P. Gaetano erige la Via Crucis nella Chiesa parrocchiale di Cereta.
27/5
La Sig.ra Maria Bocchi ved. Bonazzi Ministra del T.O.F. offre le tende per
la cappella per un valore complessivo di L. 2000.
30/5
Alle ore 8 ¾ giunge da Cremona il M.R.P. Ferdinando Diotallevi Visitatore
Generale della nostra Provincia accompagnato dal rev. p. Mario Manenti guardiano di quel convento per la visita canonica.
Segue il Visto del Visitatore generale.
Visto in S. Visita e si loda la diligenza del Cronista.
Mantova 1/6/946
fr. Ferdinando Diotallevi O.F.M.
Comm. Vis.re Gener.
Giugno 1946
1/6
Il segretario Provinciale raggiunge il M.R.P. Visitatore Generale che nel
pomeriggio riparte pel convento di Brescia.
Si inizia la funzione in Cappella ad onore del S. Cuore di Gesù con concorso confortevole.
10/6
Si inizia il Triduo in preparazione alla festa di S. Antonio predicato dal rev.
don Silvio Samuelli prevosto di Calcinato – fratello del r.p. Superiore.
13/6
S. Messa solenne celebrata dal predicatore il canto è sostenuto dalle ricoverate della casa divina provvidenzia di via Porto.
Concorso discreto di fedeli.
28/6
Giunge l’ordine di portare il cavallo ceduto dal Comando Alleato alla
Commissione per la valutazione. Nonostante alcuni difetti è stato giudicato acquistabile per valore di L. 39.000.
Non ritenendolo adatto per noi si concede l’acquisto a nome nostro al benefattore
sig. Maiolani di Goito.
Luglio 1946
2/7
Il r.p. Superiore si incontra fortuitamente in curia vescovile col m.r.p. Pacifico Perantoni proc. gen. dell’ordine.
Si pensa che questa visita possa significare un preannuncio per eventuale passaggio
del Convento a qualche altra Provincia…
8/7
Giunge Comunicazione dal nostro m.r.p. Provinciale che il Convento di S.
Francesco dal decreto «quam maximas» viene assegnato alla provincia veneta di S.
Antonio.
A noi non rimane che preparare i nostri bauli.
Il p. Superiore si è intanto recato a Cividino per il Capitolo provinciale.
APPENDICE
5
253
11/7
Torna dal Capitolo provinciale il r.p. Superiore recando i nomi dei neoeletti e la conferma del trapasso del nostro convento alla Provincia Veneta.
14/7
Giornata di Studio e ritiro per i giovani di A.C. assistiti da don Luigi Longhi vice rettore del Seminario di Mantova.
20/7
Giunge lettera del M.R.P. Provinciale in cui si notifica:
P. Gaetano Cavagnini è nominato presidente di Gargnano mentre p. Michele è destinato a Brescia. P. Floriano e p. Contardo a Sabbioncello.
23/7
Partono per le loro nuove destinazioni il postulante fra Angelo Borgonovo, p. Michele ed il domestico Innocenti Piero.
29/7
P. Gaetano parte per la sua nuova destinazione (S. Tommaso Gargnano).
30/7
fra Cristoforo parte per Baccanello.
Agosto 1946
2/8
Si celebra la festa Perdon d’Assisi con due Messe lette alle 6 e alle 8 e con
la funzione rituale di chiusura alle ore 21.
4/8
In mattinata si tiene il discretorio e l’adunanza maschile del T.O.F. Nel
pomeriggio solita istruzione alle novizie francescane tenuta dal r.p. Floriano Samuelli.
7/8
Oggi si sono dati convegno in questo Nostro convento:
Il nostro M.R.P. Provinciale (P. Camillo Merazzi) proveniente da Milano col segretario e p. Ubaldo e il M.R.P. Provinciale di Venezia accompagnato dal suo P.
Custode, Segretario e da altri due confratelli. Si sono preso gli accordi pel trapasso
del Convento alla prov. Veneta, ciò che avverrà sabato prossimo 10 corr. mese.
10/8
Arrivano in mattinata il nuovo superiore di questo convento con un altro confratello sacerdote della prov. veneta di S. Antonio. Padre Floriano passa
al nuovo superiore le consegne della casa. Nel pomeriggio attiva dal convento di
Chiampo un altro rev. padre.
Alle ore 17 p. Contardo e p. Floriano accompagnati dai confratelli veneti si recano
alla corriera per partire alla volta della loro nuova destinazione.
Visto, letto e confermato per stralcio c.c.
Fr. Floriano Samuelli
(ex Superiore del convento di San Francesco)
Convento di S. Maria di Sabbioncello
(Como)
Merate
255
APPENDICE 6
ASFMn, Cronaca dal 10 agosto 1946 al 4 ottobre 1953
fr. Florian Maria Ferro
ofm
Cronaca
del S. Francesco – Mantova
dal
10 agosto 1946
al 4 ottobre
1953
Situazione
fisica - economica - civile - religiosa
del San Francesco
all’arrivo dei Frati Minori
della provincia veneta di S. Antonio
il 10 agosto del 1946
Con il Decreto “Quam maximas” del Ministro Generale P. Valentino Shaaft, del
13 giugno 1946 (Ved. Atti dell’Alma Prov. Venet. di S. Antonio da Padova - Anno
I n. I – 1946) le due province venete dei frati Minori furono fuse in una, e adesso
furono assegnate tredici “Province civili” fra le quali Mantova.
Il giorno 7 agosto dello stesso anno si adunarono in Convegno nel convento di San
Francesco di Mantova il M.R.P. Provinciale con il suo segretario ed il M.R.P. Prov.
Ven con il suo custode, per stabilire le modalità del trapasso. E il giorno 10 dello
stesso mese vi fu il cambio dei religiosi delle due Provincie.
Come Superiore provvisorio fu nominato il p. Roberto Romeri, ex missionario in
Etiopia, proveniente dalla prigionia nel Chenia e nell’Inghilterra.
Gli altri religiosi:
R.P. Bernardo Galliotto
“ Policarpo Riccioli
“ Casimiro Merchiori
“ Paolino Cristofari
fr. Raffaele Velandi
fr. Felice Fomaro
Nei tre successivi bombardamenti dell’aprile 1945 gran parte dell’antico monu-
256
PAOLA
ARTONI
mentale convento e chiesa di S. Francesco furono ridotti a un cumulo di rovine: un
mare di macerie.
Ciò che non rovinò o distrusse la guerra, distrusse, rovinò, rubò il popolo mantovano, al quale si unirono le autorità d’allora, che fecero asportare quanto di buono
od utilizzabile in legnami e ferro vi era rimasto, con la scusa di mettere in salvo
(materiali che non tornarono mai!).
Un calcolo di ciò che fu asportato dal S. Francesco (fatto dall’impresa Bianchi e
presente prima e dopo quale ditta appaltata dai frati):
3 (tre) milioni circa di mattoni;
100 (cento) quintali di materiali ferrosi;
100 (cento) metri cubi di legnami.
Dopo le riparazioni e restauri dell’antica foresteria, che dà sul piazzale della chiesa e del chiostro, ora adibito ad oratorio pubblico, i frati si poterono stabilire ivi.
Ma alla venuta dei Frati Veneti, sotto la direzione del P. Bernardo Galliotto, vi
vennero fatti restauri parziali e ampliamenti compiuti malamente dalla Ditta Fraton di Verona.
Fino ai primi del 1947 nessun approccio fu fatto dai Frati lombardi e veneti col
Comune per potersi intendere. Vi fu nata qualche protesta platonica per quello che
avveniva sotto i loro occhi: la sottrazione del materiale nominato, e, ciò che più
conta, la sottrazione di buona parte dell’Area a Nord del convento, per parte del
Comune, al fine di far ivi decorrere una strada di Circonvallazione.
Dai frati lombardi fu avviata qualche pratica per aver il risarcimento dei danni di
guerra; ma sia per i tempi calamitosi, sia, soprattutto, per aver avuto sentore che
il convento sarebbe ritornato della Prov. Veneta, non conclusero nulla, e non se ne
curarono più.
E anche i Frati Veneti non si curarono gran che nei primi mesi della loro venuta.
Bisogna arrivare ai primi del 1947 perché si noti qualche risveglio nell’interessarsi
nella questione. La quale poi fu condotta sempre più alacremente e decisamente
non senza alti e bassi e beghe e colpi di scena dal P. Guardiano succeduto al p.
Romeri nel 27 nov. 1946, il p. Floriano Maria Ferro, venuto dalla guardiania di
Padova.
I Frati veneti ben poco trovarono di utensili per l’andamento ordinario e i bisogni
del convento: cinque o sei lettiere piccole e scassate; altrettanti materassini di crine
vegetale e animale; una ventina di coperte tipo militare, molto esigue e logore. Per
il resto quasi niente.
Fu necessario cominciare “ex-novo” come ci si trovasse a Rivotorto.
Anche i frati della Provincia Lombarda dovettero possedere assai poco. Però stando alle voci - prima di partire avrebbero asportate parecchie cose, che, secondo
i decreti, avrebbero dovuto lasciar qui (come due cavalli, materassi di lana, sega
circolare con motorino…).
Ma del resto sono solo voci. E coloro che attestano di aver visto camion a rimorchio colmi di roba, possono aver confuso le cose di uso personale con quelle di uso
comune.
APPENDICE
6
257
Misurati e soppesati i disastri di guerra e la consistenza degli obblighi derivanti
ai frati dalla Convenzione del 1943, non si riesce a comprendere come i Superiori
abbiano deciso di un convento in siffatto modo oberato di clausole e di obblighi,
così, senza rendersi conto della situazione e delle difficoltà di indole giuridico che
sarebbero sorte.
In primo luogo la Convenzione trattata e firmata non con l’Ordine ma con la Provincia Lombarda di San Carlo Borromeo. Va bene, che i Frati avrebbero ubbidito al
Decreto della Congregazione e del Generale e sarebbero quindi partiti - come fecero
-; ma chi obbligava il Comune a riconoscere il cambiamento di guardia dei frati?
Esso avrebbe solo considerato il fatto che il garante della firma si ritirava e si sarebbe quindi tenuto libero di trattare con altri di suo gradimento o di sistemare l’area
devastata del S. Francesco in quella maniera che più gli fosse piaciuta.
In secondo luogo, l’obbligo derivato ai frati dalla stessa Convenzione: ricostruzione
e restauro a spese dei frati stessi. Ora, se prima dei bombardamenti la somma per la
ricostruzione e restauro poteva ascendere a qualche millione, dopo di essi la somma
saliva – a cose ultimate – a circa mezzo miliardo. E – a ricostruzione avvenuta, ogni
cosa resterà sempre in proprietà del Comune; ai frati solo l’uso per anni 99.
In terzo luogo, parte dei materiali asportati e parte dell’area sottratta per costruirvi
una strada di circonvallazione interna. Sarebbe quindi rimasto un complesso murario immenso senza il beneficio di un po’ di orto o giardino.
In quarto luogo, lo spirito di ostilità delle nuove Autorità succedute alla guerra (di
tendenza marxista in maggioranza), ma lombarde sino al midollo. Esse malvedevano quindi i Frati Veneti subentrare a quelli Lombardi. Basti pensare alla genesi
dei contratti con noi (in antecedenza alla Convenzione del ’43), e al motivo per cui
i Frati Veneti furono scalzati, e scelti, invece, quelli Lombardi (Ved. Documenti
riguardanti le Trattative per la venuta dei Frati a Mantova – Archivio Conventuale
e Provinciale).
In quinto luogo, la diffidenza generale - per non chiamarla fredda e calcolata ostilità – del clero mantovano, con a capo il Vescovo, verso tutti i religiosi in generale
e verso ai Veneti in particolare.
Le difficoltà create dai frati Veneti nel partire dalle Grazie nel 1906 non erano
ancora dimenticate e sopite negli anziani. E non erano dimenticate - massime dal
Vescovo - le difficoltà creategli dai Gesuiti e Carmelitani e Passionisti.
In sesto luogo, le ostilità della popolazione, in maggioranza di tendenza marxista
e religiosamente indifferente; e anche quella cattolica e praticante già rivolta verso
i padri Lombardi.
S’aggiunga, in settimo luogo, la poco avveduta condotta dei Superiori Veneti nella
scelta per questo convento di religiosi inadatti, o, una volta affermati, spediti altrove dopo pochi mesi di degenza, per i motivi più indipendenti dalla loro condotta.
Il vedere sempre faccie nuove è poco favorevole all’andamento e a un lavoro in
profondità.
Per tutti i motivi che abbiamo indicati la decisione del mutamento di guardia doveva necessariamente essere più ponderata, o eventualmente rimandata. Ma… è
avvenuta come è avvenuta… per cui una ben triste e laboriosa eredità è toccata a
chi fu scelto dai Superiori a condurre in porto la barca del S. Francesco.
258
PAOLA
ARTONI
1946
AGOSTO
10 A ore nove e dieci arrivano a S. Francesco i RR. PP. Roberto Romeri e Bernardo Galliotto; a ore 14.10 il R.P. Policarpo Riccioli; a ore 17.30 partono i padri
lombardi.
19 A ore 8 arriva il R.P. Paolino Cristofori.
21 Arriva, Fr. Raffaele Velandi
22 Ha inizio il Triduo in onore di S. Lodovico Re.
SETTEMBRE
1
Parte il p. Casimiro per una Missione a Gradisca, Feltre, ecc.
3
Arrivano il M.R.P. Provinciale con suo Segretario, p. Bernardo con i Fratton
ripartono subito.
OTTOBRE
27 P. Paolino parte per Villafranca Veronese a tenervi una Missione.
4
Festa del Serafico Padre - riuscita bene. Mons. Vicario celebra alla Messa della
Comunione Generale, ore 7.30. Cantano le giovani dell’Istituto della Provvidenza
di Via Porto. Alle ore 10 celebra un p. carmelitano.
7
Arriva il p. Floriano Samuelli, ex Guardiano, che riparte subito.
NOVEMBRE
27 Arriva il R.P. Guardiano neo-eletto p. Floriano Maria Ferro: arriva unico di
tutti i componenti la nuova famiglia di S. Francesco:
p. Federico Zardo
p. Tito Borriero
p. Giuliano Bellini
p. Valentino Mottes
oltre il P. Policarpo e p. Romeri.
DICEMBRE
5
Triduo in onore dell’Immacolata predicata dal nuovo p. Guardiano p. Floriano Maria Ferro.
8
Festività dell’Immacolata = Messa cantata. Discorso, con discreto numero di
fedeli.
25 Pranzo per 70 poveri della città, organizzato dal p. Guardiano e preparato
dal T.O.F. femminile. Fr. Faustino preparò le vivande e alcune terziarie servirono.
Soddisfazione generale.
APPENDICE
6
259
31 fine d’anno. Te Deum. Discorso tenuto dal p. Guardiano.
In questi decorsi giorni il p. Floriano quale Delegato Provinciale per i lavori di ricostruzione del convento e chiesa di S. Francesco ebbe diversi contatti con persone del
Comune, con la Sovrintendenza ai Monumenti, ed altri per capire qualcosa circa la
situazione dei Frati e del S. Francesco stesso.
Trovò ogni cosa arruffatta e malmessa.
1947
1 GENNAIO “Veni Creator Spiritus” perché il Signore ci conceda un anno prospero
per la ricostruzione della casa materiale e di quella spirituale.
15 GEN. Vengono il Geometra Zancan e il Disegnatore Righetti, inviati dall’Arch.
Banterle, per completare con le sezioni lo stato preesistente del convento e della
chiesa.
16 GEN. Il p. Guardiano p. Floriano Maria Ferro va in Municipio per saggiare
come la pensano circa il S. Francesco in quegli ambienti. L’arch. Poldi, dell’Ufficio
Tecnico, lo mette al corrente, ma in una maniera piuttosto scorbutica.
In Municipio si ritiene:
a) che i Frati Minori Veneti non possono legittimamente ritenersi insediati in S.
Francesco;
b) che il S. Francesco non è più area monumentale, dato i bombardamenti, e
quindi non suscettibile di restauro;
c) che la Convenzione del 1943 è scaduta per la non ottemperanza alle clausole
da entrambe le parti;
d) che è più che legittima la sottrazione di parte dell’area e la diversa destinazione
dell’intero immobile.
Il p. Floriano tenta di dimostrare illegale ed ingiusta tale presunzione giuridica del
Comune; ma non ottenendo nulla per via della ragione si riserva di ricorrere alla
giustizia.
Dopo tale fermo atteggiamento pare che abbracceranno un meno precipitoso consiglio.
Speriamolo!
16 GEN. Lettera piuttosto forte dell’Arch. Banterle per arrogazione di autorità da
parte sua (Ved. Arch. Conv.)
20 GEN. Il Sovrintendente ai Monumenti di Verona-Mantova-Cremona invia
al p. Guardiano una lettera-scaricabarili perché si disponga “per un più energico
servizio di vigilanza” alle macerie del convento e chiesa a motivo delle insistenti
sottrazioni di materiali.
Si sa dove mira il Sovrintendente. E perché non fa le stesse rimostranze in Comune,
padrone di tutto il complesso? (Ved. Arch. Conv.)
260
PAOLA
ARTONI
27 GEN. L’arch. Banterle risponde facendo il punto della questione delle competenze per i lavori del S. Francesco e la storia di tutte le trattative con i vari superiori.
(Ved. Arch. Conv.).
3 FEBBR. Il p. Guardiano va dal notaio Giuseppe Nicolini in Via I. Nievo e gli
espone tutta la questione del S. Francesco per averne lume e indirizzo, dato che il
notaio è pure del Consiglio Comunale. Ottiene suggerimenti sul da farsi.
11 FEBBR. Festa della Madonna di Lourdes. Ritiro alle Terziarie, con due discorsi
del p. Guardiano, al mattino e nel pomeriggio.
In questo mese il p. Guardiano accetta di tenere i Ritiri mensili alle Suore di S. Giuseppe in Via Conciliazione, alle Ancelle della Carità di Via Solferino e di Via Porto
e a quelle del Ricovero.
Il p. Roberto Romieri è fatto confermare ordinario delle Suore di S. Giuseppe; il p.
Guardiano, ordinario delle suore dell’Immacolata di Via 20 Settembre, e straordinario di quelle di S. Giuseppe e Montanara.
Darante tutto questo mese il p. Policarpo Riccioli, di 67 anni, ebbe vari attacchi
gravi notturni di Anfizema polmonare, con pericolo di morte. Vi furono spessi interventi medici del Dott. Bertuccio, il quale dovette ricorrere al salasso per salvarlo.
Molte nottate bianche del p. Roberto Romeri e del p. Guardiano per assisterlo.
27 MARZO Viene l’Arch. Poldi dell’Ufficio tecnico del Comune per sollecitare la
combinazione della vertenza circa la convenzione e le altre cose tra il Comune di
Mantova e i Frati Lombardi. Dice che vi è necessità a mettersi d’accordo in un
ristretto lasso di tempo, perché il Comune sta iniziando i lavori di risistemazione
della città e non può aspettare oltre.
Aggiunge pure che se i Frati non fossero per farsi sotto a tutta forza il Municipio
di Mantova si sarebbe trovato a procedere di propria iniziativa, guardando solo ai
propri interessi.
Il p. Guardiano è invitato a predicare il Ritiro del Clero diocesano in Seminario.
Egli accetta e se la cava discretamente. Molti sacerdoti e S.E.M. Vescovo.
28 MARZO Il p. Guardiano mette al corrente il M.R.P. Provinciale della visita
dell’Arch. Poldi e di tutta la questione proposta (Ved. Arch. Conv.).
Nei primi tre mesi sono arrivati a destinazione quasi tutti i padri che dovevano
arrivare ancora al 27 Nov. 1946: prima il p. Federico Zardo a metà gennaio, poi il
p. Giuliano Bellini ai primi di febbraio, indi il p. Valentino Mottes in marzo, e in
fine – come sperduto – il p. Tito Borriero.
12 APRILE Replica del Sovrintendente Prof. Piero Gazzola per la sottrazione del
materiale del S. Francesco.
APPENDICE
6
261
16 APRILE Il M.R.P. Provinciale, a mezzo di lettera indirizzata al p. Guardiano,
propone di scegliere un legale di Mantova per cedere nelle mani di lui le trattative
per la questione con il Municipio di Mantova.
Dà, ancora, istruzioni circa il territorio di questua e il diritto per il Terz’Ordine e
Via Crucis, dato che la Commissione a ciò delegata non ha finito i suoi lavori.
Dice pure qualche cosa in riguardo dei Progetti del S. Francesco mandati ad approvare al Tif. Provinciale.
(Ved. Arch. Conv.)
20 APRILE Giunge nuova lettera del p. Provinciale circa la Convenzione e il Preventivo dei lavori affidati all’Impresa Bianchi di Mantova. (Ved. Arch. Conv.)
22 APRILE Arrivano il p. Provinciale e il p.t. Pio Crivellari provenienti da Brescia;
osservano i lavori di sgombero delle macerie, e se ne vanno subito.
1 MAGGIO Mese mariano nella nostra chiesetta, predicato dieci giorni per uno dai
p. Floriano Ferro, Federico Zardo, Giuliano Bellini, dati gli impegni di predicazione già assunti da ognuno.
8 MAGGIO Arriva il p. Provinciale con il segretario p. Matteo Micheluzzi per la
Visita Canonica.
9 MAGGIO Riparte il p. Provinciale, finita la Visita (Ved. Verbale Arch. Conv.).
28 MAGGIO Il p. Guardiano invia una lettera al Sindaco, nella quale dichiara che i
frati sono pronti a trattare una nuova convenzione ma su basi più eque e di parità.
31 MAGGIO Chiusura solenne del Mese di Maria. Benedizione delle rose e Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Grande concorso. Anche durante tutto il
mese il concorso fu buono.
4 GIUGNO Novena in onore di S. Antonio predicata dal p. Valentino Mottes.
13 GIUGNO festa di S. Antonio.
SS. Messe 6-7-8-9-10: alle ore 7 Com. generale; ore 10 Messa solenne cantata dal
p. Guardiano. Le Orfanelle di Via Porto sostengono i canti.
Nel pomeriggio, ore 21, Benedizione dei gigli, Consacrazione dei piccoli e S. Antonio, Panegirico, Bacio della Reliquia. Grande Folla. Avvisi sui giornali locali.
A Mezzogiorno desinare discreto con invitati, fra i quali Mons. Vicario il parroco
di S. Gervasio, il nostro dottore Bertuccio, ecc.
28 GIUGNO Prima seduta in Municipio del p. Guardiano, degli Ufficiali dell’Ufficio
tecnico del Comune e del Segretario generale, per gli approcci a una possibile intesa
circa la nuova convenzione.
Vedi contraddizione, però, e malafede di certa gente! Nel momento stesso della
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PAOLA
ARTONI
seduta erano dal Comune imonessi inquilini nella parte nord-owest del convento,
oggetto affamato, delle discussioni!
29 GIUGNO Accompagnato dal Sovrintendente di Verona Mantova Cremona, prof.
Piero Gazzola, fu oggi a Mantova il Comitato di Presidenza del Consiglio Superiore
delle Antichità e Belle Arti, inviato dal Ministero della Pubblica Istruzione. Visitò,
fra l’altro, il S. Francesco, chiesa e convento: rimase impressionato dalla vastità
delle rovine, meravigliato che non si sia ancora fatto nulla per iniziarne il restauro,
entusiasta del complesso monumentale ancora in piedi e riparabile; ne decise la ricostruzione secondo i progetti presentati dai p.p. Francescani e dal Sovrintendente
stesso, e già inoltrati da tempo in Municipio.Al detto Comitato fecero parte anche
il Presidente per l’Arte Sacra S. Ecc. Mons. Costantini. (Ved. Articolo sulla Gazzetta di Mantova Arch. Conv.).
7 LUGLIO Oggi si iniziano i lavori di restauro e di ricostruzione dell’ala del convento sopra il refettorio e della facciata della Chiesa.
Il lavoro è affidato alla Ditta Bianchi Giovanni e figlio: Ditta raccomandata già dai
PP. Lombardi.
19 LUGLIO Il p. Guardiano, dopo varie trattattive e relative corse in Municipio con
gli Ufficiali dell’Ufficio tecnico, il tracciato divisorio tra la nostra area e quella che
servirà per la nuova strada di circonvallazione interna.
Appena tracciata dà ordine di iniziare la costruzione delle mura, data l’urgenza
della cosa e per impedire, una buona volta, l’afflusso di ladruncoli di materiali.
23 LUGLIO Il p. Guardiano scrive al p. Provinciale per metterlo al corrente dell’avvenuto tracciato delle mura e dell’inizio di quei lavori.
In essa lettera chiede l’autorizzazione ufficiale a trattare con il Comune di Mantova, dato che le cose sembrano avviarsi a una risoluzione.
(Ved. Arch. Conv.)
6 AGOSTO Il p. Provinciale manda l’autorizzazione richiesta e incarica il p. Floriano Maria Ferro a trattare con il Comune di Mantova quale “Delegato Provinciale”.
(Ved. Arch. Conv.).
10 AGOSTO Il p. Roberto Romeri, dopo aver prestato buon servizio in questo convento è inviato dall’Ubbidienza a Lonigo quale Procuratore dei Fratini.
11 AGOSTO Altra Autorizzazione del p. Prov. al p. Floriano alla sorveglianza e
vigilanza e direzione dei lavori per la ricostruzione del S. Francesco (Ved. Arch.
Conv.).
23 AGOSTO Arriva il M.R.P. Provinciale per un sopraluogo ai lavori di restauro.
Riparte subito.
30 AGOSTO Invito al p. Guardiano – da parte del notaio Nicolini – a un convegno
APPENDICE
6
263
nell’Ufficio del Segretario Generale del Comune per il S. Francesco, da tenersi il 2
settembre.
2 SETTEMBRE Non ha avuto luogo il Convegno indetto. È rimandato.
8 SETTEMBRE Il Notaio Nicolini assicura lo stesso è. Guardiano che il suddetto
Convegno avrà luogo il 18 c.m. senz’altro.
18 SETTEMBRE finalmente il Convegno! In esso poco di conclusivo ai fini generali:
solo una tappa verso la conclusione.
25 SETTEMBRE Il p. Guardiano incomincia la Novena predicata nella nostra chiesa
in onore di S. Francesco.
4 OTTOBRE Festa del Serafico Padre. Grande concorso di devoti, terziari e terziarie
e cattolici.
SS. Messe dalle 6 alle 10. Messa solenne.
8 OTTOBRE Lettera del Sovrintendente ai monumenti circa la responsabilità e la direzione dei lavori del S. Francesco (Ved. Arch. Conv.).
9 OTTOBRE Arrivano i pp. Michele Varagnolo, Patrizio Gobetti, Fr. Mansueto dal
Pra e Fr. Ignazio de Pellegrini, destinati a questo convento nella Congregazione
Capitolare di quest’anno.
Partono il p. Valentino Mottes, p. Giuliano Bellini e Fr. Fortunato Stabile.
Essi hanno lavorato bene e lasciano buona memoria di se nelle parrocchie ove
furono.
Sarebbe destinato a questo convento anche il p. Bentivoglio Meneghini, ma scrive
che non viene. Anzi dice che verrà “Solo se lo richiediamo prebiscitariamente.”
Sarebbe il colmo!
17 OTTOBRE Il Sindaco invia una lettera, che vorrebbe essere di protesta contro i
frati, perché essi si sono permessi di asportare certo materiale - tegole e travetti –
dalla parte nord-est del convento alla parte nord-owest dello stesso onde finire il
tetto, per non esporli alle intemperie e ai ladri. (Ved. Arch. Conv.).
In Comune devono avere buon tempo!
18 OTTOBRE Viene il p. Prov. per un sopraluogo. Riparte.
29 OTTOBRE Il p. Provinciale manda per mezzo di lettera – il p. Guardiano da
S. Ecc. il Vescovo di Mantova onde ottenga una dichiarazione che la Chiesa di S.
Francesco è necessaria al culto. (Ved. Arch. Conv.).
30 OTTOBRE Il p. Guardiano si reca dal Vescovo con l’ambasciata - di cui sopra
- ma il Vescovo non vuole concedere nessuna dichiarazione perché non vede la necessità e la possibilità, dati i testi di Legge che si leggono insieme. Solo si riserva di
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PAOLA
ARTONI
interrogare Mons. Costantini di Roma per trovare una possibilità risolutiva.
1 NOVEMBRE Il p. Guardiano ragguaglia il P. Provinciale della sua missione dal Vescovo, e suggerisce le vie più concludenti per ottenere il fine. (Ved. Arch. Conv.).
Il p. Guardiano scrive pure al Sovrintendente una risposta tagliente in riguardo dei
travi – di cui sopra – perché anche il Sovrintendente s’era mosso a protestare.
(Ved. Arch. Conv.).
15 NOV. Il p. Guardiano da’ inizio alla costruzione dell’antico chiostro pozzo
– di cui solo qualche vestigia era rimasto – nel chiostro rustico, per raccogliere le
acque piovane e per l’abbellimento dell’insieme.
Successivamente, in esso chiostro, vi verranno piantati alberi da frutto.
La vera del pozzo – del trecento – venne acquistata in questi giorni dall’Antiquario
Morselli di Via Chiassi per la somma di L. 8000. La mano d’opera è offerta gratis
dalla Ditta Bianchi.
In questo mese fu provveduto un Missale da morto – Ed. Marietti di lusso –
per la somma di L. 1500.
8 DIC. Festa dell’Immacolata. Messa con mottetti delle Orfanelle di Via Porto.
Discorso del p. Guardiano.
Nel decorso di quest’anno furono acquistate diverse cose necessarie alla Chiesa e
al convento:
- Qualche paramento: piviali bianchi e rossi;
- Tovaglie e purificatoi;
- Un leggio artistico del ’500;
- Un Messale da morto;
- Due calici;
- Un padiglione rosso, offerto per metà dalla Signora Bollini-Morandi;
- Fu fatto restaurare l’ostensiorio, e indorare i calici;
- Fu innalzato nel lato sinistro della chiesetta un altare in pietra dolce e mattoni, di
proprietà del Sig. Lanzoni abitante in Via Marangoni, Mantova.
- Furono acquistate coperte, lenzuola, asciugamani e stoviglie e pentole.
- Fu pure istituito il Refettorio per i Poveri;
- Come anche un Laboratorio a favore dei bisognosi gestito dalle terziarie.
In tutto l’anno i padri furono solleciti all’Apostolato rurale. Predicarono diverse
Missioni in Diocesi e fuori, specie il p. Federico, il p. Giuliano, e il p. Valentino.
Il p. Guardiano tenne tre corsi di Esercizi in 10 giorni ciascuno alle suore di S.
Giuseppe.
25 DICEMBR. Natale di N.S. Gesù C.
Pranzo ai Poveri, molto abbondante e ricco, organizzato dai frati e dalle terziarie e
alcuni terziari. Molto bene. I poveri raggiunsero la 70a.
31 DIC.
Fine d’anno. Te Deum. Sia lodato Iddio!
APPENDICE
6
265
30 DIC.
Il p.Guardiano, con l’Impr. Bianchi Adone, va dall’Ing. Capo del Genio
Civile, in Corso V. E.
Gli è promessa la somma di L. 300.000 per lo sgombero delle macerie ancora esistenti in S. Francesco.
- Il p. Guardiano scrive al p. Provinciale avvertendolo delle necessità e urgenza che
i pp. Lombardi facciano un atto ufficiale di rinuncia e cessione del S. Francesco a
favore dei pp. Veneti.
Ciò è urgente per la nuova Convenzione.
1948
In nomine Jesu!
1 GEN.
Comincia l’anno. “Veni Creator”.
3 GEN.
Il p. Delegato Prov. per i lavori del S. Francesco si adira con l’Arch. Banterle per il fatto che non si decida ancora a portare le “Prospettive” del S. Francesco
promesse per il giovedì 25, poi per il sabato 27, poi per il sabato 3 gen. Esse devono
servire per il Consiglio Municipale di Mantova onde ottenere l’approvazione della
nuova Convenzione.
7 GEN.
È venuto l’Arch. Banterle, recando alcuni disegni. Non era, certo, ciò che
gli si era chiesto. I disegni erano cosa vecchia e male imbastita. “Non ad hoc”.
8 GEN.
Questa mattina, in cooperazione con l’Impr. Bianchi, il p. Floriano prepara alcuni schizzi per l’Arch. Banterle. Si spera che il lavoro proceda con maggior
alacrità.
10 GEN. Il p. Floriano, con il Sig. Bianchi, va a Verona allo Studio dell’Arch.
Banterle per ottenere una modifica ai Progetti del S. Francesco: modifica di dettaglio più che organica.
Ciò è richiesto dalle mutazioni già avvenute nel complesso di fabbricati e di esigenze archeologiche e tecniche dei nuovi rinvenimenti.
Li consegnerà rifatti per il giorno 18 c.m. Vedremo se sarà di parola!
18 GEN.
Nulla dall’Arch. Banterle.
22 GEN. Con Bianchi a Verona dall’arch. Banterle a esaminare i Progetti. Più di
due ore di discussione. Però essi vengono bene, anche nei particolari.
5 FEBBR. Il p. Guardiano si reca al Congresso missionario a Padova.
Ivi s’incontra con il p. Provinciale e il p. Custode ai quali espone chiaramente tutta
la situazione del S. Francesco.
8 FEBBR. Arriva il prof. Banterle con due disegnini, ancora errati in parte.
266
PAOLA
ARTONI
11 FEBBR. Vestizioni e Professioni del T.O.F. femminile al Ricovero di Mantova.
12 FEBBR. Telefona l’Arch. Banterle che il Ministro Gonella, della Pubblica Istruzione, sarà a Verona sabato 14. Sarebbe buona cosa che il p. Guardiano v’andasse
per parlare del risarcimento danni.
- Il p. Guardiano fa riporre il portone di legno nel sagrato antistante la chiesa e
l’entrata in convento per impedire l’afflusso di gente e di ragazzi che vengono a
giuocare, a lordare, e – di notte – a fare all’amore.
- Viene aperta, in sua vece, una porticina nel lato sinistro, di fianco alla chiesetta,
per dar possibilità al portinaio di accorrervi presto alla chiamata.
- Vengono applicate varie serrature alle porte vecchie e nuove per impedire l’afflusso dei secolari in convento.
Vi è pure applicato un campanello elettrico, e restaurato quello a tirante.
13 FEBBR. I ragazzi – per dispetto a causa delle chiusure di cui sopra – hanno rubato
il pulsante del campanello elettrico.
Ma ne viene subito applicato un altro, e si fa buona guardia,
14 Febbr. Il p. Floriano si reca con Bianchi a Verona per ben due volte nella giornata, per incontrarsi con il Ministro Gonella alla Sovrintendenza dei monumenti, al
Palazzo Orti-Manara onde tentare d’ottenere qualche sovvenzione per i lavori del
S. Francesco di Mantova.
Ivi si trova pure il p. Luigi De Biasi, Procuratore Provinciale, con il quale concerta
l’azione.
Vengono mostrati i progetti e illustrati dal Sovrintendente. Ma quando il Ministro
domanda di quale somma vi sarebbe l’urgenza, il Sovrintendente esce con l’irrisoria
cifra di 3 (tre) milioni. Naturalmente l’Arch., il p. Luigi e il p. Floriano rimangono
stupiti! Ma il Sovrintendente che lo nota dice “che sa lui il motivo” perché ritiene
di attenersi a quella cifra. (Motivo poco chiaro?)
Il p. De Biasi chiede al Ministro quando sarebbe stato possibile farsi dal Ministro
ricevere a Roma. Rimangono intesi per martedì p. venturo.
Il p. Luigi, poi, viene a Mantova per qualche ora, onde avere tutti i dati necessari
per Roma.
Il prof. Banterle porta con sé a Mantova alcuni prospetti. Tutti non sono ancora
approntati!
16 FEBBR. Il p. Luigi De Biasi invia telegramma da Venezia, con il quale dice di
rinviare la sua partenza per Roma a lunedì 21.
- Il p. Floriano, con A. Bianchi, discute un nuovo tipo di arredamento delle nuove
celle, fra cui la Biblioteca armadio.
23 FEBBR. Nella nostra chiesetta ha inizio il Triduo in onore di S. Margherita da
Cortona, voluto dalle Terziarie in celebrazione del centenario di Lei.
Prediche del p. Guardiano.
APPENDICE
6
267
26 FEBBR. Festa di S. Margherita.
Messa letta. Suono di Harmonium e violino delle due Nannini, madre e figlia.
Servizio del padre Guardiano, alla Comunione Generale.
Nel pomeriggio, Discorso Panegirico in onore della Santa tenuto dal p. Guardiano.
Benedizione.
- Arriva l’Arch. Banterle da Roma con buone notizie circa l’esito della missione del
p. Luigi De Biasi presso il Ministro.
Stiamo a vedere. Chissà non sia la volta buona!
27 FEBBR. Riceviamo dalla Ditta P. Morassuti una pentola della capacità di litri 60
(sessanta), regalataci (dietro domanda nostra e delle terziarie) per il “Refettorio dei
Poveri”.
3 MARZO Proveniente da Castelnuovo Fogliani è giunto oggi improvvisamente il
R.mo P. Generale Pacifico Perantoni.
Ha desinato qui e ha visitato le rovine del nostro convento e chiesa.
Ha offerto – quale dono per la sua visita – 1000 (mille) SS. Messe a L. 400 l’una.
Dopo un’ora è ripartito per Verona, lasciando molta soddisfazione in tutti.
Ha espresso il desiderio e volontà che ricostruendo il convento si tenga conto di
preparare l’ambiente per un eventuale Ginnasio-Liceo-Convitto. Ha ricordato la
propaganda elettorale come volontà diretta del Papa.
4 MARZO Il p. Federico Zardo si reca a Vicenza per buste e carta da lettere. Andrà
da Galla per cedere o prezzi dei calici, perché si ha intenzione di acquistarne due.
Ma costano il minimo . settemila L. l’uno. Troppo! Meglio vedere altrove.
5 Marzo Il p. Guardiano, aiutato dal p. Michele Varagnolo, conducono, a mezzo
dell’auto di Bianchi, all’Infermeria Prov. di S. Michele in Isola di Venezia il p. Policarpo Riccioli affetto da asma e brachicardia acuta.
Era ormai ridotto a non potersi più muovere e a non fare il benche minimo movimento degli arti per il gonfiore.
Al congedarsi dai suoi padri di Mantova scoppia in un dirotto pianto come un
bambino e dice che a Mantova non tornerà più: presagisce la morte.
Peccato che egli se ne vada da questo convento: vi aveva la sua clientela assidua di
sacerdoti secolari per il sacramento delle confessioni!
- Il p. Provinciale, trovato a S. Bernardino di Verona, promette che manderà un
padre Anziano a supplire il p. Policarpo per le confessioni del clero.
6 MARZO Andiamo dalla Ditta Begnozzi di Mantova per sentire il prezzo dei calici. Anche lì uno sproposito!
- Il p. Guardiano parla ai terziari a proposito delle elezioni politiche; fa sapere
la volontà del p. Generale; legge parte dell’Enciclica di Pio XI, “Del Comunismo
Ateo”.
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7 MARZO Arriva all’improvviso il Sovrintendente ai Monumenti, e riferisce del
buon esito del suo viaggio a Roma, per la causa del S. Francesco.
Si reca da S. Ecc. il Vescovo onde persuaderlo ad assumersi l’amministrazione dei
fondi conferitici dal Governo per la ricostruzione del S. Francesco. Ma ottiene fino
a un certo punto anche lui.
8 MARZO Il R.mo P. Generale, il p. Provinciale e l’Arch. Banterle, giunti inaspettatamente da Verona, si recano dal Vescovo di Mantova per pregarlo di firmare alcune dichiarazioni e di assumersi l’amministrazione dei fondi elargiti dal Ministro
per la ricostruzione del S. Francesco.
Ottengono ogni cosa.
Fanno, poi, una scappatina in convento per riferire e formulano l’augurio di lavorare bene.
10 MARZO Il p. Guardiano comincia il suo corso di Ritiri al Clero al convento del
Frassino di Peschiera.
Circa 25 sacerdoti presenti.
- Nel pomeriggio, con l’Impr. Bianchi va a Verona dall’Arch. Banterle per una ultima revisione dei progetti e delle Perizie dei danni da inviare a Roma.
- Il Sovrintendente viene a cercare il p. Guardiano, per le stesse ragioni di sopra.
Ma il Guardiano è a Verona.
- A Verona, dalla Ditta “Tita” fa buon acquisto di due calici di seconda mano, ma
indorati e inargentati da parer nuovi, per la somma di L. 10.000.
11 MARZO Nella seduta discretoriale del T.O.F. femminile viene deciso il pranzo
pasquale per i poveri.
Il p. Guardiano propone, onde raccogliere maggiori offerte e, nello stesso tempo,
per dare una prova della nostra riconoscenza ai benefattori, di offrire i ramoscelli
di palma benedetta con il cartiglio iscritto “Pranzo dei Poveri”.
14 Marzo Nella adunanza plenaria delle Terziarie il p. Direttore tratta la questione elettorale in pieno. Legge brani significativi dell’Enciclica del Papa Pio XI “Del
Comunismo Ateo”, cita la lettera del P. Generale; riferisce le ultime disposizioni di
lui nel caso che qualche terziario osasse militare nei partiti di sinistra o si rifiutasse
di votare.
15 MARZO Arriva l’Arch. Banterle con tutte le lettere e i documenti da inviare a
Roma per le pratiche della rifusione dei danni di guerra, ammontanti a 180 milioni
di lire, per la chiesa e convento complessivamente.
Si invita il Sovrintendente a recarsi personalmente a Roma per appoggiare la pratica.
20 MARZO In Piazza Sordello il Primo Ministro De Gasperi parla delle elezioni a
APPENDICE
6
269
una immensa folla convenuta da tutti i paesi della Provincia.
21 MARZO Partenza per Roma improvvisa dell’Arch. Banterle e dell’Impr. Bianchi
perché pare siano sorte ivi delle complicazioni per le pratiche.
25 MARZo Viene allestito un passabile “Sepolcro” per il Giovedì Santo nella Sala
del Terz’Ordine.
26 MARZO Il Segretario del C.I.V. è avvenuto ad avvertire che è stata accettata la
nostra collaborazione per la propaganda elettorale cattolica.
Il 2-3-4 il p. Guardiano dovrà tenere conferenze di cultura religiosa a Montanara.
- Tornano da Roma l’Arch. Banterle e Bianchi, soddisfatti per la buona piega degli
affari nostri a Roma.
- Telegramma – al pomeriggio verso sera – annunciante l’improvvisa visita canonica per domattina, da parte del P. Visitatore Diotallevi.
27 MARZO Verso le ore 11 arriva in auto da Monselice il p. Visitatore Generale
Ferdinando Diotallevi, con il suo Segretario e fr. Sebastiano, autista.
È ricevuto in Chiesa da quei tre frati che vi sono. Il p. Guardiano canta l’“Ecce
fidelis servus” da solo. Inizio della scolta.
Buona impressione. Parte dei frati sono assenti per la predicazione pasquale.
28 MARZO Il p. Guardiano conduce – come di consueto – il p. Visitatore a far visita
al Vescovo M. Menna.
Alla domanda del p. Visitatore se S. Ecc. fosse soddisfatto dei frati veneti di S.
Francesco, rispose: “Fin’ora sì”.
Il Vescovo tratta gentilmente il p. Visitatore e lo riconduce fino alla porta.
- Pranzo pasquale a 74 poveri, preparato da fr. Mansueto dal Pra con gran maestria.
Tutto l’occorrente per esso, piatti, posate, bicchieri e viveri fu raccolto dalle terziarie, con slancio, generosità e abnegazione ammirabile.
L’idea del ramoscello d’ulivo ha fruttato molto.
29 MARZO Chiusa della Visita. Elogio del p. Visitatore per la pace e l’armonia di
questo convento; come pure per il lavoro e per la carità verso i poveri.
Il p. Visitatore riparte alle ore 9 ¼.
- Il Sovrintendente viene per un rapido sopraluogo alle rovine.
2 APRILE Viene collocato – in chiesa dietro l’altar maggiore, al posto di S. Antonio di proprietà del Collegio Serafico di Saiano, e perciò da restituire – un grande
crocifisso in gesso abbronzato, imprestatoci dallo scultore.
- Il p. Guardiano inizia le sue conferenze religiose nel teatro delle suore di Montanara.
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PAOLA
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11 APRILE A S. Michele di Venezia muore il p. Policarpo Riccioli, di questo convento. “Vere israelita in quo dolus non est”. Una gran perdita per Mantova.
18 APRILE Tutti i Frati partono per i rispettivi seggi elettorali. Qui vengono il p.
Roberto, fr. Fortunato, fr. Placido Pasini della Prov. Lombarda.
Il p. Guardiano torna in giornata per custodire il convento dato che i qui venuti se
ne vanno subito dopo aver votato.
- Nel pomeriggio il Sovrintendente viene in cerca del Guardiano, il quale è ancora
a Verona per le votazioni.
20 APRILE Grande giornata di orgasmo! L’esito delle elezioni è quanto mai lusinghiero per la D.C.! Si profila un trionfo inaspettato!
L’Italia ha trovato la via della pace e della verità! Sa quali uomini deve scegliere per
la sua pace.
21 APRILE Il Sovrintendente annuncia la sua secondogenita e avverte della risposta
di S. Ecc. Costantini circa lo stanziamento di fondi per il S. Francesco.
22 APRILE Arriva, ma con molto ritardo, l’Arch. Banterle per studiare assieme con
il p. Floriano e Bianchi la nuova sistemazione del convento, in riguardo alle future
finalità di esso, secondo la volontà del p. Generale: Ginnasio-Liceo-Convitto.
I progetti sono riveduti e discussi a lungo, e fissati per tutte le evenienze, anche se il
collegio non si dovesse fare: dovranno cioè essere impostati in maniera che l’ossatura
generale non deva venir modificata, sia si faccia il collegio sia si voglia il convento.
Il Convitto avrà tutti gli accorgimenti moderni d’Italia e dell’Estero.
30 APRILE Ha inizio il mese di maggio predicato dal p. Michelangelo Manfredi del
nostro convento.
1 MAGGIO Viene l’Arch. Banterle con i progetti, ma sono così malcombinati da non
poter passare. Il p. Floriano tenta dimostrare a lui la incoerenza di certe soluzioni,
ma è tempo e fiato sprecato, perché l’architetto è affetto da un terribile mal di capo
che non intende nulla.
Il p. Floriano si incarica di preparare le minute secondo le esigenze della ScuolaConvitto.
4 MAGGIO Il p. Guardiano termina i progetti iniziati il primo di Maggio.
- Onomastico del p. Guardiano. In chiesa, le orfanelle di Via Scarsellini cantano
mottetti molto bene e le terziarie Nannini, madre e figlia suonano Harmonium e
violino.
Le terziarie numerose assistono. Ciò che esse volevano spendere in fiori, ecc. per il
p. Guardiano, fu devoluto a una terziaria indigente, secondo la volontà di lui.
5 MAGGIO Viene il Sovrintendente ai Monumenti. Visita la cappella di S. Bonaventura, già ultimata nella parte superiore sia nel restauro architettonico che pittorico.
APPENDICE
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Egli è soddisfatto; ordina di ritoccare qualcosa e di chiudere la finestra che dà sul
campanile.
Dà pure il via per la demolizione degli archi del presbiterio e per l’inizio del soprarco del portale da eseguirsi in cotto.
11 MAGGIO Il p. Guardiano va dal dott. G. Nicolini. Sente a che punto sono arrivate le trattative con il Comune. Lo sollecita.
Tratta poi di una possibile società per lo sfruttamento e l’impulso artisticoreligioso-spettacolare. Sente i pareri del notaio: Andare alle Banche varie di Mantova.
12 MAGGIO Viene il Prof. Banterle e riferisce al p. Guardiano la risposta del p.
Generale circa il danaro del Governo, che non arriva, a causa del lavorìo del 18
aprile e del nuovo Ministero in formazione.
24 MAGGIO Il p. Guardiano va a Verona dall’Arch. Banterle per esaminare i progetti ultimati secondo le minute consegnate a suo tempo all’architetto. Male eseguiti…
- L’Arco della navata media eseguito da Bianchi viene molto bene.
27 MAGGIO
Domini”.
Quattro religiosi partecipano alla processione cittadina del “Corpus
28 MAGGIO Viene l’Arch. Banterle, su invito del Sovrintendente Gazzola, credendo di poter parlare al Ministro Gonella. Ma il Ministro non è venuto; e pare, anche,
non debba neppure venire.
Riparte un po’ male, dopo aver ricevute due o tre osservazioni del p. Floriano circa
i progetti.
29 MAGGIO Il p. Guardiano va dal notaio Nicolini per spingerlo a sollecitare le
pratiche con il Comune, che van son tirate per le lunghe. Il notaio Nic. Consiglia di
scegliere un avvocato perché sembra che l’Ufficio Tecnico voglia prendere in giro.
Il p. Guardiano induce il Notaio a mandare una specie di “ultimatum” di buona
volontà al sindaco. Egli prega il p. Guardiano di tornare lunedì. Intanto parlerebbe
e vedrebbe.
30 MAGGIO
Chiusa delle 40 Ore nella nostra chiesetta. Giornata di Riparazione mariana. Comunione generale e preghiera dei bambini secondo l’incitamento
del Sommo Pontefice.
Congregazione delle Terziarie. Vestizione e Professione. Ora di adorazione per
l’Espiazione Mariana. Consacrazione del T.O.F. al Cuore Immacolato di Maria.
Discorso del p. Federico Zardo.
31 MAGGIO Il p. Guardiano torna dal Notaio Nicolini per sentire l’esito del passo
di lui presso il Sindaco.
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Il Notaio riferisce che ha abbordato l’Ing. Capo Magelli, il quale, all’intimazione
che ogni cosa sarebbe posta in mano dell’avvocato, rispose ch’era stato costretto
a soprasedere per causa dell’Arch. Banterle che non aveva presentati i progetti a
suo tempo; (Il che è falso, essendo essi stati presentati un anno fa!); ma che per
martedì (1 Giugno) alle ore 18 sarebbe andato allo studio del Notaio con la nuova
convenzione.
Il p. Guardiano rimane inteso che martedì prossimo sarebbe ripassato dallo studio
del Notaio per rilevarlo e andare assieme in Municipio.
- Si inizia il restauro dell’attuale piccolo refettorio provvisorio, carico di muffa.
- Termina del mese di Maggio. Benedizione delle rose. Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria. Molta folla. Commozione intensa. Promesse!
1 GIUGNO Seduta in Municipio del p. Guardiano con i Signori dell’Ufficio tecnico
per discutere i punti della nuova Convenzione da stipularsi tra il Comune di Mantova e i Frati Minori della Prov. Veneta di S. Antonio.
Discussione serena e leale. Le clausole della Convenzione saranno molto più buone
di quelle passate.
Il p. Guardiano avanza la difficoltà che se non vi fanno quella striscia di terra tra la
chiesa e il palazzo d’Arco in compenso dell’area sottratta e dei materiali asportati,
non è possibile nessuna intesa.
Viene obbiettato che ciò sarà difficile dato il piano generale di ricostruzione della
città, già approvato dal ministero. Tuttavia sarebbero venuti a fare un sopraluogo.
Il p. Guardiano, per disporli meglio in nostro favore, li invita a desinare per la
prossima festa di S. Antonio.
5 GIUGNO Il p. Guardiano si reca in Municipio per conferire con l’Ing. Magelli.
Non lo trova; non ostante la intesa. Più tardi chiede scusa.
6 GIUGNO Pellegrinaggio al Frassino di Peschiera dei Terziari e Terziarie: due corriere colme: più di cento persone. Messa al Santuario. Discorso. Canti. Mentre le
terziarie vanno a Sirmione, il p. Guardiano si reca a prelevare la cagna con 5 cuccioli, che porta poi alla corriera e a Mantova.
7 GIUGNO Ancora in Municipio dall’Ing. Capo, per chiarificare alcune clausole
della Convenzione.
- La cagna morde l’operaio Bianchi, il quale corre diffilato a farsi medicare all’ospedale Civile.
8 GIUGNO La commissione del Comune per esaminare l’area da cedere è attesa
invano.
9 GIUGNO Il Notaio Nicolini notifica che il Comune gli ha consegnata copia della
Convenzione.
APPENDICE
6
273
- Il Gesuita p. Lombardi predica in Piazza Sordello. Grande concorso.
10 GIUGNO Il dott. Nicolini consegna al p. Guardiano copia dello Schema di Convenzione perché ne prenda visione e apporti quelle modifiche che crede opportune.
11 GIUGNO In questi giorni furono eseguiti i lavori di restauro del Refettorio attuale
dei Frati, resisi necessari per il cattivo stato dei muri e la muffa e la umidida che li
impregnava. Sono riusciti bene, come muratura e coloratura.
Nel muro principale è collocata una Madonnina con il Putto in terracotta di Siena
provveduta nel magazzino Galli di via XX Settembre, 10 a L. 1500.
La illuminazione viene particolarmente curata e installata per opera del p. Michele.
I lampioncini furono acquistati dal Sig. Mojetta di Via Alberto Mario, che, poi ce
li regalò.
La messa in opera della Madonnina fu lavoro personale del Sig. Bianchi Adone.
12 GIUGNO Il p. Guardiano fa le seguenti provviste: dal Sig. Galli Via XX Settembre: Fondine n. 20 – Piatti n. 40 Piatti piccoli n. 40.
Bicchieri grandi n. 40, piccoli n. 20
Bottiglie da vino n. 10, da acqua n. 10
Tazzine complete da caffè n. 20
Da Morassuti, Corso V. E.:
Posateria in alpacca
Coltelli n. 20, forchette grandi n. 20
“
piccole n. 20
Cucchiai grandi n. 20, piccoli n. 20
“
medi n. 20
“
di pasta da servizio n. 2
Forchette
“
“
n. 2
Piatti grandi da servizio n. 6
(Regalati dalla Marchesa d’Arco)
Fruttiere n. 3, Caffettiere n. 1
Dalla Signora Bollini-Morandi
Tovaglie n. 4, tovaglioli n. 20
Tovaglioli ordinari n. 10
Asciugatoi n. 15
Tela per mutande mt. 28
13 GIUGNO Festa di S. Antonio.
Messe ogni mezz’ora. Ore sette Messa della Comunione Generale. Ore 10 Messa
Solenne.
Nel pomeriggio ore 2 e ½ canone.
Panegirico – Benedizione dei Gigli – Consacrazione dei Piccoli e degli Studenti al
Santo. Messa cantata dalle Orfanelle di Via Scarsellini.
A mezzogiorno invitati a desinare i Signori dell’Ufficio Tecnico: Arch. Cazzaniga,
Ing. Capo Magelli, Arch. Poldi, Dott. Nicolini, Arch. Banterle, Don Aldo Porcelli,
Dott. Bazzi e Dott. Bertuccio, Maresciallo Bonato nostro factotum.
274
PAOLA
ARTONI
Scopo: amicarci l’Ufficio Tecnico del Comune e affiatarci a loro per la nuova Convenzione e per i lavori da eseguirsi. Ma innanzi tutto per ottenere da loro il benestare per la cessione a noi dell’area tra noi e il palazzo d’Arco.
Ogni cosa riuscita bene.
Poi, sopraluogo alle rovine e restauri.
- Su consiglio di Cazzaniga, il p. Guardiano chiede al Sovrintendente una dichiarazione esprimente la necessità per il convento e chiesa che l’area predetta venga
ceduta ai frati.
14 GIUGNO Viene iniziata la demolizione dell’Arco trionfale rinascimentale del presbiterio; unico del suo stile rimasto ancora in piedi perché sostenuto da due mastodontici contrafforti.
Viene demolito perché pericolante, e perché non corrisponde più allo stile quattrocentesco della chiesa che si vuole ricostruire secondo il tema della facciata e delle
cappelle superstiti, e del campanile.
16 GIUGNO Nel pomeriggio il p. Guardiano va dall’Arch. Cazzaniga a recargli il
preventivo delle cose asportate dal S. Francesco dopo la guerra, come d’intesa.
Mattoni: 3.000.000 circa, dei quali, parte impiegati nella ricostruzione del ponte
sul Rio, parte ceduti alla Impresa Mori-Franzoni, in parte (circa 100.000) venduti
al parroco di Pegognaga.
Legname: 100 mc circa.
Ferro in putrelle: 100 q.li circa.
Materiali che dovremo, certo, a suo tempo, acquistare al mercato a prezzi correnti!
- Il p. Guardiano partecipa in Episcopio a una adunanza della Consulta diocesana.
|Si tratta dei mezzi più acconci e opportuni per far fruttificare l’opera svolta dal p.
Lombardi.
17 GIUGNO Oggi l’Arch. Banterle con il p. Luigi De Biasi partono per Roma onde
sollecitare qualche aiuto finanziario, promesso tante volte e non giunto mai.
4 LUGLIO Il p. Guardiano va dall’Onorev. Momoli a raccomandargli che perori la
causa del S. Francesco presso il Ministro Gonella.
Promette che farà.
6 LUGLIO Viene l’Arch. Banterle per gli ultimi ritochi dei Progetti.
Legge al p. Guardiano la lettera inviata a Ms. Costantini, perché anch’egli solleciti
al ministero per la sovvenzione.
Il p. Guardiano fa rifare i progetti che non sono al punto.
7 LUGLIO Il p. Guardiano si reca dall’Arch. Cazzaniga, Assessore ai lavori, per
metterlo a corrente della gaglioffata degli affittuari del deposito di legnami, i quali, dovendo andarsene entro il mese, pretendono dalla Montecatini, che vorrebbe
entrare, un’“uscita” di 1.000.000! E lo prega di farci liberare da tutti gli inquilini
APPENDICE
6
275
che detengono ancora parte dell’area a noi ceduta per la convenzione del ’43, e mai
consegnata.
- Tratta pure con la Direzione della Stipel per ottenere il telefono; ma la spesa è
abbastanza elevata, perché l’allacciamento bisognerà effettuarlo da Via Corrado
con più di 100 mt. di cavo.
8 LUGLIO Il p. Guardiano va dal Notaio Nicolini e lo mette al corrente del fatto
riferito ieri.
- Tratta con il rappresentante della Montecatini per un possibile subaffitto di due
anni contro l’impegno da parte della Società di edificare la mura definitiva dalla
parte nord di tutto il convento, cominciando dalla spalletta del ponte sul Rio.
9 LUGLIO Contratto con la “Stipel” per il telefono: L. 1004, più 2550 di cauzione.
Bianchi farà la Gabina.
10 LUGLIO Sono venuti il geometra e il disegnatore dell’arch. Banterle per alcuni
rilievi.
Hanno portato i progetti del Cinema in Sala e all’aperto.
- Il p. Guardiano tratta con lo scultore Baldassarri per la produzione di due tipi del
Nome di Gesù in terracotta.
Il prezzo si aggira sulle 200 L. al pezzo.
Ne preparerà 200 grandi e 200 del tipo piccolo da tavolo.
11 LUGLIO Il p. Guardiano tratta col Sig. Prodi per il cinema. Non è alieno a entrare
in società per esercirlo. Ne parlerà in famiglia.
- Tratta con il Dott. Amos Morari dell’affare con la Montecatini, (di cui sopra),
e in ispecie se ai termini del nostro contratto con quella società il Comune, quale
proprietario del S. Francesco, potesse sollevare difficoltà.
Risponde di no.
12 LUGLIO Il p. Floriano si reca in Questura per le pratiche inerenti al Cinema. Poi
all’Ufficio del Timbro. Poi ancora in Questura per consegnare la copia diretta in
Prefettura. L’altra copia sarà spedita domani al Ministero.
- Si incontra con il parroco di S. Apollonia per venire in aiuto religioso agli abitanti
del Borgo Te.
Si concerta la possibilità e il modo di aiuti più convenienti. Ognuno si riserva di
parlarne al proprio superiore: Al Vescovo e al p. Provinciale.
13 LUGLIO Hanno inizio i lavori per il telefono: l’impianto e la cabina.
- Baldassarri porta il “Nome di Gesù”. Gli sono suggerite modifiche. Ne faccia
alcune copie al completo per vedere.
276
PAOLA
ARTONI
15 LUGLIO Il parroco di S. Apollonia viene dal p. Guardiano a riferire l’esito del
suo colloquio con il Vescovo. Il Vescovo – dice il parroco – accetta di buon grado
che un Padre si occupi della salute spirituale delle popolazioni del Borgo Te e propone tre soluzioni, che sono poi quelle previste dal D. Canonico: 1° Curazia dipendente da S. Apollonia; 2° Curazia personale dipendente dal Vescovo: 3° o vera e
propria parrocchia.
Perciò se il p. Provinciale volesse accettare, la cosa poteva dirsi risolta.
Il p. Guardiano propone di andare insieme a dare una occhiatina al luogo.
16 LUGLIO Si fa ricercare un po’ dappertutto una macchina da cucire di tipo grande, sia a noleggio come a prestito; ma non si riesce nell’intento.
Si decide di Comperarne una e di pagarla a rate.
- Il p. Guardiano va al “Borgo Te” con il parroco di S. Apollonia. Esito soddisfacente: credeva peggio.
Il territorio è bello e vasto: circa 2000 anime: cappella con abitazione pro cappellano: tre locali vasti: scuole e asilo: possibilità di fabbricare la chiesa.
17 LUGLIO oggi, finalmente, è stato posto in opera il telefono. Va bene.
- Si trova chi ci impresta la macchina da cucire per un mese intero.
- Arriva una lettera circolare del P. Com. Visitatore Diotallevi con la presentazione
del nuovo Definitorio Provinciale.
- Arriva Fr. Antonio Tolcerè, destinato a questo convento per l’ufficio di Sagrestano
e portinaio.
- Viene pure il Disegnatore di Banterle per alcuni rilievi.
21 LUGLIO Il p. Guardiano si reca a Venezia con Bianchi e l’Arch. Banterle per
conferire con il nuovo p. Provinciale, p. Mansueto Frison, circa diverse questioni.
Esame generale della situazione mantovana.
22 LUGLIO In Questura per motivo del Cinema. Ci chiedono se abbiamo intenzione di cominciare. Inizieremo non appena troveremo i soldi.
23 LUGLIO Dal Notaio Nicolini per sollecitare la consegna di tutta l’area del convento e per premere sullo sfratto degli inquilini.
- Acquistato un nuovo “Missale Romano-Seraphicum” (L. 6.500).
24 LUGLIO Arriva l’Arch. Banterle con il progetto definitivo del solo pianterreno
(chiesa e convento). Si discute a lungo e si prospettano migliorie a difficoltà.
Viene anche progettata l’uscita nel lago Superiore attraverso il ponte sul Rio.
25 LUGLIO Il p. Guardiano si reca a Custozza, ove si trova il Ministro Gonella a
APPENDICE
6
277
commemorare i caduti della Battaglia del ’48 e del ’66, per supplicarlo ancora una
volta della sovvenzione per il S. Francesco, sempre promessa e mai data.
Egli ha promesso senz’altro, e ha esortato ad aver fiducia nella Provvidenza. Il p.
Guardiano gli ha soggiunto che però “questa benedetta Provvidenza amava farsi
troppo a lungo pregare, e minacciava ormai di
giungere troppo in ritardo”.
A Custozza, e poi a Sommacampagna è presente pure l’arch. Banterle, il sovrintendente Gazzola.
Il p. Luigi non è presente.
Qual però dovrà recarsi ancora a Roma per sollecitare.
26 LUGLIO Viene da Peschiera Fr. Tiziano Agrati per la confezione degli abiti.
30 LUGLIO Viene acquistato un ferro da stirare del tipo “da sarti” per L. 4000.
31 LUGLIO Il p. Guardiano invia espresso al p. Segretario Provinciale pro delega
ufficiale a trattare e firmare la Convenzione.
Mette il p. Provinciale della situazione mantovana e della sua rincorsa del Ministro
Gonella a Custozza e Sommacampagna.
Suggerisce altri ritocchi allo schema di Convenzione.
8 AGOSTO Viene l’Arch. Banterle, con il quale il p. Guardiano conferisce a lungo
circa le cose che più premono per il S. Francesco.
Il p. Luigi De Biasi andrà a Roma domani: troppo tardi!
− Arriva espresso del p. Provinciale con il quale conferisce al p. Floriano M. Ferro
autorità a trattare e a firmare la nuova Convenzione con il comune di Mantova.
10 AGOSTO Giunge lettera dell’Onorevole Momoli, presentante un’altra del Ministro Gonella, nella quale è racchiusa qualche buona speranza per il S. Francesco.
Il p. Guardiano si reca dal Notaio Nicolini a presentare la lettera credenziale del p.
Provinciale con la quale è autorizzato a firmare la convenzione, e insieme a presentare a lui i “desiderata” della Provincia circa la stessa Convenzione.
11 AGOSTO Arriva da Peschiera il R.P. Augusto Rosso, qui destinato di famiglia
quale predicatore e Conv. Distrettuale del T.O.F. e I Discreto.
16 AGOSTO Alle ore 23.30 arriva un telegramma del R.mo P. Generale, per mezzo
del quale ingiunge al p. Guardiano di recarsi a Roma per trattare “de visu et presentia” la questione del S. Francesco presso i competenti ministeri.
17 AGOSTO Il p. Guardiano si mette d’accordo, per telefono, con il p. Luigi De Biasi, l’Arch. Banterle e Bianchi, per il viaggio a Roma. Partenza da Verona con l’arch.
Banterle. Il p. Luigi parte da Venezia.
18 AGOSTO A Roma dal Rev.mo P. Generale il quale dice al p. Luigi e al p. Floriano di darsi le mani d’attorno e di arrangiarsi.
Tutti e due vanno al Ministero della Pubblica Istruzione.
278
PAOLA
ARTONI
Il Direttore delle Belle Arti non c’è. Bisognerà attendere il ritorno di lui fino a giovedì venturo. Intanto si farà i turisti.
29 AGOSTO
Ritorno a Verona e a Mantova quasi “infecta re”. Molte speranze.
30 AGOSTO
Arriva improvvisamente in visita privata il p. Provinciale.
31 AGOSTO Il p. Guardiano accompagna alle Grazie il p. Provinciale.
Visitano alcune casse contenenti le ossa di alcuni Venerabili Francescani che sono
ivi in Sagristia.
Tornando fanno una capatina a Borgo Te.
7 SETTEMBRE Il p. Guardiano si reca a Bolzano a visitare quel Ginnasio-Liceo dei
Francescani.
Poco da apprendere circa i locali e l’igiene. Invece, bello e copioso gabinetto di storia naturale e fisica. Però ne stanno costruendo un edificio nuovo e moderno.
11 SETTEMBRE La Segreteria Provinciale invia al p. Guardiano l’atto di cessione
dei P. Lombardi a qualunque diritto sul S. Francesco. Il p. Guardiano la recapita al
Notaio Nicolini.
15 SETTEMBRE Viene acquistato un cavallo di quattro anni per L. 125.000 ricavate
dalla vendita di 14 q.li di grano.
19 SETTEMBRE
ti di massima.
Arriva l’Arch. Banterle per l’ultima e definitiva stesura dei proget-
20 SETTEMBRE
Il p. Guardiano si reca da Mons. Ciro Ferrari per pregarlo che
predichi la novena di S. Francesco nella nostra chiesetta.
È impedito.
La predicherà il p. Augusto Rosso.
22 SETTEMBRE - Con Bianchi una scappata di due ore a Verona dall’Arch. Banterle
per l’ultima revisione dei progetti portati a termine, pare.
Il p. Guardiano suggerisce modifiche lievi. Son venuti bene.
24 SETTEMBRE
Il p. Guardiano si reca dal Notaio Nicolini per le ultime pratiche
della Convenzione.
Qualche difficoltà circa lo sfratto degli inquilini.
27 SETTEMBRE
Il p. Guardiano va dall’assessore ai lavori del Comune Arch.
Cazzaniga e gli mostra i nuovi progetti; e lo prega perché s’interessi per le pratiche della Convenzione; e faccia pressione presso il Sindaco per lo sgombero degli
inquilini.
- Prende accordo con il Generale dei Carrabinieri Butti, perché egli presti i suoi
APPENDICE
6
279
buoni uffici in nostro vantaggio presso il Ministero, per la sovvenzione al S. Francesco.
29 SETTEMBRE
Il p. Guardiano porta i Progetti della Chiesa e Convento all’Ing.
Capo del Comune Magelli, in sostituzione dei vecchi.
Prega di accelerare le pratiche per la convenzione.
30 SETTEMBRE
Contatti con la Principessa Trivulzio perch’ella abbia da interporsi per la sospirata sovvenzione del Governo.
1 OTTOBRE
Viene l’Arch. Banterle per conferire con il p. Guardiano circa la
lenta problematica assegnazione governativa, e a esprimere le sue difficoltà economiche, come pure quelle dell’Impresario Bianchi.
- Crisi nel Consiglio comunale e secezione della parte democristiana.
Certamente influirà a nostro svantaggio, e rallenterà ogni cosa.
4 OTTOBRE
Festa del Serafico Padre. SS. Messe alle ore 6.15 – 7 – 7.30 – 8 – 9 –
10 Solenne.
Alle ore sette Mess della Comunione Generale, detta da Mons. Vicario.
- Desinare con invitati i Mons. Aldini – Don Porcelli – Dott. Bazzi – Dott. Bertuccio
– Sig, Bianchi – Sig. Bonato.
Non sono giunti il Sovrintendente Piero Gazzola e il Prof. Ozzola.
Tutto abbastanza bene.
- Nel pomeriggio, ore 20 Preci. Discorso detto dal p. Guardiano, il quale predicò
anche gran parte della Novena in sostituzione del p. Augusto Rosso.
Molta gente.
6 OTTOBRE
Arriva il p. Procuratore Prov. p. Luigi De Biasi; al quale il p. Guardiano espone la situazione finanziaria dell’Arch. Banterle e di Bianchi per un sollecito acconto.
9 OTTOBRE
Ancora dal Notaio Nicolini per sollecitare le solite pratiche per la
Convenzione che vanno per le lunghe.
- Viene l’Arch. Banterle a mostrare al p. Guardiano una lettera di S. Ecc. Costantini, il quale informa d’aver ritirato tre copie del progetto di S. Francesco dalla Direzione Generale delle Belle Arti per conto del Ministero dei LL. PP.; e non s’avvede
che la lettera è datata non da questo mese ma dall’aprile scorso!
10 OTTOBRE Elezione della nuova Ministra Maria Spiller, e delle altre cariche del
T.O.F. femminile.
11 OTTOBRE Il p. Guardiano si reca a Venezia e a Padova per vedere se può ottenere qualche prestito di denaro per dare un acconto a Banterle e a Bianchi.
280
PAOLA
ARTONI
16 OTTOBRE Ritorno da venezia e Padova “infecta re”. Neppure il p. Provinciale
ne ha e ne può dare. Il p. Luigi dice di proporre onde ottenere danari, l’ipoteca sulla
tipografia “Ite” del Libro.
- Riferito ciò a Bianchi, egli non crede opportuno di accettare.
17 OTTOBRE Il p. Guardiano tratta con le Signore e Signorine delle Acli e del Cif.
Per il Refettorio dei poveri in comune.
Ma non conclude nulla, perché intenderebbero solo avere, ma nulla dare.
18 OTTOBRE Due buone notizie: una dall’America e una da Roma.
La “Fondazione Kress” di Nuova York desidera i progetti del S. Francesco per
l’esame, e per vedere se può includere anche S Francesco nella loro beneficienza. E
ciò dietro interessamento del Sen. Montuori, già Prefetto di Mantova, e attualmente negli Stati Uniti.
La Marchesa d’Arco gli aveva scritto pregandolo a interessarsi. Speriamo.
- Telefona l’arch. Banterle che Gonella ha formato il decreto per la rifusione dei
danni, per un complessivo di 160 milioni.
Attendiamo notizie ufficiali. S. Antonio vi metta la sua intercessione!
22 OTTOBRE Il p. Guardiano va dal Notaio Nicolini a sentire l’esito circa la convenzione dopo la seduta dell’Ufficio tecnico del Municipio.
La cosa pare vada liscia.
- Egli reca alla Marchesa d’Arco il plico dei progetti e delle relazioni e delle Fotografie (n. 15), affinché lo invii in America al Sen. Montuori, che lo presenterà a
Kress.
26 OTTOBRE Giunge conferma da parte del Sovrintendente Gazzola che il Min.
Gonella ha firmato il decreto per la sovvenzione e rifusione danni, al completo.
Speriamo.
- Il Notaio Nicolini comunica che per la Convenzione nuova ancora nulla di fatto.
30 OTTOBRE Ancora dall’Arch. Assessore Cazzaniga per la solita questione dello
sgombero degli inquilini.
31 OTTOBRE Il braccio esterno della cucina è crollato. Furti di mattoni. È necessario costruire la mura esterna per salvare tutto. Ma c’è sempre quella benedetta
questione degli inquilini che guasta ogni cosa e frappone impedimenti.
3 NOVEMBRE Nuovamente dall’Arch. Cazzaniga per metterlo al corrente del crollo del braccio destro della cucina. Occorre la mura, e via gli inquilini.
6 NOVEMBRE Acquistato piccolo rimorchio pro questua per L. 50.000 di sole
gomme: il resto è regalato.
APPENDICE
6
281
12 NOVEMBRE
Viene il Sovrintendente Gazzola ad annunciare al p. Guardiano
che il Ministro Gonella ha passato gli incartamenti a Ministro dei LL. PP: Bisognerà spingere.
- Bianchi ha avuto da Roma notizie che la questione per la rifusione dei danni non
è ancora stata definita.
16 NOVEMBRE
Il p. Guardiano si reca dal Notaio Nicolini per sentire il punto
della trattativa con il Comune per la Convenzione.
Pare bene. Suggerisce al p. Guardiano una visita al Sindaco.
- Il p. Guardiano va, con il parroco di S. Apollonia, dal Vescovo per riferire la risposta del Def. Provinciale.
Il Vescovo si mostra aspro, screanzato, irragionevole con il parroco e, indirettamente con i frati.
Niente di concluso.
- Si inizia un triduo in preparazione della Festa di S. Elisabetta, nella nostra chiesa,
predicato dal p. Guardiano alle Terziarie.
19 NOVEMBRE
Il p. Guardiano va dall’arch. Cazzaniga per fissare un colloquio
con il Sindaco comunista Rea. Gli delucida gli ultimi dettagli della convenzione
circa i confini verso i d’Arco.
- Festa di S. Elisabetta.
Discorso tenuto dal p. Guardiano dal titolo: “I distacchi e i doni di Dio”.
21 NOVEMBRE
Con decisione rapida il p. Guardiano con Banterle, Bianchi, avvocato del Ministero, si recano a Venezia dal p. Luigi De Biasi per concertare il
piano d’azione da svolgere per le pratiche della rifusione dei danni, dopo la firma
del Ministro Gonella e il passaggio degli Atti al Ministero dei PP. LL.
28 NOVEMBRE
Il p. Guardiano apprende dalla Marchesa d’Arco il doppio giuoco degli Ufficiali del Comune; i quali, mentre ai frati offrono il territorio fino alla
mura d’Arco, alla Marchesa vogliono offrire per la compera una stringia al di qua,
verso di noi.
Egli interpella, per telefono, l’Ing. Magelli, il quale naturalmente nega, ma si capisce che sotto c’è qualcosa che non va.
Invita il p. Guardiano a ritornare domani, e intanto avrebbe sondato il terreno.
1 DICEMBRE
Ritorna Bianchi da Roma. La Pratica del S. Francesco giaceva inevasa dagli ultimi di maggio. Incuria della Sovrintendenza! Moltissime pratiche da
rifare!
Pure la sovvenzione per tutto l’anno finanziario ’48-’49!
- Viene l’arch. Banterle per conoscenza dell’accaduto. Si arrabbia. Ora dovrà rimettersi al lavoro.
282
PAOLA
ARTONI
- Il p. Guardiano va da Nicolini, come d’intesa, per sentire l’esito del doppio giuoco.
I Signori del Comune vogliono lasciarci il territorio in questione in “uso precario”.
Così non è facile che passi.
Il notaio invita il p. Guardiano a recarsi da Magelli.
- Ha inizio la Novena in onore della B.V. Immacolata. Predica il p. Guardiano:
Tema: Le Beatitudini.
3 DICEMBRE
Il p. Guardiano va dall’Ing. Capo Magelli; il quale propone l’“uso
precario”. Cosa inaudita! Vogliono giocarci!
- La Marchesa d’Arco riferisce che hanno proposto a lei la compera della stessa
area, in maniera non ufficiale.
4 DICEMBRE
P. Guardiano dal Notaio per metterlo al corrente del colloquio con
Magelli, e della villanata finale di lui.
Bisognerà scrivere una forte lettera al Sindaco per mostrare a lui e ai suoi dipendenti, che ci siamo accorti del loro giuocare per rivendicare i nostri diritti.
6 DICEMBRE
Il Prof. Banterle telefona al p. Guardiano avvertendolo che sono
giunte dal Ministero lettere al Vescovo e alla Soprintendenza per richiesta dei progetti del S. Francesco.
Però tutto dovrà passare dal genio Civile.
Accordi per l’azione al Genio Civile di Mantova.
7 DICEMBRE Il p. Guardiano termina la lettera al Sindaco, circa tutta la questione
del S. Francesco; della convenzione, e dell’“uso precario”.
La lettera (di 10 pag. dattiloscritta) è cortese nei modi e nell’espressione ma è dura
circa le verità esposte.
Copia sarà inviata anche al P. Provinciale, e se occorrerà al Prefetto di Mantova.
(Ved. Arch. Conv.).
9 DICEMBRE Il p. Guardiano di reca con l’Arch. Banterle al Genio Civile di Mantova per le pratiche della rifusione dei danni di guerra.
Tratta con l’Ing. Capo Fornasini, il quale affida ogni cosa all’Ing. Pedrazzoli dello
stesso Genio Civile.
Combinano di ritrovarsi sabato alle ore 14,30.
11 DICEMBRE Il P. Guardiano, l’arch. Banterle e l’Ing. Pedrazzoli iniziano i lavori
di revisione dei danni, sul posto. Combinata l’azione futura.
14 DICEMBRE Il p. Guardiano mostra la lettera indirizzata al Sindaco al Notaio
Nicolini per l’approvazione e l’opportunità di consegnarla o no.
Egli approva, ma si riserva di mostrarla, in via confidenziale, all’Arch. Cazzaniga.
Vedremo l’esito.
APPENDICE
6
283
15 DICEMBRE Provveduto un bellissimo calice d’argento dorato, per L. 6500 dal
Sig. Tita di Verona.
17 DICEMBRE Il p. Guardiano, invitato, va dal Vescovo; il quale vuole sapere se i
frati di S. Francesco hanno la intenzione di celebrare la messa alla notte di Natale.
Il p. Guardiano, prudenzialmente, risponde di no.
Altrimenti il Vescovo ordinava di fare a porte chiuse.
24 DICEMBRE Il p. Guardiano va da Nicolini per sentire l’esito della consegna della
lettera.
Ma il Notaio non ha creduto opportuno di portarla ancora al Sindaco perché spera
di arrivare lo stesso alle conclusioni volute; sebbene l’ha mostrata, come una minaccia larvata, all’Ing. Capo Magelli.
25 DICEMBRE Natale. Messa Solenne. Cantori, i Giuliani del campo Profughi.
- Pranzo per oltre 130 poveri.
Servizio e ordine.
Tutto bene.
Fotografia del Sig. Calzolari.
- Presepio artistico e universalmente ammirato da una grande affluenza di visitatori.
Architetti: P. Michele, Fr. Antonio
e il Dott. Bertuccio.
Un mese e mezzo di lavoro intenso; e parecchie spese.
Macchinari dell’aurora e del giorno e della notte.
Cose rare a vedersi.
31 DICEMBRE Acquistiamo una macchina da cucire pesante “Singer” di seconda
mano, ma seminuova, per la somma di L. 40.000, più L. 350 di spesa da Milano a
Mantova.
- Fine d’anno.
Te Deum di ringraziamento al Signore per tutto quello che ci ha dato.
1949
1 GENNAIO - “Veni Creator Spiritus”.
4 GENNAIO - La Marchesa d’Arco informa il p. Guardiano della risposta del Sen
Montuori.
Sembra che la “Fondazione Kress abbia intenzione di considerare la nostra domanda di aiuti per il S. Francesco.
Chiede dilucidazioni intorno ai progetti e alla storia del S. Francesco. Sono inviati.
284
PAOLA
ARTONI
5 GENNAIO = Il Sovrintendente Gazzola e l’Arch. Banterle vengono a S. Francesco,
poi si recano dal Vescovo per la lettera di risposta al Ministero.
Tutto bene.
- Il p. Guardiano va dal Notaio Nicolini per sentire l’esito della lettera mostrata al
Sindaco. Il Notaio N. l’ha mostrata e fatta leggere all’Ing. Capo Magelli. Il quale
aveva già pronta una relazione da leggersi in seduta del Consiglio, con i nostri
desiderata.
- Prepara le note e dilucidazioni da inviare alla “Fondazione Kress”.
6 GENNAIO = Inaspettato concorso di folla al presepio.
11 GENNAIO = Il p. Guardiano si reca a Padova per il congresso delle Missioni.
12 GENNAIO = Lo Scultore e l’Arch. Banterle vengono a S. Francesco; poi l’arch. va
al Genio Civile.
18 GENNAIO = L’Arch. Banterle viene dal p. Guardiano per leggergli la Relazione da
allegare ai progetti da inviare ai LL. PP. Vien fatta qualche modifica. La relazione
storica la presenterà il p. Guardiano. Occorrerà però farsi dare l’approvazione dei
Progetti dal Comune, quale proprietario del S. Francesco. Come pure occorrerà
una copia della Convenzione. Allora soltanto vi sarà la rifusione “danni di guerra”
100/100.
25 GENNAIO = Il p. Guardiano va con Bianchi dall’amministratore diocesano T. Berselli per la firma dei progetti (Chiesa e casa canonica), voluta dal Genio Civile.
29 GENNAIO = Questa sera alle ore 23 è spirato santamente il papà del nostro p.
Guardiano. Aveva 79 anni.
- Arrivano le carte della Congregazione definitoriale del 25-27 c.m.
Cambiamenti: P. Augusto Rosso, destinato predicatore a Lonigo;
Qui viene l’ex Guardiano del Frassine di Peschiera p. Dionisio Ragazzo, quale
Comm. Distrettuale del T.O.F.
- L’Arch. Banterle porta i Progetti definitivi.
1 FEBBRAIO = Risposta dall’America circa le pratiche con la “Fondazione Kress”:
nulla di definitivo.
È morto il segretario italiano di Kress, Ing. Picchetto. Ciò è male, perché egli si
interessava di Mantova.
2 FEBBRAIO = Con Banterle al Genio Civile a sollecitare le pratiche, che vanno per
le lunghe.
3 FEBBRAIO = Il p. Guardiano va dal notaio Nicolini per sentire a che punto stanno
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6
285
le pratiche con il Comune. Il Notaio risponde che nel mese di Gennaio non vi fu
seduta del Consiglio; si terrà forse ai primi di Febbraio.
Egli ha parlato con il Sindaco di tutta la questione e ne ha avuto le più ampie assicurazioni.
Non ha dubbio che la cosa non sia per riuscire a bene.
Intanto pazienza.
- Arriva il p. Dionisio Ragazzo destinato a questa famiglia nella Congr. Def. del
25-27 Gennaio.
7 FEBBRAIO = Parte il p. Augusto Rosso, destinato di famiglia a Lonigo. Dispiace
perché buono e utile elemento per questa comunità.
14 FEBBRAIO = Viene l’Arch. Banterle per il Genio Civile.
La cosa sembra mettersi, ora, bene.
15 FEBBRAIO = Il p. Guardiano parla con l’Ing. Pedrazzoli del Genio Civile, incaricato per il S. Francesco.
Egli assicura il p. Guardiano di tutto il suo interessamento e della massima sollecitudine.
17 FEBBRAIO = Il Sovrintendente Gazzola e l’Arch. Banterle si recano al Genio Civile
per sollecitare e appianare alcune difficoltà.
Sollecitazioni al Genio Civile sono giunte anche dal Magistrato delle acque di Venezia e dall’Ispettorato di Verona.
21 FEBBRAIO = Il p. Guardiano si reca al Congresso dei p. Guardiani, chiamato dallo
stesso p. Provinciale per telefono.
Comunicazioni del M.R.P. Prov. di indole Economica-Disciplinare.
24 FEBBRAIO = Viene acquistata a Padova dal Sig. Conte una buona macchina da
scrivere, usata, da ufficio-pesante “Sapi, per L. 40.000.
27 FEBBRAIO = Sono stati invitati a desinare da noi i due Segretari del Vescovo,
Mons. Ciro Ferrari, e D. Feliciano per affiatamento e ringraziamento delle loro
prestazioni a nostro vantaggio. Tutto bene.
28 FEBBRAIO = L’Arch. Banterle ancora al Genio Civile.
1 MARZO = L’ultimo giorno di Carnevale. Ora di Riparazione solenne nella chiesa
nostra, predicata dal p. Guardiano.
Molte terziarie.
3 MARZO = La Questura di Mantova comunica al p. Guardiano che la domanda
inoltrata a suo tempo alla Presidenza del Consiglio per l’apertura di una Sala per
spettacoli cinematografici non è stata accolta.
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PAOLA
ARTONI
Si sa donde sono venuti gli impedimenti: l’Agis di Mantova.
Così anche le libertà Repubblicane, servono per le omertà e gli esclusivismi!
I primi giunti s’accomodano e con mani e con piedi si buttano gli altri che arrivano
tardivi.
La Zattera!
Fra breve si tornerà alla carica.
11 MARZO = Il p. Guardiano va dal Notaio Nicolini per metterlo al corrente che
qualcuno del Municipio fa tutto il possibile per non darci il terreno in questione.
-Viene il Sovrintendente, dopo essersi recato al Genio Civile.
È benintenzionato. Almeno sembra.
17 MARZO = Vengono ancora il Sovrintendente e l’Arch. Banterle per spingere e
sollecitare il Genio Civile, che sempre s’arena e si ferma.
Quanta pazienza!
26 MARZO = Il p. Guardiano si reca con l’Arch. Banterle al Genio Civile per l’ennesima volta.
Tutta la mattinata perduta in chiacchiere e perorazioni.
Speriamo sia per l’ultima volta.
- Poi scrive a Venezia, al P. Prov. per avere due Dichiarazioni, necessarie al Genio
Civile.
27 MARZO = La comunità dà inizio ai Santi Spirituali Esercizi. Vengono letti dal p.
Guardiano quelli del p. Pacifico Monza.
31 MARZO = Viene da Barbarano il p. Anastasio Poletto Guardiano di S. Pancrazio,
per intendersi con il p. Floriano Ferro circa la costruenda tomba del P. Bello.
-Risponde il p. Segretario Prov. P. Matteo Micheluzzi, inviando Indulti per la questua del danaro e per le cassette in chiesa.
(Originali in Arch. Conv.).
3 APRILE = Trattative con il Sig. Baroni per il Cinematografo in Sala e all’aperto.
Buona prospettiva per noi.
6 APRILE = Il Notaio Nicolini comunica al p. Guardiano l’esito della seduta del
Consiglio Comunale riguardo ai Progetti presentati per il benestare e alla Convenzione.
Dei progetti il Consiglio è rimasto entusiasta; e dà la sua approvazione in ciò che
riguarda chiesa e convento, con qualche riserva per la facciata nord del convento:
troppo moderna e discordante con il resto.
Per arrivare a una felice conclusione delle trattative per la Convenzione, c’è ancora
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6
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e sempre di mezzo la questione della strada, che il consiglio insiste a proporre in
“uso precario”.
Il p. Guardiano si ripropone di parlarle direttamente al Sindaco.
8 APRILE = Il p. Guardiano si reca dal Sindaco per determinare gli ultimi dettagli per
la nuova convenzione.
Sindaco ragionevole, ma fermo nei suoi punti di vista.
“Uso precario”, ma però con diverse cautele a favore dei frati.
Principale cautela: che la mura – se ivi fosse aperta una strada – sarà costruita a
spese del Comune.
- Di tale questione tratta pure separatamente con l’Ing. Capo Magelli e con l’Arch.
Poldi, i quali consigliano di accettare.
Una volta in uso dei frati sarà difficile che il Comune pensi di tracciare la strada;
impossibilitato, infine, dalla mancanza di quattrini chissà per quanti anni ancora, e
pressato da ricostruzioni più urgenti.
- Il p. Guardiano si riserva di avere il benestare del p. Provinciale.
12 APRILE = Il p. Guardiano scrive al M.R.P. Provinciale per l’“uso precario” (Arch.
Conv.).
15 APRILE = Messe le basi “pro contratto spettacoli cinematografici” con il Sig.
Baroni.
Definiti punti principali.
Accettazione da ambe le parti condizionate però al permesso del Governo e del p.
Provinciale, al quale sarà sottoposto.
16 APRILE = Il p. Guardiano, va alla Banca Agricola a chiedere una caldaia da riscaldamento a carbone per la sala degli spettacoli.
- Presenta auguri e Pergamena miniata da Fr. Antonio – con buone opere spirituali
dei frati e dei terziari per il XX° d’Episcopato 50° di Messa.
S. Ecc. accoglie benigno.
17 APRILE = Pasqua.
Pranzo a 203 poveri organizzato – come al solito – dai frati e terziarie.
Bene tutto.
21 APRILE = Il p. Guardiano s’intrattiene con la Sig. Pasotelli di Bozzolo sulle modalità di un eventuale conventino nella tenuta di lei, detta la Badia.
Qualche difficoltà da parte di D. Mazzolari parroco di Bozzolo.
Bisognerà che la Signora s’intenda con il Vescovo di Cremona.
- Questa notte, ore 1, è nata nella nostra stalla una puledrina.
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PAOLA
ARTONI
22 APRILE = Lunga missiva, esauriente, dilucidativa, del p. Guardiano alla Presidenza dei Ministri circa il negato permesso per gli spettacoli cinematografici. Inviata
per mezzo della Questura.
(Arch. Conv.).
- Risposta favorevole del P. Provinciale per l’“uso precario”, che viene immediatamente passato al Notaio Nicolini.
- Il p. Guardiano scrive all’Arch. Banterle per un più sollecito disbrigo delle pratiche da inviarsi a Roma.
23 APRILE = Viene l’Arch. Banterle con gli incartamenti da spedire a Roma. Va al
Genio Civile.
26 APRILE = Il p. Guardiano va in Municipio dall’Ing. Capo per la Convenzione:
testo da firmare; Progetti da esaminare; inquilini da sfrattare; svincolo dei locali.
- Va pure dall’Arch. Poldi, per le stesse questioni.
Dice di presentare su ciò un’istanza al Sindaco.
- Viene dal p. Guardiano la Signora Pasotelli di Bozzolo con il Decreto di permesso
del Vescovo di Cremona.
Ma il decreto contempla solo una casa di Riposo per due o tre frati vecchi, mentre
era necessario il permesso per una “domus formata”.
Ciò è dovuto alla poca pratica in queste faccende della Signora stessa.
27 APRILE = Il p. Guardiano si reca a fare un sopraluogo alla Badia di Bozzolo. Il
sito è salubre ed elevato sulla pianura; ma è troppo sacrificato dalla corte e da alcune difficoltà di ordine sistematico.
Tuttavia pare che si potrebbe tentare. Purché la Signora Pasotelli dia terreno sufficiente e danaro bastante ad elevare un’ala di almeno 8-10 persone.
Il p. Guardiano si riserva di preparare uno schizzo di progetto.
- Istanza al Sindaco perché ci liberi i locali del convento dagli inquilini.
29 APRILE = Il p. Guardiano si reca con l’arch. Banterle e Bianchi a Bozzolo per un
sopraluogo alla Badia.
Definito Progetto.
30 APRILE = Per iniziativa di una pia Signora l’altare della B. Vergine della chiesina
viene ornato di una corona-cornice di lampadine.
- Il p. Michele Varagnolo lo predica nella chiesa di S. Francesco a Padova.
7 MAGGIO = È arrivato il paramento da morto, ordinato alla Ditta Bertarelli di Milano. Abbastanza bene. Discreto per la modica spesa: L. 46.000: piviale, pianeta,
due tunicelle.
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10 MAGGIO = Il p. Guardiano va ancora in Municipio dall’Ing. Capo.
Ancora difficoltà!
Sono sempre loro!
Hanno aggiunte nuove clausole a nostra insaputa, per noi gravose, e poco dignitose
per un Comune!
- L’Arch. Poldi, finge di non ricordarsi dei locali da liberare. Promette.
- Da Nicolini per accordarsi circa l’azione da svolgere a pro della Convenzione.
11 MAGGIO = Dopo lunga assenza viene finalmente l’Arch. Banterle.
Il p. Guardiano lo persuade a muoversi, notificandogli il sollecito del Ministero al
p. Provinciale, onde si inviino gli incartamenti per i danni di guerra.
13 MAGGIO = Il Prof. Banterle va in Municipio a ritirare gli incartamenti, per portarli al Genio Civile.
14 MAGGIO = Sospeso il Mese Mariano nella nostra Chiesa per dar agio alla gente di
recarsi alla Missione cittadina predicata dai Paolini della “Pro civitate christiana”.
16 MAGGIO = Questa sera, nella seduta del Consiglio Comunale fu approvata la
Convenzione.
È passata senza grave difficoltà.
17 MAGGIO = Il p. Guardiano va dal Dott. Nicolini per sentire della Convenzione;
ne riceve da lui il testo, per un esame e quelle osservazioni credute opportune.
Bisognerà apportare diversi mutamenti; giacché lo estensore di essa non ha tenuto
conto di quanto s’era già rimasti intesi col sindaco.
18 MAGGIO = Il p. Guardiano ritocca la Convenzione e la riporta a Nicolini. Il Notaio si incontrerà con Magelli e chiederà al Sindaco una udienza per questi giorni.
23 MAGGIo = L’arch. Banterle va in Municipio per ritirare gli incartamenti che ancora non ci sono stati consegnati. Ma ancora non è finita: cose da mettere apposto.
- Buone notizie dalla “Fondazione Kress” da parte del Sen. Montuori.
25 MAGGIO = Il p. Guardiano ancora alla sua “Via Crucis” di andare al Municipio
da Magelli – da Poldi – da Cazzaniga – da Nicolini, per questa benedetta convenzione, che sembra sia sempre per entrare in porto, e non riesce mai!
- Alle 15.30 va dal Sindaco con Magelli.
Difficile combinare per gli inquilini: il sindaco non sa dove metterli.
Si “impegna” di mandarli via quanto prima.
- In questi giorni di sacre Missioni diversi nostri padri sono stati adibiti per le confessioni nelle varie chiese della città.
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PAOLA
ARTONI
- Il p. Guardiano ottiene dalla Banca Agricola la caldaia per il riscaldamento, per
mezzo del Dott. Morari.
27 MAGGIO = Alla Banca Agricola per ringraziare il Direttore.
Modalità del prelevamento.
27 - Il p. Guardiano è invitato a pranzo in Seminario con circa 200 sacerdoti per la
celebrazione del 50° del Vescovo.
- Ancora l’Arch. Banterle in Comune.
28 MAGGIO = Solenni 40’Ore nella nostra chiesa.
31 MAGGIO = Fine del Mese Mariano. Giornata d’Espiazione Mariana.
Consacrazione a Maria.
Benedizione delle rose.
Grande concorso.
1 GIUGNO = La Seduta della Giunta non si effettua. Quindi la Convenzione resta
ancora da approvare.
4 GIUGNO = Il p. Guardiano inizia la Novena Solenne di S. Antonio.
6 GIUGNO = Viene Banterle sempre per la stessa storia con il Municipio. Bei servitori
del popolo, quelli del Comune!
7 GIUGNO = Arriva il p. Luigi De Biasi con l’Arch. Banterle.
Con il p. Guardiano vanno al Genio Civile a sollecitare e a pregare.
Il p. Guardiano invita a desinare per il giorno di S. Antonio l’Ingegnere Capo del
Genio Civile e il direttore. Verrà solo l’Ing. Pedrazzoli con il suo geometra.
8 GIUGNO = Il p. Guardiano arriva in Municipio per il testo della Convenzione.
Venerdì vi sarà la seduta della Giunta perché ora il Sindaco non è tornato da
Roma.
11 GIUGNO = Ultimi ritocchi al testo della Convenzione inviata al p. Guardiano
dall’Ing. Capo.
- Al Genio Civile fu possibile, oggi soltanto, porre la parola “fine”…
Tutti gli incartamenti sono portati all’Ispettorato di Verona dall’Arch. Banterle.
Dio sia lodato!
- Il p. Guardiano si reca da Mons. Vicario a invitarlo per il giorno di S. Antonio alla
Messa della Com. Generale e al desinare.
Egli accetta.
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12 GIUGNO = Festa e Giornata Missionaria.
Predica a tutta le Messe e alle Terziarie nel pomeriggio.
Raccolta di offerte abbastanza buona.
13 GIUGNO = Solennità di S. Antonio.
Grande frequenza a tutte le Messe: ore 6 – 7 – 8 – 9 – 10.
Alle ore 7 Messa della Com. Gen. di Mons. Vicario P. Aldini.
Alle ore 10 Messa Solenne.
Grande concorso di bambini per la Benedizione dei Gigli e Consacrazione a S. Antonio alle ore 11 e alle ore 17. Con breve discorso del p. Michele.
Alle ore 21 Discorso-Panegirico del p. Guardiano e Bacio della Reliquia.
Pranzo con parecchi invitati: Mons. Vicario – Don Berselli, amministratore diocesano – Don Aldo – Prof. Ozzola, Sovrintendente alle Gallerie – Prof. Banterle – Ing.
Pedrazzoli ecc. ecc. i Dottori nostri Bertuccio e Bazzi. Bonato – Bianchi.
Molto bene.
14 GIUGNO = Viene la Signora di Bozzolo per sentire la cifra necessaria per edificare
il conventino.
9 (Nove) milioni.
Lei ne vuol dare solo 3 (tre).
Il p. Guardiano la prega di precisare per iscritto e di preparare una mappa del territorio che vuole donarci; da presentare al p. Provinciale.
15 GIUGNO = Il Prof. Ozzola, Sovrintendente alle Gallerie regala un Cristo che porta
la Croce, di sua creazione.
Lo mettiamo sulla porta maggiore della Sagrestia.
17 GIUGNO = Ancora in Municipio, ma non concluso.
18 GIUGNO = Nuovamente in Municipio. La Convenzione fu approvata dalla Giunta martedì scorso.
Martedì venturo sarà inviata in Prefettura.
22 GIUGNO = Fatta provvista di tela durissima a fiorami per l’imbottitura di un divano e quattro poltroncine del parlatorio, per la somma di L. 5000.
Più di L. 1000 di fattura.
23 GIUGNO = Provveduti 45 metri di tela bianca per mutande d’estate.
n. 20 bicchieri grandi e grossi e forti per l’uso culinario comune e una bottiglia da
due litri.
Provvedute 40 lenzuola 270x185 e 20 federe per cuscini.
Provveduti 40 asciugamani fortissimi, tessuti a mano.
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24 GIUGNO = Il p. Floriano è inviato dal Prefetto degli Studi a presiedere agli esami
nel nostro Collegio di Lonigo e nel Liceo di Verona.
1 LUGLIO = Il p. Guardiano ritorna dalla sua fatica degli esami e conduce seco il
M.R.P. Prefetto Modesto Bortoli al quale mostra le rovine del S. Francesco e dilucida i Progetti.
In serata il p. Prefetto riparte.
2 LUGLIO = Ancora da Nicolini per sentire a che punto siamo con le pratiche. Si
attende la risposta dalla Prefettura.
- Ancora per la questione degli inquilini.
Alla firma della Convenzione ci sarà consegnato ogni locale.
Ma si dubita fortemente per quelli degli inquilini.
7 LUGLIO = Bianchi esprime al p. Guardiano il suo stato finanziario e chiede cosa
si possa fare per ovviare alle sue difficoltà economiche a causa dei troppi lavori
inevasi.
Il p. Guardiano lo persuade a parlare con il M.R.P. Provinciale.
9 LUGLIO = Oggi finalmente il piccolo convento di S. Francesco è riuscito a sistemarsi come si conviene.
Poiché furono fatti fare – e ci sono stati consegnati – n. 10 letti in ferro grandi
200x95; n. 10 materassi di lana 200x93, e relativi cuscini; rifatti altri tre di lana;
acquistate n. 10 secchie di smalto.
Ora ogni cella ha la sua dotazione di quattro lenzuola, quattro asciugamani, due
asciugapiedi.
Ogni cella porta un numero e tutta la biancheria assegnata alle singole celle è contrassegnata dal rispettivo numero.
Ogni frate, in tal modo, potrà usare sempre la stessa biancheria; nello stesso tempo
vi sarà maggior controllo e maggior cura.
Il tutto fu possibile con l’alienazione di alcuni generi questuati e per l’industria del
p. Guardiano.
11 LUGLIO = Giunge telegramma annunciante la Visita Canonica del p. Provinciale
per domani mattina alle ore 7.24.
12 LUGLIO = Questa mattina alle ore 7.30 arriva il M.R.P. Provinciale Mansueto
Frison con il suo Segretario p. Matteo Micheluzzi, per la Visita Canonica.
SIG. MINISTRI PROVINCIAE VENETAE S. ANTONII PAT. O.F.M.
Vidimus et probavimus in S. Visitatione Canonica
peracta die 13 Julii 1949
Mansuetus M. Frisoni
Min. Prov.
APPENDICE
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13 LUGLIO = Il p. Guardiano conduce il M.R.P. Provinciale, l’Arch. Banterle, Bianchi a Bozzolo, nella località della “La Badia” di proprietà del Sig. Pasotelli, il quale
intenderebbe cederla ai Frati Minori per farne un conventino, a patto che i religiosi
abbiano cura dei suoi morti, ivi sepolti.
Il p. Provinciale si riserva di parlarne col il Definitorio Prov.
“ “ Il p. Provinciale si reca in visita da Mons. Vicario, essendo assente S.E. il
Vescovo.
14 LUGLIO = Il p. Provinciale con il suo segretario ripartono. (Ved. Verbale della
Visita)
15 LUGLIO = Il p. Guardiano si reca a Peschiera in convento, onde prelevare un
quadro attribuito al Correggio, per farlo stimare, su incarico scritto del p. Provinciale.
Il quadro, però, a lui pare falso.
19 LUGLIO = S.E. Messina Francesco, ex accademico d’Italia, scultore, p. Genesio
dei Cappuccini e Bonino e Campana di Milano, amici del p. Guardiano vengono
in visita a Mantova.
Il p. Guardiano prepara loro un pasto improvvisato.
10 LUGLIO = Il p. Guardiano si reca dal Notaio Nicolini per sentire come stiamo
con la Convenzione.
L’incartamento è dal Prefetto; poi andrà al Genio Civile e poi alla Sovrintendenza.
25 LUGLIO = Il p. Guardiano provvede vari utensili per cucina e sedici scodelle e
servizio di piatti da frutta per venti persone.
3 AGOSTO = Il p. Guardiano va per l’ennesima volta dal Notaio Nicolini, per la
solita scottante questione della Convenzione tra i frati e il Comune.
5 AGOSTO = Il p. Guardiano va da S.E. il Prefetto di Mantova per far accelerare le
pratiche della Convenzione.
Due volte nello stesso giorno.
8 AGOSTO = Risposta negativa del Governo per la nostra domanda di Cinema.
Ancora boicottaggio dell’Agis e del partito di Sinistra.
Torneremo all’attacco sotto altra forma.
15 AGOSTO = In questi ultimi giorni furono ripassati tutti i telai delle finestre, ai
quali furono apposti listelli a sostegno e sicurezza dei vetri.
Finestre, balconi, telai, porte e portali e credenze, sono ridipinti ad olio color marone.
Così fu ridipinta la scala.
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17 AGOSTO = Viene da noi la sarta per confezionare mutande ai frati bisognosi.
Il p. Guardiano scrive al p. Provinciale onde inviargli il “Decreto” della Curia di
Cremona per la “Casa di Riposo” pei Frati alla Badia di Bozzolo.
19 AGOSTO = Il p. Guardiano va all’Ufficio Tecnico del Comune dall’Ing. Magelli
per sapere qualchecosa della data approssimativa della firma della Convenzione.
“ - Va dal Medico comunale per la questione dei cavalli e l’altre bestie domestiche,
che dovrebbero essere portate fuori città.
Per ora tutto resta sospeso, data la nostra situazione precaria che vedremo.
25 AGOSTO = Il p. Guardiano si reca dal Not. Nicolini per lo sgombero dei magazzini.
31 AGOSTO = Ancora dal Notaio Nicolini per sentire se il Comune si decide, alfine,
a consegnare i locali di magazzino, come d’intesa. Fin’ora nulla.
Egli telefona all’Ing. Magelli.
2 SETTEMBRE = Il p. Guardiano va ancora una volta in Comune per la solita questione.
9 SETT. = Dal Notaio Nicolini, per la questione dello sgombero dei locali.
13 SETT. = Si sono acquistati una settantina di metri di flanella, doppia altezza,
forte, grigia, per le mutande da inverno.
“ “ In Comune onde parlare con l’Arch. Poldi circa lo sgombero del locale tenuto
dal fabbricante di crema per le scarpe.
14 SETT. = Il p. Guardiano va a Verona da Tita onde cambiare un calice. Non è
possibile. Ne ordina uno liscio di non molta opera.
21 SETT. = Acquistiamo secchiaio nuovo, in granito di cemento, grande, per L.
3000.
“ “ Giungono notizie buone da Roma circa la pratica per la Concessione e la
rifusione danni.
“ “ Sono acquistati altri (40) quaranta asciugamani nuovi, tessuti a mano, fortissimi, dalla Sig. Morandi.
22 SETT. = Il p. Guardiano va in Curia da Mons. Vicario Gen. Pericle Aldini per
l’approvazione del manifesto per la festa del S. Padre; e per invitarlo a celebrare la
messa della Com. Generale alle ore 7 del giorno 4 ottobre.
“
Egli accetta anche di intervenire al desinare di quel giorno.
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“ Va pure in Questura con il Sig. Ottorino Baroni a presentare nuova domanda
per il Cine. Bisognerà convincere il rappresentante dell’Agis, Sig. Lusvardi, l’oppositore.
“
Si son provveduti vassoi, coltelli, ecc. per cucina e refettorio.
“
Il secchiaio e lavabo nuovo è posto in opera da un operaio di Bianchi.
23 SETT. = Viene l’Arch. Banterle per i progetti.
“ “ Sono fatti stampare N. 21 manifesti murali per la Festa di S. Francesco.
“ “ Viene in visita del Conv. la Principessa Trivulzio.
25 SETTEMBRE = Si dà inizio alla Novena Solenne di S. Francesco predicata dal p.
Floriano M. Ferro, Guardiano di questo convento.
3 OTTOBRE = Oggi, dopo una settimana di intenso lavoro, viene portato a termine
l’altare maggiore della nostra chiesetta, concepito, progettato, diretto ed eseguito
dal f. Floriano Ferro con un operaio di Bianchi, il muratore Barchi di Montanara.
È costruito tutto in mattoni ordinari da costruzione.
Manca ancora la porticina del tabernacolo che sarà eseguita dal Sig. Pettorelli.
4 OTTOBRE = Festa di S. Francesco. (Ved. Manifesto – Arch. Conv.)
S. Messe alle ore 6 – 7 – 8 – 9 – 10.
Ore 7 messa con Com. Generale, di Mons. Vicario. Ore 10 Messa Solenne, cantata
da un padre Carmelitano.
Nel pomeriggio, panegirico del p. Guardiano. Molto concorso. Gente fino sulla
strada, in Sacristia, nel cortile.
Occorre la grande chiesa.
Al pranzo consueto con invitati, convennero: Mons. Vicario, Mons. Battaglia,
Mons. Montanari, D. Porcelli, parroco di S. Gervasio, il Notaio Nicolini, Dott.
Bazzi, Dott. Bertuccio, Bianchi, Bonato.
Cuoco fr. Mansueto dal Pra.
Tutto bene.
6 OTT. = Abbiamo fatto fare una scala-sgabello per l’esposizione del Santissimo.
“ “ Il p. Guardiano va nuovamente in Municipio per la questione della Sala Capitolare da sgombrare dagli inquilini. Niente di fatto.
“ “ Don Berselli, della Curia, comunica lettera di Mons. Costantini al Vescovo
di Mantova, nella quale è detto dell’avvenuta approvazione della Convenzione, il
giorno 20 Settembre.
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9 OTTOBRE = Oggi, Adunata del Terz’Ordine Fem., vi furono le Elezioni del Discretorio femminile. Buone.
Conferenza del Terz’Ordine Masch.
14 OTTOBRE = Oggi vi furono le Elezioni del Discretorio Maschile. Buona scelta.
“
Dopo vari viaggi fra Municipio e Notaio, finalmente, il Geom. Operti del Comune viene con il Sig. Pellegrini, a fare la consegna del locale adibito per la fabbrica
del lucido da scarpe. Il Pellegrini prega il p. Guardiano di aspettare fino a domani
mattina. Il p. Guardiano ha la debolezza di aspettare.
15 OTTOBRE = Grande battaglia con Pellegrini.
Egli contro la promessa, non se ne vuole andare. Allora il p. Guardiano presenta
l’ultimato: Se per le ore 16 non libererà il locale, avrebbero provveduto i frati a
liberarselo.
Dopo le ore 16, e dopo aver inviata lettera di avviso al Pellegrini che non s’era più
fatto vivo, il p. Guardiano inizia lo sgombero.
Intanto Pellegrini, ch’era stato a ronzare alla larga, ma osservava ciò che avveniva,
va in Questura. La Questura interviene; e rimette la questione a domani.
16 OTTOBRE = Il p. Guardiano, con Bianchi e l’Arch. Banterle, si reca a S. Pancrazio
di Barbarano a presenziare alla traslazione del p. Leonardo Bello da Roma.
Presenti: il R.mo P. Generale, Pacifico Perantoni, il Def. Provinciale, Padri illustri
di Roma e circa 300 frati.
Giornata fervidamente commossa per il ricordo di un tanto uomo e buon padre,
quale fu il p. Leonardo. Dio lo abbia nella sua pace e nella sua gloria!
Nel pomeriggio accompagnamo il Rev.mo Padre Generale a Verona.
Il p. Guardiano comunica le ultime novità al P. Generale e al P. Provinciale circa
l’approvazione della Concessione per il S. Francesco di Mantova.
17 OTTOBRE = Il p. Guardiano va in Questura a presentare al Dott. Pisani una Relazione intorno ai fatti e a tutta la questione della Sala Capitolare, per cui la faccenda
con Pellegrini.
Il Dott. Pisani comunica che mercoledì prossimo vi sarà seduta della commissione
cinematografica. Comunica pure che il permesso di apertura per Sala parrocchiale
esiste già fin dal giugno scorso.
È strano come non ce l’abbiano comunicato!
Egli legge al p. Guardiano la Relazione che invierà a Roma. È favorevole.
19 OTTOBRE = Con il Prof. Ugo Nicolini il p. Guardiano si reca da S.E. il Prefetto
per parlargli della faccenda del permesso per il Cinema.
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Riceve bene e promette di interessarsi.
“ “ Il mattino, il p. Guardiano va a celebrare la S. Messa nella Sede delle Guardie
di via Solferino, per il 24° anno di Fondazione.
Assistono le Autorità Civili e militari; anche S.E. il Prefetto e il Questore, e Mons.
Ciro Ferrari. Al quale è parlato pure della questione cinema.
20 OTTOBRE = Telefona S.E. il Prefetto comunicando che l’approvazione per il Cinema e spettacoli è stata data, e lettera è stata spedita a Roma in tale senso.
21 OTTOBRE = Dal Notaio Nicolini per sentire come fu combinata la faccenda Pellegrini. Nulla di fatto.
“
Viene il Comandante dei Vigili del fuoco per una visione del luogo per il cinema.
22 OTTOBRE = Viene l’Arch. Banterle per una visione e per i progetti dell’erigendo
Cine.
28 Ottobre = Il p. Guardiano, con l’Arch. Banterle e l’Impr. Bianchi va a Bologna,
sotto la pioggia per incontrare l’Avv. Milani in arrivo da Firenze.
Egli porta con sé uno stralcio della Relazione circa la Concessione da parte del
Ministero dei LL. PP.; mette pure al corrente della situazione generale.
C’è da muoversi; giacché il Magistrato alle Acque di Venezia ha dichiarato di non
avere più un centesimo di fondo. Bisogna fare il possibile di entrare nei termini
della Nuova Emissione; quindi far pressione presso i Ministri competenti.
Richiede qualche documento dal Comune di Mantova.
Ritorno, in auto, dopo le 24.
29 OTTOBRE = Il p. Guardiano si reca quattro volte dal Notaio Nicolini. Richiede
a lui di ottenere dal Sindaco Rea una dichiarazione “che il Comune di Mantova
rinuncia alla Concessione e a qualunque diritto di essa a favore dei frati, a norma
della Convenzione tra il Comune stesso e i Frati Minori”.
Troverà la maniera. Parlerà al Sindaco.
31 OTTOBRE = Dal Notaio a ritirare la Dichiarazione del Comune, gentilmente
concessaci.
8 NOVEMBRE = Ancora da Nicolini perché la Dichiarazione del Comune non è completa.
“ “ Acquistiamo n. 30 coperte di lana a doppia piazza a circa L. 4500.
9 NOVEMBRE = Il p. Guardiano si reca da Nicolini, dal Prefetto, dal Vice Prefetto, e
ancora da Nicolini, per l’approvazione rapida e d’urgenza della Dichiarazione del
Comune.
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PAOLA
ARTONI
Inutilmente, però, per un contrattempo e una lettera non recapitata in tempo al p.
Guardiano.
10 NOVEMBRE = Il p. Guardiano con Bianchi vanno a Verona dall’Arch. Banterle per
una intesa generale circa tutta la pratica della ricostruzione del S. Francesco; per
una azione rapida della Sovrintendenza ai Monumenti.
12 NOVEMBRE = Ancora dal Segretario Generale del Comune per la spinosa questione del locale Pellegrini.
Egli promette che farà liberare.
18 NOV. = Arriva il M.R.P. Provinciale. Ascolta, vede, e riparte l’indomani.
19 NOV. = Viene spedita all’avvocato Milani la Dichiarazione di rinuncia sulla
Concessione da parte del Comune di Mantova.
22 NOV. = Dal notaio Nicolini per sentire quando il Comune sarebbe disposto di
venire alla firma della Convenzione.
25 NOV. = Sono fatti costruire due scaffali biblioteca tipo per le celle del p. Guardiano.
26 Nov. = Sono collocati nelle grandi finestre del Refettorio tre telai con vetrini tipo
cattedrale, opera del falegname degli Angeli e del vetraio Bianchi su disegno del p.
Floriano M. Ferro.
7 DICEMBRE = Il p. Guardiano si reca con l’Arch. Banterle e Bianchi a Venezia dal P.
provinciale e dal P. Luigi De Biasi in intenderci circa la Concessione e altre cose.
9 DIC. = Da Nicolini per la questione del cinematografo industriale.
Il Sindaco è adirato perché crede che ciò vada contro alla Convenzione tra Comune
e Ministero. Ma è una scusa, perché si veda di malocchio da parte dei Ministri che
i frati abbiano locali onde attirare gente e la gioventù.
Tuttavia il p. Guardiano, con Nicolini si recherà dal Sindaco.
12 DICEMBRE = A mezzogiorno, dal Sindaco per la questione del Cinema industriale. Il Sindaco è abbastanza maleabile. Ma vuole una dichiarazione del Min. delle
Finanze sul vero significato della voce della Convenzione: “…affinché sia aperta al
culto”; giacché egli pensa che il cinema in parola vada contro tale clausola.
È una gherminella birbona e confessionale per farci perdere ancora tempo!
13 DIC. = Pettorelli e [spazio vuoto] hanno portata la piastra del tabernacolo già
sbalzata. In settimana verranno a collocarla.
25 DIC. = Molta frequenza alle confessioni e alle messe nella nostra chiesetta.
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31 DIC. = Te Deum di ringraziamento!
Laus Deo!
1950
1 GENNAIO – In Nomine Domini!
Cantiamo il Veni Creator Spiritus, a invocare l’assistenza divina per tutto
quest’anno Santo.
In questi giorni si nota una grande affluenza di visitatori al Presepio. Esso fu costruito in una Cappella della grande chiesa in S. Francesco; la cosidetta Cappella dei
Signori, dov’erano i sepolcri dei Gonzaga.
Il presepio fu ideato dal p. Floriano M. Ferro. Eseguito da lui e dal Dott. Bertuccio
nel paesaggio di monti e fiumi e laghi e città e villaggi.
L’apparato elettrico fu curato dal p. Federico, p. Michele, fr. Antonino. La costruzione degli edifici fu curata ed eseguita da Fr. Antonino, p. Federico e il Rag.
Artusi.
Le statue furono eseguite dalla Ditta Bonalberti di Casale di Governolo.
Uno spettacolo meraviglioso!
La Bresciana ci ha conceduto l’allacciamento e la corrente gratis.
5 GEN. = Da Venezia notizie poco lusinghiere circa la Concessione.
8 GEN. = Per mezzo del Terz’Ordine Maschile ha inizio nella nostra saletta la Cattedra di Cultura francescana, in forma ridotta fino a che la sala grande non sarà
ultimata.
In questo modo:
I° Una meditazione, tenuta dal p. Guardiano
II° Una Conferenza, tenuta dal Prof. Ugo Nicolini, Min. del Terz’O.M.
12 GEN. = Il Notaio Nicolini fa recapitare al p. Guardiano lo schema della convenzione per l’ultima revisione.
Va bene.
“
Bianchi e l’Architetto si incontrano a Bologna con l’Avv. Milano per le ultime
intese.
14 GEN. = Il p. Guardiano va a Venezia dal p. Provinciale; al quale riferisce:
I. Convenzione pronta per la firma. La legge e la restituisce dando il suo benestare.
II. Necessità di far presto per le cose di Roma.
Lettera di accettazione della Cessione.
Computo dei cementi armati.
18 GEN. = Stasera partono per Roma Bianchi, l’architetto, p. Luigi De Biasi.
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20 GEN. = Da Nicolini per la spiegazione di alcuni luoghi oscuri della Convenzione.
28 GEN. = Riceviamo in dono da una pia Signora una bellissima tovaglia d’altar
maggiore e due tovagliette per i balaustri.
30 GEN. = Dall’Ing. Capo del Comune Magelli per spiegazioni e intesa circa la
mappa della Convenzione.
Dal Coll. dei Vigili del fuoco per la Sala in contesa con Pellegrini.
31 GEN. = Il p. Guardiano si reca, per ordine del p. Provinciale, a Barbarano per
vedere circa un eventuale restauro o ricostruzione di quella chiesa di S. Pancrazio.
Manda relazione al p. Provinciale.
1 FEBR. = Al Genio Civile per i calcoli del Cemento Armato della Chiesa di S. Francesco.
3 FEBR. = P. Luigi, Architetto, Bianchi, ancora a Roma. Sarà l’ultima volta?
4 FEBBR. = Alla S.A.A.F. di Mantova per avere il ribasso sulle loro corriere.
5 FEBBR. = Zanfrognini inizia il restauro del soffitto del refettorio.
Può aspettare per il pagamento, dice.
11 FEBBR. = Iniziamo solennemente la Cattedra di Cultura francescana e degli Amici di S. Francesco nella Sala Aldegatti.
Conferenza dell’Avv. Niccoli di Firenze; tema: “Invocazione a San Francesco”.
Molto bene.
Vi interviene Sua Ecc. il Prefetto molti Avvocati e Professionisti artisti e terziari.
Rinfresco a casa dell’avvocato Nicolini, amico del conferenziere e del Prefetto.
21 FEBBR. = Vengono a Pranzo da noi l’Ing. Pedrazzoli e il Rag. Scansani del Genio
Civile di Mantova, e Bianchi. Ciò come atto di affiatamento e di riconoscenza per
ciò che han fatto a pro delle pratiche per la rifusione danni e concessione.
Il Genio Civile di Mantova, interpellato dal Ministero se credono opportuno il defalco del 15% sul totale della cifra stanziata, risponde in nostro favore.
24 FEBBR. = Dal Notaio Nicolini per sentire a quando la data della firma della
Convenzione.
Anche perché egli interessi S.E. il Prefetto alla risposta favorevole pro “aperto al
culto” del Min. delle Finanze.
1 MARZO = In Comune dal Segretario Gen. per la Convenzione. A quando la firma?
– A presto.
Poi dall’Ing. Capo Magelli.
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301
“ “ Abbiamo fatto acquisto:
1 Apparato bianco completo con ricami in oro.
1 Piviale – tunicella – pianeta – velo omerale
1 Pianeta bianca seta, oro, ecc.
2 Pianete verdi – seta, oro
1 Pianeta rossa, seta, oro
1 Pianeta nera, velluto, argento.
1 Pianeta violacea, seta, oro.
L. 140.000 (Ved. Inventario 1950)
5 MARZO = Il p. Guardiano si reca con l’Arch. Banterle e Bianchi a S. Pancrazio di
Barbarano per vedere il da farsi per quella chiesa.
6 MARZO = Ancora da Nicolini per la convenzione cinema e resto.
8 MARZO = La stessa Signora che donò la tovaglia per l’altare, offre ora il velo del
tabernacolo, in tulle.
9 MARZO = Il p. Guardiano si reca a Vicenza (S. Lucia) per il congresso di alcuni
guardiani e superiori, indetto dal p. Provinciale.
Legge la sua conferenza intorno la Decadenza della vita conventuale.
Alcune verità di “forte agrume”. Conferisce, poi, con il p. Provinciale di cose del
convento.
14 MARZO = Il p. Federico va dal Parroco di Pegognaga per la questione dei mattoni
di provenienza S. Francesco.
15 MARZO = P. Federico si reca a Verona dalla Ditta in causa per la questione di
cui ieri.
“ “ Sono stati acquistati:
N. 1 Pianeta di velluto nero ricamato in oro, per L. 13.000
N.1 Piviale nero, lavorato in ricami d’oro, per L. 30.000
N. 1 Strato nero in velluto moire ricamato a mano, in bianco, raso 3.30x400 Bellissimo L. 65.000
N. 1 Pianeta Bianca e oro
28 MARZO = Il p. Guardiano si reca a Venezia dal P. Provinciale e p. Luigi De Biasi
con l’Architetto Banterle e Bianchi per premere per una andata urgente del p. Luigi
a Roma, per la solita questione della Concessione, che dorme sul tavolo del relatore
di Tullio.
Conferito anche circa la rifusione dei lavori Bianchi.
29 MARZO = Il p. Guardiano combina a Padova dal Sig. Guido Canale l’acquisto
di un cavallo per L. 50.000. Cavallo giacente a Roncaiette di Padova presso il Sig.
Carraretto. L’uno e l’altro benefattori del convento di Padova.
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31 MARZO = Dal Sindaco, si fissa per sabato veniente la data della firma della Convenzione.
1 APRILE = Oggi, in Municipio, alla presenza di due testi, del Segretario Generale
del Comune, fungente da Notaio, il Sindaco Giuseppe Rea e il p. Floriano Valentino Ferro, in veste di Procuratore della Provincia Veneta di S. Antonio, firmano la
Nuova Convenzione.
Così, dopo tre anni di trattative, ora pacifiche, ora burrascose, siamo riusciti di
giungere al punto.
È una buona Convenzione, massime se si pone mente a quella antecedente.
Buono anche fu il guadagno di territorio dalla parte della tenuta dei d’Arco; e per
la durata.
In essa, si è riusciti a togliere ciò che sapeva di coazione e catenaccio; rimanendo a
noi soli gli oneri della ricostruzione. I quali oneri sono ridotti a zero dalla Concessione trentennale governativa.
6 APRILE = Sono a pranzo da noi il Sig. Prof. Rea Giuseppe, Sindaco di Mantova, il
Dott. Torminella, Segretario Generale, l’Ing. Capo Magelli, il Notaio G. Nicolini.
Manca l’assessore dei lavori Arch. Cazzaniga, perché s’è dimenticato.
Questo per tributare qualche riconoscenza a chi ha lavorato e ha ceduto in nostro
favore per la Convenzione.
Cuoco: Fr, Ignazio e p. Guardiano.
7 APRILE = In questo mese fu restaurato e ridipinto tutto il pianoterreno e la chiesetta con sacristia e coro e il primo piano del convento; e ultimamente la gabina
telefonica.
Fu acquistato un necessario armadio a muro, molto grande per gli indumenti e il
guardaroba, per L. 16.000
Fu ridipinto in marrone.
8 APRILE = Il Notaio Nicolini telefona che S.E. il Prefetto ha ottenuto l’avanzamento
della pratica pro Concessione.
“ Il p. Guardiano va in Prefettura per ringraziare, ma il Prefetto non riceve.
2 APRILE = Pasqua. Gran concorso di gente alle confessioni e alla Messa. In questo
quarto anno si nota un sempre maggior afflusso di fedeli verso la nostra chiesetta
segno che i francescani vanno affermandosi a Mantova.
Maggior ricerca, anche, dei nostri predicatori per il culto e le funzioni e l’utilità dei
fedeli, da parte dei parroci rurali.
“ Pranzo a 250 poveri circa organizzato dai Padri e dalle Terziarie.
Pastasciutta – cotolette di vitello con patate – frutta – dolce – caffè – vino e pane
a volontà.
Molti poveri assenti e terziarie bisognose sono stati aiutati con pacchi di viveri e
vino.
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La popolazione ha corrisposto dando in abastanza.
Vedere i registri d’entrata del T.O.F.
Cuoco fr. Ignazio.
16 APRILE = Partono per Roma il P. Luigi De Biasi, l’Arch. Banterle, Bianchi. Per
l’ultima spinta alla firma del Ministri e alla corte dei conti.
19 APRILE: Ritornano da Roma. Tutto bene. Si può iniziare il lavoro. Vedremo.
Anche il Prefetto telefona che si può iniziare. Cosa sicura.
20 Aprile = Arriva il M.R.P. Provinciale p. Mansueto Frison, in visita canonica.
SIG. MINISTRI PROVINCIAE VENETAE S. ANTONII PAT. O.F.M.
Vidimus et probavimus in S. Visitatione Canonica
peracta die 21 Aprilis 1950
Mansuetus M. Frisoni
Min. Prov.
21 APRILE = Il M.R. si reca con il p. Guardiano da S.E. il Vescovo e da Mons. Vicario Generale. Tutto bene.
S.E. il Prefetto di Mantova manda a chiamare il p. Guardiano e l’Impresario Bianchi per sentire del vero stato dei lavori al S. Francesco. Egli dice che l’esito delle
pratiche a Roma è buono e sicuro; si può quindi senza difficoltà iniziare. Bianchi
però vorrebbe qualcosa di più positivo.
Il p. Guardiano comunica la cosa al p. Provinciale; il quale è contento che si dia
inizio ai lavori.
22 APRILE = Il p. Provinciale riparte.
26 APRILE = Il p. Guardiano si reca dal Segretario Generale del Comune e dal Comandante dei Vigili urbani per sollecitare ancora lo sgombero della Sala Capitolare. Niente di fatto. Il Sindaco non riceve.
29 APRILE = Il P. Guardiano si reca nuovamente dal Sindaco per lo sgombero degli
inquilini dalla foresteria e Sala Capitolare. Di quest’ultima dice di non saperne
nulla; per il resto consiglia di parlare con S.E. il Prefetto.
1 MAGGIO = Dal Prefetto; il quale risponde che non può invadere gli apartamenti
senza una legge speciale.
27 MAGGIO = Il Segretario Generale del Comune fa recapitare copia della Convenzione già registrata. Ne occorre un’altra copia: una per la Curia Provinciale e una
per il Convento.
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30 MAGGIO = Giornata di Espiazione Mariana.
Vi partecipano Frati, terziari, popolo.
31 Maggio = Molto concorso alla chiesa del mese mariano. Del resto, pure durante
il mese la gente venne numerosa alle funzioni.
Per sette giorni predicò il p. Doroteo Trivellato; poi continuò sino alla fine il p.
Gabrielangelo Lorenzoni.
4 GIUGNO = Si inizia la Novena Solenne in onore di S. Antonio. Predica il p. Federico Zardo.
5 GIUGNO = Buone notizie da Roma in riguardo la pratica per il S. Francesco; buone
ma non ancora decisive.
6 GIUGNO= Vien portato d’urgenza all’Infermeria provinciale a Saccolongo frate
Antonio dal Ceré, affetto da edema polmonare, da scompenso cardiaco, e altri
mali. Ora in convento vi è assai scarsità di personale.
8 GIUGNO = La comunità al completo partecipa alla Processione del Corpus D. in
duomo.
13 GIUGNO = Festa di S. Antonio.
Messe ogni mezz’ora. Comunione Generale. Mons. Vicario, Pericle Aldini funziona e predica alle ore 7.
Messa cantata solenne dal P. Guardiano. Il canto è sostenuto dalle ragazze di Via
Porto.
Nel pomeriggio, alle 17, Benedizione dei Gigli e consacrazione dei bambini a S.
Antonio. Molte mamme e piccoli: il cortile pieno.
Alle ore 20,30 funzione di chiusura della Novena. Panegirico e benedizione in
Cortile. Venuta e non troppa gente. Comincia piovere, si affretta per finire incolumi dall’acqua.
A desinare i soliti amici e benefattori: M. Vicario, D. Porcelli, i medici Bazzi, e
Bertuccio, Nicolini ecc.
14 GIUGNO = Frate Antonio dal Ceré muore piamente a Saccolongo. Il Signore gli
abbia misericordia.
4 LUGLIO = Il p. Guardiano si reca a Verona dall’Arch. Banterle per sollecitarlo a
preparare la perizia dei danni e alcuni progetti.
13 LUGLIO = Messa cantata di Trigesimo in suffragio dell’anima di fr. Antonio dal
Ceré.
15 LUGLIO = Hanno termine gli Esercizi Spirituali della Comunità. Letti dal P. Pacifico Monza.
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305
- È portata a termine l’edicola per gli uccelli nel chiostro; costruita in ferro battuto
e rete metallica attorno al pozzo.
Vi hanno lavorato il p. Floriano Ferro e il Sig. Arti Renato e Fr. Ignazio de Pellegrini.
28 LUGLIO = Il p. Guardiano va, col Notaio Nicolini, dall’Intendente di Finanza
per avere una legittima interpretazione circa la frase della Convenzione “a uso di
culto” contestata dal Sindaco. L’Intendente dice che occorre esporre domanda in
iscritto.
29 LUGLIO = Viene inoltrata domanda in scritto alla suddetta Intendenza per la retta
interpretazione della suddetta frase.
2 AGOSTO = Discreta frequenza al Perdono nella nostra chiesetta.
- Visita d’ufficio del Sovrintendente ai Monumenti di Verona e Mantova Arch.
Prof. Piero Gazzola.
7 AGOSTO = In seguito alla Congr. Provinciale annuale il p. Vicario Doroteo Trivellato va a Cormons, e fr. Mansueto dal Pra va a Padova.
Qui arriva il p. Ermanno dal Seno come Vicario e il p. Sisinio Inama (in attesa di
partire), e i fratelli semplici Giuliano Bertoldo e Lino.
24 AGOSTO = Viene ospite il p. Bentivoglio Meneghini allo scopo di celebrare anche qui il suo 50° di ordinazione. Messa con suono. Pranzo di lusso. Resta assai
contento.
9 SETTEMBRE – Oggi viene completato il nuovo impianto generale della luce elettrica: Convento e Chiesa. Diverse sonerie e fornello di cucina.
- Vengono acquistati metri 62 di cotone per asciugamani, e metri 50 per tovaglioli
per L. 29 mila dal Sig. Kruger.
14 SETTEMBRE – Il p. Guardiano inizia un corso di Esercizi Spirituali alle Suore Ancelle della Carità a Pompilio, casa Provinciale, con tre meditazioni il dì.
23 SETTEMBRE – Termina il Corso di Esercizi al Pompilio.
25 SETTEMBRE – Il p. Guardiano predica la Novena in Onore di San Francesco nella
nostra chiesetta.
29 SETTEMBRE – Il pittore Raffaldini comunica al p. Guardiano la decisione del Sovrintendente ai Monumenti di eseguire lo stacco di tutte le pitture ancora rimanenti
nella chiesa di San Francesco; e ciò per ordine della Direzione Generale delle Belle
Arti.
4 OTTOBRE – Solennità del Serafico Padre. SS. Messe ogni mezz’ora. Alle ore sette,
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ARTONI
comunione generale con Messa e Omelie di Mons. Vicario Pericle Aldini, Terziario
Francescano.
Ore 10 Messa Solenne cantata dal P. Guardiano. Canto eseguito dalle Coleggiali
di Via Porto. Nel Pomeriggio funzione del Transito – Discorso e benedizione di
Chiusa. Frequenza.
Desinare discreto con i soliti invitati, nostri benefattori e amici.
21 OTTOBRE = In questa settimana decorsa furono piantati per ordine e interessamento del p. Guardiano n. 9 cipressi americani, alti un metro e mezzo nel sagrato
della Chiesa di San Francesco. Intanto cresceranno e quando la chiesa sarà ricostruita essi saranno già alti, e ombrosi. Furono acquistati dal Sig. Bustaffa L. 19.000
28 OTTOBRE – Il p. Guardiano insiste ancora presso il Segretario Generale del Comune per lo sgombero della Sala Capitolare da parte del Sig. Pellegrini.
15 NOVEMBRE - Il p. Guardiano a Roma per sollecitare la pratica del San Francesco.
Alla Corte dei Conti sente che è stata approvata, ed è quindi passata al Tesoro per
l’approvazione e registrazione. Finalmente! Sia ringraziato Iddio e Sant’Antonio, al
quale abbiamo affidato la pratica! Ora sì, che siamo in porto!
19 DICEMBRE – Al Genio Civile è arrivato il decreto Min. della cessione di 82 milioni
per la Chiesa di San Francesco e Casa Canonica.
Il p. Guardiano ne fa alcune copie, due delle quali invia alla Principessa Trivulzio a
Roma giacché ha promesso di interessarsi a trovare l’Istituto Bancario che sovvenzioni e riceva il decreto con pagamento trentennale differito.
23 DEC. – Il p. Guardiano si reca dal Prefetto di Mantova per gli auguri Natalizi.
Approfitta per esporre il suo piano sociale per la gioventù povera:
Un Istituto tripartito: 1° scuole medie; 2° Avviamento al lavoro; 3° Pratica agricola.
Tale Istituto sarà tenuto dai Francescano di San Francesco. Al S. Francesco vi sarà
il Collegio-Convitto della sezione scolastica. Le altre due sezioni bisognerà trovarle
nelle vicinanze di Mantova.
Il Prefetto con l’Avv. Bellini, ventilano il progetto di affidarci l’Agricola del Foresto.
Vedremo.
Per ora bisognerà darsi le mani d’attorno per trovare: benefattori della terra: almeno dieci ettari.
25 DEC. – I Frati e le Terziarie offrono il pranzo abbondante natalizio a duecento e
venti poveri della città. Questua ad hoc per tutta la città, effettuata dalle terziarie
e dai frati.
- Grande affluenza di folla a vedere il presepio artistico costruito nella cappella dei
Signori (S. Lodovico vescovo) dal p. Federico e p. Guardiano e il Dott. Bertuccio.
Molto bene. La luce ci fu offerta gratis dalla Bresciana.
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29 DIC. – Viene a farci visita il M.R.P. Custode P. Serafino Mattiello. Viste le rovine;
ascolta dal P. Guardiano le illustrazioni dei progetti. Riparte.
31 DIC. – Te Deum – Laus Deo et Deiparae Virgini in coelum assumptae.
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In Nomine Dei – Amen.
1 GENNAIO – Veni, Creator Spiritus.
11 GEN. – Il p. Guardiano si reca dal Prefetto di Mantova per conferire ancora
intorno al progetto del Collegio-Convito, sezione Agricola. Egli fa osservare a S.
Ecc. che se vuole che i Frati Minori si abbiano occupare del “Foresto” presso Volta,
quell’Agricola deve essere svincolata da ogni obbligo verso altri e affidata completamente ai Frati.
Il Prefetto prospetta una cessione completa per 99 anni. Si vedrà.
12 GEN. - Il p. Guardiano va a Venezia con Bianchi per far pressione al Magistrato
alle Acque per i quattro milioni e mezzo che ci devono venire per lavori collaudati
appunto per quell’importo.
Ivi trovano già il p. Luigi de Biasi, innanzi preavvisato.
I quattro milioni non vi sono, giacché furono stornati per altri lavori; ma l’Ing.
Capo è disposto a fare un atto che si possano avere anticipatamente dalle Banche
sul Decreto Governativo degli ottantadue milioni.
Resta deciso così: che il p. Luigi li cercherà a una Banca.
14 GEN. - Il p. Guardiano Floriano Maria Ferro, per delega del M.R.P. Provinciale
ammette alla Professione Solenne fr. Giuliano Bertoldo.
Discorso – Messa Solenne.
Al pranzo convengono il padre e i fratelli di fr. Giuliano, il Dott. Bertuccio, l’Ing.
Pedrazzoli e il Rag. Artusi e Maestro…
Quest’ultimi: lavorarono con noi e il Dott. Bertuccio, al Presepio con assiduità.
16 GEN. – Il Sovrintendente ai Monumenti di Verona e Mantova dice al p. Guardiano che se si riuscisse avere la “Favorita” di Mantova, diroccata, egli si impegnerebbe a restaurarla per la Sezione Arti e Mestieri secondo il progetto del p.
Guardiano.
19 GEN. – Il p. Luigi de Biasi telefona da Venezia che è riuscito avere due milioni
dalla Banca per Bianchi.
- Il p. Guardiano scrive a Roma alla Principessa Trivulzio affinché metta tutto il suo
appoggio presso la Cassa Depositi e Prestiti onde avere il finanziamento per i nostri
lavori, sul Decreto degli ottantadue milioni. Poi, parte per Roma.
20 GENN. - Il p. Guardiano va con l’Avv. Bellini a vedere le aree possibili per il pro-
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getto dell’Artigianato agli Angeli e alla Favorita. Egli riferirà al Prefetto.
- Viene il Geometra dell’Arch. Banterle, per i rilievi delle rovine del Convento, onde
preparare l’incartamento per la rifusione dei danni.
6 FEBBR. – Ultimo di carnevale. Nella nostra chiesetta si tiene la consueta ora di
Adorazione in espiazione per i peccati. Vi partecipano le Terziarie.
11 FEBBR. – La comunità dà inizio agli Esercizi Spirituali annuali. Si legge il p. Pacifico Monza.
17 FEBBR. – Chiusa degli Esercizi Spirituali.
23 FEBBR. - Il p. Guardiano si reca con l’Arch. Banterle e Bianchi ancora a Venezia
per la Concessione e per la scelta dei concorrenti ai lavori a San Francesco.
Si decide di dare il lavoro a Bianchi.
1 MARZO – Ancora a Venezia con l’Arch. Banterle e Bianchi. Offerta all’Impresa
Bianchi e sua accettazione generale. Lettera a Bianchi di precisazione.
Vien fissata la data per un nuovo incontro a Verona per lunedì prossimo.
3 MARZO – A Bianchi giunge risposta alla sua offerta di lavoro per il S. Francesco di
Mantova dalla Curia dei Frati Minori della Provincia Veneta di Sant’Antonio.
7 MARZO – Dall’Intentenza di Finanza giunge risposta favorevole alla interpretazione della frase incriminata dal Sindaco “ad uso di culto”, racchiusa nella Convenzione dell’aprile del 1950. Interpretazione ampia e a noi favorevole.
13 MARZO – Oggi, incontro, a Verona, nello studio dell’Architetto Banterle, tra
il M.R.P. Custode Serafino Mattiello, il p. Luigi De Biasi, Proc. Provinciale, il p.
Floriano Maria Ferro, Guardiano di San Francesco di Mantova, il Prof. Arch.
Francesco Banterle e Adone Bianchi per una più precisa intesa intorno alla questione del S. Francesco, dei lavori eseguiti e non ancora liquidati e per la firma del
contratto.
La firma del contratto è condizionata alla sovvenzione dell’Istituto “Inail”; giacché
una risposta di esso non s’è ancora avuta.
Incontro pure con il Sovrintendente ai Monumenti.
19 MARZO – Viene il Dott. Blasucci del Min. dei LL. PP: per un sopraluogo ai lavori. Stupore suo perché ancora non s’è iniziato.
21 MARZO – Questa mattina arriva l’arch. Banterle per gli auguri pasquali; e dà il
via ai lavori della chiesa.
22 MARZO – S’iniziano, in sordina e non a cuor tranquillo, massime dalla parte
della Ditta, i lavori.
APPENDICE
6
309
Si comincia dall’abbattimento di due contrafforti dell’abside, che furono in parte
demoliti. Ma sono durissimi.
3 APRILE – Bianchi e l’Arch. Banterle si recano a Venezia, per constatare “de visu” il
punto della questione della lettera all’I.N.A.I.L. e della pratica al Magistrato delle
Acque.
Disillusione: nessuno ci fu a interessarsi! L’impresa è furibonda.
A Vicenza trovano il M.R.P. Custode, e con lui parlano chiaramente e seriamente
di questa noncuranza e totale assenza di interesse nel trattare le cose del San Francesco; massime quando viene a stabilirsi uno stato di disagio economico in coloro
che hanno prestato l’opera e la fatica!
8 APRILE – Nel pomeriggio (ore 16) la Comunità al completo e grande numero di
Terziarie si recano alle chiese prescritte a lucrare il Giubileo. Processione edificante.
Davanti i frati, con il p. Guardiano in testa recante la croce penitenziale. Per circa
due ore egli incedette per le vie disagiate della città a piedi nudi per far penitenza e
per dare l’esempio ai mantovani.
Chiusa a S. Egidio.
14 APRILE – Muore, in seguito a operazione al fegato, Mons. Pericle Aldini, Terziario Francescano, Vicario Generale.
17 APRILE – La comunità assiste ai Funerali di Mons. Pericle Aldini.
Per noi è una grave perdita; perché ci voleva un gran bene, e assisteva sempre alle
nostre celebrazioni, ci soccorreva in tutte le nostre necessità, partecipava alle nostre
festicciole con animo fraterno e lieto.
Era particolarmente affezionato al p. Guardiano. Egli però era proprio come il
papà dei Frati e il p. Guardiano glielo diceva, e contraccambiava tale affetto con
qualche servizio.
Che il Signore gli doni la requie e la gloria eterna!
20 APRILE – A S. Bernardino di Verona, ancora a convegno del R.P. Custode p. Luigi
de Biasi, Arch. Banterle Geometra Felice Tessari, p. Guardiano di Mantova, Bianchi padre e figlio, riguardo i lavori eseguiti nel 47 e l’avere da Bianchi.
Seduta alquanto mossa e confusa e lunga. Fu terminata nel pomeriggio nello studio
dell’Arch. Banterle.
Bianchi pone come condizione, per dar inizio ai nuovi lavori, la liquidazione di
quelli vecchi. Vedremo come deciderà il P. Provinciale.
24 APRILE – Intervento dei Carabinieri per continui furti di mattoni dal nostro
cantiere da parte di giovinastri. Una buona lezione non guasta. Noi non abbiamo
volontà di denunciare alcuno e lo facciamo sapere al Comando dei Carabinieri:
diano solo una lezione.
25 APRILE – Congresso distretturale del T.O.F., preparato dal p. Dionisio Ragazzo,
presieduto dal P. Com. Provinciale Lamberto Liuti; la presidenza onoraria però è
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ARTONI
data a Mons. Ciro Ferrari, segretario del Vescovo, Terziario Domenicano.
Conferenzieri: il p. Floriano Ferro, guardiano del convento (“Il Terz’Ordine e la
legislazione canonica”); il Prof. Ugo Nicolini (“Il Terz’Ordine e la Azione Cattolica”); relatore il p. Dionisio Ragazzo, com. distrettuale del T.O.F. Parlano: Mons.
Ciro Ferrari (“Programma del T.O.F.”); il p. Lamberto Liuti (“Organizzarsi”).
Parteciparono diversi terziari e terziarie di tutta la diocesi; un solo sacerdote parroco.
Vi fu il desinare per una 20a di persone.
Gruppo fotografico.
Chiusa nel pomeriggio.
30 APRILE – Ha inizio la predicazione del mese mariano.
Predicatore il p. Ermanno dal Seno, Vicario del Convento.
11 MAGGIO – L’Impr. Bianchi si reca a Venezia per sentire dal p. Custode la fine dei
due milioni del Magistrato alle Acque.
12 MAGGIO - Il p. Guardiano riceve dal Duca di Valminuta don Luigi Tosti, lettera
d’assicurazione del suo intervento presso l’I.N.A.I.L.
15 MAGGIO – Il p. Luigi de Biasi va a Roma con l’Arch. Banterle e Bianchi per l’intesa con l’I.N.A.I.L.
17 MAGGIO – La Principessa Trivulzio scrive al P. Guardiano avvertendo che le pratiche con l’I.N.A.I.L. sembrano approdare bene. Si spera.
- Scrive pure don Luigi Tosti Duca di Valminuta accludendo una lettera del Presidente del Debito Pubblico e consigliere dell’I.N.A.I.L. De Liguoro con la quale gli
conferma che la cessione di credito da quell’Istituto è quasi sicura. Il giorno 18 c.m.
il Consiglio deciderà.
19 MAGGIO – Viene per un sopraluogo ai lavori della Chiesa Mons. Costantini.
Rimane meravigliato che dopo tanti mesi dalla data della firma del decreto (15 nov.
1950) non si sia fatto quasi nulla.
19 MAGGIO – Telefona da Roma l’Avv. Milani dicendo che l’I.N.A.I.L. ha accolta
la nostra domanda.
Sia ringraziato Iddio!
24 MAGGIO – Corpus Domini. Processione cittadina.
La Comunità vi interviene con n. 8 chierichetti i quali indossano la divisa nuova
color cenere (come i vescovi francescani).
La spesa fu sostenuta in parte dal convento e in parte dal Terz’Ordine Fem. e in
parte ex industria del p. Gabrielangelo incaricato dei piccoli.
31 MAGGIO – Il p. Provinciale invita a Venezia il p. Guardiano, Bianchi, l’arch.
APPENDICE
6
311
Banterle per una sessione definitiva di tutta la questione della ricostruzione di S.
Francesco. Ancora difficoltà circa la cifra dovuta a Bianchi; appianate mediante
l’intervento del p. Guardiano presso il p. Provinciale. Modalità circa il pagamento
dei lavori eseguiti.
Ordine di inizio dei lavori.
2 GIUGNO – Il p. Guardiano e Bianchi vanno a Verona per incontrarsi col p. Luigi
De Biasi nello studio dell’Arch. Banterle per le ultime modalità del contratto e della
firma.
Si trovano d’accordo su diversi punti; qualche difficoltà che viene risolta. Firma.
Lunedì si inizieranno i lavori.
4 GIUGNO – Finalmente si iniziano i lavori in grande stile per la ricostruzione della
Basilica di S. Francesco in Mantova. Dopo quattro anni di pratiche, di carte, di
sospiri, di viaggi e di attese…!
Speriamo di andar sino alla fine senza fermarsi più!
Che il Signore ci aiuti!
- Diamo inizio della Novena Solenne in onore di Sant’Antonio da Padova.
Viene predicata dal P. Giuseppe Bilardo, Lett. Gen. siciliano.
13 GIUGNO – Festa di S. Antonio da Padova.
Molta frequenza alle SS. Messe e alle funzioni.
Mons. Ciro Ferrari dice la messa della comunione generale e vi tiene l’Omelia. Il p.
Guardiano canta la messa solenne delle ore 10. Le collegiali di Via Porto sostengono il canto assai bene.
Alle ore 17 benedizione dei gigli e consacrazione dei bambini a Sant’Antonio. Gran
stuolo di bimbi con le mamme o con le bambinaie.
Alle ore 21 discorso e fine della Novena. Preci al Santo. Si quaeris. Benedizione.
Bacio della reliquia. Al desinare, più copioso del solito, invitati come il solito.
14 GIUGNO – Arriva improvvisamente il Rev.mo p. Pacifico Perantoni ex ministro
generale, condottovi dall’Arch. Banterle. Ammira i lavori già disegnati e prosperi.
Poi riparte.
Il p. Federico Zardo, per ordine del p. Guardiano, eseguisce un gruppo fotografico,
assai riuscito.
27 GIUGNO – In mattinata è venuto il Sovrintendente ai Monumenti, condottovi
dall’Arch. Banterle onde decidere di alcuni problemi di indole architettonica ed
estetica. Sia in riguardo delle volte come dei pinnacoli. Ma non decide nulla fino
a che non giunga l’Ispettore generale da Roma.
7 LUGLIO – Oggi sono state completate tutte le colonne mediante la collocazione
di tutti i capitelli.
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ARTONI
8 LUGLIO – Questa mattina è giunto in visita privata il M.R.P. Provinciale onde
rendersi conto dello stato dei lavori e dei frati.
9 LUGLIO – Riparte il p. Provinciale.
27 LUGLIO – Arriva con il suo Segretario il M.R.P. Visitatore Generale p. Balestrieri.
Visto in S. Visita
Mantova 28 luglio 1951
Fr. Joseph Balestrieri
Com. Vis. G.lis
SIG. MINISTRI PROVINCIAE VENETAE S. ANTONII PAT. O.F.M.
Per comando della P.S.M.R.
F. Agostino Amore
Segret.
28 – Riparte il M.R.P. Visitatore Generale con il suo segretario.
Soddisfazione generale per la pietà e la paternità di Lui.
2 AGOSTO – Perdono d’Assisi. La nostra chiesetta è molto frequentata per l’indulgenza.
29 – Il P. Guardiano parte per Verona onde partecipare al Capitolo Provinciale
che verrà tenuto a San Bernardino.
3 SETTEMBRE – Il p. Guardiano Floriano Maria Ferro è eletto Definitore Provinciale.
(Ved. Estratto de L’Arena di Verona 4-IX-1951 qui allegato).
4 SETT. – Il p. Guardiano di ritorno da Verona si reca dall’Avv. Nicolini per combinare lo sgombero, degli inquilini dalla parte del Rio, per vie legali.
7 SETT. – Il Rev.mo p. Pacifico Perantoni, ex Min. Generale, regala un magnifico
calice d’oro al p. Guardiano e Def. Floriano Ferro per la Basilica di San Francesco
in Mantova.
Con il calice resta anche una pisside d’oro, che il p. Perantoni aveva regalata al
Frassine, ma che il P. Dionisio Ragazzo, eletto Guardiano colà, pensa di lasciare
qui, dato che quel Santuario è bene provvisto.
27 SETT. – Cerimonia dell’Insediamento del Nuovo p. Guardiano, Ermanno dal
Seno, in antecedenza qui Vicario.
L’ex Guardiano, Def. Floriano Ferro, resta qui quale Vicario e Delegato Provinciale
per i lavori di ricostruzione della Basilica.
Parte il p. Dionisio Ragazzo per Peschiera, a rilevare quel guardianato.
Qui sono arrivati il Rev. P. Fabiano Furini e il R.P. Biagio Boron da Verona e da
Vicenza; Fr. Vincenzo Nardon, quale cuoco.
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Al pranzo, assistono l’Avv. Milani di Roma: grande aiuto per le pratiche al Ministero; e il Sig. Bianchi Adone.
28 SETT. – Viene il Sovrintendente Gazzola, e ordina la demolizione degli archi
della navata destra edificati antecedentemente dall’Arch. Andreani.
Vuole il Bozzetto plastico di gesso di tutta la costruzione.
30 SETT. – Viene l’Arch. Banterle con il nuovo assistente cav. Zambaldi.
1 OTTOBRE – Il R.P. Def. Floriano si reca a Venezia per le sedute definitoriali.
4 OTT. – Festa del Serafico Padre. (Vedere Manifesto Murale per l’Ordine delle SS.
Messe e funzioni).
Molto concorso di fedeli alle Messe e alla Chiusa della Novena. Il P. Floriano Ferro,
Def. Prov. ha predicato la Novena, tranne due giorni, nei quali fu a Venezia.
Al pranzo furono invitati nostri amici e benefattori: Dott. Nicolini – Avv. Nicolini
– Don Porcelli – Mons. Ferrari – Dott. Bazzi – Dott. Bertuccio – Geom. Tessari –
Cav. Bonato.
6 Ott. – Il Sovrintendente Gazzola prega di scrivere al Prof. Raffaldini per lo strappo di frammenti di affresco venuti in luce dopo l’abbattimento del pilastro della
cappella di S. Antonio.
9 NOVEMBRE – Arriva il Sovrintendente con l’Arch. Banterle per decidere circa
l’avancappella di S. Antonio (o cappella di Stefano da Zevio): nulla di fatto. Verrà
da Roma l’Ispettore delle Belle Arti, e si vedrà.
Il Def. Floriano si reca da Mons. Montanari per sentire circa l’offerta della Cappella in località Gazzo-Bigarello da parte dei Signori Vanzini.
La faccenda pare imbrogliata per causa del parroco di Cadé. Si vedrà.
Egli va pure dai Signori Vanzini, qui in città, e apprende altri particolari, per i quali
è meglio non spingersi troppo e lasciare che prima si accomodino tra di loro. Così
parla ai detti Signori. A cosa combinata si vedrà il da farsi.
17 NOV. – Ha inizio nella nostra chiesetta il consueto Triduo in onore di Santa Elisabetta predicato alle Terziarie mattina e pomeriggio dal p. Def. Floriano Ferro.
19 NOV. – Festa di Santa Elisabetta.
Concorso. Panegirico nel pomeriggio tenuto dal p. Def. Floriano.
25 NOV. – Elezioni delle Gerarchie del T.O.F. maschile.
Il mi[ni]stro Prof. Ugo Nicolini si è trasferito a Firenze per l’insegnamento in quella
Università, perciò fu necessaria la elezione del nuovo Ministro nella persona del
Maresciallo Carenza, fatta per acclamazione.
Il p. Def. Floriano parte per Venezia onde presenziare alle sedute definitoriali.
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8 DICEMBRE – Viene acquistata una nuova “Fhonola” per circa L. 50.000. Data al
venditore la vecchia inservibile, valutata L. 10.000.
16 DICEMBRE – Conclusione del Triduo in onore del Beato Pio X predicato dal p.
Biagio Boron.
Concorso delle Terziarie e di altri fedeli.
Il Triduo si è concluso con un solenne acquisto del Giubileo di frati, terziarie, e anime pie, cominciato in Duomo e conclusosi nella nostra chiesetta dopo esser passati
da Sant’Andrea, San Barnaba, Ognissanti.
Il Vescovo dispensò benignamente di recarsi alla chiesa delle Grazie.
19 DICEMBRE – Il p. Guard. Ermanno dal Seno e il p. Def. Floriano Ferro iniziano
la costruzione del Presepio nella Cappella di Sant’Antonio della Basilica in costruzione.
Molto freddo.
24 DIC. – Terminato la sera tardi il presepio, dopo sei giorni di un lavoro ossessivo
e al freddo.
25 DIC. – *Natale – Frequenza in Chiesa alle Messe e afflusso di visitatori al Presepio.
31 DIC. – Fine d’anno. Te Deum laudamus!
- Deo gratias * Come gli altri anni, anche in questo giorno di Natale i frati e le Terziarie offrirono
il Pranzo lauto ai poveri (150). Riuscita bene ogni cosa.
1952
1 GENNAIO – Primo dell’anno.
Invocazione allo Spirito Santo “ut cuncta prospere procedant. “Veni, Sancte Spiritus”.
3 GEN. – Il p. Def. Floriano si reca dal Sovrintendente alle Gallerie di Verona
Mantova Prof. Ozzola per chiedere delle modalità necessarie onde aver di ritorno
dal Museo cittadino le lapidi di importanza storica, già nella nostra basilica e
convento.
Egli dice che ce le farà riavere, ma che intanto facciamo petizione al Ministero.
Sono lapidi di importanza capitale, anche per documentare certi privilegi, che dovrebbero risorgere e continuare, data la coazione violenta della soppressione napoleonica.
4 GEN. – Viene l’Arch. Moroni da Milano per conto della Signora Feltrinelli per una
eventuale combinazione “pro altare di Sant’Antonio da Padova.
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315
La Signora vorrebbe offrire un altare di legno secentesco. Si insiste per uno di marmo. Si vedrà.
23 GEN. – Arriva il M.R.P. Provinciale in visita fraterna.
Posa per una foto personale e per un gruppo della comunità. Fotografo il p. Federico Zardo.
24 GEN. – Il p. Provinciale, Serafino Mattiello, riparte.
22 FEBBRAIO – Vengono il prof. Barbacci Sovrintendente ai Monumenti di Bologna,
quale Ispettore per conto della Direzione Belle Arti e il Prof. Arch. Ozzola, Sovrintendente ai Monumenti di Verona Mantova, e il prof. Arch. Banterle per una
revisione generale dei lavori e per alcune decisioni
1.a di continuare (prolungare) la cappella di sant’Antonio fino al limite della navata secondaria della Basilica, allo stesso livello e altezza delle due campate;
2.a di ricostruire i pinnacoli;
3.a di ricostruire la guglia al campanile;
4.a di recingere con una cancellata di ferro il lato fra le due cappelle di Sant’Antonio e san Lodovico in Via Scarsellini.
Ma per eseguire ciò occorrono i soldi di una perizia supplettiva. Il Sovrintendente
Gazzola s’impegna d’appoggiarla
26 FEBBRAIO – Il Discretorio del T.O.F. maschile, guidati dal loro Direttore p. Floriano Ferro, si reca da S.E. il Vescovo Ausiliare e Vicario generale, Mons. A. Poma per
rendergli omaggio e per domandargli l’occasione e il permesso di tenere un corso di
conferenza “Pro Familia Christiana” in tre giorni, iniziando dal 20 marzo.
Il Vescovo ben volentieri aderisce e permette e benedice.
Essendo l’ultimo giorno di carnevale, sono invitati a desinare da noi l’Ing. Pedrazzoli, il Geom. Scansani e il geom. Di Barbon per sempre più avvicinarli e renderli
benevoli nelle pratiche pro ricostruzione.
2 MARZO – Hanno inizio gli Spirituali Esercizi per tutta la Comunità.
Sono letti (quasi predicati) dal vol. del P. Pacifico Monza.
4 MARZO – Il p. Guardiano e il p. Vicario si recano dal nuovo Vescovo ausiliare per
rendergli l’omaggio della Comunità religiosa.
Gli offrono una trentina di litri di vino bianco, data la sua precaria situazione finanziaria.
8 MARZO – Terminano gli Esercizi Spirituali.
Il p. Def. Floriano Ferro parte per Roma onde presenziare alla Consacrazione Episcopale del R.mo ex Ministro Generale p. Pacifico Perantoni, alla Curia Generale,
per mano del Card. Piazza, Mons. Castellani, e Mons. Migliorini.
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ARTONI
10 MARZO – Lo stesso padre va, a Roma, dallo scultore Pietro Canonica e ne ottiene una Pietà da collocare nella Basilica. Il convento dovrà pagare solo il marmo e il
trasporto. A suo tempo si vedranno le modalità da svolgere.
Tratta pure per avere dal Ministero della Guerra il bronzo per le campane. Vedremo l’esito.
18 MARZO – Viene studiato il Preventivo della spesa per l’impianto luce e altoparlanti in Basilica con il Sig. Mojetto e il Sig. Ferrero.
19 MARZO – Ancora un ennesimo passo presso l’Avv. Nicolini per la questione dello
sfratto degli inquilini che non vogliono andarsene.
Si tratta pure di un eventuale altare in onore di Sant’Ivo offerto dalla classe degli
Avvocati e dei Notai. Dice che ne parlerà ad altri.
20 MARZO – Inizia il Triduo “Pro Familia Christiana” indetto dai Frati e dai Terziari.
(Ved. Manifestino allegato con programma)
24 MARZO – Seduta laboriosa al Genio Civile per l’impostazione della perizia dei
danni bellici del convento.
25 MARZO – Viene il Sovrintendente ai Monumenti. Si decidono alcune soluzioni
importanti per la ricostruzione della Basilica.
Il p. Def. Floriano parla con il rappresentante della “Guzzi” per un altare a San
Cristoforo. Egli riferirà alla categoria.
Lo stesso padre tratta con il Dott. Zagni circa la società pro Sala cinematografica.
Tornerà fra qualche giorno onde concludere con maggior tranquillità.
26 MARZO – La Basilica è coperta, e si inizia la colocazione delle capriate.
28 MARZO – Il p. Floriano va nuovamente dal Prof. Ozzola per sentire qualche cosa
circa l’esito della domanda per le lapidi della Basilica.
Il p. Federico fotografa alcune opere di pittura già restaurate e giacenti al Palazzo
Ducale, di proprietà della Basilica.
Viene studiato fra il p. Floriano il geometra Sante e il falegname Bernardi il pulpito
di sapore quattrocentesco, come pure il pancone dossale per la sagristia.
29 MARZO – Frasca sull’antenna più alta esterna per il completamento del tetto
della Basilica.
Pranzo ai lavoratori. L’impresa mette i viveri, i frati il confezionamento delle vivande e il locale.
N. 36 persone
Minuta: Kg. 9 di spaghetti asciutti
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Vitello arrosto
Cotechini
Radicchi cotti
Vino 40 litri
Pane 12 kg
5 APRILE – Il p. Delegato per i lavori si reca dal Notaio Nicolini e dall’Avv. Nicolini
per studiare insieme la possibilità di quattro altari dedicati ai quattro patroni delle
arti liberali e forensi, in modo che tutte le categorie cittadine fossero rappresentate
e dessero il loro apporto e aiuto con la loro offerta.
Si cerca l’opportunità di interessare la Direzione dei Monti di Pietà in Milano perché offra la possibilità di innalzare un altare a S. Bernardino da Feltre, fondatore
del Monte di Mantova.
Si prepari un “Pro memoria” riguardante ciò dal p. Floriano che il Notaio Nicolini
lo invierà con una sua lettera.
Sarà fatto.
7 APRILE – Il suddetto padre si reca allo studio dell’Avv. Bellini, Presidente dell’Ente del Turismo per interessarlo a dare il suo aiuto finanziario per la stampa dello
studio monografico intorno alla Basilica del san Francesco, che lo stesso padre sta
preparando.
Promette ogni suo appoggio.
25 APRILE – Congresso Distrettuale del T.O.F. di Mantova e dipendenze, indetto dal
Direttore Distrettuale p. Ermanno dal Seno, Guardiano di questo convento.
Partecipano pochi della periferia e abbastanza, ma non molti, del centro.
Da encomiare il Parroco di Bagnolo S. Vito, unico partecipante fra i parroci.
Hanno tenuto discorso il p. Floriano Ferro: “Vita e funzionamento di una Congregazione”; la Sig.ra Moro, Segretaria del T.O.F. femminile di Mantova: “Gesù e la
preghiera”; il Sig. Carenza, Ministro del T.O.F. maschile di Mantova; il p. Guardiano, il p. Comm. Provinciale Lamberto Liuti, il Delegato Stampa.
Nel pomeriggio S.E. M. Vescovo Ausiliare venne a conchiudere a parlare e a dare
la sua benedizione.
Vi fu la vestizione di alcuni Terziari.
Alle 13 convito fraterno. Complessivamente giornata riuscita.
30 APRILE – Ha inizio nella nostra chiesetta il Mese di Maggio, predicato dal p.
Biagio Boron.
5 MAGGIO – Arriva il Sovrintendente per un sopraluogo e alcune decisioni.
28-29-30 MAGGIO – Solenni 40’Ore nella nostra Chiesetta. Molta frequenza di fedeli, massime alla sera.
31 MAGGIO – Chiusa del Mese Mariano con la benedizione delle rose. Chiesetta
affollatissima e calda. Giornata di Riparazione Mariana, secondo la pratica ormai
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PAOLA
ARTONI
invalsa da qualche anno di interessamento del p. Matteo Micheluzzi, da Venezia.
Consacrazione della comunità e dei fedeli alla Madonna.
Il canto, in tutto il mese fu sostenuto dai padri, che si prodigarono con grande zelo
e devozione.
Il predicatore assai bene: ha incontrato molto; e vi fu un crescendo continuo.
Che la Beata Vergine benedica tutti!
4 GIUGNO – Anniversario dell’inizio dei lavori alla Basilica. Bicchierata. Viene
l’Arch. Banterle con il fratello scultore per un sopraluogo ai lavori e per recarsi in
Municipio per ottenere la firma del Sindaco per la perizia supplettiva.
Il fratello Prof. Ruperto s’incarica per le due sculture che vanno nel paliotto dell’altar maggiore, e per il crocifisso con ai pie’ la Vergine e San Francesco.
Viene l’Arch. Poldi, dell’Ufficio Tecnico del Comune, per comunicare che entro sabato il sig. Pellegrini sgombrerà la sala del Capitolo che ha occupato abusivamente
fin’ora.
Ha inizio la Novena Solenne in onore di Sant’Antonio da Padova.
Predica il p. Graziano Padovani venuto da San Bernardino di Verona. (Ved. Manifesto murale).
5 GIUGNO – Viene il figlio di Pellegrini ad avvertire che sgombrerà la Sala Capitolare, purché gli si apra la strada per l’autotrasporto. Sarà fatto.
7 GIUGNO – Il Sovrintendente ai monumenti viene a fare un sopraluogo. Si parla
di un eventuale lavoro di affrescatura della Cappella di S. Antonio che potrebbe
eseguire sua moglie, brava pittrice, che già affrescò la Capitolare di Verona.
L’idea non gli dispiace.
10 GIUGNO – Il p. Guardiano Ermanno dal Seno si reca a Padova a presenziare,
anche a nome della Comunità e del p. Def. Floriano, ai Solenni funerali del M.R.
Clemente Gatti, deceduto a Saccolongo, dopo la sua meritoria prigionia subita in
Romania per causa della sua fede. Aveva 72 anni. Era stato Provinciale e Lettore
emerito in Provincia.
13 Giugno – Solennità di S. Antonio. Molto concorso a tutte le SS. Messe celebrate
ogni mezz’ora, fino a quella solenne delle 10.
S.E. Mons. Ant. Poma celebra la Messa delle 7, della Comunione Generale.
Alle ore 17.15 Funzione della benedizione dei Gigli e consacrazione dei piccoli al
Santo. Predica il p. Biagio Boron.
Gran numero di piccoli, di mamme e di balie.
Per sottrarsi al troppo calore e all’incipiente tempesta si fa la funzione, anziché in
cortile, nella nuova Basilica. Buona acustica.
Alla chiusura della novena delle ore ore 20,30 grande folla al discorso e al bacio
della Reliquia.
Novena complessivamente andata bene. Prediche bene.
APPENDICE
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A mezzogiorno convivio fraterno con i soliti amici: in più questa volta, l’Ing. Capo
del Genio Civile, Com. Fornasini.
9 LUGLIO - Il p. Def. Floriano si reca velocemente a Chiampo per un sopraluogo al
convento per lo sviluppo di una nuova ala che è un progetto di costruzione.
10 LUGLIO - Vengono in visita alla nostra Basilica il Prefetto di Verona e alquanti
padri di San Bernardino, guidati dal p. Guardiano e Vicario.
14 LUGLIO – Questa mattina, provenienti da Monselice, arrivano in Visita Canonica il M.R.P. Provinciale Serafino Mattiello e il P. Segretario della Visita p. Matteo
Micheluzzi.
Visita alla Chiesa nuova, perché giunti in anticipo, finché i frati non si trovano
pronti in Chiesa.
SIG. MINISTRI PROVINCIAE VENETAE S. ANTONII PAT. O.F.M.
Vidimus et probavimus in S. Visitatione Canonica
peracta die 14 Julii 1952
f. Serafino Mattiello
Min. Prov.le
De mandato P.S.A.R.
f. Matthaeus M. Micheluzzi
a Secr.
15 LUGLIO – Il M.R.P. Provinciale, ultimata la Visita Canonica, parte alla volta di
Peschiera, alle ore 7.30.
21 LUGLIO – Il p. Floriano Ferro si reca da D. Berselli, Economo della Curia mantovana, onde ottenere il benestare della stessa Curia in riguardo della Perizia supplettiva. La ottiene con difficoltà.
Poi va da S.E. il Vescovo Menna e lo mette al corrente della nostra intenzione di addivenire, non appena ultimati i lavori più pressanti, alla Benedizione e Consacrazione
della Basilica di San Francesco ricostruita. Il Vescovo dice che tali funzioni non sono
più per lui, data l’età, e che ne avrebbe parlato col Vescovo coadiutore Mons. Poma.
24 LUGLIO – Viene da Venezia il p. G.G. Guzzo per la ricognizione delle salme di
frati Minori giacenti nella sagrestia del santuario delle Grazie presso Mantova.
Si reca in curia per il permesso del Vescovo; lo ottiene; e con D. Feliciano Righetti,
segretario privato del Vescovo, e con il p. Guardiano di questo convento fanno la
ricognizione delle salme.
Risulta il corpo del B. Bartolomeo da Bergamo e… altri. Il padre dice che farà una
relazione dettagliata e la invierà al M.R.P. Provinciale, e una copia, all’archivio di
questo convento.
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PAOLA
ARTONI
Si farà ciò che si potrà in seguito.
2 AGOSTO – Perdono d’Assisi. La popolazione e un gruppo di Terziari frequentano
la chiesetta per l’Indulgenza plenaria.
5 AGOSTO – Viene, il Sovrintendente P. Gazzola. Osserva l’andamento della ricostruzione, pressoche ultimata. In genere è soddisfatto; dà alcune direttive. Non gli
piacciono i vetri alabastrati del rosone. Il p. Floriano parla a lui delle Lapidi Storiche della Basilica e ora giacenti nel Museo di Castello del Palazzo Ducale; gli dice
pure d’aver tentato più volte invano con il Prof. Ozzola, Sovrintendente alle Gallerie, ma di attendere ancora una risposta. Il Prof. Gazzola risponde di fare esposto
a Lui, che poi ne avrebbe parlato al Ministero.
6 AGOSTO – Il p. Floriano si reca ancora una volta dal Notaio Nicolini per sapere
qualche cosa circa la sorte degli altari promessi da vari enti e professioni della
città.
Il notaio risponde che vi sono buone probabilità dagli avvocati e notai e dal Monte di Pietà, la cui Direzione è a Milano.
Tuttavia Egli chiederà per il padre un colloquio pure dal Prof. Alessio, presidente
della Corp. Medici e Farmacisti, per tentare anche da quella parte, per poter avere
un altare in onore di S. Luca. Il padre tratta col notaio della cerimonia da istituirsi,
secondo la Convenzione tra i frati e il Comune, della Consegna del Cero da parte
del Sindaco nel giorno di San Francesco.
19 AGOSTO – Il p. Floriano, Def. Prov. si reca a Venezia per la Congregazione Definitoriale.
27 AGOSTO – Il p. Floriano Ferro fa ritorno dalla Congregazione Definitoriale durata otto giorni ininterrotti.
3 SETTEMBRE – Il p. Floriano si reca ancora dal Notaio Nicolini per sentire la risposta circa gli altari in onore del B. Bernardino da Feltre, e quello in onore di S. Ivo
di Bretagna, patrono degli avvocati…
Poi si reca dall’Avv. Nicolini per la questione dello sfratto. Il giorno 5 c.m. egli
andrà dal primo Pretore per decidere sul da farsi.
4 SETT. Il p. Floriano va dal Direttore della Società elettrica Bresciana per il preventivo di allacciamento di corrente (6 Kwtt) per la Chiesa. Erano preventivate L.
84.000 e le ha ridotte a L. 30.000, onde concorrere alla ricostruzione, e ciò per
devozione a san Francesco.
20 SETTEMBRE – Arriva il M.R.P. Provinciale Dott. Serafino Mattiello, a fine di benedire solennemente la ricostruita Basilica di San Francesco, ormai ultimata nelle
cose e strutture essenziali.
APPENDICE
6
321
21 SETTEMBRE – Alle ore 8.30 il P. Provinciale, assistito dal p. Def. Prof. e Delegato
dei lavori di ricostruzione della Basilica, p. Floriano Maria Ferro, e dal p. Guardiano di questo convento, p. Ermanno dal Seno e da tutti i frati della Comunità e da
varie folle di terziari, devoti e fedeli, Benedice solennemente la ricostruita Basilica
di San Francesco, imponendo a essa gli stessi antichissimi titoli di: “Santa Maria
Assunta Incoronata” (volg. Detta “Santa Maria della Incoronata o “Degli Angeli”,
la cui festa ricorre il 2 di Agosto), e di: “San Francesco d’Assisi”, la cui festa ricorre
il 4 di Ottobre.
Magnifico discorso gratulatorio del M.R.P. Provinciale al Vangelo della Messa
Cantata.
Il Dott. Bazzi ritrasse tutta la funzione con uno splendido cortometraggio a colori.
Il film è presso di Lui.
I canti furono sostenuti dalla “Schola cantorum” della Basilica, diretta dal p. Floriano Ferro.
Nel primo pomeriggio il P. Provinciale riparte per Venezia – Dell’avvenuta Benedizione fu steso l’atto in pergamena in tre copie: 1a per la Curia Vescovile; 1a per la
Curia di Venezia; 1a per l’Arch. Conventuale.
Nel pomeriggio viene in visita della Basilica il Ministro del LL. PP. Segni, accompagnato dal Sottosegretario Avanzini, dall’On. Momoli, dal Prof. Olivieri, dal Notaio
e dall’avv. Nicolini.
Il Ministro s’interessò assai del restauro della Basilica, e promise al p. Floriano d’interessarsi anche in seguito, massime per il ripristino della Cappella dei Signori o di
S. Lodovico Vescovo, con gli affreschi di Tommaso e Serafino da Modena.
22 SETTEMBRE – In occasione delle celebrazioni centenarie dei Martiri di Belfiore
trovandosi a Mantova il Presidente della Repubblica, volle visitare pure la Basilica
di S. Francesco, appena ricostruita.
Venne questa mattina con la sua Consorte Donna Ida Einaudi accompagnato dal
Prefetto di Mantova, da S.E. il Vescovo Menna, dal Sottosegretario Avanzini, dal
Sovrintendente ai Monumenti il Prof. Gazzola e da moltissimi altri signori titolati
e guardie.
Furono scattate alquante foto. Visita soddisfacente, in complesso.
26 SETT. – Il p. Floriano si reca in Comune dal Ragioniere Capo e dal Segretario
Generale per concertare con loro la cerimonia della consegna del cero offerto dal
Comune da parte del Sindaco. Spessore e durata del cero; che è ordinato alla ditta
Barbieri di S. Martino B.A. di Verona: d. 8.
27 SETT. – Telefona Mons. Poma, Vescovo coadiutore, informandosi dell’orario di
sabato venturo (4 ott.), e permettendo la cerimonia della offerta del cero da parte
del Sindaco, per la quale aveva fatte riserve; ma, parlatone con Mons. Menna,
presente alla firma dell’atto della Convenzione tra il Comune e i Frati Minori, non
solleva nessuna obbiezione.
28 SETT. – Molta gente a visitare la Basilica da poco aperta al culto.
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PAOLA
ARTONI
29 SETT. – La Sig.na Nannini porta una pianeta di lamé nero, donata da un gruppo
di terziarie.
30 SETT. – Lavori di addattamento del parlatorio e della portineria effettuati
dall’Impr. Bianchi.
1 OTTOBRE – Il p. Delegato per i lavori, p. Floriano, con l’Arch. Banterle si recano a
Verona dall’Ispettore del Genio Civile, Padovan, per la Perizia supplettiva. Occorre
rifare tutto da capo.
Viene il Sig. Bustaffa, giardiniere del Comune, per intendersi con noi circa il tracciato del giardino sagrato davanti la Basilica.
Viene un messo del Comune per gli ultimi dettagli della cerimonia dell’offerta del
Cero.
È fatta una pedana per l’armonio del coro dal Sig. P.de Bernardi.
4 OTTOBRE – Solennità di San Francesco. SS. Messe ogni mezz’ora, dalle ore 5.30.
Alle ore 7 Messa della comunione generale, officiata da Mons. A. Poma, vescovo
coadiutore; il quale tenne una infervorata Omelia. Molti fedeli e numerose comunioni a questa e alle altre messe.
Alle ore 10 Messa Solenne, sostenuta dal canto della “schola” di San Francesco:
Messa (3 v. p.) del B. Cottolengo del Pigani.
Alle ore 13 Convito fraterno. Intervennero alla nostra mensa: Mons. Poma con il
suo segretario; il Prof. Giuseppe Rea, Sindaco di Mantova e il suo Segretario Generale, e gli altri consueti nostri invitati benefattori.
Alla Messa Solenne vi fu la cerimonia (già approvata dal Vescovo nei riti e nelle
formule) dell’offerta del Cero del comune mediante la persona del Sindaco Prof.
Rea, coadiuvato dal Segretario Generale e da due Valletti del Comune in divisa.
All’offertorio il Sindaco si recò ai piedi dell’altare, consegnò il cero al sacerdote officiante che lo benedisse e lo ricevette in nome di San Francesco, e lo resse mentre il
Sindaco, avuto un cerino dal ceremonista, accese il cero, che fu collocato nell’apposito candelabro. Il cero rimase acceso per tutta la giornata; ma dovrà ardere tutte le
domeniche durante la Messa Conventuale in omaggio della Città a San Francesco.
La cerimonia si ripeterà ogni anno, secondo la convenzione.
Prima della Messa vi fu, sul sagrato della Basilica, l’incontro della comunità con gli
ufficiali del Comune, mentre i vigili urbani, in alta tenuta, erano schierati a rendere
l’onore. All’inizio della cerimonia intervenne pure S.E. il Prefetto di Mantova, che
ebbe suo posto speciale alla destra del Sindaco, in presbiterio, e rimase per tutta la
S. Messa.
Nel ricevimento, durante la cerimonia, e nell’uscita furono scattate molte foto, che
restano come documentario della suggestiva cerimonia (Vedere pure il Manifesto
murale esposto per l’occasione).
Nel pomeriggio alle ore 20.30 vi fu la funzione di chiusura della Novena e della
APPENDICE
6
323
Solennità. Preci – Panegirico – Tantum ergo – Benedizione – Bacio della reliquia.
La predicazione della Novena Solenne (iniziata il 25 Sett.) fu sostenuta, con fervore
e frutto, dal Rev. P. Massimo Ambrosini, venuto da Gemona; fu ascoltato da una
folla ognor crescente tutte le sere fino al pienone della sera della Festa del Santo.
Alla Vigilia della Festa la “Schola” della Basilica eseguì il Transito a 3 e 4 v. p. del
P. Crescenzio Pasini sotto la guida del p. Floriano Ferro.
Una Signorina di Verona, devota di S. Francesco, questa mattina ha offerto due
magnifiche sopratovaglie per l’altar maggiore lavorate con le proprie mani. Altre
signore hanno offerto tovaglie d’altare.
28 NOVEMBRE – Il p. Floriano Ferro, con l’Impr. Bianchi e l’Arch. Banterle si recano
a Roma per appoggiare, coadiuvati dall’avv. Milani della Corte dei Conti, la Perizia
Supplettiva. Vi sono speranze che venga approvata.
Si recano pure dal Sottosegretario al Tesoro E. Avanzini, il quale fa un Biglietto di
raccomandazione per il Direttore della 28a Divisione dei LL. PP: Vedremo.
Il Ministro Segni scrive al p. Floriano assicurandolo d’aver fatto stanziare un milione e 8ttocentomila lire pro restauro della cappella di S. Lodovico.
24 DICEMBRE – Arriva il M.P.R. Provinciale per festeggiare con noi il S. Natale.
Alle ore 22 e tre quarti ha inizio il Mattutino cantato. Celebra il p. Provinciale,
assistono il p. Def. Floriano Ferro e il p. Guardiano p. Ermanno dal Seno. Al “Te
Deum” viene levato il Bambino dall’Altar Maggiore e portato processionalmente
al presepio, costruito nella cappella di San Bernardino, la prima a destra entrando.
Intanto una calca inverosimile stipa le navate (circa 5000 persone). Ha inizio la
Messa Solenne. Al Vangelo il p. Provinciale tiene l’omelia effondendosi liricamente
e umanamente sui motivi del Mistero della natività.
La “Corale Campiani” coadiuvata dai ragazzi della nostra “Schola” istruiti dal p.
Biagio Boron, esegue la Missa Eucharistica del Perosi. Il direttore della “Campiani”
fu causa di malintesi, per non aver mantenuta fede alla parola data e alla intesa.
Ragion per cui si risolve di non servirsi più di lui e della corale per non avercene a
pentire. Cercano i ricatti.
28 DICEMBRE – Grande affluenza al presepio nostro costruito con sacrifici non indifferenti dai padri della comunità, un po’ tutti. È molto ammirato per il cangiamento
di luci, dall’alba, all’aurora, al giorno, al crepuscolo, alla notte, e così via, e per le
cascate e fontane naturali, e per il paesaggio suggestivo d’arcadia.
31 DIC. – Fine d’anno. Te Deum laudamus! Soli Deo honor et Gloria!
1953
In Nomine Jesu - Amen
1 GENNAIO – “Veni, Creator Spiritus...”
324
PAOLA
ARTONI
Le messe domenicali cominciano a essere frequentate, massime quelle delle 8.30 e
delle 12; quelle delle 6.30 e delle 10, meno; pochissimo frequentate sono le funzioni
della sera dei giorni festivi.
Il p. Guardiano con il p. Vicario, tempo addietro, si recarono dal Vescovo coadiutore per chiedere se era opportuno che anche nella nostra Basilica si fosse tenuta la
lezione catechistica nei giorni festivi o nella sera di venerdì; il Vescovo rispose che
avrebbe interrogato i Parroci del Collegio Urbano. A tutt’oggi non ha risposto. Dal
tono della risposta, però, si era notata certa contrarietà a concedere ciò. Strano!
Dove il Diritto canonico dà al Vescovo il potere di imporre anche ai religiosi esenti
l’obbligo di tenere la lezione catechistica, qui il vescovo non vuole neppure se ci
offriamo! Si nota, infatti un boicottaggio sistematico verso di noi e dei carmelitani.
Non sono capaci di tollerarci. Già ne sentiamo nell’aria e nei fatti le avvisaglie sia
da parte della Curia come da parte dei parroci, specie urbani. Guai, se ci trovano in
difetto! Fin che non avevamo chiesa, tutto passava in sordina; ora che l’abbiamo, e
che la gente accorre e ci stima, le animosità astiose si fanno note e pubbliche. Noi
le abbiamo notate per segni e per parole.
1 FEBBRAIO – Chiusura del Presepio, visitato da molte migliaia di devoti e curiosi.
Però, le offerte sono scarseggianti, neppure sufficienti a coprire le spese; non si dice,
poi, a coprire le fatiche!
Processione col Bambino e recita di qualche poesia da parte di bambini e bambine.
12 FEBBRAIO – Questo pomeriggio, alle ore 17 ha inizio nella Basilica il Triduo
Solenne in Onore della Lingua di San’Antonio da Padova, predicato dal p. Gian
Grisostomo Guzzo, Commissario di Terra Santa.
15 FEBBRAIO – Festa della Lingua.
S. Messe a tutte le ore. Alle ore 8.30 Messa con comunione Generale. Alle ore 10
Messa solenne. Canta la “Schola” della Basilica sotto la direzione del p. Fl. Ferro.
Nel Pomeriggio: Discorso e Chiusa della Festa col bacio della Reliquia del Santo. Il
Triduo non fu troppo frequentato per cagione del grande freddo.
20 FEBBRAIO – Il p. Floriano si reca a Verona dal Sovrintendente ai Monumenti per
trattare del ritorno in Basilica dei quadri già restaurati dal Prof. Raffaldini. Il Sovrintendente risponde d’aver già dato ordine al detto Professore.
Il padre gli parla pure delle lapidi storiche per la Basilica, giacenti nel museo del
Palazzo Ducale.
22 FEBBRAIO – La comunità di San Francesco inizia questa sera gli Spirituali Esercizi. Si legge lentamente il p. Pacifico Monza.
23 FEBBRAIO – Oggi è iniziato il restauro della Cappella dei Signori o di san Lodovico vescovo, per opera della Sovrintendenza.
Lettera del Comune con l’ordine di sospendere i lavori della Aula Magna, fintanto
che il progetto della facciata non venga approvato in Comune. Si sospendono.
APPENDICE
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325
24 FEBBRAIO – Il p. Floriano con l’Arch. Banterle e il Geom. Tolliani per conto di
Bianchi si recano a Venezia al Magistrato alle Acque onde sollecitare la pratica della Perizia Supplettiva. Essa infatti è giunta a Venezia con buona Relazione dell’Ing.
Padovan. Al 13 marzo andrà in esame della commissione. Intanto si consegnano i
Progetti firmati dalla Curia Provincializia.
25 FEBBRAIO – Il p. Floriano si reca in Comune dall’Ing. Magelli per capire il vero
motivo della lettera di sospensione dei lavori. Il vero motivo è la paura da parte di
alcuni enti (vedi A.G.I.S.) che si istituisca noi un cinematografo, che essi non vogliono. Fa noto, il suddetto padre, della risposta dell’Intendenza di Finanza di circa
due anni fa, all’uopo interpellata.
Il detto Ingegnere dice che sarebbe buona cosa interpellare lo stesso sindaco.
7 MARZO – Viene il Sovrintendente ai Monumenti. Si parla della disposizione dei
quadri restaurati; e si riparla delle lapidi, per le quali non s’è ancora disposto nulla,
non ostante la promessa di lui.
9 MARZO – Viene presentato, con lettera accompagnatoria del p. Floriano, il Progetto della facciata del Convento (lato nord).
11 MARZO – Dal notaio Nicolini per trattare della risposta da inviare al Sindaco.
Egli consiglia il p. Floriano di andare personalmente dal Sindaco.
Il p. va dal Sindaco. Il Sindaco lo riceve benevolmente; e risponde che la lettera di
sospensione e di interdizione a costruire un cinematografo la fece mandare lui stesso, impensierito per causa dell’opinione pubblica in vista del comma riguardante
la frase “a uso di culto”. A lui non importa nulla che noi si costruisca quello che
vogliamo in S. Francesco, purché non venga intaccata la Convenzione e non insorgano noie presso il competente Ministero. Mandino i frati una risposta assicurativa
che essi non hanno in animo di costruire nessun locale di indole commerciale, e
tutto sarà appianato.
12 MARZO – Il p. Floriano va alle Grazie con Bianchi e l’Arch. Banterle per assicurare la riuscita della Pratica della Perizia Supplettiva presso la Madonna, come già
hanno fatto presso Sant’Antonio.
14 MARZO – Riferiscono che al Magistrato alle Acque di Venezia la Pratica della
Perizia Supplettiva è passata! Sia lodato Iddio!
17 MARZO – Il p. Floriano va dall’Avv. Nicolini per stilare la lettera di risposta al
Sindaco. Lettera che non promette nulla, in effetti: fatta solo di parole. La minuta
viene inviata alla Curia Provinciale di venezia perché sia risposto d’ufficio.
Oggi vengono infissi e appesi a loro luogo i frammenti di quadri già strappati e
restaurati dal Prof. Raffaldini. La Basilica acquista più sapore d’antico e comincia
essere più animata.
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PAOLA
ARTONI
4 APRILE – Viene benedetto il nuovo cero Pasquale e collocato al lato destro dell’altare nell’apposito candelabro. Il cero del Comune è collocato al lato sinistro.
16 APRILE – Funzione della Rinnovazione dei voti di tutti i frati della Comunità.
25 APRILE – Congresso distrettuale del T.O.F. Vengono diversi terziari e terziarie
della città e del distretto, fra i quali il parroco di Bagnolo San Vito.
Il p. Direttore del T.O.F. di San Francesco, p. Floriano, ammette alla vestizione due
terziari della città, uno dei quali il Dott. Boccalari, probabile prossimo onorevole.
Il Vescovo coadiutore Poma fa il Discorso introduttivo, raccomandando il dovere
prossimo delle elezioni politiche. Mons. Ciro Ferraro, terziario domenicano, presiede il Congresso, al quale partecipa il Delegato Provinciale p. Lamberto Liuti.
Il Sindaco di San Martino B. Albergo (Verona) tiene uno sfolgorante discorso sul
terz’ordine movimento di masse. Parla pure il p. Federico Zardo per il p. Direttore
Distrettuale. Parla pure il Sig. Carenza, ministro del T.O.F. cittadino. Varie relazioni dei diversi terz’ordini. Riassume il p. Liuti sui vari doveri del terziario. Furono
inviati telegrammi: al S. Padre onde ottenerne la benedizione, dato che il Congresso
fu indetto per commemorare il 50° di appartenenza di Lui al Terz’Ordine francescano; al Ministro Generale per averne benedizioni e incoraggiamenti. Risposta
arretrata del S. Padre e del Generale. Furono fatte gruppi fotografici.
30 APRILE – Ha inizio il mese di maggio in onore della Beata Vergine. SS. Messe alle
6 – 6 ¼ - 7 – 8 – 9 ogni giorno. Alle ore 20.15 Rosario – Discorso – Fioretto – Litanie cantate – Tantum ergo – Benedizione eucaristica – Canzoncina.
Predica il Rev. P. Eletto Gennaro, Vicario di Peschiera.
9 MAGGIO – Ha termine il lavoro di restauro della Cappella dei Signori (San Lodovico Vescovo) ad opera del Prof. Raffaldini di Firenze.
Così ha pure termine il lavoro di collocamento dei quadri e dei frammenti restaurati della Basilica. Ora la Chiesa è una specie di pinacoteca di buoni quadri antichi.
20 MAGGIO – San Bernardino. Commemorazione del santo francescano e della sua
venuta e predicazione a Mantova. Discorso del predicatore del mese di Maggio.
28-29-30 – Solenni 40’Ore nella nostra Basilica. Una divota regala alla chiesa un
solenne baldacchino di sapore antico per l’esposizione. Fedeli diversi alla adorazione del Santissimo.
31 MAGGIO – Giornata della “Pia Pratica Espiatoria Mariana” secondo le prescrizioni del M.R.P. Provinciale e le istruzioni e sollecitazioni del R.P. Matteo Micheluzzi; e chiusura solenne del Mese mariano.
Molta affluenza di fedeli. Preghiere. Benedizione delle rose. Processione e recita di
preghiere e poesie da parte di bambini. L’affluenza generale al mese mariano, meno
che scadente, dovuta a cause molteplici: lo fanno in tutte le chiese della città; a
Sant’Antonio vi era un predicatore molto esplosivo e … politicante, quindi tutta la
gente vi accorreva; qui invece, anche il predicatore non era a fuoco.
APPENDICE
6
327
4 GIUGNO – Corpus Domini. La Comunità partecipa alla processione cittadina.
5 GIUGNO – Ha inizio la solenne Novena in onore di Sant’Antonio da Padova. (Vedi
Manifesto murale). Nei primi tre giorni predica il p. Floriano Ferro giacché il predicatore ufficiale p. Gabriele Moscarella di Manfredonia non potrà venire che dopo
le elezioni politiche. Novena disturbata dai comizi prima, dal cattivo tempo poi.
7 GIUGNO – Tutti i frati compiono il dovere ed esercitano il diritto del voto, qui o
altrove, nelle elezioni politiche.
Si è molto lavorato da tutti, frati e terziari, per la propaganda e per la riuscita del
confratello terziario Federico Boccalari. Il quale, per varie cagioni, non dipendenti
da noi, non è poi riuscito.
9 GIUGNO – Il p. Floriano con il p. Biagio si recano dall’Antiquario Morselli per vedere
un altare del Cinquecento che la Signora Feltrinelli ha in animo di offrire alla nostra
Basilica in omaggio a S. Antonio. L’altare è da restaurare, ma è bello. Si accetta.
13 GIUGNO – Festa di Sant’Antonio. Messe ogni mezz’ora fino a mezzogiorno (Vedi
Manifesto). Ore 7 Messa con comunione generale, officiata da Mons. Poma con
sua omelia. Ore 10 Messa Solenne cantata dal p. Federico, sostenuta dalla “Schola
di S. Francesco”, diretta da. P. Floriano, istruttore dei cori e specie dei bambini il p.
Biagio. Hanno eseguita la “Missa Secunda Pontificalis” di Perosi, “Iubilate Deo”
del Thermignon, “Vox Domini” del Pasini. Bene.
Alle ore 13 Convito. Invitati S.E.M. Poma (del quale è pure l’onomastico), S.E. il
Prefetto, il dott. G. Nicolini, l’Avv. A. Nicolini, il Dott. Bazzi, il Dott. Bertuccio, il
Marchese Bianchi, ecc…
Alle ore 17 Benedizione dei Gigli e consacrazione dei bambini a Sant’Antonio.
Chiesa stipata di bambini e mamme. Recita di preghiere e di poesie da parte di
bambini e bambine. Il p. Biagio parlò con gran calore.
Alle 20.30 Chiusa della Festa al Santo con il discorso e le solite funzioni, con molta
gente adulta. Grande affluenza alle S. Messe, sebbene giorno feriale.
14 GIUGNO – Giornata della Riconoscenza e Chiusa della Novena. Musica, messe e
funzioni e discorsi come ieri, tranne la presenza di Mons. Poma.
16 GIUGNO – Viene da Milano l’Arch. Moroni e acquista da Morselli l’altare del
’500 per la nostra chiesa per conto e a nome della Signora Feltrinelli. Ma l’altare è
dal restauratore.
Intanto l’architetto sta cercando una pala di S. Antonio.
16 LUGLIO – Viene il Sig. Mistruzzi con l’Arch. Campagnari e mostrano al p. Floriano i progetti per l’Altare a S. Giuseppe, che i lavoratori del legno vogliono offrire
al loro patrono, nella nostra Basilica. Un progetto è assai bello; e il padre prega
l’Arch. Campagnari a svilupparlo e presentarlo per ottenere l’approvazione dalle
competenti autorità.
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PAOLA
ARTONI
17 LUGLIO – Il p. Floriano presenta all’avv. Nicolini un catalogo di lapidi che si
trovano al Museo del Palazzo Ducale, già nella nostra chiesa, affinché lo passi al
Sovrintendente alle Gallerie e ce le faccia avere.
19 LUGLIO – Il Dott. Federico Boccalari ci regala 12 bocce nuovissime perché ci facciamo un giuoco. Egli domanda, per conto del suocero, l’area dietro l’abside della
Basilica in affitto, per farne un magazzino di legnami e costruirvi un capannone.
Ci riserviamo il tempo onde riferire al p. Provinciale e sentire il parere dell’Avv. e
Notaio Nicolini e di Bianchi.
Sia il Notaio come l’avvocato e sia Bianchi dicono che è meglio affittare per due anni
la grande sala che per l’autunno sarà coperta, ma non finita. In tal modo si può percepire un affitto più alto; non c’è bisogno di permessi dal Comune; si conserva di più
l’area dalle incurie del tempo e dai ladruncoli. Sentiamo che ne dirà il p. Provinciale.
28 LUGLIO - Questa mattina alle ore 9.18 arriva il M.R.P. Provinciale per la Visita
Canonica. Lo accompagna il p. Matteo Micheluzzi.
Vidimus et probavimus
in S. Visitatione Canonica
peracta die 29 Julii 1953
SIG. MINISTRI PROVINCIAE VENETAE S. ANTONII PAT. O.F.M.
F. Serafino Mattiello
Min. Prov.
De mandato P.S.A.R.
f. Matthaeus M. Micheluzzi
a Secr.
29 LUGLIO = Riparte il M.R.P. Provinciale con il suo Segretario di Visita.
30 LUGLIO = Ha inizio il Triduo in preparazione alla Solennità del Perdono d’Assisi e
della Madonna degli Angeli, titolare della nostra Basilica con S. Francesco d’Assisi.
Predica il p. Federico Zardo.
2 AGOSTO = Festa del Perdono.
Discreta affluenza di fedeli a lucrare la Indulgenza; non troppo alle prediche della
sera. Molta gente è fuori città per i bagni e la villeggiatura.
4 AGOSTo = Il p. Floriano Ferro, a Castelnuovo Comasco, parla con S. Eminenza il
Card. Schuster per la consacrazione della Basilica. Declina l’invito per delicatezza
verso il Vescovo di Mantova.
16 AGOSTO = Il p. Floriano Ferro Def. Prov. si reca a Venezia pro Congregazione
intercapitolare.
31 AGOSTO = La comunità religiosa partecipa con alcuni terziari francescani al
pellegrinaggio-gita a Ravenna – Loreto – Cascia – Assisi – Orvieto – Arezzo – Ver-
APPENDICE
6
329
na – Firenze – Bologna – Modena – offerta dal Sig. Federico Boccalari, terziario
francescano.
3 SETTEMBRE = Ritorno dal pellegrinaggio.
11 SETTEMBRE = Il p. Floriano Ferro, delegato Prov. per i lavori di ricostruzione, si
reca a Roma, per incontrarsi con l’Avv. Milani, e recarsi con lui al Ministero onde
sbrogliare la aggrovigliata matassa della Perizia suppletiva o della Perizia dei danni
di guerra e della parte conventuale.
A Roma trova pure l’Arch. Banterle, con lui e con l’Avv. Milani vanno al Min. LL.
PP. e alla Corte dei Conti. Il Capo Sessione, d’Alessandro, spiega la portata del decreto circa la Perizia Suppletiva. Non ci si perde nulla al confronto con la vecchia
modalità, anzi, pare, ci si guadagna. Si vedrà.
14 SETTEMBRE = Va ancora alla Corte dei Conti con l’Avv. Milani per la Perizia
Suppletiva e onde il Capo autorizzi l’I.N.A.I.L. al finanziamento del resto della
Suppletiva. Difatti il funzionario Capo la fa subito con la massima gentilezza.
Si può, quindi, riprendere i lavori per il resto.
15 SETTEMBRE = Il p. Floriano Ferro Def. Prov. deve recarsi a Verona per il Congresso dei P.P. Guardiani. L’Impr. Bianchi e l’Arch. Banterle parlano con il P. Provinciale
circa la Perizia Suppl. Il p. Provinciale indice una seduta della Direzione a Venezia,
onde si riferisca con chiarezza il punto della questione; e poi si prenderà qualche
decisione in proposito.
17 SETTEMBRE = Ancora la questione per lo sfratto degli inquilini. Il p. Floriano si
reca dall’Avv. Nicolini per concertare qualche cosa all’uopo.
18 SETTEMBRE = Congresso a Mantova dell’Impresa Bianchi con la Direzione dei
Lavori di Ristrutturazione e il M.R.P. Provinciale. Tutti un po’ incerti sulla riduzione apportata alla Suppletiva.
21 SETTEMBRE = L’altare di legno offerto dalla Signora Feltrinelli-Doria e la Cappella dalla stessa Signora pagata è quasi ultimato.
Arriva in visita la Signora Feltrinelli. Approva, e desidera qualche modifica.
Vuole vetrate in alabastro; nervature alle volte; la spattolatura delle pareti di tutta
la cappella.
Riferisce al p. Floriano che ha trovato un bel Sant’Antonio da Padova per la pala
d’altare.
Viene un incaricato del Touring Club a richiedere note e ragguagli intorno la ricostruita Basilica da inserire nella Nuova Edizione della Guida d’Italia. Il p. Floriano
glieli dà con abbondanza.
22 SETT. = Nuovo Congresso della Direzione dei Lavori circa la Perizia Suppletiva
e l’ammontare delle spese generali. Il p. Zilli, Proc. Provinciale, firma il contratto
330
PAOLA
ARTONI
con l’Impresa Bianchi per il nuovo lotto di lavori.
Viene inviata al Sindaco di Mantova una lettera-ricordo pro cero e funzione per il
dì della Festa di S. Francesco.
24 SETT. = Arriva il p. Flaminio Vannuccini da Filine d’Arno; predicherà la Novena
Solenne di S. Francesco.
Stampati, per l’occasione, manifesti murali.
25 SETT. = Lapide da collocare nella Cappella di S. Antonio da Padova.
“Questa cappella con altare dedicato a Sant’Antonio da Padova munificamente
donava Luisa Feltrinelli-Doria in memoria del padre suo defunto Antonio – l’anno
MCCCCMLIII
Ha inizio la Novena in onore del Serafico Padre.
30 SETT. = Il p. Floriano Ferro si reca dal Sindaco, degente all’ospedale, per parlargli della cerimonia della Festa di S. Francesco, del cero offerto dal Comune, e del
possibile temporaneo affitto alla Ditta Renzi pro conto legname.
Per la cerimonia e il cero ha già date disposizioni; per l’affitto invita a parlarne al
Vicesindaco, ma dice, sarà assai difficile.
4 OTTOBRE = Festa del Serafico Padre. Messa con Comunione Gen. alle ore 7, e
Messa solenne (Pontificalis II del Perosi) alle ore 10 con l’intervento delle autorità
comunali. Il Vicesindaco rappresenta il Sindaco, ancora degente all’ospedale.
Al convito usuale partecipano le LL. EE. Avanzini, sottosegretario e il Prefetto di
Mantova, il Vicesindaco, il Segretario Comunale, il Sovrintendente alle Gallerie di
Mantova e Verona, l’Ing. Capo del Genio Civile, l’Ing. Pedrazzoli, i soliti nostri
medici e avvocato e notaio Nicolini e qualche altro amico.
Chiusa della Novena con assai molta gente. Però gran parte della Novena e della
Festa fu disturbata e rovinata dalla persistente pioggia.
N.B. = Qui il cronista p. Floriano Ferro mette fine; giacché lo Ufficio di Cronista
passa in altre mani, più diligenti (si spera).
331
APPENDICE 7
E. Marani, Criteri per il restauro del tempio
di San Francesco, in «La Gazzetta di Mantova»,
domenica 20 ottobre 1946, p. 3
“Ci si chiede come verrà risolto il problema dei resti di San Francesco, la grande
chiesa gotica già adibita ad arsenale, poi squarciata dalla guerra: ossia come potrà
essere definitivamente sistemato quel luogo.
A rigore di criterio filologico, il solo scientificamente legittimo – e la cura dei monumenti è opera di scienza – la risposta non può essere che una.
La facciata, le due cappelle grandi che sporgono sul fianco destro, il campanile e –
secondo il mio vedere – anche l’arcone absidale pure cosi distrutto e assolutizzato,
sono tuttora delle entità artistiche o documentarie tali che non si può assolutamente pensare di demolire.
D’altra parte una ricostruzione della chiesa “come era” appare pressoché impossibile, un sogno ingenuo e pericoloso, per le ragioni che lo scrivente ebbe ad esporre
con una certa ampiezza in un articolo pubblicato su “Mantova Libera” il 9 novembre dell’anno scorso e che si compendiano nell’osservazione che ricostruire i
nove decimi di un monumento completato lentamente in più secoli, e per tanto già
composto d’inflessioni ritmiche diversissime, non potrebbe avere alcun significato
artistico.
E anche l’eventuale proposito di edificare dietro la fronte gotica una chiesa di linee
indipendenti e moderne si presenterebbe irto di difficoltà e di pericoli, soprattutto
in relazione all’obbligo di non sacrificare quanto è rimasto della chiesa originaria.
Tali considerazioni restringono il problema e già ne offrono la soluzione. Una sola
conclusione, come ho detto, discende di questi casi da un criterio razionalmente
imposto; ed è non demolire barbaramente, ne voler ricostruire quel che era che
non può rinascere, ma cercar di sistemare, di rendere gradevole urbanisticamente
decorativo quanto è sopravvissuto.
Ecco, in via di puro suggerimento, i lavori non complessi mediante i quali si potrebbe giungere a un risultato desiderabile:
1. consolidare e restaurare le cinque parti monumentali cui ho accennato sul principio, nonché i resti dei muri laterali e le più tarde cappelle a sfondo semicircolare
2. delimitare la pianta della chiesa, risollevando di un poco il muro perimetrale
dove esso può essere scomparso
3. risollevare fino ad altezza sufficientemente decorativa, i pilastri cilindrici che
dividevano le navate
4. ricomporre se possibile, il pavimento di tutta la chiesa, come se essa fosse intatta
e riaperta al culto
5. sistemare con del verde l’area circostante
mi pare che – visto al di la della elegante porta a sguancio sagomato e compreso
il raccoglimento creato dalle cappelle che si svolgono sul fianco destro – il doppio
332
PAOLA
ARTONI
filare dei pilastri appena accennati, chiuso dall’arco absidale che incornicia i cielo,
creerebbe una sistemazione degna e originalmente suggestiva.
Il tutto acquisterebbe un sapore – per dirla in grosso modo – un pò simile a quello
dei fori a Roma, ed al quale sarebbe opportuno assuefarsi anche quando le rovine
sono di altra età e che non quella romana. Del resto gli avanzi dell’abbazia di San
Galgano presso Siena sono stati salvati e conservati appunto da tale retta concezione per la quale non è necessario che un monumento parzialmente distrutto debba
essere riportato a usi pratici.
Devo dire che vie è però un altro modo di applicare il medesimo criterio filologico
donde si è dedotto quanto sopra: modo che non costituisce una seconda risposta
dopo quell’unica di cui si è detto da principio, perché in esso - a ben vedere – varia
solamente l’elemento neutro nel quale devono restare inseriti i frammenti originari.
Tale elemento è, nella soluzione dianzi prospettata, il libero spazio, nel quale rimangono a creare un gioco ritmico le masse dei frammenti. Cosi l’altro modo, non
già allo spazio viene lasciato il compito di collegare e unificare i resti monumentali,
bensì ad un corpo costruito.
Non si tratterebbe – si badi bene – ne di ricostruire la chiesa “come era” ne di edificare in quel luogo un’altra chiesa di linee indipendenti e moderne, ma di ricomporre, semplice nudo intonacato, spoglio di ornamentazioni, con inseriti – non senza
chiara distinzione – i pezzi originari.
Questa variante della soluzione razionale va prendendo una certa voga nel campo
della cura dei monumenti ed accontenta coloro che desiderano la ricomposizione di
un ambiente per il culto, ma non è scavra dei soliti pericoli che prendono il nome di
artificio, richiedendo essa massima precisione, cautela, moderatezza, modestia.
In ogni caso, qualunque sia la decisione circa la sistemazione del luogo, il rispetto
dei resti sopravvissuti alla rovina del monumento esige che non si rimetta mano ad
essi con i medesimi folli criteri con cui il restauro di S. Francesco era stato, prima
del fatale bombardamento, trionfalmente iniziato nel 1943.
Dopo poche settimane di lavori, esso aveva gia dato tutta una serie di frutti irragionevoli e deprecabili: la distruzione di una cornice in cotto, il rilassamento del
tetto, il sopraelevamento di un atro, la fantasiosa erezione di stupefacenti cornici
poligonali a coronamento delle cappelle semicircolari.
La lezione consiglia, dunque, un criterio di prudenza per quello che riguarda la
scelta del restauratore; deve servire soprattutto a non consentire ulteriori follie o
avventure già rivelatesi nefaste alla sistemazione dei monumenti cittadini”.
333
APPENDICE 8
F. Banterle, Relazione, in ASCMn, cat. V.3.1, b. 55,
20 gennaio 1953
Mantova 20 gennaio 1953
RELAZIONE
Come è noto con D. M. in data 21\06\50 n. 2587 è stata approvata la perizia
di ricostruzione del complesso monumentale del S. Francesco in Mantova, comprendente la chiesa con annessa sacrestia, la casa canonica con annesso porticato,
salone e locali per adunanze religiose ed istruzione catechistica, per l’importo complessivo di Lire. 82.860.000 ed i relativi lavori sono stati affidati in concessione, a
pagamento differito a sensi della legge 12\7\1949 n. 460 alla Provincia Veneta dei
Frati Francescani Minori.
I lavori sono in corso di avanzata esecuzione da parte del suddetto concessionario.
Durante l’esecuzione delle opere, però, si è constatata la necessità di eseguire altri
lavori, pure di riparazione danni bellici non compresi nella perizia originaria esecutiva e di variarne alcuni altri compresi nella perizia esecutiva, onde poter ripristinare completamente i corpi di fabbrica del Complesso Monumentale, autorizzati dal
Ministero del precitato decreto.
Tali nuovi lavori si possono in via di massima così riassumere:
a- lavori di completamento della chiesa
- sistemazione generale della facciata con riprese e rifacimento di parti di muratura
lesionata;
- rifacimento dei pinnacoli, superiormente alla facciata stessa;
- ancoraggio della facciata principale alle strutture murarie della chiesa in quanto, a seguito del bombardamento aereo, la facciata presentava uno strapiombo
di cm. 40;
- rifacimento della fugatura previo sfessuramento dei giunti per la formazione di
paramento a fascia vista;
- sistemazione dell’arco di scarico sovrastante il rosone principale della facciata,
onde poter rimettere in sede la ghiera in marmo di contorno del rosone stesso;
- fornitura e posa in opera di tiranti in ferro per ancoraggio della facciata e per
catene di controspinta agli archi dei muri spinali limitanti la navata centrale;
- fornitura e posa in opera di tiranti per consolidamento delle murature della Cappella S. Bonaventura;
- fornitura e posa in opera di ferramenta di decorazione e fissaggio sulle strutture
334
PAOLA
ARTONI
portanti in legno, dei tetti in vista;
- coloritura del tavellonato e dei legni del tetto in vista;
- fornitura e posa in opera di stipiti in marmo per le finestre gotiche e di gradinate
interne ed esterne alla chiesa;
- costruzione di anelli di congiunzione nelle volte a crociera, con elementi di cotto
sagomati e lavorati a faccia vista;
- fornitura e posa di vetri smerigliati per il rosone della facciata principale e del
relativo telaio di fissaggio;
- costruzione di cordoni tondi in mattoni speciali, in opera a contorno degli archi
gotici di accesso alle cappelle;
- inoltre sono stati sgombrati dalla chiesa e zone annesse notevoli quantitativi di
macerie, che hanno permesso il ricupero di una minima quantità di mattoni utilizzabili. Tali mattoni saranno usati per l’esecuzione di muratura di ricupero prevista
nella presente perizia suppletiva ai n. 3 chiesa e n. 6 porticato e casa canonica.
b- lavori di completamento del porticato e casa canonica:
a seguito dei saggi di fondazione effettuati, dopo lo sgombero delle macerie, per ragioni di sicurezza statica, si ritiene opportuno eseguire una fondazione continua per
il porticato, come d’altronde era prima del danno, anziché un plinto di fondazione
per ogni colonna, come previsto nella perizia originaria esecutiva;
inoltre si è constatato che le colonne di ricupero per il porticato stesso, non sono
riutilizzabili perché gravemente lesionate;
la riparazione della facciata della casa canonica, comporta a ripresa di muratura in
breccia, perché lesionata, la fornitura e posa di canali di gronda e di tubi pluviali
di discesa.
c- lavori di completamento del salone adunanze e locali per istruzione catechistica
anche per tale corpo di fabbrica, dopo lo sgombero delle macerie e le demolizioni
si sono eseguiti saggi di fondazione e si è riscontrato che particolarmente sul lato
Nord – Est del fabbricato si rende indispensabile spingersi con le fondazioni ad
una profondità superiore di almeno m. 2 a quella prevista. Trattandosi in massima
parte di terreno di riporto.
I lavori suddetti sono stati omessi nella perizia generale del danno, in quanto solo
durante il corso dei lavori si è potuto constatare la loro necessità e valutare il loro
costo. Inoltre per corrispondere ad analoghe istruzioni impartite dalla soprintendenza ai monumenti, che ha continuamente seguito lo sviluppo dei lavori per quanto riguarda la parte artistica del complesso da ricostruire, e per ragioni statiche di
alcune strutture (murature, fondazioni ecc.) che soltanto durante il corso dei lavori
sono state oggetto di particolari studi tecnici, sono state apportate agli edifici in parola alcune varianti rispetto alla perizia esecutiva originaria, approvata, che hanno
migliorato la funzionalità, la staticità e l’estetica del complesso stesso.
Allo scopo di poter meglio illustrare la omissione di alcune categorie di lavori dipendenti da danni bellici e le varianti apportate, è stata redatta distintamente per
ogni edificio la nuova completa perizia generale di valutazione del danno bellico e
quella generale esecutiva che contiene, fra l’altro, i lavori effettivamente eseguiti e
precisamente:
APPENDICE
8
335
CHIESA
PERIZIA GENERALE DI VALUTAZIONE DEL DANNO BELLICO
Durante il corso dei lavori si è constatato che diverse categorie di opere sono state
omesse nella perizia originaria di valutazione del danno bellico, ma la cui esecuzione era indispensabile per poter ricostruire la chiesa “come era e dove era”. Tali
lavori riguardano particolarmente:
- Lievo del puntellamento provvisorio della facciata per dar luogo ai lavori della
stessa;
- Fornitura e posa di ferramenta speciale da applicare al legname dei tetti in vista;
- Fornitura e posa di copritiranti in legno;
- Costruzione di naselli in cotto per le crociere delle volte e di cordoni tondi di decorazione degli archi gotici;
- Maggiori lavori da marmista dettagliatamente descritti nella perizia;
- Coloritura del tavellonato e del legname in vista del tetto e delle navate laterali e
centrali della chiesa;
- Inoltre in sede di ricostruzione della chiesa, la soprintendenza ai monumenti di
Verona, ha prescritto che le murature esterne ed interne venissero eseguite con mattoni vecchi, debitamente stuccate e stilate, in luogo della prevista muratura comune, in parte con mattoni nuovi ed in parte con mattoni di ricupero, intonacata.
Pertanto, lo scrivente, ha ritenuto opportuno impiegare, oltre ai mattoni provenienti dalla demolizione e dallo sgombero delle macerie della chiesa, come originariamente previsto, anche quelli provenienti dalle macerie dell’adiacente convento,
pure esso distrutto da fatti di guerra. È stata quindi redatta la presente perizia generale di valutazione del danno bellico che comprende oltre i lavori originariamente
previsti anche quelli originariamente omessi e sopradescritti, oltre alla variazione
della esecuzione delle murature che sono state valutate tenendo conto dei mattoni
di ricupero provenienti dal convento. L’importo della suddetta perizia generale del
danno bellico è di lire 74.730.000.
PERIZIA GENERALE ESECUTIVA E DI VARIANTE a quella in data 29\04\49
approvata con D. M. n. 2587 in data 21\6\50.
il progetto originario di ricostruzione della chiesa approvato con il suddetto D.M.
ha subito, durante il corso dei lavori, alcune modifiche in base anche di istruzione
della soprintendenza ai monumenti, che però non hanno sostanzialmente mutato le
caratteristiche del progetto stesso.
Tali varianti si possono riassumere come segue:
MURATURE: come è stato detto in precedenza le murature vennero eseguite a
faccia vista con mattoni di ricupero, in parte provenienti dalla chiesa ed in parte
provenienti dal convento. Per sopperire alla mancanza di mattoni di ricupero e per
esigenze statiche, nella costruzione della muratura sono stati impiegati, all’interno
della stessa su consiglio della soprintendenza per ragioni artistiche, una percentuale
del 20% circa di mattoni nuovi.
Inoltre, alcuni muri perimetrali, per ragioni di staticità, sono stati aumentati di
spessore.
336
PAOLA
ARTONI
TETTO: il tavellonato del tetto della navata centrale e di quelle laterali è stato
costruito con tavelloni forati da cm. 6 di spessore in luogo di quelli previsti da cm.
3 per ragioni termiche. Inoltre il tetto a copertura delle navate laterali, previsto in
c.a. con sottostanti volte a crociera è stato eseguito invece in legno a vista e successivamente colorito.
SERRAMENTI: sempre su istruzione della soprintendenza e serramenti comuni
previsti sono stati invece eseguiti in legno rovere provvisti di idonea ferramenta.
Infine per il completamento della chiesa, è stata necessaria l’esecuzione di alcune
categorie di opere non previste nel progetto originario esecutivo, descritto nella
prima pagina della presente relazione alla lettera A.
Si è redatta pertanto l’unita perizia generale esecutiva per l’importo complessivo di
Lire. 74.718.000. in sostituzione di quella originaria approvata con D.M. 2587 in
data 21\6\1950. il suddetto importo è inferiore di Lire 12.000 rispetto a quello di
valutazione generale del danno bellico.
CASA CANONICA E PORTICATO
PERIZIA GENERALE ESECUTIVA e di variante a quella in data 29\4\49 approvata con D.M. 2587 in data 21\6\50.
Si fa presente innanzitutto che la perizia relativa alla valutazione del danno bellico
dell’importo di Lire 4.800.000 resta immutata in quanto si è accertato che contiene
tutti i lavori necessari per ricostruire tali edifici “come erano e dove erano”. In sede
di esecuzione dei lavori però sei è constatato che le fondazioni previste nel progetto
originario esecutivo, a pilastri, si sono dovute eseguire continue, data la scarsa consistenza del terreno di fondazione. Inoltre si sono dovute provvedere nuove colonne
a capitelli in marmo per il porticato, che in un primo tempo si erano ritenute riutilizzabili. Nella casa canonica si sono dovuti eseguire i seguenti lavori in precedenza
omessi nel progetto esecutivo originario:
chiusura e riapertura di porte in breccia di muro;
abbassamento del piano dell’ex chiesetta con rifacimento del pavimento relativo;
costruzione di una gradinata in marmo che deal convento, posto a quota inferiore,
permette l’accesso direttamente alla chiesa.
Si è pertanto redatta la presente perizia generale esecutiva e di variante a quella
approvata con il D.M. più volte citato, che è risultata dello importo complessivo di
Lire 4.645.000 inferiore di Lire 155.000 rispetto a quello di valutazione del danno
bellico di Lire 4.800.000.
SALONE ADUNANZE E CONFERENZE RELIGIOSE. LOCALI PER ISTRUZIONE CATECHISTICA.
PERIZIA GENERALE DI VALUTAZIONE DEL DANNO BELLICO
Durante il corso dei lavori per la ricostruzione dell’edificio in parola, oltre ai maggiori lavori di fondazione ritenuti necessari per le ragioni sopraesposte, sono state
APPENDICE
8
337
apportate alcune modifiche che migliorano la funzionalità dell’edificio stesso,. Tali
modifiche riguardano particolarmente la omessa costruzione del I piano adibito a
locali per istruzione catechistica, la cui maggior spesa rispetto a quella di valutazione del danno di guerra, non è stata ammessa in sede di approvazione del progetto
dal Ministero dei Lavori pubblici. Tali locali sono stati ricavati al piano terreno e al
I P. di quest’ultimo limitato ad un locale in fregio alla chiesa di m. 12.70 x 4.20.
Inoltre, date le condizioni climatiche della zona si è ritenuto opportuno prevedere
la costruzione dell’edificio con tetto il laterizio a volta coperto da tegole piane anziché la prevista copertura a terrazza.
Si è pertanto redatta la presente perizia generale esecutiva dello importo di L.
20.297.000 inferiore di Lire 10.000 rispetto a quella di Lire 20.307.000 relativa
alla valutazione generale del danno bellico.
Riepilogando quindi sono state redatte le seguenti perizie:
1 - CHIESA
- nuova perizia del danno bellico di L. 74.730.000 che comprende anche i lavori
per i maggiori danni rispetto a quelli previsti
- nuova perizia esecutiva che comprende i nuovi lavori e varianti per un importo
di Lire 74.718.000
2 - CAMPANILE
Restando ferma la perizia originaria di danno bellico di Lire 120.000 si è redatta
una nuova perizia esecutiva di pari importo.
3 - PORTICATO E CASA CANONICA
Restando ferma la perizia originaria del danno bellico di Lire 4.800.000 si è redatta
una nuova perizia esecutiva di ricostruzione che comprende le varianti ed i maggiori lavori per dare funzionalità al complesso; tale perizia ha un importo di Lire
4.645.000.
4 - SALONE ADUNANZE E CONFERENZE RELIGIOSE-LOCALI PER ISTRUZIONE CATECHISTICA
- nuova perizia del danno bellico di Lire 20.307.000
- nuova perizia esecutiva che comprende i maggiori lavori e le varianti per un importo di Lire 20.297.000.
In appresso si riassumono per una più facile visione e confronto, gli importi delle
perizie originarie e quelle delle nuove perizie con a fianco gli importi ammessi dal
Ministero con il citato D.M. 2587
a - importo perizie originarie
Denominazione
dell’edificio
Valutazione del
del danno bellico
Perizia esecutiva
di ric. originaria
Importo ammesso
da ministero
Chiesa
Campanile
Porticato e
casa canonica
Salone adunanze
e conf.
TOTALI
73.020.000
120.000
65.600.000
800.000
65.600.00
120.000
4.800.00
1.690.000
1.690.000
15.450.000
93.390.000
25.300.000
82.860.000
15.450.000
82.860.000
338
PAOLA
ARTONI
b - importi nuove perizie
Denominazione
dell’edificio
Valutazione del
del danno bellico
Perizia esecutiva
di variante
Economie
Chiesa
Campanile
Porticato e casa canonica
Salone adunanze e conf.
74.730.000
120.000
4.800.00
20.307.000
74.718.000
120.000
4.645.000
20.297.000
12.000
–
155.000
10.000
TOTALI
99.957.000
99.780.000
177.000
Dall’esame degli importi di cui sopra risulta evidente una differenza fra l’importo
totale delle perizie esecutive originarie e quello delle perizie esecutive di variante di
Lire 16.920.000 (99.780.000 – 82.860.000) che rappresenta l’importo dei maggiori lavori previsti nella perizia suppletiva.
I prezzi unitari applicati sono quelli delle perizie originarie in data 29/4/49 e quelli
non allora previsti sono stati determinati con gli stessi criteri seguiti per i prezzi
della perizia generale del danno bellico.
Il tempo necessario per la esecuzione dei lavori in oggetto è di mesi cinque.
La nuova spesa rientra nel danno bellico e tenuto conto della aliquota per spese generali nelle analisi dei prezzi, i lavori dovranno beneficiare delle agevolazioni fiscali
di cui ai DD.LL. 26-3-46 N. 221 e 7-6-45 N. 322, come avvenuto per quelli di cui
alla perizia principale già approvata.
Devesi poi far presente che purtroppo per ottenere lo sconto delle annualità per
l’importo complessivo di Lire 82.860.000 relativo alla perizia principale già approvata e finanziata si è dovuto ricorrere alla capitalizzazione di dette annualità presso
l’istituto, non usuraio, quale è la INAIL e che tale sconto incide per la rilevante percentuale del 23% sulla somma stessa per cui, in effetti, la somma liquidata a disposizione per la esecuzione dei lavori è di L 64.804.000 anziché di Lire 82.860.000.
Tale onerosa falcidia è di per se stessa gravosissima per la povertà francescana
dell’Ente Concessionario, pertanto si chiede che non venga applicato ribasso di
sorta sui prezzi delle presenti perizie, anche se vengono applicati i benefici per lo
sconto dell’annualità previsti nella circolare n. 3919 del 26/5/52.
I lavori da eseguire sono della massima urgenza, trattandosi che la loro mancata
esecuzione fa sospendere i lavori della perizia principale, a essa collegati.
Si allega copia della perizia del danno bellico generale già approvato col citato
decreto 2587, i relativi preventivi originari e disegni di progwetto, nonché le nuove
perizie di variante ed i disegni relativi con i particolari esecutivi dei lavori di cui alla
presente perizia suppletiva.
Detti lavori sono stati approvati dal comune di Mantova, proprietario dell’immobile, dalla autorità ecclesiastica locale, e dalla soprintendenza ai monumenti. Tutte
le dette approvazioni vengono allegate in copia alla presente.
Il progettista direttore dei lavori
Mantova, 20 gennaio 1953
Francesco Banterle
339
APPENDICE 9
M. Pescasio, Tesori artistici mantovani.
La chiesa di San Francesco,
in «La Gazzetta di Mantova», 23 marzo 1954, p. 3
Un antico oratorio chiamato “Santa Maria Incoronata” esisteva fin dal 1142 e
nel 1304 convento dei minori osservanti di Venezia, come testimonia una lapide
una volta murata all’esterno del tempio (ora in museo) che si fa conoscere anche il
nome dell’architetto : “Germanus complevit opus ecclesiae”.
Concorsero alla edificazione della chiesa i Gonzaga, insieme alle più cospicue famiglie mantovane ed essa fu consacrata dal Vescovo Ermolao Barbaro di Verona, per
ordine di Pio II, il 2 dicembre 1450.
Essendovi in questa epoca a Mantova il concilio contro i turchi, la consacrazione
riuscì solenne, perché oltre al Pontefice vi intervennero trenta cardinali e numerosi
vescovi: tra questi era anche il Torquemada. Nel 1797 la chiesa fu chiusa al culto e
nel 1811 venne adibita ad arsenale militare. Durante l’ultima guerra, fu bombardata ed ora è stata ricostruita e riaperta al pubblico.
D’architettura gotica, essa ha la facciata tripartita da contrafforti a base rettangolare, contiene una grande rosa stellata con i raggi riuniti da archetti incrociati. La
porta è a strombatura con stipiti ed archi di marmo a fasce bianche e rosa e finisce
a cuspide. L’ornamentazione è in terracotta. Il campanile è coevo alla chiesa originaria, ma la torre ha perduto la guglia e sembra quindi tozza. Nell’abside esisteva
una “Madonna in gloria” distrutta da una bomba. L’affresco stava nel centro della
tazza absidale e rappresentava la Vergine elevata sopra un ricco trono, con intorno
al capo i serafini; portava in grembo il divin figliuolo in atto di benedire.
Ai lati intorno al trono, sulla gradinata, vi erano angeli che cantavano sostenendo
un drappo; in basso, tra due vasi di garofani fioriti, un concerto di tre angioletti
inginocchiati. Superiormente, la solita lampada quattrocentesca fra due festoni di
frutta e ai lati e sullo sfondo due melograni. Il dipinto era chiuso alle parti da
candelabri su cui spiccavano motivi ornamentali a fondo oro. La Vergine, seria e
composta, non colpiva né per il suo aspetto giovanile né per la sua bellezza come
quella di S. Zeno a Verona, ma sembrava assorta in un mistero di sogno, circondata
dall’innocente canto degli angioletti.
Difficile è stabilire quale degli allievi del Mantegna abbia potuto eseguire il dipinto,
ma si tratta certamente di uno fra i migliori: G. Francesco Carotto (1470-1546),
Francesco Monsignori (1455-1519) e un tale Nicolò da Verona che aiutò il Mantegna ad affrescare la stessa chiesa di S. Francesco, come lo comprova una lettera del
Marchese Lodovico a Francesco della Rama scritta a Goito il 18 novembre 1469.
Tra gli edificatori del tempio, Francesco Rama concorse con le maggiori sovvenzioni e nel suo testamento stilato l’anno 1470, elesse a suoi eredi, oltre ai poveri della
città, la fabbrica della Chiesa di S. Francesco perché si continuassero i lavori da lui
incominciati.
340
PAOLA
ARTONI
Narra il Donesmondi: “Nell’anno 1487 fu fatta la mobilissima fabbrica della cappella grande (ch’ora serve per il coro) in S. Francesco, da gentiluomo della famiglia
Rami, con la cupola sopra tanto magnifica e riguardevole, quanto per chiesa simili
possa desiderarsi”.
Vi è certamente un errore di data, in quanto è impossibile che siano occorsi diciassette anni per fare la cappella grande, già in corso di fabbrica, quando già dal 1470
il Rama aveva lasciato i denari al massaro. È invece più credibile che la cappella
sia stata finita nel 1477, cioè sette anni dopo la morte del Rama, il quale avrebbe
potuto prima di morire incaricare il Mantegna di fare un bozzetto. Questo sarebbe
poi stato eseguito in grande da uno dei suoi migliori allievi perché dai disegni del
Mantegna era facile ottenere precisi ingrandimenti.
Il chiostro ha subito gravi danni a seguito del bombardamento, ma presto ritornerà
quasi al primitivo splendore.
Il Cadioli che lo vide nel 1763 cosi lo descrive: “è bellissimo per la sua vastità e
per lo continuo portico, tutto sostenuto da ben poggiate colonne di marmo d’ordine composito. Ma elle sono specialmente da osservarsi quelle due colonne che
si veggono accoppiate in ciascuno dei quattro angoli, imperciocchè si le basi che i
capitelli sono variamente lavorati a differenti intagli del più fino e migliore gusto
antico”.
L’esterno della cappella di S. Bernardino è ornato di guglie e di finestroni ad arco
acuto sopra i quali si apre una finestra ad occhio di bue con la cornice lavorata in
cotto.
L’interno della chiesa è a croce latina, a tre navate e le cappelle sono solo nella
navata di destra. In quella di sinistra non ci sono, perché lo stile francescano vieta
le cappelle contrapposte onde evitare che quando due sacerdoti dicono contemporaneamente la messa si voltino le spalle.
Attualmente sono state restaurate le cappelle e rimessi sul muro quei pochi frammenti di affreschi che erano stati staccati.
La chiesa possedeva una bella biblioteca composta di più di 3000 volumi.
In una cappella era murato il testo del “dies irae” celebre sotto il nome di “testo mantovano” ora disperso e che comprendeva quattro strofe in più del testo comune.
La chiesa di S. Francesco si può dire ben a ragione fosse una vera galleria d’arte: pitture murali, quadri, tombe dei Gonzaga e di altre cospicue famiglie mantovane che
avevano fatto della chiesa il loro pantheon: si pensi che ve ne erano più di 300.
Inoltre essa era ricchissima di preziose opere d’arte, d’oreficieria, di ricchi ex-voto,
di candelabri e di lampade d’oro e d’argento, di calici in oro e pietre preziose. Vi
era anche un sontuoso messale ricoperto di pelle con gioielli che i francesi portarono via. Possiamo fare un elenco delle opere che rimangono, molto più breve in
confronto a quello dei pezzi esistenti prima di tanta rovina.
Dei monumenti sepolcrali possiamo elencare i seguenti: in S. Andrea (nella navata
centrale) bella cappella a destra dei Cantelmi, troviamo due monumenti asportati
da S. Francesco. Il primo è dedicato a Paolo Pomponazzo e a questo manca la parte
migliore, cioè la statua in bronzo del defunto, fatta eseguire dal cardinale Ercole
Gonzaga al principio del XVI secolo. Il secondo dedicato a Marcello Donati: l’uno
e l’altro sono illustri mantovani.
In Palazzo Ducale troviamo una parte del monumento che era nella cappella di S.
APPENDICE
9
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Bernardino in S. Francesco, eretto da Lodovico Gonzaga, terzo capitano, in memoria della moglie Alda D’Este, figlia di Obizzone, signore di Ferrara. Del prezioso
monumento si conservano solo le quattro colonnette che reggevano l’arca e una
stretta mutilata. Sembra, secondo i cronisti, che esso fosse formato da quattro leoni portanti sul dorso altrettante colonne, con intagli dorati e scanellature a spirale
che sorreggevano la bara. Sopra questa era la statua di Alda D’Este. La bara aveva
ornamenti e statuette di gusto gotico, come scrisse il Cadioli.
Un altro monumento oggi in Palazzo Ducale e sempre proveniente da S. Francesco
è quello funebre di Margherita Gonzaga nata Malatesta, sposa di Francesco, morta
nel 1399. Margherita è raffigurata distesa sul letto di morte, col capo appoggiato
su un cuscino. Una lapide in caratteri gotici è murata nella parete e lo scultore che
eseguì l’opera nel 1400 è Pietro Paolo Dalle Masegne.
Un altro pezzo molto bello e artistico che ci viene dalla chiesa di S. Francesco è il
coronamento della porta centrale del palazzo ora Castiglioni, in Piazza Sordello.
Non ricordo da che fonte ho appreso tale notizia e non posso quindi corredarla
con documenti: ho saputo però che i marmi facevano parte della tomba di Isabella
D’Este. Proviene dal monastero delle Benedettine, quando nel 1797 il convento fu
soppresso.
Nel museo medievale vi è un cippo marmoreo, stele funeraria sulla quale in carattere neskhi sono esaltate le lodi del Morabet (santone) Zeineddiu Mohammed nato
l’anno 695 dell’Egira (corrispondente al 1296 dell’era volgare). Fu trovato scavando una tomba sottostante ad altro sepolcro cristiano nella chiesa di S. Francesco,
alla profondità di 15 metri.
Dei dipinti oltre a quei pochi di cui dirò fra breve e che si trovano sui muri della
chiesa si sono salvati (e si conservano nella quadreria del Palazzo Ducale): due Madonne, affreschi staccati e riportati su tela nel 1852. la prima è una Madonna col
bambino della scuola di Cimabue del principio del XIV secolo.
Due quadri, che il Matteucci annovera tra i dispersi e dei quali invece ho potuto
conoscere il luogo dove si trovano, sono: “S. Ludovico e S. Bernardo con le sigle di
Gesù” di Francesco Bonsignori, che si trova nella pinacoteca di Brera; “l’annunciazione” di F. Raibolini detto il Francia, ora di proprietà privata in Mantova.
Tra quelli asportati dai francesi il Matteucci elenca: un quadro antico attribuito a
Giovanni Salmista dell’inizio del 1400 – “l’annunciata e il Padre Eterno” di Lorenzo Costa – “S. Bernardino” attribuito ad Andrea Mantegna – “la sacra famiglia” di
ignoto – i “SS Pietro, Paolo e Bernardino” di Palma il Vecchio – “S. Pietro d’Alcantara” d’ignoto – “S. Sebastiano, due sante e un angelo” di ignoto – “deposizione
dalla croce” attribuito a Giotto – “madonna e santi” di ignoto – la “pietà” d’antico
autore – 27 quadretti antichi – 22 piccoli quadri.
Altre opere esistenti in S. Francesco ed ora disperse sono: ritratto del pittore Onagro di ignoto – un quadro dell’Andreasino – il “ redentore che risana l’inferno” (a
chiaroscuro) di Lorenzo Costa – “S. Antonio di Padova” di Benedetto Castiglioni
– due bambini (tavola) parte di un quadro di Francesco e Lodovico Mantegna – i
“quattro evangelisti e S. Margherita” di Stefano Altichieri da Zevio – “S. Pietro e S.
Gerolamo” di Domenico Feti – “la Madonna di Reggio” del Borgani – “la caduta
di S. Paolo” di Girolamo Mazzuola – “S. Bonaventura” del Borgiani.
Affreschi perduti: affresco del refettorio di F. Bonsignori che rappresentava il Na-
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zareno circondato dagli apostoli e S. Francesco che presentava il marchese Francesco
Gonzaga, suo figlio Federico, il Cardinale Sigismondo con Eleonora fidanzata al
Duca d’Urbino – affresco del Borgiani nella sagrestia – un Angelo di Gerolamo Mazzuola pure nella sagrestia – S. Francesco ed altri santi, di ignoto nel refettorio.
Presentemente nella chiesa e nel refettorio esistono solo qua e la dei frammenti: una
mezza Annunciazione, il trionfo della chiesa, la Morte di S. Bernardino.
Ben poca cosa, se si considera quanto è andato perduto. Tuttavia se ripensiamo
alle molte vicende che questo grande tempio mantovano ha attraversato, dobbiamo rallegrarci che oggi il nostro bel S. Francesco ci sia stato restituito e che nuovi
restauri cerchino di conservarci nei secoli questa chiesa che fu veramente il tempio
delle memorie mantovane.
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APPENDICE 10
A. Azzoni, Il nostro bel San Francesco,
in «La Gazzetta di Mantova», 12 giugno 1956, p. 3
IL NOSTRO BEL SAN FRANCESCO
in questo tempio tornato al primitivo concetto architettonico nudo e solenne, il
turista può godere i risultati di un linguaggio artistico che conforta e commuove.
Da un pò di tempo ormai gli itinerari artistici cittadini comprendono ufficialmente
fra i monumenti da visitare, il tempio dedicato a S. Francesco. E sono diversi coloro
che alla grandiosità delle Basiliche, alla maestà delle arcate preferiscono la severa
nudità di questo tempio francescano, dall’esecuzione lineare, dal ritmo semplice su
cui il turista può godere i risultati spirituali di un linguaggio artistico religioso che
conforta e commuove.
Nel S. Francesco di Mantova tornato ora al primitivo concetto architettonico, si
gusta la geometria rigorosa del disegno, la suggestione delle masse, dei vuoti e delle
ombre delle alte navate rese fresche di mistica intimità dalla estrema sintesi delle
linee.
Dopo il centro artistico del ducale, del S. Giorgio di Bartolino da Novara, del Palazzo della ragione del Te, del S. Sebastiano e della rotonda, dello spettacolare S.
Andrea, delle chiese Palatine è qui, nella accogliente serenità del S. Francesco che il
turista deve concludere il suo incontro con Mantova.
Qui fra queste pietre nude, a contatto di questi frammenti di affreschi che diresti
grotteschi per le ispirazioni chiare e luminose, qui dove malgrado la vastità tutto è
raccolto nella magia dell’arte che produce impressioni decise proiettate sulla severità dei muri solidi e slanciati.
Ogni forma è ridotta nel S. Francesco ad uno spoglio primitivo con la assenza quasi
totale della decorazione. Chi entra in questo tempio prova un diffuso senso di pace,
il gusto della solitudine che carica lo spirito non solo nel documento della costruzione, ma nella presenza attiva dei rapporti che corrono fra fede e arte e soprattutto
fra le forme e le convinte testimonianze della religiosità.
Tanto il Matteucci (chiese artistiche del mantovano 1902) quanto il Restori (guida
di Mantova 1937) concordano nell’affermare che il tempio dedicato al poverello
d’Assisi, disegnato nel 1304 dal Germano, sia stato edificato sulla stessa area dove,
ancora vivente Santo Francesco, esisteva un oratorio di S. Maria Incoronata officiato dai frati francescani venuti a Mantova con il Beato Bonaventura il quali quivi
aveva costituito i primo nucleo dei fratelli della povertà.
Durante lo scorrere lento dei secoli il tempio che doveva diventare il pantheon dei
Gonzaga conobbe onori e glorie, offese ed umiliazioni gravissime.
I ricordi più solenni della sua vita sono quelli della consacrazione avvenuta il 3
dicembre 1459 alla presenza del Pontefice Pio II allora a Mantova con trenta cardi-
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nali fra cui il Torquemada riuniti per decidere della guerra contro i Turchi.
Le ampie dimore del vastissimo monastero accolsero diverse volte centinaia di religiosi per l’elezione del Ministro generale dell’Ordine e per diversi decenni furon
sede del Capitolo Generale.
Tempio e convento vennero in varie epoche ampliati e i migliori artisti li abbellirono di affreschi e di tele di grande valore. Oltre trecento splendidi monumenti funebri decoravano questo immenso complesso le cui mura arrivavano al lago e che i
principi di Mantova, fra cui il vescovo frate Francesco Gonzaga, vollero grandioso
e imponente.
Nel 1797 l’ondata rivoluzionaria di Napoleone farà piazza pulita di tutte le ricchezze del S. Francesco. Tele, oro, paramenti, lampade presero con le truppe francesi la dolorosa via dell’esilio senza ritorno.
Anche i fraticelli dovettero sgomberare alla svelta e sugli altari la furia devastatrice
dei dominatori sostituì alla croce la bandiera della rivoluzione.
Il tempio fu pieno di armi e di soldati. Carri e buffetterie, pezzi di artiglieria e bidoni si ammonticchiarono in disordine nelle belle navate; il magnifico cenobio si
trasformò in caserma, i chiostri silenziosi sereni, verdi di giardini furono deturpati;
gli archi coperti, murate le bifore, distrutta l’arte, oltraggiata la austerità del luogo
così caro ai Mantovani di ogni tempo e di ogni condizione.
Gli austriaci sostituirono nel 1815 i francesi ed allora la Chiesa ed il convento furono definitivamente trasformati in minutissimo arsenale.
Anche l’architettura subì delle gravi ingiurie. Al campanile fu tolta la antica leggiadra guglia per trasformarla in piazzola di artiglierie puntate sulla città; il tempio
venne diviso in due piani. Nel piano terra mortai e cannoni e in quello superiore
circa 90.000 fucili pronti all’uso.
Anche la cappella che guarda la piazza fu ridotta a bastione e per lungo tempo l’ingresso fu conservato, anche dal Governo italiano dopo il ’60, come il passo di una
roccaforte e non come quello di un tempio della cristianità.
Perduti tutti i moltissimi segni interni dell’arte o asportati, la chiesa rimase in queste umilianti condizioni fino al 1941 allorché il comune la cedette ai francescani
con lo impegno di riadattarla entro 10 anni. I frati infatti ritornati nel 1942 iniziarono i laboriosi restauri abbattendo le deturpanti sovrastrutture, riportando alla
luce archi e bifore. Ma il lunedì di Pasqua del 1945, pochi giorni prima della fine
della guerra, un violento bombardamento distrusse tutta l’opera che pazientemente
si era ripresa. Rimase puntellata la facciata, il campanile, e parte del largo stupendo
refettorio sui cui un costante stillicidio avrebbe offuscati prime e cancellati poi gli
affreschi che l’adornavano.
Questa la storia molto breve del nostro bel S. Francesco, di questo tempio che conobbe lo splendore delle corti in preghiera, che si trasformò in reggia dell’ordine
per le riunioni del capitolo, che si arricchì nel tempo, di opere d’arte meravigliose
per finire poi arsenale di guerra. Proprio qui dove i chiostri risuonavano ancora
del lento salmodiare e l’aria aveva conservato in ogni incontro la freschezza del
convento tranquillo ed operoso.
Ora il S. Francesco è in piedi. Per gradi, piano piano sta tornando il grande Monastero dell’antichità. Ultimata la ricostruzione del tempio, tornato al suo primitivo
concetto di nudità solenne e suggestiva, sotto il loggiato nella Foresteria, nel refet-
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torio oggi è tutto un fervore ricostruttivo. Tornano alla luce capitelli compositi,
squarci di affreschi luminosi, colonne preziose; tornano dopo 160 anni i fraticelli a
riempire della loro vita semplice e buona queste attonite vastità fra la simpatia dei
mantovani che godono del rinnovato incontro.
Ma occorre che in molti conoscano questo bel tempio considerato fra i maggiori e
migliori dei francescani. Occorre che in molti lo includano nel giro delle loro visite
al nostro centro artistico perché costituisce uno sviluppato processo architettonico
in tutto il suo percorso e la sua estensione.
È bene forse che il tempio abbia perduto qualche pesante corona decorativa per
essere soltanto un morbido stretto gioco di linee geometriche, opera di alta qualità
ed eleganza nel concetto informatore e nel disegno colto e controllato.
Gli archi gotici delle navate divise dalle colonne in cotto con fasce di marmo, poggiano su larghi capitelli in una movimentata comune tonalità. La luce entra da un
rosone immenso e dai vuoti perimetrali simmetrici e graziosi. Sulle pareti maestre i
frammenti degli affreschi crollati con l’offesa aerea poi sapientemente ricostruiti e
riportati su tela ed infine fissati con graffette ai mattoni.
Nella navata di sinistra ben leggibile su una vasta mezza luna un “giudizio”; una
serie di “cartigli”; una “vergine” in posizione tronale e un “trionfo della chiesa” una
scenografia minuta, accurata obbediente ad una ispirazione semplice e sincera.
L’altare maggiore è in marmo rosso veronese inquadrato da due eleganti colonne
recuperate nel rovinio della guerra. Stemmi gentilizi sono posti all’ingresso della
sagrestia e della cappella del terzo ordine e dei confessionali con le caratteristiche
porte, l’altare in cotto ed il paliotto a scomparti dipinti. Dietro l’altare maggiore
è l’altare corale illuminato dalle due lunghe monofore del catino e da due piccoli
rosoni, anche il coro come è tutto il tempio è a pietre nude con cordoni di raccordo
sulle volte a vela mentre le navate hanno le capriate. Sull’altare Maggiore le figure
di S. Giorgio e di S. Bernardino ed il grosso cero con i colori di Mantova offerto dal
comune con il ripristino di un antico e suggestivo rito.
Anche il campanile ha la prima volta con squarci affrescati. Nella cella è tornato
dopo circa 160 anni di silenzio il coro di sei campane. Nella navata destra si apre
la serie delle cappelle con i soffitti a vela e qualche affresco come in quella dell’incoronata, un tempo di S. Bonaventura con un intenso cielo azzurro; altari lignei del
XVII secolo e la interessante tela di S. Giuseppe.
Si apre in questa navata anche la cappella che ospita il presepio, oramai famoso
non solo a Mantova. È ancora in piedi ed è risultata strana la visita in pieno giugno
a questo grandioso complesso dalla poesia invernale, davanti al quale hanno sostato in occasione delle ultime feste natalizie ben 60.000 persone.
Il padre guardiano, un mantovano di S. Benedetto, guida competente e cortesissima
nella visita al ricostruito tempio, ci ha detto che tutte le aspirazioni della comunità
francescana sono rivolte a riavere integro anche il grande convento come era una
volta. Padre Luigi, il priore lo dice con affettuosa convinzione e non è da metterlo
in dubbio se dai cumuli immensi di macerie, se dal porticato angusto ove la guerra
aveva confinato le ufficiature religiose è tornato il tempio maestoso nella sua semplicità per dar voce alla vita dello spirito, per muoversi in una urgente spontaneità
che nel rispetto dell’originale rivela straordinari equilibri di massa e di particolari.
Anche l’antico refettorio lungo 37 metri e largo 9 sta per essere completato. Un
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altro passo verso la realizzazione di quella auspicata compiutezza che onorerà certamente tutta la nostra città. Stanno tornando alla luce i meravigliosi capitelli sulle
snelle colonne dei chiostri; tornerà presto il roseto attorno alla fresca “vera” di
S. Antonio, torneranno i graziosi e riposanti loggiati silenziosi e raccolti, torneranno gli affreschi del refettorio dalla purezza immacolata dei volti con le figure
disegnate con amorosa tenerezza.
Tutta la grandiosa calma architettonica tornerà a coronare i cortili fioriti, le cuspidi e gli archi, il rosone e le bifore l’antica severa povertà del tempio che cosi deve
rimanere per non perdere le profonde suggestioni della fede ma anche dell’arte
affidata nella classica nudità, ai momenti particolari della cultura e del gusto.
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Indice dei nomi
Non si riportano i nomi entro i riferimenti bibliografici e i nomi dei personaggi letterari,
biblici e mitologici.
Agosti, Giovanni, 163, 172
Agrati, Tiziano, 277
Albertazzi, Archimede, 67
Alberti, Leon Battista, 11, 194, 214
Aldini, Paride, 249, 279, 291, 295, 304,
306, 309
Alfonso, scultore, 191
Ambrosini, Massimo, 323
Amidani, Antonio, 148
Amidani, Giovanni, 119
Amidani, Stefano, 119
Amore, Agostino, 312
Andrea da Casalmaggiore, 137, 191
Andreani, Aldo, 12, 45, 48, 50-55, 58, 6067, 69, 72-77, 80, 91, 112-114, 121123, 135-137, 158, 160, 193, 204, 211,
313
Andreani, Carlo, ingegnere, 55
Andreani, Carlo, 173
Andreasi, Ippolito, vedi Andreasino
Andreasino, 188, 341
Angelo da Arezzo, 148
Anti, Carlo, 69, 242
Arti, Renato, 305
Artusi, ragioniere, 299, 307
Avanzini, sottosegretario, 321, 323, 330
Azzali, Alberto, 60, 67
Azzoni, Alcide, 11, 343
Baccolo, Ercolano, 239, 240
Badile, Giovanni, 119
Baldassarri, Enrico, 90, 275
Balestrieri, Giuseppe, 312
Balugani, francescano, 250
Banterle, Francesco, 77, 84, 85, 89-91, 93,
98, 101, 259, 260, 265-282, 284-286,
288-291, 293-298, 301-303, 305, 308313, 315, 318, 322, 323, 325, 329,
333, 338
Banterle, Ruperto, 101
Barbara di Brandeburgo, vedi Hohenzollern,
Barbara
Barbaro, Ermolao, 11, 15, 339
Barbacci, Alfredo, 93, 315
Barchi, muratore, 295
Barelli, Pier Fausto, 55, 58, 60, 61, 67, 247
Barnaba da Modena, 176
Baroni, Ottorino, 286, 287, 295
Bartoli, Francesco, 11, 15, 16, 136, 189,
191
Bartolino da Novara, 343
Battaglia, sacerdote, 295
Bazzani, Giuseppe, 191
Bazzi, Albino, 101, 273, 279, 291, 295,
304, 313, 321, 327
Bazzotti, Ugo, 129, 141, 176
Bellini, Arnaldo, 306, 307, 317
Bellini, Giovanni, 41
Bellini, Giuliano, 258, 260, 261, 263, 306,
307, 317
Bello, Leonardo, 52, 286, 296
Beltrami, Luca, 41, 43
Benvenuto, francescano, 15, 193
Berenson, Bernard, 119
Bernardi, falegname, 316, 322
Bernardino da Feltre, 98, 317, 320
Bernardino da Siena, 16, 61, 111, 121, 139,
173, 188, 189, 191, 194, 195, 198, 201,
202, 205, 214, 217, 220, 221, 326
Berselli, T., sacerdote, 284, 291, 295, 319
Bertoldo, Giuliano, 305, 307
Bertolo, Lino, 305
Bertuccio, medico, 260, 261, 273, 279, 283,
291, 295, 299, 304, 306, 307, 313,
327
Berzuini, Dante, 41
Bianchi, Adone, 265-281, 284, 288, 291,
292, 295-303, 307-313, 322, 325, 328
360
INDICE
Bianchi, Francesco, 242
Bianchi, marchese, 327
Bigoni, Venceslao, 38, 42, 43
Bilardo, Giuseppe, 311
Bisognin, Davide, 111
Blasucci, 308
Boccalari, Federico, 326-329
Bocchi Bonazzi, Maria, 252
Bollini Morandi, benefattrice, 264, 273
Bonacolsi, famiglia, 141, 193, 194, 212
Bonato, maresciallo, 273, 279, 291, 295,
313
Bonaventura di Mantova, 192
Bonvicini, Alessandro, vedi Moretto
Bonsignori, Francesco, 15, 16, 136, 172,
189, 341
Bonsignori, Girolamo, 21
Borbone da Novellara, Jacopo (Giacomo),
192
Borgani, Francesco, 16, 189, 191, 341
Borgiani, vedi Borgani, Francesco
Borgonovo, Angelo, 249, 253
Boron, Biagio, 312, 314, 317, 318, 323
Borriero, Tito, 258, 260
Borromeo, Carlo, santo, 55, 61
Bortoli, Modesto, 52, 292
Botti, Guglielmo, 36
Brugnetti, Contardo, 240, 242
Bustaffa, fiorista, 306, 322
Butti, generale dei carabinieri, 278
Caccia, Guglielmo, vedi Moncalvo
Cadioli, Giovanni Antonio, 11, 15, 16, 139,
187, 191, 192, 202, 221, 340, 341
Callegaro, Sigismondo, 10
Calzolari, fotografo, 283
Camerlenghi, Carlo, 76, 77, 246
Campagnari, architetto, 102, 327
Canale, Guido, 301
Canonica, Pietro, 98, 316
Cantelmi, famiglia, 340
Capilupi, Alfonso, 191
Carlo VIII, re di Francia, 195, 214
Carenza, maresciallo, 313, 317
Caroto, Giovan Francesco, 339
Carotto, vedi Caroto
Carpaccio, Vittore, 114
Carraretto, benefattore, 301
Castellani, sacerdote, 315
Castiglione, Giovanni Benedetto, vedi Grechetto
Castiglioni, famiglia, 341
Castrichini, Marcello, 173
DEI
NOMI
Cavagnari, sacerdote, 251
Cavagnini, Gaetano, 244, 253
Cavalcaselle, Giovanni Battista, 36, 39
Cavriani, Annibale, 19
Cazzaniga, Ferdinando, 89, 273, 274, 278,
280-282, 289, 302
Chiodini, Pancrazio, 240
Chiodini, Giovanni, 243
Cimabue (Cenni di Pepo), 176, 341
Coffani, Assirto, 173
Coletti, Luigi, 139
Colosio, Cristoforo, 239, 242
Corradi, Zanino, 148
Costa, Ippolito, 16, 187, 192
Costa, Lorenzo, 341
Costa, Luigi, 188
Costantini, Celso Benigno Luigi, 84, 262,
264, 270, 274, 279, 295, 310
Cova, Mauro, 119
Cristofari, Paolino, 255, 258
Cristofori, Paolino, vedi Cristofari, Paolino
D’Alessandro, capo sessione ministero, 325
Dal Ceré, Antonio, 304
Dall’Acqua, Carlo, 38
Dalle Masegne, famiglia, 194, 213
- Pietro Paolo, 341
Da Lisca, Alessandro, 46
Dal Pra, Mansueto, 263, 269, 295, 305
Dal Seno, Ermanno, 101, 305, 310, 312,
314, 317, 318, 321, 323
Daniele Vittorio da Mantova, 187
D’Arco, famiglia, 208, 227, 281, 302
- Antonio, 39, 40
- Carlo, 12, 19, 21, 23, 25, 26, 32, 172,
173, 176
- Francesco, 19
- Giovanna, 90, 273, 280-283
De Biasi, Luigi, 90, 266, 267, 274, 277, 279,
281, 290, 298, 299, 301, 303, 307-311
De Pellegrini, Ignazio, 263, 305
De Gasperi, Alcide, 268
De Giochi, Antonio, 148
De Marchi, Andrea, 120, 139, 141, 143,
149
Della Rama, Francesco, vedi Rama, Francesco
Delmoro, Roberta, 120, 128, 129
Di Barbon, geometra, 315
Diotallevi, Ferdinando, 252, 269, 276
Donati, Marcello, 340
Donesmondi, Ippolito, 63, 147, 148, 191,
192, 340
INDICE
Doria, Antonio, 102
Doria Feltrinelli, Luisa, 102, 314, 327, 329
Dovati, Pietro, 19-21
Duccio da Buoninsegna, 176
Einaudi, Luigi, 101
Einaudi, Ida, 321
Este, d’
- Alda, 188, 194, 213, 341
- Isabella, 163, 341
- Obizzone, 341
Feltrinelli Doria, Luisa, vedi Doria Feltrinelli, Luisa
Ferrari, Ciro, 278, 285, 297, 310, 311, 313
Ferrarini, Cesare, 52
Ferrero, 316
Ferro, Floriano Maria, 78, 80, 255, 256,
258-262, 277, 286, 295, 298, 299, 305,
307, 308, 310, 312-315, 317, 319-324,
327-330
Ferro, Floriano Valentino, 302
Ferrone, Natale, 41
Fetti (Feti), Domenico, 188, 341
Fiocco, Giuseppe, 121
Fiorilli, Carlo, 43
Fiscali, Filippo, 38-42
Fochessati, Francesco, 38
Fomaro, Felice, 255
Fornasini, ingegnere, 282, 319
Francia, Francesco (Francesco Raibolini),
16, 192, 341
Franco, Pietro, 38
Frison, Mansueto, 276, 292, 303
Frizzoni, Gustavo, 36
Furini, Fabiano, 312
Furlani, ingegnere, 20
Galli, commerciante, 273
Galli, Arcangelo, 239
Galliotto, Bernardo, 255, 256, 258
Gallizioli, Bernardo, 12, 19, 21, 25, 26, 30,
32
Gatti, Clemente, 318
Gazzola, Piero, 7, 12, 52, 55, 56, 58, 60, 61,
66, 67, 69, 72, 74-76, 81, 85, 90, 91,
98, 101, 102, 204, 223, 242, 260, 262,
271, 277, 279-281, 284, 285, 305, 313,
315, 320, 321
Gentile da Fabriano, 129
Germanus, architetto, 15, 191, 193, 212,
339
Gheroldi, Vincenzo, 105
DEI
NOMI
361
Giannantoni, Nino, 69, 242
Giannantoio, vedi Giannantoni, Nino
Gibbs, Robert, 139
Giotto (Giotto di Bondone), 176, 192, 341
Giovanni Angelo di Antonio da Bolognola,
120
Giulio Romano (Giulio Pippi de’ Jannuzzi),
20
Gobetti, Patrizio, 263
Gonella, Guido, 84, 90, 266, 271, 274, 276,
277, 280, 281
Gonzaga
- Eleonora, 342
- Francesco I, capitano, 187, 194, 213
- Francesco II, marchese, 195, 201, 214,
220
- Giovan Francesco (Gianfrancesco), marchese, 15
- Guido, capitano, 147-149, 188, 194,
213
- Ludovico (Lodovico, Luigi), capitano,
141, 147, 148, 188, 194
- Sigismondo, cardinale, 342
- Vincenzo I, duca, 195, 214
Grechetto (Benedetto Castiglione), 187
Guerzi, Chiara, 149
Guzzo, Gian Grisostomo, 319, 324
Hohenzollern, Barbara, 194, 214
Inama, Sisinio, 305
Innocenti, Piero, 253
Intra, Giovan Battista, 38, 202, 221
Ippoliti, Francesco Maria, 173
Jean d’Arbois, 119
Karet, Evelyn, 119, 128, 129
Kress, Samuel Henry, 90
Kristeller, Paul, 172
Lanzoni, 264
Liberale da Verona, 114, 172
Liuti, Lamberto, 309, 310, 317, 326
L’Occaso, Stefano, 115, 119, 120, 128, 129,
144, 148, 173
Longhi, Luigi, 253
Longhi, Roberto, 119
Lorenzoni, Gabrielangelo, 304
Lovato, Alice, 45
Lucarini, Fabrizio, 41
Lucco, Mauro, 139
Ludovico da Tolosa, santo, 141
362
INDICE
Luini, Bernardino, 30
Lusvardi, rappresentante Agis, 295
Luzio, Alessandro, 148, 172
Magagnato, Licisco, 116, 119, 121
Magelli, ingegnere, 272, 273, 279, 281-284,
287, 289, 294, 300, 302, 325
Maiolani, benefattore, 252
Malatesta
- Margherita, 148, 194, 213, 341
- Paola, 194
Manenti, Mario, 252
Manfredi, Michelangelo, 270
Mantegna, Andrea, 11, 12, 23, 25, 26, 36,
38-41, 43, 136, 139, 167, 172, 188,
189, 194, 214, 339, 340, 341
Marani, Ercolano, 79
Marini, Michele, 249
Marti, Giuseppina, 159
Martineli, Gaetano, 38
Masetti, 191
Masi, Alfredo, 54
Matteucci, Vittorio, 45, 176, 341, 343
Mattiello, Serafino, 307, 308, 315, 319,
320, 328
Mazzetti, Mario, 51
Mazzola, Antonio, 74
Mazzola Bedoli, Girolamo, 16, 189, 341,
342
Mazzolari, Primo, 249, 287
Mazzuola, vedi Mazzola Bedoli, Girolamo
Mellini, Gian Lorenzo, 128
Meneghini, Bentivoglio, 263, 305
Menghini, Cesare, 38, 40, 43
Menna, Domenico, 61, 65, 85, 239, 269,
319, 321
Merchiori, Casimiro, 255
Messina, Francesco, 293
Micheluzzi, Matteo, 261, 286, 292, 318,
319, 326, 328
Migliorini, monsignore, 315
Milani, avvocato, 297, 298, 310, 313, 323,
329
Minghetti, ispettore, 46
Mistruzzi, 327
Mojetta, commerciante, 273
Mola, fratelli, 191
Momoli, Ottorino, 90, 274, 277, 321
Moncalvo (Guglielmo Caccia), 16, 192
Monga, Andrea, 20
Monsignori, Francesco, vedi Bonsignori, Francesco
Montanari, sacerdote, 295, 313
DEI
NOMI
Montuori, Raffaele, 90, 280, 283, 289
Monza, Pacifico, 286, 304, 308, 315, 324
Morari, Amos, 275, 290
Morari, Augusto, 10, 105
Moretto (Alessandro Bonvicini), 25
Moro, segretaria terziarie, 317
Morone, Domenico, 167, 173
Moroni, architetto, 102, 314, 327
Morselli, antiquario, 102, 264, 327
Moscarella, Gabriele, 327
Mottes, Valentino, 258, 260, 261, 263
Mozzini, Luigi, 54
Muselli
- Cristoforo, 188
- Francesco, 188
Muzio, architetto, 55, 60, 61, 63, 67, 77,
247
Nannini, madre e figlia, terziarie, 267, 270,
322
Napolitano, Ottaviano, 241
Nardon, Vincenzo, 312
Narone, Cirillo, 251
Nava, Ambrogio, 12, 30, 32
Naya, Carlo, 36
Nicolini, avvocato, 98, 300, 312, 313, 316,
317, 320, 321, 327-329
Nicolini, Giuseppe, notaio, 260, 262, 263,
271-284, 286, 288, 289, 292-295, 297302, 304, 305, 317, 320, 325, 327,
328, 330
Nicolini, Ugo, professore, 296, 299, 310,
313
Nicolò da Verona, vedi Solimani, Nicolò
Nievo, Giuseppe, 19
Nonfarmale, Ottorino, 105
Olivieri, professore, 321
Operti, geometra, 296
Orioli, Giuseppe, 188
Ozzola, Leandro, 69, 74, 77, 90, 93, 98,
119, 128, 136, 176, 242, 247, 279,
291, 314-316, 320
Paccagnini, Giovanni, 119, 139, 176
Padovan, ingegnere, 322, 325
Padovani, Graziano, 318
Palma il Vecchio, Jacopo, 341
Parmeggiani, Ettore, 60
Pasini, Crescenzio, 323
Pasini, Placido, 241, 270
Pasotelli, signora di Bozzolo, 287, 288, 293
Patricolo, Achille, 45, 172
INDICE
Pecchio, Pio, 239, 240, 244
Pedrazzoli, ingegnere, 282, 285, 290, 291,
300, 307, 315, 330
Pellegrini, affittuario, 296-298, 300, 306,
318
Perantoni, Pacifico, 252, 267, 269, 311,
312, 315
Perina, Chiara, 116, 119, 121, 129, 136,
167, 172
Perini, podestà, 72
Perrotti, Alfonso, 61
Pescasio, Luigi, 9, 52
Pescasio, Memore, 17
Pettorelli, artigiano, 295, 298
Pianzola, Paolo, 173
Piazza, Callisto, 30
Piazza, cardinale, 315
Picchetto, ingegnere, 90, 284
Pier Matteo da Fabriano, 148
Piero della Francesca (Piero di Benedetto de’
Franceschi), 76, 129
Pio II (Enea Silvio Piccolomini), papa, 11,
15, 339, 343
Pisanello (Antonio Pisano), 128, 129, 194,
214
Pisani, 296
Poldi, architetto, 80, 259, 260, 287-289,
294, 318
Poletto, Anastasio, 286
Poma, Antonio, 315, 318-322, 326, 327
Pomponazzo
- Aurelio, 188
- Giovanni, 188
- Paolo, 340
- Pietro, 191
- Pietrobono, 114, 115, 119
Pontraldolfi, Raffaele, 240
Porcelli, Aldo, 273, 279, 295, 304, 313
Puzzi, Lanfranco, 23
Raffaldini, Arturo, 10, 75, 76, 88, 91, 9397, 101, 102, 105, 121, 173, 305, 313,
324-326
Ragazzo, Dionisio, 284, 285, 309, 310,
312
Ragghianti, Carlo Ludovico, 176
Rama, famiglia, 114, 129
- Francesco, 115, 116, 129, 172, 339,
340
Randise, maggiore, 250
Razzetti, Giuseppe, 19, 23-26, 32
Rea, Giuseppe, 281, 287, 302, 322
Restori, Vasco, 343
DEI
NOMI
363
Riccioli, Policarpo, 255, 258, 260, 267,
270
Righetti, Feliciano, 319
Righetti, disegnatore, 259
Rodighiero, Francesco, 36
Romeri (Romieri), Roberto, 255, 256, 258,
260, 262
Rossi, Gaspare, 173
Rossi, Guido, 251
Rosso, Augusto, 277-279, 284, 285
Roboni, Giulio, vedi Rubone, Giulio
Rubone, Giulio, 137, 191
Safarik, Eduard A., 188
Salmista, Giovanni, 16, 191, 341
Samuelli, Floriano, 69, 239, 245, 253, 258
Samuelli, Silvio, 252
Sante, geometra, 319
Scansani, geometra, 315
Scansani, ragioniere, 300
Scaravelli, Emanuela, 156
Schiavi, Elena, 101
Schuster, Alfredo Ildefonso, 328
Segni, Antonio, 321, 323
Serafino da Modena, vedi Serafino de’ Serafini
Serafino de’ Serafini, 101, 141, 143, 144,
147-149, 321
Shaaft, Valentino, 255
Sigismondo IV, imperatore, 194
Signorini, Rodolfo, 115
Solimani, Nicolò, 116, 129, 172, 192, 339
Sordi, Giuseppe, 19, 26
Speri, Giambattista, 25
Spiller, Gaetano Silvio, 49, 52, 55, 58, 61,
67, 69, 72, 74, 77, 204, 222, 239, 247,
279
Stabile, Fortunato, 263
Stefano Altichiero da Zevio, vedi Stefano da
Verona
Stefano da Verona, 56, 93, 115, 116, 119,
120, 128, 129, 172, 313, 341
Stefano da Zevio, vedi Stefano da Verona
Tacchi, Giustino, 239, 240
Tamassia, Francesco, 38
Tasselli, Niccolò, 45, 51, 52, 58
Tessari, Felice, 309, 313
Tiziano (Tiziano Vecellio), 187, 202, 221
Toesca, Pietro, 139
Tognacca, Roberto, 249
Tolcerè, Antonio, 276
Tolliani, geometra, 325
364
INDICE
Tommaso da Modena, 101, 139
Torquemada, Tomás de, 339, 344
Torminella, segretario comunale, 302
Tosti, Luigi, 310
Trenti, Gaetano, 19, 26
Trivellato, Doroteo, 304,305
Trivulzio, principessa, 279, 295, 306, 307,
310
Ugoni, Mattia, 25
Urbano V, papa, 194
Valentinis, Giuseppe Uberto, 42
Van Marle, Raimond, 172
Vannuccini, Flaminio, 330
Vanzini, famiglia, 313
Varagnolo, Michele, 263, 267, 288
Vasari, Giorgio, 56, 114, 136, 172, 189
Velandi, Raffaele, 255, 258
Venturi, Adolfo, 39, 42, 172
Vergani, Giovan Battista, 21
DEI
NOMI
Villari, Pasquale, 39
Vincenzo, figlio di Stefano da Verona, 119
Visconti, Galeazzo II, 148
Vittorino da Feltre, 11, 194, 214
Volpe, Carlo, 119
Zagni, 316
Zambaldi, cavaliere del lavoro, 313
Zamperini, Alessandra, 167, 173
Zancan, geometra, 259
Zanfrognini, Carlo, 91, 300
Zardo, Federico, 258, 260, 261, 267, 271,
304, 311, 315, 326, 328
Zeineddiu, Mohammed, 341
Zeni, Adolfo, 105
Zeni, Ernesto, 105
Zilli, francescano, 329
Zuliani, Fulvio, 139
Zucca, Enrico, 60, 61, 63, 65, 67, 69, 72,
74, 76, 77, 239, 247
365
Ringraziamenti
Ringrazio di cuore l’Associazione Postumia, in particolare Lucia Ferrari, Roberto Navarrini e Nanni Rossi, per avere accolto questo testo nei Quaderni di Postumia; Gian Paolo
Romagnani, direttore del dipartimento Culture e Civiltà dell’Università di Verona, per
avere sostenuto questa pubblicazione; il sindaco Mattia Palazzi, per avere concesso il
patrocinio del Comune di Mantova.
Questo volume, esito di un lungo e non sempre lineare percorso, non sarebbe stato realizzato senza l’aiuto di diverse istituzioni che hanno agevolato le mie ricerche, in particolare
la direzione e il personale dell’Archivio di Stato di Mantova, del complesso museale di
Palazzo Ducale di Mantova, della Soprintendenza di Mantova, della Soprintendenza per
i Beni Architettonici e Paesaggistici di Brescia, dell’Archivio Storico Diocesano di Mantova (con un pensiero affettuoso in memoriam alla luminosa Marinella Bottoli), dell’Istituto di Storia Contemporanea di Mantova, dell’Archivio Storico Comunale di Mantova
e dell’Archivio Gazzola di San Ciriaco di Negrar (Vr). Molte pagine di questo libro non
sarebbero state scritte senza la generosità dei Frati minori del convento di San Francesco
di Mantova, in particolare di padre Davide Bisognin, interlocutore fondamentale e generoso. Ricordo anche i dialoghi lontani con padre Luciano Gino Viale.
In questi anni sono numerosi gli studiosi dell’Università di Verona che mi hanno dimostrato la loro vicinanza: la mia tutor della tesi di dottorato Loredana Olivato, sempre
attenta a creare occasioni di crescita e di collaborazioni fruttuose, Monica Molteni (in
particolare, ma non solo, per i confronti in materia di storia del restauro), Valerio Terraroli
(per le note di metodo), Luca Trevisan (per il suggerimento dell’immagine di copertina) e
Alessandra Zamperini (per gli scambi in materia di pittura veronese).
Desidero ringraziare gli amici studiosi per i preziosi consigli: Andrea Artoni, Peter
Assmann (complesso museale di Palazzo Ducale), Renato Berzaghi (Accademia Nazionale Virgiliana), Stefano L’Occaso (Polo Museale della Lombardia), Alice Lovato, Giulia
Marocchi, Niccolò Tasselli (per la condivisione di documenti sui restauri del Novecento),
Lisa Valli (complesso museale di Palazzo Ducale), nonché i restauratori Augusto Morari
ed Emanuela Scaravelli. Ricordo con grande nostalgia Chiara Perina per tutto quello che
mi ha insegnato.
Ringrazio per il supporto in fase redazionale Francesca Marossi, Maddalena Oldrizzi e
Chiara Tranquillità e, per le trascrizioni delle appendici, Elga Disperdi.
Hanno reso possibile il mio studio, sostenendomi nella difficoltà e condividendo la bellezza delle scoperte, i miei famigliari, in particolare Paolo Bertelli (Università di Verona,
Comitato scientifico Museo di Palazzo Ducale). A tutti loro va un ringraziamento speciale
e una dedica che supera la dimensione dello studio per diventare un tutt’uno con la vita.
Finito di stampare nel mese di febbraio 2017
da Publi Paolini, Mantova