Conservatorio di Musica Alfredo Casella
Istituto Superiore di Studi Musicali
BIENNIO SPERIMENTALE DI II LIVELLO IN DISCIPLINE MUSICALI
INDIRIZZO INTERPRETATIVO-COMPOSITIVO IN
>/hdK
LE PRIME INTAVOLATURE DI BASSO CONTINUO PER
CHITARRONE:
I MADRIGALI DI SALAMON ROSSI
CANDIDATO
RELATORE
Prof. Sandro Rancitelli
Fiorella Gallelli
Matr. n°
375 /II
ANNO ACCADEMICO 2013/2014
P.le Francesco Savini s.n.c. - 67100 L Aquila - Tel.: 0862.22122 - Fax: 0862.62325 - e-mail:segreteria@consaq.it Codice Fiscale
80007670666
A Monica Pustilnik, per la generosità con cui sa donare
agli allievi la sua profonda sensibilità musicale
A Francesco Luisi, per la stima e l'affetto con cui mi ha
sempre sostenuta nel mio percorso musicale
INDICE GENERALE
INTRODUZIONE
1
1. NASCITA DEL BASSO CONTINUO E DELLE REALIZZAZIONI INTAVOLATE
4
1.1 Le origini della prassi del basso continuo
4
1.2 La prassi del continuo: dal liuto alla tiorba
18
1.3 La tiorba ed il suo uso come strumento di continuo
34
2. SALAMON ROSSI
65
2.1 Cenni biografici e contesto storico
65
2.2 Le opere
86
2.2.1 Musica vocale
87
2.2.2 Musica strumentale
93
2.2.3 Musica sacra
99
3. I MADRIGALI INTAVOLATI DAL LIBRO PRIMO DI SALAMON ROSSI
104
3.1 Considerazioni generali
104
3.2 Analisi dei madrigali e confronto con la versione polivocale
114
3.2.1 Criteri dell'analisi
114
3.2.2 Individuazione modale: Tonal Types
115
3.2.3 'Ohimè, se tanto amate'
118
3.2.4 'Cor mio, deh non languire'
125
3.2.5 'Anima del cor mio'
135
3.2.6 'Udite lacrimosi'
143
3.2.7 'Tirsi, mio caro Tirsi'
154
3.2.8 'Parlo misero o taccio'
161
4. CONCLUSIONI
168
APPENDICE: Trascrizione dei sei madrigali a voce sola dal Libro Primo
184
di madrigali di Salamon Rossi, integrata dalla partitura
polifonica, con facsimile delle relative intavolature originali
'Ohimè, se tanto amate'
185
Facsimile intavolatura p. 14
189
'Cor mio, deh non languire'
190
Facsimile intavolatura p. 15
194
'Anima del cor mio'
195
Facsimile intavolatura p. 16
200
'Udite lacrimosi'
201
Facsimile intavolatura p. 17
207
'Tirsi, mio caro Tirsi'
208
Facsimile intavolatura p. 18
214
'Parlo misero o taccio'
215
Facsimile intavolatura p. 19
219
APPARATO CRITICO
220
BIBLIOGRAFIA
222
Lista delle figure
Figura 1.1 Simone Verovio. Canzonette a 4 voci. Facsimile
10
Figura 1.2 Giulio Caccini. Dovrò dunque morire, da Le nuove musiche
14
Figura 1.3 Piero Della Francesca. Natività, 1470 (particolare)
18
Figura 1.4 Girolamo Montesardo. Alfabeto. Facsimile
31
Figura 1.5 Praetorius. Tav. V e XVI. Syntagma musicum
37
Figura 1.6 Ritratto di Lady Mary Sidney. attribuzione John De Critz
38
Figura 1.7 Maria Maddalena Portata in cielo. V. Marucelli. Dettaglio
45
Figura 1.8 Dietrich Buxtehude. Facsimile: parte per tiorba
64
Figura 2.1 Le Canzoni di Solomon. pubbl. Venezia 1622. p. 1
100
Figura 3.1 Frontespizio del Primo libro dei madrigali
104
Figura 3.2. Salamon Rossi Primo libro di madrigali. Impaginazione delle parti
105
Figura 4.1 Accordatura del Chitarrone a 11 cori
170
Figura 4.2 Salamon Rossi Primo libro di madrigali. Ed. Phalèse, 1618.
Parte separata di continuo
172
Lista delle tabelle
Tabella 2.1 Ordine cronologico delle opere di Salamon Rossi
86
Tabella 2.2 Autori dei testi dei Libri di madrigali
89
Tabella 3.1 Testi poetici dei madrigali per chitarrone dal Libro I
107
Tabella 3.2 Tonal types dei madrigali per chitarrone dal Libro I
117
Tabella 3.3 Ohimè, se tanto amate. Struttura musicale
119
Tabella 3.4 Cor mio, deh non languire. Struttura musicale
127
Tabella 3.5 Anima del cor mio. Struttura musicale
136
Tabella 3.6 Udite lacrimosi. Struttura musicale
145
Tabella 3.7 Tirsi mio, caro Tirsi. Struttura musicale
155
Tabella 3.8 Parlo misero o taccio. Struttura musicale
162
Tabella 4.8 Figure autonome all'interno dei madrigali
183
Lista degli esempi musicali
Esempio 1.1 Girolamo Montesardo. Sistema accordale per chitarra barocca
31
Esempio 1.2 Girolamo Montesardo. 'Passacaglia'. Nvova inventione
d intavolatura ... sopra la chitarra spagniuola senza numeri e note
31
Esempio 1.3 Giovanni Paolo Foscarini. 'Passacaglia sopra tutte le littere'.
Li 5 libri della Chitarra alla Spagnola
32
Esempio 1.4 Giovanni Paolo Foscarini. 'Passacaglia passeggiata'.
Li 5 libri della Chitarra alla Spagnola
Esempio 1.5 Accordatura rientrante del Chitarrone
32
46
Esempio 3.1 E. de' Cavalieri, 'Godi, turba mortal'. Intermedio VI (1589)
106
Esempio 3.2 'Ohimè, se tanto amate', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 8-9
121
Esempio 3.3 'Ohimè, se tanto amate', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 9
122
Esempio 3.4 'Ohimè, se tanto amate', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 17-22
123
Esempio 3.5 'Cor mio, deh non languire', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 1-3
129
Esempio 3.6 'Cor mio, deh non languire', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb.11
130
Esempio 3.7 'Cor mio, deh non languire', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb.22-23
132
Esempio 3.8 'Cor mio, deh non languire, Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 23 e 25
134
Esempio 3.9 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 2-3
136
Esempio 3.10 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 4
137
Esempio 3.11 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 13
139
Esempio 3.12 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 15-17
140
Esempio 3.13 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 28-30
142
Esempio 3.14 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, b 7
146
Esempio 3.15 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 11
147
Esempio 3.16 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 13
148
Esempio 3.17 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 12-13
149
Esempio 3.18 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 16
150
Esempio 3.19 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 19
150
Esempio 3.20 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, batt. 26-27
152
Esempio 3.21 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 29-31
152
Esempio 3.22 'Udite lacrimosi', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 33
153
Esempio 3.23 'Tirsi mio, caro Tirsi', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 19
157
Esempio 3.24 'Tirsi mio, caro Tirsi', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 22
158
Esempio 3.25 'Tirsi mio, caro Tirsi', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 24
159
Esempio 3.26 'Parlo misero o taccio', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 5
163
Esempio 3.27 'Parlo misero o taccio', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 12
165
Esempio 3.28 'Parlo misero o taccio', Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 22-23
166
Esempio 3.29 'Parlo misero o taccio', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 26
166
Esempio 4.1 'Anima del cor mio', Rossi, Il primo libro de madrigali, b. 34
171
tr. d'Indy
Esempio 4.2 'Cor mio, deh non languire' Rossi, Il primo libro de madrigali, bb. 1-4
174
tr. Kitsos
Esempio 4.3 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno' Rossi, Il primo libro de madrigali,
175
bb. 29-34 tr. Don Harràn- Cantalupi
Esempio 4.4 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno' Rossi, Il primo libro de madrigali,
177
bb. 29-34 tr. d'Indy
Esempio 4.5 Accordo in quarta e sesta del Chitarrone
179
Introduzione
Il Primo Libro di Madrigali a cinque voci di Salamon Rossi, pubblicato nel 1600, include Sei
madrigali per voce sola con accompagnamento per 'Chittarrone' realizzato in intavolatura,
unico nel suo genere nella storia dello strumento.
L'importanza di tale documento è notevole, rappresentando il primo esempio a noi giunto
dell'evoluzione del chitarrone come strumento di continuo.
Obiettivo del presente lavoro è dimostrare, attraverso l'analisi dei madrigali con
particolare riguardo alla intavolatura per chitarrone che, contrariamente alle opinioni
generali, la realizzazione può essere definita un precoce esempio di basso continuo e
non un basso seguente.
Salamon Rossi è stato un importante musicista che ha svolto la sua opera presso il Ducato
di Mantova negli anni 1580-1630, compositore di musica vocale, strumentale e religiosa,
riconosciuto sotto molti aspetti come importante innovatore della musica del nuovo
secolo.
Gli anni in cui opera Rossi sono fecondi di un fermento musicale che vede affacciarsi il
nuovo stile monodico, lo sviluppo del basso continuo e l'avvento del melodramma, nella
maturazione della ricerca di nuovi modi espressivi che, superando la polifonia, portassero
all'espressione del mondo degli affetti.
Salamon Rossi nei Madrigali accompagnati riesce a farsi interprete del nuovo stile
monodico, tra i primi ad inserire un accompagnamento che si avvale del basso continuo
affidato al Chitarrone.
Per la singolarità e la novità nell'uso di uno strumento quale il Chitarrone, che si affaccia
nello scenario musicale solo tra il 1586 ed il 1589, si è ritenuto necessario uno sguardo
retrospettivo sulle premesse storiche che hanno condotto allo sviluppo della pratica del
basso continuo ed alla messa a punto del Chitarrone quale strumento più atto
all'accompagnamento del nuovo stile monodico.
A tale scopo nel Capitolo I vengono trattati la nascita del basso continuo e il suo sviluppo
da pratica accordale improvvisativa alla codificazione in una specifica e rigorosa
trattatistica; il ruolo del liuto sia nel processo delle intavolature che nella sostituzione
1
delle voci polifoniche che porteranno alla pratica di accompagnamento; la storia del
Chitarrone relativamente alla sua comparsa, al suo primo utilizzo negli Intermedi ed alla
sua progressiva diffusione in tutta Europa.
Trattandosi di argomenti esaustivamente indagati, si è cercato di affrontare la materia dal
punto di vista delle fonti storiografiche.
Nel Capitolo II si cerca di delineare la figura del compositore Salamon Rossi, musicista a
torto poco conosciuto che solo da poco è stato rivalutato. A causa delle scarse notizie
biografiche a noi giunte è sembrato importante innanzitutto ricostruire l'ambiente storico
e musicale nel quale ha operato, trattandosi di una Corte molto attiva e sensibile
all'aspetto musicale quale quella di Mantova dove hanno lavorato i principali musicisti
dell'epoca, tra cui Jacques de Wert e Claudio Monteverdi. Anche qui si è quindi ricorso
alle testimonianze dell'epoca, talune raccolte da fonti dirette ed altre da autori che hanno
analizzato tutto l'archivio Gonzaga.
Dopo aver tracciato una possibile ricostruzione della vita del compositore, una vita
difficile per la sua condizione di appartenenza alla comunità ebraica lavorando in un
contesto cattolico, si descrive la sua opera musicale che comprende oltre la musica vocale
numerose raccolte di musica strumentale, dall'evidente importanza innovativa, e la
rivoluzionaria opera in ambito sacro che procurerà l'ostracismo del mondo rabbinico per
la rottura dell'antica tradizione ebraica con l'introduzione della polifonia.
Il capitolo III affronta specificamente la novità dei madrigali accompagnati di Rossi, in un
confronto con la letteratura esistente, ed include l'analisi dettagliata dei sei madrigali
corredata da esempi musicali. L'analisi, effettuata tenendo conto anche della versione
vocale, è stata svolta nell'ottica della comparazione con essa al fine di verificare la
presenza di discordanze rispetto una semplice verticalizzazione delle voci, valutando
inoltre quanto fossero già in uso o meno le particolarità idiomatiche del Chitarrone.
Nelle Conclusioni del capitolo IV sono state affrontate le problematiche che riguardano
sostanzialmente le interpretazioni discordi dei vari studiosi circa la definizione della parte
affidata al Chitarrone. Il fatto che Rossi abbia pubblicato contestualmente anche la
versione dei madrigali a cinque voci ha suscitato opinioni contrastanti che verranno
discusse alla luce dell'analisi, unitamente ai problemi sollevati dall'accordatura
del
Chitarrone, alle cosiddette voci spezzate ed alla talvolta esagerata discussione intorno gli
2
accordi di quarta e sesta generati dal suono rientrante. In ultimo, si è sostenuta la tesi
che, contrariamente a quanto affermato in letteratura, la parte di Chitarrone possa
rappresentare a tutti gli effetti una realizzazione di basso continuo e non sia quindi
assimilabile ad un basso seguente o ad una riduzione polifonica di tipo rinascimentale.
A tal scopo, in appendice, si allega la personale trascrizione dei sei brani (integrata dalla
partitura polifonica) di cui in letteratura si trova qualche esempio non sempre ritenuto
conforme alla intavolatura originale scritta da Salamon Rossi, come discusso nelle
conclusioni.
A corredo del lavoro è stato aggiunto un apparato critico per gli emendamenti apportati
alla trascrizione nel riscontro di errori nelle parti originali.
3
1 NASCITA DEL BASSO CONTINUO E DELLE REALIZZAZIONI INTAVOLATE
1.1 Le origini del basso continuo
La prassi del basso continuo è rintracciabile fin dal XVI secolo come pratica accordale
improvvisativa, utilizzata per fornire
progressioni
armoniche sopra
bassi ostinati
(passacaglie), per accompagnare il canto o la recitazione di un poema epico. Anche altre
funzioni di accompagnamento improvvisato erano ampiamente praticate, per mantenere
l'intonazione dei cantanti o per rimpiazzare voci di strumenti mancanti. 1
'Basso continuo' è uno dei numerosi termini utilizzati dai compositori italiani dal 1600,
che sia poi diventato il termine più utilizzato sembra dovuto al fatto di essere stato
coniato da uno dei primi grandi esponenti di questa pratica, Tomaso Lodovico Grossi da
Viadana, la cui opera 'Cento concerti ecclesiastici... con il basso continuo per sonar
nell'organo' (Venezia, 1602)
diventerà
un fondamentale riferimento e guadagnerà
all autore l attribuzione dell'invenzione del continuo. Il termine stesso di 'Continuo'
riflette letteralmente la sua caratteristica nei Concerti di Viadana: non, come era uso,
una parte bassa per organo derivata dal basso vocale, ma una parte indipendente che
attraversava l'intera composizione, senza le pause caratteristiche di una linea vocale.2
In realtà il Viadana, il cui lavoro travalicherà nelle prime stesure di regole con Agazzari e
Bianciardi, fu il primo a codificare una prassi già consolidata portando al superamento
delle intavolature, anche se le fonti coeve lo eleggono ad 'Inventore'.
Antimo Liberati, cantore, organista e maestro di cappella, che negli anni ottanta del '600
raggiunge fama di autorevole teorico, e che nei concorsi a maestro di cappella predilige
chi più si avvicina alla scuola romana e tralascia volutamente autori di melodrammi e
musica strumentale,3 scrive nel 1666:
1
2
Cyr, Mary. Performing baroque music. s.l. : Ashgate Publishing, 1992. p. 72.
P. Williams, D. Ledbetter. Continuo, in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2° ed. 2001
Rambotti, Fiorella. La musica è una mera opinione e di questa non si può dar certezza veruna - Vita e
opere di Antimo Liberati. Perugia : Morlacchi University Press, 2008. p. 27.
3
4
Pochi anni dopo del Palestrina, e verso la fine di quel secolo, Ludovico
Viadana... ardito quanto industre Compositore Musico, s'arrischiò di portare, et
appoggiare il concerto del Canto figurato su gli organi della Lombardia,
facilitando il suonare, e l'accompagnatura del concerto di più voci con una sola
parte, o come si suol dire Basso continuo. Et ancorchè sino a quel tempo parve
ciò impossibile, et impratticabile, nondimeno il Viadana riuscì con molta
facilità. 4
Molto prima, nel 1609, Adriano Banchieri affermava:
Ne gli concerti organici gratiosa inventione è stata quella di Lodovico Viadana...
in far cantare una voce sola, dui, et tre, con stile recitativo, et consonante, in
maniera, che sopra un Basso continoato si sentono le parole distinte; cosa in
vero di comune soddisfattione... et che tale istile sia grato lo scorgiamo ne gli
moderni compositori... 5
Contro gli storici che iniziano a mettere in dubbio la paternità di tale invenzione si erge
nel 1865 Antonio Parazzi, arciprete di Viadana. Nella sua opera rivendica a tutti i costi
l'attribuzione dell'invenzione al suo conterraneo, attaccando duramente chiunque
argomenti in diverso modo e praticando una distinzione tra 'basso numerato' messo in
pratica dal Caccini e dal Peri nelle musiche a stampa e 'basso continuo' che suona senza
interruzioni colmando il difetto delle voci. L'arciprete argomenta che l'accompagnamento
degli strumenti nel '500 si limitava al raddoppio delle parti vocali, che alla fine del secolo
con l'avvento del recitativo strumenti quali spinetta, liuto e chitarroni accompagnavano sì
in modo accordale ma sopra un basso a note lunghe con qualche cifra superiore per
indicare le modulazioni come ad esempio ne L'Euridice, dove però nei cori madrigaleschi
rivive la pratica di far suonare il basso all'unisono con il basso vocale e con le sue
interruzioni, mentre il Viadana accompagnava le altre parti anche quando questo taceva.
4
Antimo Liberati. Epitome della Musica raccolta da Antimo Liberati da Foligno, musico della Cappella
5
Adriano Banchieri. Conclusioni del suono dell'organo. Bologna, 1609. p. 19
Pontificia. Alla Santità di N.ro Signore Alessandro Settimo . Bologna, 1666. Museo Internazionale e Biblioteca
della Musica, MS D. 92/A, f.1r-48r
5
Verso gli studiosi poi che attribuivano la nascita del basso continuo alle regole di Agazzari
e Bianciardi, arriva a ipotizzare regole non scritte del Viadana stesso:
Se non si considerano come regole per suonare il basso continuo le istruzioni
contenute nell'Avviso ai lettori premesso ai Cento Concerti del Viadana...
potrebbe essere che ne scrivesse in quelle opere sue, che non pervennero finora
a cognizione de' bibliografi: e però dobbiamo imparzialmente lasciare siffatto
merito di averle pubblicate quelle cotali regole agli altri due musici
prenominati. Certo è che non possiamo spiegarci il come potessero gli organisti
contemporanei all'invenzione del basso continuo eseguire tali bassi, se non
coll'ammettere che il Viadana stesso ne indicasse o a voce o in iscritto le
norme, le quali da lui manifestate, com'egli assevera, a moltissimi suoi amici in
Roma verso il 1596 o 1597, vennero poi pubblicate alcuni anni appresso
dall'Agazzari e dal Bianciardi.6
La prima testimonianza documentata che condusse alla pratica del basso continuo fu il
basso per organo. Il basso per organo diede una risposta pratica alla necessità di trovare
una soluzione al problema di accompagnare la musica sacra. Tre fattori necessitavano di
soluzioni: la crescente complessità della musica sacra vocale in cui solitamente vi erano
due o più cori, la frequente necessità dell'organista di supplire a parti vocali mancanti, la
difficoltà per l'organista di determinare le esatte armonie dalla sola parte separata del
libro, che richiedeva un enorme dispendio di tempo per preparare una tablatura o
qualche altra forma di scrittura d'accompagnamento.
La prima linea di basso di cui abbiamo notizia fu inclusa nel mottetto a 40 voci in cinque
cori di Alessandro Striggio, Ecce beatem lucem , eseguito alla corte di Monaco nel 1568
per il matrimonio del Duca William V di Baviera. Le annotazioni riportate nel manoscritto
spiegano che il basso era derivato dalle parti vocali più basse al fine di supportare
l'armonia, e che dovevano essere suonate sull'organo, liuto, cembalo o viola.
6
Antonio Parazzi. Della vita e delle opere musicali di Lodovico Grossi-Viadana : inventore del basso continuo
nel secolo XVI. Editore Regio Stabilimento Ricordi. 1865. pp 25-41
6
Il basso d'organo appare in stampa solo alla fine del '500, con un nome descrittivo quale
spartitura (riferito alla caratteristica di 'spartire', cioè usare stanghette di divisione in
partitura), o anche con termini quali basso generale, basso seguente, e basso principale.
La prima pubblicazione di una parte di basso per organo sembra riconducibile alla raccolta
di Giovanni Croce Spartitura delli mottetti a otto voci , a cura dell editore Vincenti a
Venezia nel 1594. Il basso di ogni coro è stampato su due pentagrammi separati con
occasionali indicazioni di # o b per specificare triadi maggiori o minori, ma si tratta in
realtà del basso seguente dei due cori a quattro voci che costituiscono l'organico dei
mottetti.
Un altra forma di basso per organo appare nei Concerti ecclesiastici di Adriano Banchieri
(Venezia 1595). Qui una spartitura è estratta dal solo primo coro, con basso e superius
stampati in pentagrammi separati, con accidenti annotati.
Palestrina stesso avrebbe autorizzato un basso per organo per il suo mottetto in sei parti
Dum complerentur già nel 1585; nel 1600 a Madrid e nel 1608 a Venezia venivano
pubblicate con bassi per organo opere di Victoria e Palestrina, per 'Motettorum quinque
vocibus ... addita parte infima pro pulsatoris comoditate Organi'.7
Molte altre parti di basso per organo vennero date alle stampe, ma l'idea di una parte
composta come basso continuo appare solo nei Cento concerti ecclesiastici di Lodovico da
Viadana. Nella prefazione Viadana usa la distinzione 'con il basso continuo' per la prima
volta, asserendo che tale tecnica era una 'nova inventione'.8
Viadana non inventò il basso continuo, ne diede piuttosto una applicazione codificata e
soprattutto definì un nome alla pratica già ampiamente in uso e che si stava sempre più
sviluppando.
Alla giustificazione addotta che in tal modo la parte di basso sarebbe stata meno
'fastidiosa' da scrivere rispetto una intavolatura completa, Agazzari aggiunse che si
adattava al nuovo stile recitativo e che agli organisti sarebbe stata risparmiata una grande
mole di trascrizioni: 9
7
P. Williams, D. Ledbetter. Op. cit.
8
George J. Buelow. A history of a baroque music. Indiana university press. Bloomington. 2004 p. 25
9
ibid.
7
...se si avessero ad intavolare o spartire tutte l'opere che si cantano in fra
l'anno in una sola Chiesa di Roma, bisognarebbe all'organista che avesse
maggior libraria che qualsivoglia Dottor di legge. 10
Nell'ambito della musica secolare troviamo molte parti provviste di accompagnamento
che raddoppiavano le linee vocali, a volte con aggiunte per riempire la trama e l'armonia.
La musica secolare proveniva da tutte le classi sociali, dalle canzoni popolari alle nuove
poesie in musica; la recitazione della poesia per musica rimase in auge dal medioevo fino
al rinascimento, spesso con rime cantate su un accompagnamento improvvisato. Un
precoce
esempio di stile recitativo con accompagnamento per liuto è la lauda di
Franciscus Bossinensis 'Se mai per meraviglia' della raccolta 'Tenori e contrabassi'
(1509).11
La poesia era anche cantata su bassi ostinati popolari di moda quali Romanesca,
Passemezzo antico, Folia, spesso accompagnata da strumenti accordali.
Orlando di Lasso accompagna se stesso sul liuto nel cantare la canzone popolare di
Azzaiolo 'Chi passa per questa strada' durante le feste del matrimonio del re di Baviera
nel 1568;12 Ciro Spontone riporta, nel 1589, che la famosa melodia Girometta, che
furoreggiò nel Cinquecento, era eseguita con accompagnamento di liuto, clavicembalo,
viola. 13
Nella nuova estetica musicale del Rinascimento il repertorio per liuto solo e per canto
occuperà un posto di particolare importanza, come testimoniano gli arrangiamenti per
liuto dei madrigali di Verdelot ad opera di Willaert.
Agostino Agazzari. Del sonare sopra'l basso: con tutti li stromenti e dell'uso loro nel conserto. Siena 1607.
p. 12
10
11
Jach Ashworth- Paul O'Dette. Op. cit. p. 226
M.A. Katritzky. The Art of Commedia: A Study in the Commedia Dell'Arte 1560-1620. Ed. Rodopi,
Amsterdam 2006. p.55
12
Marcello Conati. Teatro dell'udito: appunti su Orazio Vecchi e il suo tempo. Atti dell VIII convegno
musicologico Seghizzi, Gorizia 1977-.ESO Edizioni Seghizzi Online . RiMSO maggio 2014, II
13
8
Intorno al 1570 Vincenzo Galilei scrisse parecchi arrangiamenti di madrigali con la linea
di basso utilizzata come modello.14
Nel suo 'Dialogo della musica antica et
della moderna' (1581) Galilei ha tracciato i principi fondamentali del nuovo stile
musicale teorizzando i principi estetici della Camerata fiorentina quali l'affermazione della
monodia sulla polifonia e il ritorno alla tragedia greca tramite la monodia accompagnata.
Per Galilei la musica antica rispettava la forma e valorizzava il significato della parola,
assicurandone la percepibilità e l'espressione compiuta delle virtù emotive e catartiche
del canto, diventate impossibili per l'egemonia del contrappunto con le sue norme
tecniche astratte, che 'lacera la forma ed oscura l'evidenza comunicativa delle parole'.15
Pietro De' Bardi, Conte di Vernio, in una lettera indirizzata a G. B. Doni nel 1634 scrive:
... Vincenzio Galilei... cercò egli di cavar il sugo de' Greci scrittori, de' Latini, e
de' più moderni... Vedeva questo grande ingegno che uno dei principali scopi di
questa accademia era, col ritrovare l'antica musica... di migliorare la musica
moderna, e levarla in qualche parte dal misero stato... Perciò egli fu il primo a
far sentire il canto in istile rappresentativo... detto Vincenzio grato a mio padre
ne mostrò segno nel dotto suo libro della musica antica e moderna... Il Galileo
seguitando sì bella impresa compose... Era allora nella camerata di mio padre
Giulio Caccini, d'età molto giovane...il quale sentendosi inclinato a questa
nuova musica, sotto la intera disciplina di mio padre, cominciò a cantare sopra
un solo strumento varie ariette, sonetti e altre poesie, atte ad essere intese, con
meraviglia di chi lo sentiva. Era ancora in Firenze allora Jacopo Peri, il quale,
come primo scolaro di Cristofano Malvezzi, e nell'organo e stromenti di tasto e
nel contrappunto sonava e componeva con molta sua lode... Costui a
competenza di Giulio scoperse l'impresa dello stile rappresentativo, e
sfuggendo una certa rozzezza e troppa antichità, che si sentiva nelle musiche
del Galileo, addolcì insieme con Giulio questo stile, e lo resero atto a muovere
raramente gli affetti... 16
14
Jach Ashworth- Paul O'Dette. Op. cit p.277
15
Claudio Gallico. L'età dell'Umanesimo e del Rinascimento. EDT Torino 1991 Vol. 4 p. 106
Angelo Solerti. Le origini del melodramma. Testimonianze dei contemporanei. Ed. F.lli Bocca Torino
1903 p 143-145
16
9
Che la pratica di improvvisare un basso fosse conosciuta almeno cinquanta anni prima del
basso figurato di Peri, Caccini e Cavalieri o dei Cento concerti di Viadana, lo rivela il
'Tratado de glosas sopra clausolas y otro generos de puntos en la musica de violones' di
Diego Ortiz, pubblicato a Roma nel 1553. I Ricercari, ad esempio, presentano una linea di
basso dato.17 In molte versioni scritte di arie, villanelle e villotte del '500, oltre agli
accordi ripetuti
vi erano anche accompagnamenti
formati da
accordi lunghi,
prerequisito indispensabile dello stile recitativo così come lo avrebbero poi inteso e
portato a maturazione Peri e Caccini. Negli anni '90 del '500 cominciano ad apparire
manoscritti con accompagnamenti liutistici intavolati per antiche monodie, opere
composte originariamente ed esclusivamente per voce sola con accompagnamento
accordale, che si avvicinano molto al carattere di realizzazione di parti di continuo. 18
Un esempio della prassi di accompagnamento che si va sempre più definendo ci viene
dalla raccolta a stampa del 1591 di Simone Verovio, dal titolo Canzonette a 4 voci, che
comprende brani di autori vari tra i quali Anerio, Palestrina, Nanino, Marenzio.
Il frontespizio riporta 'Composte da diversi musici con l'intavolatura del cimbalo et del
liuto' e riporta sulla pagina destra le prime due voci con sottostante intavolatura del
cembalo, e sulla pagina sinistra le altre due voci con sottostante intavolatura del liuto.
Figura 1.1 Simone Verovio. Canzonette a 4 voci. Facsimile 19
17
F. T. Arnold. The art of accompaniment from a thorough-bass. Dover publication 2003. Vol 2. p.5
John Walter Hill. L'accompagnamento rasgueado di chitarra: un possibile modello per il basso continuo
dello stile recitativo? in Rime e suoni alla spagnola. Atti della giornata internazionale di studi sulla chitarra
barocca. Biblioteca Riccardiana. Firenze. 2002 pp. 41-42
18
Simone Verovio. Canzonette a 4 voci. Roma. 1591. BO0310 Museo Internazionale e Biblioteca della
Musica - Bologna
19
10
Un ulteriore esempio di transizione verso l'uso del basso continuo nella musica secolare
fu l'inclusione di parti per continuo nel 5° libro di madrigali di Monteverdi (Venezia 1605).
Nonostante una parte separata per l'esecutore, la linea del basso è però indipendente
dalle voci solo in pochi brani; rispetto i lavori di Salamon Rossi in generale Monteverdi
segue ancora una pratica di basso seguente, in cui la linea del basso è formata dalla parte
vocale più bassa.
L'introduzione del basso continuo si attesta parallelamente allo sviluppo del nuovo stile
di canto sostenuto da Caccini nelle sue Nuove musiche (1602), che prevedeva una sola
voce supportata dall'accompagnamento accordale di uno strumento da continuo
(idealmente il chitarrone) su cui l'esecutore improvvisava sulla linea del basso. Caccini
annotava solo poche figure, principalmente qualche alterazione o qualche cadenza di
quarta e terza maggiore, indicando la distanza intervallare delle note sopra il basso. La
struttura ed il ritmo dell'accompagnamento erano lasciati all'esecutore, istruito a lasciare
libero il cantante di applicare una 'nobile negligenza del ritmo'
significato del testo.
per esprimere
il
La negligenza del ritmo e l'uso espressivo di dinamiche ed ornamentazioni si associano al
nuovo stile rappresentativo che occupò una posizione centrale nei lavori drammatici
quale l'Euridice dello stesso Caccini e che giungerà a compimento nella 'seconda prattica'
di Monteverdi.
Nella musica strumentale il basso continuo apparirà più tardi. La musica del primo
barocco, dal 1600 al 1650 circa, era usualmente eseguita con un singolo strumento da
continuo: clavicembalo, chitarrone od organo. Uno strumento basso di sostegno, come il
cello o il fagotto, non era usualmente aggiunto tranne che in parti elaborate concepite
appositamente per quello strumento. Solo dopo il 1680 prevalse il raddoppio della linea
del basso con uno strumento di sostegno, sebbene ancora non obbligatorio. 20
In definitiva il basso continuo non era molto più che un nuovo metodo di annotare una
pratica già esistente fin dal tardo 1400, cioè la pratica di provvedere un semplice
accompagnamento ad una serie di brani in stili diversi.
20
M. Cyr. Op. cit., p. 72-73
11
La novità era
scrivere
l'accompagnamento fornendo solo una linea di basso, spesso con l'aggiunta di figurazioni
atte ad indicare l'accordo da realizzare.
Qualsiasi musicista del XVI secolo era in grado di accompagnare una linea di basso molto
tempo prima che Viadana coniasse il termine
di basso continuo,
semplicemente
applicando la propria conoscenza del contrappunto e le progressioni armoniche
ordinarie.21
Nel periodo tra il 1580 ed il 1620 troviamo a confronto i vecchi madrigali polifonici e i
madrigali ad una voce con accompagnamento di basso continuo. Molti compositori in
questi anni devono scegliere tra contrappunto ed omofonia, tra polifonia e monodia.
Sono anni caratterizzati inoltre da una larga produzione di canzonette a 3 o 4 voci in Italia
e dalle più grandi collezioni di romanze in Spagna, che comprendono quasi i due terzi
delle stampe di arie di corte la cui predominante trama omofonica appare in varie
raccolte a 5 o 6 voci o in intavolature per liuto e voce sola.22
Il basso continuo vide la sua naturale evoluzione con l'avvento dello stile recitativo.
La nascita dell'opera a Firenze tra il 1594 e il 1600 si basò sull'affermarsi dello stile
recitativo usato per il dialogo cantato, che costituiva la caratteristica determinante del
nuovo genere. Gli aspetti principali dello stile recitativo, anche se non del tutto nuovi,
sono riassumibili nell'ambito vocale ristretto, nella ripetizione delle altezze sonore, nel
disuso di schemi melodici e ritmici e soprattutto nell'accompagnamento puramente
accordale, lento a definirsi ma tale da consentire al cantante completa libertà al fine di
riprodurre più fedelmente i ritmi del discorso parlato.
Le più recenti discussioni tra gli studiosi vertono sul dubbio se lo stile proto-recitativo sia
realmente una innovazione generata dalle discussioni intellettuali della Camerata
Fiorentina condotte da Giovanni de' Bardi durante gli anni '70 e '80 del Cinquecento o non
piuttosto una naturale elaborazione di uno stile già esistente, con fissazione in forma di
notazione musicale di precedenti tradizioni non scritte. 23
Jach Ashworth- Paul O'Dette. Proto-continuo. In A Performer's Guide to Renaissance Music a cura di
Jeffery T. Kite-Powell. Indiana University Press. 2007. p. 225
21
Margaret Murata. Image and eloquence: the secular song. In The Cambridge History of SeventeenthCentury Music. A cura di Tim Carter, John Butt. Cambridge University press. 2005 p.378
22
23
J. W. Hill. Op. cit., pp. 35-37
12
Nino Pirrotta fu il primo a rivedere la comune nozione sul ruolo della Camerata nella
creazione dell'opera, sostenendo che parecchi esperimenti musicali e teatrali della fine
del '500 erano più significativi per la nascita dell'opera che non le discussioni all'interno
della Camerata dei Bardi. Il suo saggio 'Li due Orfei', in cui dimostra che in vari luoghi
d'Italia a partire dal tardo '400 fino a tutto il '500 si praticava uno stile 'mezzo tra cantare
e recitare...' ,24 sembra risolvere la questione dello stile del canto, ma la maggior parte
degli autori continua a enfatizzare il ruolo della camerata Bardi con una interpretazione
letterale del messaggio propagandistico 'A lettori ' che introduce le Musiche sopra
l'Euridice del Peri nel 1600. 25
...farvi noto quello che m'ha indotto a ritrovare questa nuova maniera di
canto... veduto che si tratava di poesia dramatica e che però si doveva imitar
col canto chi parla... stimai che gli antichi Greci e Romani... usassero
un'armonia... E per ciò, tralasciata qualunque altra maniera di canto udita fin
qui, mi diedi tutto a ricercare l'imitazione che si debbe a questi poemi; e
considerai che quella sorte di voce, che dagli antichi al canto fu assegnata...
potesse in parte affrettarsi, e prender temperato corso tra i movimenti del
canto sospesi e lenti... feci muovere il basso al tempo di quegli, or più or meno
secondo gli affetti, e lo tenni fermo tra le false e le buone proporzioni, finchè,
scorrendo per varie note, la voce di chi ragiona arrivasse a quello che nel
parlare ordinario intonandosi, apre la via a nuovo concerto. E questo non solo
perchè il corso del ragionare non ferisse l'orecchio (quasi intoppando negli
incontri delle ripercosse corde, dalle consonanze più spesse) o non paresse in un
certo modo ballare al moto del basso...26
Come osserva Hill, Peri non avrebbe potuto intendere che nessun altro autore prima del
'600 avesse tenuto il basso 'fermo per evitare le ripercosse corde', perchè Caccini lo aveva
già fatto più di quindici anni prima in Perfidissimo volto, Vedrò 'l mio sol e Dovrò dunque
24
Nino Pirrotta, Elena Polovedo. Li due Orfei. Ed. Einaudi, Torini. 1975 p. 220
25
P. Williams, D. Ledbetter. Op. cit.
26
Jacopo Peri. Euridice. Prefazione A' lettori. Ed. Mariscotti. Firenze. 1600
13
morire, poi pubblicate ne 'Le nuove musiche'.27
... In essa ella riconoscerà quello stile usato da me altre volte, molti anni sono,
come sa V. S. Illustrissima, nell'ecloga del Sanazzaro Itene all' ombra degli
ameni faggi ... in altri miei madrigali di quei tempi: Perfidissimo volto; Vedrò il
mio sol; Dovrò dunque morire e simili. E questa è quella maniera altresì, la
quale negli anni che fioriva la Camerata sua in Firenze, discorrendo ella,
diceva... essere stata usata dagli antichi Greci nel rappresentare le loro
tragedie... Reggesi, adunque, l'armonia delle parti che recitano nella presente
Euridice, sopra un basso continuato, nel quale ho io segnato le quarte, seste e
settime, terze maggiori e minori più necessarie, rimettendo nel rimanente lo
adattare le parti di mezzo a' lor luoghi nel giudizio e nell'arte di chi suona;
avendo legato alcune volte le corde del basso, affine che nel trapassare delle
molte dissonanze ch'entro vi sono, non si ripercuota la corda e l'udito ne venga
offeso. Nella qual maniera di canto ho io usata una certa sprezzatura... e con la
nuova maniera de' passaggi e raddoppiate inventate da me... riportando io, per
ora, questa sola soddisfazione di essere stato il primo a dare alla stampa simile
sorte di canti, e lo stile e la maniera di essi...
28
Senza entrare nel merito di chi fosse l'inventore di quella pratica di 'tenere fermo il basso',
quello che si evince dalle parole del Caccini è che quella pratica non solo cominciava ad
essere praticata con l'inizio della monodia, ma portava con sè anche la prerogativa di
essere un ' basso continuato', e questo due anni prima della pubblicazione di Viadana e
dell'ufficiale battesimo del termine 'basso continuo'.
In più, le sue parole ' ho io segnato le quarte, seste e settime, terze maggiori e minori più
necessarie' sembrano condurre direttamente verso la pratica della cifratura.
Figura 1.2 Giulio Caccini. Dovrò dunque morire. da Le nuove musiche. battute 26-27
27
J. W. Hill. Op. cit., p. 38
28
Giulio Caccini. L'Euridice. Prefazione. Ed, Mariscotti. Firenze 1600
14
In ogni caso l'uso della numerazione non era certo invenzione di Caccini, in alcuni trattati
di contrappunto del XVI secolo gli intervalli erano segnati con i numeri; quindi il passo per
utilizzare i numeri per indicare gli accordi sopra il basso era veramente breve. La maggior
parte dei segni o figure che appaiono sopra i primi bassi sono diesis o bemolle; le cifre
sono state poi aggiunte con parsimonia, soprattutto 6 e 4 per chiarire i passaggi
particolarmente ambigui. Sia Cavalieri che Monteverdi (nell'Orfeo, pubblicato nel 1609)
sono stati attenti nello specificare progressioni quali 3-4-4-3, anche se le loro partiture
sono per lo più senza figure. 29
Caccini è stato comunque a lungo considerato l'inventore del nuovo stile di canto,
apparentemente senza alcuna influenza o ascendenza stilistica.
Secondo gli ultimi studi (Claude Palisca, Tim Carter, John Walter Hill, Howard Brown) i
lavori di Caccini in realtà erano strettamente connessi a precedenti tradizioni musicali,
quali le tecniche improvvisative, la tradizione italiana di arrangiamento polifonico dei
madrigali per voce e liuto, il repertorio di villanelle e canzonette, il che indicherebbe come
le prime monodie accompagnate non dipendevano esclusivamente dai lavori di Caccini
come modello e che le sue 'Nuove musiche' rappresenterebbero una ratifica di pratiche
coltivate in gran parte del XVI secolo, e legittimate attraverso la posizione di corte di
Caccini e il suo rango musicale alla corte dei Medici.30
L'interessante indagine storiografica di Coelho parte dalla stessa ammissione di Caccini
riguardo i brani composti già nel 1585 per risalire alla ricerca delle fonti e delle tappe che
hanno portato alla creazione de Le Nuove Musiche, quindi della monodia con il passaggio
al cosiddetto stile barocco.
L'indagine individua, quali fonti, una serie di manoscritti per liuto del tardo Cinquecento
che hanno in comune la presenza di intavolature d'accompagnamento a parti soliste,
che rappresentano sia la modalità di polifonia vocale per voce sola e liuto, sia, nelle fonti
29
P. Williams, D. Ledbetter. Op. cit.
30
Victor Anand Coelho. The Players of Florentine Monody in Context and in History, and a Newly
Recognized Source for Le nuove musiche. In Journal of seventeenth-century music. Vol 9, n° 1. 2003
15
dal 1590 in poi, intavolature di realizzazioni di basso continuo, di solito contenenti il
testo della parte vocale ma senza la melodia.
Gli accompagnamenti, grazie all'intavolatura, possono essere letti i in senso evolutivo
come
semi dello sviluppo del basso continuo e dell'armonia funzionale, e come
testimonianza
della tradizione improvvisativa e delle pratiche del XVI secolo
di
organizzazione della polifonia vocale; di fatto riassumono informazioni precise di prassi
esecutiva.
Coelho prende in esame soprattutto due manoscritti: il cosiddetto Cavalcanti Lute Book
(Brussels, Bibliothèque Royale de Belgique, MS II 275 D), copiato alla corte dei Medici una
decina di anni prima della pubblicazione di Caccini e che rappresenta una delle più
importanti raccolte di liuto del XVI secolo, e un manoscritto di recente scoperta della
Bibliothèque Nationale de France (Paris, Bibliothèque Nationale de France, Vm 7 135.305).
Mentre il primo include varie fonti riprodotte da intavolature didattiche di Vincenzo
Galilei e manoscritti professionali della corte medicea, rivelando i metodi utilizzati dai
musicisti del Rinascimento nel trasformare la polifonia in accompagnamento per liuto
solo, il secondo contiene accompagnamenti intavolati di opere di Caccini, Peri e altri
autori.
Il confronto di quest'ultimo con le cinque canzoni di Caccini concordanti con Le nuove
musiche mostra numerose differenze tra la versione manoscritta di Parigi e la versione
stampata, indicando quale fosse la circolarità delle musiche in voga all'epoca. Le opere
della Nuove musiche risultano quindi ampiamente diffuse nei manoscritti di vari formati
(con e senza intavolature, con e senza una melodia notata), per diversi strumenti (liuto,
cetra, tiorba), e per un varietà di contesti (didattica, professionale e musica domestica).
Il brano di Caccini 'Dovrò dunque morire' che risale al 1585 è un esempio emblematico
del fatto che, all'epoca del manoscritto di Parigi, era diffuso e interpretato da oltre
vent'anni.
L'accompagnamento puramente accordale delle intavolature ed il frequente raddoppio
della parte vocale suggerisce inoltre che le versioni manoscritte siano più vicine allo stile
del canto 'pre-monodico' che non allo stile di corte elaborato da Caccini o dal suo allievo
Francesco Rasi, rappresentato dalla versione stampata.
16
Queste versioni sconvolgono i tradizionali fondamenti storici che hanno sostenuto la
stampa di Caccini come punto di svolta cruciale nella musica agli inizi del XVII secolo, e
sostengono, invece, l'integrazione continua di questa grande tradizione manoscritta nella
evoluzione dell'epoca e nel passaggio dalla intavolatura alla realizzazione del basso
continuo.31
31
V. A. Coelho. Op. cit., Il riferimento a Francesco Rasi riguarda 'Schiera d aspri martir', f. 14v
17
1.2 La prassi del continuo: dal liuto alla tiorba
Il liuto e gli strumenti a pizzico (chitarra barocca, vihuela in Spagna) hanno avuto un ruolo
di primo piano nel percorso che, a partire dalla polifonia vocale, consoliderà la pratica del
basso continuo.
L ampia diffusione, testimoniata da una stima di circa 30.000 opere sopravvissute e dalla
gran mole di tiratura di libri a stampa e di produzione degli strumenti, offre la misura
della forte domanda dell'epoca legata ad un vero e proprio mercato.32
L abbandono dell uso del plettro
intorno
la fine
del
400, con
l introduzione della tecnica dei soli
polpastrelli, ha permesso nel liuto
l esecuzione
dei
primi
brani
polifonici a due, tre e quattro voci,
dando inizio al periodo d oro dello
strumento nel Rinascimento; la ricca
iconografia mostra fin dalle origini
l abitudine di accompagnare il canto
con il liuto.
Fig. 1.3 Piero Della Francesca, Natività, 1470
(particolare) Londra, National Gallery
Il progresso della tecnica della mano destra conseguente all'abbandono del plettro oltre a
costituire un impulso verso la musica polifonica ha dato l'avvio ad un nuovo sistema di
notazione: l'intavolatura, che consentendo ai dilettanti una formazione musicale anche
senza specifiche conoscenze e mettendo a disposizione del liutista le opere dei principali
polifonisti del tempo ha svolto un ruolo fondamentale nella diffusione dello strumento.33
32
John Griffiths. The lute and the polifonist. Studi musicali 31. 2002. p. 89
33
Arthur J. Ness. Sources of lute music in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2° ed. 2001
18
Dalla pratica di cantare le poesie, il 'cantar al liuto' svilupperà le tecniche di
improvvisazione usate da musicisti del XV secolo quali Pietrobono e Serafino dall'Aquila,
che probabilmente hanno le loro radici nei perduti schemi delle prime poesie in ottava
rima del XIV secolo.34 Tali tecniche fin dal XVI secolo andranno coagulandosi in un
considerevole repertorio di formule accordali già abbastanza standardizzate. 35
Difficile stabilire la data di comparsa dei primi lute-book in Europa, ovvero di quei
manoscritti che contenevano una miscellanea di brani per liuto che potevano
comprendere composizioni originali o copie di esse, arrangiamenti dell'epoca di arie alla
moda o musica sacra. Spesso risulta arduo stabilirne la provenienza ed attribuzione, in
quanto potevano appartenere all'autore stesso o a studenti e dilettanti che appuntavano i
brani circolanti tra una corte e l'altra.36
Un manoscritto italiano risalente ai primi anni del '500 mostra precoci esempi di
accompagnamento con liuto di due chansons francesi composte nel 1480, 'Amors amors?
di Hayne van Ghizeghem e 'Ge ne fay plus' di Antoine de Busnois.
Il confronto della realizzazione per liuto con la versione vocale originale a tre voci mostra
uno stile coerente ad un accompagnamento scritto nello stesso periodo di composizione
delle chansons.37
Un altro fondamentale documento che testimonia la nuova prassi è il manoscritto di
Capirola compilato nel 1517. 38
Il codice contiene molte composizioni originali di Vincenzo Capirola (13 Ricercari, 5
Frottole, 7 Danze) e varie sue trascrizioni di Mottetti e Messe di Albrecht, Agricola,
Obrecht, Josquin.39
34
ottava rima: metro usato nei cantari trecenteschi.
Howard Mayer Brown. Vincenzo Galilei in Rome: his first book of lute music (1563) and its cultural
context. in Music and Science in the Age of Galileo. Ed. Coelho. The Western Ontario Series in Philosophy of
Science (Book 51). 1993. pp. 164-165
35
36
Diana Poulton. John Dowland. University of California Press. Los Angeles. 1982. p. 183
37
ivi p. 183
38
Chicago, Newberry Library, VAULT Case MS minus VM 140. C25
39
Paolo Guerini. Miscellanea Bresciana di studi, appunti e documenti. Brescia 1953. pp. 140-142
19
Oltre 500 manoscritti, alcuni di dimensioni immense, comprendono appunti a malapena
leggibili di adolescenti, repertori di cantanti e attori professionisti, lezioni di liutisti illustri
per gli alunni aristocratici e, più frequentemente, i comuni libri di dilettanti che non
erano altri che professionisti e membri dell'élite del tempo, e che spesso inserivano i
loro brani preferiti senza titolo e senza il nome del compositore.
L'invenzione della stampa e la prima pubblicazione di musica ad opera di Petrucci nel
1501 cambierà la storia della diffusione della musica. Le fonti a stampa, di cui sono
sopravvissuti oltre 360 titoli, vanno da musica didattica a libri atti anche a preservare la
paternità delle composizioni; altre, alcune edite per dilettanti qualificati, sono antologie
cosmopolite con centinaia di brani di rinomati liutisti: gli editori, al fine di espandere il
mercato, ingaggiavano arrangiatori per intavolare pezzi per liuto da miscellanee di brani
musicali. La musica italiana per liuto sopravvive in circa 170 fonti, molte delle quali
pubblicate a Venezia e dedicate alle opere di singoli compositori.40
Al 1507 risale la stampa delle prime intavolature per liuto: il libro primo e secondo di
Francesco Spinacino, pubblicati a Venezia da Ottaviano Petrucci. Nella prima raccolta
Spinacino inserisce una serie di intavolature di lavori vocali già pubblicati da Petrucci,
nella seconda espande la gamma delle composizioni e più di un terzo rappresenta brani
mai pubblicati prima. Entrambi i libri terminano con una serie di Ricercari di Spinacino
stesso.41 Le opere vocali originali appartengono, tra gli altri, a Josquin, Agricola,
Ockeghem,
Busnois.
Altri
importanti
libri
a
stampa
contenenti
brani
con
accompagnamento di liuto sono 'Tenori e contrabassi intabulati col sopran in canto
figurato per cantar e sonar col lauto' di Franciscus Bossinensis, stampato da Petrucci nel
1509 e 1511 e le successive 'Frottole de Misser Bartolomio Tromboncino et de Misser
Marcheto Cara con Tenori e bassi tabulati con soprani in canto figurato per cantar e
sonar col lauto' del 1521.42
40
A. J. Ness. op. cit.,
41
Stanley Boorman. Ottaviano Petrucci : A Catalogue Raisonne . Oxford Univ. Press. New York. 2006. p. 295
42
Frottole : con tenori et bassi tabultai et con soprani in canto figurato per cantar et sonar col lauto / de
misser Bartolomio Tromboncino et de misser Marchetto Cara, 1520, Amato, Venezia: RISM I 1520-7;
Franciscus Bossinensis Libro Primo 1509, Petrucci, Venezia, RISM: Recueils I, 1509/3; Libro secondo 1511,
Antico, Venezia: RISM A/I 1511.
20
Nel 1536 compaiono a Venezia, Milano e Napoli le opere di Francesco da Milano, il
liutista più influente della seconda generazione, ed una importante antologia stampata da
Giovanni Antonio Castiglione che comprende le opere dei liutisti più influenti della
generazione di Francesco (tra cui Pietro Borrono e Marco dall'Aquila). Queste stampe
segnano il primo passo di ciò che un decennio più tardi divenne un diluvio di musica per
liuto, la maggior parte stampata a Venezia alle presse di Scotto e Gardane: durante un
arco di quattro anni, 1546-9, vennero pubblicati circa 600 pezzi, un numero che supera la
totalità delle stampe degli ultimi 40 anni, con ampia diffusione in tutta Europa.43
Con la comparsa nel 1553 a Louvain del secondo volume dell'Hortus musarum di Pierre
Phalèse, in cui sono arrangiati in intavolatura 24 brani di musica, la canzone per liuto
(lute-song) si può dire affermata definitivamente in tutto il continente.44
L'intavolatura palesava una serie di vantaggi: la musica precedentemente edita in libri
separati poteva essere condensata in una singola parte (che riduceva i costi di acquisto
del libro) ed era scritta in una forma di notazione che poteva essere letta anche da chi
non conoscesse la notazione mensurale. Editori quali Attaignant (ca 1494-1551), Gardano
(1509-1569), Phalèse (ca 1510 - ca 1575), Susato (ca 1510 -1570), inserivano istruzioni
all'interno dei libri su come usare l'intavolatura, rendendoli accessibili anche ad un
pubblico non necessariamente aristocratico. 45
Il numero delle stampe per voce e liuto di popolari antologie, il numero delle ristampe
(specialmente le serie relative agli anni 1545-1547) indicano il successo dei lute-book nel
desiderio popolare di semplici arrangiamenti. Susato e Phalèse erano consapevoli che il
grande mercato non era interessato alla complessa polifonia, e la richiesta del mercato
influiva sia sulla scelta del repertorio che sulle modalità di intavolatura.
Lo studio delle intavolature dei lavori di Josquin Desprez nelle pubblicazioni di Phalèse ha
ben evidenziato il processo di intavolatura della polifonia.46
43
A. J. Ness. op. cit.,
44
D. Poulton. John Dowland. cit., p. 184
Christopher M. Bocchinfuso. Intabulations of Music by Josquin des Prez in Lute Books Published by Pierre
Phalèse, 1547-1574. Degree of Master of Arts in Musicology. University of Canterbury. 2009. p.31
45
46
ivi p. 33
21
Alcune linee guida tracciate da Silvestro di Ganassi nella sua Lettione seconda del 1543
stabiliscono di includere tutte le parti del modello vocale originale e, laddove il modello
presentasse più di 4 voci, di omettere le parti meno importanti.47 Un approccio letterale
significava quindi trattare tutte le voci ed omettere solo quelle non necessarie, modesti
abbellimenti erano previsti soprattutto nelle cadenze o nel mantenimento di note a larghi
valori delle parti vocali. 48
Tutti i brani di Hortus musarum sono costruiti nello stesso modo. La parte vocale
riproduce il superius del modello originale, le altre voci sono ricostruite nel liuto. Le
modificazioni per adattare le altre parti vocali sono modeste e rappresentano la comune
procedura di intavolatura con riduzione vocale ed omissione di qualche nota nel rimanere
più letterali possibile.49
La varietà di approcci all'intavolatura è notevole. Un modello
vocale poteva essere arrangiato per voce e liuto, come nelle trascrizioni dei madrigali di
Verdelot ad opera di Willaert, ma se il lavoro era particolarmente grande poteva essere
utilizzata una trascrizione per due strumenti. Erano possibili anche altre soluzioni: Galilei,
sulla base della sua conoscenza della pratica improvvisativa rinascimentale,
raccomandava ai cantanti di cantare la propria linea del modello vocale intavolando le
altre parti, una pratica ibrida usata anche nel manoscritto fiorentino Cavalcanti.
La più comune specie di intavolatura era comunque la varietà puramente strumentale in
cui le parti di un modello vocale erano ridisposte in intavolatura per liuto o vihuela. Nella
prima raccolta pubblicata da Petrucci le intavolature erano principalmente di Canzoni e
Frottole, seguite da Ricercari e Danze, mentre dal 1530 cominciarono ad essere arrangiati
per liuto Mottetti di Josquin e Compère. In Francia, le pubblicazioni di Attaignant erano
basate principalmente su canzoni di Sermisy e dei suoi contemporanei; in Spagna, Luis de
Narvaez iniziò una tradizione di trascrizioni di musica di Josquin che culminò nelle sue
intere otto messe arrangiate per vihuela da Diego Pisador (Libro de musica de vihuela,
Salamanca 1552): Josquin risulterà il compositore più trascritto.
Silvestro di Ganassi. Lettione seconda. cap. VII. Regola de tabulatura del violone e liuto. 1543. Bibliotheca
musica Bononiensis. Sez. 2 ; 18b
47
48
C. M. Bocchinfuso. cit., p.33
49
ivi p. 65
22
La principale attività di liutisti e vihuelisti del XVI secolo consisteva quindi nell'intavolare
musica vocale per esibizioni, studio e composizione, non per suonare una semplice
Pavana, tanto che con il fiorire e il diffondersi delle pubblicazioni a stampa essi elevarono
il loro stato di liutista a 'musico'. 50
Un trattato importante, e assolutamente esaustivo, è 'Fronimo. Dialogo di Vincentio
Galilei nobile fiorentino, sopra l'arte del bene intavolare, et rettamente sonare la musica
Negli strumenti artificiali si di corde come di fiato, & in particolare nel Liuto. Nuovamente
ristampato, & dall'Autore istesso arrichito, & ornato di nouità di concetti, & d'essempi ' in
cui il teorico, anche in considerazione delle nuove idee musicali che andavano prendendo
forma, espone tutte le regole per una buona condotta delle parti e fornisce precetti per
ben intavolare:
Lo intavolar la musica ne gl'instrumenti è intesa da molti diversamente;
nodimeno io la tengo (ancora, che da pochi sia conosciuta l'ascosa sua
difficultà) un'arte giuditiosissima, oltre alla quale si ricerchi, non solo d'essere
buon cantore, e ragionevole contrapuntista; ma di esser ancora ragionevol
Musico, o Theorico che ci vogliamo dire...
51
I brani per liuto solo che Galilei inserisce nel Fronimo, e che comprendono molte danze e
variazioni, sono basati su progressioni accordali standard ormai definite, motivo per cui
Palisca nei suoi studi associa Galilei con quella che chiama pseudo-monodia, ovvero la
pratica del XVI secolo di canto solista che prefigura lo stile retorico sul basso di Peri e
Caccini del primo XVII secolo; in più, secondo Palisca, la reazione di Galilei contro la
polifonia nel Dialogo era principalmente il risultato di una devozione all'idioma
omoritmico della musica popolare italiana, piuttosto che un entusiasmo umanistico verso
gli antichi greci . 52
Victor Coelho. Revisiting the workshop of Howard Mayer Brown. in La musique de tous les passetemps le
plus beau : Hommage à Jean-Michel Vaccaro, ed. Klincksieck. Paris. 1998. p. 48-49
50
Vincenzo Galilei. Fronimo. Ed. Scotto. Venezia. 1584. Bibliotheca musica Bononiensis. Sez. 2 ; 22. p.9
(ampliamento della precedente edizione del 1568, Fronimo. Dialogo di Vincentio Galilei Fiorentino. Nel
quale si contengono le vere et necessarie regole del Intavolare la Musica nel Liuto .)
51
Claude V. Palisca. Vincenzo Galilei and some links between Pseudo-monody and Monody. in Musical
Quaterly, 46. 1960. pp. 347-348
52
23
Se Galilei nella stesura del Dialogo utilizzò quasi interamente le argomentazioni esposte
dal grecista ed erudito Girolamo Mei a proposito della monodia, in seguito se ne
allontana ammettendo l uso delle consonanze nella musica antica per accompagnare il
canto, arrivando ad affermare nelle opere successive che non è possibile concepire una
melodia privata delle consonanze verticali di un accompagnamento, perché sarebbe
come 'privare la pittura della vaghezza de colori '.53
Nel 1563 Galilei aveva pubblicato a Roma
una sua raccolta di
brani per liuto:
'Intavolatvre de lavto di Vincenzo Galileo [sic] fiorentino, madrigali, e ricercate, libro
primo'. I madrigali di cui sono stati trovati i modelli vocali in coeve antologie a stampa
sono solo otto su ventiquattro, composizioni ben conosciute degli anni intorno il 1550,
ben diversi dai madrigali espressivi che si iniziavano a scrivere nelle corti di Ferrara,
Mantova e Venezia. I madrigali scritti da Galilei richiamano i più semplici madrigali dei
compositori di Roma e Napoli dallo stile più declamatorio, 54 i cui modelli di progressioni
accordali verranno inclusi nelle nascenti Arie italiane delle antologie di Antonio Barrè del
1555 .55
Galilei offre una trascrizione letterale della polifonia vocale seppur entro i limiti del liuto,
e aggiunge vari ornamenti secondo la prassi liutistica del XVI secolo, o almeno di coloro
che non ostentavano un 'virtuosismo esibizionista'. Nei suoi brani Galilei ha anticipato le
stesse linee guida che pubblicherà successivamente nel trattato di intavolatura di liuto,
linee guida che sembrano essere servite come ideale per tutti i liutisti dell'epoca anche
prima che Galilei le esplicitasse: gli strumentisti, inclusi liutisti e clavicembalisti, dovevano
includere tutte le note di un brano vocale. Nel 'Discorso intorno all uso dell Enharmonio'
Galilei affermerà che una melodia non può coesistere senza le consonanze verticali
dell'accompagnamento. 56
Una
personalità
musicale
molto
significativa
sfuggita
a
precedenti
indagini
(evidentemente perché non citata con la qualifica di musico) è quella di Luigi Dentice
53
Giuseppe Fiorentino. Il «Secondo modo di cantare all unisono»: Vincenzo Galilei e l emancipazione della
consonanza. in Studi musicali. n°2. 2012
54
H. M. Brown. cit., pp. 157-158
55
ivi p. 167
56
ivi pp. 157-158
24
'napoletano', registrata nelle liste di pagamento della corte di Parma nel 1553. Questa
figura di musico a cui fa capo un intera famiglia di musicisti, padre del più noto liutista
Fabrizio Dentice e nonno di Scipione Dentice, è compositore, cantore (sopranista
falsettista), liutista e trattatista. Come teorico fu molto apprezzato per i suoi 'Duo
dialoghi della musica' (Napoli, 1552) dedicati uno alla teoria e l altro alla pratica. A
quest ultima riservò particolare attenzione, trattando la prassi dell accompagnamento
delle melodie secondo principi che anticipavano le future risoluzioni dei cantanti
fiorentini sostenitori del 'recitar cantando' nell area del melodramma.
Luigi Dentice rinnova il modello umanistico di 'cantore alla lira', affermando a metà del
Cinquecento il modello di 'cantore a liuto' contrapposto alla forma imperante della
polifonia contrappuntistica franco-fiamminga che in Italia,
oltre
la musica sacra,
coinvolgeva anche la musica profana producendo il genere del madrigale. 57
Tra il 1580 ed il 1610 viene compilata una importante antologia considerata uno dei più
significativi documenti relativi al liuto della fine del XVI secolo a Napoli, chiave
dell'interscambio musicale tra Roma, Parma e la Spagna.
Si tratta del Manoscritto Barbarino, conservato nella Biblioteka Jagiellonska di Cracovia,
Mss. Mus., 40032 (olim Berlino, Preussische Staatsbibliothek), una delle principali fonti
delle opere dei napoletani Fabrizio Dentice e Giulio Severino, Santino Garsi da Parma, e il
maestro romano Lorenzino.
Tra le intavolature contenute nel Krakow 40032 si trova il madrigale 'Da poi ch' io vidi
vostra falsa fede' di Giovanni Palestrina intavolato da Giulio Severino, probabilmente
redatto dall'originale romano a stampa del 1562 edito da Antonio Barrè, editore che
aveva stretti legami con Orlando di Lasso e il cerchio dei napoletani esiliati in Roma
incluso Dentice. Giulio Severino, elencato da Scipione Cerreto tra i più famosi liutisti di
Napoli, era anche un compositore di polifonia vocale e ritroviamo sue composizioni nel
Libro Primo di Madrigali di Pietro Vinci (Venezia, 1561) e in altre collezioni. La sua
reputazione sia come liutista che come polifonista permette di prendere la sua
realizzazione come esempio di un rapporto bidirezionale: una composizione fatta da un
polifonista-liutista intavolata da un liutista-polifonista.
Francesco Luisi. La musica al tempo dei Farnese da Pier Luigi a Ranuccio I. in Storia di Parma. vol. X :
musica e teatro. MUP Editore. 2013. p. 78
57
25
Confrontando il modello vocale e l'intavolatura di Severino di 'Da poi ch' io vidi vostra
falsa fede' risulta chiaramente come l'intenzione del liutista fosse di produrre un
arrangiamento disadorno, una breve partitura intavolata, che dimostra l'esattezza con cui
i liutisti realizzavano le intavolature. L'intavolatura di Severino utilizza un vocabolario
comune di posizioni accordali confortevoli sulla tastiera, e utilizza un buon numero di cori
liberi in modo da ridurre l'onere per la mano sinistra dello strumentista e permettere una
prestazione fluida. Nella trascrizione letterale del madrigale di Palestrina, la scelta
traspositiva di Severino ha escluso la necessità di accordi in quarta e sesta o altri
compromessi dovuti alle limitazioni dello strumento. Le modifiche della musica originale
appaiono essere solo minori, e riflettono la preoccupazione di Severino, non rara tra i
liutisti, di preservare l'integrità del modello nella creazione di una versione strumentale. Il
suo arrangiamento esemplifica l'abilità di realizzare intavolature strumentali per
trasmettere polifonia vocale.58
Il metodo utilizzato dal Severino si accorda con il metodo proposto nel trattato
napoletano di Bartolomeo Lieto59 e con la pratica spagnola trovata nel repertorio per
vihuela e codificata da Bermudo.60
In quanto strumento accordale, l'analisi del repertorio mostra chiaramente che i liutisti
utilizzavano accordi ovunque potevano, e che avevano capito la funzione armonica delle
progressioni molto prima che queste venissero descritte o formulate in teoria. Risulta
evidente dalle raccomandazioni di Bermudo che lo scopo dell'intavolatura era di imparare
le progressioni armoniche per le 'golpeada', così come le Villancicos di Juan Vasquez
servivano ad imparare le progressioni armoniche fondamentali.61
Il ruolo del liuto, presente dal XVI secolo in ogni sfera della musica colta, dal mondo dei
dilettanti alle corti, si può considerare particolarmente centrale nello sviluppo del
58
J. Griffiths. cit., pp. 99-105
Bartolomeo Lieto. Dialogo quarto di musica, dove si ragiona sotto un piacevole discorso delle cose
pertinenti per intavolare le opere di musica et esercitarle con la viola a mano over liuto con sue tavole
ordinate per diversi gradi alti e bassi [Napoli 1559]. Cancer. Napoli. 1159. facsimile P. Barbieri. Ed. Lim.
Lucca. 1993
59
Juan Bermudo. El libro llamado Declaración de instrumentos musicales. Osuna. 1555. Ed. elettronica
http://www.ums3323.paris-sorbonne.fr/LMR/multimedia/fichierstexte/BermudoArte.xml
60
61
J. Griffiths. cit., p. 94
26
pensiero musicale della polifonia vocale.
Oltre il ricco repertorio dedicato, l'enorme quantità di intavolature sopravvissute di
madrigali, mottetti e messe forniscono il legame più evidente e diretto tra il liutista e il
polifonista e possono aiutare a rintracciare molte correlazioni e paralleli
di prassi
esecutiva.62 Colpisce il fatto che il liuto venisse utilizzato anche nelle trascrizioni di musica
liturgica e fosse coltivato dai compositori di musica sacra polifonica, nonostante in ambito
ecclesiale fosse precluso per motivi religiosi.63
Una preziosa testimonianza è fornita dai manoscritti conservati presso la biblioteca
dell'Università di Uppsala. In uno di essi (Vok. Mus. Hs. 76b) compare la firma del liutista
francese Guillaume Morlaye, gli altri tre (Instr. mus. hs. 412, Vok. Mus. Hs. 76c e Vok.
Mus. Hs. 87) presentano la stessa scrittura e il manoscritto Vok. Mus. Hs. 87 sembra fosse
appartenuto allo stesso autore. Non si sa nulla circa la provenienza dei manoscritti nè
come siano giunti in Svezia, è stato ipotizzato che Morlaye Guillaume sia fuggito in Svezia
dopo il 1577 a causa di persecuzioni religiose. 64
Il manoscritto corale in questione, sulla cui copertina è apposta la firma di Morlaye,
contiene Messe polifoniche, Mottetti e Chansons di compositori francesi dei primi anni
del XVI secolo, a cui sono stati aggiunti vari brani per liuto in intavolatura francese copiati
intorno il 1560-70.65
I manoscritti 76b e 76c costituiscono un caso assai particolare di intavolatura francese
contenente un ampio repertorio di musica vocale. In totale, queste due fonti contengono
17 Messe, 30 Mottetti e 46 Canzoni dove si rilevano i nomi di Josquin des Prez, Jean
Mouton, Verdelot, Claudin de Sermisy, musicisti vicini alla corte nei primi anni del XVI
secolo. Si suppone che le intavolature di liuto al centro dei brani vocali (tra cui alcune
dello stesso Morlaye) vennero intercalate molto più tardi, i due repertori vocale e
strumentale non hanno alcun rapporto tra loro e le intavolature inserite tra Messe e
Mottetti sono totalmente indipendenti.
62
63
L'esame delle concordanze di tali intavolature
J. Griffiths. cit., p. 89-90
ibid.
Kenneth Sparr. French Lutenists and French Lute Music in Sweden. in Le luth et sa musique. Paris 1984.
pp. 59-67
64
65
Frank Dobbins. Guillaume Morlaye. in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2° ed. 2001
27
mostra che furono tutte redatte a partire da raccolte vocali pubblicate a Parigi da Adrian
Le Roy e Robert Ballard tra il 1570 e il 1577.66
Un esempio ancor più
paradigmatico lo troviamo in
Giovanni Palestrina,
che
componeva in stile polifonico seguendo una concezione orizzontale e utilizzava il liuto per
verificare l'efficacia delle concordanze verticali. In una lettera indirizzata al Duca
Guglielmo di Gonzaga nel 1578 Capello Annibale scrive:
Mando l'hinno fatto da monsignor Moretto et insieme una lettera a vostra
altezza havendo scritto l'uno e l'altra di sua mano con havermi detto che spera
esser[---] lasciato intendere, et che inteso sia per sodesfare conforme al suo
gran desiderio di farle grato servitio. Messer Giovanni da Palestina
non
servendogli per l'indispositione grave havuta di fresco la testa, né la vista, per
essercitar la gran voluntà di servir in quel modo che può vostra altezza ha
cominciato a porre sul leuto le Chirie et la Gloria della prima messa et me le ha
fatti sentire, pieni veramente di gran suavità et leggiadrie.
Et quando con buona gratia di lei potesse farlo hora che nostro signore (4) in
San Pietro ha comandato che si canti con due chori di XII per choro come ha
trovato che ordinò Giulio II qu[ando] lasciò per tale effetto intrade bastanti a
quel capitolo, et ha per questo ancho fatto mandar via tutti i cantori coniugati
salvo lui per privilegio spetiale. Vorebbe far anche le seconde parti et servirsene
nella detta chiesa in molte solennità in luogo dell'organo, poiché afferma che
nel vero vostra altezza ha purgati quei canti fermi di tutti i barbarismi et di
tutte l'imperfettioni che vi erano. Il che però non farà senza sua licenza, ma
quanto prima dalla debolezza gli sarà permesso, spiegarà ciò ch'ha fatto col
liuto con tutto il suo studio.
67
Jean Michel Vaccaro. Les tablatures francaises de luth des manuscrits 76b et 76c de la Bibliothèque
universitaire d'Uppsala. in Musica Franca. Pendragon Press. 1996. pp. 490-497
66
lettera di Capello Annibale a Gonzaga Guglielmo, duca di Mantova. Corrispondenza Gonzaga 18.10.1578.
ASMn, AG, b. 923, f. II/3, cc. 437-438 (C)
67
28
Tale testimonianza mostra come Palestrina adottasse il metodo 'di porre sul leuto' anche
per le Messe: nel caso specifico si parla della prima delle dieci messe scritte per il duca di
Mantova su canti fermi della cappella di Santa Barbara rivisti dallo stesso principe. 68
Il ruolo del liuto nel panorama più ampio del XVI secolo diventa più chiaro se spiegato in
termini delle varie funzioni che ricopriva nella vita musicale. Nel suo ruolo simbolico era
la reincarnazione della lira orfica, nella pratica musicale è servito in diversi contesti sociali
che oltre al privato lo colloca come strumento di didattica, laboratorio di teoria e
composizione, veicolo per la trasmissione musicale.
I liutisti, in quanto polifonisti, possedevano una conoscenza della dimensione armonica
della polifonia lineare, sicuramente
derivata dalla loro esperienza pratica con lo
strumento. Di fatto, i liutisti praticavano una forma di basso continuo o basso seguente
molto prima dell'invenzione di tali termini.69
Va
sottolineato
come
l'adattamento
della
polifonia
consentito
dal
sistema
dell'intavolatura implicava la verticalizzazione delle linee polifoniche, e ne delineava quel
tessuto armonico che tanta parte avrà nei secoli successivi.
Non si può infine trascurare l'importanza, nella storia del basso continuo, della chitarra
barocca: Emilio De cavalieri per gli Intermedi del 1589 ordinò da Napoli tre 'chitarre alla
spagnola', e ripropose lo strumento nella sua 'Rappresentazione di anima et corpo' del
1600.70
Le origini dell'accompagnamento sono altrettanto importanti quanto le origini dello stile
del canto recitante, ma come osserva Hill l'attenzione degli studiosi si è concentrata
sull'aspetto vocale dello stile recitativo, nonostante le speciali caratteristiche
dell'accompagnamento siano necessarie per una resa del testo libera da costrizioni
ritmiche.71
La lettera contiene un errore imputabile a distrazione: il papa citato non è Giulio II (della Rovere) ma
Giulio III (dal Monte), che volle Palestrina tra i cantori pontifici nonostante fosse ammogliato.
68
69
J. Griffiths. cit., p. 94
Dinko Fabris. Le notti a Firenze i giorni a Napoli: gli esordi della chitarra spagnola nell'Italia del '600. in
Rime e suoni alla spagnola. Atti della giornata internazionale di studi sulla chitarra barocca.Biblioteca
Riccardiana. Firenze 2002. pp. 23-25
70
71
J. W. Hill. cit., p. 26-27
29
Come detto precedentemente gli elementi vocali essenziali dello stile recitativo italiano
(intonazione sillabica, ambito ristretto, ripetizione su una stessa nota, esclusione di
schemi ritmici o melodici e 'canto in sprezzatura... senza osservanza di misura' )72 erano
già noti a partire almeno dalla metà del '500, se non già dal tardo '400.
Un accompagnamento su strumenti tastati in grado di eseguire accordi lunghi sulle
sillabe vocali si affaccia in Italia intorno agli anni 1555-1589, andando a sostituire lo stile
più antico di accompagnamento con liuto che usava accordi rapidamente ripetuti.
Il canto recitante accompagnato da accordi di chitarra lunghi, invece che ripetuti, era noto
alla musica spagnola almeno dalla metà del '500, periodo in cui il canto spagnolo con
chitarra si era già affermato a Napoli. E' presumibile che Scipione del Palla, il quale
conosceva questa pratica prima di arrivare a Firenze nel 1665, insegnò a Caccini tale
'nobile maniera di cantare' (come Caccini stesso riporta nella nota Ai lettori de Le nuove
musiche). Risulta pertanto verosimile che il tipico accompagnamento rasgueado di
chitarra sia stato un possibile modello per il basso continuo dello stile recitativo
fiorentino.73
Come la musica per liuto, la chitarra rinascimentale ed in seguito quella barocca a 5 cori
utilizzava l'intavolatura come sistema di notazione.
Il primo trattato conosciuto per chitarra barocca,' Guitarra Española', fu scritto da Juan
Carlos Amat nel 1596, ed oltre alle istruzioni su come formare gli accordi contiene una
importante novità: l'assegnazione di un numero ad ogni accordo 74.
Fu l'italiano Girolamo Montesardo nella sua 'Nvova inventione d intavolatura per sonare li
balletti sopra la chitarra spagniuola senza numeri e note' a introdurre nel 1606 l'alfabeto,
assegnando ad ogni accordo una lettera dalla A alla Z. 75
J. W.r Hill. cit., p. 40. Citazione della lettera di Giulio Caccini del 6 settembre 1614 a Virginio Orsini da W.
Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici. Olschki. Firenze, 1993. p.
157
72
73
ivi pp. 56-57
Juan Carlos Amat. Guitarra Española. edizione del 1626. (Newberry Library, Chicago). Disponibile online
URL: http://www.lutesociety.org/pages/baroque-guitar
74
Girolamo Montesardo. Nvova inventione d intavolatura per sonare li balletti sopra la chitarra spagniuola
senza numeri e note. Ed. Marescotti. Firenze. 1606. RISM A/I: M-3437
75
30
Fig. 1.4 Girolamo Montesardo. Alfabeto. Facsimile
Ma la sua vera nuova invenzione, in considerazione del fatto che già Amat aveva avuto
l'idea di semplificare la sequenza accordale con un simbolo numerico, è stata quella di
riassumere in simboli la durata e la direzione del 'colpo':
Es.1.1 Girolamo Montesardo. Sistema accordale per chitarra barocca. Nuova invenzione. p. iv
Con questo sistema una Passacaglia poteva essere riassunta come nell esempio seguente:
Es.1.2 Girolamo Montesardo. Passacaglia. Nuova invenzione. p. ix
31
Giovanni Paolo Foscarini nella 'Intavolatura di chitarra spagnola. Libro secondo' del 1629
perfezionò tale sistema sostituendo le lettere con un semplice segno 'su e giù' per
indicare la direzione dei colpi, e una Passacaglia poteva essere scritta con una struttura
molto più immediata:
Es. 1.3 Giovanni Paolo Foscarini. 'Passacaglia sopra tutte le littere'. Li 5 libri della Chitarra alla
Spagnola. p. 2
Inoltre, combinando lo stile rasgueado e punteado, Foscarini diede vita ad intavolature
complesse costruite sulla precedente intavolatura liutistica che, oltre la direzione delle
strappate, in su o in giù, e le lettere degli accordi, consentiva ornamentazioni ed altri
passaggi.76
Es. 1.4 Giovanni Paolo Foscarini. Passacaglia passeggiata. Li 5 libri della Chitarra alla Spagnola.
p.76
Tale sistema si rivelerà molto popolare a giudicare dalle numerose fonti a stampa e dal
numero di manoscritti, e la comparsa delle lettere costituisce di per sè un basso continuo
realizzato.
76
Giovanni Paolo Foscarini. Li 5 libri della chitarra spagnola. Roma. 1640. MUS.Col.i.55.20
32
Come strumento di continuo la chitarra barocca verrà usata nella musica da camera, nei
balli di corte, nelle opere (ne furono impiegate due nell' Orfeo di Luigi Rossi del 1647) e
persino negli oratori.
I tiorbisti suonavano anche la Chitarra barocca, d'altra parte i due strumenti hanno
accordatura e tecnica similari.77
Probabilmente la chitarra conquistò i primi monodisti perché era in grado di soddisfare
molte delle esigenze del nuovo stile. Lo stile monodico richiedeva uno strumento la cui
tecnica permettesse di accompagnare un cantante in modo che le parole potessero
essere comprese senza difficoltà, con la sua evoluzione si iniziarono a sperimentare
spostamenti armonici insoliti e inaspettati in un accompagnamento, utilizzando le
armonie anche come sfumature di colore. Ciò richiedeva uno strumento accordale
abbastanza flessibile per quanto riguardava l'armatura di chiave: gli strumenti a tastiera
con il loro temperamento non potevano assicurare l'intonazione di accordi troppo lontani
dalla chiave iniziale, mentre gli strumenti a pizzico quali liuto e tiorba, con i loro tasti di
budello, utilizzavano un temperamento equabile ed erano pertanto in grado di riprodurre
la maggior parte degli accordi senza dover riadattare i tasti. In tali strumenti però alcune
chiavi tendono ad essere tecnicamente molto più difficili per la minore disponibilità di
corde vuote, con perdita della tipica risonanza. La chitarra, con i suoi soli cinque cori,
presentava meno difficoltà rispetto un liuto o una tiorba, potendo assicurare passaggi
accordali che risultavano più facili anche in chiavi distanti tra loro.78
James Tyler. The guitar and its performance from the Fifteenth to Eighteenth Centuries. in Performance
Practice Review. Vol 10 N. 1. 1997 p. 67
77
James Tyler. The role of the guitar in the rise of the monody: the earliest manuscript. in Journal of
Seventeenth-Century Music. Vol. 9. N.1. 2003 <http://www.sscm-jscm.org/v9/no1/tyler.html>, par. 1.4, 1.5.
78
33
1.3 La Tiorba ed il suo uso come strumento di continuo
La prima menzione del chitarrone si trova nella descrizione fatta da Bastiano de 'Rossi dei
famosi sei Intermedi de 'La Pellegrina'
79
eseguiti a Firenze durante la celebrazione del
matrimonio di Ferdinando I de 'Medici e Christine di Lorena, pubblicati immediatamente
dopo l'evento nel 1589.80
Descrivendo l'aspetto dell' Armonia Doria (cantata dal celebre soprano Vittoria Archilei)
nel preludio al primo intermezzo, Rossi scrive:
Si rappresentò in questo intermedio le Serene celesti, guidate dall'Armonia...
Cadute le cortine si vide immantenente apparir nel cielo una nugola... in essa
nugola una donna, che se ne veniva pian piano in terra, suonando un liuto, e
cantando, oltre a quel del liuto, ch'ella sonava, al suono di gravicembali,
chitarroni, e arpi, che eran dentro alla prospettiva, il madrigal sottoscritto.81
La stessa scena è descritta da Cristofaro Malvezzi nella prefazione della sua edizione della
musica per gli Intermezzi:
Questo Madrigale cantò sola Vittoria moglie d'Antonio Archilei, che gratissimi
servono il Serenissimo Gran Duca sonando ella un Leuto grosso accompagnata
da due Chitarroni sonati uno dal detto suo marito, e l'altro da Antonio Naldi
anch'esso servitore stipendiato della medesima Altezza. 82
Commissionata a Girolamo Bargagli, contiene i Sei Intermedi organizzati da Giovanni Bardi. Il
soggetto allegorico del Primo Intermedio 'L'Armonia delle Sfere' era rappresentato dall'Armonia
dorica. La stampa delle musiche ha permesso non solo di conoscere autori ed esecutori, ma
soprattutto la ricca compagine strumentale: gravicembalo, leuto piccolo, leuto, leuto grosso,
chitarrone, cetera, chitarra spagnola, chitarra napoletana, salterio, arpa, violino, lira da braccio,
sotto basso viola, archiviolata lira, flauto diritto, traverso, cornetto, trombone, fagotto,
cembalino, tamburio.
79
Douglas Alton Smith. Sulle origini del chitarrone. Journal of the american musicological society. Vol. 32,
No. 3. 1979. p. 441
80
81
Bastiano de Rossi. Descrizione dell'apparato e degli intermedi fatti per la commedia rappresentata in
Firenze. Padovani. Firenze. 1689. p. 18 (ed. digitale)
82
Cristofano Malvezzi. Intermedii et concerti, fatti per la commedia rappresentata in Firenze nelle nozze del
serenissimo Don Ferdinando Medici, e Madama Christiana di Lorena gran duchi di Toscana. Venice. 1591.
cit. in Musique des intermides de "La pellegrina" ed. D. P. Walker. Paris. 1963. p. xxxvii.
34
Bastiano de 'Rossi non menziona il chitarrone nella
descrizione dei precedenti
festeggiamenti nuziali fiorentini per Virginia de 'Medici e Cesare d'Este del febbraio 1586:
sei Intermedi simili a quelli che verranno eseguiti nel 1589, composti sotto la direzione di
Giovanni de 'Bardi, con ampio utilizzo di strumenti a corda tra cui liuti, arpe, viole e
clavicembali, in particolare per accompagnare il canto solista.
Questo dettaglio assume notevole rilevanza permettendo di collocare la data di nascita
dello strumento: se il chitarrone fosse stato già conosciuto a Firenze nel 1586, sarebbe
ovviamente stato utilizzato, e descritto, anche in questi intermezzi. A giudicare dalla
misura del suo utilizzo negli intermezzi solo tre anni dopo, la sua assenza appare di una
evidenza singolare. Si può quindi dedurre che lo strumento sia stato inventato tra il 1586
e il 1589: probabilmente il chitarrone fu concepito e costruito verso la fine del 1588 o
all'inizio del 1589, soprattutto per gli intermezzi fiorentini dello stesso anno. Gli sforzi per
trovare un riferimento in documenti precedenti non hanno portato ad alcun risultato. Lo
strumento non viene menzionato da Vincenzo Galilei nè nel Dialogo del 1581 nè nel
Fronimo del 1584, nonostante la sua ampia discussione su strumenti contemporanei quali
liuto, arpa, cetra, viola da gamba. Diverse lettere di Alessandro Striggio, scritte nel 1584,
contengono riferimenti alla recente pratica musicale di Giulio Caccini, uno del fautori del
chitarrone, ma nessuno al nuovo strumento.83
Di fatto si può affermare che la Tiorba nasce insieme al progetto di monodia
accompagnata della Camerata fiorentina.
La Tiorba era ritenuto lo strumento principale per accompagnare tale repertorio, e dai
musicisti ci si aspettava fin dall'inizio che costruissero la propria parte sopra la linea del
basso, con o senza indicazioni numeriche.84
Robert Spencer, che ha esaminato una enorme quantità di materiale originale, riguardo le
origini della tiorba non può far altro che speculare che il chitarrone sia stato
83
D. Alton Smith. cit., p. 442
Matthew Spring. The Lute in Britain: A History of the Instrument and Its Music. Oxford University Press.
2006. p. 369
84
35
probabilmente sviluppato intorno al 1580 da un membro della Camerata di Firenze come
un complemento necessario del nuovo stile di musica recitativa. 85
Come giustamente ha osservato Coelho, con i cambiamenti stilistici che ebbero luogo nel
'600 i liutisti dovevano imparare nuove regole, come suonare il continuo e diversi
strumenti.86
E proprio i nuovi stili emergenti porteranno ai cambiamenti che, a partire dal liuto basso,
condurranno alla messa a punto del nuovo strumento; dal 1600 i liutai cominceranno a
costruirlo su larga scala, in vari modelli, fino al suo perfezionamento.
L'organologia dello strumento mostra considerevoli varianti per forma e dimensione, in
base alle tiorbe italiane sopravvissute dai primi del '600. Dopo vari esperimenti
costruttivi, la tiorba tipica si stabilizzerà in 14 cori, accordatura in La, tastiera fino a 93 cm
e bassi di bordone fino a 170 cm, con le prime due corde rientranti abbassate di una
ottava e cori singoli.87
Praetorius illustra il nuovo strumento sotto il nome di 'Lang Romanische Tiorba:
Chitarron' e 'Paduanische Tiorba'. Il primo presenta una tratta per i bordoni notevolmente
sviluppata ed ha tre rosette centrali, il secondo presenta 16 cori, di cui otto tastati, una
tratta più corta, una rosa centrale e una piccola rosa sotto le corde dei bassi vicino il
ponte.
Dall'illustrazione riportata nel 'Syntagma musicum' si vede chiaramente il numero dei
piroli, che indica la montatura di cori singoli. L'incisione mostra anche come già nel 1619
Praetorius fosse consapevole dei differenti tipi di tiorbe italiane.
I liuti con estensione del manico senza accordatura rientrante erano chiamati arciliuto o
liuto attiorbato, termine che implicava la forma di una tiorba.88
85
Robert Spencer. Chitarrone, Theorbo and Archlute. in Early Music. Oxford Journal. 1976. 4 (4). p. 408.
Victor Anand Coelho. Authority, autonomy, and interpretation in Seventeenth-century Itallian lute music.
in Performance on Lute, Guitar and Vihuela. Cambridge University Press. 2005. p. 120
86
87
M. Spring. cit., p. 369
88
R. Spencer. cit., p. 409
36
Fig. 1.5 Praetorius. Syntagma musicum. Tav. V e XVI
Una delle caratteristiche distintive dei diversi tipi di liuti, arciliuti e tiorbe è la particolare
accordatura, anzi, per distinguere tra i tipi di liuto, è spesso necessario conoscere come
lo strumento era accordato. Le opere d'arte sono estremamente ricche di immagini di
liuti, ma la messa a punto di uno strumento raffigurato è, nella maggior parte dei casi,
impossibile da realizzare. Di conseguenza risulta spesso molto difficile, sulla base delle
sole prove iconografiche, identificare con precisione il particolare tipo di liuto
rappresentato. In più vi è ancora una certa confusione tra le fonti musicologiche primarie
e secondarie sulla corretta denominazione dei singoli tipi di liuti. Gli stessi studiosi
moderni a volte non sono d'accordo sul significato di termini come "arciliuto", "tiorba",
"chitarrone", "tiorba liuto" e simili. Le fonti originali spesso assegnano lo stesso nome a
diversi tipi di liuti e, viceversa, nomi diversi per lo stesso strumento.
È comunque possibile distinguere tra alcuni tipi principali di liuti facilmente riconoscibili
nelle fonti iconografiche, pur lasciando aperta la possibilità di definizioni più precise. 89
89
Maria Grazia Carlone. Lutes, archlutes, theorboes in iconography. in Music in art. Vol. 30. N. 1/2. 2005
37
Una fonte iconografica interessante è il ritratto di Lady Mary Sidney attribuito a John De
Critz, datato 1620 (non si conoscono riproduzioni precedenti di Tiorbe).
Il dipinto mostra uno strumento che richiama la descrizione di Praetorius del 'Lang
Romanische Tiorba' per quanto riguarda lo sviluppo della tratta e della 'Paduanische
Tiorba' per la disposizione delle rose sulla tavola armonica, a testimoniare secondo
un'opinione personale come non fosse codificata una precisa tipologia dello strumento,
costruito in vario modo sia secondo le richieste degli stessi liutisti sia secondo le diverse
scuole di liuteria.
Gli stessi strumenti
sopravvissuti non convalidano il resoconto
di Praetorius sui due differenti strumenti,
sebbene indubbiamente furono fatte
molte
sperimentazioni
su
corpo,
dimensioni, accordatura e paletta dello
strumento, risulta evidente che veniva
usato il termine chitarrone e tiorba per lo
stesso strumento.90
Fig 1.6 Ritratto di Lady Mary Sidney.
attribuzione John De Critz, circa 1620,
olio su tela, Penshurst (Kent)
Anche riguardo il nome dello strumento, che tanta confusione ha generato per anni tra gli
studiosi portandoli a considerare Chitarrone e Tiorba due strumenti affini ma diversi,
sembra presumibile supporre che lo stesso strumento venisse chiamato in modi diversi
secondo il luogo, Chitarrone a Roma e Napoli, Tiorba nelle corti del nord.
Jach Ashworth- Paul O'Dette. Proto-continuo. In A Performer's Guide to Renaissance Music a cura di
Jeffery T. Kite-Powell. Indiana University Press. 2007. p. 181-2
90
38
Secondo Robert Spencer i termini Chitarrone e Tiorba erano sinonimi, il primo era il
nome comune dall'invenzione dello strumento nel 1580 fino al 1640, il secondo un
termine usato dal 1600 in poi.91
Le testimonianze sembrano inequivocabili: Alessandro Guidotti nella sua prefazione a
'Rappresentatione di anima et corpo' del 1600 di Emilio Cavalieri, scrive: 'un chitarrone, o
Tiorba che si dica'.92
Adriano Banchieri nel 1609, nella sua opera 'Conclusioni nel suono dell'organo', cita la
copia di una lettera inviata da Agostino Agazzari ad un virtuoso senese in cui illustra: 'Il
Chittarrone, ò Tiorba, che dire la vogliamo...' 93
Anche Agazzari, Barbarino, Piccinini e Kapsberger useranno i termini come sinonimi. 94
Se il termine Chitarrone si può far risalire da una parte alla prassi di accompagnamento
della chitarra barocca e dall'altra alle velleità classiciste del circolo fiorentino con
l assunzione simbolica della Kithara greca, nulla si sa circa le origini del termine Tiorba.
Tale locuzione sembra apparire per la prima volta nel dizionario The worlde of Wordes
di John Florio nel 1598, ma riferito all Organistrum medievale, o ghironda, descritta come
strumento popolare suonato dalle genti di campagna.95 Nell edizione del 1611 John
Florio, sempre sotto la voce Tiorba, cambia la dicitura in A musical instrument that blind
men play upon called a Theorba , cioè uno strumento suonato da uomini ciechi chiamato
Theorba, dove non si può escludere una inglesizzazione del termine.96 La ghironda era
anche chiamata viola da orbo in quanto molto spesso suonata da musicisti girovaghi
ciechi. Riguardo il problema dell etimologia della parola sono state fatte molte ipotesi, tra
91
R. Spencer. cit., p. 408
Angelo Solerti. Le origini del melodramma. Testimonianze dei contemporanei. Ed. F.lli Bocca Torino
1903 p. 6
92
Adriano Banchieri. Conclusioni nel suono dell'organo. Bologna. 1609. facsimile online:
<http://imslp.org/> . p. 68-69. URL consultato il 2 dicembre 2014.
93
94
D. Alton Smith. cit., p. 461-462
John Florio. Queen Anna's New World of Words. Italian/English Dictionary 1611. Ed. Online
<http://www.pbm.com/~lindahl/florio1598/444small.html > p. 421. URL consultato il 20.11.2014
95
John Florio. Queen Anna's New World of Words. Italian/English Dictionary 1611. Ed. Online
<http://www.pbm.com/~lindahl/florio/579.html> p. 564. URL consultato il 20.11.2014
96
39
cui la derivazione da un termine slavo o turco torba che, attraverso Venezia e i suoi
dittonghi dialettali, si sarebbe trasformata in tiorba. 97
Poiché la parola torba indicherebbe un sacco usato dai mendicanti, l accostamento alla
viola da orbo suonata da ciechi girovaghi come descritta da Florio appare suggestiva, così
come l assonanza con il termine inglesizzato.
Il problema non è da poco se anche Attanasius Kircher nel 1650 se ne occupa in modo
curioso nel suo 'Musurgia universalis',98 dove l immagine del circumforaneo napoletano
che inventa la tiorba prima degli altri, in assenza di altri riferimenti, sembra poter essere
assimilabile alla figura di un giullare che per scherzo nomina la tiorba, magari riportando
nelle piazze gli avvenimenti strabilianti delle corti. Un'immagine che evoca personaggi
quali Foriano Pico, un cantimbanco fiorentino attivo a Napoli il cui nome in lingua
napoletana secentesca indica "qualcuno che viene da fuori", come circumforaneo in
lingua latina: una pubblicazione del 1661 per chitarra barocca costerà a Pietro Milioni
un'accusa di plagio per una edizione antecedente del Pico, datata 1608, che non ha
riscontro nell'esistenza della casa editrice nella data riportata, e la cui data può riferirsi ad
errore tipografico o ad un'opera di contraffazione.99
Alessandro Guidotti (bolognese) e Agazzari (senese) nell'assimilare la Tiorba al Chitarrone
usano la medesima elocuzione 'un chitarrone, o Tiorba che si dica...' e ciò sembra indicare
come il Chitarrone, di ambiente romano, subisca la nuova designazione con la sua
diffusione; ma per quali strade o per quali errori il termine Tiorba sia entrato in uso non è
dato sapere, e non si può che restare nel campo delle ipotesi.
A metà del XVI secolo il termine Chitarrone cade in disuso e lo strumento viene indicato
come Tiorba, il Chitarrone rappresenterebbe solo il termine più antico.100
97
D. Alton Smith. cit., p. 460
'La tiorba deve il suo nome ad un tale girovago napoletano, il quale, prima tra gli altri, raddoppiò il
manico al liuto, gli aggiunse numerose corde - poichè prima non poteva essere utilizzato se non nel registro
di baritono - e, per scherzo, chiamò questo strumento tiorba...' citazione in Diego Cantalupi. La tiorba ed il
suo uso in Italia come strumento per basso continuo. Tesi di dottorato, Università di Pavia, Scuola di
Paleografia e Filologia Musicale di Cremona, a.a. 1995-1996. p. 24
98
Dinko Fabris. Le notti a Firenze i giorni a Napoli: gli esordi della chitarra spagnola nell'Italia del '600. in
Rime e suoni alla spagnola. cit,. pp. 19-22
99
100
D. Alton Smith. cit., p. 462
40
Per quanto concerne l'inventore del Chitarrone le fonti sembrano identificare con
certezza Antonio Naldi detto il Bardella, un liutista della corte medicea che secondo i
resoconti di Malvezzi ha partecipato agli Intermezzi del 1589.
Mersenne a proposito della Tiorba scriverà in una lettera nel 1634: '...se voi desiderate
sapere chi è l'inventore, è un certo Bardella che lo ha suonato per primo a Firenze poche
decine di anni fa.' 101 , notizia quasi sicuramente appresa attraverso la corrispondenza con
Giovanni Battista Doni.102
Una testimonianza che sembra essere conclusiva è costituita da una lettera datata 31
ottobre 1592 di Emilio de 'Cavalieri a Luzzasco Luzzaschi, in cui Cavalieri narra di una
recente visita a Ferrara di Giulio Caccini:
Mi [ha] anche detto [Caccini] che a S.A. [Alfonso II d'Este] ha sadisfatto molto il
suo Chitarone, et il modo de la Cordatura, del quale S.A. ne ha voluto il ritratto
et veramente se V.S. sentisse Antonio Naldi detto il Bardella musico di questa...
il quale lui lo hà inventato, et lo suona in tutta ecc.za crederei che sodisfacesse
103
infinitamente a V.S., et particolarmente per cantarvi sopra.
Cavalieri nel mese di settembre 1588 si trovava a Firenze con l'incarico di soprintendere la
musica da Chiesa e da Camera e di sorvegliare le attività musicali e teatrali per il
matrimonio tra il Granduca di Toscana e Cristina di Lorena del 1589. Nella sua qualità di
soprintendente deve essere stato uno dei primi a vedere e sentir suonare il nuovo
strumento di Naldi, per cui la sua parola può difficilmente essere messa in dubbio.
La lettera di Cavalieri non solo identifica in modo sicuro Naldi come l'inventore del
chitarrone, ma aiuta anche a precisare la data dell'invenzione e l aspetto dello strumento.
Dalla natura delle osservazioni di Cavalieri, il chitarrone era ovviamente ancora una novità
nella Ferrara del 1592. Questo porta a confermare l'ipotesi avanzata che il Chitarrone sia
stato inventato nel 1589 o poco prima. Inoltre, la lettera rivela che l accordatura
Marin Mersenne. Correspondance du P. Marin Mersenne: 1634. Paul Tannery et al. Ed. G. Beauchesne.
1933-88. Paris. p. 230
101
102
D. Cantalupi. cit., p. 33
103
D. Alton. Smith. cit., p. 447- documento conservato in Modena, Archivio Estense, Musica Busta seconda
(Sonatori e Cantori).
41
rappresenta l'elemento di distinzione del Chitarrone rispetto il liuto, altrimenti il duca
Alfonso non ne avrebbe richiesto uno schema. Caccini, come si evince dalla lettera di
Cavalieri, ha mostrato il suo Chitarrone a Ferrara qualche anno prima della rivendicazione
del liutista Alessandro Piccinini
di essere l'inventore, almeno indirettamente,
dell estensione del manico e dei contrabbassi.104
Antonio Naldi, nato intorno alla metà del XVI secolo, lavorò fino alla morte a Firenze come
salariato della corte dei Medici e venne soprannominato 'il Bardella'.
A corte oltre a prestare servizio come suonatore di strumenti a corde venne nominato dal
granduca Ferdinando I nel ruolo di guardaroba della musica (ossia responsabile della
raccolta di strumenti musicali).
Vari documenti della corte medicea attestano gli strumenti che prese in prestito, il
privilegio ricevuto di 'mangiare in tinello' (ossia a spese della corte) e la paga mensile che
dai 6 scudi del 1588 fu aumentata sino ai 16 scudi del 1609.
L importanza storica di Naldi consiste nell aver inventato quello strumento che avrebbe
avuto particolare fortuna sino ai primi decenni del Settecento, in particolare per
l accompagnamento della voce e per la realizzazione del basso continuo; oltre che
inventore del chitarrone, ne fu anche celebrato suonatore: nella lettera citata Cavalieri
attesta che 'lo suona in tutta eccellenza'; nella prefazione alla prima edizione delle
'Nuove musiche', Giulio Caccini lo indica come 'reputato da tutti per lo più eccellente che
sino a nostri tempi abbia mai sonato di tale strumento'.105
Nel 1589 prese parte, sia come strumentista sia come cantante, all allestimento dei sei
Intermedi per la commedia 'La pellegrina' di Girolamo Bargagli, e si hanno notizie ben
documentate circa la partecipazione a vari altri avvenimenti musicali di rilievo. Morì a
Firenze il 25 gennaio 1621.
La rivendicazione tanto discussa di Alessandro Piccinini, che lo contrappone al Naldi, non
sembra in realtà riguardare l'invenzione della Tiorba. Nella prefazione al Libro I di
'Intavolatura di liuto et di chitarrone' del 1623, nel capitolo 'Dell'Arciliuto, e dell'Inventore
104
D. Alton Smith. cit., p. 447
Warren Kirkendale. The court musicians in Florence during the principate of the Medici. Ed. Olschki.
Firenze. 1993. pp. 276-80
105
42
d'esso' Piccinini rivendica l'invenzione dell'Arciliuto e deplora il termine Liuto 'attiorbato'
in quanto sembra sminuire la sua invenzione e renderla secondaria e conseguente a
quella della tiorba. Quello che casomai rivendica, vero o meno che fosse, è che il suo
Arciliuto ha contribuito a dar vita alla Tiorba:
Doue hò nominato il Liuto, hò voluto intendere ancor dell'Arciliuto per non dire,
come molti dicono, Liuto Attiorbato, come se l'inuentione fosse cauata dalla
Tiorba, à Chitarrone, per dir meglio, il che è falso, e lo so io, come quello, che
sono stato l'Inuentore di questi Arciliuti: anzi hauend'io fatto fare li primi come
se detta inueutione per all'hora fosse poco stimata, per ispatio di due anni non
si vide abbracciata da nissuno, ne si vedeua alcun simile stromento fuor, che
quelli, ch'io faceuo fare. Pure e stata poi vltima perfettione al Liuto, & ha dato
vita al Chitarrone.
106
Piccinini prosegue descrivendo i vari tentativi fatti per realizzare lo strumento presso il
liutaio Christofano Heberle di Padova, fino alla realizzazione di strumenti che riuscirono
'isquisiti' e che tanto piacquero anche al Principe di Venosa che si trovava a Ferrara.107
Alton Smith ed altri studiosi ritengono che Piccinini si possa essere confuso riguardo il
liutaio, in quanto non risulterebbe nessun Christofano Heberle attivo a Padova.
Sembra un po' inverosimile che Piccinini possa aver commesso un simile errore: un
Christofano Heberle, nipote di Wendelin Tieffebrucker, ha continuato la bottega di
Wendelin dopo la sua morte.108
Una lettera di Lorenzo Pignoria da Padova indirizzata a Galileo, datata 12 Ottobre 1612,
dà notizia che: 'Messer Christoforo Vendelino è morto; pure sono rimasti i suoi giovani, et
io metter`o studio accioch´e V. S. resti servita del liuto' , 109 dove probabilmente Vendelino
106
Alessandro Piccinini. Intavolatura di liuto et di chitarrone. Libro I. Bologna 1623 facsimile cap. XXXIIII p.8
107
ivi cap. XXVIII p. 5
Ian Harwood, Giulio Ongaro. Tieffenbrucker. in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2°
ed. 2001
108
Lettera Autografa di Pignoria a Galileo. Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. VIII, car. 163. risorsa on-line:
<http://moro.imss.fi.it/lettura/LetturaWEB.DLL?AZIONE=UNITA&TESTO=EaA&PARAM=331-32213723813&VOL=11 > URL consultato il 20.11.2014
109
43
indica non il cognome ma il legame familiare di Christofano Heberle con Wendelio Venere
e questo documento rivela la data della sua morte, che era sconosciuta. 110
D'altra parte la storia di Wendelin Tieffenbrucker è molto intricata. Luisa Cervelli ne tenta
una ricostruzione delineando la figura di Wendelin, genero di Leonardo Tieffenbrucker,
costretto a firmarsi con il famoso nome della famiglia di liutai finchè si sarebbe sottratto a
tale imposizione cambiando le iniziali da W. T. a W. E., ed usando il soprannome
Vendelino Venere (genero di Leonardo Tieffenbrucker).111 Gli studi più recenti di
Francesco Liguori sulle fonti archivistiche lo accreditano invece come il figlio del famoso
costruttore Leonardo. 112
Riguardo invece la Tiorba, nel capitolo 'Dell'origine del Chitarrone, et della Pandora' dopo
aver spiegato il sistema dell'accordatura Piccinini aggiunge:
Già molti anni sono che in Bologna, si facevano liuti di bontà molto eccellenti...
è questo fu il principio della Tiorba, ò vero Chitarrone; e di poco tempo inanzi
ch io facessi fare la tratta ai contrabbassi, era venuto a Ferrara, il Signor Giulio
Caccini, detto Romano huomo Eccellentissimo nel bel cantare chiamato da
quelle Altezze Sereniss. il quale aveva un Chitarrone d Avorio accomodato in
quella maniera medesima ch io detto di sopra, della quale si serviva, per
113
accompagnamento della voce.
Piccinini riferisce, secondo Smith, che Caccini aveva mostrato sì un chitarrone
precedentemente, ma implicando che era semplicemente un grande liuto accordato con i
primi due cori abbassati di un'ottava, e non fa menzione di contrabbassi.114
Riguardo l'affermazione che il Chitarrone era conosciuto almeno due decenni prima
dell'invenzione di Naldi, 115 affermazione corroborata dallo strumento tenuto in mano da
Dinko Fabris. Galileo and music: A family affair. Convegno The inspiration of Astronomical Phenomena.
Venezia. Ottobre 2009. nota 44. p. 67
110
Luisa Cervelli. Brevi note sui liutai tedeschi attivi in Italia dal secolo XVI al XVIII. in Studien zur italienischdeutschen Musikgeschichte. 1968. pp. 332-4
111
112
113
114
115
Francesco Liguori. L'arte del liuto - Le botteghe dei Tieffenbrucker tra 500 e 600. Ed. Il prato, 2010. p.17
A. Piccinini. cit., cap. XXVIII. p. 5
D. Alton Smith. cit., p. 453
ibid. nota 45
44
un angelo nel dipinto 'Maria Maddalena Portata in cielo', va precisato che il dipinto in
questione, che sembra che si trovasse nella Galleria degli Uffizi nel 1637, era stato
erroneamente attribuito al pittore Taddeo Zuccari
fiorentino di recente ha attribuito
(1529-1566).
Il Polo museale
il dipinto, conservato a Palazzo Pitti, a Valerio
Marucelli (1563 - 1627), e pur non fornendo una datazione certa indica una possibile
collocazione tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, spostando in avanti gli
elementi su cui si basava Smith.
Fig. 1.7 Maria Maddalena Portata in cielo.
V. Marucelli. Dettaglio. Palazzo Pitti. Firenze
Alton Smith rileva gravi incongruenze nel
racconto di Piccinini e nella sua pretesa di aver
inventato l'estensione della tratta, ma parte dal
presupposto che per accettare la storia di
Piccinini lo strumento inventato da Naldi avrebbe
dovuto essere qualcosa di differente dal Chitarrone del XVII secolo, e che la lunga
estensione dei contrabbassi avrebbe dovuto essere realizzata qualche tempo dopo il
1595.
In più, l'esistenza di un chitarrone sopravvissuto (Museum of Fine Arts, Boston) con
l'etichetta 'Magno Diffobruchar a Venetia 1589' (ipotizzato poter essere il chitarrone
originale di Naldi) rappresenterebbe un ulteriore motivo per dubitare delle parole di
Piccinini. Secondo Smith, nel suo resoconto degli eventi quasi tre decenni dopo, Piccinini
avrebbe commesso un errore riguardo lo strumento di Caccini, sia per scarsa memoria o
per vanità. Come però poi rileva lo studioso, è mantenuta una netta distinzione tra
chitarrone, liuto grosso e liuto piccolo sia nella descrizione degli Intermedi del 1589 di
Malvezzi che nell'inventario degli strumenti della corte estense a Ferrara del 1600. 116
116
D. Alton Smith. cit., pp. 453-7
45
Ad una rilettura attenta dei documenti, di fatto ciò che Piccinini scrive nel 1623 può
essere sintetizzato in questo modo:
- che a Bologna si facevano ottimi liuti, tanto che i francesi ne compravano in quantità
senza badare al costo
- che si facevano liuti grandissimi, che insieme ai liuti piccoli venivano suonati in concerto
- che i liuti così grandi non potevano reggere l'accordatura del cantino tanto da doverla
abbassare di un'ottava
- che quei liuti grandi avevano un suono così dolce che, cominciando la fioritura del bel
canto, risultavano particolarmente indicati all'accompagnamento; trovandosi però più
bassi del necessario vennero forniti di corde più sottili 'tirandoli in tuono commodo alla
voce', cioè portando l'accordatura da Re (basso) a Sol o La (tenore). In questo modo
però, come nella fase precedente per il cantino, non reggeva più la seconda corda, che
parimenti venne abbassata di una ottava.
E questo 'fu il principio della Tiorba', e va ricordato che il capitolo si intitola 'Delle origini'.
Fin qui sembra di assistere semplicemente ad un resoconto storico dettagliato di come
venne a formarsi l'accordatura rientrante del Chitarrone:
Es. 1.5 Accordatura rientrante del Chitarrone
Piccinini prosegue riferendo che, poco prima che lui facesse fare la tratta ai contrabbassi
(presumibilmente dell'arciliuto, quindi poco prima che lui perfezionasse il liuto per
andare incontro alle nuove esigenze dello stile di accompagnamento), trovandosi a
Ferrara ebbe modo di ascoltare Caccini che aveva un Chitarrone d'avorio, del quale si
serviva per l'accompagnamento della voce, 'accomodato' nella maniera da lui già
spiegata. Ma al di fuori del canto nessuno suonava il Chitarrone, e sebbene lui avesse
fatto fare la tratta ai contrabbassi (ampliando quindi le potenzialità dell'arciliuto) molti
virtuosi ormai invaghiti dell'armonia della tiorba cercarono il modo di suonarla da sola
46
nonostante " l'imperfezione delle prime due corde abbassate di un'ottava", tanto da
diventare molto eccellenti e portare il Chitarrone al 'suo grido'.
Quello che segue negli scritti di Piccinini, oltre l'apprezzamento del suono soave del
Chitarrone e dopo il vanto di aver costruito la Pandora, è la considerazione che il
Chitarrone ha spodestato il liuto; lui stesso ne intraprende lo studio e scriverà per lo
strumento bellissima musica tanto da porgere le sue scuse per i passaggi difficili
presenti nelle sue opere per Chitarrone per chi non 'sarà padrone d'adoperare tutte due
le mani con quella agilità che fa bisogno'. 117
Se la fortuna del chitarrone ha inizio nell'ambito dell' accompagnamento, in ambito
solistico lo stesso Piccinini gli dedicherà un repertorio di primaria importanza.
Non sembra di rilevare che Piccinini abbia menzionato lo strumento di Caccini
descrivendolo privo della tratta dei bordoni, e sicuramente in quel caso lo avrebbe
definito Liuto grosso e non propriamente Chitarrone, appellativo riservato unicamente
allo strumento con la tratta dei bassi.
L'impressione rilevata dagli scritti di Piccinini è quella di un uomo amareggiato che si sia
sentito messo da parte, e ciononostante senza pregiudizi abbia apprezzato ed esplorato
lo strumento fino a lasciare un repertorio che eguaglia Kapsberger e De Visèe, per nulla
interessato ad attribuire a se stesso invenzioni diverse da quelle di cui chiedeva il
riconoscimento e di cui non sembra rivendichi la paternità, come troppo spesso
riportato in letteratura.
La tiorba, per le sue caratteristiche, risponde come visto alle nuove esigenze di
accompagnare la monodia. La nascita del melodramma è storicamente attribuita al lavoro
della Camerata fiorentina, una compagine di intellettuali di cui facevano parte Giovanni
Bardi, Vincenzo Galilei, Piero Strozzi, Jacopo Peri, Giulio Caccini e Ottavio Rinuccini.
La loro ideologia si fondava sulla dottrina grecista di Girolamo Mei, e il loro manifesto fu
'Il dialogo della musica antica e della moderna' di Galilei, che teorizzava la supremazia
della musica antica perchè rispettava, oltre la forma, il significato e l'espressività della
parola. Si afferma quindi la monodia, o canto a voce sola con accompagnamento,
contrapposta alle tecniche astratte del contrappunto; monodia preesistente fin dalle
117
A. Piccinini. cit., p. 5
47
intavolature di frottole per canto e liuto come prassi non ufficiale rispetto la
preponderante dottrina polifonica.
Il punto di svolta si ha con lo sviluppo della pratica del basso continuo, che definirà il ruolo
del basso d'accompagnamento. L'invenzione del "continuo", come già visto, ne stabilisce
solo la formalizzazione.118
Dagli Intermedi de La pellegrina all'Euridice di Peri, la tiorba ebbe una immediata
diffusione come strumento d'accompagnamento del nuovo stile monodico.
Nel 1589, lo stesso anno della prima apparizione documentata del nuovo strumento, il
cardinal Francesco Maria Del Monte andò a vivere a Roma e arredò Palazzo Madama con
la collaborazione di Ferdinando de' Medici, Granduca di Toscana e proprietario del
palazzo. In una stanza egli già possedeva 'cimbali, chitarre, il chitarone e altri strumenti' a
cui provvide il Cardinal Alessandro Montalto, amante della musica.119
Che il Chitarrone rappresenti uno dei più importanti strumenti musicali del XVII secolo lo
attestano le più di 250 fonti musicali sopravvissute che menzionano lo strumento.
Il nome Chitarrone, dal greco kithara, riflette l'idea, forte nella mente degli artefici dello
strumento, che fosse una valida controparte della kithara usata dai poeti per
accompagnarsi nell'antichità classica.
Nel primo riferimento al Chitarrone dei sei Intermedi de 'La Pellegrina' del 1589, Peri si
accompagnò con il Chitarrone in un madrigale del quinto intermedio. 120
L' intermedio rappresentava 'Arion Citaredo', e Malvezzi riferisce come Peri interpretasse
il moderno Arion: 'Questo Ecco fu cantato da Jacopo Peri detto il Zazzarino con
maravigliosa arte sopra del chitarrone, & con mirabile attentione de gli ascoltanti.'121
118
C. Gallico. cit., pp. 106-8
Arnaldo Morelli. Spaces for musical performances in seventeenth-century Roman residences. in
The music room in early modern France and Italy. a cura di Deborah Howard e Laura Mauretti. Oxford
University Press. 2012. p. 311. Lettera del Cardinal Francesco M. Del Monte a Ferdinando de Medici (Roma, 22
119
Nov. 1589)
Kevin Mason. The Chitarrone and Its Repertoire in Early Seventeenth-Century Italy. Boethius Press. 1991.
p.18
120
121
C. Malvezzi. cit,. Libro Nono. p. 12
48
Uno o due chitarroni parteciparono all'accompagnamento di oltre la metà dei numeri dei
sei Intermedi, e in tutti quelli per il canto solista, per rappresentare lo stile antico. In due
di questi, il solo di Peri e quello del castrato Honofrio Gualfreducci del sesto intermezzo,
era l'unico strumento di accompagnamento.122
Sembra certo che il chitarrone fosse destinato a servire negli Intermedi nel ruolo
simbolico di antica cetra. Gli intermedi sono stati tutti pensati in relazione all'antichità
classica ed i fiorentini erano ben consapevoli del fatto che gli antichi greci
accompagnavano il canto con la cetra; anche se il manifesto di Galilei del 1581 non
menziona il Chitarrone, contiene una estesa discussione dell'antica cetra ed utilizzo da
parte di musicisti greci e negli esperimenti delle varie accordature di Galilei la grande
cetra nella sua fase finale di sviluppo è stato accordata in un modo che ripropone in parte
i bordoni diatonici del Chitarrone. Il termine Chitarrone ("grande cetra") potrebbe essere
stato scelto perché il nuovo strumento rappresentava la versione più grande di quello
vecchio, e / o perché il chitarrone in sé era abbastanza grande, e senza dubbio anche per
distinguerlo dalla cittern e dalla chitarra. 123
Il successo del Chitarrone del primo XVII secolo lo pone come uno dei più importanti
strumenti non solo dello stile monodico ma anche dell'opera, espressamente richiesto nei
lavori dei principali esponenti della seconda pratica: Caccini, Peri, d'India, Cavalieri,
Monteverdi, Gagliano; e rimane in uso in Italia nella musica da Chiesa e nella musica da
camera tedesca fino il XVIII secolo.124
Nella prima decade del '600 divenne comune come strumento da continuo in tutta
Europa per l'intero periodo barocco, con piccole differenze secondo i paesi. Portato in
Inghilterra dall'architetto Inigo Jones, intorno il 1605, venne utilizzato inizialmente per
accompagnare canzoni nelle Masques di corte, mentre intorno gli anni 30 alcuni
compositori inglesi imitarono lo stile recitativo italiano.
122
D. Alton Smith. cit., p. 443
123
ivi p. 443-5
124
ivi p. 440
49
In Francia la tiorba prende piede più tardi, verso la metà del secolo: fino al 1643 venivano
pubblicati
libri di Airs de cour per voce sola e liuto, dopo tale data comparvero
pubblicazioni anche con basso che poteva essere realizzato dalla tiorba. Fu solo dopo il
1660 che comparvero i primi trattati francesi per tiorba, e che nacque il repertorio
solistico.125
Tutte le evidenze mostrano che intorno il 1620 la tiorba aveva sorpassato il liuto come
strumento favorito dei musicisti e, con la rapidissima popolarità raggiunta dalla chitarra, i
chitarristi suonavano anche la tiorba e viceversa. Tra il 1620 ed il 1669 si concentra la
maggior parte delle pubblicazioni per tiorba, e la maggior parte dei manoscritti sono
riferibili a questo periodo.126
Nel 1628 Vincenzo Giustiniani riporta che il liuto è quasi completamente abbandonato da
quando è stata introdotta la Tiorba:
Era anche per il passato molto in uso il suonare di Liuto; ma questo stromento
resta quasi abbandonato affatto, doppoichè s'introdusse l'uso della Tiorba, la
quale essendo più atta al cantare anche mediocremente e con cattiva voce, è
stata accettata volentieri generalmente, per schivare la gran difficoltà, che
ricerca il saper sonar bene di Liuto. Tanto più che nell'istesso tempo
s'introdusse la Chitarra alla spagnola per tutta Italia, massime in Napoli, che
unita con la Tiorba, pare che abbiano congiurato di sbandire affatto il
Liuto...
127
Nel 1634 Jean Jacques Bouchard, in una lettera a Mersenne, scrive che a causa della
tiorba 'liuto e viola sono quasi fuori uso a Roma'.128
Matthew Spring. The Lute in Britain: A History of the Instrument and Its Music. Oxford University Press.
2001. pp. 371-376
125
126
V. A. Coelho. cit., p. 122
Vincenzo Giustiniani. Discorso sopra la musica de suoi tempi ( c.1628). in A. Solerti, Le origini del
melodramma. Torino. F.lli Bocca. 1903. pp 125-6
127
Victor Anand Coelho. Kapsberger in Rome. in Journal of the Lute Society of America. Vol. XVI. 1983. p.
129
128
50
La trattatistica dello strumento è più tarda e si concentra nella seconda metà del XVI
secolo, con la pubblicazione di vari metodi compilati dai tiorbisti Fleury ('Methode pour
apprendre facilement a toucher le theorbe sur le basse continue' 1660), Bartolotti ('Table
pour apprendre facilement à toucher le théorbe sur La Basse', 1669), Grénerin ('Livre de
Thèorbe' c. 1670), Delayr ( 'Traitè d'acompagnament pour le Theorbe et le Clavessin',
1690). Questi trattati consistono sostanzialmente nell'esposizione e nell'applicazione
delle regole del basso cifrato, ed illustrano in intavolatura francese le posizioni per
realizzare gli accordi e le cadenze complesse.
Un esempio importante di trattatistica è fornito dal Manoscritto Estense G 239 databile
intorno il 1670, contenente 27 composizioni per soprano e basso continuo e una parte
finale di cadenze e passaggi intavolati per Tiorba in cui la realizzazione, rispetto soluzioni
essenzialmente armoniche, predilige procedimenti di diminuzione del basso e comodità
esecutiva, e comprende gran parte degli stilemi compositivi tiorbistici della prima metà
del '600.129
Altro esempio estremamente esplicativo è il recente ritrovamento del Manoscritto New
York 93-2, considerato il più esauriente metodo per il continuo sulla Tiorba, di
provenienza italiana ed intavolatura relativa. Senza nè copertina nè titolo, il manoscritto
contiene abbellimenti sopra note di cadenze, risoluzioni di dissonanze, passeggi sopra le
note e sopra le cadenze, e tavole di accordi 'sopra qualsivoglia note con ogni accidenti, et
in quante forme, modi e maniere possino trovarsi e formarsi sopra la tastatura di Tiorba'
unica nel suo genere ed incredibilmente esauriente nella sua completezza.130
L'esperienza nella pratica del continuo porta i liutisti del primo '600 a gestire sempre
meglio gli accordi rispetto il contesto musicale; con l'introduzione di nuovi modelli di
arpeggio e l'appropriazione di alcune tecniche chitarristiche come il rasgueado, i musicisti
trovarono spontaneamente varie possibilità nel suonare gli accordi.
Anonimo. Cadenze e passaggi diversi intavolati per tiorba, dal manoscritto estense G239. a cura Tiziano
Bagnati. Società italiana del liuto. Ed. Ut Orpheus. 1995. pp. ii-vi
129
Theodoros Kitsos. Continuo practice for the theorbo as indicated in seventeenth-century italian printed
and manuscript sources. PhD in Music, University of York, Department of Music. 2005. Vol. I pp. 123-126
130
51
Coelho, nel confrontare lo stesso brano riportato nel manoscritto Modena B (datato
1619) e Paris 30 (datato 1626) rileva come in molte occasioni nel secondo vengano usati
accordi più diluiti, bassi soppressi o aggiunti, cambiamenti di posizione dello stesso
accordo, che offrono una diversa qualità timbrica. 131
Da una soggettiva autonomia ed abilità interpretativa si va così delineando una prassi
tiorbistica che troverà la propria codificazione e definizione nel nascente repertorio
solistico, che avrà la massima espressione in autori quali Kapsberger, Piccinini, De Visèe.
Non si ritiene questo il luogo per una analisi dei manoscritti e delle pubblicazioni per
tiorba, quasi tutti successivi al 1600 e che contemplano perlopiù brani solistici variamente
riportati e spesso adattati dal repertorio liutistico, almeno fino alla stesura delle prime
opere dedicate e comunque successive al periodo in esame.
Ciò che qui interessa è uno sguardo sulle fonti che richiedono in modo esplicito il
Chitarrone come strumento di continuo dopo la sua apparizione negli Intermedi del 1589,
prendendo in esame il decennio successivo ed escludendo le pur numerose fonti che
arrivano fino al '700 inoltrato.132 In tale elenco si è preferito evidenziare il nome di
Salamon Rossi, tra i primi a distinguersi nell'utilizzo dello strumento. Dal riepilogo delle
fonti accertate risulta come, dopo le prime pubblicazioni, intorno il 1605 il Chitarrone
vada sempre più consolidandosi come strumento di continuo tra i compositori.
V. A. Coelho. Authority, autonomy, and interpretation in Seventeenth-century Itallian lute music. cit., p.
139
131
Lista delle fonti on-line: < http://applications.library.appstate.edu/music/lute/continuo.html#d1610> :
Boetticher, Wolfgang. "Zur inhaltichen Bestimmung des für Laute intavolierten Handschriftenbestands."
132
Acta Musicologica 51:2 (Jul.-Dec., 1979): 193-203; Coelho, Victor. The Manuscript Sources of SeventeenthCentury Italian Lute Music. (New York: Garland, 1995); Marx, H. J. Die Überlieferung der Werke Arcangelo
Corellis: catalogue raisonné. (Köln: Arno Volk Verlag, 1980): The New Grove Dictionary of Music and
Musicians (New York: Grove, 2001); [RISM A] Einzeldrucke vor 1800 (Kassel: Bärenreiter-Verlag, 1971):
[RISM B] Recueils imprimés: XVIe-XVIIe siècles (München: G. Henle, 1960- ); Boetticher, Wolfgang.
Handschriftlich Überlieferte Lauten- und Gitarrentabulaturen des 15. bis 18. Jahrhunderts (Munich: G.
Henle, 1978); Sources manuscrites en tablature: Luth et théorbe (c.1500-c.1800), Christian Meyer, ed.
(Baden-Baden & Bouxwiller, Valentin Koerner, 1991; Spring, Matthew. The Lute in Britain: A History of the
Instrument and Its Music (Oxfored: Oxford University Press, 2001).
Gary R. Boye. Music Librarian. Appalachian State University. NC USA. URL consultato il 6.12.2014
52
1600
•
•
Cavalieri, Emilio de'. 'Rappresentatione di anima, et di corpo. Roma. sn
Rossi, Salamone. Il primo libro de madrigali a cinque voci . . . con alcuni di detti madrigali
per cantar nel chittarrone, con la sua intavolatura, posta nel soprano. Venezia. Amadino
1601
• Peri, Jacopo.
Marescotti133
•
•
1602
Le musiche . . . sopra l'Euridice del Sig. Ottavio Rinuccini. Firenze.
Caccini, Giulio. Le nuove musiche. Firenze. Marescotti
[1601-1632] A-KR Ms. L 64. Roma (per liuto a 7 cori con alcuni brani vocali con
accompagnamento di chitarrone in intavolatura italiana)
•
Melli [Megli], Domenico Maria. Musiche . . . composte sopra alcuni madrigali di diversi,
•
Melli [Megli], Domenico Maria. Le seconde musiche . . . nelle quali si contengono
per cantare nel chittarone, clavicembalo, & altri instromenti. Venezia. Vincenti.
madrigali, canzonette, arie, & dialoghi, a una & due voci, per cantare nel chittarone,
clavicembalo, & altri instromenti, si in soprano, come in tenore, & transportate, comode
1603
•
per qual parte più piace. Venezia. Vincenti.
Melli [Megli], Domenico Maria. Le prime musiche . . . nelle quali si contengono madrigali,
et arie a una & due voci, per cantare nel chittarone, clavicembalo, & altri instromenti,
novamente ristampate & corette. Venezia. Vincenti.
•
Rossi, Salamone. Il primo libro de madrigali a cinque voci . . . con alcuni di detti madrigali
per cantar nel chittarrone, con la sua intavolatura, posta nel soprano . . . novamente
corretto e ristampato. Venezia. Amadino.
Si è preferito inserire il lavoro di Peri secondo lo stile moderno nell'anno 1601 in quanto il luogo di
edizione utilizzava il calendario 'ab conceptione'
133
53
1605
•
Franzoni, Amante. I nuovi fioretti a tre voci . . . co'l suo basso generale per il clavicimbalo,
•
Monteverdi, Claudio. Il quinto libro de madrigali a cinque voci . . . con basso continuo per il
chitarrone, et altri simili stromenti. Venezia. Amadino.
clavicembalo, chittarone od altro simile istromento, fatto particolarmente per li sei ultimi,
et per li altri a beneplacito. Venezia. Amadino.
•
1606
•
Radesca (di Foggia), Enrico Antonio. Canzonette, madrigali et arie alla romana a due voci,
per cantare, et sonare con il chitarone, o spinetta . . . libro primo. Milano. Tini & Lomazzo.
Barbarino, Bartolomeo. Madrigali di diversi autori . . . per cantare sopra il chitarrone,
clavicembalo, o altri stromenti da una voce sola, con un'aria da cantarsi da due tenori,
novamente ristampati. Venezia. Amadino.
•
Brunetti, Domenico. L'Euterpe . . . opera musicale di madrigali, canzonette, arie, stanze, e
scherzi diversi, in dialoghi, e echo, a una, due, tre, et quattro voci, da cantarsi in theorba,
arpicordo, & altri stromenti. Venezia. Amadino.
•
Monteverdi, Claudio. Il quinto libro de madrigali a cinque voci . . . con basso continuo per il
clavicembalo, chittarone od altro simile istromento, fatto particolarmente per li sei ultimi,
et per li altri a beneplacito . . . di nuovo ricorretto et ristampato. Venezia. Amadino.
•
1607
•
Radesca (di Foggia), Enrico Antonio. Il secondo libro delle canzonette, madrigali, & arie
alla romana a due voci, per cantare, & suonare con il chitarone, o spinetta . . . con due
corrente nel fine per ballate. Milano. Tini & Lomazzo.
Barbarino, Bartolomeo. Il secondo libro de madrigali de diversi auttori . . . per cantare
sopra il chitarrone ò tiorba, clavicembalo, ò altri stromenti da una voce sola, con un
dialogo di Anima e Caronte. Venezia. Amadino.
•
Bellanda, Lodovico. Musiche . . . per cantare sopra il chitarrone, et clavicimbalo. Venezia.
•
Bonini, Severo. Madrigali, e canzonette spirituali . . . per cantare a una voce sola, sopra il
•
Caccini, Giulio. Le nuove musiche. Venezia. Raverii.
•
Vincenti.
chitarrone, o spinetta, o altri stromenti. Firenze. Marescotti.
Franzoni, Amante. I nuovi fioretti a tre voci . . . co'l suo basso generale per il clavicimbalo,
chitarrone, et altri simili stromenti. Venezia. Amadino.
54
•
Franzoni, Amante. Il secondo libro delli fioretti musicali a tre voci . . . co'l suo basso
•
Negri, Giulio Santo Pietro de. Gl'amorosi pensieri. Canzonette, villanelle et arie napolitane
generale per il clavicimbalo, chitarrone, et altri simili stromenti. Venezia. Amadino.
a tre voci, da sonare, & cantare su'l chitarone, clavecimbalo, & altri stormenti . . . libro
secondo, raccolte da Marcellino Sanarega. Venezia. Gardano.
•
Negri, Giulio Santo Pietro deâ ™. Il terzo libro dell'amorose canzonette, villanelle, & arie
napolitane a tre voci, da sonare, & cantare su'l chitarrone, clavecimbalo & altri stromenti .
. . [op. 4] Venezia. Raverii.
•
Rossi, Salamone. Il primo libro de madrigali a cinque voci . . . con alcuni di detti madrigali
per cantar nel chittarrone, con la sua intavolatura, posta nel soprano . . . novamente
corretto e ristampato. Venezia. Amadino.
•
Rossi, Salamone. Il primo libro delle sinfonie et gagliarde a tre, quatro, & a cinque voci . . .
per sonar due viole, overo doi cornetti, & un chittarrone o altro istromento da corpo.
Venezia. Amadino.
•
1608
Scaletta, Orazio. Partitura della Cetra temporale, madrigali a due voci et canzonette a tre
per cantare nel chiterone [sic], leuto et clavicembalo. Milano. Tini & Lomazzo.
•
Bonini, Severo. Madrigali, e canzonette spirituali . . . per cantare a una voce sola, sopra il
•
Cagnazzi, Maffeo. Passatempi a due voci . . . per cantare, et sonare con il chitarrone, o altri
•
Monteverdi, Claudio. Il quinto libro de madrigali a cinque voci . . . con basso continuo per il
chitarrone, o spinetta, o altri stromenti. Firenze. Raverii.
instromenti. Firenze. Raverii.
clavicembalo, chittarone od altro simile istromento, fatto particolarmente per li sei ultimi,
et per li altri a beneplacito . . . di novo ristampato. Venezia. Amadino.
•
•
Peri, Jacopo. Le musiche . . . sopra l'Euridice del Sig. Ottavio Rinuccini. Venezia. Raverii.
Radesca (di Foggia), Enrico Antonio. Il terzo libro delle canzonette, madrigali, et arie alla
romana, a due voci per cantare, et sonare con la spinetta, chitarrone, et altri simili
strumenti. Venezia. Vincenti. Perduto
• Rossi, Salamone. Il secondo libro delle sinfonie et gagliarde a tre voci, per sonar due viole,
at un chittarrone, con alcune delle dette a quattro, & a cinque, & alcune canzoni per sonar
a quattro nel fine. Venezia. Amadino.
55
1609
•
Barbarino, Bartolomeo. Madrigali di diversi autori . . . per cantare sopra il chitarrone,
clavicembalo, o altri stromenti da una voce sola, con un'aria da cantarsi da due tenori,
novamente ristampati. Venezia. Amadino.
•
Bonini, Severo. Il secondo libro de madrigali, e mottetti a una voce sola per cantare sopra
•
D'India, Sigismondo. Le musiche . . . da cantar solo nel clavicordo, chitarone, arpa doppia
•
Ghizzolo, Giovanni. Madrigali et arie per sonare et cantare nel chitarone, liuto, o
gravicembalo, chitarroni, et organi, con passaggi, e senza. Firenze. Marescotti.
et altri istromenti simili. Milano. Tini & Lomazzo.
clavicembalo, a una, et due voci . . . col gioco della cieca, et una mascherata de pescatori,
libro primo. Venezia. Raverii.
•
Melli [Megli], Domenico Maria. Le prime musiche . . . nelle quali si contengono madrigali,
et arie a una & due voci, per cantare nel chittarone, clavicembalo, & altri instromenti,
novamente ristampate & corette. Venezia. Vincenti.
•
Melli [Megli], Domenico Maria. Le seconde musiche . . . nelle quali si contengono
madrigali, canzonette, arie, & dialoghi, a una & due voci, per cantare nel chittarone,
clavicembalo, & altri instromenti, si in soprano, come in tenore, & transportate, comode
per qual parte più piace . . . nuovamente ristampate et corrette. Venezia. Vincenti.
•
Melli [Megli], Domenico Maria. Le terze musiche . . . nelle quali si contengono madrigali,
arie, scherzi, sonetti, dialoghi, & altre, per cantare nel chittarone, clavicembalo, & altri
instromento per una, & due voci. Venezia. Vincenti.
•
Nantermi, Michelangelo. Il primo libro de madrigali a cinque voci . . . co'l basso continuo
per il clavicembalo, chittarone od altro simile istromento. Venezia. Amadino.
• Peri, Jacopo. Le varie musiche . . . a una, due e tre voci con alcune spirituali in
ultimo per cantare nel clavicembalo, il chitarrone, et ancora la maggior parte di
1610
•
esse per sonare semplicemente nel organo. Firenze. Marescotti.
Barbarino, Bartolomeo. Il terzo libro de madrigali de diversi autori . . . per cantare sopra il
chitarrone ò tiorba, clavicimbalo, ò altri stromenti da una voce sola, con alcune canzonette
nel fine. Venezia. Amadino.
•
Bellanda, Lodovico. Le musiche . . . per cantarsi sopra theorba, arpicordo, & altri
stromenti, à una, & doi voci. Venezia. Vincenti.
56
•
Ghizzolo, Giovanni. Il secondo libro de madrigali et arie a una et due voci, per sonare &
cantare nel chitarone, liuto, o clavicembalo . . . con duoi dialoghi, & un canto di Sirene con
la risposta di Nettuno, [op. 6]. Milano. Tini & Lomazzo.
•
Grandi, Alessandro. Il primo libro de motetti a due, tre, quatro, cinque, & otto voci, con
una messa a quatro accommodati per cantarsi nell'organo, clavecimbalo, chitarone, o
altro simile stromento con il basso per sonare (Venice, [Italy]: Giacomo Vincenti)
•
Kapsperger [Kapsberger], Giovanni Girolamo. Libro primo di villanelle a I. 2 et 3 voci
accomodate per qualsivoglia strumento con l'intavolatura del chitarone et alfabeto per la
chitarra spagnola . . . raccolta dal Sigr. Cavalier Flamminio Flaminij. Roma. s.n.
•
Milanuzzi, Carlo. Aurea corona di scherzi poetici scelti da la Ghirlanda dell'Aurora
novamente posti in musica . . . a due, tre, & quattro voci, con il suo basso continuo per
concertagli nel clavicembalo, chitarrone, o altro simile stromento, aggiuntovi nel fine del
basso tutte le parole distese di ciascheduno madrigali . . . libro primo, [op. 3]. Venezia.
Vincenti.
•
Monteverdi, Claudio. Il quinto libro de madrigali a cinque voci . . . con basso continuo per il
clavicembalo, chittarone od altro simile istromento, fatto particolarmente per li sei ultimi,
et per li altri a beneplacito . . . di novo ristampato. Venezia. Amadino.
•
Radesca (di Foggia), Enrico Antonio. Il quarto libro delle canzonette, madrigali, et arie alla
romana a due voci, con alcune a tre, et un dialogo a quattro nel fine, per cantare, et
sonare con la spinetta, chitarone, et altri simili strumenti. Venezia. Vincenti.
• Rontani, Raffaello. Gl'Affettuosi. Il primo libro de madrigali a tre voci . . . per
concertare nel chitarrone, o semplicemente cantati. Firenze. Marescotti.
• Rubini, Nicolò. Madrigali e pazzarelle a 2 v . . . per cantare nel arpicordo overo
tiorba, libro I. Venezia. Amadino.
La 'Rappresentatione di anima, et di corpo' di Emilio de Cavalieri, datato 3 settembre
1600, è il primo dramma interamente musicato che ci sia pervenuto. Nonostante lo stile
della musica fosse vicino a quello delle canzonette strofiche e da ballo 'molto differenti
delle odierne che si fanno in istile comunemente detto recitativo' come scriverà Giovan
Battista Doni nel 1635, Cavalieri rivendicò la paternità del nuovo genere, e fu forse il
57
primo a dimostrare che la musica del suo tempo poteva essere impiegata a fini
drammatici ben oltre gli Intermedi, anche se il nuovo stile gli era del tutto estraneo.134
Probabilmente fu anche il primo ad inserire il Chitarrone in organico dopo la sua prima
apparizione nel 1589. Nella prefazione A lettori scrive:
Gli strumenti siano ben suonati... e per dar qualche lume di quelli, che in luogo
simile per prova hanno servito, una Lira doppia, un Clavicembalo, un Chitarone,
ò Tiorba che si dica, insieme fanno un buonissimo effetto: come ancora un
Organo suave con un Chitarone...135
Il Chitarrone viene incluso come strumento d'accompagnamento al canto anche sulla
scena. Negli 'Avvertimenti per la presente Rappresentatione, à chi volesse farla recitar
cantando' raccomanda:
Il Piacere con li due compagni, farà bene, che habbiano stromenti in mano
suonando mentre loro cantano, e si suonino i loro Ritornelli. Uno potrà avere
un Chitarone, l'altro una Chitarina alla spagnola... 136
L'Euridice di Peri riveste un ruolo importante nella storia della musica in quanto prima
opera esistente e tra i primi esempi del nuovo stile recitativo. Pubblicato dopo la prima
esecuzione del 6 ottobre 1600, la dedica alla regina Maria De Medici porta la data del
6 febbraio 1600 (1601 stile moderno) quindi sia la pubblicazione che l'esecuzione
risultano successivi ai madrigali di Salamon Rossi.
Nella prefazione Peri nomina i 'Signori per nobiltà di sangue, e per eccellenza di musica
illustri' 137 che suonavano dentro la scena un gravicembalo, un lirone, un liuto grosso, un
chitarrone, il che non esclude la presenza di altri strumentisti fuori la scena.
Dizionario dell'Opera Baldini&Castoldi. fonte online
<http://www.operamanager.it/cgibin/process.cgi?azione=ricerca&tipo=OP&id=827> Url consultato il
9.12.2014
134
Emilio de' Cavalieri. Rappresentatione di anima, et di corpo. Muij. Roma. 1600. risorsa online
<http://imslp.org/wiki/Rappresentatione_di_Anima_e_di_Corpo_%28Cavalieri,_Emilio_de%27%29> Url
consultato il 9.12.2014
135
136
ibid.
58
Nelle 'Nuove Musiche' di Caccini vi sono chiari riferimenti al metodo di accompagnamento
dell'Euridice: lo strumento preferito per la realizzazione del basso figurato era il
Chitarrone. Nella prefazione Ai lettori Caccini indica 'il Basso per lo Chitarrone' e fa
riferimento a 'chi fa professione di cantar solo sopra l'armonia di Chitarrone ò di altro
strumento di corde', e nella conclusione della sua prefazione definisce il Chitarrone
'strumento più atto ad accompagnare la voce, e particolarmente quella del Tenore, che
qualunque altro'.138
Nelle fonti successive il Chitarrone verrà richiesto in vari modi dagli autori come
strumento di accompagnamento.
Monteverdi (coevo di Salamone Rossi, e in servizio presso la Corte di Mantova negli stessi
anni) introdusse nelle sue opere il Chitarrone a partire dal 1605, data di pubblicazione del
'Quinto libro di madrigali a cinque voci' dove include il Chitarrone tra gli strumenti del
'basso generale'. Monteverdi acquisirà una tale dimestichezza con la tiorba da farne il suo
strumento prediletto, e 'tenuta sempre al petto' come testimonierà l'amico Bellerofonte
Castaldi.139
Nel 1607 viene rappresentata a Mantova l'opera 'Orfeo' di Claudio Monteverdi,
pubblicata nel 1609 a Venezia da Amadino. Nell'elenco degli strumenti si trova
l'indicazione
'duoi chitarroni'
140
(che all'interno dell'opera
diventeranno
spesso
tre); il fatto che vi siano 'tre bassi da gamba' sembra implicare tre gruppi separati di
continuo, ognuno di essi con un Chitarrone.141
Jacopo Peri. Euridice. Marescotti. Firenze. 1600. risorsa online
< http://imslp.org/wiki/Euridice_%28Peri,_Jacopo%29> Url consultato il 9.12.2014
137
Giulio Caccini. Le nuove musiche. Marescotti. Firenze. 1601. risorsa online
<http://conquest.imslp.info/files/imglnks/usimg/b/bb/IMSLP286641-PMLP116645lenvovemvsichedi00cacc.pdf> Url consultato il 9.12.2014
138
139
Paolo Fabbri. Inediti monteverdiani. in Rivista italiana di musicologia.Vol. XV. 1980, p. 81
Claudio Monteverdi. Orfeo. Venezia. Amadino. 1606. risorsa online. Url consultato il 10.12.2014
<http://conquest.imslp.info/files/imglnks/usimg/d/de/IMSLP293798-PMLP21363-monteverdi_orfeo.pdf>
140
141
John Whenham. Claudio Monteverdi: Orfeo. Cambridge University Press. 1986. p. 140
59
L'opera apre con una 'Toccata' che prevede la partecipazione di tutti gli strumenti, il
chitarrone è espressamente specificato nella strumentazione richiesta in vari momenti
dell'opera:
Atto primo: nel coro 'Lasciate i monti' Monteverdi appunta 'questo balletto fu cantato al
suono di cinque viole da braccio, tre chitarroni, duoi clavicembali, un'arpa doppia, un
contrabasso, un flautino';142
Atto secondo: dopo l'entrata di Orfeo troviamo l'indicazione
'Questo Ritornello fu
suonato di dentro da un Clavicembalo, duoi chitarroni e duoi violini ';143 nei successivi
ritornelli con strumentazione sempre diversa sono richiesti due chitarroni , 144 per il
duetto dei pastori 'In questo prato adorno' Monteverdi specifica l'accompagnamento di
un clavicembalo e un chitarrone, e tre chitarroni per il gaio ritornello di Orfeo 'Vi ricorda o
boschi ombrosi',145 mentre nell'aria della messaggera 'Ahi caso acerbo' e nell'aria di Orfeo
'Tu se' morta' prevede un organo di legno e un chitarrone, come nel coro dopo la sinfonia
'duoi pastori cantano al suono del Organo di legno e un chitarrone' 146
Atto terzo: nell'aria di Orfeo 'Possente spirito', in cui Orfeo introduce se stesso e le ragioni
del suo viaggio nei morti, 'Orfeo al suono del Organo di legno e un chitarrone',147 su un
basso lento con ricca fioritura degli archi.
Atto quarto: in un breve intervento troviamo annotato 'segue Orfeo cantando nel
clavicembalo, viola da braccio e chitarrone',
chitarroni.148
anche il ritornello finale prevede i
Atto quinto: l'aria iniziale 'Questi i campi' richiede un coro spezzato: 'duoi organi di legno,
duoi chitarroni concertorno questo canto suonando l'uno nel angolo sinistro de la Sena,
l'altro nel destro'.149
142
Claudio Monteverdi. cit., p. 10
143
ivi p. 27
144
ivi pp. 28 e 30
145
ivi pp. 29 - 32 - 36
146
ivi pp. 39 e 42
147
ivi p. 52
148
ivi pp. 80 e 88
60
Monteverdi non introduce semplicemente il chitarrone tra i bassi di continuo, ma ne
sfrutta le caratteristiche a fini drammaturgici e simbolici, con una sapiente orchestrazione
che ne esalta e contrappone le qualità timbriche.
L'accompagnamento a 'Lasciate i monti', con cinque viole da braccio e tre chitarroni,
potrebbe essere interpretato come il suono delle Muse che suonano sulle loro lire;
l'intera atmosfera della festa di nozze dell'inizio del secondo atto, con i suoi gioiosi cori,
duetti e arie, in termini musicali è interamente costruita sul suono di strumenti a pizzico
con clavicembali e chitarroni; la devastante entrata della Messaggera con l'interruzione
del festoso Do maggiore che trasfigura in un doloroso La minore si appoggia unicamente
su un organo di legno e un chitarrone, un colore funebre che Monteverdi utilizza anche
nelle arie di Orfeo 'Tu se' morta' e 'Possente spirito' e nel lamento dei due pastori, e il
chitarrone potrebbe essere stato usato anche come allegoria della lira. 150
Grazie al suo registro tenore e alla piena sonorità, alla sua capacità di supportare in modo
eccellente la voce nel repertorio monodico e non solo, il chitarrone raggiunge la sua
completa diffusione; Haendel la utilizzerà in molte sue opere anche come parte obbligata
per effetti drammatici e coloristici.
Nel 1708 l'orchestra di S. Marco include 3 tiorbisti. 151 La tiorba era coltivata ampiamente
alla Pietà, nell'aria di Vivaldi 'O servi volate' della Juditha triumphans del 1716 si trova un
gruppo di 4 tiorbe in due parti obbligate.152
In molta musica strumentale Vivaldi prevede 'arpegio con Tiorba', ed ancora la inserirà nel
1740 nell'organico dei 'Concerti con molti Istromenti': il 'Concerto con Due Flauti, Due
Tiorbi, Due mandolini, Due Salmò, Due Violini in Tromba marina et un Violoncello'
eseguito per l'Elettore di Sassonia all'Ospedale della Pietà.153
149
C. Monteverdi. cit., p. 89
150
J. Whenham. cit., pp. 144-191
151
Walter Kolneder. Antonio Vivaldi: His Life and Work. University of California Press. 1970. p. 198
152
Michael Talbot. The Vivaldi compendium. Boydell Press. Woodbridge. 2011. p. 184-5
153
W. Kolneder. cit,. p. 141
61
Le parti di basso continuo realizzate in intavolatura non sono però molte: con la
pubblicazione delle regole di Agazzari si aprirà ufficialmente la stagione della prassi
improvvisativa su basso cifrato, che non avrebbe più richiesto alcun tipo di intavolatura.
Le realizzazioni originali pervenuteci sono quelle di Salamone Rossi, Il primo Libro de
madrigali (1600); Girolamo Kapsberger, Libro primo e Libro terzo di villanelle
(rispettivamente 1610 e 1619) e Libro primo di arie passeggiate (1612); Flamminio
Corradi, Le stravaganze d'amore (1616); e Bellerofonte Castaldi, Capricci a due stromenti
(1622).
Interessante notare come, oltre a Kapsberger e Castaldi che sono famosi tiorbisti e hanno
lasciato un cospicuo corpus di repertorio solistico, si siano cimentati due musicisti quali
Rossi e Corradi. Di quest'ultimo ci sono giunte pochissime notizie, sappiamo solo che fu
assunto come cantore nella cappella di S. Marco a Venezia dal 1615 al 1620 e che in
seguito ha prestato servizio per Enzo Bentivoglio come responsabile della manutenzione
di presidi militari. La sua raccolta 'Le stravaganze d'amore' si distingue per essere la prima
pubblicazione veneziana con l'alfabeto per chitarra
spagnola e con l'inclusione di
intavolatura per Chitarrone. Le canzoni sono semplici, strofiche e perlopiù diatoniche e
sillabiche, con brevi
passaggi imitativi delle parti vocali.
Il duetto di apertura,
'Stravaganza d'amore', è una parodia della canzonetta di Luca Marenzio dell'intermedio
finale del 1585 scritta per l'omonima commedia di Cristoforo Castelletti. 154
Kitsos, nel suo approfondito lavoro di confronto delle fonti intavolate, rileva che se la
scrittura del Chitarrone appare semplice e particolarmente prevedibile è perchè
l'accompagnamento rispecchia la semplicità dello stile delle canzoni, ed in ogni caso in
molte occasioni mostra un uso sofisticato dell'accordatura rientrante anche se non sfrutta
nelle successioni accordali le possibilità che lo strumento offre. 155
Questo confermerebbe l'impressione, anche per la mancanza di pubblicazioni liutistiche,
che Corradi non fosse un liutista professionista, forse in quanto cantante si cimentava con
la chitarra e la tiorba per accompagnarsi, come ormai era di moda.
Nigel Fortune, Roark Miller. Corradi Flamminio. in The new Grove Dictionary of music and musicians,
2001
154
155
T. Kitsos. cit., pp. 92-3
62
Diverso il caso di Salamon Rossi, compositore a tutto tondo, la cui pubblicazione del 1600
rappresenta cronologicamente il primo riferimento all'uso specifico del Chitarrone come
strumento di continuo ed il primo esempio assoluto di intavolatura realizzata.
Nel lavoro di confronto dei testi non si può prescindere dal contesto e dallo stile dei
brani, ovviamente un confronto tra le canzoni di Corradi ed uno stile in qualche modo
similare come può essere quello delle villanelle per la loro stroficità non può non accusare
la grande professionalità e conoscenza di tutte le possibilità tecniche di un Kapsberger.
Quello che conta è la testimonianza di una prassi dell'epoca, ancor più significativa perchè
a vari livelli, che mostra come poteva essere utilizzata la tiorba nei vari contesti al di fuori
di un accompagnamento estemporaneo lasciato all'abilità dell'esecutore e non segnato
sulla carta.
In ogni caso, come afferma Kitsos, tutte le fonti con le realizzazioni intavolate dimostrano
in primo luogo il ruolo di basso fondamentale della tiorba, e rivelano uno stile di
accompagnamento che dipende più dalla sonorità dello strumento che dalle basi
teoriche: il numero di voci nella realizzazione è variabile, la linea del basso e le posizioni
degli accordi sono spesso trasposti verso il basso, e sono occasionalmente permessi anche
movimenti paralleli o inversioni o incroci delle parti, tutto al fine di ottenere un risultato
efficace sullo strumento.156
Tra le fonti più tarde, e che dimostrano l'uso della tiorba come strumento di continuo in
Germania, vi sono due Cantate di Dieterich Buxtehude: la Cantata 'Fürchtet euch nicht,
siehe ich verkündige euch große Freude' (BuxWV 30), con intavolatura realizzata per
tiorba contraddistinta da un accompagnamento molto fitto con accordi ribattuti per non
far decadere il suono, e la Cantata 'Herr, wenn ich nur dich habe' (BuxWV 39), in cui una
parte di basso figurato è contrassegnata 'Theorba'.157
156
T. Kitsos. cit., p. ii
157
Kerala J. Snyder. Dieterich Buxtehude: Organist in Lübeck. University of Rochester Press. 2007. p. 382
63
Fig. 1.8 Dietrich Buxtehude. Facsimile: parte per tiorba158
Tiorba e arciliuto saranno usati nella musica strumentale e nell'opera fino circa il 1740 in
tutta Europa, e nella musica da Chiesa ancora oltre, nonostante il clavicembalo fosse
ormai diventato lo strumento privilegiato nel continuo.159
Dieterich Buxtehude. Cantata Fürchtet euch nicht. Bux WV 30. Uppsala Universitat. Manoscritto on-line.
http://www2.musik.uu.se/duben/displayFacsimile.php?Select_Path=vmhs050,017_p09_01r.jpg
URL consultato il 11.12.2014
158
159
N. North. cit,. pp. 21-4
64
2 SALAMON ROSSI
2.1 Cenni biografici e contesto storico
Salamon Rossi (in ebraico Shelomo Min-ha-Adummim), musicista di corte del Ducato
Gonzaga di Mantova, è considerato il compositore ebreo principale del tardo
Rinascimento italiano, colui grazie al quale è stata raggiunta la vetta del contributo
ebraico alla musica occidentale. Forse l'ultimo, ma sicuramente il più importante, di un
lungo e prestigioso elenco di musicisti ebrei di corte (strumentisti, cantanti, ballerini,
compositori) che sono stati attivi a Mantova per tutto il XVI secolo, tra cui Abramo
dall'Arpa (arpista), e Isacchino Massarano, flautista, liutista e maestro di danza.
Presso la corte mantovana Rossi ha sviluppato le sue abilità attraverso un costante
confronto e scambio di tecniche compositive con musicisti ben noti della corte, che
comprendevano il suo maestro Marco Antonio Ingegneri (maestro anche di Monteverdi),
Giovanni Giacomo Gastoldi, Jacques de Wert e Lodovico da Viadana.160
La sua importanza come figura musicale è rivendicata dai suoi lavori per i quali, attraverso
una recente riscoperta, viene assimilato alla grandezza di un Monteverdi.
A causa delle notizie troppo frammentarie risulta difficile tracciare un quadro biografico,
quel poco che sappiamo di Rossi è desunto dai documenti dell Archivio di stato,
dell archivio Gonzaga e dell Archivio della Comunità ebraica di Mantova. I documenti
forse in grado di fornirci maggiori notizie sono le dediche delle sue opere e, per la musica
ebraica, le numerose prefazioni scritte tra gli altri dallo stesso compositore e da uno dei
suoi più devoti estimatori: Leon Modena.
Le dediche, contenute nelle 13 raccolte del compositore (più di 300 lavori tra musica
vocale, strumentale e sacra), rappresentano documenti essenziali per ricostruire ciò che
Rossi diceva di se stesso e le relazioni con il suo ambiente.
Il nome di Rossi varia nella letteratura, venendo indicato come Salomone, Salamone,
Solomone e in alcuni casi Solomon de' Rossi, ma nei documenti e come lui stesso si firma
Gerson-Kiwi, Edith. Rossi, Salamone de'. in Encyclopaedia Judaica. Ed. Michael Berenbaum and Fred
Skolnik. 2nd ed. Vol. 17. Detroit: Macmillan Reference USA, 2007. p. 473. Gale Virtual Reference Library.
Web. 15 Dec. 2014.
URL<http://go.galegroup.com/ps/i.do?id=GALE%7CCX2587517048&v=2.1&u=imcpl1111&it=r&p=GVRL&sw
=w&asid=62a20720176328059a7c559879c7d601> consultato il 14.12.2014
160
65
risulta Salamon.161 Per le sue origini ebraiche venne designato l'ebreo, e lui stesso si firma
con tale aggiunta nelle pubblicazioni. La qualifica di appartenenza veniva attaccata ai
giudei per indicare il loro subordinato stato di minoranza. 162
L'informazione circa la paternità di Salamon ci deriva da un documento del 1621
concernente un diritto di ricavi da vendite di pegni che riporta: 'Salamoni fili Domini
Bonaiuti de Rossis hebreo Mantua'. Il padre Bonaiuto de 'Rossi, Azaria in ebraico, non può
essere identificato con il famoso erudito e filosofo omonimo che espresse rammarico
per non aver avuto figli maschi.163
Sappiamo inoltre di un fratello, Emanuele, che grazie all'intercessione di Salamon
usufruirà di alcuni privilegi, e di una sorella da tutti conosciuta come Madama Europa. 164
Europa fu una famosa cantante che figura al fianco del fratello tra gli spesati 'straordinari'
della corte di Mantova in due pagamenti tra il 1587 e il 1591: nel primo compare come
'Madama Europa sua sorella', nel secondo come 'Europa di Rossi';
165
in un documento
del 1592 compare insieme a un gruppo di altri musicisti tra cui Claudio Monteverdi.
La corte apprezzava e ricompensava le cantanti di talento che mostravano alti livelli di
abilità; i gruppi di canto femminili erano di moda (basti pensare al Concerto delle dame di
Ferrara) e nell'Italia del Rinascimento spesso le cantanti erano anche strumentiste, ed
Europa può aver suonato un liuto o un chitarrone. 166
Non si sa se Europa fosse il suo vero nome o un nome d'arte, la registrazione di Madama
Europa fin dal 1587 nelle spese di corte smentirebbe la leggenda che lo pseudonimo le
venisse dal personaggio di Europa da lei interpretato nel 1608, quando in occasione delle
celebrazioni delle nozze del principe Francesco IV Gonzaga con Margherita di Savoia
venne rappresentata 'L'idropica' di Guarini, su testi di Chiabrera. Gli Intermedi vennero
161
Per tale motivo, nel corso del lavoro, si preferisce indicarlo come Salamon.
162
Don Harràn. Salamone Rossi. Oxford University Press. 1999. pp. 6-7
163
E. Gerson-Kiwih. Rossi, Madama Europa de'. cit,.
164
D. Harràn. cit,. pp- 34-6
165
Mantova, Archivio di Stato - Archivio Gonzaga. Segnatura: P-472 (b. 395, c. 159v)
166
Graziella Di Mauro. Italian Jewish Musicians in Western musical tradition. in Journal of Jewish Music and
Liturgy. Vol. XII. 1989-1990 pp. 47-8
66
divisi tra i migliori compositori di corte: Salamone Rossi, Claudio Monteverdi, Gian
Giacomo Gastoldi, Marco da Gagliano, Giulio Cesare Monteverdi, Paolo Virchi.
Vincenzo Gonzaga amava circondarsi di virtuose, eccellenti esecutrici quali Caterina
Martinelli, Adriana Basile, Claudia Cattaneo (sposa di Monteverdi), musiciste capaci di
interpretare quel nuovo stile con cui ebbe inizio la storia del melodramma.167
Il successo dell'interpretazione del ruolo di Europa diede a Madama Europa una fama che
travalicò le corti d'Italia.
Federico Follino, organizzatore dell'evento di cui ha lasciato cronaca in un 'Compendio
delle sontuose feste', riporta che Madama Europa:
... fu giunta nel mezzo del palco, per esser donna intendentissima di musica, e
cantò con gran diletto, e con maggior maraviglia de gli ascoltanti, con voce
molto delicata e dolce, il madrigale che segue... Cantando ella con dolcissima
armonia queste lagrimose note, che destarono per la pietà le lagrime degli
ascoltanti...
168
Mantova, rispetto le condizioni precarie delle comunità ebraiche in tutta Italia,
rappresentò un isola di tolleranza fin dai tempi di Isabella d'Este, che aveva creato una
corte illuminata tenendo a sè molti artisti, musicisti ed attori ebrei, oltre ad accogliere
professionisti ebrei quali banchieri, medici, ingegneri.
Per tutto il corso del XVI secolo gli ebrei continuarono a trovare in Mantova condizioni di
vita migliori rispetto altre città italiane, fornendo un importante apporto professionale e
contribuendo allo sviluppo economico; quando alla fine del '500 furono allontanati dal
ducato di Milano molti si rifugiarono nel territorio dei Gonzaga.
Guglielmo Gonzaga (1538-1587) durante l inquisizione aveva tentato di proteggere gli
ebrei, tanto da indurre il Vaticano ad emettere un documento intitolato Tollerentia
Università Hebrorum Mantue che dava al Duca il potere di proteggere alcuni loro diritti
per poter lavorare senza interferenze. Ma il potere dei Gonzaga aveva dei limiti, e la loro
167
E. Gerson-Kiwi. cit,.
168
Federico Follino. Compendio delle Sontuose feste. Mantova. 1608 risorsa on line BSB Bayerischen
Staatsbibliothek digital. p. 84. URL < http://www.mdz-nbn-
resolving.de/urn/resolver.pl?urn=urn:nbn:de:bvb:12-bsb10051721-0 > consultato il 14.12.2014
67
politica aperta nei confronti degli ebrei doveva comunque mantenere un equilibrio con il
potere del papato.169
Dopo anni di lassismo nel far rispettare l'obbligo di indossare il distintivo, il Duca
Guglielmo lo ripristinò nel 1577. Il distintivo era vergognoso per chi lavorava a fianco dei
cristiani, ma talvolta era concessa la dispensa per particolari meriti, dietro protezione di
un patrono. Introdotto in Europa nel XIII secolo il distintivo segnava gli ebrei come
socialmente inferiori, e rendendoli riconoscibili li esponeva ad aggressioni a causa delle
accuse di tradimento mosse contro di loro da parte della Chiesa.170
La Controriforma pesò negativamente sugli ebrei di Mantova, favorendo misure
restrittive ed una propaganda anti-ebraica culminata in rivolte e omicidi in seguito alla
bolla 'Cum nimis absurdum' emessa da papa Paolo IV il 15 luglio 1555. La bolla imponeva
ulteriori restrizioni, l'obbligo del segno di riconoscimento, il divieto di coabitare con i
cristiani che porterà all'istituzione dei ghetti.
Nel 1587, anno della morte di Guglielmo e dell'ascesa al potere di Vincenzo I, quasi il 20%
della popolazione totale del territorio mantovano era rappresentata dalla comunità
ebraica, che forniva importanti contributi sia a livello economico che professionale in
molti ambiti. I Gonzaga trattavano il popolo ebreo relativamente bene, fornendo loro
protezioni, ma non poteva evitare le richieste papali e nel 1612 venne creato il ghetto,
espandendo una parte del centro cittadino dove già vivevano i 2/3 della popolazione
ebraica.171
Le protezioni dei Gonzaga sono documentate da copie ufficiali di editti firmate dal
cancelliere ducale Matthaeus Gentili. Una copia riporta un editto di Vincenzo Gonzaga,
del 1594, in cui rinnova
privilegi e amnistie degli ebrei di Mantova che vengono
autorizzati a lavorare come banchieri, mercanti e macellai. L'editto è preceduto dalle
copie di due rinnovi precedenti, la prima rilasciata da Guglielmo Gonzaga, padre di
169
170
Donald Sanders. Music at the Gonzaga Court in Mantua. Lexington Books. 2012. p.108
D. Harràn. cit,. p. 25
Paul Grendler. The University of Mantua, the Gonzaga, and the Jesuits, 1584 1630. John Hopkins
University Press. 2009. Cap. I
171
68
Vincenzo e precedente duca, a Goito nel 1587, e la seconda rilasciata da Vincenzo nel
1590.172
Il peggiore disastro nella loro storia accadde nel 1630, quando furono spogliati dei loro
beni durante il sacco della città da parte delle truppe imperiali e poi banditi. Gli eventi del
1630 decimarono la comunità ebraica che non recuperò più la sua antica importanza. 173
Per tutti i suoi anni di servizio Rossi fu esentato per decreto dall'obbligo di indossare il
distintivo imposto agli ebrei fuori dal ghetto. In una lettera da Marmirolo del 2 agosto
1606, il Duca Vincenzo decreta:
Volendo noi mostrare quanto ci sia cara la servitù che con la virtù sua di musico
et del sonare ci va facendo da molti anni in qua Salamone de Rossi hebreo,
concediamo a nostro beneplacito ampia et libera facoltà al medesimo
Salamone di poter camminare per questa nostra città et suo dominio senza
portar il solito segno ranzo intorno al capello o berretta.174
Una consimile patente fu riaffermata anche dal Duca Francesco il 27 febbraio 1612. 175
Uno degli effetti sociali del privilegio era però che creava tensioni all'interno della
comunità ebraica, i cui membri risultavano divisi attraverso favoritismi.
In quest'ottica le composizioni di Rossi di musica ebraica erano anche il mezzo per
dimostrare che, al di là del privilegio, restava fedele alla comunità.176
D'altro canto Rossi non è mai stato completamente assimilato nella comunità cristiana.
Sulle pagine del titolo delle sue pubblicazioni il suo nome appare sempre come 'Salamon
Rossi Hebreo'; nonostante la sua partecipazione alla vita artistica della corte mantovana
Vincenzo I Gonzaga, Duke of Mantua, 1562-1612. Manoscritto. Collezione Lawrence J. Schoenberg.
risorsa online URL <http://dla.library.upenn.edu/dla/medren/pageturn.html?id=MEDREN_4967239& >
172
consultato il 15.11.2014
173
E. Gerson-Kiwi . Mantua. cit,.
Eduard Birnbaum. Jüdische Musiker am Hofe von Mantua von 1542-1628. Ed. Waizner, 1893 p. 23.
Riferimento presente in Bartolotti, p. 87 (R. Mandati 1605-1611, F. 62)
174
Antonio Bertolotti. Musici alla corte dei Gonzaga in Mantova dal secolo XV al XVIII: notizie e documenti
raccolti negli archivi mantovani. Ricordi. Milano. 1890. p. 87
175
176
D. Harràn. cit,. p. 25-6
69
era coinvolto sia in una compagnia teatrale che in una ensemble strumentale con attori e
musicisti ebrei, e riveste un ruolo molto particolare nella storia della musica liturgica
ebraica per la sua singolare collezione di mottetti per la sinagoga.177
Rossi fu il primo musicista ebreo a lasciare una impronta indelebile sulla storia della
musica europea. Come compositore si è trovato a servire un doppio pubblico, con proprie
richieste e tradizioni, muovendosi ed affermandosi tra due mondi: quello della corte e dei
salotti della nobiltà di Mantova e quello delle attività sociali e religiose della comunità
ebraica. Nell'affrontare il problema dicotomizzante di essere un musicista ebraico per
mecenati cristiani, la sua pur scarna
biografia rivela spesso un esercizio di
accomodamento tra richieste conflittuali: per i suoi mecenati deve mascherare il suo
giudaismo, sperando di essere accettato per quello che fa e non per ciò che è, per i suoi
correligionari deve riasserire il suo giudaismo, nel timore che le sue attività esterne
indeboliscano la stima della sua comunità. Così Rossi per i suoi mecenati scrive musica
vocale e strumentale: madrigali, canzonette, sinfonie, sonate, gagliarde e correnti; per i
giudei, compone le 'Canzoni di Salomone' per riconfermare la sua appartenenza alle
tradizioni ebraiche.178
Il compositore è riuscito in un difficile equilibrio rimanendo attivo in due mondi in
conflitto, senza scendere a compromessi nei suoi obiettivi artistici o nelle sue convinzioni
religiose.
Delle sue scarse note biografiche non abbiamo con certezza neanche la data di nascita, si
è supposto che il suo primo lavoro giovanile, le 'Canzonette' del 1589, contengano
allusioni numeriche: 19 brani, una dedica con data 19 agosto, e nel sommario le lettere
iniziali che includono l'acrostico 'VIVAT SR'. L'autore avrebbe in questo modo indicato la
sua età al momento della stesura, 19 anni, permettendo di ipotizzare che sia nato il 19
agosto 1570, molto presumibilmente nella stessa Mantova.179
177
Joshua Jacobson. The Choral Music of Salamone Rossi. American Choral Review. V.30 N.4. 1988 pp. 1-71
178
D. Harràn. cit,. 1-3
179
Iain Fenlon. Rossi, Salamone. in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2° ed. 2001
70
L'intera sua carriera si svolge a Mantova, presso la Corte dei Gonzaga. La sua prima
pubblicazione di Canzonette è dedicata al Duca Vincenzo, e permette di stabilire che fosse
già alle sue dipendenze:
La benignità di V.A:S. & l'obligo infinito, ch'io le devo, non vogliono ch'io
(dovendo dare alle stampe, queste poche mie fatiche, persuaso da altri) ad altri
che all'Alt. V. io le consacri, come faccio, quali elle si sieno, supplico però V.A.
quando da le reali sue occupazioni le sarà concesso di poterlo fare, degnarsi di
udirle, & se non per altra sua qualità, almeno come parto di un suo divotissimo
servitore. Et con ogni dovuta commissione, pregandole da Dio, ogni contento,
le faccio humilissima riverenza. Di Mantova il dì 19 Agosto 1589.
180
Negli stipendi di corte si trova registrato fra i musici straordinari, come Salamon De Rossi
ebreo , dal 1587 al 1622.181
Con la morte di Vincenzo nel 1612 i suoi successori, Francesco (il maggiore dei figli) e
Ferdinando (il secondo) si mostrarono meno disposti del padre verso i giudei, anche a
causa di un peggioramento della situazione economica del Ducato. Gli anni dopo il 1612
furono difficili per la comunità ebraica, ed è il periodo in cui Rossi si dedica maggiormente
ai suoi lavori sacri.
Il suo quarto libro di sinfonie del 1622 fu dedicato al Principe Vincenzo II, che nel 1626
succederà al fratello Ferdinando e sarà l'ultimo discendente della linea diretta.
Probabilmente Rossi sperava di recuperare la protezione del nuovo Duca, ma con la sua
precoce morte nel 1627 rimase senza gli appoggi e la benevolenza della Corte. 182
Nel periodo di Rossi la musica di Corte era al suo massimo splendore. Jacques de Wert
aveva ricoperto il ruolo di maestro di Cappella dal 1565 al 1596, gli successe Benedetto
Pallavicino con disappunto di Monteverdi che aveva sperato nell'assegnazione del posto,
Salamone Rossi. Il Primo Libro delle Canzonette a tre voci. Amadino. Venezia. 1589. in Petrucci Music
Library < http://imslp.org/wiki/Canzonette_a_tre,_Libro_1_%28Rossi,_Salamone%29> URL consultato il
15.10.2014
180
181
A. Bertolotti. cit., p. 68
182
D. Harràn. cit,. p. 11-6
71
che gli fu concesso dopo la morte di Pallavicino nel 1601 (all'età di 96 anni) ma dal quale
Monteverdi fu poi licenziato bruscamente nel 1612.183
La competitività all'interno della corte per entrare nelle grazie del Duca doveva essere
feroce, nella dedica de 'Il primo libro di madrigali a cinque voci' al Duca Vincenzo le
amare parole di Rossi mostrano quali potevano essere le sue condizioni di lavoro e di vita
a corte (per il suo valore documentario si riporta integralmente):
Ha già gran tempo ch'io sono in obligo di appresentare all'A.V. le primitie delle mie
fatiche, si per esser lei mio Signore naturale, al quale io son tenuto di quel molto, ò
puoco ch'io so, & posso, come anco perchè sotto la felice ombra della sua servitù
hò imparato il tutto, e quando pure ogni altra cosa mancasse, basti che questo
non solo è mia ellezzione volontaria, ma debito contratto ch'io pago all'A.V. la
quale non hà sdegnato sin qui di ascoltare, per non dir favorire, le tante mie
imperfezzioni, dandomi adito di così abusare della grazia sua, che cò tanta
benignità, senza punto scemarsi è solita copartire frà suoi devoti; Ed'ecco che
come tale io ne la supplico, azzìo co'l suo felice nome possa sicuro dalle mani de
detrattori dar spirito, e vita à questi miei Madrigali, i quali senza un tanto
appoggio, overo traboccarebbono tosto nell'oblio, ò fra le mani di questi tali, come
da cani arrabbiati sariano lacerati, e guasti. Con tale scorta adunque humilmente
la supplico à non isdegnare, che anch'io humilissimo suo servidore possa in grazia
sua, e sotto il nome di lei dar saggio al mondo dell'affetto con ch'io vivo di non
mostrarmi indegno servidore di tanta Altezza, alla quale facendo riverenza
humilmente le mi offero, & raccomando in grazia.
Di Venezia li 16 di Settembre 1600.
184
Da questo documento si evince la protezione accordatagli dal Duca, che lo ha assistito
negli studi e forse anche incoraggiato per averne riconosciuto le doti musicali. Ma tra i
devoti ai quali il Duca elargisce la sua benevolenza Rossi denuncia figure di detrattori,
addirittura 'cani arrabbiati' da cui deve guardarsi per evitare le subdole istanze di coloro
183
Iain Fenlon. Music and patronage in sixteenth-century Mantua. Cambridge University Press. 2008. p. xiii
Salamone Rossi. Il Primo Libro de Madrigali a cinque voci. Amadino. Venezia. 1600. in Petrucci Music
Library < http://imslp.org/wiki/Madrigali_a_5_voci,_Libro_1_%28Rossi,_Salamone%29> URL consultato il
15.10.2014
184
72
che, se potessero, vorrebbero veder 'lacerati, e guasti' i suoi componimenti. Rossi chiede
protezione al Duca, e forse attraverso tale esplicita denuncia spera anche di limitare i
danni di colleghi malevoli presso, e attraverso, il suo protettore.
Le dinamiche all'interno della corte devono essere veramente difficili e fonte di ambascia
per il compositore se ancora, due anni dopo, nella dedica del suo Secondo libro di
Madrigali a Felicita Guerrera Gonzaga Marchesa di Palazzuolo (moglie del marchese Luigi
Gonzaga, del ramo cadetto della linea di Palazzolo) dopo le formule di rito aggiunge:
'... ben ch'io mi creda che niuno già mai calunniatore o detrattore, ardisca di biasmar cosa
che sia da Dama di tanto valore protetta e favorita...'
Rossi sembra in continua ricerca di protezione anche fuori della Corte di Mantova,
amareggiato da calunnie e denigrazioni. Viene da chiedersi, senza poter dare risposta,
quali altri musici in quel momento potessero così ostacolarlo, forse per invidie e rivalse
determinate dalla sua posizione a corte nonostante le sue origini. La considerazione da
parte del Duca, i privilegi conferiti, il lungo rapporto di dipendenza testimoniano il
riconoscimento di una superiore valenza musicale nel semplice 'hebreo'.
La musica, come noto, rientra tra le manifestazioni simboliche del potere e della
magnificenza delle corti, che Piperno definisce come 'semiotica sonora del potere' insita
nelle varie cappelle musicali, nella committenza e nelle produzioni musicali che una corte,
un principe o un governo repubblicano puo` aver promosso, anche con la costante
presenza di cantori e suonatori al seguito del Signore. In questa ottica il patronato
musicale diventa, più che sensibilità estetica, 'affare di stato'.
La legittimazione del potere, l'esplicazione della sovranità e del prestigio avvengono
tramite la sinergia delle varie arti, in cui la musica si rende mezzo particolarmente
idoneo.185
Per tale motivo si ritiene necessario inquadrare più da vicino la cerchia musicale della
corte dei Gonzaga, anche per comprendere meglio l ambiente in cui il compositore svolge
la propria opera e ricostruire gli avvenimenti che non sono ricavabili da dati biografici.
185
Franco Piperno. Suoni della sovranità. in Cappelle musicali fra corte, Stato e Chiesa nell'Italia del
Rinascimento. Atti del convegno internazionale: Camaiore, 2005. L.S. Olschki, 2007. pp. 11-5
73
Dalla consultazione del testo del 1890 di Bartolotti, che in base ai documenti dell Archivio
Gonzaga ha ricostruito la presenza dei musici in Mantova nel XVI e XVII secolo, si può
tentare una ricostruzione dell'ambiente musicale del periodo riguardante gli anni delle
prime pubblicazioni di Rossi.186
Il materiale documentario, costituito soprattutto da lettere e mandati, mostra come nel
loro mecenatismo sia il Duca Guglielmo che Vincenzo curassero personalmente la scelta
dei musici di corte, fino a mandare inviati a reclutare i migliori musicisti e cantanti (non
sempre con successo) o curandone la formazione, in un susseguirsi di ricerche, di
incarichi, di benserviti.
Seguendo il ' filo cronologico dei virtuosi in relazione a Mantova' di Bartolotti si può
gettare uno sguardo sull'ambiente di Rossi e sui musicisti con cui si trovava a stretto
contatto.
Nel 1570 l'allora Duca Guglielmo chiede informazioni su Lorenzino dal Liuto ad Annibale
Capello, il quale risponde che il famoso liutista era partito con il Principe di Bisignano e
non era pertanto disponibile, dolendosi di aver conosciuto tardi il desiderio del Duca per
questo musico.187
...che se prima havessi saputo questa voluntà di sua eccellenza l'haverei mandato
senz'altro, che ne saria restata sodisfatissima, essendo veramente un monstro di
natura in quella professione per l'età sua.188
Molto si è discusso, ed ancora si discute, sull'identità del leggendario virtuoso del liuto
attivo a Roma. Lorenzino non va confuso con Lorenzino da Bologna (Lorenzo Lodi) nè con
il Cavaliere del liuto (pseudonimo di Vincenzo Pinti), anch'esso romano ed al servizio del
Cardinale Montalto, di cui peraltro esisteva già l'individuazione in un documento del
1614.189
186
187
188
A. Bertolotti. cit., p. 62
ivi p. 56
Collezionismo Gonzaghesco 1563-1630 - Corrispondenza Gonzaga. ASMn, AG, b. 904, f. IV, cc. 696-697
189
'Sua maestà contro l'aspettazione di ogni uno decreta l'eternità al nome di Vincenzo Pinti, nella Corte di
Roma detto il Cavalier del liuto' e più oltre: 'Vincenzo Pinti, per l'eccellenza con la quale suona
quell'instrumento, nella corte di Roma detto il cavalier del liuto.' in Traiano Boccalini. De' ragguagli di
Parnaso. Del signor Traiano Boccalini romano. Volume 1. Heredi Guerigli Venezia 1630 p. 47-8:
74
L'identificazione in Lorenzo Tracetti, ipotizzata dallo studio di Marco Pesci (cfr. M. Pesci,
'Lorenzo Tracetti alias Lorenzino, suonatore di liuto', in Recercare , IX. 1997. pp. 233-
242), non si può definire con sicurezza in mancanza di ulteriori documenti, e tra i salariati
del 1570 della Corte d'Este non compare il cognome di Lorenzino. Il Lorenzino dal liuto
che nel 1570-71 era al servizio del cardinale Ippolito d'Este
190
è presumibilmente lo
stesso prestigioso liutista che il Duca Guglielmo voleva chiamare alla propria corte, in
quanto la riportata missiva di Annibale Capello venne inviata da Tivoli. Come osserva il
noto musicologo Francesco Luisi, alla tesi di Pesci si oppone il fatto che il supposto
Tracetti non si sia mai fatto chiamare 'cavaliere' e mai compaia con tale titolo negli atti
notarili che lo riguardano, omissione impensabile per l epoca in quanto Lorenzino dal
liuto è celebrato nella raccolta di Jean-Baptiste Besard (Thesaurus Harmonicus Divini
Laurencini Romani, Colonia, 1603) come virtuoso insignito del titolo di 'Cavaliere dello
Speron d Oro'.
Quello indicato da Besard, cioè il 'Divinus Laurencinus Romanus', è
l autentico virtuoso, e Lorenzino Tracetti è forse un altro liutista attivo a Roma .191
Nello stesso anno del 1570 il Duca Guglielmo mandò l'organista Francesco Rovigo a
perfezionarsi a Venezia con Claudio Merulo, dove questi divenne valentissimo; nel 1583 il
Principe Vincenzo dopo avergli concesso un soggiorno a Gratz presso l'arciduca Carlo II
d'Austria gli intimò il ritorno a Mantova, dove risulta tra gli stipendiati della corte fino al
1591.
Il cantore Antonio Rizzi, nel 1581, scrive al Duca: ' ...giunto ch'io fui in Roma la mattina
seguente andai a trovar questi virtuosi li quali non cussì subito alla prima mi anno potuto
dir di sì...'.192
Queste testimonianze illustrano la lungimiranza del Duca Guglielmo prima, e di Vincenzo
poi, nel coltivare le abilità musicali dei musicisti di corte e la cura nella ricerca dei migliori
musicisti.
190
Giuseppe Radiciotti. L'arte musicale in Tivoli nei secoli XVI, XVII, e XVIII. Tivoli 1907. p. 13
Francesco Luisi. La musica al tempo dei Farnese da Pier Luigi a Ranuccio I. in Storia di Parma. vol. X :
musica e teatro. MUP Editore. 2013. pp. 100-1
191
192
A. Bertolotti. cit,. p. 57
75
Intorno il 1580 si trova a Mantova Marcantonio Ingegneri, che divenne maestro di
contrappunto di Monteverdi e con il quale studiò anche Rossi.
Nel 1582 Giovanni Giacomo Gastoldi viene nominato maestro di cappella, posto che
ricoprì fino al 1592.193
Una serie di lettere in risposta alle richieste del Duca di procurare brani musicali rivela le
modalità di circolazione della musica. Nel 1582 un tale Giulio Marciari, che si firma
'humilissimo servitore', scrive: 'Il conte Pietro Porto sono tre giorni m'ha mandato l'inclusa
lettera con la Canzone del lusignolo del Maganza che l'altezza V. restò servita di
comandarne che facessero opera d'haverla...' 194
Nel 1582 un madrigalista, Parabovi Filippo Maria già cantore del Duca Guglielmo, venne
mandato a Bologna per trattare con Leonardo Maria Piccinino la venuta a corte del figlio
Alessandro, eccellente suonatore del liuto tiorbato, ma il padre non potè lasciarlo partire.
Piccinini quindi all'età di 18 anni era già conosciuto come eccellente suonatore di liuto;
prestò servizio dal 1582 presso la corte di Ferrara, forse il padre non potè accettare
l'invito dei Gonzaga per i contatti già assunti con gli Este. Piccinini rimarrà a Ferrara fino
alla morte del Duca Alfonso nel 1597 per passare poi al servizio del Cardinale Pietro
Aldobrandini. Il riferimento del compilatore al 'liuto torbato con giunta di molte corde'195
risulta di non facile interpretazione: sia l'arciliuto che il chitarrone vengono descritti nelle
fonti solo in date successive, probabilmente si trattava di un liuto basso di cui Piccinini
offre una dettagliata descrizione nella sua pubblicazione del 1626.
Dal 1583 entra quindi in servizio Isacchino Massarano, ebreo, liutista, cantore e maestro
di ballo, di cui si ha notizia di un pagamento nel 1599 e con cui Rossi lavorerà
strettamente.
Nel 1585 dopo numerose collaborazioni si stabilì definitivamente a Mantova Alessandro
Striggio senior, al servizio del duca Guglielmo II (risulta tra gli spesati 'straordinari ' della
corte di Mantova)196 e poi di Vincenzo, come risulta da successive note di pagamento.
193
A. Bertolotti. cit,. pp. 57-62
194
ivi p. 62
195
ibid.
196
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 395, c. 159v. Herla P-474
76
Una lettera del musicista Robiato del 1587 informa che era incaricato dal Duca di cercare
'un giovane che sapia sonare di arpa cioè da ballo et se sapesse sonare di musica tanto
meglio' (conferma di come il duca si occupasse personalmente, in ogni minimo dettaglio,
di ogni cosa riguardasse l'organizzazione musicale della corte).
In questi anni Guglielmo Gonzaga cercherà più volte, senza esito, di far venire presso la
corte anche Luca Marenzio. Nel 1586 Scipione Gonzaga tenterà a tal fine una ulteriore
trattativa, che non andò in porto per la gravosa pretesa di Marenzio che chiedeva 200
ducati all'anno più le spese per sè, per il proprio servitore e per la cavalcatura, oltre
un'anticipazione del viaggio.197
Nel 1587 muore Guglielmo e prende il potere Vincenzo I, che come il padre era amante e
profondo conoscitore della musica nonchè compositore: il suo regno fu ancor più
favorevole alla musica e Vincenzo non badava a spese (il padre era notoriamente più
accorto) per avere a sè i migliori musici.
Nel 1589 fu chiamato a Mantova Claudio Monteverdi, in qualità di cantore.
Il Duca Vincenzo nomina nel 1594 Paolo Fioreta-Agnello 'capo et sopra ad ogni sorte di
nostri instromenti da musica così da fiato come da penna',198 e Lodovico da Viadana è
assunto in qualità di Maestro del coro della Cattedrale di Mantova, posto che lascerà nel
1597 per trasferirsi a Roma.199
Sempre nel 1594 risulta alla corte D. Bassano Casola al quale, in qualità di 'nostro
musico, per buoni servitii' fu concesso l'offizio di pesare il pane in Mantova ; nel 1607 è
qualificato cantore ducale e nel 1609 una disposizione ci informa che, su commissione
ducale, il pagamento annuo di 50 scudi del Musico Bassano Casola
doveva essere
prelevato non più dalla cassa segreta ma da quella ordinaria dei Salariati di corte.
Bassano risulta ancora in servizio nel 1620. 201
197
198
199
A. Bertolotti. op. cit,. pp. 65-7
ivi p. 71
A. Parazzi. op. cit., p. 45
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. Bb. IV (1513-1697), fasc. Salariati, c. 175.
Herla P-736
200
201
A. Bertolotti. cit,. pp. 63-71
77
200
L organista Virchi Paolo alla fine del ducato estense nel 1597 passa dalla corte di Ferrara a
quella di Mantova, e fu autore di diversi Madrigali editi dal 1582 al 1604.
Nel 1598 Lauro Domenico, autore di molte Messe e Mottetti nonchè madrigalista, assume
il posto di Maestro di Cappella della Cattedrale, subentrando a Lodovico da Viadana.
Sono inoltre registrati come musici in questo periodo Michele Fera musico mantovano,
Ercole Favino cantore, Marono Giovanni organista, Orfino Vittorii, Girolamo Casati
maestro di cappella, e Francesco Rasi, celebre cantore che si distinse nel 1600 a Firenze
nel famoso primo saggio dello stile rappresentativo.202
La figura del nobile aretino Francesco Rasi (1574 - 1621), interprete famoso e ricercato
anche dalle altre corti, è molto importante. Nel 1590 si esibisce a Roma, sotto il patronato
del Granduca di Toscana, e diventa allievo di Caccini, attraverso il quale probabilmente
entra in contatto con il nuovo stile e la nuova invenzione del Chitarrone. Nel 1593, in una
lettera da Roma, Emilio de' Cavalieri ne loda il successo sia come cantante che come
liutista. Nel 1598 il Rasi accetta l'invito del Duca Vincenzo trasferendosi alla corte di
Mantova, dove rimarrà per venti anni fino alla morte. Nel 1600 Rasi si trova a Firenze,
dove partecipa come cantante all'Euridice di Peri; e nel 1607 a Mantova eseguirà l'Orfeo
di Monteverdi. 203
Una lettera testimonia la richiesta del Chitarrone come nuovo strumento per le attività di
corte, e conferma la sua principale diffusione a partire dall'ambiente romano. Giovanni
Maria Lugharo (segretario e musicista di Vincenzo Gonzaga) il 25 giugno 1602, da Trento,
scrive al Duca:
Il chitarrone ch'io promisi a V.A. l'o comisso a far fare a Roma, perchè in Venetia
(oltre non esservi di fatto cosa che valesse) tan poco poteva essere ben servito
com'io desidero, per ciò scrissi al mastro proprio il qualle fece il mio, facia ancor
questo di V. A.'. 204
202
A. Bertolotti. cit,. 71-87
203
William V. Porter. Francesco Rasi. in The New Grove Dictionary of Music and Musicians. 2° ed. 2001
204
A. Bertolotti. cit,. p. 71-87
78
Nel 1605 vengono assunti, su commissione ducale, 'i seguenti musici di Sua Altezza per
100 scudi l'anno': Francesco Campagnolo (a partire dal 1 giugno 1604), Anselmino de'
Rossi e Luca Francini (dal 1 aprile 1605);205 dove il citato Anselmo de' Rossi non va
confuso con la famiglia di Salamon, risultando essere un prete cattolico. 206
Un mandato ducale del 1606 delibera che si devono ricavare, tramite dazi, il pagamento
dei seguenti musicisti di Sua Altezza: Luigi Farina, Ottavio Trigoli, Giovan Battista Rubini,
Fabrizio Trolandi, Francesco Barbioli, Orazio Rubini. 207
Giovan Battista ed Orazio Rubini, violinisti, collaboreranno a lungo con Rossi e risultano
attivi in due gruppi, uno per le Sinfonie che impiegava i violini ed uno per le danze, forse
costituito da un consort di viole.208
Francesco Gonzaga infatti in una lettera del 1609 indirizzata a Monteverdi, allora maestro
di cappella, chiede al musicista di intercedere con il Duca per ottenere Orazio Rubini,
impiegato come violinista nei concerti delle Sinfonie di Rossi.
Si trova qui Horazio casalasco (Rubini) che serve il S.r. Duca di violino nelle
sinfonie di Salomone e di viola di contralto nel concerto delle viuole da ballo.
Hora perch'io havessi gran bisogno d'un basso nella muta delle mie viol, vorrei
che faceste in maniera che S.A. senza suo incommodo mi concedesse il
sopradetto Horatio, mettendole in considerazione che nella parte che egli fa
col violino nelle sinfonie di Salomone in compagnia di suo fratello potrebbe
l'A.S. esser egualmente servita da Franceschino, e per il contralto sarebbe facile
cosa trovare altro soggetto. 209
I fratelli Rubini resteranno a lungo a Mantova, e li troviamo citati in un documento
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. Bb. IV (1513-1697), fasc. Salariati, c. 105.
Herla P-720
205
Thomas J. Mathiesen. Festa Musicologica: Essays in Honor of George J. Buelow. Pendragon Press
Musicological Series. 1995. p. 216
206
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. Bb. IV (1513-1697), fasc. Salariati, c. 137
6/11/1606 Herla P-727
207
208
D. Harràn. cit,. p. 20
209
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 2271, cc.n.n. -3325
79
del 1611: 'Si assegna, su ordine del Duca di Mantova, ai violinisti casalaschi Giovan
Battista e Orazio Rubini, un aumento di compenso di trenta scudi annui'.210
Oltre a far parte del gruppo musicale di Rossi come violinisti, i Rubini suonavano anche il
Chitarrone come testimonia Monteverdi in una lettera del 1611 al Cardinale Gonzaga (il
Duca Ferdinando): avendo ricevuto due madrigali composti dal Cardinale, Monteverdi gli
comunica 'che per queste occasioni farà suonare i chitarroni ai 'casalaschi' per le parti per
due chitarroni nel madrigale 'Ah che morir mi sento'.211
Le ricerche eseguite da Don Harràn ipotizzano che i fratelli Rubini fossero di origini
ebraiche, poi convertiti (alcuni mottetti da loro composti compaiono in una raccolta di
brani sacri del 1618).
Un altro legame d'arte particolarmente intenso è quello tra Rossi e Isacchino Massarano,
compagno di Salamon in varie produzioni del teatro ebreo; è possibile che il chitarrone
fosse suonato da Massarano fino al 1610 (data dopo la quale non se ne ha più notizia). 212
Rossi potrebbe aver preso particolare confidenza con il Chitarrone tramite la vicinanza
con Isacchino, uniti anche dalla loro comune appartenenza alla comunità giudaica.
Una serie di lettere del 1602 mostra lo stretto legame tra i due; Pietro Priuli
(appartenente alla nota famiglia veneziana) scrive da Padova il 14 aprile pregando il Duca
di mandargli Francesco Rasi e, se questi non potesse, gli ebrei Isaac Massarano e Salamon
Rossi per alleviare la sua malattia:
Io non sapevo far riverenza a V. Alt. Ser.ma se il ritrovarmi in Padova non mi
porgeva occasione di supplicarla d'una gratia. Et è di favorirmi del Rasi per
qualche giorno; non trovando io Antidoto più salutare per la melanconia che si
patisca da medicinanti come son'io della Musica. Et s'egli per qualche sua
indisposit.ne restasse impedito si degni commutarli nei due ebrei Isaac et
213
Salamon...
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. Bb. IV (1513-1697), fasc. Salariati, c. 185.
19/10/1611 Herla P-740
210
211
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 6, cc. 118-119. C-2671
212
D. Harràn. cit,. p. 21-2
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 1534, cc. 419-420 Padova 14/4/1602 Herla
C-489
213
80
Il Duca risponde il 17 aprile:
Il Rasi si ritrova in mal termine di poter venire a servir V.S. oltre che egli è anche
un homore di così fatta tempra che per mio creder poca ricreatione riceverebbe
forse del suo trattare. Quanto ai due hebrei volentieri li manderò... 214
In una nuova missiva del 7 maggio Priuli spiega al Duca che il ritardo del ritorno a
Mantova dei due ebrei è stato causato dalla febbre di Isacco Massarano, e ringrazia del
favore ricevuto con la loro 'lodevole presenza'. 215
La collaborazione musicale dei due 'ebrei' risulta evidente, presumibilmente Salamon
suonava il violino e/o la viola e Isacchino, oltre a cantare, accompagnava con la Tiorba.
Le loro esecuzioni dovevano essere particolarmente apprezzate, come documentano i
resoconti di Gerolami Fonati, un comico al servizio della corte di Mantova al quale il Duca
mostrerà la sua benevolenza aiutandolo ad uscire di prigione.216
Il 26 aprile 1602, firmandosi 'Don Geronimo Incurabile', dopo alcune notizie sulle sue
sventure scrive infatti al Duca elogiando i musici ebrei che si trovano presso il signor Piero
Priuli, di cui parla con ammirazione tutta Padova.
Il 7 maggio dello stesso anno,
firmandosi 'Don Geronimo Refrigerato' (per qualche aiuto ricevuto dal Duca) informa che i
musicisti ebrei, molto lodati da tutta la città, stanno tornando a Mantova. 217
La serie di missive oltre all'alta considerazione manifestata per i due musicisti mostra il
controllo esercitato dal Duca sui suoi stipendiati, tanto da esser informato da più voci
circa i motivi del ritardato ritorno a Mantova (come peraltro si rileva dalla corrispondenza
anche riguardo altri musicisti). Nel febbraio 1608 Carlo Rossi, procuratore del Duca che si
trovava fuori Mantova, lo informa circa l'organizzazione di una serie di eventi della corte:
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 2255, c. n.n. Mantova 17/4/1602 Herla C490
214
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 1534, cc. 472-473 Padova 7/5/1602 Herla
C-492
215
216
Cristina Grazioli. Note per un indagine su Giovan Paolo Agucchia, il Dottore da Bologna, a partire
dall Archivio Herla. in Annuario della Commedia dell Arte. Olschki. 2008. note pp. 104 e 128
217
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. rispettivamente b. 1534, cc. 441-442. Herla
C-491; b. 1534, cc. 474-475. Herla C-493
81
l'incontro tra Rinuccini e Federico Follino per la realizzazione dell'Arianna e, per quanto
riguarda 'L'Idropica', la spiegazione dettagliata di come i compositori si siano divisi gli
Intermedi e come siano stati scelti cantanti e strumentisti. 218
La commedia di Battista Guarini verrà messa in scena il 2 giugno 1608 con Intermedi di
Claudio Monteverdi, Salamon Rossi, Gian Giacomo Gastoldi, Marco da Gagliano, Giulio
Cesare Monteverdi, Paolo Virchi. Salamon Rossi risulta sempre presente a tutte le attività
di corte, prendendo parte ai più importanti eventi sia come compositore (Intermedi de
L'idropica) che come violinista (l'Orfeo di Monteverdi).
Nel 1617 a Venezia vennero pubblicate le musiche de 'La Maddalena' di Andreini
rappresentata a Mantova nel teatro di corte nel marzo 1617, unico dramma andreiniano
di cui, ad oggi, siano sopravvissute le musiche alla cui stesura vennero chiamati Claudio
Monteverdi, Salamon Rossi, Muzio Effrem, ed Alessandro Ghivizzani.
Monteverdi musicò il prologo inviando le musiche da Venezia; invitato più volte a tornare
alla corte dei Gonzaga rifiutò sempre per lo sfavorevole trattamento economico che
aveva costantemente subito.219
Rossi compose la fine del dramma, il balletto 'Spazziam pront o vecchierelle', cantato e
sonato con tre viole da braccio.220
Nel corso della sua lunga attività Rossi appare in quattro note di pagamenti, le prime due
con la sorella Madama Europa nel 1589 e 1592, la terza nel 1615, la quarta nel 1622 dove
è registrato fra i suonatori ducali di viola, con provvigione annua di L. 383. 221
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 2712, fasc. 20, doc. 3 Mantova. 27/2/1608.
Herle C-454
218
219
A. Bertolotti. cit,. p. 77
220
Musiche da alcuni excellentissimi musici composte per la Maddalena, sacra rappresentazione di Gio.
Battista Andreinni fiorentino, Venezia, Stampa del Gardano presso Bartolomeo Magni, 1617. Quivi a pag. 8
si legge: Di Salamon. Bossi Hebreo Mantouano Balletto, và cantato et sonato con 3 Viole da Braccio.
Mantova, Archivio di Stato - Archivio Gonzaga. Rispettivamente b. 395, c. 159v, Herla P-472, con
annotazione di altra mano 'tra 1587 e 1591'; b. 3146, c. 64 Herla P-490, dove il pagamento di L. 13-19 è
contenuto nel fascicolo 'provvisioni che si pagano ogni mese'; b. 3144, c. 110 Herla P-454, dove Rossi risulta
tra i salariati di corte per L. 41-17; b. 395, c. 67 Herla P-466, dove risulta pagato all'interno del complesso
delle viole del Duca per L. 303-8. Ulteriore riferimento a quest'ultimo pagamento in Bartolotti, p. 87, dove si
trova annotato ' con provvisione annua'.
221
82
Oltre gli impegni di corte Rossi ha partecipato alle varie attività musicali di residenze
private, come si rileva sia dai documenti, dove dietro esplicito consenso del Duca gli
veniva permesso di prestare la propria opera presso qualche corte vicina, sia dalle
dediche del compositore.
La musica non era solo appannaggio della corte, era eseguita anche nelle residenze
private nobiliari, nel teatro pubblico gestito dalla corte, nelle accademie (dove per
esempio avvenne la prima rappresentazione dell' Orfeo di Monteverdi, nella quale
probabilmente Rossi condusse l'orchestra come primo violino). 222
Il 10 luglio 1607 un segretario del Duca di Mantova scriveva al Principe della Mirandola
che, in occasione dell'arrivo del Duca di Modena nei suoi territori, accanto all'ebreo che
suonava il liuto (sicuramente Massarano) si inviavano Salomon e alcuni dei musicisti
richiesti.223
Ancora nel 1612 Alessandro Pico, Principe di Mirandola, e dedicatario del Terzo libro di
madrigali a 5 voci di Rossi, richiese al Gonzaga che Salamon e il suo gruppo di musicisti
fossero inviati a Mirandola ad intrattenere il Duca di Modena ed altri ospiti:
'Aspettando alla Mirandola il Duca di Modena mio suocero... desidererei poter honorarmi
in questa occasione della persona di Salomone Hebreo et della sua compania o suo
concerto'. 224
Il riferimento nella lettera di Pico del 1612 al 'concerto' sembra indicare che Rossi avesse
un proprio gruppo di musicisti con cui suonare nelle corti (concerto era inteso anche
come consort di voci o strumenti). 225
Le dediche di Rossi rivelano chiaramente i contatti con le altre corti, Ferrara in primis a
causa dei legami familiari dei Gonzaga (Margherita, sorella del duca Vincenzo I, era sposa
di Alfonso II d'Este): il Secondo libro di Sinfonie del 1608 lo dedica al Duca Alfonso II
d'Este, ringraziandolo dei favori ricevuti, ed i Madrigali a quattro voci del 1612 ad
222
D. Harràn. cit,. p. 31-2
223
Mantova, Archivio di Stato - Magistrato Camerale Antico. b. 2268, c.n.n. Herle C-1230
Francesco Ignazio Papotti. Annali o memorie storiche della Mirandola I: dal 1500 al 1673, in Memorie
storiche della città e dell' antico ducato della Mirandola. Vol. III. 1876. p. 99
224
225
D. Harràn. cit,. p. 20
83
Alfonso III d'Este principe di Modena e Reggio. Le varie testimonianze, quali lettere,
resoconti e dediche, mostrano come fin dal 1602 Rossi intraprese molti viaggi in seguito
alle richieste di Principi e nobili (in un documento si accenna alle sue Sinfonie), e indicano
la considerevole stima che il compositore si era guadagnato anche al di fuori di Mantova.
Rossi si è recato a Venezia in almeno tre occasioni, come risulta dalle firme alle dediche di
tre pubblicazioni: nel 1600, nel 1622 e per la sua ultima opera, la raccolta di Madrigaletti,
nel 1628. Il soggiorno del 1622 non riguardò solo la stampa delle opere strumentali ma
probabilmente anche l'impostazione per il suo lavoro più ambizioso e tipograficamente
più complicato: la pubblicazione, circa otto mesi più tardi, delle 'Canzoni di Salomone'.
Tale pubblicazione è stata realizzata dopo molti tentennamenti grazie all'appoggio ed alle
insistenze dei suoi amici ed agli incontri con i due maggiori rappresentanti della cultura
ebraica, il rabbino Leon Modena e la poetessa Sara Copia Sulam
226
che ebbero una
profonda influenza sulla singolare collezione di opere in ebraico pubblicata nel 1623.
A Venezia Rossi era probabilmente ospite di Sara Copia, dal momento che il marito era il
fratello del patrono mantovano del compositore, Mosè Sulam. Rossi, che era molto
ammirato da Sulam, si sentiva così in debito con lui da dedicargli la sua collezione di
Canzoni.227
Nel 1627, con la morte senza eredi dell'ultimo Duca di Mantova, si scatenarono le
questioni ereditarie: alla pretesa di Carlo Gonzaga del ramo francese dei Nevers
(occasione per Richelieu di introdursi nell'Italia settentrionale) si opposero la Spagna, che
vedeva in pericolo il proprio dominio sul ducato di Milano, ed i Savoia che ambivano da
sempre al Monferrato. L'imperatore Ferdinando II, con il pretesto che Carlo non aveva
richiesto l'autorizzazione, mise sotto tutela il ducato. Per motivi territoriali e politici iniziò
quindi la guerra e l'esercito di Carlo Gonzaga (il quale era appoggiato dalla Francia, dal
Poetessa italiana, Venezia 1592- 1641, fu una delle donne più erudite dell'epoca. Figlia di un uomo di
cultura, a soli quindici anni di età conosceva il latino e i classici greci, le Sacre Scritture, la letteratura
spagnola, ognuno nella sua lingua originale, ed era già conosciuta per le sue poesie in italiano. Di profonda
cultura in ogni campo, possedeva abilità musicali e il dono dell'improvvisazione. Leone Modena le dedicò
la sua traduzione di Salomone Usque del dramma spagnolo Esther. In JewishEncyclopedia, voce: Sullam,
Sara Copia (Coppio) <http://www.jewishencyclopedia.com/articles/14105-sullam-sara-copia-coppio> URL
consultato il 31.12.14
226
D. Harran. A Tale as Yet Untold: Salamone Rossi in Venice, 1622. Sixteenth Century Journa. XL/4. 2009.
pp 1091-3
227
84
Papa e da Venezia) giunse a Mantova il 17 febbraio 1628. Le reazioni non si fecero
attendere, con la discesa dei Savoia nel Monferrato e la successiva risposta
dell'imperatore Ferdinando II che, nel 1629, inviò in territorio mantovano il corpo
mercenario dei lanzichenecchi. Famosi per la barbarie e i saccheggi, questi portarono con
sè la peste di manzoniana memoria, che insieme alla carestia decimò la popolazione.
Dal 1628 non si saprà più nulla di Salamon Rossi, probabilmente morto intorno il 1630 per
le funeste conseguenze del sacco di Mantova.228
228
Don Harran. Salamone Rossi. cit,. p. 12
85
2.2 Le opere
L'importanza di Salamon Rossi è stata riscoperta solo da pochi decenni, grazie ai più
recenti studi musicologici che spesso lo pongono al livello del grande e più noto
Monteverdi. Rossi può essere considerato sotto molti aspetti un musicista d'avanguardia:
fu il primo compositore di madrigali a favorire i cosiddetti poeti manieristi; il suo primo
libro di madrigali (1600) è stato pubblicato con l'opzione di una inedita intavolatura per
Chitarrone ed il secondo (1602) è caratterizzato da una parte di basso continuo: si pone
così tra i primi sperimentatori della monodia accompagnata precedendo di tre anni il
primo esperimento di Monteverdi nei madrigali concertati. Anche nel campo della musica
strumentale Rossi occupa una posizione pionieristica: il suo libro di Sinfonie e Gagliarde,
pubblicato nel 1607, contiene le prime Trio-sonate della letteratura musicale. E' anche il
compositore dell'unica collezione esistente di musica polifonica per la sinagoga (Hashirim
Asher Lish'lomo, 1622 / 23) che appare in stampa prima del XIX secolo.229
Si riportano di seguito le opere vocali e strumentali in ordine cronologico secondo data di
pubblicazione; il luogo di pubblicazione è, per tutte le opere, Venezia:
Tab. 2.1 Ordine cronologico delle opere di Salamon Rossi
Canzonette a 3
1589
Madrigali a 5, Libro secondo
1602
Madrigali a 5, Libro primo
1600
Madrigali a 5, Libro terzo
1603
Il Primo libro delle sinfonie e gagliarde
1607
Il Secondo libro delle sinfonie e gagliarde
1608
Madrigali a 5, Libro quattro
1610
Madrigali a 4, Libro primo
Musiche de alcuni eccellentissimi musici composte per La Maddalena
Madrigali a 5, Libro quinto
Il terzo libro de varie sonate, sinfonie, gagliarde, brandi e corrente
Il quarto libro de varie sonate, sinfonie, gagliarde, brandi e corrente
Madrigaletti a 2
229
230
1614
1617
1622
1623 230
1622
1628
Joshua Jacobson. The Choral Music of Salamone Rossi. in American Choral Review XXX 1988.
L'edizione del 1623 è una ristampa, probabilmente fu edito nel 1613.
86
2.2.1 Musica vocale
Oltre Il Primo Libro delle Canzonette a tre voci composto nel 1598, dal 1600 fino alla fine
della sua vita Rossi compose sette raccolte di Madrigali di cui 5 a cinque voci, 1 a quattro
voci, e l ultima di Madrigaletti a due voci
Si riporta per esteso il titolo di ciascuna di queste opere vocali per la loro preziosa
descrizione riassuntiva:
•
•
Il Primo Libro delle Canzonette a tre voci di Salamone Rossi H. nouamente posti in luce.
Il Primo libro de madrigali a cinque voci di Salamon Rossi Hebreo con alcuni di detti
madrigali per cantar nel chitarrone, con la sua intavolatura, posta nel soprano.
Nouamente composti, et dati in luce.
•
Il Secondo libro de madrigali a cinque voci, di Salamon Rossi hebreo con il basso continuo
per sonare in concerto posto nel Soprano, & vn dialogo a otto nel fine. Nouamente
composti, et dati in luce.
•
Il Terzo Libro de Madrigali a cinque voci, con una Canzon de baci nel fine, con il suo basso
continuo per sonar istromenti da corpo, di Salamon Rossi hebreo. Nouamente composti,
et dati in luce.
•
Il Quarto Libro de Madrigali a cinque voci, con il basso continuo per stromenti da corpo
•
Il Quinto Libro de Madrigali a cinque voci, di Salamon Rossi hebreo.
•
posto nella parte del canto, di Salamon Rossi hebreo. Nouamente ristampato.
Il primo libro de madrigali a quattro voci di Salamon Rossi Hebreo : con il basso continuo, e
un dialogo a 8. novamente posti in luce : opera nona, in Venetia 1614 appresso Rocciardo
Amadino
•
Madrigaletti a due voci per cantar à doi soprani, overo tenori, con il basso continuo.
Molte di queste pubblicazioni furono estremamente popolari. Solo il suo primo libro di
madrigali fu ristampato quattro volte, il secondo libro due volte, il terzo e quarto libro
una volta (con la specifica nel titolo 'Novamente con ogni diligentia ristampato' o 'Di novo
con diligentia ristampato').
Diciannove dei suoi madrigali compaiono in collezioni manoscritte del musicista dilettante
inglese Francis Tregian;
Thomas Weelkes (?1575-1623), considerato il più grande
87
madrigalista inglese, nel suo Primo Libro del 1597 pubblicato a Londra inserisce due
composizioni mutuate, sia per il testo che per la musica, dalle Canzonette giovanili di
Rossi.231
In una antologia manoscritta intitolata 'Raccolta di partiture di composizioni
madrigalesche dei sec. XVI e XVII' si trovano inseriti alcuni suoi madrigali, 'Mutate le
parole' dai Cantici sacri ed il Balletto per la rappresentazione de La Maddalena, dove
prima dell'armatura iniziale viene riportato 'Per voci e tre viole da / braccio'. 232
Quest'ultimo rappresenta l'unico e straordinario caso che vede Rossi impegnato in una
composizione religiosa di tipo 'gentile', essendo l'opera di Andreini una Sacra
rappresentazione.
Vi sono discrepanze tra la data di pubblicazione di alcune raccolte che sembrano in realtà,
per stile e scelta poetica, appartenere ad una data anteriore di composizione.
Tali dubbi nascono dal fatto che sia lo stile che la scelta poetica del Quarto Libro del 1614
risulta troppo simile a quelle del Primo libro del 1600.
Il Quarto libro, infatti, contiene nove testi di G.B. Marino, autore che inizia ad essere
presente nei madrigali di Rossi solo dal 1603. Newman nei suoi studi ritiene che i
madrigali del Quarto libro appartengano ad uno stile precedente, assimilabile a
compositori come Luca Marenzio; anche Cohen rileva che i madrigali a quattro parti
devono essere stati scritti molto prima del 1614, per le analogie musicali con Marenzio e
con le pubblicazioni comprese tra il 1590 ed il 1603 di Claudio Monteverdi. 233
Don Harràn oltre a rilevare le similitudini musicali e poetiche con le opere precedenti
porta due ulteriori argomenti: la dedica al patrono Federico Rossi per i favori ricevuti e
'l'infinita sollecitudine' durante gli anni in cui era studente di composizione, il che significa
presumibilmente intorno gli anni '80-90 (appare alquanto strano che Salamon lo ricordi
in una dedica solo dopo venti anni) e
l'indicazione 'nouamente posti in luce' nel
Eric Lewin Altschuler, William Jansen. Thomas Weelkes and Salamone Rossi: Some Interconnections. in
The Musical Times, Vol. 145. N. 1888. 2004.pp. 87-88
231
Raccolta di partiture di composizioni madrigalesche dei sec. XVI e XVII. Biblioteca nazionale Marciana.
Venezia. Il volume segnalato nella maschera Collazione è in realtà un insieme di 30 fascicoli slegati
232
233
E. L. Altschuler, W. Jansen. cit., pp. 87-94
88
frontespizio, mentre nei primi tre libri e nel Quinto libro compare 'novamente composti
et dati in luce'.234
Tutte queste considerazioni portano a stabilire la data di composizione del Quarto libro
prima del 1603.
Le scelte poetiche rivelano lo spirito moderno di Rossi in un periodo contraddistinto dalla
ricerca della rottura con il passato e con il petrarchismo cinquecentesco.
Nella seguente tabella vengono sintetizzati gli autori dei testi secondo le varie
pubblicazioni:
Tab 2.2 Autori dei testi dei Libri di madrigali, confronto numerico
1589
An. 19
1600
1602
BG 13
BG 3
An. 2
A.m. 4
An. 3
GC 5
OR 4
A.m. 4
Legenda:
An
Anon
BG
Guarini
1603
An. 2
1610
1614
1622
BG 1
BG 6
BG 1
An. 5
GC 1
OR 1
OR 2
A.m. 1
GM 10
GM 9
GC
OR
Chiabrera
Rinuccini
An. 9
A.m. 1
TT 1
GM
Marino
An. 3
A.m. 1
GM 14
TT
Tasso
1628
An. 11
GC 1
OR 1
A.m. 1
GM 4
A.m.
Autori
minori
La prima pubblicazione di Canzonette vede musicati solo autori anonimi. A partire dal
1600 la scelta dei lavori di Guarini, Marino, Chiabrera e Rinuccini riflette la più moderna
tendenza lirica del periodo coevo.
I poeti più musicati sono Guarini e Marino, tanto da poter dividere il madrigalismo di
Rossi in un periodo guariniano e mariniano (considerando che la pubblicazione datata
1614 è ascrivibile al periodo precedente). Nella sua opera finale invece torna a prevalere
la scelta di autori anonimi.
234
D. Harran. Salamone Rossi. cit,.pp. 67-9
89
Guarini era il poeta più apprezzato dalla corte estense dopo il Tasso, le sue liriche furono
musicate dai maggiori madrigalisti dell'epoca e furono una delle fonti più utilizzate da
Gesualdo da Venosa. Nonostante i testi poetici circolassero per varie vie (dirette,
epistolari) colpisce il fatto che nella raccolta del 1603 su quattordici testi ben dieci siano
Rime di Guarini, pubblicate solo nel 1602.
Torquato Tasso, ampiamente musicato da Monteverdi fin dal 1587, compare solo una
volta tra le opere più tarde di Rossi. Chiabrera e Rinuccini rappresentano autori legati al
circolo di Caccini ed alle nuove tendenze monodiche. Marino, che compare nel terzo libro
del 1603 dedicato ad Alessandro Pico, Principe della Mirandola, può essere considerato il
poeta della vera rottura con il passato e l'innovatore del secentismo italiano (Monteverdi
si avvicinerà ai versi di Marino solo dal 1614 nel Sesto libro di madrigali, e sempre con
parsimonia).
L'unico tributo pagato da Rossi per l'idolo letterario del XVI secolo, Petrarca, si trova nei
Madrigaletti del 1628: il sonetto 'Vago augelletto'. Sono pochi i contemporanei di Rossi
che si sono così decisamente rivolti ai poeti del proprio tempo.
Se come compositore di madrigali
Salamon Rossi è stato sempre considerato
fondamentalmente un conservatore, in realtà per molti aspetti si distingue come un
innovatore, tra cui la scelta della poesia contemporanea più alla moda per i tempi e l' uso
dell'accompagnamento strumentale.
Alfred Einstein fu il primo storico a riscoprire Salamon Rossi ed a rivalutare la sua
importanza, evidenziando tra l'altro che le sei composizioni con accompagnamento del
Primo libro si possono qualificare come madrigali concertati, che possono essere eseguiti
in cinque parti a cappella o per solista con accompagnamento di Chitarrone, senza poter
escludere anche una esecuzione a cinque parti con accompagnamento; sottolinea inoltre
come questo avvenne cinque anni prima che Monteverdi pubblicasse i suoi madrigali con
accompagnamento strumentale obbligato.
Rossi aveva già fatto una precisa distinzione nel suo Primo libro tra madrigali a cappella e
madrigali 'per cantar nel Chitarone', ed anche il Secondo libro del 1602 contiene la
possibilità di una esecuzione a cappella o monodica. L'indicazione alla presenza del basso
continuo sarà presente anche nelle raccolte successive.
90
Con l'affidare la parte preminente al soprano rispetto le altre voci
Rossi si può
considerare uno dei primi monodisti, molto più determinato e progressivo rispetto ad
altri autori coevi. 235
I madrigali di Rossi fin dal Primo libro, e in modo ancor più evidente nei successivi,
contengono passaggi in stile declamatorio che testimoniano la penetrazione del recitativo
nella scrittura corale. Sia il recitativo corale che quello solista, come concepito da Rossi,
sono esempi di quello che è stato chiamato più generalmente 'cantar recitando'.236
Tale termine compare nel frontespizio della Rappresentatione di Anima et di Corpo
(1600) di Emilio de Cavalieri e pone al centro la parola e gli affetti. Pirrotta attribuì a
Peri, che sperimentava un canto che evocasse il discorso parlato, il termine 'recitar
cantando' ed a Caccini, impegnato a trovare l'espressione delle parole in musica, il
termine 'cantar recitando'.237
Brevemente si riassumono i tratti essenziali dello stile vocale di Rossi.
I madrigali sono perlopiù a cinque voci nella tradizione dei maggiori compositori
dell'epoca, da Wert a Monteverdi, ma contengono anche brani ad organico più ampio
come i madrigali a sei ed otto voci, in genere aggiunti alla fine delle raccolte.
Dei 146 lavori vocali, la maggior parte dei testi appartiene formalmente al genere del
madrigale nella sua specifica alternanza di versi settenari ed endecasillabi in metro
giambico, ma Rossi introduce anche le forme delle canzonette in una o più stanze, dei
sonetti (strofici o multistrofici), e della ballata.
Le tre principali strutture delle sue composizione risultano quindi: le canzonette, con tre
linee melodiche della stessa importanza ed imitazioni nel contesto omofonico; i madrigali
a 4, 5 e più voci che variano dalla simultaneità accordale a differenti livelli di imitazione; i
madrigaletti, con le due voci superiori che formano un duetto e l'accompagnamento di
continuo al basso, in una forma che ricorda la trio-sonata strumentale.238
235
Alfred Einstein. Salamone Rossi as composer of madrigals. Hebrew Union College Annual, Vol. 23, No. 2.
236
D. Harran. Salamone Rossi. cit,.pp. 98-9
237
Nino Pirrotta. Early opera and aria. in New Looks at Italian Opera. ed. Austin. 1968. p. 52
238
D. Harran. Salamone Rossi. cit,.pp. 73-95
1950-1951. pp. 389-393
91
La tematica preminente dei testi è quella usuale del periodo: la sofferenza dell'amore, la
separazione dolorosa della partenza spesso associata alla morte, l'invocazione d'aiuto in
genere legato alle lacrime d'amore. Solo il 5% del repertorio è legato alla figura del bacio,
tra cui la famosa e diffamata 'Canzon de' baci' di Marino, dalle forti locuzioni verbali non
scevre di erotismo, musicata per intero in tutte le sue otto strofe. Infine, eccetto Rossi
non si conosce nessun compositore che abbia messo in musica il testo di Marino del 1608
'Panegirico del Marin , al Figino'. 239
Compositore attento e rispettoso delle regole del contrappunto del XVI secolo, in Rossi
compaiono pochi errori grammaticali, contandosi solo 27 parallelismi in un totale di 6.675
battute. Un certo numero di quelli che possono sembrare passaggi inusuali sono però
concepiti in funzione di coloritura della parola, ed hanno quindi la loro legittimità
musicale. Anche le dissonanze sono usate in funzione espressiva, con trasgressioni che
non interrompono il fluire del brano.
In ambito modale la scelta ricade più spesso sulle differenti inflessioni (m o M) del tono di
Sol (modo dorico per 48 brani e misolidio per 39); e in generale il suo repertorio si basa su
un orientamento modale che ha ormai in sè i segnali di rottura che preludono all'avvento,
ancora indefinito, del sistema tonale.240
I lavori secolari del compositore devono essere quindi letti sotto una nuova prospettiva,
nel senso che ciò che sembra convenzionale si presta ad una opposta interpretazione: la
sollecitudine del compositore per la chiarezza del testo che coincide con le istanze
dell'epoca.
Nell'adesione alla parte integrante della pratica contemporanea, monodia o stile
concertato, la sobrietà delle sue melodie diatoniche e del suo contrappunto,
nell'astenersi dalle complicazioni, indica l'intento del compositore per una trasmissione
chiara e comunicativa delle sue opere in modo da imprimere i loro contenuti poetici con
più forza. 241
239
D. Harran. Salamone Rossi. cit,. p. 85
240
ivi pp. 90-1
241
ivi pp. 113-14
92
2.2.2 Musica strumentale
Lo sviluppo secentesco della musica strumentale e soprattutto della Sonata raccoglie
l eredità della Canzonetta a tre voci in cui il violino diventa protagonista. Si delinea un tipo
di composizione definita a tre, perché permetteva di unire notevole agilità (con pochi
esecutori) con il mantenimento di un impianto polifonico. Autori come Biagio Marini,
Salomone Rossi, Carlo Farina, Giovanni Battista Fontana, Tarquinio Merula e molti altri
sviluppano una ricca sperimentazione di tecniche esecutive e soluzioni formali attraverso
le quali matura il distacco dai modi della canzona strumentale. Con l abbandono delle
brevi sezioni a carattere contrastante, tipiche della canzona, e la predilezione di
movimenti a più ampio respiro nei quali la strumentalità solistica può meglio espandersi,
si affermano la Sonata a solo e quella a due violini, sempre con l accompagnamento del
continuo.
Nel suo sviluppo, nell ambito della Sonata a tre si farà poi distinzione tra Sonata da chiesa
e Sonata da camera, introdotta da Merula nel 1637 con le sue 'Canzoni overo Sonate
concertate per chiesa e camera' ma la cui distinzione netta appare per la prima volta
nell Opera di Marini intitolata 'Diversi generi di Sonate, da Chiesa, e da Camera' del 1655
e che troverà il suo compimento nelle sonate corelliane.
Il massimo sviluppo della sonata derivante dalla forma vocale della canzona la troviamo,
in base al numero di pubblicazioni degli anni 1615-1630, a Venezia; ma la sonata
veneziana del 1620 era ancora distinta dalla triosonata per tre aspetti: la varietà della
destinazione strumentale, che prevedeva una combinazione tra strumenti ad arco e
strumenti a fiato mentre il modello standard prevedeva solo archi e continuo, la
prevalenza di una scrittura contrappuntistica e la mancanza di elementi quali ritmi di
danza, forma binaria, basso ostinato, elementi invece prevalenti nelle precoci opere di
Salamone Rossi.242
Nel periodo tra il 1600 e il 1675 le fonti italiane di duetti e trii strumentali costituiscono
solo una piccola percentuale dell intero corpus a stampa ed era prodotto da un ristretto
numero di compositori, in cui non sono compresi i più noti dell epoca quali Monteverdi,
Alessandro Grandi, Marcantonio Cesti che hanno composto musica strumentale in un
242
Eleanor Selfridge-Field. Venetian Instrumental Music from Gabrieli to Vivaldi. Ed. Dover. 1994. p. 122
93
ambito vocale. Dal 1675 i duetti e trii strumentali ebbero una parte preminente nelle
edizioni con i lavori di Bononcini, Cazzati, Legrenzi, Vitali e Stradella.243
Riemann, musicologo tedesco del XIX secolo, fu il primo a considerare Rossi il più
importante rappresentante del nuovo stile in campo strumentale, sia perchè fu uno dei
primi artefici della Triosonata, sia perchè la sua concezione musicale costituirà per lungo
tempo un modello per la semplicità della forma. Il procedimento compositivo che Rossi
attua nella Sonata è lineare, come nelle brevi Sinfonie, e per brani più lunghi introduce la
forma delle variazioni con unità tematica: anche la forma variata della Sonata si pone tra
i primi esempi di questo genere.244
Tra il 1607 ed il 1622 Rossi pubblicò quattro libri di musica strumentale, i primi tre scritti
per viola, il quarto per violino.
La prima pubblicazione del 1607 porta il titolo completo 'Il primo libro delle sinfonie et
gagliarde a tre, quatro, e a cinque voci... Per sonar due Viole, overo doi Cornetti, e un
Chitarrone, o altro istrumento da capo'. Contiene 27 composizioni, di cui quindici Sinfonie
a tre voci; due Sinfonie, due Gagliarde, una Sonata a quattro voci; tre Sinfonie, tre
Gagliarde, un Passeggio d'un balletto.
La musica di Rossi è qui ancora radicata alla prima tradizione. La designazione a tre voci
indica le parti reali comprendenti il basso: la pratica del XVII secolo di indicare come Triosonata tre voci melodiche a cui viene aggiunto il continuo si svilupperà solo
successivamente.
Le Sinfonie sono perlopiù in forma bipartita con ritornelli, la forma più comune del
periodo barocco, ma troviamo anche brani a sezione unica e tripartiti, e nelle raccolte il
termine Sinfonia è riferibile perlopiù alla danza stilizzata, mentre l'unica Sonata presente
in questa raccolta è assimilabile alla doppia fuga.
243
Sandra Mangsen. The dissemination of the Pre-Corellian Trio Sonatas in Manuscript and Printed Sources:
a Preliminary Report. in Dissemination of Music: Studies in the History of Music Publishing a cura di Hans
Lenneberg Ed. Routledge. Amsterdam. 1994. Pp. 85-86
244
Abraham Zebi Idelsohn. Jewish Music: Its Historical Development. Dover Publication, 1992. p. 197
94
'Il Secondo libro delle Sinfonie e Gagliarde a Tre voci per sonar due Viole e un Chitarrone
con alcune delle dette a Quattro, e a Cinque, e alcune Canzoni per sonar a Quattro nel
fine', del 1608, contiene 35 brani di cui trenta Sinfonie, due Gagliarde e tre Canzoni. La
maggior parte è in forma binaria, tranne cinque in unica sezione, e nella Sinfonia n.16
alcuni passaggi cromatici nell'uso di terze minori mostrano la familiarità di Rossi con la
pratica del tempo.
'Il terzo libro de varie Sonate, Sinfonie, Gagliarde, Brandi, e Corrente per sonar due Viole
da braccio, e un Chitarrone, o altro stromento simile' fu pubblicato probabilmente nel
1613, ma è sopravvissuta solo una copia ristampata nel 1623. L'inizio della Sonata prima,
detta 'La Moderna', mostra passaggi in efficace stile moderno. Altre Sonate presentano la
forma della variazione, e la N.6 'Sonata in dialogo detta la Viena' si presenta come
composizione unica: un fitto dialogo tra i violini con espressivi passaggi a solo.
Infine, nel 1622, pubblica per violino 'Il quarto libro di varie Sonate, Sinfonie, Gagliarde,
Brandi, et corrente per sonar due Violini et un Chitarrone o altro stromento simile'. Il libro
si chiude con una eccezione, la 'Sonata a quattro violini e doi Chittarroni', che costituisce
uno dei primi esempi di doppia sonata a tre, vale a dire due gruppi a tre contrapposti. 245
Con questa ultima opera strumentale Rossi si pone anche tra i primi importanti
anticipatori del violinismo italiano, considerato un predecessore nello sviluppo della
sonata per violino che avrà culmine nelle opere di Biagio Marini. Rossi, insieme a Giovanni
Paolo Cima, attua il cambiamento nella riduzione delle parti a due o tre rispetto il numero
di parti (fino a ventidue) di Giovanni Gabrieli e dei suoi contemporanei legati ancora
strettamente alla polifonia.246
La notorietà delle sue opere strumentali è testimoniata dalle ristampe, anche dopo la sua
morte: nel 1638 (Terzo libro, con la dicitura 'terza impressione') e nel 1642 ('nuovamente
ristampate').
Willi Apel. Italian Violin Music of the Seventeenth Century. Ed. Binkley. Indiana University Press. 1990.
pp. 19-23
245
246
Thomas Dunn. Biagio Marini. String sonatas from opus 1 and opus 8. A-R Editions. 1981. p. vii
95
Rossi in tutto pubblica 116 lavori strumentali, di cui 103 composti per tre voci: due voci
melodiche con accompagnamento di Chitarrone o altro strumento di fondamento. Pochi
sono i lavori per più voci, il Libro IV ad esempio termina con una sonata a sei voci: quattro
violini e due chitarroni. La forma più rappresentata in tutti i quattro Libri sono la Sinfonia
e la Gagliarda. La Canzona è confinata nel secondo libro, mentre nel terzo libro si trovano
anche Corrente e Brando. Rispetto le danze di modello rinascimentale, l'insieme dei
lavori rientra in uno stile moderno dove spicca la ricerca di nuovi orientamenti tonali, con
scale M e m che sostituiscono i modi tradizionali.
La brevità delle Sinfonie è dovuta probabilmente alla loro destinazione d'uso di funzione
introduttiva per una serie di eventi.
La forma della maggior parte dei lavori strumentali ha uno schema AB con ripetizioni. In
un caso di Sinfonia viene aggiunta una coda, in alcune sonate si può trovare una sezione A
più lunga con sezione B più breve e ripetuta (ABB). Interessanti appaiono i pochi lavori
tripartiti, in cui le ripetizioni riguardano A e C mentre B assume la funzione di ponte o
transizione.
Dal terzo libro si assiste ad un cambiamento stilistico le cui principali caratteristiche sono
le variazioni nell ambito della Sonata ed un nuovo modo di differenziare la funzione del
continuo nei duetti. Una maturazione stilistica rispetto i precedenti libri rivolta al nuovo
stile, in una consapevolezza che porta il compositore a specificare nel titolo in stile
moderno .247
Spesso non è stata riconosciuta l'influenza di Rossi nel porre le basi della Sonata a tre voci
per gli equivoci generati dal problema del raddoppio del basso.
Nelle descrizioni settecentesche della Triosonata,
violoncello e clavicembalo
normalmente suonavano la linea di basso insieme. Ma le radici della Sonata a tre si
trovano nella prima metà del 1600, in collezioni come quelle di Rossi, Giovanni Battista
Buonamente e Frescobaldi, dove la linea del basso non era normalmente raddoppiata.
Sono pochi i riscontri nelle fonti italiane del duo e trio strumentale, da Rossi ad Arcangelo
Corelli, sulla pratica del
raddoppio del basso in Italia. L'incapacità di apprezzare
l'implicazione secentesca del termine basso (B) e continuo (bc) ha portato a imporre
247
D. Harràn. op. cit., pp. 116-124
96
convenzioni settecentesche di raddoppio sulle prime sonate, e di confondere ciò che
erano in origine strutture distinte. Per la maggior parte del secolo, il trio che richiedeva
quattro parti era specificamente segnato per tre strumenti melodici con strumento di
continuo (SSBbc); il duo che richiedeva tre esecutori era segnato per due strumenti
melodici con continuo (SSbc o SBbc): le prime fonti italiane del XVII secolo illustrano
chiaramente le tradizioni di destinazione strumentale alle quali Corelli attingerà.248
Molti brani erano destinati a tre strumenti; nelle quattro collezioni strumentali Salamon
Rossi specifica due viole o violini e chitarrone, pubblicate in tre parti separate, e solo
nell'ultima collezione compare
Chitarrone
la parte del basso figurato.
era in grado di suonare sia parti accordali che
Dal momento che il
melodiche, il suo uso
contempla entrambe le possibilità di assegnazione SSB o SSbc. Il titolo nelle prime due
collezioni che specifica 'a tre' suggerisce che Rossi possa aver previsto tre strumenti
melodici; negli ultimi due volumi gli strumenti di continuo sono semplicemente indicati
ma in entrambi i casi sembrano destinati a tre esecutori, senza raddoppio della linea del
basso.249
Le collezioni del coevo Buonamente riportano indicazioni similari, diversa solo la
destinazione del basso '...per sonar con due Violini e un Basso di Viola' rispetto l'uso del
Chitarrone; Mantova era la città natale del compositore, nato nel 1595: sicuramente Rossi
ha fornito il modello delle Sonate. Le collezioni strumentali di Rossi e Buonamente, e
quelle a tre parti delle Danze nel Primo Libro di Bononcini, presentano le stesse due
opzioni delle sonate da camera di Corelli: due violini e un singolo strumento melodico o
accordale per suonare il basso (SSB e SSbc), come ad esempio indicato nell' Opus 2
'Sonate da camera à trè, doi Violini e Violone ò cembalo' del 1685.
Solo a metà del secolo ci sono prove occasionali di una linea del basso raddoppiata:
Uccellini indica in uno dei suoi primi volumi (S1642a) che raddoppiando il continuo
accordale con un violone verrebbe a migliorare l'armonia di alcune arie. Le arie in
questione sono simili alle Sonate con la tecnica delle variazioni di Rossi e Buonamente,
Sandra Mangsen . The Trio Sonata in Pre-Corellian Prints: when does 3=4? in Performance Practice
Review. Vol. 3. N. 2. 1990 pp. 138-140
248
249
ivi p. 143
97
con parti di basso particolarmente attive, e la raccomandazione del raddoppio si applica
solo a queste arie specifiche e non alle altre parti del volume. 250
La pratica settecentesca di raddoppiare la linea di basso si sviluppa quindi lentamente nel
corso del XVII secolo, all'inizio uno strumento per il basso era di norma considerato
sufficiente, come evidente nei primi trii stampati da Rossi a Corelli: le radici della sonata a
tre si trovano nei primi esempi del genere nelle collezioni di Rossi, Buonamente e
Frescobaldi. 251
Il contributo di Rossi nello sviluppo musicale del '600 risulta quindi assolutamente
rilevante, e non solo come precoce esempio di Sonata come forma a più sezioni con una
chiara polarità tra due voci dialoganti ed il supporto del basso continuo: la sua
pubblicazione appare nelle fonti a noi giunte come prima in assoluto del genere, non vi
sono altre pubblicazioni di musica strumentale anteriori al suo Libro I.
La sua musica strumentale, inoltre, a dispetto della sua apparente semplicità, conserva
tutta la potenza degli affetti mutuati dai madrigali.
Oltre a tutte le innovazioni, interessa qui sottolineare come Rossi si ponga tra i primi
utilizzatori del Chitarrone al quale affidare esplicitamente la parte del basso in tutte le
raccolte strumentali.
250
ivi p. 146
251
S. Mangsen . op. cit., p. 150
98
2.2.3 Musica sacra
Il talento di Salamon Rossi si esprime anche nei lavori sacri per la Sinagoga. Verso la fine
del '500 le comunità del nord, influenzate dalla musica rinascimentale, cominciarono a
introdurre qualche modernizzazione nei loro servizi religiosi. Protagonista di questo
spirito innovatore fu una figura di dotto enciclopedico, il rabbino Leon di Modena, un
personaggio straordinario della cultura ebraica (e non solo) che visse a Venezia dal 1592.
Nonostante le opposizioni dell'ambiente giudaico, Rossi manifestò il suo spirito religioso
nella composizione di Salmi e preghiere per la Sinagoga nell'obiettivo, come riferisce in
una dedica, di 'glorificare e adornare le canzoni di Re David con la musica'.
La collezione comprende 33 brani per coro e soli, da tre fino ad otto parti, formata da
Salmi, Inni e preghiere per le festività.
In realtà furono eseguite prima della loro
pubblicazione, a cui venne persuaso dall'amico e protettore Mose Sullam ed alla quale
dedicherà l'opera stampata. 252
Le opere sacre di Rossi furono composte quindi nei primi anni del 1600 e pubblicate solo
nel 1622. Il titolo della collezione, 'Hashirim Asher Lish'lomo' (Le Canzoni di Solomon)
rappresenta un gioco di parole
riferito sia all'autorità biblica che al nome del
compositore,253 ma ad uno sguardo più attento i testi condividono parte del loro
vocabolario con il Cantico dei Cantici.254
L'immissione del testo nella stampa delle parti sollevò un rilevante problema poiché il
testo ebraico si legge da destra a sinistra, mentre la musica procede da sinistra a destra.
La soluzione, in uno dei primi tentativi di coordinare testo ebraico con la musica a stampa,
fu quella di allineare la prima lettera di ogni parola con l'ultima nota a cui era legata,
lasciando al cantante la facoltà di capire come note e sillabe coincidessero.
252
Abraham Zebi Idelsohn. Jewish Music: Its Historical Development. Dover Publication, 1992. p. 198
253
Il Cantico dei Cantici è attribuito a Re Salomone
Don Harrán. Salamone Rossi s Songs by Solomon as a Song of Songs and Song of Ascents. in Renaissance
studies in Honor of Joseph Connors. Harvard University Press. 2013. Vol. 2 p. 662
254
99
Conformemente alla prassi della stampa ebraica, ogni parte del libro si apre da destra a
sinistra e la copertina è in ebraico, ad eccezione del nome dell'editore che appare in
italiano. 255
Fig. 2.1 Le Canzoni di Solomon. pubbl. Venezia 1622. pag. 1
In quegli anni la monodia stava sostituendo la polifonia anche nella musica sacra.
Nel 1602 il compositore mantovano Lodovico da Viadana aveva pubblicato la prima
raccolta di monodia sacra, nel 1620 il compositore veneziano Alessandro Grandi, che
rifletteva il nuovo gusto per la musica liturgica, pubblicò una raccolta monodica di duetti
sacri, precursori della cantata barocca.
La pubblicazione di Rossi costituisce una collezione esclusiva nel suo genere, destinata a
rimanere unica per più di duecento anni: la sua unicità risiede nel fatto che queste opere
non erano mottetti latini per la Chiesa, ma mottetti ebraici per la Sinagoga. 256
Dopo la distruzione romana del regno ebraico nel I secolo, a cui seguì la diaspora, l'uso di
strumenti musicali nella sinagoga era vietata in segno di lutto per le tradizioni musicali
perdute del grande tempio che sorgeva a Gerusalemme; i rabbini vigilavano con
particolare zelo contro l'introduzione di elementi gentili nella loro musica sacra. Mentre
nella chiesa occidentale si era sviluppata la polifonia, la musica del culto ebraico rimase
sostanzialmente monofonica e modale, strettamente legata ai ritmi naturali dei testi.
255
256
J. Jacobson. op. cit., p. 49
ivi p. 47
100
In tale contesto, la raccolta di Rossi di mottetti per la Sinagoga rappresenta una rottura
radicale con la tradizione. Mentre nella Chiesa la musica polifonica rappresentava
l'evoluzione di più di quattro secoli, nella Sinagoga fu improvvisamente innestata la
polifonia su una tradizione che aveva mantenuto la sua natura monofonica per oltre
sedici secoli.257
Questo lavoro ha rappresentato una innovazione coraggiosa per la musica ebraica e non
differisce molto dalle convenzioni della musica del primo barocco: Rossi si avvale sia dello
stile polifonico della musica sacra e secolare che della monodia, dei cori spezzati e del
cromatismo tipico della seconda pratica.
Il compositore si sentiva comunque legato a certe tradizioni della Sinagoga e in ossequio
al divieto rabbinico contro la musica strumentale, Rossi imposta l'intera collezione solo
per coro. 258
Le composizioni non hanno il minimo suono di 'ebraicità', anche se prediligono i toni
minori costruiti sulla scala dorica, caratteristica della musica giudaica rispetto la musica
sacra cristiana dei contemporanei, e finiscono o all'unisono o in tono maggiore come
costume dell'epoca. 259
In tutti i mottetti, la chiarezza del testo rimane di primaria importanza. A tale scopo il
compositore si è avvalso di una struttura prevalentemente omoritmica, con imitazioni
polifoniche utilizzate solo occasionalmente come punti di contrasto.
Rossi non poteva ignorare le riforme musicali della Chiesa cattolica previste dal Concilio di
Trento che influenzarono la composizione di musica sacra a Mantova come altrove.
Il moderno impianto omoritmico, a quel tempo ancora raramente presente nella musica
sacra, era un veicolo perfetto per trasmettere il testo alla congregazione nel modo più
chiaro possibile, utilizzando modelli espressivi della musica secolare come melismi e
cromatismi per sottolineare il significato delle parole. 260
257
J. Jacobson. op. cit., p. 47
258
ivi p. 48
259
A. Zebi Idelsohn. op. cit., p. 199
260
J. Jacobson. op. cit., pp. 50-1
101
L' innovazione musicale della musica per la Sinagoga suscitò una grande quantità di
polemiche. Anticipando l'immenso furore scatenato dalla pubblicazione del controverso
volume, il liberale rabbino Leone di Modena, amico di Rossi e musicista dilettante, scrisse
una prefazione alla raccolta la cui conclusione tenta di prevenire le ostilità del mondo
giudaico:
Non vedo come qualcuno con un cervello nel cranio potrebbe lanciare dubbi
sulla correttezza di lodare Dio nel canto nella sinagoga . . . . Nessuna persona
intelligente, nessuno studioso potrebbe mai pensare di vietare l'uso della più
grande bellezza possibile della voce nel lodare il Signore, benedetto Egli sia, né
l'uso dell'arte musicale che risveglia l'anima per la sua gloria.
261
Per altri versi ancor più interessante, Leon di Modena conclude questa prefazione con un
avviso di copyright che è il primo del suo genere nella tutela dei diritti di un compositore.
Il suo avvertimento è redatto senza mezzi termini:
Abbiamo accolto la richiesta ragionevole e corretta del degno e onorato
Maestro Salamone Rossi di Mantova. . . che è diventato con le sue fatiche
scrupolose il primo uomo a stampare musica ebraica. Egli ha dovuto affrontare
un grande esborso, e non è giusto che qualcuno lo danneggi per la ristampa di
copie simili o acquistandole da una fonte diversa. Quindi. . . abbiamo il decreto
sottoscritto dalle autorità degli angeli e la parola dei santi, invocando la
maledizione del morso del serpente, che nessun israelita, ovunque egli sia, può
stampare la musica contenuta in questo lavoro in qualsiasi modo, in tutto o in
parte, senza il permesso dell'autore citato. . . . che ogni israelita rimanga nella
paura di essere intrappolato da questo divieto e maledizione. E in coloro che
daranno ascolto dimorerà sicurezza e facilità, in benedizione al riparo
dell'Onnipotente. Amen.
262
261
'Hashirim Asher Lish'lomo' . Prefazione di Leon Modena
262
J. Jacobson. op. cit., p. 52
102
Dopo la morte di Rossi, il sacco di Mantova e l'espulsione degli ebrei, la sua musica fu
dimenticata, ma rimase la profonda influenza che ebbe sulle comunità ebraiche in
Germania. Indirettamente gli sforzi di Rossi influenzarono le comunità dell'Europa
centrale con l'introduzione dello stile italiano, dei canti corali e della musica strumentale
nella Sinagoga nel XVII e XVIII secolo.263
263
A. Zebi Idelsohn. op. cit., pp. 201-3
103
3. I madrigali intavolati per Chitarrone daI Libro I
3.1 Considerazioni generali
I sei madrigali accompagnati inclusi nel Primo Libro di Madrigali a cinque voci del 1600 di
Salamon Rossi rappresentano una pietra miliare nella storia della musica per due ordini
di motivi: l'attuazione del nuovo stile monodico e l'accompagnamento strumentale che
rappresenta la prima documentazione nota di intavolatura per Chitarrone.
Rossi fu il primo a dare alle stampe un libro che ufficializza la pratica esecutiva del
madrigale accompagnato, una novità che crea un ponte tra il Madrigale polifonico del XVI
secolo ed il nuovo stile musicale del XVII secolo e che porterà Einstein ad accreditare il
compositore come 'uno dei primi e più antichi monodisti'.264
Fig. 3.1 Frontespizio del Primo libro dei madrigali
264
A. Einstein. op. cit., p. 393
104
Nella storia del Chitarrone, per quanto risulta dalle fonti a noi giunte, non compaiono
altre edizioni a stampa di bassi realizzati in intavolatura per lo strumento prima del 1610
(Kapsberger, Primo libro di villanelle). I madrigali occupano quindi una posizione di rilievo
nello studio della prima prassi esecutiva di accompagnamento del Chitarrone del XVII
secolo; la pubblicazione di Rossi anticipa persino 'Le nuove musiche' di Caccini stampate
nel 1601. I madrigali sono stati pubblicati anche per esecuzione a cappella, ma di fatto la
scrittura rigorosamente polifonica, in cui tutte le voci erano sullo stesso piano di
importanza, in questi brani si semplifica e si polarizza verso le voci estreme; nel momento
in cui il canto assume la prevalenza sulle altre voci si afferma la monodia accompagnata e
l'incontro delle parti in senso verticale determina lo sviluppo dell'armonia.
La dicitura riportata nel frontespizio 'con alcuni di detti madrigali per cantar nel
chittarrone, con la sua intavolatura posta nel soprano' non lascia dubbi sulla destinazione
d'uso per voce sola; la stessa disposizione dell'intavolatura, stampata a sinistra della parte
del canto, facilitava realizzazioni puramente monodiche consentendo agli esecutori di
leggere dalla stessa pagina. Le parti hanno identico numero di pagina e l'annotazione,
riportata sulla parte del Canto, 'per il chittarrone'.
Fig. 3.2 Salamon Rossi Primo libro di madrigali a cinque voci. Impaginazione delle parti p. 14
105
Nella preminenza della prima voce sul ruolo supportivo delle altre parti vocali o
strumentali si attua quella che Gallico e Pirrotta definiscono pseudomonodia.
Negli anni che vedono la nascita del continuo la tecnica di accompagnamento non è
uniforme, la prassi non è ancora consolidata e spesso è il risultato della riduzione da
partiture più fitte. Nelle sue intavolature per tastiera del 1601 Luzzaschi, ad esempio,
segue sempre l'armonia a quattro parti e trascrive i profili delle parti vocali raddoppiando
la linea del canto. 265
Un ulteriore esempio tratto dalle prime fonti è il madrigale 'Godi, turba mortal' scritto da
Emilio de' Cavalieri per l'ultimo dei sei intermezzi del 1589, composti per il matrimonio
del Duca Ferdinando I di Toscana: il solista Onofrio Gualfreducci cantava
accompagnandosi con il chitarrone, introducendo virtuosi melismi, suonando le quattro
parti del madrigale e raddoppiando la parte superiore come Luzzaschi . 266
Es. 3.1 E. de' Cavalieri, Godi, turba mortal. Intermedio VI (1589)267
Caratteristica comune a
tutti i sei madrigali di Rossi è che la parte del Canto è
costantemente superiore alle altre quattro parti vocali e non manca mai dalla struttura
complessiva tranne che per qualche breve riposo. La parte di Chitarrone in generale
riproduce le quattro voci minori ma non in modo servile, come si discuterà più avanti e,
Claudio Gallico. L. Luzzaschi, Madrigali per cantare e sonare a uno, due e tre soprani, a cura di A.
Cavicchi. in Rivista italiana di musicologia. Vol. I. 1966. pp. 270-73
265
266
C. Palisca. op. cit., pp. 17-9
267
ibid.
106
aspetto molto significativo, con funzione di sostegno senza raddoppiare la parte del
Canto.
Le scelte poetiche del compositore rivestono una particolare importanza. Dopo
l'incontrastato prestigio della poesia petrarchesca la vivacità della produzione
madrigalistica del '600 richiede una gran produzione di testi, che comparvero in edizioni
letterarie solo dopo la loro introduzione nelle raccolte musicali; rispetto il modello
petrarchesco il madrigale si trasformò metricamente in un breve componimento di
endecasillabi e settenari variamente disposti.
I testi poetici circolavano in vari modi: epistolare (basti pensare ai madrigali inviati dal
Tasso al Principe di Venosa), per committenza, per diffusione diretta all'interno delle
corti.
La scelta poetica di Rossi appare come una scelta di stile avanzata che si riallaccia ad una
poesia contemporanea e non accademica, basti pensare al fatto che, seppur già circolanti
prima della loro pubblicazione, la raccolta del Guarini comparve solo nel 1598.
I sei madrigali accompagnati, a parte un testo anonimo, sono tratti da testi di Guarini.
Tab. 3.1 Testi poetici dei madrigali per chitarrone dal Libro I
Pagina
Titolo
Autore
14
Ohimè se tanto amate
Guarini
15
Cor mio, deh non languire
Guarini
16
Anima del cor mio
Anonimo
17
Udite, lacrimosi spirito d'Averno
Guarini
18
Tirsi mio, caro Tirsi
Guarini
19
Parlo, misero, o taccio?
Guarini
107
I concetti espressi dai testi dei Sei madrigali riguardano tutti la sofferenza in ambito
amoroso, dall'abbandono dell'amato/a alla sua partenza.
Molti musicisti coevi a Rossi hanno musicato gli stessi testi, tra questi spiccano
Pallavicino e Monteverdi, che lavoravano presso la corte di Mantova nel periodo
dell'attività di Rossi. La pubblicazione del 1600 di Pallavicino (maestro di cappella fino al
1601, anno della sua morte), contiene tre madrigali musicati da Rossi; se la data indicata
nella dedica, 1 marzo 1600, è riferibile alla datazione more veneto, i madrigali di Rossi
risulterebbero composti sette mesi dopo.268
Monteverdi invece ne musicherà due, nel 1603 e nel 1619, ma solo nel Quinto libro del
1605 comincerà ad introdurre il basso continuo distinguendolo tra brani in cui è ad
libitum ed altri in cui è necessario, 'obligato'.269
Come nota Tim Carter, nell'introduzione del basso continuo negli ultimi sei madrigali del
Quinto libro (e sei sono i primi di Rossi) Monteverdi venne anticipato dai madrigali
accompagnati pubblicati dal suo collega Salamon, il quale gli fornì un modello.270
Le versioni monodiche di Rossi rappresentano un esempio unico, oltre che il primo dato
alle stampe, e troppo spesso viene dato per scontato che la versione accompagnata sia la
riduzione della versione a cinque voci mentre non è da escludere che possa essere
esattamente il contrario, cioè pensati originalmente per accompagnamento e poi
realizzati a cappella.
Harran enuncia questa possibilità per la tendenza del canto a dominare le altre parti che,
a turno, sono obbligate a supportare il canto.271
Jacobson, confrontando i madrigali accompagnati con gli altri della stessa raccolta,
osserva che i madrigali non accompagnati hanno una struttura diversa, chiaramente
pensati per essere eseguiti come opere polifoniche nell'uso di combinazioni contrastanti
L'inizio dell'anno veneto coincideva con il 1 marzo, diversamente da quello fiorentino (25 marzo) e
romano (25 dicembre).
268
269
A. Einstein. op. cit., p. 389
270
Tim Carter. Italy 1600-1640 in European Music 1520-1640 a cura di James Haar. Boydell Press. 2006. p.
271
D. Harran. Salamone Rossi. cit,. p. 98
93
108
di timbri vocali nella struttura imitativa; in essi il canto è un partner alla pari nel tessuto
polifonico e non compare nulla delle caratteristiche dello stile monodico presente nei
madrigali accompagnati: nel prendere ad esempio il madrigale 'Cor mio, deh non
languire', identifica nella sezione centrale del madrigale (sul testo S'i ti potessi dar) la
declamazione musicale libera che caratterizza la svolta del secolo della monodia.272
La valenza declamatoria descritta è rilevabile in tutti i sei madrigali esaminati,
confermandone la forma monodica.
Secondo Einstein i sei madrigali sono composti per una triplice possibilità di esecuzione: a
cappella, a cinque voci con il Chitarrone, per soprano solo con accompagnamento
strumentale. Quest'ultimo è il motivo per cui l'intavolatura per Chitarrone viene aggiunta
in stampa alla parte del soprano: il cantante dovrebbe essere in grado di accompagnare
se stesso. E' però significativo il fatto che Rossi non usa mai la combinazione di voci che
era più alla moda già da Marenzio: due soprani rivali, contralto, tenore, e basso;
preferisce raddoppiare l'alto o il tenore, il suo soprano galleggia sempre sopra le quattro
parti inferiori, e si distingue per la declamazione più espressiva e le brevi fioriture. Il
Chitarrone rimane sotto il soprano e non interferisce mai con la sua melodia.273
La possibilità di una esecuzione a cinque voci con Chitarrone non sembra però
confermabile, come si discuterà più avanti, a causa delle discordanze che si vengono a
creare tra le parti.
Rossi tratta il testo in modo trasparente, evitando sia l'intricato contrappuntismo dei
polifonisti rinascimentali sia la complessità melodica, ritmica e armonica
del più
drammatico madrigalismo dell'epoca. I suoi mezzi apparentemente senza pretese nell'uso
delle scale diatoniche, di ritmi semplici, di melodie congiunte, sono un modo per piegare
musica e testo ai suoi fini: intelligibilità del testo e delle sue espressioni affettive. Il nuovo
272
J. Jacobson. cit., pp. 29-32
273
A. Einstein. op. cit., pp. 393-94
109
principio della parola come padrona della musica, in accordo con la seconda pratica di
Monteverdi, non era per lui una cosa nuova.274
L'ambito modale dei sei madrigali prescelti da Rossi per la realizzazione intavolata è
sempre consono alle possibilità del Chitarrone.
L'apparente semplicità della musica è atta a descrivere le parole in tutta la loro specificità
strutturale e tematica, e la sintassi poetica è sottolineata da cesure musicali di differente
livello: cadenze sospese, cadenze sul primo rivolto della triade, cadenze composte e di
grado, spesso su differenti livelli modali, con la finalis riservata alla fine della sezione. Le
linee sono formate a rispecchiare gli accenti verbali, con sillabe accentate su valori lunghi
o sulle note più alte o su qualche breve melisma. Semanticamente, la musica sottolinea le
parole presentandole in modo chiaro, usando il ritmo e le inflessioni modali in risposta ai
cambiamenti affettivi.
Rossi non è un amante dei cromatismi, li usa con parsimonia sfruttandoli come strategia
espressiva, più spesso sembra prediligere il melisma per enfatizzare parole evocative.
La presenza di false relazioni, sebbene non estranee ai cromatismi ed alle dissonanze
dell'epoca che lo stesso Monteverdi utilizzava senza parsimonia, laddove non intenzionali
come madrigalismi sembrano ribadire il fatto che i madrigali erano pensati per
l'accompagnamento a voce sola, le false relazioni vengono infatti a prodursi più spesso
con parti interne.
Strutturalmente Rossi usa le ripetizioni a diversi livelli, da ripetizioni strofiche a ripetizioni
di singoli versi, non lascia mai che la specificità delle parole si sovrapponga o annulli il
tema generale: segue le parole senza eccedere nella loro enfatizzazione, sempre attento
attraverso un lavoro di costruzione motivica a preservare il messaggio del poema nella
sua integrità.
Alla logica tematica del verso il compositore affianca una logica musicale che nella sua
autonomia
deriva dai versi,
compositiva.275
274
275
li supporta, ma sempre all'interno di una
D. Harran. Salamone Rossi. cit,. p. 101-13
ibid.
110
coerenza
In generale, in accordo con gli studi di Harràn, l'analisi dei sei madrigali mette in rilievo
una scansione ritmica suggerita direttamente dalla scansione metrica del testo poetico,
una concordanza tra segmenti testuali e frasi musicali, frequenti pause con la doppia
funzione di cesura del verso e/o di sospensione drammatica, ampio utilizzo di ritardi, il
tutto in una dimensione polifonica nella quale si alternano parti in stile imitativo e
passaggi omoritmici che enfatizzano la declamazione espressiva; a volte si può anche
osservare una disposizione delle parti vocali in gruppi contrapposti.
La scrittura madrigalistica è impostata sul netto predominio della voce superiore, dove la
linea melodica assume in sè il gesto drammatico della forma monodica. Le voci inferiori
sono relegate a tessuto armonico concepito spesso in una chiara formulazione accordale,
la varietà compositiva è affidata alla scrittura imitativa.
La configurazione dei piani cadenzali ricopre un ruolo fondamentale sia sul piano macrostrutturale quanto su quello micro-strutturale, quindi non solo nella delimitazione netta
degli episodi operata come clausola finale ma anche all interno del disegno discorsivo,
dove acquista un importante funzione semantica ed espressiva.
Le dissonanze sono misurate, perlopiù circoscritte alla preparazione delle cadenze con
prevalenza dei modelli cadenzali negativi contraddistinti dall orientamento discendente
del semitono di risoluzione, o a brevi note di passaggio; spesso però vi sono escursioni
melodiche racchiuse tra intervalli dissonanti con un più ampio effetto espressivo che non
il temporaneo cromatismo.
Nell ambito della dimensione modale l armonia è caratterizzata da un ampia gamma di
mutazioni di tono con passaggi accordali che prefigurano molto da vicino l area di
dominante e le progressioni della nascente tonalità: il livello armonico è spesso arricchito
con cromatismi verticali che assumono valenza di un'armonia funzionale, progressioni
armoniche con cadenze d'inganno e passaggi per accordi apparentati per terza, rivelando
un spiccato senso di armonia tonale attraverso l'intuizione dei rapporti di attrazione .
Judith Cohen considera il madrigalismo di Rossi conservativo soprattutto per il raro uso
delle dissonanze ed il largo ricorso alle ripetizioni, anche se poi conclude che con i sei
madrigali per Chitarrone Rossi si pone come innovatore.276
Judith Cohen. Salamone Rossi madrigal's style: observations and conjectures. in Orbis musicae. N. 9.
1986. pp. 157-9
276
111
Le argomentazioni di Cohen si basano sulle categoria di figure musicali descritte da
Buelow, individuando come i riferimenti di Rossi siano principalmente confinati nelle
ripetizioni di figure melodiche (cat. A), figure sonore (cat. F) e figure intervallari (cat. D).277
Uno studio recente mette in discussione la categorizzazione di Buelow a causa delle
numerose discordanze riguardo la terminologia e le definizioni delle figure retoriche, per
cui il tentativo di organizzare la moltitudine di figure musicali in sommarie categorie non
avrebbe avuto successo risultando arbitrario e confuso, oltre che disinformativo.278
Come consuetudine dell'epoca anche Rossi fa ricorso a molteplici figure retoriche nella
loro qualità di più ampie architetture simboliche atte ad enfatizzare gli affetti musicali, ma
se il manierismo conduce spesso alla retorizzazione della figura musicale, Rossi nel suo
uso di figure retoriche non priva mai il discorso di contenuto espressivo.
Secondo Heinrich Lausberg l iterazione retorica determina una connotazione emozionale
diversa, e comporta un 'arresto' dell informazione che concede il tempo di 'gustare'
emozionalmente il contenuto dell informazione stessa, che viene accentuato e posto in
evidenza per l importanza che deve assumere.279 Sebbene Lausberg si riferisca a
contenuti letterari, la sua interpretazione si applica in modo molto efficace all'uso esteso
delle ripetizioni nel processo compositivo di Salamon Rossi.
Se il suo linguaggio elude un impiego eccessivo del cromatismo espressivo, tale
atteggiamento (interpretato come conservatorismo rispetto i madrigalisti coevi più noti)
sembra richiamare piuttosto le qualità di un musicista quale Andrea Gabrieli, la cui
concezione compositiva tradisce per molti aspetti la presenza della pratica organistica
trasferita alla composizione vocale.280
Rossi, rappresentante importante nel nuovo stile della musica strumentale e rinnovatore
della forma, possedeva una concezione compositiva in qualche modo similare; la
277
George Buelow. Rhetoric and music in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, 2001
Jasmin Cameron. Rethoric and music. in Words and Music. a cura di John Williamson. Liverpool
University Press. 2005. pp. 55-7
278
279
Heinrich Lausberg. Elementi di retorica. ed. Il Mulino. Bologna.1969. p. 132
280
Francesco Luisi. La musica vocale nel Rinascimento. Ed. ERI. Torino. 1977. p. 548
112
predilezione come mezzo espressivo dell'uso dell'iterazione piuttosto che del cromatismo
sembra preannunciare, nell'accusa di semplicismo,
condurranno alla elaborazione della sonata.
quelle soluzioni formali che
La semplicità espressiva, il declamato drammatico, la chiarezza melodica e armonica, la
completa aderenza al testo poetico rivelano la statura del compositore e pongono i sei
madrigali accompagnati come esempio moderno, unico, del genere.
113
3.2 Analisi dei madrigali: forma polivocale e intavolatura originale
3.2.1 Criteri dell'analisi
L'ottica dell'analisi si propone di verificare se la realizzazione in intavolatura dei Sei
madrigali di Rossi a voce sola inclusi nel Primo Libro sia compatibile con una realizzazione
di basso continuo o sia solo un basso seguente con verticalizzazione delle linee
polifoniche.
A tal fine si porrà particolare riguardo sia alla resa musicale del testo poetico e
all'indipendenza della voce superiore sia al confronto tra la parte realizzata
l'andamento del tessuto polifonico della versione a cinque voci.
e
Per l'analisi della parte di accompagnamento affidata al chitarrone si è provveduto quindi
alla trascrizione in notazione moderna dei brani per cercare di individuare gli eventuali
elementi che si discostano dalle parti vocali, per omissione o per aggiunta, a sostegno
dell'ipotesi che si tratti effettivamente di un precoce esempio di basso continuo applicato
al Chitarrone; tali elementi laddove riscontrati sono definiti come 'autonomi' quando non
presentano alcun riscontro nella parte polifonica. Nell'esame dell'intavolatura si è cercato
inoltre di verificare l'occorrenza di un uso specifico del linguaggio idiomatico
strumento.
dello
Il lavoro di trascrizione, a cui fa riferimento la presente analisi, è stato svolto tenendo
conto dell'accordatura rientrante dello strumento.
Per ogni madrigale si riporta il testo poetico sottoposto alla partitura confrontandolo,
laddove necessario, con le fonti letterarie di riferimento di cui viene riportata puntuale
indicazione; al testo è stata applicata una normalizzazione della punteggiatura per una
migliore comprensione delle frasi musicali.
L apparato critico riproduce per ciascun brano uno schema alfabetico delle liriche
intonate al fine di evidenziare l'articolazione tra rime e versi, usando le lettere minuscole
per indicare i versi settenari e le lettere maiuscole per gli endecasillabi; si è scelto inoltre
di mantenere la massima fedeltà alla versione originale, pertanto sono state conservate le
h etimologiche (havea al posto di avea), le esclamazioni (ohimè /oimè) ed altre possibili
discordanze testuali.
114
Per esemplificare il rapporto tra la struttura musicale e quella poetica si riporta inoltre
uno schema relativo ai livelli di articolazione musicale indicando le sezioni principali con
lettere, unitamente al riferimento del numero di battute e della cesure armoniche
principali che individuano l intonazione del segmento testuale. L'eventuale ritornello è
indicato con il simbolo |: posto accanto alla lettera relativa, in relazione all'originale
dell'intavolatura.
La determinazione dello schema formale è stato basato su elementi basilari quali la
presenza di pause, cadenze, note lunghe, parti ripetute, conclusione dei segmenti in
concordanza delle voci, elementi di contrasto.
Nella descrizione analitica con il termine 'melodia' ci si riferisce in generale alla parte del
Canto, e gli esempi musicali laddove non specificato diversamente riguardano le parti di
Canto e Chitarrone.
Per quanto riguarda il valore mensurale si è scelto di mantenere i rapporti indicati nella
ripartizione dell'intavolatura evitando nella trascrizione l'uso della notazione moderna, i
valori quindi verranno ascritti ad un tempus imperfectum con tactus di due semibrevi, ed
il segno C verrà riprodotto come 2/1.
3.2.2 Individuazione modale: Tonal Types
Un discorso a parte merita l'individuazione modale. Il rinnovamento che contraddistingue
il XVI secolo, soprattutto a cavallo con il '600, mette in discussione l'adesione rigida della
pratica compositiva nell'ambito della modalità. Le realtà compositive della polifonia, con il
complicato rapporto tra dimensione orizzontale e verticale della musica, richiedono
difficili aggiustamenti alla vecchia dottrina modale soprattutto nel conflitto tra maggiore e
minore, tanto da portare Glareanus alla ridefinizione dei modi nel Dodecachordon.
Nell'ambito di un contesto modale diventano sempre più frequenti note e accordi che
non appartengono a quel particolare modo: gli accidenti più usati sono l uso del si
bemolle nel primo tono, la cromatizzazione ascendente del settimo tono (passo iniziale
verso la definizione del concetto di sensibile) e la modificazione da minore a maggiore
della triade finale.
115
Vengono poi a realizzarsi una serie di trasporti che si sviluppano fino alla definizione dei
cosiddetti 'modi mobili' che se da una parte, attraverso le inflessioni di passaggio da un
modo all'altro, portano alla giustificazione della trasformazione delle triadi da maggiore a
minore o alla comparsa di accidenti estranei al modo di impianto, dall'altra, gettando un
ponte verso lo sviluppo tonale, rendono difficoltoso l'incasellamento in una tipologia
modale: persino fra i teorici dell'epoca ci sono discordanze sull'attribuzione a un modo o
a un altro di un dato brano.
Dagli studi in merito di Bernhard Meier e Harold Powers si è venuto quindi a creare un
nuovo modello di sistematizzazione descritto come 'tonal type', dove il medesimo tipo
tonale può corrispondere a più modi anche all'interno della stessa composizione.
La teoria del tonal type vuole dare una risposta al problema posto dal riconoscimento
modale nell'individuazione di tre fattori che indichino precisamente il sistema, l'ambitus e
la finalis di un brano polifonico. Per sistema si intende l'espressione o meno di alterazioni
in chiave, quindi Si naturale o Si bequadro a seconda che si tratti di cantus durus o cantus
mollis; l'ambitus delle voci è espresso dalle chiavi usate nelle parti vocali; la finalis è la
sonorità principale intorno la quale ruota il brano. 281
Powers
osserva inoltre che in parecchie fonti della musica polifonica del XVI secolo è
reperibile una associazione dei modi con il sistema di segnatura delle chiavi. In queste
fonti il gruppo delle chiavette è riservato ai modi autentici, e le chiavi naturali ai modi
plagali.
Ciò sembra suggerire che la prima priorità delle chiavette sia segnalare un tipo di sistema
modale piuttosto che un altro. 282
Harold Powers. Tonal Types and Modal Categories in Renaissance Polyphony, in Journal of the American
Musicological Society. Vol. XXXIV. N. 3. 1981. pp. 428 70.
URL: <http://www.jstor.org/stable/831189> consultato il 06.01.2015
281
Chiavette: chiavi accidentali, utilizzate per facilitare la trasposizione. La distinzione tra chiavi naturali e
chiavi di registro alto compare in Ganassi nel 1543, ed indica una prassi già entrata in uso. La definizione in
chiavette e chiavi trasportate, appare molto più tardi, intorno il 1720.
Banchieri, nel trattato del 1601 'Cartella overo regole utilissime... ', le chiama 'sopracute' e ne spiega
esaurientemente l'utilizzo e la funzione a seconda che siano con o meno accidenti.
282
116
Nell'analisi proposta si preferisce quindi una tale schematizzazione, anche perchè ciò che
più interessa non è tanto l'analisi sistematica delle voci polifoniche ma il tipo di
realizzazione attuata nel basso continuo rispetto l'andamento delle altre voci.
La designazione modale, in particolare nella musica strumentale che potrebbe impiegare
un ambitus molto più ampio, deve fare affidamento su significanti interni, quali la
struttura melodica e la gerarchia dei gradi cadenzali.
Per tale motivo vengono di seguito riportati i 'tonal types' dei sei brani piuttosto che le
tradizionali categorie modali.
TAB. 3.2 Tonal types dei madrigali accompagnati283
Il primo libro de madrigali, 5vv
Tonal types
Modo
Ohimè se tanto amate
b - g2 - D
I
Cor mio deh non languire
b - g2 - D
I
Anima del cor mio
b - c1 - G
II trasposto
Udite lacrimosi
b - c1 - G
II trasposto
(Venezia 1600)
Tirsi mio caro Tirsi
H- c1 - G
Parlo misero o taccio
H- c1 - G
rappresentato
VII
VII
Come si può notare dalla tabella, i madrigali sono composti in coppia per caratteristiche
modali e segnatura.
283
Nota: g2 = chiavette - C1 = naturale
Modi: I dorico - II ipodorico - VII misolidio
117
3.2.3 Analisi
Ohimé, se tanto amate
Il testo del madrigale è tratto dalle Rime di Guarini pubblicate nel 1598 (284 ) ed è stato
musicato dai principali madrigalisti coevi:
Luca Marenzio, Il terzo libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1582
Benedetto Pallavicino, Il sesto libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1600285
Claudio Monteverdi, Il quarto libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1603
Enrico Radesca, Il Secondo Libro delle Canzonette, Madrigali e Arie alla romana a due voci per
cantare e sonare con il chitarrone o spinetta, Milano, 1606
Giovanni Ghizzolo, Madrigali et arie per cantar e sonar Libro I, Venezia, 1609
286
Michelangelo Rossi, Il secondo libro di madrigali a 5 voci, manoscritto ca. 1624
Testo287
Ohimé, se tanto amate
di sentir dir Ohimè,
deh, perché fate
chi dice Ohimè morire?
S'io moro, un sol potrete languido,
e doloroso Ohimè, sentire;
Ma, se cor mio vorrete
che vit'habbia da voi,e voi da me,
havrete mill'e mille dolci Ohimè
Giovan Battista Guarini. Rime del molto illustre signor caualiere Battista Guarini. In Venetia : presso Gio.
Battista Ciotti, 1598. Rima XXXI. p. 73. Riproduzione on-line BSB. URL consultato il 02.12.2014
<http://reader.digitale-sammlungen.de/de/fs1/object/display/bsb10166540_00153.html>
284
Pallavicino all'epoca era Maestro di Cappella alla corte Gonzaga, verosimilmente in stretto contatto con
Rossi, e l'anno di composizione dello stesso madrigale è coincidente
285
286
MS 176 Music Library, University of California, Berkeley
287
Forma poetica: aA bcBc DD
118
Tab. 3.3 Struttura musicale:
Sezione
A
Battute
Cesura armonica
Rima
A2
5-9
La M
ab
A3
9-13
La M
b
13-22
Re M
cDD
A1
B |:
1-5
La M
a
Il madrigale da un punto di vista generale è costruito su una alternanza di omoritmia e
brevi parti imitative come consuetudine dell'epoca, laddove però la caratteristica di
maggiore importanza era l'assoluta omogeneità e parificazione tra le voci polifoniche nei
madrigali realizzati di Rossi si assiste alla chiara predominanza del Canto, finalizzata
all'esecuzione a voce sola. L'espressività del testo è enfatizzata dalla ripetizione di alcune
esclamazioni e dalla intensificazione che si realizza con la reiterazione del verso finale.
Tonal type riconducibile a b - g2 - D, in modo dorico con uso di segnatura in chiavette;
tempus imperfectum con segnatura C.
Il brano può essere ripartito in due sezioni principali, di cui la seconda ritornellata, con
schema quindi ABB.
Nella sezione A sono riconoscibili tre segmenti contraddistinti da una sostanziale
simmetria interna (4 battute per ciascun segmento) e tutti concludono sulla cadenza
sospesa della repercussio.
L'incipit inizia a canone, le voci entrano in omoritmia dopo l'esordio del Cantus
sull'esclamazione Ohimè sottolineata da valori larghi, mentre nella versione a voce sola il
continuo entra insieme al canto su un'armonia ribattuta di Re. Segue un breve episodio
imitativo che confluisce quasi subito nell'omoritmia per concludere il verso in
concordanza delle voci su una cadenza sospesa.
La struttura melodica dell'esordio afferma con due semibrevi un intervallo discendente di
quarta perfetta, dalla finalis Re a La, un crollo che sottolinea la sillabazione di Ohimè del
Canto e che verrà altre volte riproposto nel corso del brano a mutuarne l'espressività
dolorosa. La caduta di quarta appare anche in Marenzio, Pallavicino e Ghizzolo, come
topos di lamentazione dolorosa.
119
Dopo l'accorata exclamatio ed una cesura di pausa del Canto l'intonazione dei versi viene
animata da una breve parentesi imitativa, per poi tornare all'omoritmia nella ripresa
dell'esclamazione iniziale con la figura retorica dell'epanalessi. La melodia presenta una
successione ritmico-melodica che può essere assunta come figura tematica dell'intero
brano: sillabazione di tre note ascendenti per grado congiunto a partire dalla prima nota
ribattuta, che realizza nel primo distico (A1) un intervallo di terza minore e nel terzo (A3)
un intervallo di terza maggiore.
L'inciso della battuta 2 viene ripreso nella misura successiva, a distanza di seconda, ed
all'acme ripresenta il crollo di quarta iniziale. La frase termina dopo una lunga intonazione
sulla ripetizione di Ohimè, la melodia riscende nuovamente di quarta tramite un breve
melisma per grado congiunto su una triade maggiore di La: se la prima sillabazione della
parola Ohimè cadeva su un'armonia di La minore, qui si realizza una cadenza sospesa
attraverso l'alterazione della terza in maggiore, con evidente funzione di clausola.
L'enfasi del doppio crollo di quarta che conduce ad una
estensione di settima
discendente delle altezze sonore, dall'acme alla fine della frase (da Re4 a Mi3), sembra
adottare un principio di forte dissonanza nell'ambito fraseologico il cui risultato è un
maggior risalto dell'effetto drammatico.
Il continuo riassume la linea imitativa del basso vocale e del tenore nell'andamento per
terze (battute 2-3), con un passaggio armonico
contraddistinto da un movimento
cadenzale a Sol che si pone sulla cesura di pausa del Canto alla fine del primo verso.
Segue una nuova fase omoritmica che conduce alla fine della sezione A1 su una cadenza
sospesa.
Nella parte aggiunta di continuo dell'edizione di Anversa del 1618 sulla pausa di cesura di
battuta 2 verrà inserito un basso di supporto.
La sezione A2 si compone, come quella precedente, di 4 incisi. La melodia inizia con
l'esclamazione deh sul tono di Sol, e riparte dopo una pausa di respiro in una linea
declamata di semiminime sulla ripetizione dell'esclamazione associata alla figura retorica
dell'anafora. Il disegno melodico, variato rispetto il tema di A1, si ripete una quarta sopra
nel terzo inciso di battuta 7 portandosi all'acme su una nuova disperata esclamazione di
Ohimè che, dopo un significativo respiro, cade con un crollo di quarta sulla parola morire,
120
declamata su un intervallo discendente di seconda maggiore in una tensione armonica
che nel cambiamento inaspettato di tono porta a La M attraverso una cadenza composta.
Come nella precedente sezione, l'esclamazione iniziale è a canone, il Chitarrone supporta
l'entrata del Canto di battuta 5 con un'armonia di Sol sulla pausa generale delle altre
parti vocali per poi ricongiungersi all'entrata contrappuntistica del basso vocale in un
veloce passaggio ascendente, e ricondursi infine all'omoritmia. A battuta 6 la parte di
Chitarrone presenta ancora un elemento autonomo nella figura di ritardo di quarta e
terza non presente nelle parti vocali, in una cadenza di passaggio a Sol che sottolinea la
fine del verso; dopo l'animata sequenza accordale che conduce alla fine della sezione su
una cadenza composta maggiore si rilevano altri due elementi autonomi nella
diminuzione della cadenza e nella nota di passaggio affidata alla potenza del basso di
bordone Re che risale a Mi.
Es. 3.2 Figura autonoma del Chitarrone in nota di passaggio su bordone
La sezione A3 apre a battuta 9 con la riproposizione
del crollo di quarta,
significativamente sul testo S'io moro isolato come un sospiro tra due pause di cesura;
segue il disegno melodico della radice tematica che si fa più concitato: senza respiro,
senza appoggiarsi a note lunghe ma anzi stringendo i versi in una figura ritmica che, da
puntata, sfocia a battuta 11 in un veloce passaggio di crome per arrestarsi enfaticamente
su un nuovo intervallo di quarta discendente. Dopo la prima fase omoritmica,
l'animazione del verso successivo è sottolineata da un breve momento imitativo; la figura
retorica dell'anafora sull'esclamazione Ahimè (battuta 12) viene intonata solo dalla voce
superiore su un salto di quarta ascendente; raggiunto l'acme la melodia si riporta per
grado congiunto alla repercussio stemperando la nuova discesa di quarta con una
dolcezza malinconica che, dopo la tensione del salto ascendente, sembra voler esprimere
un gesto di rassegnazione dolorosa.
121
Il crollo di quarta, così ampiamente ripreso, amplifica l'elemento doloroso
rappresentando un nucleo essenziale del processo compositivo; su un diverso tessuto
armonico la rappresentazione di quest'ultimo crollo riafferma lo stesso spazio sonoro
dell'exclamatio dell'incipit e termina sullo stesso passaggio per grado congiunto della fine
di A2, in una assonanza musicale con la rima. Nella parte di Chitarrone la cadenza è
diminuita con un salto di ottava su bordone.
Dal punto di vista verticale a battuta 9 si verifica un mutamento di tono che determina
una dissonanza attraverso una falsa relazione di tritono, che viene a formarsi nel
parallelismo accordale del chitarrone, in un madrigalismo che richiama la figura retorica
della Parrhesia che ben si inserisce, a scopo drammatico, ad enfatizzare con la dissonanza
il contenuto testuale sul concetto di morte.288
Es. 3.3 Chitarrone: Falsa relazione a scopo espressivo
Es. 2
La sezione termina su La M con una fase cadenzale più lunga che affida al canto una
dissonanza di settima non raddoppiata nella parte del continuo. In quest'ultima frase
della sezione la parte del chitarrone, dopo aver sorretto il canto con una prima parte
accordale, svolge la fase imitativa ed a battuta 12 presenta due figurazioni indipendenti
dalla parte polifonica: l'aggiunta in ambito accordale di note melodiche che convergono
sulla cadenza composta e la diminuzione della stessa con un salto di ottava su bordone
che non ha altri riscontri.
La sezione B inizia a battuta 13, nettamente distinta in intavolatura dal doppio segno di
divisione che delimita la ripresa e dal segno di ritornello finale, e si prefigura come netta
sezione di contrasto. Il materiale musicale rispetta le affinità tematiche, e la
segmentazione testuale coincide sempre con la frase musicale.
Alla figura retorica della Parrhesia appartengono gli intervalli dissonanti, la falsa relazione, ed altri
procedimenti sconsigliati dalle regole accademiche ma usati a scopo espressivo e drammatico per
esprimere difficoltà, dolore, sofferenza. Tratto da: Roberto Solci, La retorica musicale e le sue architetture
simboliche ed espressive. Dispensa del corso di Analisi dei repertori. Conservatorio A. Pedrollo di Vicenza. p.
18
288
122
Dopo una pausa generale una successione melodica per grado, racchiuso in un intervallo
di quarta ascendente, si dilata sull'ictus in sesta sede del verso settenario per riscenderne
di grado; la fine del verso è sottolineata da una cadenza intermedia nel tono di Do,
realizzata dal chitarrone con un ritardo di quarta e terza non presente nelle parti vocali
che crea una discordanza con l'intonazione del quinto nel confronto con le parti polivocali
(battuta 14).
La declamazione dei versi successivi, dopo un'ulteriore pausa generale, non presenta più
alcuna cesura e la melodia si svolge fino alla fine in un ritmo serrato.
L'intonazione del secondo verso della sezione presenta un momentaneo appoggio,
tramite una figura puntata, sull'accento tonico in sesta sede del settenario (nell'ambito
dell'endecasillabo a maiore). In questa metrica serrata il testo viene declamato in poco
più che una battuta senza lasciare al Cantus alcun respiro e finisce sul battere di battuta
17 su una cadenza sospesa, dopo una fase cadenzale interna, per proseguire senza
soluzione di continuo nelle iterazioni dell'ultimo verso. Il verso conclusivo, che approda
con una cadenza composta a Do (battuta 19), viene ripetuto tre volte ed ognuna delle
ripetizioni si dilata nella sua parte finale sull'intervallo di quarta discendente. I frammenti
melodici si svolgono come un'onda nell'ambito intervallare di quarta, discendendo e
ascendendo, e giungono alla chiusura con un rapido melisma.
L'enfasi iterativa che per ben quattro volte ripete il contenuto testuale riproducendolo ad
un diverso livello melodico è riconducibile alla figura retorica dell'epizeusi. Le clausole
sono principalmente armoniche e sottolineano la divisione dei segmenti testuali iterati in
una ripetizione cadenzale di tipo composto: cadenza sul tono di Sol (battuta 17), cadenza
sul tono di Do (battuta 19), cadenza sul tono di La M (battuta 20), e cadenza finale sul
tono di Re con terza piccarda.
Le ripetizioni sono divise simmetricamente in due parti che melodicamente si svolgono
nell'ambito di una ottava.
Es. 3.4 Ohimè se tanto amate, batt. 17-22: ambito intervallare delle ripetizioni nel Cantus
123
La parte di Chitarrone, condotta in omoritmia con le voci interne, presenta alcuni tratti
autonomi rispetto esse: una nota di ritardo di quarta e terza a battuta 13, un
procedimento accordale a battuta 17 che omette la parte di tenore, una dissonanza di
settima aggiunta nella cadenza composta finale.
Il ritornello di B ripropone un contenuto già fortemente reiterato, amplificando
l'espressività del testo.
Dal punto di vista cadenzale, come riportato nello schema della struttura musicale, le tre
parti che compongono la sezione A terminano tutte sulla corda di recita attraverso
l'accordo di La M, seppure su piani modali diversi: con una cadenza sospesa del tono di Re
in A1, con cadenza conclusiva sul tono di La in A2 e A3. All'interno vi è inoltre sempre
una corrispondenza musicale con la segmentazione testuale attraverso cadenze di
passaggio.
Nella prima parte si osserva una concordanza musicale tra le rime aa della fonte letteraria
di riferimento, rappresentate con identico valore ed intervallo di seconda maggiore
discendente, e le rime bb che ripropongono un'identica figurazione discendente.
Quello che maggiormente colpisce nella resa musicale di questo madrigale è la sua
simmetricità: le sezioni A e B si possono considerare equivalenti come numero di battute,
conteggiando anche il ritornello.
La forma aperta del madrigale sembra qui lasciare intravedere una iniziale costruzione
binaria che anticipa il linguaggio tonale con l'approdo nell'area di dominante alla fine
della prima sezione, ed una sezione contrastante con ritorno all'area di tonica nella
seconda parte B, in forma chiusa con ritornello. Il linguaggio di Rossi mostra già in una
fase molto precoce gli elementi innovatori che avranno il loro compimento nella sonata
scarlattiana.
124
Cor mio deh non languire
Madrigale tratto dal volume di Rime di Guarini pubblicato nel 1598 ( 289) il cui testo è tra i
più musicati: dal 1597 si contano 35 intonazioni, che comprendono anche i tardi
componimenti di Scarlatti e Bononcini di fine '600. Il madrigale compare un anno prima
della stampa della raccolta guariniana, già in circolazione in quanto pubblicato assieme
ad altri testi dello stesso autore in una miscellanea di rime di celebri poeti del 1587.
L ampio consenso di Cor mio sembra averlo reso terreno di confronto tra i compositori,
ponendolo come un classico della letteratura madrigalistica.
Da uno studio delle varie realizzazioni emerge che la struttura formale tripartita
(esordio - sezione centrale - fine) è condivisa da tutti i compositori, e le caratteristiche di
originalità si rivelano nell interpretazione affettiva del testo e nei diversi espedienti
contrappuntistici. 290
Si citano qui gli autori più significativi o che hanno avuto attinenza con l ambiente di
Rossi:
Alessandro Savioli, Madrigali a cinque voci... Libro secondo, Venezia, 1597
Benedetto Pallavicino, Il sesto libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1600
Luzzasco Luzzaschi, Madrigali per cantare, et sonare a uno, Roma, 1601
Giuilio Caccini, Le nuove musiche, Firenze, 1602
Giovanni Priuli, Il primo libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1604
Sigismondo d'India, Il primo libro de madrigali a cinque voci, Milano, 1606
Giovanni Ghizzolo, Madrigali et arie per cantar e sonar Libro I, Venezia, 1609
Alessandro Scialla, Il primo libro de madrigali a cinque voci, Napoli, 1610
Enrico Radesca, Madrigali a cinque, et a otto voci, libro primo, Venezia, 1615
Adriano Banchieri, Il virtuoso ritovo academico, Venezia, 1626
Alessandro Scarlatti, Madrigale a 5 voci, 1680-1725
289
291
Giovan Battista Guarini. cit., Rima LXXXI. p. 99
290
Claudia Aristotile. «Cor mio deh non languire» di Battista Guarini nella produzione madrigalistica
secentesca. in Rivista di Analisi e Teoria Musicale. Vol. XIV/1. LIM. Lucca. 2008. pp. 87-112
Copia manoscritta British Library Add. MS 14166 'Madrigale a 5 voci a quattro soprani e un contralto
del Sig. cavaliere Alessandro Scarlatti. Si deve cantare sempre adagio per sentire le consonanze.'
291
125
Judith Cohen sostiene che 'Cor mio deh non languire' potrebbe formare una risposta con
'Ohimè se tanto amate': Pallavicino nel Libro Sesto del 1600 pone entrambi i madrigali in
successione e con identica segnatura, ma in ordine invertito che testualmente, secondo
l'autrice, avrebbe più senso.292
Nel caso di una intenzionalità teatrale nell'ordine dei brani e nell'accostamento modale
sembra presumibile supporre che, analogamente, Rossi avrebbe mantenuto tale gesto
anche con le altre coppie di madrigali in considerazione della ripartizione modale, ma il
senso poetico delle scelte non è assimilabile ad una possibile proposta e risposta testuale.
In ogni caso, dal punto di vista del contenuto 'Cor mio deh non languire' potrebbe aver
maggior senso come risposta al rammarico dell'amante di 'Ohimè se tanto amate', ma lo
trasformerebbe in una replica positiva alla quale il tessuto musicale non si presta,
essendo un superbo esempio della sofferenza amorosa che riesce a tradurre in musica
l'ansito doloroso dell'amante.
Einstein, molto innamorato di questo madrigale, lo ha definito un particolare e bellissimo
esempio di come Rossi coglie lo stile della monodia genuina, il cantare senza battuta o
libera declamazione musicale . . . non inferiore a qualsiasi monodia di Caccini o Peri'. 293
Testo294
Cor mio, deh, non languire,
Che fai teco languir l'anima mia,
Odi i caldi sospiri: a te gl'invia
La pietat' e'l desire.
S'io ti potessi dar, morend' aita,
Morrei, per darti vita;
Ma viv' ohimè, ch' ingiustamente more
Chi vivo tien nel altrui petto il core
Judith Cohen. Salamone Rossi's madrigal style: observations and conjectures. in: Orbis musicae. N. 9.
1986. p. 160. nota 20
292
293
294
Alfred Einstein. cit., p. 394
Forma poetica: aBBa CcDD
126
Tab. 3.4 Struttura musicale:
Sezione
Battute
Cesura armonica
Rima
7-13
La M
Ba
A
A1
B
-
14-19
C2
23-28
C
A2
C1
1-6
19-23
La M
La M
Do M
Re M
aB
CC
DD
-
Da tale schematizzazione appare come il madrigale sia riconducibile ad uno schema
ternario.
Nella sezione A la prima quartina del testo presenta una corrispondenza tra frasi musicali
e segmenti testuali, in uno stile di tipo arioso; nella sezione B il distico a rima baciata è
ricondotto a tre frasi musicali con la ripetizione del primo verso, in stile declamatorio;
nella sezione C infine l'ultimo distico si allarga su quattro frasi per l'iterazione dei versi, in
stile imitativo.
La riconduzione ad uno schema formale non può comunque essere netta, dopo la sezione
A i periodi musicali sono strettamente connessi richiamando una forma libera non scevra
da principi di simmetria interna. In questo disegno di mantenere la forma quasi al di fuori
di essa sta la grandezza, sotto l'apparente semplicità, del compositore.
La divisione in sezioni determinata dal fraseggio è ricca di articolazioni cadenzali che,
al'interno di una stessa frase, mettono in risalto la segmentazione e gli accenti dei
frammenti testuali; i principali elementi formali sono riconducibili all'accompagnamento
spesso a note lunghe, alla mancanza di precisi schemi melodico-ritmici
ritornellate, alla ripetizione centrale del testo come libera declamazione.
e sezioni
In definitiva si può considerare il brano in stile recitativo come espressione musicale che
tende solo alla espressione drammatica del testo al di fuori dei vincoli del contrappunto e
della forma strofica, dove la melodia segue il ritmo naturale della frase, il respiro va a
coincidere con quello della sintassi, le cesure con la punteggiatura, all'interno di una
sottile simmetria.
127
Il lamento dell amante è rappresentato da frequenti cadute melodiche di quarta
discendente, intervallo legato al topos del dolore. A parte le inflessioni dolenti di tali
intervalli di quarta ed il significato fortemente espressivo di isolati intervalli di sesta,
l'escursione del canto, pur nel contesto spesso imitativo con tratti ariosi, si pone entro
un modello declamatorio.
Tonal type riconducibile a b - g2 - D, con uso di segnatura in chiavette, in tempus
imperfectum e segnatura C.
L espressività del linguaggio di Rossi si esprime fin dalla prima linea melodica; il Canto,
partendo dalla repercussio, intona un intervallo di quarta discendente attraverso una
ornamentazione per poi risalire e ridiscendere di semitono. Retoricamente questo
andamento melodico per semitono diatonico, definito planctus, esprime proprio
l inflessione lamentosa della preghiera di un amante.
L'accompagnamento, di tipo cadenzale, esprime al basso un cromatismo che dall'iniziale
cadenza imperfetta porta ad una cadenza sospesa su La M, determinando una prima
cesura del verso; gli arpeggi del chitarrone su valori di semibreve risultano larghi per lo
sfruttamento degli unisoni, richiamando la tecnica del recitativo. Tra le voci interne,
omoritmiche, si inserisce un brevissimo passaggio imitativo del tenore (battuta 1)
omesso nella parte del chitarrone, che presenta un elemento ritmico autonomo nella
diminuzione su un basso di bordone.
Dopo l'esclamazione iniziale, nel secondo emistichio (battuta 2) viene enunciata una
seconda idea tematica, pacata ma patetica; il salto ascendente e discendente di sesta
minore della melodia sulla parola Deh mette in risalto l'isolata esclamazione dolorosa in
un contesto imitativo, un accento sul dolore rafforzato dalla risalita per grado congiunto
su un intervallo di terza minore che conduce alla conclusione del verso con un nuovo
crollo di quarta su un diverso livello. Armonicamente il salto di sesta è sottolineato da un
movimento diretto per semitono cromatico effettuato solo dal continuo, in una mutatio
toni che con una cadenza evitata realizza un passaggio maggiore/minore di forte efficacia
espressiva, in un madrigalismo accordale. La parte di Chitarrone, oltre a porsi su una
ritmica indipendente da basso e tenore, omette il passaggio dell'alto.
128
La melodia esprime la finalis solo alla fine del primo verso, sul salto di quarta discendente
di battuta 3 in tono di Sol su una cadenza minore con ritardo di quarta e terza.
Es. 3.5 Cor mio, incipit del Canto, battute 1-3
La frase successiva inizia sul levare di battuta 4 dopo una pausa generale, riportandosi in
omoritmia nel solo primo emistichio nell'imitazione variata dell'incipit. Il Canto imita
dapprima la figura dell'esordio per aumentazione alla seconda inferiore, mentre il basso
procede per moto contrario in omoritmia sulle relative armonie. Nel secondo emistichio
di battuta 5 la melodia, dopo una cesura di pausa, si porta su un salto di ottava
ascendente, subito seguito da una caduta di sesta minore che prosegue sul materiale
imitativo della seconda idea melodica.
La parte del continuo si svolge su una lunga fase cadenzale su un cambiamento di tono
che da Mi M porterà, attraverso un passaggio in La m, alla cadenza conclusiva del verso in
La M. Il Chitarrone entra in anticipo rispetto il canto in accordo con la parte imitativa
delle altre voci, da cui si discosta in autonomia per una nota di passaggio che porta a Mi
M con una figurazione puntata e per un salto di ottava su bordone che diminuisce il
valore ritmico delle altre parti. La fine del verso, su una cadenza minore con quarta e
terza, ha una valenza di cesura molto forte per la terza piccarda.
A battuta 7, sul terzo verso, inizia la sezione A 2 che sebbene si presenti come una nuova
imitazione variata del materiale tematico apre una nuova fase: dopo l'accordo del
Chitarrone in quarta e sesta posto sulla cesura di pausa del Canto, la curva melodica
sfocia in un nuovo contesto ritmico, in una efficace e mutata resa della sintassi poetica
per la tensione sospensiva creata dalle sincopi e la successiva improvvisa intensificazione.
A battuta 8 il Chitarrone spezza il ritmo di semibreve del basso vocale con un salto di
ottava su bordone mentre nell'emistichio seguente (battuta 9) si allarga
sul lungo
melisma del canto in un accompagnamento che richiama al recitativo, in semibrevi che
raddoppiano il ritmo polivocale.
129
La lunga ornamentazione del Canto che si innalza a vera monodia sul tessuto polifonico
omoritmico delle battute 9 e 10 conduce senza soluzione di continuità al verso seguente.
In tale passaggio nella parte di Chitarrone viene a crearsi un parallelismo accordale tra le
armonie Mi minore - Fa maggiore; dal punto di vista espressivo la discesa per tono del
canto e la salita di semitono del basso nel parallelismo accordale della cadenza dorica
realizzano una caduta di tensione improvvisa del climax appena raggiunto.
L intavolatura sul terzo movimento di battuta 10 porta un Sol naturale, mentre la parte di
tenore presenta un Sol diesis: si ritiene corretta l intavolatura perchè presenta un
raddoppio del Sol naturale, uno di essi si trova su una corda a vuoto portando ad
escludere un doppio errore di posizione. Anche l'andamento della parte accordale
conferma la convinzione che l'errore sia nella parte del tenore in quanto un Sol sale a La e
l altro scende a Fa, apparendo alquanto improbabile la discesa di un Sol# a Fa.
L'ultimo verso della sezione, che inizia sul levare di battuta 11, racchiude nel primo
emistichio una linea melodica per grado congiunto che rafforza il linguaggio drammatico
nell'accentuazione sillabica a larghi valori. Qui si riscontra un passaggio particolarmente
idiomatico del chitarrone in un elemento scalare diatonico sulle corde di bordone,
elemento peculiare del tutto aggiunto che non ha alcun corrispettivo
polivocali.
nelle parti
Es. 3.6 Cor mio, autonomo passaggio idiomatico del chitarrone, batt. 11
Il prosieguo della melodia a battuta 12 (che vede un nuovo parallelismo accordale tra le
armonie Mi-Fa del continuo) conduce alla fine del verso con un nuovo melisma su una
cadenza composta intonata dal Canto e raddoppiata nel Chitarrone, che presenta a
battuta 13 una diminuzione con salto di ottava su bordone non presente nelle altre parti.
La sezione chiude quindi sul tono di La M.
130
La sezione B inizia a battuta 14 su una pausa generale, ed introduce in un ambito
completamente nuovo. La frase melodica dopo una sequenza sillabica declamata scende
per grado congiunto su un intervallo di quarta, a battuta 16 la ripetizione testuale viene
ribadita alla quarta superiore giungendo al climax (gradatio) con un effetto di
progressione che rafforza l'incisività del testo. Questa fase sostanzialmente omoritmica è
attraversata da una linea imitativa affidata prima al tenore e poi al basso.
Nella prima frase il continuo rimane fermo sulla stessa armonia in valori ritmici
raddoppiati rispetto il basso vocale, la base armonica sulle note ribattute del declamato si
configura più come sostegno della parola che della voce del canto; una cadenza
intermedia su Sol accompagna la cesura testuale. Nella seconda frase, che inizia a battuta
16 dopo una cesura di pausa,
l'accompagnamento è vivacizzato dal mantenimento
dell'imitazione scalare del basso vocale per moto contrario al Canto. La melodia confluisce
nel verso successivo senza respiro melodico, in una fase incalzante dove il Chitarrone
approda ad un accordo di La in quarta e sesta riassumendo con valore doppio l'armonia
soprastante su una pausa del basso vocale.
Nell'intonazione dell'ultimo segmento testuale, dal levare di battuta 18, il Canto imita la
precedente curva melodica discendente contraddistinguendosi ritmicamente per
l'elemento puntato al posto del ribattuto che enfatizza l'accentuazione della parola
morrei intonata con un salto ascendente di quinta. Anche il basso imita l'andamento
scalare precedente andando a determinare una concatenazione tra le frasi che le rende
indivisibili nel loro fluire e si arrestano solo a battuta 19, con la forte cesura della cadenza
in La M. La parte del Chitarrone si fa interprete dell'imitazione del basso sull'omoritmia
delle altre voci; alcuni elementi autonomi si ravvisano a b 17, su una diminuzione ritmica
del basso e su un successivo accordo di minima che si distacca dal ritmo soprastante, e
nella cadenza finale di battuta 18 che realizza un ritardo di quarta e terza non presente
nelle parti vocali, generando una incongruenza con la parte del quinto nel caso di una
esecuzione a cinque voci.
La sezione C, intonata a b 19 dopo una pausa di cesura generale, si presenta come una
fase strettamente imitativa dove le frasi si susseguono in una vivacità ritmica incalzante e
le cesure sono determinate dalle cadenze armoniche interne.
131
L'inizio della sezione ha un brevissimo ed espressivo momento omoritmico, incorniciato
tra pause di cesura, sul quinario tronco del primo endecasillabo a minore, dove il pacato
accento in quarta posizione si caratterizza nella melodia per la dolorosa inflessione di un
unico semitono che enfatizza la parola Ohimè. L'armonia cadenzale del Chitarrone ruota
intorno il tono di Sol ed a battuta 20, su una cadenza sospesa di Re M, mostra un
elemento ritmico indipendente in un accordo puntato sulla pausa generale di cesura, che
determina continuità con la semifrase successiva. Nel secondo emistichio la melodia
ascende per grado congiunto fino all'acme di un intervallo di sesta minore sulla parola
'more', il cui accento testuale è l'unico punto di drammatica sospensione prima della
rapida caduta successiva. Nella continuità fraseologica il segmento musicale è delimitabile
solo attraverso una cesura armonica intermedia su una cadenza imperfetta in tono di Sol.
Il verso finale che inizia a battuta 21 è strettamente connesso al precedente dalla fase
polifonica imitativa che va incontro ad una intensificazione: la melodia prosegue senza
respiro in una amara caduta oltre l'ottava su una dissonanza di nona maggiore sul tono di
Do, svolgendosi sulla massima estensione del brano che ben si addice al sentimento
doloroso; il percorso armonico porta al mutamento del tono in Do
naturalizzazione del Fa# dell'ultimo accordo di battuta 21.
attraverso la
La chiara cesura dell'accompagnamento nella cadenza composta di battuta 22 non
permette alcun respiro musicale, sulla cesura di pausa del Canto (battuta 23) il Chitarrone
prosegue sugli iniziali elementi scalari della linea imitativa del basso vocale prima di
ricondursi ad un sostegno accordale; a battuta 24 si realizza uno dei rari casi di linea
spezzata in un efficace salto su bordone, scelta idiomatica in quanto strutturalmente non
necessaria. Anche qui si assiste ad un momento autonomo della parte di continuo che
non riprende nè la ritmica del basso vocale nè l'imitazione del tenore.
Es. 3.7 batt. 22-23 Elementi autonomi del Chitarrone rispetto il basso
132
A battuta 22 il passaggio accordale da Fa M a Sol M per la preparazione della cadenza in
Do evita parallelismi (e l'unisono con il canto) attraverso una posizione che vede
l'abbassamento di ottava della quinta di Sol e l'esposizione della dissonanza.
La ripetizione completa del verso finale, con inizio a battuta 23, si svolge su materiale
melodico sostanzialmente variato: la melodia sale inizialmente per grado congiunto su un
intervallo di quarta, dalla repercussio alla finalis, ne ridiscende bruscamente in una
successione che riunisce più figure intervallari legate al dolore nel corso del brano quali il
crollo di quarta, l'intervallo di terza minore e la discesa per semitono diatonico sulla
ripetizione della parola 'more', accompagnata da una formula cadenzale sul tono di La.
L'anticipazione nella linea del canto della risoluzione del Do a Si (battuta 24) genera un
madrigalismo nel contrasto con l'armonizzazione del Chitarrone e con la cadenza dell'alto.
Dopo una cesura di pausa la ripetizione del primo emistichio viene rafforzata dall'uso del
poliptoto nell'inciso melodico mutuato a diversa altezza, sostenuto armonicamente dal
continuo nella preparazione della cadenza sul tono di La, dove un salto di ottava su
bordone si discosta dal ritmo del basso vocale.
La melodia si avvia alla conclusione sul levare di battuta 26, dopo una arcata di note
ascendenti ed un crollo di quarta, con un rapido passaggio melismatico che si allarga sulle
note della cadenza composta sulla finalis. L'accompagnamento svolge una lunga fase
cadenzale che riporta al procedimento delle battute 5 e 6 nel passaggio a La m prima di
portarsi al maggiore: la prima cadenza composta su La m di battuta 25 è diminuita da un
salto di ottava su bordone, l'armonia approda poi a La M attraverso una cadenza
imperfetta con Mi M in terza e sesta, e finalmente si allarga sulla cadenza composta
finale. Nella parte di chitarrone si evidenziano alcuno valori accordali disgiunti dalla
parte del basso vocale.
Sostanzialmente la parte di continuo sostiene con lunghi accordi arpeggiati le parti in stile
recitativo, passa da sostegni omoritmici ad armonie su basso melodico e contiene vari
elementi distintivi rispetto le parti interne. La scrittura per chitarrone sfrutta il linguaggio
idiomatico dello strumento, con passaggi e salti di ottava sui bordoni e l'uso in raddoppio
di note tastate e libere, non scevro di passaggi melodici come strumento sia di ornamento
che di fondamento.
133
L'accordo di La in quarta e sesta delle battute 17-18 rappresenta una scelta obbligata:
abbassando di un'ottava il basso di La sarebbe venuto meno sia l'andamento del basso
che il successivo slancio alla ripresa della linea imitativa.
La tecnica dello strumento, sia nel raddoppio della fondamentale sia nella sua primaria
percussione con il pollice, dà risalto alla funzione del basso reale anche nel momento in
cui l'accordatura rientrante fa porre una nota, in questo caso il Mi a vuoto della seconda
corda, al di sotto del basso reale.
In molte parti Rossi affida al chitarrone semplici bicordi e non solo triadi o accordi pieni, e
l'uso dello strumento nelle sue qualità polifoniche è rilevabile anche dalla diversa
diteggiatura riservata in alcuni casi alla stessa imitazione melodica: nell'esempio
riportato, lo stesso frammento melodico si svolge a battuta 23 in quinta posizione sulla
quarta corda, ed a battuta 25 sulla prima corda, offrendo in tal modo una più chiara
definizione polifonica.
Es. 3.8 Trattamento polifonico del Chitarrone attraverso diverse posizioni nell'intavolatura
batt. 23
batt. 25
identica linea imitativa
134
Anima del cor mio
Il madrigale, tratto da un testo anonimo, ha per contenuto la tematica della separazione
dolorosa, topos della poesia madrigalistica rinascimentale.
Il testo sembra stato musicato solo da altri due autori:
Benedetto Pallavicino, Il Sesto libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1600
Claudio Monteverdi, Libro IV de madrigali a cinque voci, Venezia, 1603
La struttura del testo è quella tipica del madrigale petrarchesco, formato da due terzine
con distico finale a rima baciata; le rime delle terzine sono a specchio con schema
ABCACB.
Testo 295
Anima del cor mio,
poichè da me, misera me, ti parti,
s'ami conforto alcun a' miei martiri
non isdegnar ch'almen ti segua anch'io,
solo co'miei sospiri
e sol per rimembrarti
ch'in tante pen' e'n cosí fiero scempio
vivrò d'amor, di vera fede esempio
La divisione del madrigale in sezioni è stata attuata basandosi sulla centralità dei modelli
cadenzali. Si possono quindi individuare due sezioni principali, una sezione A che
comprende le terzine e mostra una completa aderenza tra frasi musicali e segmenti
testuali, contraddistinta da sezioni omoritmiche ad ogni inizio di verso, ed una sezione B
per il distico finale, caudato, che comprende tre frasi musicali su un tessuto polifonico
serrato.
295
Forma poetica: aBCAcb DD
135
Una simmetria interna mostra la sezione A uguale per numero di battute alla sezione B.
Tab. 3.5 Struttura musicale:
Sezione
A
A1
B
B1
Battute
Cesura armonica
9-15
Fa M
1-8
A2
15-22
B2
22-32
Re M
Re M
Sol M
Tonal type riconducibile a b - c1 - G, modo ipodorico trasposto, tempus imperfectum,
segnatura C.
L'incipit è a canone con ingresso affidato all'alto non rappresentato nel continuo, che
inizia in omoritmia con il Canto.
La melodia del primo verso si apre e chiude su un semitono cromatico discendente, in
forma declamatoria e in una ritmica la cui figura puntata iniziale rafforza il cromatismo
mentre un largo valore di semibreve sottolinea l'accento testuale.
La parte di continuo presenta una cadenza sospesa sul primo movimento cromatico del
Canto che tramite una cadenza imperfetta su Sol M (battute 2-3) conduce alla cadenza
sospesa di cesura della frase con una formula cadenzale che in termini moderni si può
descrivere con un passaggio I6 - IV - VI - IV - V: dopo un cambio modale, attraverso una
cadenza frigia con clausole scambiate (la clausola cantizans intonata dall'alto e la
tenorizans del basso sono riassunte nella parte del chitarrone) la discesa per semitono
melodico nelle parti esterne conferisce un particolare risultato espressivo di tristezza
malinconica.
Es. 3.9 batt. 2-3, formula cadenzale.
136
Il secondo verso è intonato a battuta 3 dopo una netta cesura su una pausa generale; il
primo emistichio è condotto in omoritmia mentre sul secondo è introdotto un breve
passaggio imitativo. La linea melodica dell'intero verso è costituita da tre frammenti che
racchiudono il significato poetico doloroso della partenza dell'amato, e che vedono ben
tre crolli di quarta: dopo una caduta iniziale la melodia risale di semitono su un valore
legato che accentua il monosillabo me, dopo un salto di quinta su un valore puntato si ha
un secondo crollo di quarta che conduce per grado, con un piccolo melisma,
sull'intonazione della stessa sillaba dopo la parola misera, a rafforzare il proprio stato di
sventura, infine sulla conclusione testuale tu parti si ha il terzo intervallo di quarta
discendente. In una sola frase musicale il compositore condensa tutta la drammaticità del
testo, i cui elementi saranno variamente ripresi nel corso della composizione.
A battuta 4 nella parte del Chitarrone è reperibile un accordo in quarta e sesta. Tale
inversione sembra qui rendersi necessaria per non abbassare di una ottava il disegno
imitativo che anticipa il canto nel mantenimento delle altezze sonore del basso vocale; si
rilevano inoltre a tale livello alcune figurazioni autonome nel ribattuto della triade,
nell'omissione di un frammento della parte imitativa del tenore che lascia libera
espressione alla risposta imitativa del Canto, e nel salto di ottava su bordone che spezza
la ritmica del basso vocale.
Es. 3.10 batt. 4, elementi autonomi nella parte di Chitarrone
137
Nelle battute 3 e 5 si rilevano due accordi di Sol con quinta vuota, come a non voler
raddoppiare la terza intonata dal Canto. La frase conclude su una cadenza sospesa.
Il verso successivo, dal levare di battuta 6, inizia dopo una pausa di cesura in una condotta
omoritmica nella quale si inserisce una temporanea intonazione in contrappunto del
tenore, che si riporta subito sulla concordanza delle voci. Il ritmo, a note nere nel primo
emistichio, si allarga fino a valori di semibreve nella seconda parte della frase.
La linea melodica tra l'intonazione del primo e secondo emistichio presenta il crollo di
quarta con il quale si era conclusa la frase precedente, e la fine del verso è riconducibile
ad una imitazione variata dell'incipit del madrigale.
Nella parte di Chitarrone l'armonia iniziale subisce un provvisorio mutamento di tono
attraverso una cadenza semplice Sol M - Do m, a battuta 6 il passaggio accordale Do m Sib M presenta un parallelismo di quinta e ottava ed a battuta 8 la frase termina con una
cadenza in Sol a risoluzione in maggiore con ritardo di quarta e terza.
La sezione A2 inizia a battuta 9 e dopo una prima fase omoritmica, spezzata solo
dall'entrata anticipata dell'alto (omessa nella parte di Chitarrone), prosegue fino alla fine
in un ambito strettamente imitativo dove i versi trovano corrispondenza con la frase
musicale attraverso cesure armoniche e criteri di concordanza delle voci. Dopo un iniziale
declamato la melodia richiama il motivo dell'esordio nell'intervallo di semitono
ascendente e discendente, per portarsi dopo un ulteriore respiro su un passaggio
melismatico che conduce alla fine del verso. A battuta 10 una figura puntata del basso
vocale non viene rispettata dal Chitarrone al quale è invece affidata una figura
completamente autonoma in un bicordo su una pausa di cesura delle voci; dopo
un'armonia di La M, il bicordo realizza un cambiamento di modo attraverso un
cromatismo accordale che conduce alla cadenza composta su Fa di battuta 11, la cui
diminuzione con un basso di bordone rappresenta un ulteriore elemento autonomo. Una
breve eco della formula cadenzale che rispetta la parte polifonica del basso vocale, su un
respiro di cesura del Canto, concatena l'episodio successivo.
La linea melodica (battute 11-12) disegna un profilo ondeggiante intorno il tono di recita
ed il tessuto armonico assume un'alta valenza espressiva nell'avvicendamento dei
mutamenti di tono attraverso un passaggio armonico maggiore/minore sul tono di Sol.
138
La cadenza composta del Chitarrone sul tono di Re viene a realizzarsi con un primo
accordo di La M in quarta e sesta, nel rispetto dell'andamento delle parti, e la semibreve
del basso vocale è diminuita da un accordo ribattuto che introduce il basso reale nella sua
ottava inferiore.
A battuta 13 ha inizio una nuova concatenazione dei segmenti testuali attraverso una più
stretta fase imitativa, l'intonazione del tenore viene proposta nel Chitarrone che riunisce
senza soluzione di continuo la linea melodica sulla risonanza dell'accordo finale della
precedente clausola, in un breve momento solistico che anticipa l'idea melodica del verso
successivo.
Es. 3.11 batt. 13, imitazione del Chitarrone
La melodia del Canto entra in imitazione variata sul levare di battuta 14, mentre il
continuo riprende la linea del basso vocale che imita l'entrata del tenore all'ottava
inferiore, concludendo con una diminuzione ritmica indipendente.
L'intonazione del Canto, per la disposizione dei segmenti testuali nella parte polifonica, è
qui contratto in una unica semifrase che si arresta su un lungo tacet, a battuta 15,
interrompendosi su una clausola frigia: il Canto sale per tono e il basso scende per
semitono, la clausola è diminuita da un ritardo nel canto a sua volta seguito da un
ritardo di quarta e terza del continuo (battuta 15); la brevità di questo verso che chiude la
sezione A fa eco alla brevità del precedente.
In questo punto si può porre l'inizio della sezione B, nella resa unicamente strumentale
del gioco imitativo delle voci interne nella concatenazione tra le due sezioni in una
rielaborazione dello stesso materiale tematico; nel procedimento accordale del
Chitarrone si inserisce l'elemento scalare ascendente dell'anticipazione imitativa dell'alto,
mentre dopo una variante ritmica l'ultima imitazione del basso si contrae nella nota di
139
passaggio che porta alla cadenza in Sol di battuta 17, alla quale segue finalmente
l'entrata del Canto.
Es. 3.12 batt. 15-17, fase solistica del Chitarrone
La sezione B si contraddistingue per l'iterazione di alcuni segmenti testuali e dell'intero
verso finale e per il tessuto imitativo che, stemperato da valori più larghi, assume una
diversa valenza drammatica.
Come già osservato il Chitarrone riveste un ruolo melodico oltre che armonico nel
mantenere le fasi più salienti del contrappunto sul tacet del Canto.
Il verso intonato dal Canto a battuta 17 riprende in aumentazione la precedente
enunciazione dell'alto, dopo lo slancio del veloce elemento scalare giunge all'acme da cui
ridiscende per retrogradazione e dilatazione terminando su una pausa di sospiro; nel
Chitarrone una diminuzione su un salto di ottava su bordone sostiene l'entrata del Canto.
Il passaggio tra i due emistichi è sottolineato nel continuo da una cadenza su Sol con
ritardo di quarta terza.
In questo punto si viene a realizzare una situazione emblematica tra il Chitarrone e le
parti polivocali: un La viene intonato dall'alto su una triade di Sol minore del Chitarrone.
Tale inaccettabile incongruenza trova soluzione solo nella ristampa di Phalèse del 1618,
che sostituisce la parte di Chitarrone con una parte di basso continuo dove il basso cifrato
riporta un Re con quarta e terza. Non si ritiene plausibile pensare ad un errore
nell'intavolatura e provvedere ad un emendamento in quanto si dovrebbe alterare
completamente l'originale la cui posizione non consente una correzione del Si bemolle.
Nella versione per voce sola l'accordo originale di Sol, che scende su una settima per
andare su una sesta di Do, sembrerebbe una scelta precisa; l'armonia di Sol minore risulta
congrua rispetto la linea del Canto se non si tiene conto delle altre parti vocali e dal punto
di vista espressivo il momento di dolorosa rassegnazione viene ben sostenuto dalla neutra
140
insistenza su tale accordo. La questione diventa rilevante per due ordini di motivi: la
tendenza a confermare che l'intavolatura non rappresenta una mera verticalizzazione
delle parti vocali ma una parte a sè stante, e la conferma dell'ipotesi che la parte di
Chitarrone era riservata unicamente all'accompagnamento a voce sola come si discuterà
nelle conclusioni.
Il Canto prosegue sul levare di battuta 21 con una ripetizione testuale del secondo
emistichio imitato alla quinta inferiore, racchiuso tra due pause di cesura, mentre
l'armonizzazione sul lungo tacet del basso è realizzata sull'anticipazione imitativa della
parte del tenore.
A battuta 22 una cadenza composta su Re M sottolinea con fermezza la cesura armonica
e polivocale alla quale segue una brevissima fase omoritmica, che amplifica l'enfasi della
ripetizione testuale affidata alla figura dell'anafora su figure ascendenti.
Sul levare di b 24 dopo una pausa generale si riapre la fase imitativa che viene mantenuta
sino alla fine del brano. La melodia, dopo aver raggiunto il climax sulla parola 'Amor'
ripiega attraverso un veloce salto d'ottava su un lungo melisma che conclude sulla
cadenza in Sol m di battuta 27.
Il continuo accompagna il lungo vocalizzo distaccandosi dalle figurazioni a note larghe,
utilizzando valori diminuiti con accordi ribattuti e salti del basso all'ottava inferiore sui
bordoni; a battuta 25 viene a formarsi un parallelismo tra gli accordi di Fa e Sol. La frase
chiude con una sovrapposizione della cadenza composta del Canto e del Chitarrone, raro
esempio di raddoppio della parte del Canto nel continuo.
Il verso di chiusura, ripetizione testuale del precedente nella sua interezza, inizia dopo
una pausa generale sul levare di battuta 28.
Il Canto, dopo una ripresa dell'inciso di battuta 24 ad un diverso livello sonoro, prosegue
su una linea melodica discendente a valori lunghi coprendo una distanza intervallare di
settima che, nella prima parte, richiama il retrogrado in aumentazione dell'elemento
scalare delle battute 18-19.
E' questa una fase molto particolare, dove il Canto rimane a lungo su valori di semibreve e
la parte del Chitarrone si fa molto articolata, unendo la movimentata linea del basso in
141
note nere con l'accompagnamento accordale, in un trattamento ancora una volta
melodico oltre che di fondamento, come da esempio riportato.
Es. 3.13 batt. 28-30, accompagnamento del Chitarrone
La melodia si avvia quindi alla fine con una veloce salita melismatica che sfocia con una
ripida discesa nella cadenza composta su Sol M, diminuita dal Chitarrone con un salto di
ottava su bordone.
142
Udite lacrimosi
Il brano è tratto dall'inizio della scena VI dell'atto III del Pastor Fido di Guarini,296 favola
pastorale in forma unitaria in cinque atti, con cori, in endecasillabi e settenari. Il testo
deriva dal lamento amoroso di Mirtillo in un dialogo con Corisca. Fu messo in musica dai
seguenti compositori:
Luca Marenzio Il sesto Libro a cinque voci, Venezia, 1594
Jacques de Wert Madrigali a 5 - Libro 11, Venezia, 1595
Lucia Quinciani Affetti Amorosi, Venezia, 1611, raccolta di Marcantonio Negri297
Claudio Saracini Le seconde musiche, Venezia 1620 298
Sigismondo d'India Settimo libro de madrigali a 5 voci, Roma, 1624
Alessandro Grandi Madrigali concertati a due, tre e quattro voci per cantar, e sonar nel
clavicembalo, o altro simile stromento, Venezia, 1626.299
L'articolazione dei versi privi di rime permette un trattamento libero della forma in una
polimetria che vede alternati metri diversi: endecasillabo, settenari, settenari doppi. L'uso
di questi ultimi, che entrano in uso nel '600 avanzato, denota lo spirito innovatore del
compositore; la struttura musicale si avvale spesso dell'enfasi iterativa di alcuni versi,
nella versione a voce sola l'intonazione di alcuni segmenti testuali all'interno della
Giovanni Battista Guarini. Il pastor fido: tragicommedia pastorale di Battista Guarini. Ferrara. 1599. p.
114. Risorsa digitale: URL consultato il 15.01.2015
<http://www.opal.unito.it/psixsite/Teatro%20italiano%20del%20XVI%20e%20XVII%20secolo/Elenco%20op
ere/image482.pdf>
296
Veramente scarse le notizie riguardo a Lucia Quinciani (c. 1566, fl. 1611), prima tra le compositrici a
pubblicare in stile monodico e conosciuta per questa unica composizione a noi arrivata, 'Udite lagrimosi
Spirti d'Averno', trovato nella raccolta di Marcantonio Negri ' Affetti Amorosi' in cui Negri, maestro di
Cappella alla Cattedrale di Verona, si riferisce a Quinciani come ad una sua allieva.
in Women and music. IAWM Journals. Vol. 1. 1995. p. 99
297
Monteverdi appare come il dedicatario del madrigale: 'Dedicato al Molto illust.re sig. Claudio
Monteverdi'. in Claudio Monteverdi. The Letters of Claudio Monteverdi. a cura di Denis Stevens. Cambridge
University Press. 1980 p. 219
298
299
Inserito tra i brani a due voci
143
polifonia cambia la sequenza di alcune ripetizioni, e le frasi seguono solo la logica del
contesto testuale e della tensione poetica rappresentata.
Dal punto di vista macroformale il madrigale è suddivisibile in tre sezioni irregolari per
numero di battute, definite dal materiale tematico e dalle cadenze principali e
caratterizzate da un diverso aspetto drammatico.
La prima parte raffigura l'invocazione agli spiriti per le proprie sofferenze d'amore, la
seconda parte dipinge la donna crudele nel suo rifiuto, la parte conclusiva assimila la
propria condizione alla morte.
Tale suddivisione macroformale di tipo concettuale richiama la successiva intonazione di
'O Mirtillo, Mirtillo, anima mia' del Quinto libro di madrigali a cinque voci di Monteverdi,
pubblicato nel 1605.
Testo 300
Udite, lacrimosi spirti d'averno,
Udite nova sorte di pen' e di tormento;
Mirate crud' affetto
In sembiante pietoso.
La mia donna crudel, più del inferno,
(Perch'una sola morte)
Non può far satia la sua ingorda voglia
E la mia vita è quasi una perpetua morte
Mi comanda ch'i'o viva,
Perché la vita mia
Di mille mort' il dì ricetto sia
Il testo tra parentesi indica che l'intonazione del segmento da parte del Canto non si trova in quella
posizione nella versione accompagnata
300
144
Tab. 3.6 Struttura musicale
Sezione
A
A1
B
-
C
Battute
Cesura armonica
8-12
Do M
25- 29
Sol m
1-8
A2
12-24
C1
C2
29-36
Re M
Sib M
Sol M
Il brano è riconducibile al Tonal type b - c1 - G, modo ipodorico trasposto, tempus
imperfectum, segnatura C.
L'incipit è a canone con ingresso del Canto su un ictus acefalo, accompagnato solo dal
Chitarrone su ritmo tetico. Il motivo conduttore dell'intero brano è riconducibile
all'intervallo di terza minore del primo inciso.
La sezione A è omoritmica, ma come spesso avviene nella procedura compositiva di Rossi
l'omoritmia è spezzata in alcuni punti dalle voci interne con brevi frammenti imitativi che
attuano la coesione dei segmenti musicali. In questa prima parte i segmenti testuali
coincidono con le frasi musicali, la sezione è divisibile in due periodi riconoscibili per i
piani cadenzali e per la concordanza delle voci.
La prima frase si estende da battuta 1 a battuta 4, formata da un endecasillabo a maiore.
La melodia, in stile declamatorio, inizia con un'esclamazione che intona un intervallo di
terza minore su una sincope, in una accentuazione sillabica che determina fin dall'inizio
un clima di tesa sospensione; dopo una cesura di pausa prosegue su un declamato e sale
per grado congiunto di terza maggiore su un valore lungo, a sottolineare nuovamente
l'accentuazione testuale, per ridiscendere con un salto di quinta su una imitazione variata
dell'incipit. L'immobilità dell'armonia iniziale sul tono di Sol sembra evocare l'oppressione
dell'immagine verbale, il cambio di tono con un crollo di quarta al basso crea una
momentanea tensione armonica su una cadenza sospesa di Sib M all'acme della melodia,
il ritorno a Sol chiude il verso con una debole cesura armonica.
La parte di Chitarrone si distingue per l'entrata autonoma in tesi sull'iniziale vaghezza
della quinta vuota di Sol, per il sostegno al canto con un accordo aggiunto su una pausa
145
generale delle voci interne e per un salto di ottava su bordone come elemento ritmico
autonomo.
La seconda frase si svolge dal levare di battuta 5 a battuta 8 su un tessuto imitativo che
rinforza l'esclamazione iniziale nella figura retorica dell'epizeusi. Il verso è qui costituito
da un settenario doppio, e gli accenti testuali sono sottolineati da valori larghi di
semibreve.
La voce del Canto
inizia dopo la cesura di un respiro condiviso dal Chitarrone sul
contrappunto delle altre parti vocali. La linea melodica, dopo l'intonazione dell'incipit alla
seconda superiore, prosegue su un salto di quarta discendente e riprende l'elemento
motivico iniziale con andamento scalare; dopo un disegno a gradi disgiunti approda ad un
passaggio su un semitono cromatico, sulla sottostante cadenza di Re M. Rispetto la prima
frase, dove l'armonia permaneva a lungo sul tono di Sol come sostegno statico del
declamato, l'inizio di questa seconda frase si svolge su un gioco di progressioni armoniche
con mutamenti di tono fino alla conclusione del periodo A1 con una cadenza composta
di tipo conclusivo su Re M. La parte di Chitarrone presenta un suo ruolo autonomo
nell'accompagnamento con valori lunghi che non rispettano il ritmo del basso o del
tenore (battute 5, 6 e 7) e con una diminuzione cadenzale con salto di ottava a battuta 7
non presente nelle altre parti.
Es. 3.14 batt. 7, diminuzione cadenzale del Chitarrone
Nella sezione A2 il terzo verso, dal levare di battuta 9 a metà di 10, prosegue in stile
imitativo e la linea melodica si svolge nell'ambito dell'idea tematica iniziale su un basso
scalare discendente. Pur nel mantenimento dell'intervallo di terza minore il mutamento
del tono di Sol in maggiore determina un espressivo cambiamento affettivo; ancora una
volta il Chitarrone è in omoritmia con il Canto rispetto la ritmica delle altre parti. La frase
termina su una cadenza sospesa di Re M sulla concordanza delle voci.
146
L'ultimo verso della prima parte ritorna all'omoritmia iniziale dopo una pausa di cesura
delle voci interrotta solo dall'anticipo dell'intonazione dell'alto, in un procedimento di
unione tra i versi che viene mantenuto nel Chitarrone con una singola nota che rilancia la
frase musicale in ritmo variato rispetto l'entrata dell'alto; la melodia è qui caratterizzata
da un nuovo sviluppo musicale che raggiunge il massimo grado di tensione su una
dissonanza cromatica di passaggio, un ritardo con nota sfuggita, sulla cadenza composta
di Do M che chiude la frase (battuta 11).
L'accompagnamento, ritmicamente regolare, nella cadenza finale
elemento autonomo una diminuzione con un salto di ottava su bordone.
presenta come
Prima di giungere alla fase cadenzale di battuta 11 nella parte di Chitarrone è presente un
accordo ribattuto di Do M su un cambio di posizione che rivela l'acquisita padronanza
dello strumento nella conduzione delle voci; il passaggio cadenzale mantiene nelle
posizioni dell'intavolatura una chiara esposizione del ritardo di quarta e terza, che porta al
successivo accordo di Do con raddoppio dell'ottava. La trascrizione in notazione moderna
non riesce a tener conto ed evidenziare tali peculiarità dello strumento che nell'ambito
dell'accordatura rientrante ha una propria tecnica nel mantenere le linee vocali al di là
della sovrapposizione accordale.
Es. 3.15 Udite lacrimosi, batt. 11, soluzioni tecniche nell'intavolatura
La sezione B (battute 12-24) si svolge tutta in stretto contrappunto nell'enfatizzazione
delle iterazioni testuali; il senso rafforzativo delle ripetizioni viene sottolineato dalla
fluidità incalzante dei segmenti testuali senza cesure nette, solo nell'accompagnamento è
rilevabile qualche debole cadenza intermedia in passaggi armonici sui quali il testo non
lascia spazio a cesure. L'unica clausola vera che comprende sia una cadenza armonica che
la concordanza delle voci in omoritmia si trova solo alla fine dell'intera sezione.
147
Il materiale melodico contiene tutti gli elementi tematici della prima parte in variazione,
ed anche il ritmo si presenta variato con figure nere, figure puntate e crome che rendono
il tessuto febbrile amplificando l'espressività del testo ed appoggiandosi su valori più
lunghi solo in corrispondenza dell'accento tonico finale del verso.
Possiamo distinguere due frasi principali irregolari: la prima è contraddistinta dall'effetto
drammaturgico dell'epizeusi nella triplice ripetizione del settenario tronco 'La mia donna
crudel' sulla stessa figurazione musicale; la seconda dalla figura di anastrofe che si viene
a creare nella parte del Canto con la ripetizione del quinario 'non può far sazia' dopo
l'intonazione del precedente verso nel contesto polifonico, che rimane pertanto
sottinteso strumentalmente nella versione a voce sola.
Continuando dal verso precedente per giustapposizione, senza respiro, a battuta 12 il
Canto con un slancio di quinta discendente si porta su un elemento ribattuto per risalire
velocemente per grado congiunto a coprire una distanza di quarta. La stessa figurazione
appare nell'inciso della seconda ripetizione a battuta 13, con imitazione alla seconda
superiore (che caratterizzava il secondo verso della sezione A) e ravvisa il movimento
scalare delle battute 9-10 nel suo retrogrado inverso per diminuzione, indicando come il
materiale tematico sia sempre connesso con artifici contrappuntistici.
Es. 3.16 batt. 13 e 9, confronto materiale melodico della parte di Canto
batt. 13
batt. 9
Il Chitarrone presenta due elementi ritmici autonomi nelle diminuzioni con salto di ottava
su bordone (battute 11-12).
Nella terza ripetizione il segmento musicale si ripete all'altezza originaria ma con un
mutamento di tono in Sol maggiore, giunto alla nota più acuta ne ridiscende per moto
scalare in una figura che richiama il materiale di battuta 4. Tali esempi imitativi mostrano
come tutto sia strettamente correlato in un sapiente contrappuntismo, che qui mantiene
un alto livello di tensione espressiva per la struttura serrata.
148
L'accompagnamento del Chitarrone integra le risposte imitative del basso vocale con le
armonie in un incastro dialogato, la progressione armonica genera una cadenza semplice
su ogni inizio del segmento testuale.
Es. 3.17 batt. 12-13, incastro dialogico delle parti
A battuta 14 il Chitarrone presenta una figura ritmica puntata assente nelle altre parti ed
un parallelismo di ottava tra il secondo e terzo movimento.
L'armonia di Re M di battuta 15 non è una vera chiusa, in quanto si sovrappone con
l'anticipo del verso successivo in un
contrappunto ancora più stretto della fase
precedente: sul tacet del Canto, la parte di Chitarrone senza soluzione di continuità
integra in modo melodico il verso intonato in successione da tenore e quinto; a questo
livello nell'ambito della stretta alternanza imitativa si genera un paradosso testuale per
cui l'intonazione posticipata del Canto del segmento testuale 'Perch'una sola morte' si
trova ad essere omesso nella versione a voce sola. L'emistichio sottinteso, introdotto dal
tenore sul levare di battuta 15, viene espresso strumentalmente nelle sue ripetizioni dal
Chitarrone, in una breve parte solistica, fino all'entrata del Canto sulla ripetizione del
secondo emistichio (battuta 16). A battuta 17 un accordo in quarta e sesta permette il
mantenimento della conduzione delle parti nel salto di quarta ascendente della linea del
basso vocale, l'imitazione che segue è armonizzata su una ritmica indipendente dal basso.
Da battuta 18 la linea melodica va incontro un ampliamento che determina un
cambiamento affettivo, l'imitazione della seconda ripetizione cade su un intervallo
discendente di quarta, preannunciando la figura dolorosa della morte di battuta 20 del
verso posposto, e finalmente intonato, che senza cesure incalza la successiva iterazione
testuale. Sulla fine del verso (battuta 22) la melodia discende per grado congiunto
terminando su un semitono diatonico, in una lunga fase di ampliamento del valore
149
ritmico che, oltre all'effetto rafforzativo del concetto testuale, determina una fase di
stacco rispetto il carattere vivace della sezione successiva.
La parte di Chitarrone, condensando tutti i passaggi imitativi, risulta invece molto
incalzante e vivace; le imitazioni di tutte le parti vocali che subentrano l una all altra
sembrano comunque tenere conto delle caratteristiche dello strumento introducendo
alcuni aggiustamenti: ad esempio a battuta 16 la sequenza dell'alto presenta un Mi che
sale a Fa, mentre nel Chitarrone ripiega su un Re. E' questo un altro importante elemento
a conferma dell'accordatura rientrante.
Es. 3.18 batt. 16, Alto e Chitarrone
Nel contesto imitativo a battuta 18 si assiste ad un elemento che assume una particolare
rilevanza: l'assegnazione al Chitarrone di una specifica linea polifonica che non ha
riscontro nelle altre voci, mentre l'accordo di La m in quarta e sesta mantiene
l'andamento della linea imitativa. A battuta 19 sull'ultimo movimento si realizza una linea
spezzata: nell'imitazione dell'alto il Mi, che come visto nell'esempio precedente ripiegava
sul Re, viene intavolato all'ottava inferiore per salire a Fa; il cambiamento del basso reale
è solo apparente in quanto in fase esecutiva il Mi, segnato a vuoto sulla seconda corda,
non possiede l'impulso di basso.
Es. 3.19 batt. 19 Alto e Chitarrone, linea melodica spezzata dall'abbassamento di ottava
150
Un elemento del tutto autonomo è invece rappresentato dall'imitazione del Chitarrone
della linea del Canto a battuta 20, in un frammento melodico che non sussiste nelle altre
parti. La lunga fase imitativa del Chitarrone si conduce fino alla cesura intermedia del
passaggio Re m - Sol m con ritardo di quarta e terza di battuta 22. Nella battuta
successiva la dissonanza di settima del Canto non è raddoppiata nell'accompagnamento,
ed è presente un parallelismo tra Sol m e Fa M.
La sezione termina con una cadenza semplice su Sib M nella simultaneità di tutte le parti
vocali.
Dal punto di vista sintattico il periodo risulta formato da un endecasillabo, un settenario
(posticipato dal Canto ma sottinteso strumentalmente dal Chitarrone), un endecasillabo.
Le frasi musicali non coincidono con il livello della sintassi dei versi; su un livello di
segmentazione musicale possiamo individuarle solo in base a cesure intermedie o
clausole melodiche fino alla conclusione con una cadenza semplice su Sib M.
La sezione C inizia a
battuta 25 e comprende due fasi di cinque e sette battute,
omoritmica la prima e strettamente imitativa la seconda, suddivisibile in una parte C1 e
C2. Dal punto di vista testuale C1 è costituito da un endecasillabo ed un settenario, C2 da
un settenario ed endecasillabo. L ultima sequenza testuale rappresenta un gioco iterativo,
l'intero verso è intonato tre volte e due ripetizioni si svolgono incastonate in un iperbato
che spezza in due la prima ripetizione.
Il discorso musicale pur mantenendo cellule melodiche e ritmiche delle sezioni precedenti
si prefigura come un netto contrasto ed introduce nuovi importanti elementi tensivi e
rappresentativi, dove gli accenti del testo vengono sempre enfatizzati da note più lunghe.
Le due frasi principali sono riconoscibili sia per il criterio della concordanza delle voci che
per le cadenze armoniche, ma al loro interno presentano cesure intermedie che
sottolineano i segmenti testuali e le loro ripetizioni.
Nella prima parte, omoritmica, ad inizio acefalo, il canto si porta su un ardito salto
ascendente di sesta maggiore, dal quale ridiscende prima per tono e poi con salto di
quinta per proseguire con moti ascendenti e discendenti di grado fino alla sillabazione
tua morte , che richiama l'elemento ritmico melodico dell'incipit nel salto di terza
151
minore prima di scendere per semitono diatonico.
Es. 3.20 batt. 26-27, Canto: confronto materiale melodico
batt. 26-27
batt.
L estensione di ottava discendente in cui è racchiusa la semifrase evoca il precipizio
testuale della perpetua morte .
L accompagnamento, basato su una serie di cambiamenti di tono nel brevissimo spazio
sonoro, è omoritmico e conclude su una cadenza sospesa del tono di Re; l'armonia di Re
minore è espressa in quarta e sesta per permettere la discesa del basso per semitono
cromatico, mentre l'armonia successiva di La M si può considerare solo apparentemente
in quarta e sesta per la risonanza del basso che la precede.
La seconda frase inizia dopo una pausa di cesura che rafforza la precedente sospensione
cadenzale, i versi successivi confluiscono nella parte C2 (levare di battuta 30) senza
soluzione di continuo, attraverso una cesura intermedia su Sol dell accompagnamento
con ritardo di quarta e terza non presente nelle parti vocali e che si pone in discordanza
con la cadenza dell'alto.
L ultima intonazione testuale, dal levare di battuta 30, entra in una fase di stretto
contrappunto con una costruzione melodica di estrema efficacia nel trattamento della
cellula motivica iniziale. In un andamento a scalini, quasi singhiozzante, l intervallo di
terza minore viene riproposto ad intervalli di seconda inferiore generando alcuni
cromatismi; la caduta di ottava nella riproposizione del segmento musicale sembra
evocare l estensione di ottava discendente della frase precedente nel ribadire il concetto
di morte.
Es. 3.21 batt. 29-31, linea melodica del Canto
152
La linea del basso, formata da un elemento scalare, viene imitata alla sua quarta inferiore.
La prima ripetizione testuale è sottolineata da una cesura interna su una cadenza
semplice a a Sol m; la clausola vera di battuta 32 alla fine del segmento testuale, su una
cadenza composta di Re diminuita dal Chitarrone, non interrompe il flusso del brano che
prosegue senza respiro su un diverso contesto imitativo dove l enfatizzazione degli
accenti testuali con valori più lunghi viene amplificato dall'andamento sincopato che
contraddistingue la ripresa dell'ultima ripetizione 'Di mille morti il dì'.
A battuta 33, sul disegno imitativo del gioco di terze minori ascendenti, un madrigalismo
rafforza e sottolinea la parola 'morte' attraverso una falsa relazione.
Esempio 3.22 batt. 33, falsa relazione sulla parola 'morte'
Dopo una nuova caduta nell'ambito di un'ottava discendente, la linea melodica conclude
attraverso una pausa di cesura su un elemento scalare che approda al maggiore
nell'ambito della cadenza finale composta di Sol, diminuita nel Chitarrone con un salto di
ottava su bordone.
Lo scopo rafforzativo delle ripetizioni testuali conferiscono al brano tutta la potenza
espressiva tipica del linguaggio di Rossi nonostante l'uso misurato di madrigalismi.
153
Tirsi mio caro Tirsi
Il brano è tratto dalla scena V dell'atto IV del Pastor Fido di Guarini.301
Il testo originale è formato da un monologo di 13 versi sciolti nel contesto di un dialogo
tra Aminta ed il padre Nicandro, ed inizia con 'Padre mio, caro padre'. Marenzio, che lo
mise in musica nel 1595, per ovviare alla situazione troppo specifica del poema ne
rimaneggiò il testo con elisioni e cambiamenti di significati, sostituendo la parola 'padre'
in 'Tirsi' e 'figlia' in 'Filli'; la preghiera al padre della protagonista divenne così un lamento
per la perdita dell'amato. Da allora la versione di Marenzio fu usata come testo di
riferimento, ed il brano poetico venne messo in musica da pochi altri compositori.
Luca Marenzio, Il Settimo libro de madrigali a cinque voci, Venezia, 1595
Felice Anerio, Secondo libro de madrigali, Venezia, 1608
Giovanni Ghizzolo, Madrigali et arie per sonare et cantare nel chitarone, liuto o clavicembalo.
Libro secondo, Venezia, 1610
Testo
Tirsi mio, caro Tirsi
E tu ancor m'abbandoni?
Così morir mi lasci, e non m'aiti?
Almen, non mi negar gl'ultimi baci
Ferirà pur duo petti un ferro solo
Verserà pur la piaga
Di tua Filli il tuo sangue
Tirsi, Tirsi un tempo sì dolce, e caro nome,
Ch'invocar non solevi indarno mai,
Soccorri a me tua Filli
Che, come vedi, da spietata sorte
Condotta son a cruda empia morte
301
Giovanni Battista Guarini. Il pastor fido. op. cit., p. 158.
154
Tab. 3.7 Struttura musicale
Sezione
A
A1
B
-
Battute
Cesura armonica
14-22
Sol M
1-13
A2
22-38
Re M
Sol M
In modo misolidio e tempus imperfectum, segnatura C, il brano risulta ascrivibile al
Tonal type
- c1 - G
Il testo alterna variamente settenari ed endecasillabi, in versi sciolti ad invenzione
continua, con alcune figure retoriche iterative nella parte finale. Il ritmo è molto variato,
sia nelle parti omoritmiche che contrappuntistiche, e sottolinea con valori più larghi gli
accenti testuali generando spesso tratti sincopati. Strutturalmente possiamo considerare
tre sezioni principali irregolari con forma AAB, al cui interno i segmenti testuali
corrispondono alle frasi musicali; la sezione A è prevalentemente in stile recitativo
mentre la sezione B ha uno stile arioso.
La prima sezione, con incipit a canone, si conduce in una omoritmia delle parti polivocali
interrotta da alcune intonazioni anticipate del Canto le quali, dopo l'iniziale sfasatura, si
riconducono alla concordanza nella parte finale del segmento testuale.
In stile recitativo, il Canto intona l'invocazione iniziale su un passaggio di semitono
cromatico in un ritmo acefalo e sincopato; l'accompagnamento a larghi accordi ha inizio
tetico e l'inciso chiude sulla cadenza misolidia di Sol (il basso scende di tono, nel canto la
sesta maggiore va all'ottava). L'invocazione del nome di Tirsi è isolata da una pausa
generale, solo dopo tale cesura viene enunciata la radice tematica del brano in un
elemento discendente racchiuso in un intervallo di quarta, raggiunto con un improvviso
salto ascendente di sesta maggiore. Il primo verso conclude a metà di battuta 3 con un
breve mutamento di tono su una cadenza sospesa del tono di La, la parte del continuo
presenta un salto di ottava su bordone non contemplato nel basso vocale.
155
Il secondo verso inizia per giustapposizione sul levare di battuta 4 con un declamato a
note ribattute che conduce all'ascesa scalare della melodia su una terza minore
nell'intonazione di un doloroso 'm'abbandoni'; la linea quindi confluisce senza respiro, per
sovrapposizione, con l'inizio del successivo endecasillabo sul levare di battuta 5:
attraverso un salto di quinta discendente ripercorre nuovamente un elemento ribattuto
in variante ritmica, dopo una salita di grado scende per moto congiunto a ricoprire un
crollo di quarta nell'analogia testuale dell'abbandono con la morte.
Nell'accompagnamento a battuta 4 il salto di quarta della melodia genera nel Chitarrone
una triade di La m in quarta e sesta come cadenza intermedia per portarsi in tono di Sol,
a battuta 6 giunge su una nuova cesura intermedia con un accordo di La M in quarta e
sesta ma tecnicamente, anche per il raddoppio del La, la sequenza scalare che ripercorre
la linea melodica del basso vocale non viene disturbata dal Mi più basso dell'accordatura
rientrante.
Il
verso successivo viene intonato dal Canto a battuta 6 con un procedimento di
giustapposizione analogo al precedente, in anticipazione rispetto le altre parti in pausa
generale e in un rafforzamento della valenza affettiva conferita dal valore largo
dell accento sulla seconda sillaba; il salto di quarta ascendente della melodia viene
imitato dal basso e porta ad una cadenza intermedia su Re M. Nella parte di Chitarrone a
battuta 7 l'accordo ribattuto di Re con salto di ottava su bordone appare come elemento
del tutto autonomo; la frase chiude a battuta 8 con una cadenza semplice su Sol, con un
ritardo di quarta e terza del continuo che non è espresso da altre parti vocali creando una
incongruenza con la cadenza intonata dall'alto, situazione che avvalora l'ipotesi di una
versione pensata per voce sola.
Il verso che inizia a battuta 9 interrompe inaspettatamente l'atmosfera di cupa malinconia
introducendo un momento incisivo di contrasto ritmico, accentuato dall'andamento
omoritmico, su un vivace tessuto di note nere nel quale si inserisce un animato breve
melisma del Canto; l'accompagnamento sostiene il canto con fitti passaggi accordali che
generano un parallelismo tra Fa M e Sol M, ed a battuta 10 il verso chiude con una
cadenza composta su Re M, diminuita nel ritmo in modo autonomo.
L'ultima intonazione della sezione (battuta 11) torna ad una più pacata atmosfera
recitativa ma subito raggiunge un nuovo acme attraverso due salti disgiunti per avviarsi
156
ad una caduta discendente di ottava che termina sulla parola 'sangue'. Anche qui
l'accompagnamento è fortemente accordale e omoritmico ed a battuta 13 si chiude in
modo netto tutta la prima esposizione con la forte cesura della cadenza composta su Re
M, ancora una volta autonomamente diminuita.
La sezione considerata A1 inizia a battuta 14 e riproduce sia l incipit a canone che il
procedimento dell'accorata esclamazione isolata dell'esordio, imitata per contrazione
su un unico salto di quinta discendente; il continuo anticipa l entrata del Canto in
relazione alle altre voci e chiude l invocazione su una cadenza semplice di Sol.
Il brano continua in una riproposizione variata del contenuto tematico e della struttura
della sezione A, la riproduzione della fase di contrasto iniziata dal Chitarrone sul levare di
battuta 19 attua un nuovo mutamento affettivo nello slancio di un gioco di salti di quarta
che viene a creare un momento dialogico tra il Canto ed il Chitarrone, incatenando la
figura retorica dell'anafora all'epizeusi in una energica esaltazione dell implorazione del
testo 'Soccorri'.
La parte del continuo, costruita su progressioni armoniche, si porta su un'armonia di Re
minore che nel successivo passaggio al maggiore determina un momento molto
espressivo di slancio armonico nella fase imitativa con il canto per una pausa che spezza il
ritmo del basso vocale.
Es. 3.23 batt. 19, Canto e Chitarrone
A battuta 20 dopo un breve respiro di pausa la voce del Canto intona l'intero verso
amplificato nella replica della stessa idea melodica: l'enfasi ritmica delle precedenti note
nere e del ribattuto viene dilatata in note legate, e l'affetto prima incalzante e perentorio
si trasforma in una più rassegnata supplica sull elemento della sincope, che diventerà
parte determinante dell'ultima sezione del brano.
157
L'accompagnamento, nell'ambito di una nuova progressione accordale, sostiene in
controtempo il canto; la sezione chiude quindi su una cadenza semplice a Sol M con
ritardo di quarta e terza.
A parte il materiale ritmico-melodico e i valori lunghi posti sui principali accenti del testo,
le due sezioni A e A' condividono due aspetti importanti: l'invocazione iniziale, ed il
contrasto improvviso di una breve frase animata all'interno di un pacato tessuto che
sembra sfruttare sia l'espressività del recitativo che dell'arioso, unitamente all'alternanza
di omoritmia e di fasi imitative spesso incalzanti che sottolineano l'enfasi dei segmenti
testuali.
La sezione B si apre a metà di battuta 22, su una pausa di cesura del canto e il tacet delle
altre voci interrotta solo dall'entrata a canone dell'alto (la linea di basso continuo del
1618 subirà un cambiamento raddoppiando l'alto).
Nel primo emistichio dell endecasillabo a minore la melodia, per moto contrario all alto,
intona con incisivo slancio ritmico una breve ascensione scalare; nel secondo emistichio,
dopo una pausa di silenzio, sale di quarta per ridiscenderne per grado e risalire di terza
minore per preparare la cadenza; nella proposizione melodica è riconoscibile il materiale
tematico della precedente sezione A.
La parte del Chitarrone a battuta 22, sul tacet delle altre parti, si contraddistingue per
l'accompagnamento del tutto autonomo al Canto su una successione di terze, che
prosegue nella battuta successiva in accordo con l'entrata del basso vocale.
Es. 3.24 batt. 22, parte di basso e procedimento autonomo del Chitarrone
158
Alla fine di battuta 24 si insinua una inaspettata figura ornamentale che non compare in
nessuna parte vocale.
Es. 3.25 batt. 24, figura ornamentale del Chitarrone
Nella battuta successiva un accordo di Sol viene ribattuto senza rispettare il ritmo puntato
del basso vocale, privato della quinta per evitare il raddoppio della dissonanza espressa
dal Canto che viene a realizzarsi sul ritardo successivo scendendo sulla sesta maggiore
per andare in cadenza; tale omissione comporta nel Chitarrone un andamento delle parti
che va a costituire un intervallo di tritono Sol- Do #.
L'ultimo verso è intonato dopo la cadenza in Re M ed una pausa generale, contraddistinto
da ripetizioni testuali.
Il primo emistichio e la sua ripetizione si svolgono in omoritmia, su un elemento scalare
ascendente del Canto rafforzato dalla figura retorica dell'epizeusi nella riproposizione alla
quarta superiore. L'interposta cesura generale imprime un nuovo slancio al
raggiungimento del climax sul levare di battuta 29 da cui, senza interruzioni, la melodia
intraprende una caduta a note larghe, in un lungo atteggiamento sincopato che
conferisce alla frase un alto senso di drammaticità, concludendo con un breve ornamento
sulla parola 'morte'; l'intervallo della caduta copre un intervallo dissonante di nona, a
rappresentare l'orrido precipizio non solo con l'uso di cromatismi interni ma attraverso
una visione delle dissonanze più ampia. L'accompagnamento accordale del Chitarrone
viene a trovarsi
in forte dissonanza
a causa dei ritardi della linea melodica nel
procedimento sincopato del Canto che genera contrasti di seconda.302 A battuta 31 il
ritmo si diversifica per un salto di ottava su bordone, e la frase termina su una cadenza a
Re M (battuta 32).
302
A battuta 30, sul terzo movimento, un presumibile errore nell'intavolatura genera un doppio contrasto
di seconda non tollerabile nella prassi polifonica, che viene emendato con l'omissione del La nella
trascrizione come riportato nell'apparato critico.
159
L'ultima ripetizione testuale dell'intero verso si svolge su una stretta imitazione
dell'intonazione precedente, dopo una nuova pausa generale di cesura. La melodia
riprende lo stesso inciso scalare della prima proposizione delle battute 26-27, portandosi
poi con un salto ascendente su un intervallo di quarta per ripercorrerlo discendendo per
grado congiunto con lo stesso atteggiamento sincopato; la parola 'morte' viene qui
intonata con un salto di quarta superiore da cui si riconduce alla cadenza finale attraverso
l'imitazione del precedente melisma. Come nella fase precedente vengono nuovamente
a crearsi forti dissonanze con l'accompagnamento accordale; a battuta 35 nell'originale
un accordo di Re M del Chitarrone genera incongruenze sia con la parte polivocale che
con la linea del Canto, emendato come riportato nell'apparato critico; nella successiva
versione di basso continuo tale situazione verrà corretta con una indicazione di quarta e
terza. A battuta 36 il ritmo del basso vocale viene diminuito nel Chitarrone e nella battuta
successiva l'ornamento finale del Tenore viene omesso. Il brano termina con una cadenza
conclusiva che porta al raddoppio della parte del Canto.
160
Parlo misero o taccio
Il madrigale è tratto dal volume di Rime di Guarini, rima LIIII 303 ed è stato utilizzato
anche dai seguenti compositori:
Francesco Stivori Concenti musicali, a otto voci, Venezia, 1601
Tommaso Pecci, Madrigali a cinque voci. Libro Primo, 1602
Giovanni Del Turco, Primo libro de madrigali a cinque voci, Firenze, 1602
Radesca di Foggia, I quattro libri di canzonette, madrigali e arie alla romana: per cantare e
suonare con il chitarrone o spinetta, libro 1, Milano, 1605
Sigismondo D'India, Il primo libro de madrigali a cinque voci, Milano, 1606
Claudio Monteverdi, Il settimo libro de madrigali, Venezia, 1619
Giovanni Paolo Nodari, Madrigali a cinque voci, ca 1620 (perso)
Gesualdo da Venosa, Madrigali a sei voci, pubbl. postuma, Napoli, 1626
Marco Scacchi, Madrigall a cinque, concertati da cantarsi su gli stromenti, Venezia, 1634
Testo 304
Parlo, misero, o taccio
S'io taccio, che soccorso havrà il morire
S'io parlo, che perdono havrà l'ardire
Taci: che ben s'intende
Chiusa fiamma talor da chi l'accende
Parla in me la pietate
Parla in lei la beltate
E dice quel bel volto al crudo core
Chi può mirarmi, e non languir d'amore
303
Giovan Battista Guarini. cit., Rima LIIII. p. 84
304
Forma poetica: a BB cC dD EE
161
Unico brano in rima baciata, in stile declamato con pochi tratti ariosi, possiede il carattere
di una prosa musicale dove i nessi interni sono affidati all'elaborazione motivica ed al
disegno contrappuntistico su un gioco di cambi modali. Il discorso fluisce continuo su
frasi musicali corrispondenti ai segmenti testuali.
Il dramma interiore del dubbio, rappresentato dall'antitesi 'parlo o taccio', è affrontato in
forma di monologo; il conflitto nel dubbio della corresponsione amorosa si svolge in
un'atmosfera tutta interiore di pena d'amore enfatizzata da momenti di vivacità ritmica e
rapporti intervallari di tipo madrigalistico.
Tab. 3.8 Struttura musicale
Sezione
A
B |:
A1
Battute
Cesura armonica
9-15
Si M
1-9
A2
16-24
coda
24-27
Do M
Sol M
Sol M
In questo brano, caso unico nella serie dei sei madrigali accompagnati, la parte del quinto
raddoppia il Canto realizzandosi di fatto un madrigale a quattro voci.
Possiamo suddividere il brano in una sezione A e B. Nella sezione A possiamo individuare
una articolazione di due frasi irregolari, rispondenti ai criteri di concordanza delle voci e di
cesure cadenzali, che ben rappresentano l'antitesi nel dilemma del testo poetico sui
lemmi 'Parlo... Taci... ' nel diverso trattamento musicale.
Sostanzialmente omoritmica ed in stile declamatorio, la sezione è attraversata da un
contrappunto che si insinua nell'ambito di una linea vocale per ricondursi quasi subito in
concordanza con le altre parti, unico elemento che interrompe la prevalente omoritmia
dove il ritmo musicale segue sempre quello poetico introducendo pause di cesura tra
l'intonazione di ogni segmento testuale.
La sezione B è contraddistinta da due parti chiuse (episodio e coda finale) con segno di
ritornello in intavolatura; la prima ripetizione introduce un andamento contrappuntistico
162
con frantumazione del testo poetico attraverso le voci che assume valenza di contrasto,
mentre la coda finale ripete l'ultimo verso in una ripresa variata del precedente.
Le due sezioni risultano sovrapponibili per numero di battute conteggiando le parti
ritornellate. In modo misolidio e tempus imperfectum, segnatura C, il brano è ascrivibile
al Tonal type
- c1 - G .
La sezione A1, sostanzialmente omoritmica, è formata da tre segmenti musicali che ben
rappresentano il conflitto tematico attraverso un rapporto intervallare ascendente
maggiore sull'intonazione della parola 'Parlo' e discendente minore sull'antitesi 'Taccio'.
La melodia apre quindi sull'intonazione di 'Parlo' con un intervallo ascendente di terza
maggiore, subito seguito da un salto discendente di quinta sulla parola 'misero' che poi
scende di grado. Sul secondo verso di battuta 3, dopo una cesura di pausa, l'intonazione
di 'taccio' si svolge su un intervallo discendente di terza minore, sottolineato da uno
slancio ritmico, e su un mutamento di tono ascende di grado per portarsi con un salto di
quinta discendente ad una imitazione del precedente ribattuto. Il declamato sottoposto ai
lemmi finali dei due versi, 'taccio' e 'morire', riassume affettivamente l'accostamento
poetico-musicale nella figura dell'ipotiposi rafforzandone drammaticamente l'analogia
concettuale. I due versi, separati da una pausa di cesura, nella versione polivocale sono
legati dall'entrata a canone del tenore che si riporta subito in omoritmia.
La parte di accompagnamento si discosta dal ritmo del basso vocale per un salto su
bordone a battuta 3 e per un accordo ribattuto a battuta 5; a tale livello, dopo una
cadenza imperfetta su La m, nel portarsi sulla cesura armonica si ha l'introduzione di un
rapido abbellimento non presente nelle altre parti.
Es. 3.26 batt. 5, figura ornamentale del Chitarrone
La cesura armonica nel tono di La conclude il verso con una cadenza sospesa.
Il terzo verso, a battuta 6, presenta lo stesso procedimento di sovrapposizione di frase
con entrata a canone del tenore sulla pausa di cesura delle altre parti. La nuova
163
riproposizione testuale di 'Parlo' viene espressa dal Canto su un intervallo ascendente di
quarta giusta seguito da una discesa per grado, sostenuta dal Chitarrone nel ritmo
spezzato di un salto di ottava su bordone. L'intonazione di questo primo segmento
testuale, attraverso un espressivo mutamento di tono, appare come isolata da una forte
cesura cadenzale e dai larghi valori ritmici in un efficace momento di sospensione
testuale ed armonica che prelude all'inaspettata fase imitativa che inizia a battuta 7.
La melodia, dopo lo slancio di un salto di ottava ascendente seguito da una quinta
discendente, si riporta all'acme attraverso un elemento scalare a note nere, mentre la
linea del basso intraprende una lunga fase discendente in varietà ritmica fino a coprire
una distanza intervallare di decima. Si realizza qui un breve momento di vivace contrasto
ben rappresentata nella parte del Chitarrone che svolge la linea melodica del basso, per
moto contrario rispetto il Canto, integrata dalle armonie. La frase termina sul tono di Do
con una cadenza semplice in cui il Chitarrone esprime un ritardo di quarta e terza, la cui
quarta non è preparata e non è presente nella parti vocali.
La sezione A2, da metà di battuta 9 fino a battuta 15, consta di due frasi contraddistinte
dal ritorno all'omoritmia delle voci su un nuovo cambiamento di tono.
La nuova fase che si apre a battuta 9 rinnova il conflitto dell'antitesi tra parlare o tacere
con una condotta musicale che nell'intonazione dei due lemmi oppone il declamato su
elementi ribattuti rispetto i precedenti rapporti intervallari della sezione A1, creando un
diverso piano di tensione espresso dal cromatismo nell'ambito dei cambiamenti modali.
Il Canto nel primo emistichio si muove solo nell'ambito di un declamato semitono
cromatico, la parola Taci il cui accento è amplificato nel valore di semibreve assume una
valenza imperativa; dopo una pausa di cesura e un valore sincopato che verrà ripreso
nella frase successiva come elemento di concatenazione il verso conclude a battuta 14
con una linea discendente.
A battuta 10 il tenore anticipa l'entrata del verso, con il consueto procedimento di
sovrapposizione e immediato ricongiungimento con le voci dopo la pausa di cesura.
L'accompagnamento è fortemente accordale ed a battuta 11, sulla pausa di cesura, al
Chitarrone è affidata una sola semiminima di La a chiudere la frase con una cadenza di
passaggio sul tono di La mentre nella battuta successiva il ritmo è arricchito da un veloce
salto di ottava su bordone.
164
La fine del verso si conduce su una dilatazione dei valori ritmici nella lunga cadenza
composta di battuta 13, in fase imitativa, che non ha valenza di cesura e prepara
l'andamento più serrato del verso successivo. La conclusione della cadenza in Re M, sulla
semiminima in battere di battuta 14, rilancia il verso successivo senza soluzione di
continuo.
Nella parte di Chitarrone a battuta 12 il ritmo del basso vocale è spezzato da un salto di
ottava su bordone e da un accordo ribattuto, mentre nella cadenza viene omessa la
dissonanza di settima del tenore.
Es. 3.27 batt. 12 basso vocale e Chitarrone
Il verso finale della sezione, con inizio a battuta 14 per giustapposizione, si conduce del
tutto in omoritmia. La melodia, dopo l'intonazione di Parla su un ribattuto in ritmo
sincopato, ascende per grado su un mutamento di tono che porta ad una cadenza
sospesa su Si M; la parte del Chitarrone esprime un ritardo di quarta e terza in un range
acuto che assume una valenza melodica che rafforza la sospensione improvvisa del
discorso musicale.
L'inizio della sezione B si può porre a battuta 16, sull'intonazione del verso che,
nell'imitazione del precedente, assume valenza di preambolo alla parte ritornellata alla
quale confluisce senza alcun elemento di cesura.
La melodia imita l'incipit del brano riprendendo l'intervallo di quinta discendente e senza
soluzione di continuo prosegue nella frase successiva. L'armonia attua un cambiamento
affettivo nel ritorno al tono di Sol e si porta su una cadenza sospesa, ma l'unica cesura nel
fraseggio è rappresentata dal segno di ripetizione dell'intavolatura, riportata anche nelle
parti vocali. La stanghetta costituisce un elemento di chiusura formale della struttura
melodica in un discorso musicale serrato che non subisce interruzioni.
Le voci proseguono in omoritmia, sullo stesso materiale motivico, fino a battuta 19 dove
inizia una fase imitativa che conduce ad una frammentazione del testo.
165
A questo livello nella parte di Chitarrone si viene a realizzare una serie di armonie
incongruenti con la cadenza prolungata del Canto che si è reso necessario emendare nella
trascrizione, tenendo conto dell'andamento delle parti polivocali (battute 19-20).
Il successivo segmento testuale intonato dall'alto e dal tenore sul tacet del Canto viene
interpretato dal Chitarrone nell'integrazione delle armonie; a battuta 22 il rispetto della
linea melodica del Chitarrone
genera un accordo di quarta e sesta sulla cadenza
composta di Re M, diminuita con l'introduzione di un autonomo basso reale. Il Chitarrone
riassume la parte imitativa anche sull'intonazione della ripetizione testuale da parte del
Canto, in un serrato discorso armonico e melodico; a battuta 23 si rilevano ulteriori
elementi autonomi nell'aggiunta di un basso reale e nella diminuzione della cadenza
composta, condotta nel raddoppio della quarta e terza del Canto.
Es. 3.28 batt. 22-23, linea del basso ed elementi autonomi del Chitarrone
La fine della frase in Re M conduce alla ripetizione in forma di ripresa.
La ripetizione dell'ultima frase (battute 24-27), anch'essa segnata nell'intavolatura e nelle
parti separate, si svolge in forma variata e contratta. Nella parte di continuo la
conduzione delle parti a battuta 24 porta ad un ulteriore accordo di quarta e sesta; nella
cadenza finale si rileva un elemento del tutto autonomo nell'introduzione di una
dissonanza di settima dopo la risoluzione della quarta sulla terza.
Es. 3.29 batt. 26, dissonanza di settima nel Chitarrone
166
Il contrappunto di questi pur brevi segmenti acquistano rilevanza e significato di stacco
rispetto il prevalente tessuto omoritmico della prima sezione; le ripetizioni, oltre a
rafforzare il contenuto testuale, amplificano il contesto musicale.
In generale nella corrispondenza con i segmenti testuali le frasi musicali sono chiuse da
cadenze armoniche, i principali significati testuali vengono sottolineati da valori larghi
sulle sillabe accentate, ed i procedimenti compositivi nell'ambito dello stesso materiale
motivico attuano una differenziazione nelle più ampie sezioni musicali.
All interno della cornice
costituita dalla declamazione omoritmica
e dall enfatico
rallentamento che caratterizza spesso l enunciazione del verso conclusivo, le parti
imitative nell'animazione ritmica delle linee melodiche conferiscono vivacità agli episodi
con significato di contrasto.
Dal punto di vista armonico la riconduzione al Re M nella parte ritornellata torna a
prefigurare il nascente ruolo del quinto grado dell'armonia tonale e l'evoluzione verso la
simmetria della forma binaria.
167
4. Conclusioni
Le intavolature dei madrigali di Rossi sono state compilate in una fase molto precoce della
storia dello strumento, il cui inizio è databile solo a circa dieci anni prima. Uno strumento
inconsueto, la cui accordatura doveva implicare non pochi tentativi e difficoltà nella
messa a punto della tecnica che ha poi portato a pagine di estrema bellezza nella musica
solistica. Uno strumento il cui suono si prestava in modo particolare, per registro e
risonanza, al nuovo stile prima monodico e poi operistico che lo vedrà ancora in scena
per il Saul di Händel rappresentato nel 1739 e probabilmente anche in alcuni recitativi del
Messiah.
Le intavolature di Rossi sono state concepite come accompagnamento a voce sola, con
l'obiettivo di sostenere il canto rispettandone la libertà in lunghi accordi di tipo recitativo
o interagendo con esso nei processi imitativi in sezioni spesso dialogiche.
Lo sviluppo del nuovo stile di canto di Caccini
con la sola voce supportata
dall'accompagnamento accordale del chitarrone è qui ben rappresentato.
La maggior parte degli studiosi parte dall'unico presupposto che le intavolature siano nate
come riduzione delle parti vocali, senza tener conto di un altro possibile punto di vista:
che Rossi possa aver pensato primariamente ad una realizzazione per voce sola,
producendo anche una versione a cinque voci per poter introdurre i madrigali nella
raccolta o per permetterne l'esecuzione in assenza del Chitarrone, che non era ancora
così ampiamente diffuso.
La pratica del raddoppio delle parti cade in disuso solo verso la metà del '600, ma
nell'opera di Rossi non è presente il raddoppio del Canto ed il range del chitarrone si
presta bene al fluire di quelle imitazioni che potrebbero poi essere state rielaborate nelle
altre voci.
Le edizioni successive di intavolature per Chitarrone ad opera di Kapsberger, Castaldi e
Corradi sono tutte posteriori al 1610, data in cui la prassi del basso continuo era già
standardizzata con le prime pubblicazioni di Agazzari e Bianciardi del 1607.
Il lavoro di Rossi rappresenta pertanto un primo esempio della nascente prassi esecutiva
di basso continuo che, prima di arrivare allo stile improvvisativo, racchiude in sè la
168
complessità polifonica in uno scenario accordale. Per la caratteristica della stesura e delle
soluzioni adottate le intavolature rivelano una profonda conoscenza dello strumento e
dell'uso dei bordoni.
Le trascrizioni dei madrigali esistenti in letteratura non sono mai state univoche, fondate
su una serie di supposizioni riguardanti l'accordatura dello strumento indicato da Rossi
come 'Chittarrone' e sulla confusione spesso generata dall'uso delle chiavette. Si rende
quindi necessaria una breve premessa per comprendere tali problematiche.
Dal XV al XVI secolo le composizioni polifoniche erano segnate, oltre che con le chiavi
naturali, nelle cosiddette chiavi trasposte (chiavette), chiavi accidentali utilizzate per
facilitare la trasposizione. La distinzione tra chiavi naturali e chiavi di registro alto
compare in Ganassi nel 1543, ed indica una prassi già entrata in uso. Introdotte
soprattutto per poter rispettare l ambitus modale senza dover usare tagli addizionali,
nelle composizioni notate in 'chiavette' la trasposizione veniva richiesta solo per facilitare
l esecuzione vocale, e non era prevista per la scrittura strumentale.
La definizione in chiavette e chiavi trasportate appare molto più tardi, intorno il 1720, ed
il loro uso verrò abbandonato con il superamento della modalità.
Quando il modo è notato in chiavette alte ed è presente il bemolle significa che è stato
trasposto alla quarta superiore e per renderlo cantabile va ricollocato nel suo luogo
naturale, togliendo il bemolle e riabbassandolo di quarta. 305
Banchieri, nel 1601, le chiama chiavi 'sopracute' e ne spiega esaurientemente l'utilizzo e
la funzione a seconda che presentino o meno accidenti.
306
Un'altra questione che ha generato estrema confusione è l'accordatura dello strumento:
il Chitarrone, per essere designato tale, deve avere l'accordatura 'rientrante', il che
significa che il primo ed il secondo coro sono abbassati di una ottava e la corda più acuta
si trova sul terzo coro.
Patrizio Barbieri. Chiavette and modal transposition in Italian practice, in Recercare. Vol. III. 1991. pp. 525.
305
Adriano Banchieri. 'Cartella overo Regole utilissime à quelli che desiderano imparare il Canto Figurato.'
Venezia 1601. p. 23. in Petrucci Music Library <
http://imslp.org/wiki/Cartella_Musicale_%28Banchieri,_Adriano%29> URL consultato il 10.01.2015
306
169
L'accompagnamento di Rossi richiede uno strumento a 11 cori, di cui 7 tastati (spesso
nelle intavolature sono presenti accordi di sesta di Mi M, con basso segnato sul settimo
coro) e 4 bordoni diatonici.
L'accordatura è quindi la seguente: a, e, b, g, d, A, G per i cori tastati e F, E, D, C per i bassi
di bordone (segnati rispettivamente 8, 9, X e 11).
Fig. 4.1 Accordatura del Chitarrone a 11 cori
François Campion nel suo trattato del 1730 descrive la necessità nell'accompagnamento
di tastare il settimo (e talvolta anche l'ottavo coro) in quella che definisce Tiorba alla
Maltot, dal nome del suo predecessore all'Académie Royale de Musique:
Observez la nécessité d'avoir la septiéme et huitiéme corde sur le sillet du petit jeu
pour l'accompagnement (qu'on appelle communément Théorbe à la Maltot) Celà est
d'un grand secours, tout le long du manche, pour les diézes et bémols.307
Rossi usa quindi uno strumento con settimo coro tastato già all'inizio del '600 mentre
tiorbisti quali Kapsperger, Castaldi, Piccinini, de Visée ed altri, forse in quanto compositori
di musica solistica, usavano sei cori tastati.
La prima trascrizione dei brani accompagnati risale al 1877, anno in cui Naumbourg
pubblicò la prima edizione moderna di musica religiosa di Rossi sotto il titolo 'Cantiques
de Salamon Rossi', comprendente una selezione di madrigali con la collaborazione di
Vincent d'Indy.308
307
François Campion. Addition au traité d'accompagnement et de composition par la Régle de l'Octave.
Ribou. Paris. 1730. p. 26. Riproduz. in fac-simile Minkoff 1976
Cantiques de Salomon Rossi. Première Partie: Chants, Psaumes et Hymnes a 3 - 4 - 5- 6 -7 et 8 voix.
Transcrits et mis en partition d'après l'original (Venise 1620) par S. Naumbourg.
Deuxieme Partie: Choix de Madrigaux a 5 voix. Transcrits par Vincent d'Indy.
308
170
L'edizione, che ebbe una importanza storica e rappresentò a lungo un punto di
riferimento, conteneva solo quattro dei sei madrigali accompagnati:
'Ohimè se tanto amate', 'Cor mio, deh non languire', 'Anima del cor mio ' e 'Udite,
lacrimosi spiriti d'Averno'. Vincent d'Indy, che trascrisse la parte di Chitarrone, era però
presumibilmente ignaro dell'accordatura rientrante, forse perchè all'epoca ancora poco o
nulla si conosceva dello strumento e delle sue particolari caratteristiche.
La sua trascrizione, oltre ad essere pensata per un'accordatura di tipo rinascimentale
(assimilabile ad un liuto basso in La) che ignorava l'accordatura rientrante, in due brani
(Ohimè se tanto amate e Cor mio, deh non languire) non tiene conto del problema delle
chiavette e traspone la parte del chitarrone una quarta sopra anzichè effettuare il
trasporto delle parti vocali.
Nella prefazione alla seconda edizione d'Indy afferma di aver trasposto la parte di
chitarrone di una quarta e sistemato la trascrizione per renderla più adatta ai tastieristi.
Né Einstein né Newman hanno richiamato l'attenzione su questo problema, scegliendo di
citare senza discutere l'edizione del 1877 di d'Indy e Naumbourg.309
Il risultato è che l'accompagnamento non risulta fedele rispetto le chiare indicazioni
dell'intavolatura, con sostituzioni di unisono con l'ottava superiore ed altri aggiustamenti
che rendono l'opera di d'Indy più un adattamento riferito al successivo basso cifrato
dell'edizione
del 1618 che una trascrizione. Nell'esempio seguente si rileva una
particolare incongruenza tra le parti vocali e l'intavolatura.
Es. 4.1 Anima del cor mio, trascrizione d'Indy e confronto con personale trascrizione in allegato310
b 34 parte di Chitarrone
b 17 parte di Chitarrone e parte di b.c. del 1618
309
J. Jacobson. op. cit., p. 32, nota 21
310
le battute non corrispondono per l'uso del valore mensurale di 4/4 in d'Indy
171
In tale esempio, il La intonato dall'alto ed introdotto da d'Indy è omesso nel Chitarrone,
che in intavolatura riporta un'armonia di Sol con il basso che scende sulla settima.
L'accordo di Re con quarta e terza compare nella ristampa di Phalèse del 1618, dove
l'intavolatura di Chitarrone è sostituita da una parte separata di basso cifrato.
La parte aggiunta del continuo cifrato chiarisce l'armonia per quanto riguarda
l'esecuzione con tutte le parti vocali, ma nella versione per voce sola ed
accompagnamento l'accordo originale di Sol, per la presenza del Sol raddoppiato in due
posizioni diverse, tenderebbe ad escludere che possa trattarsi di un errore di stampa;
l'armonia di Sol con il Sib risulta congrua solamente rispetto il testo del Canto, come
notato nell'analisi del brano. Ciò rinforza la credibilità che la parte di Chitarrone fosse
riservata unicamente all'accompagnamento a voce sola e la parte di basso continuo,
aggiunta successivamente, destinata piuttosto ad una realizzazione a cinque voci con
accompagnamento clavicembalistico.
Tale osservazione è solo uno dei tanti esempi che tendono a confermare che
l'intavolatura non rappresenta una mera verticalizzazione delle parti vocali.
Fig. 4.2 Salamon Rossi Primo libro di madrigali. Ed. Phalèse, 1618. Parte separata di continuo
.
172
Leslie Chapman Hubbell, in una breve descrizione della pubblicazione di Rossi contenente
le trascrizioni di 'Anima del cor mio' e 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno',311
ha
semplicemente seguito d'Indy adottando l'accordatura rinascimentale, pur riconoscendo
che il primo ed il secondo coro sembrassero abbassati di ottava. Hubbell introduce il
concetto di accordatura rientrante ma tratta il Chitarrone con l'accordatura non
convenzionale, forse estraneo al sistema di intavolatura.312
La trascrizione di 'Cor mio, deh non languire' di Jacobson si presenta corretta nella
trasposizione di quarta delle parti vocali e nel rispetto dell'accordatura rientrante, ma non
riporta gli unisoni e la durata polifonica delle voci. 313
Kevin Mason, nel suo studio sul chitarrone ed il suo repertorio, rimproverò d'Indy per
aver mal trascritto l'intavolatura confondendola con quella per liuto rinascimentale,
proponendo un esempio di 'Ohimè se tanto amate' trascritto con accordatura
rientrante.314
Theodoros Kitsos, nel suo esaustivo lavoro sul chitarrone, giudica il risultato di Mason
insoddisfacente a causa degli 'arbitrari' accordi in quarta e sesta che vengono a prodursi
con l'incrocio del secondo coro al di sotto della linea di basso, in quella che lui definisce
abolizione dell'integrità della linea di basso. Individuando poi ulteriori problemi nella voce
principale, in cui a suo avviso vengono a crearsi salti di ottava in melodie destinate ad
essere congiunte, critica Mason il quale a suo avviso, pur riconoscendo questi problemi,
accetta a priori l'accordatura rientrante nel chiedersi se un tale accompagnamento sia
accettabile o se semplicemente la scrittura di Rossi per Chitarrone fosse ancora in una
fase troppo precoce.315
Per ovviare a tali problematiche, Linda Sayce ('Development of Italianate Continuo Lutes')
suggerisce di abbassare solo il primo coro.
Leslie Chapman Hubbell. Sixteenth-Century Italian Songs for Solo Voice and Lute. Tesi di dottorato.
Northwestern University, 1982
311
312
T. Kitsos. op. cit., pp. 31-2
313
J. Jacobson. op. cit., pp. 26-31. Es. 6
314
K. Mason. op. cit., pp-45-8
315
T. Kitsos. op. cit., p. 32
173
Kitsos, sebbene giunga alla conclusione che questa soluzione non sembri essere il caso
delle intavolature di Rossi, argomenta che il tessuto delle composizioni è così fine che
non può sussistere una interruzione delle conduzioni delle voci e pertanto lo strumento
usato doveva essere più vicino ad un arciliuto piuttosto che ad un Chitarrone,
riconducendosi così alla trascrizione di d'Indy seppure trasponendo correttamente di una
quarta le parti vocali scritte in chiavette.
Nelle fonti della letteratura per Chitarrone si riscontrano in ogni caso problemi similari, ad
esempio anche nei lavori di Kapsberger si trovano occasionalmente accordi in quarta e
sesta ed interruzioni della voce superiore, tanto da portare Kitsos a chiedersi se questo
modo di scrittura non possa essere consentito in quanto idiomatico dello strumento.316
La scelta di una trascrizione basata su una accordatura rinascimentale non è priva di
discrepanze: nell'esempio riportato dalla trascrizione di Kitsos di 'Cor mio, deh non
languire',317 a battuta 3 si viene a realizzare nella parte una falsa relazione Do# - Do che
nasce nell'attuazione di una verticalizzazione delle linee vocali mentre dal punto di vista
armonico, con accordatura rientrante, il passaggio maggiore-minore sembra rivestire una
precisa scelta del compositore che oltre a rispettare l'andamento delle parti risulta di
estrema efficacia nel sottolineare il contesto affettivo.
Es. 4.2 'Cor mio, deh non languire' trascrizione Kitsos batt. 1-4 e confronto con la sottostante
trascrizione personale
316
T. Kitsos. op. cit., pp. 32-5
317
ivi 'Cor mio, deh non languire'. Vol. II. Appendice I
174
Don Harràn, uno dei massimi studiosi di Salamon Rossi e compilatore dell'Opera Omnia
del compositore, non si discosta dall'accordatura rinascimentale e non riconosce l'uso
delle chiavette nei due brani a trasposizione vocale, suggerendo una improbablie
esecuzione con la théorbe de pièces francese e trasponendo la parte intavolata.318
Diego Cantalupi, nel suo pur rilevante lavoro, nel confronto di 'Udite lacrimosi' con una
trascrizione di Don Harràn provvede solo ad una sistemazione polifonica della parte di
Chitarrone proponendo solo un passo di poche battute con accordatura rientrante,319
senza correggere alcune inesattezze rispetto l'intavolatura originale e gli aggiustamenti di
Harràn che, come d'Indy, riporta allo stato fondamentale gli accordi di quarta e sesta.
L'esempio riportato evidenzia, oltre l'omissione dell'accordo in quarta e sesta, le diverse
altezze sonore che non tengono conto dell'accordatura rientrante.
Es. 4.3 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno' batt. 29-34 trascrizione Don Harràn-Cantalupi320 e
confronto con la sottostante trascrizione personale (batt. 15-17)
La théorbe de pièces, in uso in Francia, era accordata in Re ed aveva dimensioni ridotte per un uso
prevalentemente solistico.
318
319
D. Cantalupi. op. cit., 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno' Es. 2, batt. 34-41 p. 89
320
ivi p. 90 (nella trascrizione personale con valore mensurale 2/1 le battute corrispondono a 15-17)
175
Cantalupi in ogni caso giudica inappropriata la trascrizione con accordatura di tipo
rinascimentale di Harràn per evitare gli accordi di quarta e sesta, considerandoli parte del
linguaggio idiomatico dello strumento, ed esprime la convinzione che Rossi abbia
concepito l'accompagnamento per il Chitarrone come indicato chiaramente nel
frontespizio.321 Tuttavia non si è d'accordo con le sue conclusioni, secondo le quali
l'intavolatura si presenta come una pseudo-partitura dove la parte tiorbistica riproduce o
raddoppia l'entrata di tutte le voci che spesso risultano spezzate a causa dell'accordatura
rientrante.322
Una trascrizione che non tenga conto dell'accordatura rientrante porta con sè una serie di
discordanze: la cosiddetta voice-leading è molto più frantumata, e spesso non
rappresentata nelle linee vocali; la voce superiore del Chitarrone si viene a trovare spesso
in raddoppio con il Canto, mentre l'analisi dei madrigali
evidenzia quanto Rossi fosse
accurato nell'evitare il raddoppio della voce oltre che delle dissonanze tranne qualche
coincidenza limitata ad alcune cadenze composte; gli accordi vengono a trovarsi in una
posizione lata che snatura le idiomatiche risonanze e la calda consistenza armonica nel
registro di tenore, ambito che ha portato il Chitarrone ad essere preferito
nell'accompagnamento rispetto il liuto; tutti i passaggi per terze si perdono in decime,
così come altre soluzioni compositive molto espressive.
Un esempio paradigmatico lo possiamo osservare in un passaggio strettamente imitativo
di 'Udite lacrimosi': nelle battute 17-19 dell'intavolatura (corrispondenti alle b 34-38 nelle
versioni con tactus alla semibreve), considerando l'accordatura rientrante, la linea del
chitarrone non rispetta il punto superiore d'arrivo scendendo di grado per permettere la
successiva imitazione ad una altezza inferiore; sia nell'ipotesi di una accordatura
rinascimentale o del solo primo coro abbassato d'ottava come proposto da Linda Sayce, la
struttura imitativa verrebbe a cadere determinando due linee affiancate a partire dalla
stessa nota. Tale soluzione non appare verosimile in considerazione del fatto che in tutti i
madrigali accompagnati
le parti imitative affidate al chitarrone sono sempre ben
rappresentate in voci diverse; inoltre l'imitazione di battuta 18 è scritta espressamente
321
D. Cantalupi. op. cit., pp. 86-95
322
ivi p. 96
176
per il Chitarrone, non corrispondendo alle altre parti vocali. Questo particolare passaggio
confermerebbe ancora una volta sia l'uso dell'accordatura rientrante sia l'uso di una
scrittura pensata per lo strumento.
Difficilmente un contrappuntista come Rossi avrebbe scritto una parte come riportata da
d'Indy, ed i salti di ottava che ripropongono e riprendono le imitazioni ad un livello
interno della tessitura dimostrerebbero che Rossi non solo era consapevole delle
caratteristiche dello strumento, ma lo piegava ai suoi fini.
Es. 4.4 'Udite, lacrimosi spiriti d'Averno' batt. 34 - 38 trascrizione d'Indy, confronto delle linee
melodiche con la trascrizione personale sottostante
L'esempio mostra anche come nella sequenza di battuta 17 il ribattuto dell'alto sale da Mi
a Fa, mentre nel Chitarrone ripiega su un Re per poter riprendere la linea imitativa. E'
questo un altro importante elemento a conferma dell'accordatura rientrante.
In molte imitazioni, nei vari madrigali, sarebbe stato tecnicamente attuabile la
riproduzione alla stessa altezza dei vari segmenti polifonici, ma Rossi usa soluzioni diverse
in quella che sembra una scelta ben precisa.
La considerazione dei vari autori circa le linee melodiche spezzate parte dal giudizio
analitico rispetto le altre parti vocali, generando una contraddizione di fondo che non
tiene conto della parte di Chitarrone come parte a sè sottostante il Canto, come parte
accordale di sostegno in cui Rossi è riuscito a mantenere la polifonia.
177
Non si può stabilire con certezza quale sia stato il processo compositivo primario, ma non
si può nemmeno ignorare tout court la possibilità che la realizzazione a più voci sia stata
in realtà secondaria.
Anche per quanto riguarda il problema così spesso sollevato degli accordi di quarta e
sesta, inviso dai teorici al di fuori di un modello cadenzale, bisogna fare alcune
considerazioni.
Rameau nel 1722 introduce la teoria degli accordi e delle loro inversioni in un'ottica che
avvierà l'armonia moderna, attraverso il concetto di basso fondamentale 'sous-entendu'
(sottinteso), in quanto imposto dalla natura. Nell'intenzione di far valere il basso
fondamentale come un basso 'percepibile' Rameau arriva a postulare l'ottava come
situazione prossima all'unisono, concetto che implica un sovvertimento della differenza
tra grave e acuto come se nella nota acuta ci fosse la grave.
Thomas Campion (1567-1620), compositore inglese, riconosce la differenza tra il suono
'base' di un accordo e la sua 'vera base' già nel 1610. 323
Alcuni teorici avevano pienamente compreso l'unità della triade già prima della fine del
XVI secolo, formulando una teoria sull'inversione triadica e spiegando la
posizione
fondamentale come origine dei due modelli di inversione. Johannes Avianius (?- 1617) nel
1581 definì la quinta e terza come accordo perfetto, la terza e sesta come accordo
imperfetto e la quarta e sesta come accordo 'absurdum' che necessita di 'aliquo artificio
leniatur'.324
Rispetto al liuto, le inversioni tanto discusse si verificano a causa delle caratteristiche
tecniche sia nella chitarra barocca che nella tiorba.
Nella tiorba l'inversione triadica si verifica per l'accordatura rientrante, a causa delle due
corde superiori abbassate di un'ottava.
323
Joel Lester. Compositional Theory in the Eighteenth Century. Harvard University Press. 1994. pp. 96-8
Benito Rivera. The Isagoge of Johannes Avianius: an early formulation of triadic theory. in Journal of
Music Theory. Vol 22 N° 1. 1978. pp. 43-64. p. 56
324
178
Nella realizzazione del basso, un accordo di quinta e terza costruito sul La del rigo alto in
chiave di basso può essere suonato con prima e seconda corda (La e Mi) a vuoto, come
segue:
Es. 4.5 Accordo in quarta e sesta del Chitarrone
Ne risulta un accordo in quarta e sesta, riconosciuto dagli stessi tiorbisti come inversione
dell'armonia proposta. Per preservare l'integrità del basso reale, Delair nel suo trattato
del 1690 insiste che il basso deve precedere l'accordo, ed anche altri precedenti trattati
per tiorba affrontano tale problema in modo analogo (Fleury 1660, Bartolomi 1669,
Grenerin 1670).325
E' ovvio che la nozione di inversione accordale era ampiamente manifesta nel XVII secolo,
soprattutto a chi suonava la chitarra o la tiorba a causa della peculiare accordatura di
questi strumenti: quando un chitarrista o un tiorbista realizzava una figura data, l'accordo
risultante avrebbe potuto sovrapporsi alla linea del basso reale dando luogo alle
inversioni. I teorici di questi strumenti generalmente non considerano importanti queste
sovrapposizioni e violazioni, i musicisti di basso continuo erano preoccupati più della
sonorità che non della disposizione delle voci. Se la nota bassa di qualche realizzazione
non coincideva con la linea del basso continuo, ciò non costituiva un problema purché
l'armonia risultante contenesse le note richieste.326
Senza entrare nel merito del basso sottinteso, tecnicamente va osservato che l'accordo di
quarta e sesta nella sua esecuzione implica la percussione del pollice sul basso reale in un
impulso che restituisce chiaramente la risonanza del basso al di là della rientranza del
primo e secondo coro, determinando una percezione acustica che ha poco a che vedere
con l'inversione triadica segnata sulla carta.
325
J.Lester. op. cit., pp. 98-9
Thomas Christensen. Rameau and Musical Thought in the Enlightenment. Cambridge University Press.
1993. p. 67-8
326
179
Si è già discusso in un capitolo precedente circa l'influenza della chitarra barocca
sull'iniziale pratica di continuo. Per la particolare accordatura di tale strumento,
rientrante o con cori ottavati, gli accordi in rivolto sono inevitabili e fanno parte del
linguaggio proprio dello strumento. Non è quindi improbabile che una simile prassi sia
passata nel chitarrone, come postulato da Hill, soprattutto nei suoi primi esperimenti. 327
Gli stessi teorici dello strumento tentavano una giustificazione all' 'imperfezione' che
derivava in taluni passaggi identificandoli come linguaggio idiomatico, che proprio su tali
imperfezioni fondava la sua particolare voce e sonorità. La rigida codificazione di regole
non può prescindere dalla particolarità di tali strumenti. Nel caso di Rossi, una
sistemazione del basso 'reale' secondo
le regole avrebbe spesso implicato una
alterazione della linea del basso ancora fortemente influenzata da una concezione
polifonica. In molte occasioni le inversioni avrebbero potuto tecnicamente essere evitate,
ma il compositore ha sempre preferito affidare il basso reale alla risonanza dell'unisono
piuttosto di alterare la condotta spesso melodica della parte (contrariamente a quanto
affermato da Cantalupi circa la spezzatuta delle linee), in una organizzazione del materiale
sonoro secondo istanze espressive che, all interno di una strutture accordale con
particolare attenzione per la costruzione polifonica, sembra avvicinarsi al graduale
imporsi dello spazio tonale.
Per tali motivi si è cercato di rendere conto nella sezione analitica dei vari casi di ricorso
all'inversione accordale tentando laddove possibile una giustificazione tecnica e/o
musicale. Molte di queste inversioni confermano, dalle posizioni segnate in intavolatura,
l'uso dell'accordatura rientrante senza le quali tali accordi di quarta e sesta non avrebbero
avuto luogo.
Secondo Cantalupi la scrittura per Chitarrone di Rossi non rivelerebbe altro che una
pseudo-intavolatura delle parti, assimilandola ad un basso seguente. 328 Kitsos afferma
che le intavolature si avvicinano più alla tradizione liutistica di accompagnamento
dipendendo ancora dal modello vocale, supportando la sua tesi con l'osservazione che
327
J. W. Hill. cit., p. 56-57
328
D. Cantalupi. op. cit., p. 85
180
modifiche simili alle intavolature di Rossi si verificano anche nella 'Ghirlanda di fioretti
musicali' di Simone Verovio.329
Non concordando con le conclusioni dei citati studiosi, e senza voler entrare nel merito
della grandezza dell'uomo e del compositore, qui ci si vuole limitare ad alcune
precisazioni sulla realizzazione per Chitarrone.
Come già discusso nel Cap. 1, gli stessi madrigali del 5° libro di Monteverdi del 1605,
nonostante l'inclusione di parti di continuo separate, seguono ancora una pratica di basso
seguente. Ma Rossi è già avanti, come rileva Einstein, ed una mera verticalizzazione delle
voci non può implicare la presenza di tutti gli elementi autonomi e le discordanze con le
parti vocali riscontrate nel corso dell'analisi dei brani.
Se la definizione di basso continuo implica un concetto di continuità della linea bassa che
attraversa l'intera composizione, come teorizzato da Viadana, possiamo affermare di
essere di fronte ad uno dei primi esempi di basso continuo applicati alla tiorba, in una
prassi forse iniziale ma che non può essere definita un basso seguente.
La pubblicazione di Verovio del 1589 si colloca in un periodo che già vede l'evoluzione dei
modelli
dei
musicisti
rinascimentali
nella
trasformazione
della
polifonia
in
accompagnamento per liuto solo, oltre ai principi dell'estetica della Camerata fiorentina e
degli esperimenti di Vincenzo Galilei, ma come l'Intermedio di Emilio De' Cavalieri dello
stesso anno o le prime intavolature clavicembalistiche di Luzzaschi del 1601 presenta il
raddoppio della parte superiore.
In Rossi la parte superiore non è mai raddoppiata, vengono accuratamente evitati anche i
raddoppi delle dissonanze espresse dal canto per consentirne la completa libertà e, in
alcuni casi di cambiamenti modali che implicano l'intonazione di un cromatismo della
terza da parte del Canto, adotta l'espediente della quinta vuota: un trattamento
dell'accompagnamento che rivela molto più che una riduzione polifonica.
La tecnica di scrittura è forse ancora poco consolidata, anche se ha già colto i principi
idiomatici dello strumento, spesso non scevra dall'influenza dello stile della chitarra
barocca nell'uso dei moduli ribattuti che non sempre prevede la contiguità delle corde
colpite, manca ancora il ricorso delle corde a vuoto nell'effetto idiomatico di campanella,
329
T. Kitsos. op. cit, p. 43
181
ma rimane una preziosa testimonianza della primissima tecnica dello strumento nel ruolo
di basso continuo.
Si è già discusso nel capitolo precedente circa la probabilità che i brani possano essere
stati concepiti prima per il Chitarrone e poi per una versione polivocale. Ma anche
presumendo il contrario, la parte di Chitarrone nel riassumere la polifonia interna non è
ascrivibile ad un basso seguente, possedendo tutte le caratteristica per definirla una parte
autonoma fondata sulle caratteristiche di basso continuo.
Gli elementi principali a sostegno di tale tesi, derivanti dall'analisi, sono molteplici:
• il distacco dalle figurazioni a note lunghe del basso vocale con l'uso di accordi
ribattuti e di salti di ottava su bordone che sfruttano la risonanza dello strumento
o, viceversa, cambiamenti ritmici rispetto il basso vocale e/o il tenore, in larghi
accordi a tipo recitativo
• l'aggiunta di cadenze con ritardo di quarta e terza laddove non presenti in altre
voci, che in alcune circostanze crea discordanze con cadenze semplici delle parti
vocali
• l'aggiunta di note di passaggio
• l'aggiunta di un sostegno accordale alla parte superiore sul tacet delle altre voci e
l'inserimento di accordi su pause generali
• l'inserimento di alcuni frammenti melodici non presenti in ambito polivocale
• l'inserimento di passaggi ornamentali
• l'omissione di alcuni elementi imitativi delle linee polivocali
Di seguito si riporta uno schema dettagliato delle figure autonome di ciascun madrigale
rispetto la realizzazione polifonica.
182
Tab. 4.8 Figure autonome all'interno dei madrigali
Figure autonome
Ohimè
Aggiunta di basso o accordo
2
Ritardo 4-3
2
Cor mio
Anima
Udite
2
2
1
1
Ornamenti
Linea melodica
1
2
Tirsi
Parlo
3
1
1
1
1
1
Dissonanza di settima
1
Omissione linee vocali
1
3
Note di passaggio
1
1
Diminuzione ritmica con basso di bordone330
2
6
7
5
3
3
Ritmo indipendente per aumentazione,
diminuzione o accordi ribattuti
1
10
7
12
4
6
3
1
1
1
1
1
L'insieme degli elementi addotti si ritengono quindi sufficienti per poter delineare nei
madrigali una situazione di basso continuo come realizzazione a sè rispetto il modello
della polifonia vocale: il basso seguente è sempre una pedissequa realizzazione armonica
della struttura esistente.
Le discordanze rispetto le parti vocali rilevate nel corso dell'analisi, che determinano
contrasti non accettabili dal punto di vista polifonico, sostengono decisamente l'ipotesi di
una realizzazione per solo accompagnamento e voce, incentrata
ad assecondare il
soprano anche in eventuali improvvisazioni melismatiche nell'interpretazione dei principi
della monodia.
Tale voce non si è accorpata alla sottostante per mettere in evidenza l'uso idiomatico dello strumento
nell'ambito delle figure ritmiche indipendenti
330
183
APPENDICE
Trascrizione dei sei madrigali a voce sola dal Libro Primo di madrigali di Salamon Rossi,
integrata dalla partitura polifonica, con facsimile delle relative intavolature originali
Criteri di trascrizione:
1) Le chiavi antiche di DO e di Fa sono state riportate in notazione quadrata all inizio di
ogni rigo e sono state trascritte rispettivamente in chiave di violino per il Canto, l Alto, il
Tenore e il Quinto e in chiave di Basso per la voce del Basso;
2) Il segno C presente nella stampa originale è stato inteso come tactus alla breve: ogni
suddivisione ha la durata di una semibreve;
3) La stanghetta di ripartizione presente nell'intavolatura talvolta non coincide con le
battute in notazione moderna, ciò sembra riferibile ad errori di stampa;
4) La scelta di trascrivere la parte di Chitarrone su unico pentagramma in chiave di violino
ottavata si basa sul proposito di mettere meglio in evidenza il linguaggio idiomatico dello
strumento nell'uso dell'unisono;
5) Eventuali emendamenti sono inseriti nell'apparato critico.
184
Ohimè se tanto amate
G. B. Guarini (1538-1612)
tratto dalle Rime
Canto
Salamon Rossi (c.1570-1630)
O
Quinto
O
Basso
O
-
-
Di
sen - tir
-
-
O
-
-
oh
himè
3
tan
-
to a
3
ma
3
ma
3
-
-
-
ma
-
te
di
sen
Di
sen
te
Di
sen
te
Di
dir
o
dir
ohi
tir
dir
ohi
tir
-
tir
-
-
dir
-
sen
tir
185
o
se
himè
se tan - to a
se tan - to a -
3
te
imè
dir
-
himè
O
himè
3
1
0
3
O
-
-
X
3
1
0
0
Chittarrone
O
-
-
se tan - to a- ma
himè
Tenore
-
-
O
-
trasposto
O
O - himè
Alto
-
himè
Deh
himè
-
-
-
Deh
Deh
mè
Deh
mè
Deh
6
6
6
Deh per - che
Deh per - che fa
6
-
te
-
fa
te
Deh per - che
fa
-
9
re
S'io mo
9
9
mo
-
te
te
S'io mo
re
S'io mo
9
re
9
Chi
S'io mo
-
-
-
ro
ro
mo
mo
un sol po - tre - te
mo - ri
-
-
ri
ri
un sol po - tre - te
-
-
-
-
-
-
ri
-
-
-
-
Lan - gui - do e do - lo - ro - so ohi - mè
Lan - gui - do
e do - lo - ro - so ohi
e do - lo - ro - so ohi-
Lan - gui - do e do - lo - ro - so ohi - mè
Lan - gui - do
186
S'io
ro
un sol po - tre - te
-
di - ce ohi- mè
mo
un sol po - tre - te
ohi - mè
Chi - di - ce ohi- mè
ro
-
di - ce ohi- mè
Chi
ro
re
9
-
ce
di
te
Deh Deh per - che
6
Chi
per - che
6
fa
e do - lo - ro - so ohi-
12
ahi
-
sen - ti
mé
-
Ma
re
12
12
mè
sen
-
sen - ti
mè
re
-
re
12
mè
sen
sen
ti
-
-
-
-
ti
12
15
Ma
se
cor
mio vor - re
Ma
re
se
cor
me ha - vre - te Mil - l'e mil - le
e
voi da
vit' - hab - bia
da voi
e
voi da
vit' hab bia
da voi
15
e
voi da
me ha - vre - te Mil - l'e mil - le
me ha - vre - te Mil l'e mil - le
15
vit' - hab - bia
da
voi
E voi da
me ha - vre - te Mil - l'e mil - le
-
Che
te
Che
mio vor - re
-
te
Che
dol - c'ohi - mè ha - vre - te
dol - ci
dol - c'ohi
ohi - mè
e
-
mè
e
e
dol - c'ohi
-
mil - l'e
mè
187
15
vit' hab - bia
15
re
Che
da voi
te
te
mio vor - re
15
-
co
se
mio vor - re
Ma
12
cor
-
ti
se
mè ha - vre - te Mil - l'e mil - le
dol
18
Mil - l'e mil - le
18
dol
mil - l'e mil
le dol
18
mil - le
18
-
-
-
c'ohi
18
21
Mil
-
l'e
mil
mè
e
mil
-
le
dol
e
mil
-
le
dol
mè
e
mil
le
-
mil
dol
-
e
-
-
c'ohi - mè
-
dol
- c'ohi
-
-
- c'ohi
mil - l'e mil - le
18
dol
-
c'hoi
-
-
c'ohi
-
me ha - vre - te
me
e
c'ohi - mè
-
dol - ci
le
dol
le
ohi - mè
-
c'ohi
-
mè
21
mil
mil
-
-
21
21
mil
mil
-
-
l'e
mil
l'e
mil
l'e
mil
l'e
mil
21
-
le
-
le
dol
-
-
dol
le
le
dol
dol
-
-
-
-
-
-
c'ohi
ci ohi
-
-
-
-
-
188
-
-
e
e
imè
ci oh
21
e
c'ohi
c'ohi
-
mè
mè
-
mè
-
mè
189
Cor mio, deh non languire
G. B. Guarini (1538-1612)
tratto dalle Rime
Salamon Rossi (c.1570-1630)
Canto
Cor
Cor
mi
-
Cor
mi
-
Quinto
Tenore
Cor
gui
3
3
3
3
-
re
-
-
re
mi
-
-
Che
Che
fai
fai
te
te
-
-
fai
te
-
-
co lan - guir
l'a
re
Che
l'a
fai
te
-
l'a
190
deh
-
ni - ma
-
ni - ma
mi
-
ni - ma
mi
-
co lan - guir
l'a
o,
l'a
co -lan - guir
deh non lan - gui -
o,
co lan - guir
non lan -
o,
Cor
mi
deh
Cor
x
o,
-
mi
|
o,
-
Cor
Che
non lan - gui
3
mi
2
-
0
2
3
1
0
0
0
3
mi
4
Chittarrone
mi
Cor
Cor
Cor
mi -
Basso
-
mi
Alto
trasposto
ni
-
ma
-
-
ni
ma
-
-
6
mi
6
6
6
a
-
O
O
-
-
a
O
a
-
mi
6
a
-
mi
6
di i cal
-
di i
cal
di i cal
a
-
-
O
10
-
so
di i
-
a
La
pie - ta
-
La
vi
vi
-
-
a
a
10
vi
-
10
vi
10
-
a
a
La
La
pie - ta
pie - ta
pi - ta
te
gl'in
a
spi
-
te
cal - di so - spi
-
191
t'el
te e'l
de - si
ri
a
te
a
-
gl'in
gl'in
si
-
-
te
-
-
re
-
re
-
re
-
-
-
gl'in
-
de
de - si
te e'l
-
La pie - ta - te e'l
de - si
te
ri
-
-
-
-
10
ri
10
-
a
a te gl'in - vi
-
di
so - spi
di
-
di so - spi - ri
-
-
re
-
14
S'i' ti po - tes - si dar
mo - ren - d'a - i - ta
S'i' ti po - tes - si dar
14
S'i' ti po - tes - si dar mo - ren - d'a - i
mo - ren - d'a - i - ta
S'i'
S'i' ti po - tes - si da
14
mo - ren - d'a - i - ta
rei
per dar - ti
18
vi
18
rei
18
rei
per dar - ti
per
vi
dar - ti
18
vi
Mor - rei per dar - ti vi
18
-
Ma vi - v'ohi
ta
-
mo - ren - d'a - i - ta Mor -
Ma vi - vi ohi
-
Ma vi - vi ohi
192
mè
-
-
mè
-
ta
mè
-
ch'in - giu - sta - men - te
ch'in - giu - sta -
mè
Ma vi - vi ohi
ta
-
ta
S'i' ti po - tes - si dar mo - ren - d'a - i
ta
Ma vi - vi ohi
-
ti po - tes - si dar
ta
-
mo - ren - d'a - i - ta Mor -
14
S'i' ti po - tes - si dar
14
18
mo - ren - d'a - i - ta Mor -
S'i' ti po - tes - si dar
14
ch'in - giu - sta - mrn - te
mè
ch'in - giu - sta - men - te
21
mo - re Chi vi - vo tien nel
al - trui pet
men-te mo - re ch'in giu
21
Ma vi - v'ohi
21
-
25
-
tien chi vi - vo tien
25
men - te
mo
-
-
nel
al - trui pet
-
t'il
co
-
vo
nel
tien
l'al - trui
pet
25
-
pet
-
l'al
trui
-
t'il
co
-
re nel - l'al - trui
193
pet
pet - t'il
t'il
co
- t'il
-
re.
-
re.
-
re.
co
co
to il
co
re.
-
-
nel -
-
-
pet - t'il co - re
-
re Chi vi - vo tien nel - l'al- trui pet - tìil co - re nel - l'al - trui pet
trui pet - t'il co -
-
al - trui
co-re
re Chi vi- vo tien nel-l'al-trui
25
25
Chi vi - vo
Chi vi - vo
pet - t'il
Chi vi- vo tien-nel' - l'al
vi
re
Chi
-
re
mo
ch'in -giu - sta-men - te
nell'
tien
25
mo
mo - re ch'in-giu - sta
me ch'in giu - sta - men - te
re Chi vi- vo tien nel' al - trui
-
mo - re
21
t'il co - re
sta - men - te mo
21
21
-
-
re.
194
Anima del cor mio
Anonimo
Salamon Rossi (c.1570-1630)
Canto
A - ni - ma
Alto
A - ni-ma del
A
Quinto
3
3
3
3
2
0
Poi che da me
mi
o
Poi che da me
o
3
3
2
0
Poi che da me
Poi che da me
mi
mi
-
-
cor
mi
cor
A
del
ni - ma
-
se - ra me
se - ra me
tu
se - ra me
195
tu
-
tu
par
-
tu par
- ti
ti
-
-
-
S'a -
S'a -
ti
par
mi
par
se - ra me
cor
tu
me
-
mi
-
se - ra
mi
del
par
-
del
ni - ma
-
-
cor
mi
mi
del
-
A
Poi che da me
ni - ma
ni - ma
o
3
0
o
3
3
3
1
0
-
A - ni - ma
Chittarrone
-
Basso
A
A - ni - ma
Tenore
-
ti
S'a -
ti
S'a
6
6
mi con - for - to al - cun
mi con - for - to al- cun
6
6
9
miei
miei
a
miei
cun
a
miei
ch'al
i - sde - gnar
9
9
ch'al
-
men
-
ch'al
ti
men
men
ti
mar - ti
-
mar - ti
-
mar - ti
-
mar - ti
-
-
se
ch'al - men
-
gu'an - ch'i
se - gu'an - ch'i
ch'al
-
men
ti
se
196
ri
ri
-
so -
o
-
o
So - lo
co'
So -
o
Non
-
-
ri
-
ti
-
gu'an - ch'i
ri
-
-
-
ti
se
ri
-
-
-
Non i - sde - gnar
9
Non i - sde - gnar
9
-
Non i - sde - gnar
9
mar
mi con - for - to al - cun
6
miei
a
a
a
mi con - for - to al
6
-
gu'an
-
ch'i
-
o
So - lo
co'
lo co' miei
12
miei
so
12
so - spi
lo co'
-
-
miei
so
-
ri
E
sol per
-
ti
Ch'in tan
tan - te
ti
15
ti
15
Ch'in
ro
scem
Ch'in
-
pe-n'e'n co - si fie- ro scem
tan
pio
te pe- n'e'n co - si
fie
Ch'in
-
ro
197
sol per
-
tan
-
ri - mem - brar -
-
co - si fie
-
ro
pe - n'e'n co - si
te
tan
-
ti
ri - mem - rar
Ch'in
-
E
te pe - n'e'n
-
ti
Ch'in
pio
-
-
sol per
E
15
-
-
15
ri - mem - brar
15
ri
-
te
pe - n'e'n co - si fie
-
ri - mem - brar
sol per
Ch'in tan
spi
12
15
E
E sol per ri - mem - brar
12
ri
so - spi
miei
12
spi
ri
-
-
12
te
pe
tan
-
-
te
scem - pio
20
scem - pio
e'n
20
-
ro
e'n co
co - si
fie
20
n'en
20
-
-
vrò
24
vrò
d'A
24
-
-
ro
Vi - vrò
-
pio
pio
d'A - mor
Vi - vrò
d'A - mor
Vi - vrò
Vi -
pio
Vi -
d'A - mor
-
scem
Vi -
scem - pio
Vi - vrò
d'A - mor
Vi -
[ ]
d'A - mor di ve - ra
scem
20
ro
ro
24
-
-
pe - n'e'n co - si fie
20
si fie - ro scem
co - si fie
fie
fe
Vi - vrò
mor
-
-
d'A
-
-
-
mor
di
-
-
d'es
ve - ra fe - d'es - sem
-
vrò d'A - mor
24
Vi - vrò d'A - mor
di
ve - ra fe - de es sem
-
pio Vi - vrò
24
vrò
di
d'A - mor
24
198
d'A - mor di
ve
-
ra
fe
-
ve - ra
d'es
-
27
-
-
sem
Vi - vrò
pio
27
pio
27
mor
di
ve
-
d'A
Vi - vrò
-
d'A
Vi
mor
fe - d'es - sem
-
-
Vi - vrò
Vi - vrò d'A - mor
fe
-
de es
-
sem
-
-
d'A
d'A - mor di ve - ra
Vi - vrò
pio
ra
-
-
-
fe
mor di
de es- sem
-
-
-
pio.
30
d'A
30
-
-
mor
de d'A - mor
di
ve
di
ve
fe - d'es - sem
-
pio di
30
pio Vi - vrò d'A - mor di
30
ve - ra
ve
fe
ra
-
ra
-
30
ve - ra
-
pio
ve - ra fe
27
30
d'A - mor di
27
sem
vrò
-
Vi - vrò d'A - mor
27
-
-
-
fe
ra
fe
d'es
-
sem
199
fe - de es
-
de es
-
sem
-
sem
-
de es
-
-
sem
-
pio.
-
pio.
-
pio.
-
-
pio.
200
Udite, lacrimosi spirti d'averno
G. B. Guarini (1538-1612)
Pastor Fido, atto III scena VI
Canto
Salamon Rossi (c.1570-1630)
U - di
U-di - te
Alto
-
U-di -
Quinto
-
U-di Tenore
-
U-di -
Basso
-
U-di -
Chittarrone
0
3
3
3
3
3
1
spir
-
ti
d'a - ver
3
spir - ti
3
spir
3
spir
-
-
3
spir
3
-
d'a - ver
ti
0
3
3
1
d'a - ver
no
-
-
ti
d'a - ver
d'a - ver
-
-
-
-
-
-
U - di
no U - di
-
no
U
te
la - cri - mo - si
U - di
-
te
la - cri - mo - si
U - di
-
-
te
no - va
sor
no - va
sor
te di
-
te di
no
U di
te
no - va sor - te
no
U
-
di
201
-
te no - va
sor
sor
-
-
no - v
-
si
te
-
la - cri - mo - si
te
la - cri - mo
di -
te
te
-
U - di
U - di
la - cri - mo - si
-
te
-
-
ti
te
Di
Di
-
te
di
7
pe - n'e
7
di
pe - n'e
7
pe
7
pe
7
pe
7
10
di
-
n'e
-
-
tor - men
n'e
-
tor
di
-
di
tor
n'e
di
-
tor
tor
-
fet - to
-
-
to
10
In sem - bian
-
to
-
men
-
-
men
Mi - ra
to
Mi
pie - to
In sem - bian - te pie - to
-
ra
te
-
cru
202
-
d'af
cru - d'af - et
te
-
-
ra - te
-
Mi
to
In sem - bian - te pie - to
fet - to
10
to
In sem - bian - te pie - to
fet - to
10
-
men
Mi
In sem - bian - te pie - to
10
-
to
10
men
-
te
-
-
d'af -
te
cru
-
d'af
-
La mia don - na cru - del
La mia don
-
so
so
-
cru
ra
-
-
-
-
so
La mia
so
na
cru -
don - na cru -
La mia
so
La mia
don - na cru -
13
la mia don - na cru - del
13
del
La mia
don
13
del
-
più
del
na
cru - del
don - na cru - del
Non puà far
sa
16
Non può far sa
-
16
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-
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16
16
Per -
no
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del
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fer
-
no
tia
Non
sa
tia
Non può far
Non può far
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-
-
può
tia
Non può far sa
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-
203
te
-
tia non può far
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u - na
-
-
-
tia
-
fer
-
no
Per che u- na so - la
te
16
-
Per - che u- na so - la mor
13
-
in
16
don - na cru - del
La mia
più del in - fer
13
don - na cru - del
la mia
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del
13
-
Non può far
19
-
-
tia
Per che u
-
na
-
so
la mor
-
te Non può
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19
sa
tia Non può far
-
sa
19
tia
-
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19
-
tia
Non può far sa
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tia
sua in
-
la
gor
da
-
vo
-
-
Non può far
-
tia Non può far
da
-
vo
-
-
sa
-
glia
22
sua in
gor
22
-
-
-
22
sa
tia
-
22
tia
la
la
22
-
da
sua in
-
sua in
-
gor
-
gor
-
da
vo
da
204
glia
-
vo
glia
la
19
22
tia
-
-
tia
-
19
sa
tia Non può far sa
-
-
vo
glia
-
glia
-
25
E
la
mia
vi
-
ta è qua
-
-
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-
per
-
pe
tua
-
mor
te
Mi
25
E
la
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vi
25
E
la
mia
25
vi
ta è qua
-
ta è qua
-
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E
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25
28
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-
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-
ta è qua
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vi - ta
vi - ta
-
Mi
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mi
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-
-
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Di
co - man - da ch'io vi - va
la
vi - ta
mi
mil - le mor - t'il
Di
-
a
Di
Di
205
te
Mi
mil
-
mil
-
mil
-
le
Di
mor - t'il
le
mor - t'il
dì
-
t'il
le
mor
dì
co - man - da ch'io vi - va Per - che
a
-
mor
28
mor
-
co - man - da ch'io vi - va Per - che
28
te
co - man - da ch io vi - va Per - che
-
Mi
28
28
si u - na
per - pe - tua mor
25
28
si u - na
31
mil - le mor - t'il
dì
ri
cet - to
-
si
-
a
-
Di mil
31
dì
ri
-
31
cet
ri - cet
31
dì
31
si
a
a
ri
a
ri
-
a
si
-
cet - to
si
si
34
34
si
-
-
ri - cet
ri
-
Di
-
-
-
cet
-
a
Di
-
cet
to
si
cet
-
-
to
ri - cet - to
si
-
si
-
206
t'il
dì
ri - cet
dì
-
ri -
to
mil - le mor
-
ri -
t'il
-
ri - cet - to
t'il
dì
a.
a.
-
a.
-
si
-
dì
-
to
-
si
mil - le mor
to
34
-
t'il
-
a
-
-
le mor
34
a
Di mil - te mor
si
-
34
-
cet - to
34
cet - to
si
to
-
ri
to
-
-
31
a.
-
a.
207
Tirsi mio, caro Tirsi
G. B. Guarini (1538-1612)
Pastor Fido, atto IV scena V
Canto
Salamon Rossi (c.1570-1630)
Tir - si
Alto
-
Tir
Quinto
Tir
Tenore
-
Tir
-
-
0
1
0
3
Tir
-
3
Tir
-
3
Tir
3
Tir
-
-
3
Tir
3
-
Tir
si
2
1
si
E tu an - cor
m'ab - ban - do
si
E tu an - cor
si
E tu an - cor
m'ab - ban - do
m'ab - ban - do
-
-
E tu an - cor
si
E tu an - cor
m'ab - ban - do
208
mio
mio
ca
si
si
-
ca
mio
si
Co - si
ca
ni
ca
ni
ca
mio
mo - rir
Co - si
m'ab - ban - do
si
-
-
-
0
mio
si
-
Tir
si
-
Tir
si
-
3
Chittarrone
si
-
Tir
Tir
si
Tir
Basso
mi
la
-
-
-
ro
ro
-
ro
-
ro
-
ro
sci e
mo - rir
mi
la - sci e
ni
ni
ni
Co - si
mo - rir
mi
la - sci e
6
non m'a - i
-
Al - men
ti
6
non m'a - i
-
6
6
non mi
-
Fer - ri - rà pur duo pet - ti un fer - ro
9
ro
ne - gar gl'ul -
Fer - ri - rà pur duo pet - ti un fer
Fer - ri - rà pur duo pet - ti un fer
-
-
ti - mi
ti - mi
ti - mi
ba
ba
ba
lo
Ver - se - rà
lo
-
-
ro
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ro
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-
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-
ci
-
ci
-
ci
-
ci
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Ver - se - rà
pur la pia -
-
-
lo
Ver - se - rà
lo
209
9
so
9
9
so
ba
ti - mi
ne - gar gl'ul -
-
ne - gar gl'ul -
9
Fer - ri - rà pur duo pet - ti un fer
ba
non mi
9
ti - mi
non mi
Al - men
ti
ne - gar gl'ul -
-
non mi
Al - men
gl'ul
Al - men
ti
non m'a - i
ne - gar
non mi
Al - men
6
6
pur la pia -
Ver - se - rà
pur la pia -
12
-
ga
12
di
tua
ga
Di
tua
12
Fil
-
san
-
li il
-
tuo
li il tuo
12
Fil
ga
di
Fil
tua
12
ga
di
12
tua Fil
15
-
li il tuo
-
li il tuo
Tir
dol - ce e ca - ro
dol - ce e ca - ro
Tir - si un tem - po
Tir - si un tem - po
15
si
-
dol - ce e ca - ro
no
210
-
me
-
no
dol - ce e ca - ro
-
si
-
si
Ch'in - vo - car
15
-
Tir
no - me
no
-
Tir
si
si
si
Tir - si un tem - po
si
si
-
Tir
15
gue
Tir
-
gue
san
si
-
-
Tir
Tir - si un tem - po
15
gue
si
-
san - gue
Tir - si un tem - po
15
san
non so - le
Ch'in vo - car
me
non so -
Ch'in - vo - car
non so - le
-
me
Ch'in - vo - car
-
-
non so -
18
vi in- dar
-
-
no ma
le - vi in- dar - no
Soc - cor
18
ma
-
-
-
no ma
-
-
ri a
ri a
ri a
cor
mè
-
ri a
21
21
-
i
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mè
21
Soc - cor
-
Soc
cor
21
i
21
cor
-
ri a
mè
Soc - cor
le - vi in- dar - no ma
-
18
i
18
21
-
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Soc - cor
i
18
18
tua
tua Fil
Fil
-
cor
ri
ri
Fil
tua
Fil
-
mè
ri a
mè
-
Soc - cor
-
Soc - cor
Che co - me
-
ve
-
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li
-
ri Soc -
-
Che co - me ve
-
di
Che co - me
ve
-
Che co - me
ve
-
Che co - me ve
li
211
-
di
li
di
mè Soc -
Soc - cor
ri
li
ri
Soc -
ri a
Fil
tua
Soc - cor
-
-
ri a
-
mè soc - cor
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-
-
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-
Fil
-
-
ri Soc - cor
mè tua
tua
-
Soc - cor
-
cor
-
Soc
-
di
24
da
da
spie
24
di
di
da
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dot - ta
dot - ta
28
dot - ta
28
ta
son
-
sor
ta
sor
cru
da
a
cru - d'e
Con - dot - ta
te
te
Con -
son
Con - dot - ta
son
son
-
pia
-
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cru - d'e
em
a
cru
-
212
te
em
te
-
em - pia
-
Con -
son
cru
Con - dot - ta
-
sor
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a
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-
a
-
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-
sor
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son
-
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son
dot - ta
28
sor
ta
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28
ta
son
-
-
28
-
-
ta
ta
-
spie - ta
24
28
-
da
24
spie
24
24
cru
a
Con
dot - ta
Con - dot - ta
-
Con -
mor
-
Con -
-
pia
mor
pia
mor - te
d'e
em
-
pia
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-
-
32
-
-
Con - dot - ta
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32
-
32
Con - dot - ta
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-
mor
-
Con - dot - ta
te
32
36
mor
36
te
-
a
36
cru
cru
d'e
em
-
36
son
a
36
cru
36
son
son
-
cru
son
em
son
-
-
-
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-
cru
-
d'e
a
cru - d'e
-
em
pia
pia
-
-
#
em
mor
mor
pia
mor
mor
-
213
pia
-
-
da
a
-
pia
mor
dot - ta
-
-
te
a
-
te.
te.
-
te.
te.
-
-
-
mor
pia
em - pia
-
Con
-
a
em
cru
son
d'e
-
em
d'e
-
d'e
a
-
cru
-
a
Con - dot - ta
32
-
Con - dot - ta
te
-
32
-
te.
214
Parlo, misero, o taccio
G. B. Guarini (1538-1612)
tratto dalle Rime
Canto
Alto
Salamon Rossi (c.1570-1630)
Par
Par - lo mi Tenore
Basso
Par
-
lo
0
0
0
3
Chittarrone
3
cio
3
S'io tac
cio
3
-
cio
S'io tac - cio
cio S'io tac
3
0
cio
3
0
1
0
o 3
che
soc
-
cio
che
soc
cio
che
soc
-
-
lo
mi
-
-
-
215
-
-
-
cor - s'ha
cor - s'ha
se - ro o
-
vra il mo
-
-
tac
se - ro o tac
-
-
se - ro o
tac
mo - ri
cor - so ha -
tac
se - ro o
mi
mi
-
lo
lo
che soc - cor - s'ha - vrà il
S'io tac
3
2
mi
Par
Par - lo mi -
lo
Par
-
Par
Par - lo mi -
-
-
-
-
re
-
vra il
mo - ri
-
-
mo - ri
-
vra il
-
6
re
6
6
S'io par
-
lo
S'io par
-
lo
che per - don
6
-
9
9
9
9
9
re
S'io par
re
Ta
re
Ta
re
Ta
re
Ta
-
-
-
do - no ha- vrà l'ar - di
-
lo
che per - don
-
l'ar - di
-
l'ar - di
-
che per - do - n'ha - vra
che per - do - no ha - vrà
-
ha - vrà l'ar - di
che per - don
da
chi
ci che ben s'in - ten - de
ci che ben s'in - ten - de
Chiu - sa fiam - ma tal'
ci
-
per
che
lo
-
re S'io par
6
Chiu - sa
ci che ben s'in - ten - de
216
Chiu - sa fiam - ma tal'
fiam
-
ma
tal'
hor da chi
l'ac -
l'ac - cen -
hor
da chi
Chiu - sa fiam - ma tal'
hor
l'ac -
hor da chi
13
cen
13
-
de Par - la in me
Par - la in
de
13
-
-
cen
13
de Par - la in me
17
la pie - ta
E
ta - te
E
17
di - ce quel bel vol
-
di - ce quel bel vol - to
ta - te
E
di - ce quel bel vol - to al
17
t'al
di - ce quel bel vol - to al
e
ta - te
17
6
-
te
-
217
cru - do co
cru - do
co
al
cru - do
[
la bel -
la bel -
Par - la in lei
te
la bel -
Par - la in lei
-
te
-
Par - la in lei
te
-
Par - la in lei
18
ta - te
17
la pie - ta
Par - la in me
de
la pie - ta
13
la pie - ta
me Par - la in me
l'ac - cen
la bel -
-
-
-
co
re
cru - do
co
re Chi può mi -
-
re Chi può mi -
re
-
]
21
rar - mi
21
E non lan - guir
21
d'A - mo
21
E non lan - guir
-
re
d'A - mo
rar - mi e non lan - guir
21
d'A - mo
E non lan - guir
re
-
E non lan - guir
-
re
d'A - mo
Chi può mi - rar - mi e non lan - guir
d'a
Chi può mi - rar - mi
Chi può mi - rar
-
Chi può mi - rar
-
mo
mi
e
non lan -guir
e non lan -guir
d'A
218
d'A - mo
e non lan - guir
-
e non lan - guir
mi
-
-
mo
-
-
re
re.
-
d'A - mo
d'A - mo - re
25
re
-
non lan -guir
E
d'a - mo
re.
-
re.
re.
219
o critico
à di emendamenti
Ohimè, se tanto amate
batt. 9 il valore di semibreve nell'originale non è riportato
Anima del cor mio
batt. 17 per l'incongruenza dell'accompagnamento con le parti vocali sul terzo tempo,
non emendato, si rimanda all'analisi ed alle conclusioni
batt. 21 il Mi naturale segnato nell'intavolatura originale con un 5 sulla terza corda è stato
riportato a Mi bemolle
batt. 23 il La emendato manca nell'originale
Udite lacrimosi spirti d Averno
batt. 15 il Re posto sotto il Si in intavolatura è in realtà riferito alla nota precedente
batt. 33 il bicordo nell'originale è integrato da un Si bemolle che non ha nessuna ragione
d'essere rispetto la parte del Canto
Tirsi mio, caro Tirsi
batt. 13 per un errore di stampa il valore mensurale che riporta una nota nera sopra
l'ultimo tempo è stato riportato in semibreve
batt. 22 sul primo movimento l'originale riporta un errore cadenzale introducendo un
Fa #, emendato con un Sol
batt. 30 sul terzo tempo dell'originale è stato emendato un La che si ritiene nota
estranea al procedimento di ritardi che caratterizza la parte di canto
batt. 35 sul primo movimento dell'originale l'accordo completo di Re M seguito da
una ottava non è conforme alla linea del canto ed ai precedenti procedimenti
armonici, viene quindi emendato spostando la terza maggiore dell'accordo
sul secondo movimento
220
Parlo misero o taccio
Le parti di Canto e Quinto sono all'unisono, per cui si è ritenuto opportuno inserire in
partitura solo la parte del Canto.
batt. 15 per un errore di stampa il valore mensurale che riporta una nota nera sopra il
terzo tempo è stato riportato al valore di minima, anche per le note seguenti
batt. 19-20 l'originale riporta alcune incongruenze con la parte del canto che vengono
emendate come da esempio:
221
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