E-PATROLOGOS
3/1 (2017), s. 5-27
Tra la fine del II sec. e gli inizi del III, nella grande e colta città di Alessandria
d’EgittoĆilĆcristianesimo,ĆvenutoĆdall’ambienteĆgiudaico,ĆintegraĆeĆsviluppaĆilĆmeglioĆ
della cultura greca. Alessandria, seconda città del impero, si presenta come il centro
della cultura cristiana, come Roma è il centro unificatore del mondo cristiano. Si
verifica un meraviglioso sviluppo della Chiesa: va da Gerusalemme (culla della
primaĆChiesa)Će,ĆtramiteĆAntiochiaĆ(baseĆdiĆlancioĆdell’attività missionaria tra i pagani) arriva ad Alessandria, centro di cristianizzazione della cultura del tempo.
Qui fiorisce una vera accademia cristiana sotto la sorveglianza del vescovo
della città. Ne è iniziatore Panteno di Sicilia, filosofo stoico convertito al cristianesimo, al qualeĆsuccedeĆl’atenieseĆTitoĆFlavioĆClemente,ĆprimaĆancoraĆdiĆdivenireĆvescovo della città. Con lui abbiamo la prima scienza teologica cristiana integrale. Ancora più celebre di lui è il suo grande discepolo Origene (185-252/53), il cui padre
morì martire quando egli aveva 17 anni.
ConĆ loĆ sviluppoĆ delĆ cristianesimoĆ nell’OccidenteĆ latinoĆ eĆ particolarmenteĆ
nell’AfricaĆdelĆnordĆ(attualeĆTunisiaĆeĆAlgeriaĆorientale),ĆCartagineĆdivieneĆilĆgrandeĆ
centro della latinità cristiana dopo Roma (mentre Antiochia e soprattutto AlessandriaĆsonoĆiĆcentriĆdell’ellenismoĆcristiano),ĆtantoĆche,ĆnelĆ256,ĆCipriano,ĆvescovoĆdellaĆ
città dal 249 al 258, può riunire 87 vescovi africani in sinodo. Tra i grandi padri
„africani”ĆbisognaĆricordareĆTertulliano,ĆpurtroppoĆpassatoĆalĆmovimento montanista1 versoĆ laĆ fineĆ dellaĆ suaĆ vitaŁĆ CiprianoĆ eĆ Lattanzio,Ć cheĆ l’imperatoreĆ CostantinoĆ
chiamerà aĆTreviri,ĆperchéĆcuriĆl’educazioneĆdelĆfiglioĆCrispo.
Immediatamete dopo Ireneo, ancora sotto il suo influsso e ancora impegnati direttamente contro lo gnosticismo, vengono Tertulliano e Ipolitto Romano.
Ks.Ć prof.Ć drĆ hab.Ć AndrzejĆ PiotrĆ Perzyński,Ćprof.Ć Wydzia uĆ TeologicznegoĆ UKSWĆwĆ Warszawie, teolog ekumenizmu; e-mail: a.perzynski@uksw.edu.pl.
1
Il montanismo, movimento spirituale promosso in Frigia nel 156 ca. da Montano, opponeva
la Chiesa dello Spirito a quella gerarchica.
6
L’impegnoĆanti-gnostico di Tertulliano si è espresso in molte opere: Ad Marcionem,
Ad Hermogenem, Ad Valentinianos, Scorpiace, De carne Christi, De carnis resurectione. Alla „summa”Ć diĆ Ireneo,Ć TertullianoĆ sostituisceĆ quindiĆ monografieĆ particolari.
śeiĆ suoiĆ trattatiĆ TertullianoĆ riproponeĆ laĆ tesiĆ cristianaĆ dell’unità del piano
divino nel Cristo, in particolare respingendo il dualismo teologico di Marcione. InfattiĆaffermando,ĆdaĆunĆlato,Ćl’identità fraĆilĆDioĆcreatoreĆeĆilĆDioĆbuono,ĆeĆdall’altro,Ć
identificandoĆilĆCristoĆcolĆŚessiaĆdell’AnticaĆAlleanzaĆeĆquindiĆattribuendo al Cristo
leĆteofanieĆveterotestamentarie,ĆTertullianoĆmantieneĆl’unità del piano divino che si
riferisce alla creazione. Tuttavia egli considera la creazione anche in sè. Afferma infatti che Dio ha creato „utĆDeusĆcognosceretur”ŁĆperĆcuiĆilĆproblema della creazione
tende a tornare al livello degli apologisti, cioè ad essere un problema teologico, più
che cristologico; non solo, ma persino un problema cosmologico, come risulta in
particolare dalla trattazione contro Ermogene: un intero trattato controĆ l’eternità
della materia e il suo non rapporto con il male, in ordine evidentemente a scagionare il Dio creatore.
La ragione di questo nuovo orientamento è che Tertulliano, a differenza di
Ireneo, assume abbondantemente dal pensiero stoico2. Quanto all’antropologia
Tertulliano, autore di un De anima, ci dà un insegnamento piuttosto diffuso. Il trattato, che riprende e sviluppa una precedente operetta di Tertulliano, il De censu animae contro Ermogene, ora perduta3, va datata fra il 210 e il 213, quindi fra, da un
lato i Placita diĆ Aezio,Ć l’Ć Epitome di Ario Didimo, il Didascalicos di Albino e,
dall’altro,ĆPlotinoĆeĆlaĆsuaĆscuola4.
IlĆpianoĆdell’operaĆappareĆdivisoĆinĆquattroĆsezioni,Ćpiù il preambolo (1-3) e
l’epilogoĆ(58,9):
1. Natura dell’animaĆ(4-22)
2. Origine, tempo e modoĆdell’IncarnzioneĆdell’anima:
teorie false derivanti dall’anamnesiĆplatonicaĆ(23-24)
vera dottrina (25-36)
Digressione sulla metempsicosi (28-35)
3. CondizioneĆdell’animaĆincarnata
crescita e pubertà dell’essereĆviventeĆ(37-41). Alla pubertà (14 anni)
l’animaĆacquisisceĆilĆsensoĆdelĆpeccatoŁĆdondeĆilĆtrattoĆsulĆpeccatoĆ(3941).
morte del vivente (42-53). Il sonno è un’immagineĆspeculareĆdellaĆ
2
S. Otto, Der Mensch als Bilds Gottes bei Tertullian, [in:] Der Mensch als Bilds Gottes, Darmstadt 1969, p. 135-136.
3
P. Festugiere (LaĆrévelationĆd’Hermès Trismégiste, t. 3, Paris 1953, p. 4) sembra distinguere
quest’operaĆdaĆun’altra.
4
Ibidem, p. 1.
7
morte, donde il trattato del sonno e del sogno (43-49).
4. Escatologia (54-58).
śelleĆ sueĆ lineeĆ generali,Ć questoĆ piano,Ć inĆ cui,Ć dopoĆ averĆ definitoĆ l’animaĆ – il
che va fatto naturalente in primo luogo – viene seguita a partire dal suo luogo
di origine durante tutto il corso della sua avventura terrestre, fino alla sua ri5
salita in cielo, si ispira al platonismo, e doveva essere classico nelle scuole .
È quindi probabile che Tertulliano abbia preso il quadro in cui raccogliere il suo
trattatoĆdallaĆdottrinaĆalloraĆregnantiĆsullaĆdiscesaĆeĆrisalitaĆdell’anima.
Il materiale poi per riempire questo quadro, Tertulliano lo prende dalle
opere che sulle questioni tecniche di filosofia informano il pubblico di una certa cultura. Si tratta in particolare non dei testi originali dei grandi filosofi, ma di epitomi
o introduzioni o raccolte di sentenze (doxai), in cui le dottrine dei grandi filosofi si
trovano riassunte. Nel caso del De anima di Tertulliano, la fonte principale è il Perì
psuchès del medico Sorano6. In più dobbiamo dire che Tertulliano non disdegna le
informazioniĆdiĆunaĆvisionaria:ĆunaĆcristianaĆmontanista,ĆcuiĆeraĆapparsaĆun’animaĆ
7
e si era mostrata „teneraĆetĆlucidaĆetĆaereiĆcolorisĆetĆformaĆperĆomniaĆhumana” .
LoĆspiritoĆprevalentementeĆdialetticoĆdiĆTertulliano,ĆcheĆl’haĆspintoĆinĆmodoĆ
particolarmente felice alla polemica, gli ha precluso però la possibilità della grande
sintesi. Sta di fatto che Tertulliano non ci ha dato una sintesi del pensiero cristiano
inĆcuiĆsiaĆinterpretata,ĆinĆsensoĆcristiano,ĆlaĆstoriaĆdell’uomo.ĆConseguemtemente il
suo pensiero su questo punto è frammentario, esposto in genere in riferimento al
dato biblico.
TertullianoĆdefinisceĆspessoĆl’uomo,ĆeĆsempreĆnegliĆstessiĆtermini:Ćl’uomoĆ è
un animale ragionevole. Questo significa, per lui, unĆcorpoĆeĆun’animaĆragionevole:
contro la gnosi che professa la trinitas hominis – cioè la tricotomia – Tertulliano è
decisamente dicotomista: caro atque anima - questo è l’uomo.Ć I due elementi sono
essenzialiĆall’uomo.ĆScrive:Ć
L’animaĆdaĆsolaĆnonĆè l’uomoĆ(...) e il corpo da solo non è l’uomo (...) essi sono
strettamenteĆ uniti:Ć siaĆ quantoĆ all’origineĆ (ilĆ corpoĆ eĆ l’animaĆ sonoĆ „seminati,
formati,Ć prodottiĆ insieme”)Ć siaĆ quantoĆ all’agireĆ (nonĆ c’è nessuna azione che
non sia comune ai due elementi e, in particolare, il corpo è corresponsabile
8
conĆl’animaĆdelĆpeccato) .
L’unioneĆè così stretta che Tertulliano sembra pensare – seguendo i stoici – ad una
compenetrazione reciproca, totale e completa di corpo e anima.
D’altraĆ parte,Ć ancheĆ nell’individuazioneĆ dellaĆ proprietà della anima si risenteĆl’influssoĆstoico.ĆTertulliano le elenca soprattutto nel De anima. Sono:
P. Festugiere, LaĆrévelationĆd’HermèsĆTrismégiste, p. 4.
Ibidem, p. 5.
7
J. Tixeront, HistoireĆdesĆdogmesĆdansĆl’antiquitéĆchrétienne, t. 1, Paris 1924, p. 406.
8
M. Wysocki, EschatologiaĆ okresuĆ prze ladowań na podstawie pism Tertuliana i Cypriana,
Lublin 2010, p. 127-130.
5
6
8
immortalità, ma passibilità: immortalità in quanto essa è più vicina a Dio
che non alla materia; passibilità e quindi mutevollezza in quanto è stata creata;
unità e semplicità. Unità in un duplice senso: di origine in quanto afferma
che tutte le anime discendono da una sola, la prima: e in questo modo TertullianoĆspiegaĆl’eredità del peccato originale; sostanziale, cioè l’animaĆè in sè
stessa una e indivisibile: se Tertulliano parla di partiĆdell’anima intende le
energie, le attività;
corporeità9.ĆL’animaĆcioè possiede un proprio corpo non un corpo di carne.
È per questa sua concezione della corporeità dell’animaĆ cheĆ siĆ parlaĆ diĆ „materialismo”Ć diĆ Tertulliano.Ć In ogni caso però Tertulliano non è un materialista quanto
all’origineĆdell’anima.ĆControĆErmogeneĆinfattiĆaffermaĆcheĆl’animaĆnonĆvieneĆdallaĆ
materia, ma dal soffio di Dio con riferimento diretto a Gen 2:7.
Su questo testo fa un rilievo lessicale, ricavata dalla versione greca dei LXX:
sottolinea che il testo dice
e che egli traduce afflatus e non
ῦ α, cioè spiriῦ α
tus. Il rilievo gli consente da un lato di negare la comunità di natura fra Dio –
eĆ l’animaĆ umana,Ć cheĆ nonĆ è
ῦ α ma solo
ŁĆ eĆ dall’altroĆ diĆ insinuareĆ cheĆ
l’uomoĆè recettivo dello spirito, ma non è costituito dallo spirito, in quanto lo spirito
ricevutoĆdall’afflatusĆdiĆDioĆè stato perduto col peccato, e viene restituito con il battesimo. Per questa sua posizione, Tertulliano viene talvolta inteso come un anticipatore, nella sostanza, della distinzione scolastica fra naturale e soprannaturale10, in
realtà egli ripropone semplicemente Ireneo e la sua storia della salvezza, fondata in
particolare, per quanto riguardaĆl’uomo,ĆsullaĆdistinzioneĆtraĆl’imagoĆeĆlaĆsimilitudo,Ć
assegnando allo spirito, in dipendenza della libertà dell’uomo,Ć laĆ cresitaĆ dall’unaĆ
11
all’altra .
Su questa distinzione è strutturata in partcolare, la teologia battesimale
greca più antica. Essa afferma che nel battesimoĆvieneĆrestituitoĆall’uomoĆloĆspiritoĆ
che egli aveva perduto per il peccato. Ora, prima Ireneo e poi Tertulliano affermano
che,ĆconĆlaĆperditaĆdelloĆspirito,Ćl’uomoĆavevaĆperdutoĆlaĆsimilitudo,Ćconservando solamenteĆl’imagoŁĆma col battesimo, ricevendo nuovamente lo spirito, riceve nuovamente la similitudo. Pare che Tertulliano si sia diffuso su questo insegnamento in
un trattato greco ora perduto12.
QuantoĆallaĆdeterminazioneĆdell’imago,ĆTertullianoĆè testimoneĆdell’esegesiĆ
diĆGenesi,ĆcheĆintendeĆl’immagineĆcomeĆriferitaĆaĆCristo,Ćl’uomoĆfuturoĆ certior et verior13ŁĆtuttaviaĆnonĆviĆinsiste,ĆprobabilmenteĆancheĆperchéĆilĆsuoĆriferimentoĆdirettoĆ
9
M. Spanneut, Tertullien et les premiers moralistes africans, Paris 1969, p. 161.
M. Spanneut, Tertullien et les premiers moralistes africans, p. 167.
11
S. Otto, Der Mensch als Bilds Gottes bei Tertullian, p. 134-135,ĆcheĆcitaĆD’Ales,ĆJ. Ratzinger e,
prima ancora A. Harnack.
12
S. Otto, Der Mensch als Bilds Gottes bei Tertullian, p. 134.
13
Tertulliano, Adversus Praxean, 13, 4.
10
9
nell’esegesiĆdiĆGenesiĆnonĆè san Paolo ma Prov 8: infatti scrive – „Dio felice nella sua
soffia ciò che fece in principio id est inizio”14. Questo riferimento gli consente – ci
sembra – di dare particolare coerenza al suo pensiero, quando introduce il suo tema
caratteristico che, in evidente dialogo con lo stoicismo e sotto il suo influsso, è quello
dell’immagineĆ riferitaĆ all’animaĆ dell’uomo, che ha in sè lineas Dei, in quanto è
immortalis, rationalis, libera et sui arbitrii. Grazie a questa proprietà l’anima,Ćanche
seĆ leĆ mancaĆ l’integritas a delicto15, mantiene però la dignità di conoscere Dio e di
dominare sulle sue opere16.
In questa dignità dell’anima,ĆTertullianoĆannullaĆlaĆdistinzioneĆdellaĆteologia battesimale fra immagine e somiglianza, riducendo i due termini a sinonimi. Soprattutto egli insiste sul liberum arbitrium: è infatti il primo (Padre) scrittore
ecclesiastico che identificaĆl’imago et similitudo Dei nel libero arbitrio17.
La novità – a giudizio degli storici – non è senza conseguenze per il pensiero
cristiano; in particolare essa comporta come conseguenza che il rinnovamento
dell’immagineĆnonĆcostituisceĆpiù il punto di partenza della dottrina della grazia.
Infine,Ć perĆ quantoĆ riguardaĆ loĆ statoĆ originarioĆ dell’umanità, Tertulliano
afferma, come Teofilo, che Adamo è stato creato fuori del paradiso e poi trasporta18
tovi da Dio e indica il paradiso come paradisi gratia . Nel paradiso i progenitori
erano esenti dal lavoro penoso, dai dolori, dalla morte e dalla concupiscenza. Tutte
queste miserie sono conseguenze del peccato. Tuttavia Tertulliano vi accenna
appena,ĆtranneĆcheĆperĆl’esenzioneĆdallaĆmorte,ĆsullaĆqualeĆsiĆsofferma, arrivando a
concludere che la morte non è naturaleĆall’uomo.ĆSulĆsensoĆdiĆquestaĆaffermazioneĆ
siĆ discuteŁĆ secondoĆ alcuniĆ siĆ riferisceĆallaĆ naturaĆ dell’uomo,Ć cioè alla sua essenza e
quindiĆsarebbeĆnaturaleĆall’uomoĆl’immortalità: è l’interpretazioneĆdi Baio e Turner;
secondo altri invece19 naturale indica qui lo stato di fatto in cui viene creato Adamo.
Inoltre Tertulliano riconosce al primo uomo il dono della profezia („Hoc os
exĆ ossibusĆ meis”),Ć maĆ nonĆ quelloĆ diĆ unaĆ scienzaĆ perfetta,Ć cheĆ avrebbeĆ conseguito
soloĆseĆfosseĆstatoĆfedele.ĆInfineĆc’è un testo in cui affermerebbe che il primo uomo
aveva ricevuto il dono dello Spirito Santo: è un testo del De baptismo, ma
l’interpretazioneĆè contestata.
Tertulliano, Adversus Hermogenem, 18; cfr. J. Moingt, ThéologieĆtrinitaireĆdeĆTertullien, t.
3, Paris 1966, p. 1033-1074.
15
Tertulliano, Contro Marcione, 2, 9.
16
Cfr. A. Quacquarelli, Anthropologie ed escatologia secondo Tertulliano,Ć „RassigneĆ diĆ
Science Folosofiche”Ć 2 (1949), 14-17; S. Otto, Der Mensch als Bild Gottes bei Tertullian, „Münchener Theologische Zeitschrift“ 10 (1959), p. 272-282; A. M. Filipowicz,
Koncepcja duszy w pismach Tertuliana, Olecko 2007.
17
S. Otto, Der Mensch als Bilds Gottes bei Tertullian, p. 139-142.
18
A. Slomkowski, L’État primitif de l’hommeĆ dansĆ lasĆ traditionĆ deĆ l’ÉgliseĆ avantĆ saint
Augustin, Paris 1928, p. 65.
19
Ibidem, p. 64.
14
10
Ippolito di Roma ripropone la tesi del Logos mediatore della creazione e identifica il
Logos, contro la teoria gnostica degli eoni, con il Cristo storico, il quale si presenta
così, nella sua umanità, come modello per tutti gli uomini.
Tuttavia anche in Ippolito, come già inĆTertulliano,Ćl’unità della storia della
salvezza è meno rigorosamente affemata che in Ireneo; e invece è più vivo, come in
Tertulliano,Ćl’interesseĆperĆl’aspettoĆcosmologicoŁĆsiĆritrovaĆinfattiĆinĆluiĆlaĆdottrinaĆ
stoica dei quattro elementi primordiali20. Evidentemente è un segno dei tempi,
prima ancora che una caratteristica del temperamento; o almeno il riflesso di un ambiente:Ć inĆ particolareĆ l’ambienteĆ diĆ Ireneo,Ć leĆ Gallie,Ć nonĆ è quelloĆ dell’AfricaĆ
mediterranea di Tertuliano, nè quello di Roma di Ippolito. Per cui se Ireneo si è
trovato a dover fronteggiare solo lo gnosticismo, è da pensare che Tertulliano e Ippolito si siano invece trovati anche di fronte alle correnti filosofiche, in particolare lo
stoicismo; onde è logico che la loro problematica sia diversamente sollecitata e, nella
fattispecie, si trovi quella degli apologisti. Questo riaggancio è infatti un rilievo comune agli storici.
QuantoĆ all’antropologia,Ć ancheĆ IpolittoĆ professaĆ laĆ concezioneĆ dicotomistaĆ
dell’uomo,ĆintesoĆcomeĆl’animaĆeĆcorpoĆunitiĆinsieme a costituire una sola entità, respingendoĆlaĆconcezioneĆgnosticaĆdelĆtripliceĆl’uomo:Ćspirituale,ĆanimaleĆeĆterrestre.Ć
Ma di lui, su questo problema, abbiamo solo dei frammenti21.
Inoltre Ipolitto, come Tertulliano, pensa che „ilĆ corpoĆ dell’uomoĆ nonĆ eraĆ
mortale per natura, ma lo è divenutoĆinĆconseguenzaĆdellaĆdisubbidienza”.ĆŚaĆperĆ
l’interpretazioneĆ diĆ questoĆ pensieroĆ valeĆ quantoĆ abbiamoĆ osservatoĆ perĆ Tertulliano22.
Sulla scia di Tertulliano si trova Cipriano; ma evidentemente non ci si può aspettare
molto da questo „uomoĆ diĆ governo”.Ć TuttaviaĆ „troviamoĆ l’indicazioneĆ cheĆ loĆ statoĆ
dei progenitori nel paradiso è unaĆgraziaĆricevutaĆdaĆDio:ĆacceptaĆdivinitusĆgratia”23.
Questa espressione che sembra ispirata da Tertulliano, designa per lui il complesso
deiĆ doniĆ cheĆ AdamoĆ possedeva,Ć traĆ iĆ qualiĆ ricordaĆ inĆ particolareĆ l’essenzioneĆ dallaĆ
morte e dalla sofferenza e la rassomiglianza con Dio. Questa somiglianza era una
grandeĆprereogativa,ĆperchéĆhaĆeccitatoĆlaĆcolleraĆdelĆdemonio.ĆCiprianoĆnon precisa
24
però in che cosa consisteva .
PerĆquantoĆconcerneĆlaĆteologiaĆdellaĆgrazia,Ćl’annotazioneĆpiù interessante
20
M. Spanneut, Tertullien et les premiers moralistes africans, p. 353.
Ibidem, p. 166-167.
22
A. Slomkowski, L’ÉtatĆprimitifĆdeĆl’homme, p. 166.
23
C. Scanzillo, L’animaĆneiĆpadriĆdeiĆprimiĆsecoli,Ć„ProblemiĆdiĆattualità” 2 (1979), p. 56; cfr.
J. P. Burns, Cyprian the Bishop, New York 2002.
24
A. Slomkowski, L’ÉtatĆprimitifĆdeĆl’homme, p. 66-67.
21
11
in questo filone ideale Tertulliano-Cipriano è quella già avanzata a proposito di
Tertulliano, cioè cheĆ cheĆ l’unificazioneĆ dellaĆ imago e similitudo nel liberum arbitrium abbia imposto alla teologia della grazia un orientamento diverso da quello che
essa aveva in Ireneo, cioè la grazia come economia della ricapitolazione, per avviarla
sul piano morale, come apparirà da Ambrogio, Ticonio e Agostino25.
Questa linea è particolarmenteĆevidenziataĆinĆTertullianoĆdoveĆsiĆtrovaĆl’ideaĆ
cheĆl’incarnazioneĆè finalizzata alla divinizzazione, ma la divinizzazione è concepita
in senso tendenzialmente morale26.
Bisogna però aggiungere che si ritrova in questo filone quella che viene chiamata la teologia sacramentaria della grazia, nel senso che lega ai sacramenti il rinnovamentoĆdell’uomo.ĆInĆquestaĆprospettiva,ĆaĆparteĆl’operaĆperdutaĆdiĆTertullianoĆ
sul battesimo, è particolarmente ricca la testimonianza di Cipriano. E presisamente
ciò che scrive a proposito della propria esperienza battesimale, quando parla del
dono dello Spirito Santo che viene dal cielo e che porta la vita nuova27; e soprattutto
ciò che scrive a propositoĆdell’unità dellaĆChiesaĆeĆdell’Eucaristia.
La paternità di Dio e quindi la dottrina della filiazione è presentata come un
dato pacifico, che si realizza però soloĆ inĆ dipendenzaĆ dall’essereĆ unitiĆ conĆ laĆ
28
Chiesa .ĆParlandoĆdell’EucaristiaĆCiprianoĆsviluppaĆal massimo il tema della nostra
inclusione in Gesù Cristo. Una delle affermazioni frequenti di Cipriano è che: „il
CristoĆciĆportavaĆtuttiĆinĆseĆstesso”.ĆQuesta formula che diventerà comunissima dopo
Cipriano è che forse esisteva già in Oriente, appare per la prima volta in Occidente
con Cipriano29.
È una formula sostanzialmente paolina (cfr. Rom 5), nel senso di una interiorità reciproca: „noiĆnelĆCristo”ĆeĆ„CristoĆinĆnoi”.ĆOra, fa notare Cipriano, questa verità si realizza, nel modo più completo,Ćnell’Eucaristia,ĆdoveĆancheĆleĆspecieĆdelĆpaneĆ
eĆdelĆvinoĆ(moltiĆgraniĆfannoĆun’unicaĆostia:ĆvinoĆeĆacqua)ĆesprimonoĆinnanzituttoĆ
30
l’unioneĆaĆGesù CristoĆeĆinĆconseguenzaĆaĆquestaĆunioneĆl’unità della Chiesa . Tuttavia, nel modo di interpretare questa unione, Cipriano piega sensibilmente nel
31
senso morale .
Firmiliano (†258)ĆeraĆunĆcorrispondenteĆdiĆCipriano.ĆHa lasciato una sola lettera indirizzata a Cipriano e conservata nella corrispondenza del santo. È una
requisitoria contro papa Stefano, con il quale Firmiliano era in polemica per la qu25
S. Otto, Der Mensch als Bilds Gottes bei Tertullian, p. 142-143.
E. Mersch, LeĆCorpsĆmystiqueĆduĆChrist.ĆEtudesĆduĆthéologieĆhistorique, t. 1, Leuven 1933,
p. 14 s.
27
Ibidem, p. 16-17.
28
Ibidem, p. 20.
29
E. Mersch, Le Corps mystique du Christ, p. 23; ma cfr. ibidem, p. 14-15 a proposito di
Tertulliano.
30
Ibidem, p. 25-26.
31
Ibidem, p. 31-32.
26
12
estione del battesimo degli eretici. L’interesseĆdiĆquestaĆletteraĆperĆlaĆdottrinaĆdellaĆ
grazia, sta nella affermazione che „ilĆ SignoreĆ abitaĆinĆ noi”32, una frase che resterà
nella tradizione latina.
Un terzo momento nella lotta contro lo gnosticismo, dopo quello di Ireneo e dopo
quello di Tertulliano e Ippolito di Roma, è costituito dalla Scuola Alessandrina, che
assume nei confronti dello gnosticismo, un atteggiamento di massima apertura e di
dialogo. Occorrerebbe poter ricostruire la situazione storica che evidentemente deve
aver suggerito questo nuovo atteggiamento, dopo quello precedente della opposizione radicale. In ogni caso, la scuola alessandrina ha concepito il disegno di assumere tutti gli elementi dello gnosticismo compatibili con il pensiero cristiano, per
costruire una gnosi cristiana.
L’impresaĆinĆrealtà era facilitata dal precedente di Filone, pure alessandrino.
Riteniamo che le tesi recenti sullo gnosticismo, le cui tracce sarebbero già presenti
nel Nuovo Testamento, non possano non rimettere in discussione la interpretazione
di Filone come mediatore fra la Bibbia ebraica e il platonismo greco: non evidente
perĆdemolirla,ĆmaĆperĆprecisarlaĆnelĆsensoĆdiĆfarĆpostoĆinĆquest’operaĆdiĆmediazione,Ć
in misura da determinare, anche ad eventuali influssi gnostici. In ognicaso a Filone
si ispira la scuola alessandrina, che è unanimeĆ nell’atteggiamentoĆ pregiudizialeĆ diĆ
respingere tutto il bagalio mitologico dello gnosticismo. L’aperturaĆdellaĆscuolaĆcristiana di Alessandria allo gnosticismo si attuò previa la riduzione dello gnosticismo
al suo aspetto filosofico. Ora, ridotto al suo aspetto filosofico, lo gnosticismo mal si
distingue dal neoplatonismo e coincide ultimamente con esso. Su questa linea si
ricostituisceĆ l’unità della polemica cristiana contro il pensiero greco, partita dagli
apologistiŁĆ mentreĆ dall’altraĆ parteĆ laĆ scuolaĆ alessandrinaĆ eĆ inĆ particolareĆ Origene,Ć
che ha tentato di fare la sintesi fra il pensiero cristiano e il pensiero paltonico,
diventa un segno di contraddizione: susciterà infatti una forte reazione fra gli stessi
padri,Ć tantoĆ cheĆ laĆ criticaĆ cristianaĆ all’antropologiaĆ platonica,Ć dopoĆ OrigeneĆ siĆ
configurerà comeĆcriticaĆall’origenismo.Ć
TuttaĆ l’operaĆ diĆ ClementeĆ è dominata dall’ispirazioneĆ antignostica.Ć Egli infatti intende definire la vera gnosi, cioè la gnosi ortodossa, contro la pretesa gnosi.
In questa ispirazione fondamentale è evidenteĆl’influssoĆesercitatoĆdaĆFiloneĆ
sulĆpensieroĆdiĆClemente.ĆL’influssoĆdiĆFiloneĆsuĆClementeĆappareĆsoprattuttoĆinĆunĆ
certo dualismo nel modo di concepire la creazione. Clemente attribuisce la creazione al Logos, come Filone; tuttavia il Logos di Clemente ha un carattere personale,
in conformità col pensiero cristiano, che non ha il Logos di Filone. Sotto questo
aspetto, Clemente si stacca da Filone e ritrova la teologia degli apologisti; i quali però
32
Ibidem, p. 32.
13
usano di preferenza il termine Figlio, invece che Logos. In particolare ritroviamo in
ClementeĆl’ideaĆcheĆilĆVerboĆpreesisteĆinĆquantoĆpensieroĆimmanenteĆdiĆDioĆeĆvieneĆ
generato con la creazione del mondo33, con la conseguente tendenza a concepire la
sussistenza del Logos in funzione solamente della creazione e quindi la sua generazione legata al tempo34.
Clemente però sviluppa anche il tema – già sviluppato da Ireneo, ma non
tantoĆsottoĆilĆsuoĆinflusso,ĆquantoĆpiuttosto,Ćsembra,ĆsottoĆl’influssoĆdiĆPlatoneĆ– del
Logos rivelatore del mistero di Dio35. Ora, cercando di dare una giustificazione
metafisica al fatto che il Padre è inconoscibile, mentre il Figlio è manifesto, spiega
che la ragione sta in questo: mentre il Padre è assolutamente uno, il Figlio comporta
una certa molteplicità.ĆQuindiĆl’opposizioneĆdiĆFiloneĆfraĆl’inconoscibileĆeĆilĆconoscibile è ricondottaĆ fraĆ l’unoĆ eĆ ilĆ molteplice.Ć Più precisamente la concezione di Clemente è questa:ĆfraĆl’unoĆpuroĆcheĆè il Padre e il molteplice puro che è il mondo, vi è
unĆordineĆintermedio,ĆquelloĆdell’uno-molteplice, che è quello del Logos.
Questa concezione, desunta in gran parte dalla filosofia, ha delle immediate
ripercussioni sul problema teologico della natura del Figlio. Il Figlio infatti, se da un
lato, cioè in quanto uno, appartiene alla sfera di Dio,Ćdall’altro,Ćcioè in quanto molteplice, può essere catalogato nella serie delle realtà intelligibili, di cui occupa il
primo posto, ma sempre entro la serie36.
Di cui la conclusione: nel pensiero di Clemente vi è una duplice tensione
che, sviluppata logicamente, può compromettere la natura divina del Figlio: quella
derivata dalla sua funzione cosmologica e quella derivante dalla sua funzione di
rivelatore.
Questa tensione logica appare più accentuata rispetto a quella già presente
nel pensiero degli apologisti, e agisce pur sotto le affermazioni formali esplicite e
ripetute della consustanzialità del Logos rispetto al Padre.
Quanto al mondo creato, Clemente accoglie da Filone (De opificio mundi, 1316)Ćl’ideaĆdiĆun duplice mondo: quello intelligibile, e quello sensibile; così entra nel
cristianesimoĆ l’ideaĆ cheĆ ilĆ mondoĆ sensibileĆ è costruito a immagine del mondo
intellegibile37; non solo, ma questa idea viene fondata sulla Bibbia in quanto dei due
racconti della creazione, il primo, cioè Genesi 1, 1 viene riferito alla creazione del
mondo delle idee, mentre il secondo alla creazione del mondo sensibile.
Al di là dell’applicazioneĆparticolare,ĆcontaĆsoprattuttoĆilĆprincipioĆgeneraleĆ
Vi è unĆ testoĆ cheĆ sembraĆ suggerireĆ l’ideaĆ diĆ unaĆ generazioneĆ eterna,Ć maĆ è l’unicoĆ eĆ loĆ
conosciamo solo in una traduzione latina discussa. J. Daniélou, Histoire des doctrines
chrétiennesĆavantĆśicée, t. 2, Paris 1961, p. 337.
34
Ibidem, p. 337.
35
Ibidem, p. 338-339.
36
Ibidem, p. 340.
37
Clemente Alessandrino, Stromata, V, 14.
33
14
soggiacente, cioè l’ideaĆdiĆunĆesegesi allegorica che se, da un lato, intende cogliere il
senso più profondoĆdellaĆBibbia,Ćdall’altroĆperò, nella misura in cui si stacca dal testo
biblico, può suggerire interpretazioni arbitrarie e introdurre nel pensiero cristiano
idee in realtà non cristiane38.
QuantoĆall’antropologia,ĆClementeĆsiĆmuoveĆinĆunaĆprospettivaĆdirettamenteĆ
antignostica,ĆancheĆseĆl’ecclectismoĆaĆcuiĆnonĆsiĆrifiutaĆeĆlaĆlibertà di vocabolario che
si concede, per cui gli stessi termini non hanno sempre lo stesso significato rendono
talvoltaĆdifficileĆl’esattaĆcomprensioneĆdelĆsuoĆpensiero.
Esemplare a proposito della libertà diĆvocabolario,Ćl’usoĆdell’espressione immagine e somiglianza. In questa espressione immagine a volte è sinonimo di somiglianza, a volte invece se ne distingue,Ć perchéĆ ClementeĆ – riprendendo Ireneo –
afferma che tutti gli uomini sono a immagine di Dio, ma solo alcuni – i cristiani in
quanto imitatori di Gesù Cristo – sono immagini somiglianti. Più a fondo Clemente
afferma che Adamo è la semplice immagine di Dio, mentre il Cristo è la somiglianza.
Conseguentemente la somiglianza si ha dal Cristo cui è legato il dono dello spirito
(
ῦ α)ŁĆd’altraĆparte,ĆinĆpolemicaĆcontroĆlaĆlineaĆcheĆcollocaĆl’immagineĆnelĆcorpo,Ć
ClementeĆaffermaĆcheĆl’immagine si trova nello spirito ( ῦς), perĆilĆqualeĆl’uomoĆè
superiore agli animali39.
QuestaĆ concezioneĆ dell’uomoĆ perĆ ClementeĆ è pacifica, ed egli la ripropone
nelle forme più impensate, per esempio commentando Mt 18,20 interpreta i due o
tre riuniti nel nome di Cristo come riferiti a σά ,
,
ῦ α40. In fondo si tratta
della stessa concezione di Ireneo con qualche diversità.
SviluppandoĆquestaĆconcezione,ĆClementeĆaffermaĆcheĆl’uomoĆfinĆdall’inizioĆ
è immagine di Dio, cioè possiede tutto ciò cheĆloĆcostituisceĆl’uomoŁĆmaĆdiventaĆsomiglianzaĆsoloĆattraversoĆl’esercizioĆdellaĆsuaĆlibertà:
Noi diciamo che Adamo è stato creato perfetto per quanto riguarda la sua costituzione fisica. Infatti nulla di ciò che caratterizza la natura e la forma
dell’uomoĆgliĆmancava.ĆŚaĆilĆraggiungimentoĆdellaĆperfezioneĆconĆilĆtempoĆeĆ
l’essereĆgiustificatoĆdallaĆsuaĆobbedienza,ĆquestoĆeraĆinĆsuoĆpotereĆquind’egliĆè
41
diventato adulto .
Giustificazione è sinonimo in Clemente di somiglianza, di perfezione, di possesso
dello Spirito42.
In questo modo Clemente può rispondereĆ all’obiezioneĆ degliĆ gnostici,Ć secondoĆ cuiĆ DioĆ deveĆ necessariamenteĆ averĆ creatoĆ l’uomoĆ perfetto.Ć InfattiĆ comeĆ è
PerĆ l’introduzioneĆ dell’allegoria,Ć cfr.Ć P.Ć Ricoeur,Ć prefazioneĆ aĆ R.Ć Bultmann,Ć Jésus, Paris
1968, p. 10-11.
39
J.ĆDaniélou, HistoireĆdesĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆśicée, p. 337.
40
Clemente Alessandrino, Pedagogo, I, 100, 3; cfr. M. Spanneut, Tertullien et les premiers
moralistes africans, p. 167.
41
Clemente Alessandrino, Stromata, IV, 23, 150, 4.
42
J.ĆDaniélou, HistoireĆdesĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆśicée, p. 378.
38
15
possibileĆcheĆunĆDioĆperfettoĆcreiĆun’operaĆ imperfetta? Clemente risponde che Dio
haĆpotutoĆcreareĆl’uomoĆsenzaĆilĆdonoĆdelloĆSpirito,Ćperchè la natura umana in quanto tale è buona, e perchè è conforme a questa natura di arrivare alla perfezione attraversoĆl’esercizioĆdellaĆlibertà.
Così Clemente cheĆpureĆhaĆassaiĆvivoĆilĆsensoĆdell’unitaĆdelĆgenereĆumano,ĆeĆ
concepisceĆtuttaĆl’umanità sotto la pedagogia sapiente del logos, legando lo sviluppo
dell’uomoĆ all’esercizioĆ dellaĆ suaĆ libertà, orienta la riflessione verso la considerazione del soggetto in quanto individuo concreto, restringendo in questo modo la prospettivaĆ dallaĆ considerazioneĆ dell’umanità in generale alla considerazione
dell’individuo.
Per questa concezione egli si contrappone consapevolmente ed esplicitamente a Platone in quanto - afferma Clemente - Platone non distingue lo spirito
dall’animaŁĆeĆconseguementeĆ- dobbiamo aggiungere - non distingue il credente dal
non credente. Il dono dello Spirito Santo è però legato alla venuta del Cristo - perchè
solo il Cristo è somiglianza rispetto a Dio; mentre Adamo è soltanto immagine.
Sviluppando questa concezione, Clemente mette in evidenza i due poli che
nelĆsuoĆpensieroĆcondeterminanoĆlaĆstoriaĆdell’umanità. Egli infatti ha assai vivo il
sensoĆ dell’unità del genere umano, come risulta,Ć traĆ l’altro,Ć dall’usoĆ frequenteĆ delĆ
termine ἀ
ό ς (umanità) sconosciuto alla Bibbia43.
Un polo è costituito dal Logos. LaĆ storiaĆ dell’umanità risulta incentrata e
sostenutaĆdalĆLogosĆcheĆsviluppaĆun’azioneĆamorosaĆeĆsapienteĆ– il Logos è infatti il
Pedagogo e il Didascalo – perĆportareĆl’umanità che ha creato alla salvezza, che è la
44
divinizzazione: Clemente è il primo che usa il verbo
.
A questo proposito, Clemente fa eco al suo contemporaneo Ireneo: „Il Logos
di Dio diventato uomo, affinchè ancheĆ tuĆ possaĆ comprendereĆ comeĆ l’uomoĆ può
45
diventareĆ Dio” . La pedagogia del Logos si svolge progressivamente per tappe, attraversoĆ leĆ qualiĆ l’umanità è condotta dal paganesimo alla fede e dalla fede alla
gnosi, che, compiendosi nella carità unisceĆl’amicoĆall’amico,ĆilĆconoscenteĆalĆconosciuto. La gnosi di Clemente è lo sviluppo normale del battesimo:
Battezati, noi siamo illuminati; illuminati, siamo adottati come figli; adottati
come figli, siamo resi perfetti; divenuti perfetti riceviamoĆ l’immortalità. Sta
46
scritto: voi siete tuttiĆdeiĆeĆfigliĆdell’Altissimo .
Galtier - e la sua testimonianza è particolarmente significativa - mostra, in base a
diversi testi, che Clemente aveva „una grande famigliarità con la dottrina cristiana
C.ĆŚondésert, ClémentĆd’Alexandrie,ĆIntroductionĆ à l’ètude de sa pensèe religiouse à partir
deĆl’ècriture, Paris 1944, p. 191-192.
44
Ch. Baumgartner, Le PéchéĆoriginel, Paris 1969, p. 49.
45
Clemente Alessandrino, Protrettico, I, 8, 4; cfr. E. Des Places, Syngeneia:Ć laĆ parentéĆ deĆ
l’hommeĆavecĆDieu,Ćd’Homère à la patristique, Paris 1964, p. 189.
46
Clemente Alessandrino, Pedagogo, I, 6.
43
16
della presenzaĆeĆdell’azioneĆdelloĆSpiritoĆSantoĆnelleĆanime”47.
L’altroĆpoloĆè costituito dalla libertà personale. Clemente infatti afferma che
l’uomoĆ finĆ dall’inizioĆ è immagine di Dio, cioè possiede tutto ciò che lo costituisce
uomo, ma diventa somiglianza solo attraversoĆl’esercizioĆdellaĆsuaĆlibertà48. In questo modo, Clemente può rispondereĆ all’obiezioneĆ degliĆ gnosticiĆ secondoĆ cuiĆ DioĆ
deveĆ necessariamenteĆ averĆ creatoĆ l’uomoĆ perfetto.Ć Infatti come è possibile che un
DioĆperfettoĆcreiĆun’operaĆimperfetta?ĆClementeĆrispondeĆcheĆDioĆhaĆpotutoĆcreareĆ
l’uomoĆsenzaĆilĆdonoĆdelloĆSpirito,Ćperchè la natura umana in quanto tale è buona, e
perchè è conforme a questa natura di arrivare alla perfezione attraversoĆl’esercizioĆ
della sua libertà49.
Emerge così la differenza fra Clemente e Ireneo. Clemente riprende ma
radicalizzaĆl’ideaĆdelloĆsviluppo – in un certo senso – evolutivo dell’umanità, a partire da una situazione infantile. La situazione infantile però – secondo Ireneo – è già
caratterizzata dal dono, sia pure solo iniziale, dello Spirito; secondo Clemente invece
alĆ donoĆ delloĆ SpiritoĆ l’uomoĆ accederà soloĆ attreversoĆ l’esercizioĆ dellaĆ suaĆ libertà
personale.
In questa concezione non si ha solo il passaggio nella considerazione
dall’umanità all’individuo,Ć maĆ insiemeĆ siĆ introduceĆ ilĆ passaggioĆ dallaĆ considerazione del Verbo come fattore di progresso, alla considerazione della libertà personale come fattore di progresso. DiĆfattoĆancheĆperĆClementeĆl’uomoĆè completo solo
quando ha lo Spirito, e lo Spirito viene donato solo da Gesù Cristo:Ć nonĆ c’è quindi
uomoĆcompletoĆsenzaĆloĆSpiritoĆeĆquindiĆnonĆc’è uomo completo senza Gesù Cristo.
Tuttavia questo fatto storico costituito dalla venuta del Cristo, decisivo per la storia
dell’uomo,Ć siĆ sovrapponeĆ comeĆ ab extrinseco ad una dialettica che è fondamentalmenteĆquellaĆcomandataĆdall’ideaĆdiĆlibertà.
SottoĆquestoĆprofiloĆsiĆdeveĆdireĆcheĆl’antropologiaĆcristianaĆdaĆIreneoĆaĆClemente tende a passare da una impostazione essenzialmente cristologica e quindi
teologica ad una impostazione filosofica o antropologica50. La concezione di Clemente è innanzitutto antropocentrica, perchè l’uomoĆè essenzialmente la sua libertà
e il dono dello Spirito Santo è in funzione della libertà; diversamente la concezione
P. Galtier, Le Saint EspritĆenĆnousĆd’apresĆlesĆPères grecques, Roma 1946, p. 70-71.
Clemente Alessandrino, Stromata, IV, 23, 150, 4: „Adamo è statto creato perfetto per
quanto riguarda la sua costituzione fisica. Non gli mancava niente infatti di ciò che
caratterizzaĆ laĆ naturaĆ eĆ laĆ formaĆ dell’uomo.Ć ŚaĆ perĆ quantoĆ riguardaĆ laĆ conquistaĆ dellaĆ
perfezioneĆdelĆtempoĆeĆlaĆgiustificazioneĆperĆl’obbedienza,ĆquestoĆeraĆinĆsuoĆpotereĆconĆilĆ
passarĆdegliĆanni”.
49
J.ĆDaniélou, HistoireĆdesĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆśicée, p. 379.
50
Più inĆsuperficieĆlaĆdifferenzaĆtraĆIreneoĆeĆClementeĆstaĆnelĆfattoĆcheĆperĆIreneoĆl’umanità
possiedeĆloĆSpiritoĆSantoĆfinĆ dall’inizioĆdelĆsuoĆsviluppo,ĆsiaĆpureĆinĆformaĆincoativaŁĆ perĆ
Clemente invece sembra che Adamo non abbia ricevuto lo Spirito Santo allo inizio: la
ragione è che il dono dello Spirito Santo è legatoĆall’esercizioĆdellaĆpropriaĆlibertà.
47
48
17
diĆ Ireneo,Ć nellaĆ cuiĆ laĆ presenzaĆ delloĆ SpiritoĆ SantoĆ finĆ dall’inizio,Ć impedisceĆ diĆ risolvereĆ oĆ concludereĆ l’uomoĆ inĆ seĆ stesso,Ć cioè in una considerazione puramente
antropologica.
Questo orientamento del pensiero di Clemente che costituisce un limite
innegabile rispetto alle esigenze di una antropologia cristiana, risulta particolarmente evidente nel fatto che il pensiero clementino non lascia spazio
all’affermazioneĆcristianaĆdelloĆstatoĆoriginarioĆdell’umanità come stato privilegiato.
PerĆ ClementeĆ infattiĆ laĆ perfezioneĆ originariaĆ dell’umanità siĆ limitaĆ all’Ć immagine,
cioè all’anima e al corpo, escludendo la somiglianza, cioè lo Spirito Santo; manca
cioè l’elementoĆ cheĆ laĆ rifflesioneĆ teologicaĆ successivaĆ riterrà caratteristico della
51
cosiddetta elevazione originaria .
Su questo punto si deve concludere che nella concezione di Clemente più
che che il contatto della Bibblia, ha influito la necessità polemica di opporsi allo gnosticismo: di qui la sua insistenza sulla libertà dell’uomoŁĆ oĆ ilĆ suoĆ temperamentoĆ
filosofico che lo porta a considerare più l’uomoĆ inĆ sè, nella sua natura essenziale,
che nello stato concreto in cui venne creato.
Le tendenze emerse in Clemente appaiono in Origine. Origene fu infatti uno dei
primiĆ aĆ commentareĆ laĆ GenesiĆ eĆ quindiĆ iĆ testiĆ dellaĆ creazioneĆ secondoĆ dell’esegesiĆ
allegoricaŁĆ d’altra parte nel suo De Principiis egli ha voluto offrire una sintesi del
pensiero cristiano, che in un certo senso può apparire come il tentatico più notevole
di sintesi tra cristianesimo e gnosticismo. In particolare la componente cristiana di
quest’operaĆsiĆritrovaĆsoprattuttoĆnell’ideaĆdell’unità del piano divino, già sviluppata
da Ireneo e mantenuta da Clemente: coerentemente a questa idea infatti, Origene
concepisceĆlaĆcreazioneĆcomeĆl’inizioĆdell’azioneĆdivinaĆinĆfavoreĆdell’umanità, che
trovaĆilĆsuoĆpuntoĆculminanteĆnell’incarnazione.ĆInĆquestoĆquadroĆanziĆOrigene,Ćmeglio di Ireneo,ĆriesceĆaĆfarĆpostoĆall’ideaĆcristianaĆdelĆpeccatoĆeĆdellaĆdecadenzaĆdelleĆ
origini. Infatti contro lo gnosticismo che professa una filosofia delle nature, spinta al
massimo, nel senso che ogni essere è per natura ilico, psichico o pneumatico, Origene professa una filosofia della libertà spinta al massimo, nel senso che nel suo sistema è libertà a determinare le nature.
D’altraĆparteĆlaĆcomponenteĆgnostica,ĆcheĆormaiĆepurataĆdaĆqualsiasiĆmitologia, non si distingue più dalĆplatonismo,ĆsiĆritrovaĆinĆparticolareĆnell’ideaĆcheĆtuttoĆ
ciò che è materiale è secondario e accidentale, rispetto allo spirito. Questa accidentalità resta ed emerge in un sistema che, concepito direttamente contro il dualismo
gnostico professa un antidualismoĆradicale,ĆnelĆsensoĆcheĆnonĆconosceĆl’opposizioneĆ
tra spirito e materia. Spirito e materia infatti sono i due poli, lo spirito puro cioè Dio
daĆunaĆparte,ĆlaĆmateriaĆpuraĆdall’altra,ĆcheĆsegnanoĆlaĆgammaĆdegliĆesseriĆentroĆlaĆ
51
A. Slomkowski, L’ÉtatĆprimitifĆdeĆl’homme, p. 50.
18
quale tutti partecipano di una certa corporeità.
Prima di descrivere la concezione della creazione in Origene, occorre richiamare che anche per Origene la creazione del mondo è legata alla generazione del Figlio. A questo proposito Origene ha visto chiaramente la difficoltà in cui veniva a cadere la teologia di Clemente e più su degli apologisti. Essa consiste nel legare la
generazione del Figlio alla creazione del mondo. Per questa via il pericolo è quello di
concepire il Figlio come la prima delle creature e quindi di metterne in discussione
la divinità. Presa coscienza riflessa di questa difficoltà, Origene la supera affermando la generazione eterna del Figlio. In questo modo:
la divinità del Figlio è più nettamente affermata che non negli autori
precedenti,
e inoltre è esclusa qualsiasi traccia di modalismo: se la generazione è
eterna, infatti, il Verbo è da sempre distinto dal Padre, non è mai una
modalità del Padre.
Quindi il pensieroĆ diĆ OrigeneĆ siĆ catatterizzaĆ perĆ l’affermazioneĆ dellaĆ generazioneĆ
eterna e necessaria del Figlio. Tuttavia Origene mantiene la relazione del Figlio con
la creazione dalla quale scaruriscono due sviluppi di pensiero pericolosi per
l’ortodossia:ĆunoĆnuovoĆeĆl’altroĆgià presente nel mondo patristico.
Quello nuovo, cioè originaleĆ diĆ Origene,Ć siĆ riferisceĆ all’eternità della materia. Poichè il Logos è legatoĆallaĆfunzioneĆdiĆcreare,Ćl’affermazioneĆorigenianaĆcheĆlaĆ
generazione del Verbo è eternaĆcomportaĆautomaticamenteĆl’eternità della materia.
Questa concluzione deve essere chiarita, perchè è stata contestata.
Intatti:
se è veroĆcheĆOrigeneĆvenneĆaccusatoĆdiĆaverĆsostenutoĆl’eternità della
creazione52;
è altrettanto vero che diversi suoiĆtestiĆneganoĆesplicitamenteĆl’eternità
della materia.
La soluzione di questa aporia si trova distinguendo tra la creazione del mondo attuale e la creazione in quanto attività di Dio53. LeĆaffermazioniĆcontroĆl’eternità della
materia escludono che il mondo attuale sia eterno; Origene però afferma che Dio è
sempre stato creatore. LoĆafferma,ĆoltreĆcheĆinĆbaseĆall’eternità della generazione, anche per una ragione - si direbbe - nominalistica, a partire dal titolo di Pantocrator che
viene dato a Dio. Scrive infatti:
SeĆnonĆc’è stato un momento in cui Dio non sia stato Pantocrator, è necessario
che ci siano sempre stati degli esseri governati da lui eĆcheĆl’hannoĆavutoĆperĆ
54
Signore .
J. Tixeront, HistoireĆdesĆdogmesĆdansĆl’antiquitéĆchrétienne, t. 1, Paris 1924, p. 290.
Ibidem.
54
Origene, De principiis, I, 2, 10.
52
53
19
Dio non ha cominciato ad agire quando ha fatto questo mondo visibile, ma,
come dopo di questo ce ne saranno altri, così prima di questo ce ne sono stati
55
altri .
Quello antico si riferisce alla posizione tendenzialmente subordinata rispetto alla
natura divina, che il Verbo riceve dal suo legame con la creazione. Anche in Origene
infatti, nonostante tutto, si ha ancora la contrapposizione fra:
il Dio assolutamente trascendente e inconoscibile (ἀ
ός);
56
o il Verbo che è
ός e ός .
ςe
In numerosi passaggi della sua opera Origene ci descrive il Logos nel suo duplice rapporto con il Padre e con i
ί come inferiore al primo e superiore
al secondo. In particolare scrive nel commento a S. Giovanni: „Dio Padre è Dio
per se stesso (αὐ ό
ς), secondo la parola del Signore che dice nella sua preghiera: Perchè riconoscano te, il solo vero Dio; e tutto ciò che è al di fuori di colui che è Dio per se stesso, in quanto divinizzato per partecipazione ὁ ός ma
ός; questo nome appartiene pienamente al primo Nato fra tutte le creature,
poichè primo per il fatto di essere presso Dio, attirando a sé la divinità è superioreĆ inĆ dignitàĆ agliĆ altriĆdei,Ć diĆcuiĆDioĆ è il Dio, secondo la parola: Il Dio dei
dei, il Signore ha parlato, donando loro di essere degli dei, attingendo da Dio
da cui essi sono divinizzati abbondantemente e comunicando alla sua stessa
bontà. Dio è il vero Dio. Gli altri sono dei formati a sua immagine come le immagini di un prototipo. Ma, di nuovo, tra queste numerose immagini,
l’immagineĆarchetipaĆè il Logos che è pressoĆDio,ĆcheĆeraĆall’inizioĆperĆilĆfattoĆ
di essere dio, dimorante sempre presso Dio e che non sarebbe tale se non fosse
pressoĆ Dio,Ć seĆ nonĆ sussistesseĆ nellaĆ perpetuaĆ contemplazioneĆ dell’abisso paterno (II,Ć2)”. Questo testo ci mette nel cuore del pensiero di Origene. Noi vediamoĆdaĆunaĆparteĆl’opposizioneĆstabilitaĆtraĆilĆDioĆ(conĆl’articolo)ĆcheĆsoloĆ è
αὐ ό
ς, e gli altri che sono
ί e per conseguenza trascendente il Figlio. Il
FiglioĆhaĆdunqueĆunaĆdivinitàĆpartecipataĆcomeĆquellaĆdelle altre creature spirituali, che sono
ί, ma egli li trascende tutti: solo lui è presso il Padre, lui è
loro superiore in dignità, solo lui conosce il Padre, solo lui compie tutta la sua
volontà. Egli non possiede la divinità per se stessa, la riceve dal Padre, ma a
sua volta è da lui che viene ogni divinizzazione. Egli è dunque di un altro ordine del Padre, ed anche di un altro ordine dei
ί: egli è αὐ
α σύ
e αὐ α
α (VI, 6, 38-40). Così noi abbiamo una duplice relazione, tra il Fi57
glio e il Padre, tra i
ί e il Figlio, che presentano una certa analogia .
InĆconclusione:Ćl’affermazioneĆorigenianaĆdell’eternità della generazione del Figlio,
non basta ancora a mettere al di sopra di ogni discussione la divinità del Figlio
55
Origene, De principiis, III, 5, 3; cfr. J.ĆDaniélou,Ć HistoireĆdesĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆ
śicée, p. 352.
56
J.ĆDaniélou, HistoireĆdesĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆśicée, p. 349-350.
57
Ibidem.
20
stesso. Ciò che impedisce di arrivare a questo risultato è il legame essenziale, che
ancora in Origene mantiene con la creazione.
Quanto alla creazione, Origene la pensa prima come creazione del regno degli spiriti, secondo la teoria della preesistenza delle anime in condizione di libertà e
di assoluta veritàŁĆeĆpoi,ĆinĆconseguenzaĆdelĆpeccatoĆd’origineĆeĆpeccatoĆdelleĆanime,Ć
la creazione da parte di Dio della realtà materiale, nelle sue differenziazioni, in funzioneĆdellaĆcolpaĆd’origine.ĆLa creazione del mondo visibile è quindi una katabolè,
come per lo gnosticismo, benchè in chiave di libertà, e la storia del mondo visibile è
l’attesaĆdell’apokatastasis.
InĆparticolare,ĆsulĆproblemaĆdell’origineĆeĆdellaĆcadutaĆdell’uomoĆ- problema
quindi della naturaĆ eĆ dellaĆ storiaĆ dell’uomoĆ - troviamoĆ inĆ OrigineĆ l’insegnamentoĆ
tradizionaleĆdell’uomoĆimmagineĆeĆsomiglianza,ĆmaĆancheĆunĆinsegnamentoĆoriginale, che dà un orientamento pericoloso alla tradizione cristiana e che costituisce
l’aspettoĆ specificoĆ delĆ pensiero origeniano. Si trova nel De Principiis in forma
sistematica ed è soggiacente a tutta la sua opera. Si può riassumere in questa
affermazione: gli uomini rappresentano una parte del mondo spirituale decaduto
nel mondo dei corpi e chiamato ad essere restaurato nel suo stato originale. Ci
troviamoĆquindiĆdiĆfronteĆadĆun’ontologiaĆplatonicaĆincompatibileĆconĆlaĆrivelazioneĆ
cristiana.
È noto come Origene sia stato condotto alla sua teoria della preesistenza e
dellaĆuguaglianzaĆanterioreĆdegliĆspiritiĆrispettoĆall’esistenzaĆdelĆmondo.ĆQuestoĆè il
solo modo per lui di mantenere la giustizia di Dio e la libertà: ogni differenza nel
mondo avrà il suo principio nei meriti e nei demeriti anteriori.
Dio,ĆquandoĆall’inizioĆhaĆcreatoĆquelloĆcheĆluiĆvolevaĆcreare,Ćcioè le nature dotate di ragione, non ha avuto altra ragione di crearle che lui-stesso, cioè la sua
stessa bontà. Siccome Lui stesso è la causa di ciò che doveva essere creato e siccomeĆinĆLuiĆnonĆc’è alcuna differenza o varietà, nè cambiamento, nè impossi58
bilità, egli ha creato tutti quelli che ha creati tutti uguali e simili .
Tutti gli spiriti originariamente sono uguali, ma nello stesso tempo essi sono liberi,
dotati cioè della facoltà del libero arbitrio. La libertà infatti è la condizione stessa del
valoreĆdell’attoĆumano,Ćè ciò cheĆrendeĆl’attoĆumanoĆdegnoĆdiĆmeritoĆoĆdiĆdemerito59.
La libertà è legata alla dignità stessaĆdell’essereĆspirituale.ĆOraĆlaĆlibertà comporta
essenzialmente una certa instabilità60.
E questa è la dottrina della libertà, così importante, che Origene ci presenta:
lo Spirito creato si riceve perpetuamente da Dio e la sua esistenza è in progresso
perpetuo. Egli non costituisce una natura particolare: egli trascende tutte le nature,
perchéĆ è immagine di Dio. Ma la sua differenza radicale con Dio consiste nel fatto
che i beni posseduti da Dio per natura, egli li possiede per grazia. Bisogna dunque
Origene, De principiis, II, 9, 6; cfr. J.ĆDaniélou, Origène, Paris 1948, p. 207-217.
Origene, De principiis, III, 1, 2-5.
60
Ibidem, II, 9, 3.
58
59
21
raffigurarsi lo Spirito creato come un dio in perpetuo divenire; e per questo Dio ha
concesso agli spiriti creati da lui un movimento volontario e libero attraverso il quale essi possano conseguire il bene. E questo progresso nella libertà verso
l’acquisizioneĆdelĆbeneĆè così costitutivoĆdell’anima,ĆcheĆcontinuaĆnellaĆvitaĆeterna61.
Così noi arriviamo al principio fondamentale della cosmologia di Origine: le
nature libere sono necessariamente mutevoli e la diversità delle nature ha il suo
principio nella diversità delle loro opzioni, nel grado più o meno intenso di negligenza verso il bene che provoca la caduta nel male. Ora questa caduta per la negligenza della libera volontà tocca la totalità delle creature spirituali, ad eccezione della
sola anima preesistente del Cristo. Ed è questa caduta a determinare le diverse nature spirituali: gerarchie angeliche, corpi celesti, condizioni e razze umane. Così si
costituiscono tre categorie principali che corrispondono alla divisione paolina: 1) i
coelestia, angeli e astri che Dio associa nella sua opera di governo e di aiuto alle creature inferiori; 2) i terrestria, il genere umano, che è aiutato e che per questo aiuto
può ritornare alla beatitudine; 3) gli angeli cattivi che almeno in questo mondo non
sono suscettibili di guargione e che anzi tentano il genere umano.
Le tre categorie non sono fisse: è possibile elevarsi nella categoria superiore
o cadere in quella inferiore, sempre per il principio essenziale del libero arbitrio.
Orbene, che rapportoĆ c’èra questa caduta dei loghica e il mondo dei corpi?
Premesso che tutti i spiriti originariamente sono completamente incorporali, Origene afferma che essi si rivestono tutti di corpi in seguito alla loro caduta, ma subito
precisa che la corporeità non è cattiva: egli non ha mai condannato il corpo. Questo è
unĆpuntoĆcapitaleĆcheĆsiĆimponeĆnelĆdifendereĆl’IncarnazioneĆcontroĆleĆobiezioniĆdeiĆ
platonici. Per Origene il male è solo nella volontà,Ćnient’affatoĆneiĆcorpi,ĆperchéĆquesti non sono legati al male, bensì alla diversità. Diversi sono dunque i corpi in
proporzione della caduta, e se sono da ritenere allora come un castigo, bisogna tener
presente (secondo Origine) che ogni castigo è un mezzo per rialzarsi. Se dunque la
corporeità è una conseguenza della caduta, essa un giorno dovrà cessare, e
l’apocatastasiĆsarà un ritorno alla pura spiritualità. In questa prospettiva la resurrezione non viene affatto negata, ma essa rappresenta solo una tappa nella via del ritorno alla spiritualità: il corpo glorioso è un grado intermedio tra il corpo terrestre e
il puro spirito62.
VistoĆl’origineĆdelĆcosmoĆeĆdellaĆdiversità, superato il problema posto dalla
gnosi circa la corporeità, appare come il mondo con la sua varietà di esseri, con la
materia, non è un ordine cattivo, opera di un demiurgo, è un ordine secondo
organizzato da Dio a partire dalla realtà del peccato in vista della restaurazione delle
creature spirituali nella loro integrità grazie alla potenza e al logos di Dio63. Si pre-
61
Ibidem, I, 3, 8.
Ibidem, I, 4, 1.
63
Ibidem, II, 1, 2.
62
22
senta così una concezione del cosmo come di un grande vivente organizzato da Dio
in vista della restaurazione delle libertà perĆ l’accordoĆ delleĆ diverseĆ creature:Ć è
un’ideaĆcheĆciĆmostraĆunĆcosmoĆstoricoĆsottoĆunĆcieloĆplatonico.
Il solo principio che comanda questa disposizione del cosmo è la volontà di
Dio di ricondurre le creature spirituali a ritornare libere a lui. Per questo egli disporrà ogni cosa in vista di questo risultato, secondo una saggia pedagogia usando i
mezzi più adatti e le vie più profonde.
La storia della salvezza si presenta così come la progressiva restaurazione
della creazione nel suo statuto primitivo. La consummazione delle cose avrà luogo
quando tutto sarà sottomessoĆalĆFiglioĆ(attraversoĆlaĆsottomissioneĆalĆCristoĆeĆl’unità
nello Spirito)64.
Questa restaurazione (apocatastasis) si estende alla totalità delle creature
spirituali. Tutte infatti sono decadute dalla loro condizione originaria e tutte devono
essere ristabilite in questa condizione. La Redenzione riguarda dunque non solo gli
uomini, ma gli angeli, i corpi celesti ed anche i demoni.
Questo sistema di Origene ha un termine e si presenta strutturato secondo
un perenne ritorno ciclico? Alcuni testi di Origene infatti sembrano affermare che le
creature spirituali restano sempre libere e, comportando sempre la libertà una mutevolezza, delle ricadute sarebbero sempre possibili: è questo il punto che Gregorio
di Nissa ha soprattutto criticato, rocollocandolo alla metempsicosi platonica. Ma,
d’altraĆ parte,Ć secondoĆ Origene,Ć ilĆ peccatoĆ è apparso nel tempo e questo, cioè la
temporalità, sembra avere un carattere che gli è essenziale: solo il bene, infatti, è
eterno. In ogni caso non pare che Origene sia riuscito a superare la contraddizione
traĆ ilĆ ritornoĆ eternoĆ eĆ l’apocatastasiĆ universale, questi punti che gli sono entrambi
65
rimproverati .
PerĆquantoĆriguardaĆlaĆcondizioneĆoriginariaĆdell’uomo,ĆdobbiamoĆdire,Ćtenendo conto del fatto che in Origene ci sono come due teologie, quella tradizionale e
la sua personale, che nella sua teologia personale non si vede come possa trovarsi
l’ideaĆdiĆunoĆstatoĆparticolareĆperfezioneĆperĆl’uomoĆoriginario,ĆnelĆsensoĆcheĆlaĆteoria della preesistenza delle anime implica lo stato di spiritualità come condizione
naturaleĆeĆl’ugualianzaĆdiĆtutteĆleĆanime,Ćin quanto le distinzioni di perfezione sono
successive alla scelta personale.
Circa la teologia tradizionale, Origene affronta il problema dello stato
originario nelle sue esegesi indirizzate al popolo. Tuttavia il sistema esegetico di Origene è piuttostoĆcomplicato,ĆnelĆsensoĆcheĆammetteĆvariĆsensiĆbibliciŁĆd’altraĆparte,Ć
diverse opere esegetiche di Origene sono andate perdute66. Di qui la difficoltà di
conoscere il suo pensiero.
64
Ibidem, I, 6, 2.
J.ĆDaniélou, Histoire desĆdoctrinesĆchrétiennesĆavantĆśicée, p. 382-388.
66
A. Slomkowski, L’ÉtatĆprimitifĆdeĆl’homme, p. 54.
65
23
In genere dobbiamo dire che Origene riconosca ad Adamo una perfezione
relativa, in quanto Dio non può aver collocato nel Paradiso un essere completamente
imperfetto. Questa perfezione consiste certo nella rettitudine morale, dalla quale
l’uomoĆha deviato67.ĆInsiemeĆconĆlaĆrettitudine,ĆOrigeneĆattribuisceĆalĆprimoĆl’uomoĆ
l’immortalità e la incorruttibilità, cioè l’esenzioneĆdallaĆmorteĆeĆl’innocenza. Di più
nonĆ abbiamoĆ inĆ OrigeneŁĆ evidentementeĆ laĆ suaĆ attenzioneĆ maggioreĆ l’haĆ dedicataĆ
alla sua teologia personale, più che a quella tradizionale.
Evidenziando in questo quadro generale la concezione origeniana della storiaĆdell’uomo,ĆritroviamoĆnelleĆsueĆlineeĆfondamentaliĆlaĆposizioneĆdiĆClemente.ĆAncheĆ perĆ OrigeneĆ infattiĆ laĆ storiaĆ dell’uomoĆ risultaĆ fondataĆ daĆ unĆ latoĆ sulĆ fattoĆ
dell’Incarnazione,Ć più esattamente sulla nozione di Logos e della sua azione; e,
dall’altro,ĆsulĆfattoĆdellaĆlibertà come caratteristica inalienabile dello spirito creato.
Tuttavia, più di Clemente, Origene sottolinea (cfr. il trattato sulla preghiera)68ŁĆancheĆl’azione dello Spirito Santo sempre - considerando però insieme con
il Padre e il Figlio - inĆquest’opera.Ć
Possiamo pensare che questa maggiore insistenza sia da connettere con la
dottrina del battesimo, che si presenta in Origene con un forte carattere tradizionale
e al di fuori di ogni contesto polemico. Origene afferma infatti che nel battesimo si
riceve la grazia dello Spirito Santo. Tuttavia, la funzione dello Spirito Santo sembra
quella di farci comunicare col Figlio. Per cui il pensiero origeniano presenta un
carattere fortemente cristologico, con le affermazioni che il Logos è - come lo Spirito
- principio in noi della vita divina e che il Verbo è loĆsposoĆdell’anima,ĆcheĆnelĆbattesimo la Chiesa si unisce al Cristo: la grazia battesimale infatti è una morte e una
risurrezioneĆcolĆCristoŁĆcheĆl’abitazioneĆdelĆLogosĆimmagineĆdiĆDioĆnell’anima,ĆtrasformaĆl’animaĆnellaĆimmagine, ed espressioni analoghe69.
In conclusione, Origene ha cercato una sintesi tra il cristianesimo e il neoplatonismo alessandrino. Questa sintesi non è coerente e la reazione anti-origeniana
mostrerà l’incompatibilità tra i due schemi di pensiero portando così il pensiero cristiano a prendere più viva coscienza sui alcuni punti vitali, dei suoi principi propri,
delle sue esigenze e della sua natura. La critica viene condotta in nome delle esigenge emergenti dalla S. Scrittura.
Quanto alla Scuola Alessandrina in generale, si deve dire che gli alessandrini
del sec. III appaiono impegnati, come Ireneo, nella polemica antignostica. Da essa
derivano, con assoluta priorità diĆinteresse,ĆilĆproblemaĆdellaĆstoriaĆdell’umanità e
quindiĆdellaĆnaturaĆdell’uomo.
Ora si può forse dire che la soluzione del problema della storia è cercata in
67
Ibidem, p. 55-56.
E. Des Places, Syngeneia:ĆlaĆparentéĆdeĆl’hommeĆavecĆDieu, p. 192.
69
Ch. Baumgartner, LeĆPéchéĆoriginel, p. 45-46; H. Rondet, Le péchéĆoriginelĆdansĆlaĆtraditionĆ
patristiqueĆetĆthéologique, Paris 1966, p. 85.
68
24
chiaveĆ cristologicaŁĆ mentreĆ laĆ soluzioneĆ delĆ problemaĆ dellaĆ naturaĆdell’uomoĆ eĆ quindiĆdell’esitoĆdellaĆstoriaĆpersonaleĆvieneĆdataĆinĆchiaveĆpneumatologica,ĆnelĆsensoĆ
cheĆl’uomo deve arrivare a possedere lo spirito per cui viene incorporato al Cristo.
Conseguentemente la condizione cristiana appare caratterizzata dalla
conformazione al Cristo operata dallo Spirito Santo. Naturalmente i contenuti di questa concezione vanno determinati in funzione del grado di sviluppo cui è giunta,
nella Scuola Alessandrina del sec. III, la dottrina trinitaria e in particolare la
pneumatologia.
Discepoli di Origene furono Gregorio Taumaturgo, divenuto vescovo di
Neocesarea nel Ponto e grande missionario e Dionigi Il Grande, amico di papa Dionigi e vescovo di Alessandria. Costui è famoso per la sua dottrina trinitaria, prima
tappa delle precisazioni future del concilio di Nicea. Si schierò contro il sabellianismo70 dei vescovi di Cirenaica e affermò la distinzione personale del Padre e del Figlio, pur essendo unico il loro eterno e infinito atto di essere.
The article outlines the most important personages of the patristic anthropology of
the 3rd century, starting from Tertullian and Cyprian of Carthage. The author focuses on the influence of pagan philosophy and Hellenism on the early Christian theology. Hellenism was a significant intellectual and cultural force that, to one degree
or another, influenced Christianity, Judaism and other religious movements of Late
Antiquity.
nd
The 2 century saw the formation of centers of catechetical and theological
education gathered around learned private teachers. The most famous among such
schools was that of Alexandria, home to both Clement and Origen, two of the first
Christian theorists of education. Clement established a most important precedent in
orthodox theology: the use of philosophy in the formation and discovery of theological truth. Origen of Alexandria (ca. 185-253) manifests a marvelous synthesis between native Egyptian theological styles, Greek philosophical interests, and biblical
prescripts.
The Greek word theo-logia - literally, God-talk - has carried a double meaning
since its emergence in the 5th century before Christ. It refers to the act of religious
and cultic proclamation through which the myths about divine reality are being passed on; and to the critical, rational reflection about religious talk, subjecting its truth
claims to certain basic rules. The Christian reception of the term theology began to
spread from the 3rd and 4th centuries onwards (Origen, Eusebius of Caesarea). It is an
expression of the Christian victory over pagan religion. Thus theology was used to
proclaim God, to confess and to adore him. This is distinguished from oikonomia,
i.e. knowledge and teaching about the events of salvation.
70
Dal nome di Sabellio, iniziatore di questa eresia. Per i sabelliani il Figlio è solo un altro
„modo” diĆessereĆdell’unicoĆPadreŁĆperciò il sabellianismo si chiama anche modalismo.
25
Tertullian, Cyprian of Carthage, Philo of Alexandria, Clement of Alexandria, Origen,
Alexandrian school, Logos theology, patristic anthropology, hellenism.
Artyku ĆopisujeĆnajwa niejszeĆosobowo ciĆpatrystycznejĆantropologiiĆIIIĆwieku,Ćpoczynaj cĆodĆTertulianaĆiĆCyprianaĆzĆKartaginy.ĆAutorĆskupiaĆsięĆnaĆwp ywieĆpogańskiej filozofii i hellenizmuĆnaĆwczesnochrze cijańsk Ćteologię.ĆHellenizmĆby ĆwĆstaro ytno ciĆznacz c Ćsi Ćintelektualn ĆiĆkulturaln ,ĆwĆktórymĆspotyka yĆsięĆwp ywyĆ
chrze cijaństwa,ĆjudaizmuĆiĆinnychĆruchówĆreligijnychĆpó negoĆantyku.Ć
IIĆ w.Ć toĆ tworzenieĆ sięĆ centrówĆ kszta cenia katechetycznego i teologicznego,
skupionychĆ wokó Ć prywatnychĆ nauczycieli.Ć śajs ynniejszaĆ takaĆ szko aĆ by aĆ Aleksandrii,Ć gdzieĆ dzia a Ć w a nieĆ KlemensĆ iĆ Orygenes,Ć dwóchĆ pierwszychĆ chrze cijańskichĆ teoretykówĆ edukacji.Ć WczesnyĆ Ko ció Ć odziedziczy Ć grecko-rzymski system
edukacji (paideia)ĆdlaĆm odych,ĆmocnoĆopartyĆnaĆHomerzeĆiĆinnychĆpoetach,Ćpomijaj cĆodniesieniaĆdoĆpogańskichĆkultówĆiĆniemoralnychĆmitachĆnaĆtematĆstarychĆbogów.
GreckieĆ s owoĆ teologia mia oĆ pierwotnieĆ podwójneĆ znaczenie,Ć sięgaj cĆ
swymiĆpocz tkamiĆVĆw.Ćprz.ĆChrystusem.ĆPoĆpierwszeĆwyra a oĆaktĆreligijnejĆiĆkultowejĆ proklamacji,Ć dziękiĆ którejĆ mityĆ oĆ boskiejĆ rzeczywisto ciĆ by yĆ przekazywaneĆ
dalejŁĆpoĆdrugie,Ćodnosi oĆsięĆdoĆkrytycznejĆrefleksjiĆnadĆzagadnieniamiĆreligijnymi,Ć
poddaj cĆprawdyĆreligijneĆpewnymĆfundamentalnymĆregu om.
Chrze cijańskieĆrozumienieĆterminu teologia zaczę oĆrozprzestrzenia ĆsięĆnaĆ
prze omieĆIIIĆiĆIVĆwieku,Ćpocz wszyĆodĆOrygenesaĆczyĆEuzebiusza z Cezarei. Teologia by aĆu ywanaĆprzedeĆwszystkimĆwĆodniesieniuĆdoĆprzepowiadania, wyznawania
lub doksologii Boga. TakieĆznaczenieĆodró nia oĆj Ć odĆ ekonomii, czyli wiedzy i nauczania o wydarzeniach zbawczych.
Tertulian, Cyprian z Kartaginy, Filon z Aleksandrii, Klemens Aleksandryjski, Orygenes,Ćszko aĆaleksandryjska, teologia Logosu, antropologia patrystyczna, hellenizm.
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