Matteo Taufer (Hg.)
Ἀνεξέταστος βίος οὐ βιωτός
Giuseppe Schiassi filologo classico
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ROMBACH WISSENSCHAFTEN · REIHE PARADEIGMATA
herausgegeben von Bernhard Zimmermann
in Zusammenarbeit mit Karlheinz Stierle und Bernd Seidensticker
Band 37
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Matteo Taufer (Hg.)
Ἀνεξέταστος βίος
οὐ βιωτός
Giuseppe Schiassi filologo classico
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Gedruckt mit freundlicher Unterstützung der
Stiftung Humanismus heute.
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Die Deutsche Nationalbibliothek verzeichnet diese Publikation in der
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© 2016. Rombach Verlag KG, Freiburg i.Br./Berlin/Wien
1. Auflage. Alle Rechte vorbehalten
Umschlag: Bärbel Engler, Rombach Verlag KG, Freiburg i.Br./Berlin/Wien
Satz: Martin Janz, Freiburg i.Br.
Herstellung: Rombach Druck- und Verlagshaus GmbH & Co. KG,
Freiburg i.Br.
Printed in Germany
ISBN 978-3-7930-9876-8
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Inhalt
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
Tabula gratulatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
CLAUDIO TUGNOLI
Introduzione alla figura di Giuseppe Schiassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
MICHELE NAPOLITANO
Schiassi e i frammenti di Eupoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
17
BERNHARD ZIMMERMANN
Schiassi e i frammenti della commedia di mezzo . . . . . . . . . . . . . . . . .
41
RENZO TOSI
Giuseppe Schiassi commentatore della tragedia . . . . . . . . . . . . . . . . .
55
MATTEO TAUFER
Giuseppe Schiassi interprete di un punto controverso
delle Trachinie: 526 µάτηρ an µάρτυς? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
63
ENRICO MEDDA
L’Epitafio e gli ideali democratici di Lisia nella lettura
di Giuseppe Schiassi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
75
FRANCO FERRARI
Platone, Socrate e Atene nell’interpretazione di Giuseppe Schiassi . .
93
CLAUDIO TUGNOLI
Dall’epitaffio al sacrificio di Socrate.
La paidéia dell’areté nelle ricerche di Giuseppe Schiassi . . . . . . . . . . . .
105
Bibliografia di Giuseppe Schiassi (1911–1983) . . . . . . . . . . . . . . . . . .
145
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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MICHELE NAPOLITANO (Cassino)
Schiassi e i frammenti di Eupoli
Abstract
This paper deals with the studies devoted by Schiassi to ancient Greek comedy,
and in particular with his dissertation, ›De Eupolidis comici poetae fragmentis‹,
published in 1944, in the attempt to situate his work within the broader context
of the studies on Greek comedy published in Italy in the first half of the twentieth century, from the young Romagnoli to Coppola’s ›Il teatro di Aristofane‹,
and to evaluate his contribution to the study of Eupolis in the light of more
recent research.
Keywords
Eupolis – ancient Greek comedy – Schiassi – Romagnoli – Coppola
È inevitabile che io prenda le mosse dalle considerazioni dedicate agli studi
eupolidei di Schiassi da Enzo Degani nel suo bel profilo del 19891. Laureatosi
nell’ateneo bolognese poco dopo aver compiuto i ventiquattro anni, il 15 novembre del 1935, sotto la guida del suo venerato maestro, Goffredo Coppola,
con una tesi su Eupoli, Schiassi esordì a stampa con un’ampia dissertazione
in latino intitolata De Eupolidis comici poetae fragmentis, edita a Bologna, da
Zanichelli, nel 1944, come nono numero della serie delle »Pubblicazioni
straordinarie della Accademia delle Scienze«, per la classe di scienze morali.
Il giudizio formulato da Degani, benché stringato, è decisamente lusinghiero:
»E va subito detto che si tratta di un ampio studio (185 pagine, scritte in un
elegante latino) che fa onore a questa Accademia e non può essere ignorato
da chi si occupi dei frammenti, specie papiracei, di questo grande comico
ateniese. Lo Schiassi«, prosegue Degani, »mette giudiziosamente a frutto,
senz’ombra di piaggeria, la citata opera del Coppola2 […] ampliandone e
valorizzandone le intuizioni. E credo di poter affermare che sul piano filologico – sia nelle ricostruzioni generali sia in ambito puntualmente criticotestuale – l’allievo si rivela, qui come altrove, più cauto e controllato del
1
Degani 1988–89. Il profilo di Degani fu scritto per l’Accademia bolognese, oggi Accademia
delle Scienze dell’Istituto Bolognese, della quale Degani era socio corrispondente residente,
ove fu presentata nella seduta del 26 maggio 1989, per poi essere pubblicata a stampa in
breve torno di tempo nei »Rendiconti«.
2 Il riferimento è al primo e unico volume de Il teatro di Aristofane, sul quale tornerò più
avanti.
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Michele Napolitano
maestro, che, viceversa, specie nelle ultime opere, appare il più delle volte
categorico quanto sbrigativo»3. Segue un corpo minore, dedicato da Degani a esemplificare, attraverso il coinvolgimento di un caso particolarmente
significativo, le prerogative del contributo offerto da Schiassi sul piano della
costituzione del testo dei frammenti: un corpo minore sul quale mi riservo
di tornare più avanti.
Degani non era certo studioso incline a facili entusiasmi: da questo giudizio
deve di necessità partire, tenendone conto, chi voglia provare a valutare,
come tocca a me, oggi, il lavoro eupolideo di Schiassi. Essendomi stato
messo a disposizione uno spazio di manovra più ampio di quanto non ne
ebbe a suo tempo Degani, sono nella condizione di proporre un quadro
meno sintetico, più generoso di dettagli: un quadro che, se sarà forse in
grado di mettere in luce in modo più attento i limiti del lavoro di Schiassi,
come è giusto che sia, non perverrà certo a risultati capaci di mettere in crisi
il giudizio positivo espresso nel suo profilo da Degani: un giudizio che anzi,
posso dirlo fin d’ora, trova, almeno per quanto mi riguarda, conferma piena
e indiscutibile. Non intendo scendere, del resto, neanche io in considerazioni
di troppo minuto dettaglio. Vorrei, piuttosto, proporre un quadro di taglio
generale, che serva a situare il lavoro di Schiassi nel contesto in cui si trovò
ad essere prodotto, a ricostruirne le origini, a metterne in luce, ma in chiave,
per l’appunto, generale, le prerogative di fondo.
Per questo, prima di venire a una pur sommaria descrizione del contenuto
della dissertazione, vorrei intanto soffermarmi sulla prefazione che inaugura
il libro alle pp. 5–7. Una praefatio bipartita che, oltre a fornire dati rilevanti
sulla genesi del libro e sul metodo applicato dall’autore allo studio dei suoi
testi, aiuta a ricostruire la lunga e complessa vicenda della pubblicazione,
che, come ho detto, giunse a compimento soltanto nel 1944, dunque a distanza di quasi un decennio dalla discussione della tesi. Nella prima e più
ampia parte della praefatio, datata »Foro Livii ante diem octavum Kalendas
Februarias«, dunque al 25 gennaio dell’anno 1939, nel diciassettesimo anno
a fascibus restitutis, Schiassi si dichiara ormai pronto a consegnare al tipografo
il suo libro: »Hoc opus, quod typothetae edendum sum commissurus, a
laureae commentatione initium ducit, qua in Athenaeo Bononiensi autumno 1935 doctor sum renuntiatus«4. Sono già trascorsi poco più di tre anni
dal giorno della discussione della tesi di laurea, nella quale Schiassi indica
espressamente, nelle citate righe iniziali della praefatio, la prima origine del
3
4
Degani 1988–89, 114.
Schiassi 1944, 5.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
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libro pronto ormai per la stampa. Nei tre anni trascorsi dalla discussione
della tesi, prosegue Schiassi, altre occupazioni lo hanno distolto dal lavoro
a Eupoli: »etsi aliis alio conversus curis«, con quel che segue (ibid.). Nelle
curae evocate da Schiassi saranno certo da individuare gli incarichi di insegnamento, susseguitisi a partire dal novembre del 19365: prima supplenze,
al ›Galvani‹ e poi al ›Monti‹, a Cesena; poi, a partire dall’ingresso in ruolo,
nel 1937, in veste di docente di latino e greco, prima al ›Tulliano‹ di Arpino,
tra l’ottobre del 1937 e il settembre dell’anno successivo, poi al ›Morgagni‹ di
Forlì, a partire dal primo di gennaio del 1939. Nonostante gli impegni legati
alla sua attività di insegnamento liceale, continua Schiassi, l’attività di studio
è proseguita, per quanto entro i limiti determinati dai nuovi incarichi: »cum
ad veterem Atticorum comoediam paulisper lectitandam operam dedissem
cumque ad Eupolim maxime me applicavissem pervolutandum eiusque essem usus consuetudine«, e così via (ibid.). Righe che delineano con chiarezza
un lavoro di studio e di approfondimento, rivolto tanto alla commedia attica
antica nel suo complesso quanto, e soprattutto, a Eupoli, che, per quanto
rallentato dagli impegni, non fu mai abbandonato del tutto.
Resta il fatto che il libro, presentato come pronto per la stampa all’inizio
del 1939, tarderà ancora più di cinque anni per vedere finalmente la luce:
una circostanza che rende ben più calzante di quanto lo stesso Schiassi potesse mai immaginare nel gennaio del 1939 il verso oraziano, l’ultimo della
quinta satira del primo libro, adattato a chiusa della praefatio. La assai più
concisa notizia che segue la praefatio 1939, datata »Foro Livii mense Junio
1942«, suona nel modo che segue: »Antequam typothetae traderetur liber,
cum nonnulla a Transalpinis grammaticis de »Demis« nuper edita scripta et
commentaria in manus meas venissent, totum quartum caput emendatum
vel auctum iterum constitui«6. Segue un breve cenno di ulteriore ringraziamento a Coppola e all’Accademia bolognese, poi null’altro. Schiassi indica
dunque come causa del ritardo nella pubblicazione del libro l’uscita, ormai
a ridosso della pubblicazione, di lavori nuovi sulla parabasi dei Demi che lo
avrebbero costretto a rivedere, e in buona parte a riscrivere, il quarto capitolo della dissertazione, che appunto ai Demi è dedicato. Il che è certamente
vero, come prova il fatto che, nel capitolo in questione, più precisamente
nella ricca nota bibliografica di p. 119, Schiassi cita, e poi mette a frutto
nel corso del capitolo, articoli usciti a stampa più tardi rispetto al gennaio
del 1939: un lavoro di Wilhelm Schmid, datato erroneamente da Schiassi
5
6
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Desumo i dati che seguono da Degani 1988–89, 113 con le nn. 1 e 2.
Schiassi 1944, 7.
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al 1939, uscito, in realtà, nel numero del 1938 di »Philologus«, che però è
del tutto verosimile immaginare pervenuto nelle mani di Schiassi dopo il
gennaio del 1939 (Schmid 1938), e poi i lavori di Jensen e di Dornseiff, il
primo pubblicato a Berlino nella serie della ›Philosophisch-historische Klasse‹
delle »Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften« del
1939, ma uscito a stampa nel 1940, come da data in frontespizio (Jensen
1939), il secondo nel numero del 1940 della rivista »Hermes« (Dornseiff
1940). Troppo poco, però, per spiegare un ritardo tanto significativo, specie
a considerare il fatto che, dal giugno del 1942, data della seconda praefatio,
all’uscita a stampa della dissertazione sarebbero passati ancora due anni.
Per quanto Schiassi scelga di non farvi cenno, si dovrà allora immaginare
che il ritardo, oltre che agli impegni legati all’insegnamento, sia da imputare
allo scoppio della guerra. Il tempo necessario a rivedere il capitolo sui Demi
sulla base dei nuovi studi pubblicati in Germania tra la fine del 1938 e il 1940
si sarà così allungato a dismisura a causa dell’infausto quadro di contesto:
l’insegnamento al ›Morgagni‹, certo, ma anche, e direi soprattutto, il fatto
che Schiassi, come apprendo dal citato profilo di Degani, fu richiamato alle
armi e prestò servizio, tra Sardegna e Calabria, dal 2 febbraio del 1942 al 25
luglio del 19457. C’è da chiedersi, peraltro, perché il libro sia uscito proprio
nel 1944 e non dopo la fine della guerra. A Bologna, liberata solo il 21 di
aprile del 1945, il 1944 fu un anno spaventoso: chi consulti la dettagliatissima cronologia della città di Bologna messa provvidamente a disposizione
nel sito della Biblioteca Salaborsa conterà quasi quotidianamente stragi,
eccidi, rastrellamenti, deportazioni, bombardamenti, requisizioni e razzie
che toccarono in termini sempre più pervasivi lo stesso ateneo bolognese.
Ateneo bolognese che però, come è ben noto, era retto all’epoca da Coppola,
il quale, eletto rettore il 18 dicembre 1943, restò in carica formalmente fino
alla liberazione di Bologna, il 21 aprile 1945, a pochi giorni, ormai, dall’esito
tragico che tutti sappiamo: la fucilazione e piazzale Loreto, tra il 28 e il 29
aprile. Sul tormentato rettorato di Coppola esistono, tra altro, le dettagliate
ricostruzioni fornite, fino al drammatico epilogo della fine di aprile del 1945,
da Brizzi e da Canfora, e non è qui certo il caso che io indugi su questo8.
Certo, però, nel pur drammatico contesto per il quale Brizzi ha coniato la
felice formula di ›impossibile normalità‹, non è difficile immaginare che Coppola rettore abbia potuto giocare un ruolo decisivo nello sbloccare la lunga
7
8
Degani 1988–89, 114 n. 2.
Brizzi 2004, 161–80; Canfora 2005, 440–504.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
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vicenda della pubblicazione del libro del suo allievo Schiassi. Un dettaglio,
se si vuole, ma un dettaglio sul quale converrebbe indagare ulteriormente.
Per tornare adesso alla praefatio 1939, il secondo capoverso contiene il primo
accenno a Coppola: »Godofredi Coppola, magistri mei humanissimi, recepi
consilium ut ea, quae de Eupolide eiusque fragmentis explanassem, in unum
complexus, librum curarem conscribendum«, un passo che, al di là dei sentimenti di affettuosa riconoscenza per il maestro, convintamente ribaditi nel
capoverso finale della praefatio, chiariscono il ruolo fondamentale da lui giocato nella vicenda che portò la tesi di laurea a trasformarsi in pubblicazione
a stampa. Estremamente significativa, da questo punto di vista, l’evocazione,
immediatamente successiva, del già ricordato primo volume de Il teatro di
Aristofane, edito da Zanichelli nel settembre del 1936, dunque a neanche un
anno dal giorno della discussione della tesi, un libro nel quale Schiassi identifica in modo del tutto esplicito lo stimolo decisivo alla pubblicazione del
suo studio: »Magno mihi fuit adiumento quod is iisdem annis edidit Il Teatro
di Aristofane Io, in quo Cratineae potissimum comoediae reliquiis acute diligentissimeque collectis, perpensis, collatis, saepe certa, semper fere conclusit
probanda. Hoc igitur suscepto munere, cum magister saepius me hortaretur
ipseque magis magisque caperem delectationem, tandem exegi opus«. Va
detto, del resto, che l’insistenza con la quale Coppola, a stare a quanto scrive
Schiassi, avrebbe cercato a più riprese di convincere il suo allievo a fare uscire
a stampa il lavoro eupolideo con il quale si era laureato sotto la sua guida
trova piena conferma in uno degli ultimi capoversi della premessa al primo
volume del Teatro di Aristofane, ove Coppola scrive: »Della prima produzione
di Aristofane tratterò nel primo capitolo del secondo volume. Il quale, come
ho già detto, è tutto dedicato ad Aristofane, ma non trascura l’attività dei
commediografi che con Aristofane si contesero il primato sulle scene ateniesi.
Io spero anzi che il secondo volume possa uscire contemporaneamente al
lavoro del mio giovane scolaro Giuseppe Schiassi che, nella sua tesi di laurea redatta in latino, ha studiato intelligentemente la commedia di Eupoli,
giungendo a conclusioni sicure e interessanti per la storia della commedia
attica antica«9. Chi metta a reagire i due passi che ho appena citati, questo
di Coppola, opportunamente ricordato già da Degani nel suo profilo10, e
quello della praefatio di Schiassi, non faticherà a vedere come il secondo si
presenti, per certi versi, come una sorta di grato, cavalleresco contraccambio
offerto al maestro dall’allievo. Fino, quasi, al limite della citazione: penso alla
9 Coppola 1936, xii.
10 Degani 1988–89, 114.
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pericope che chiude il capoverso di Coppola, »Schiassi, che […] ha studiato
intelligentemente la commedia di Eupoli, giungendo a conclusioni sicure
e interessanti per la storia della commedia attica antica«, che nella praefatio
all’Eupoli trova una specie di traduzione in latino, pur amplificata in termini
di del resto inevitabile, e a ogni modo composta, enfasi laudatoria: »in quo
Cratineae potissimum comoediae reliquiis acute diligentissimeque collectis,
perpensis, collatis, saepe certa, semper fere conclusit probanda«.
Il rapporto tra Schiassi e Coppola si lascia così ricostruire in una chiave che
associa la stima del maestro per l’allievo, e la fedele devozione dell’allievo per
il maestro, a sentimenti che non sarebbe forse esagerato immaginare come
persino affettuosi, anche da parte del maestro. Del resto, che l’allievo, nel
dare alle stampe il suo primo lavoro, dichiari il suo debito di gratitudine nei
confronti del maestro non è cosa che possa stupire, mentre non altrettanto
ovvio è il fatto che, nel dare alle stampe il primo volume del suo Teatro di
Aristofane, Coppola abbia trovato spazio, in una sede sensibile come la premessa, per formulare la speranza che il seguito del suo lavoro sulla commedia
attica antica, un seguito che Coppola, in premessa, dichiara già ripartito in
»nove capitoli […] quasi pronti nel manoscritto«, promettendone l’uscita a
stampa per l’anno successivo, ovvero per il 193711, potesse essere pubblicato
insieme al lavoro del suo allievo, da poco laureato. Tutto questo, si badi,
quando la carriera accademica e la reputazione scientifica di Coppola erano
ormai entrambe, e da tempo, ampiamente consolidate: dopo il periodo di
insegnamento presso l’Università di Cagliari, tra il 1929 e il 1932, prima
da incaricato, poi da straordinario, Coppola era approdato a Bologna, non
ancora trentaquattrenne, appunto nella primavera del 1932, dopo aver già
dato alle stampe lavori di grande impegno, tra i quali un’edizione critica
commentata delle commedie di Menandro, edita a Torino nel 192712, e
quella Introduzione a Pindaro, uscita a Roma nel 1931, nella quale Degani
individuava »un’originale lettura – ben lontana, per sensibilità storica e stilistica, dalle estetizzanti interpretazioni del Fraccaroli e del Romagnoli – della
poesia pindarica«13. Tracce della stima di Coppola per il suo allievo sono
del resto rinvenibili già prima della premessa al Teatro di Aristofane: è merito
di Luciano Canfora aver dato il giusto rilievo, in una pagina del suo Papiro
di Dongo14, un libro che, oltre a tanto altro, è certo anche una minuziosa,
11
12
13
14
Coppola 1936, ix.
Menandro. Le commedie. Testo critico e commento a cura di G. Coppola, Torino 1927.
Degani 1989, 24.
Canfora 2005, 183.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
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dettagliatissima biografia di Coppola, al registro delle esercitazioni di greco
stilato da Coppola per l’anno accademico 1935/36, nel quale, alla data del
12 aprile 1935, a poco più di sette mesi, dunque, dal giorno della discussione
della sua tesi di laurea, Schiassi compare citato, insieme a Adelmo Barigazzi,
allievo anch’egli di Coppola, come autore di una brillante relazione dedicata
a un papiro eupolideo, quello dei Prospaltii, ora edito da Kassel e Austin nel
quinto volume dei loro Poetae Comici Graeci, nella sezione dedicata ai resti di
Eupoli, come fr. 260. Un papiro sul quale tornerò più avanti.
Prima del capoverso finale, ove Schiassi, come ho già detto, torna a dichiarare il suo debito di gratitudine nei confronti del maestro, augurandosi che
il lavoro che sta per dare alle stampe possa incontrare il suo apprezzamento,
cade il cuore della praefatio, due capoversi nei quali si trovano esposti i criteri
di metodo seguiti nell’analisi dei frammenti, gli obiettivi perseguiti, i risultati
raggiunti. Schiassi esordisce dichiarando di aver mirato a evincere dai frammenti superstiti di Eupoli tutto il possibile senza però cadere nella tentazione,
evitandola, anzi, fin dall’inizio, di voler ricostruire nei dettagli il deperdito:
»De huius rationibus minime omnes res ad Eupolim eiusque comoediam
pertinentes dissolvisse, sed ne temptasse quidem mihi videor, sed tantum
ad Aristophanis aemulum illustrandum planeque explicandum aliquid contulisse, cum Eupolidis reliquiis […], si non fabulas restituere, at certe quid
propositi et quomodo consecutus sit poeta, satis nobis liceat collustrare«15.
Un cauto, ma per nulla affatto rinunciatario, tentativo di ricostruzione, a
un tempo complessiva e di dettaglio, che, come si chiarisce nell’immediato
seguito, investe lo »scaenicum curriculum« del poeta; gli sviluppi della sua
arte dagli esordi alla commedia postrema, i Demi; il nodus di ogni singola
commedia, ovvero ciò che di commedia in commedia si può ricostruire dei
temi di volta in volta messi in gioco, quando non, ma solo ove possibile,
dei personaggi e della trama, e infine i »lineamenta Eupolideae comoediae«,
che Schiassi dichiara di aver cercato di ricostruire mettendo a reagire i resti
della produzione di Eupoli con le commedie superstiti di Aristofane e i resti
della poesia di Cratino. Segue una breve pericope nella quale, pur con tutto
il necessario ritegno, Schiassi si dichiara complessivamente soddisfatto dei
risultati ai quali è pervenuto: »Quibus rebus qua maxima potui diligentia
pervestigatis ac perpensis, nonnulla certa ita me esse assecutum puto, ut
non parva spes me teneat, operam meam in Eupolidis fragmentis positam
hominibus doctis non prorsus improbatum iri«16.
15 Schiassi 1944, 5 s.
16 Schiassi 1944, 6.
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Una speranza che si può ben dire esaudita, se è vero che il lavoro di Schiassi,
solo per limitare il campo a qualche esempio tra i più significativi, figura
citato prima nella pur molto selettiva bibliografia messa a punto da Colin
Austin nei suoi Comicorum Graecorum fragmenta in papyris reperta, del 197317, poi
nell’altrettanto selettiva bibliografia generale che correda, in calce ai testimonia,
l’edizione dei frammenti di Eupoli contenuta nel quinto volume dei Poetae
Comici Graeci di Kassel e Austin18; ha il suo posto, per quanto tra i lavori non
direttamente consultati, e dunque contrassegnati da asterisco, in seno alla
bibliografia raccolta da Ian Storey nella sua monografia eupolidea del 200319,
ed è citato, e distesamente utilizzato, da Mario Telò nel suo monumentale
commento ai resti dei Demi, del 2007. Che il libro di Schiassi risulti invece
assente dai lavori elencati nella pur molto densa bibliografia messa insieme
da Douglas Olson nel suo recente commento ai frammenti incertae fabulae e
ai dubia di Eupoli (Olson 2014) si deve certo al fatto che il contributo offerto
da Schiassi all’esegesi dei frammenti incertae fabulae e ai dubia è assai meno
penetrante e sistematico di quanto non accada per i frammenti di collocazione sicura, come suggerisce, del resto, il fatto che nell’ancor più recente
volume dedicato da Olson al commento delle commedie che vanno dagli
Heilotes al Chrysoun genos (Olson 2016) la dissertazione di Schiassi compare
regolarmente citata in bibliografia insieme all’articolo del 1955 sui Prospaltii.
Quanto a me, se mi è concesso un brevissimo cenno di carattere personale,
mi basterà dire che la dissertazione di Schiassi mi ha fatto compagnia, per
mio grande profitto, lungo tutto l’arco del mio lavoro ai Kolakes, fin dai tempi
del dottorato, a Urbino.
Nel capoverso seguente della praefatio si passa dalle considerazioni di metodo
delle quali ho appena detto a uno stringato regesto dei lavori tenuti in più
attenta considerazione nel corso del lavoro: la prima edizione della Chronologie
der altattischen Komödie di Paul Geissler, edita a Berlino nel 1925, per i problemi
relativi all’ordinamento cronologico delle commedie, e le due grandi edizioni
di Meineke e di Kock. Schiassi guarda dunque decisamente alla filologia te17 Per la precisione, la dissertazione di Schiassi figura citata, in relazione ai Prospaltii e ai Demi,
negli addenda bibliografici che chiudono la prefazione (Austin 1973, xii).
18 Kassel-Austin 1986, 302. Va peraltro aggiunto, a testimonianza di una considerazione
tutt’altro che episodica, che altrove, nel quinto volume dei PCG, Kassel e Austin riservano
spazio ad altri due lavori comici di Schiassi, entrambi dedicati a questioni pertinenti alla
produzione comica di quarto secolo: quello edito nel terzo fascicolo del numero del 1951
della »Rivista di Filologia« (Schiassi 1951) e quello apparso a stampa nei »Rendiconti
dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere« del 1955 (Schiassi 1955a).
19 Storey 2003, 408.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
25
desca, come è del resto ben chiaro, al di là dei riferimenti essenziali riservati
in premessa, quasi a mo’ di sigillo, nel capoverso in questione, dal materiale
che si trova citato nelle note a piè di pagina, spesso molto dense di riferimenti
bibliografici: la già ricordata prima edizione della Chronologie di Geissler, certo, ma anche l’analogo, e precedente, lavoro di Hans Oellacher20; Meineke
e Kock, ma anche il primo, e unico, volume dei Comicorum Graecorum fragmenta di Kaibel, utilizzato come edizione di riferimento per il περὶ διαφορᾶς
κωµῳδιῶν di Platonio e per l’Anonimo περὶ κωµῳδίας ma anche per il ben
noto fr. 32 K.-A. di Epicarmo, citato a p. 173 in relazione al fr. 172 K.-A. dei
Kolakes; la Prosopographia attica di Kirchner, e poi le Commentationes di Bergk
e l’Aristophanes und die historische Kritik di Müller-Strübing, Kaibel e Körte,
Fritzsche e Crusius, Zieliński ed Ernst Maass, Kirchhoff e Wüst e Pohlenz, e
su tutti Wilamowitz, che compare citato a più riprese, ora per le Observationes
criticae, ora per Aus Kydathen, ora per il Platon, ora per l’Aristoteles und Athen,
ora per altro ancora. A nulla dire, poi, della già ricordata nota 1 di p. 119,
che raccoglie a partire dal 1912, dall’anno successivo alla pubblicazione del
papiro, dunque, e fino al 1940, gli studi sul papiro cairense dei Demi, quasi
tutti frutto dell’attività di studiosi tedeschi (uniche eccezioni l’olandese van
Leeuwen e gli italiani Bignone e Olivieri). Molto poche, se ho visto bene, le
eccezioni alla regola: a parte Coppola, che, come è naturale attendersi, ricorre
citato più volte, trovo i nomi degli olandesi Cobet e van Leeuwen; quelli dei
francesi Jacques Denis e Maurice Croiset, il primo citato per la sua Comédie
grecque (Paris 1886), un libro sostanzialmente sparito dalla circolazione, il
secondo per quell’Aristophane et les partis politiques à Athenes (Paris 1906) che
resta, invece, pur inevitabilmente invecchiato, di consultazione a tratti ancora
fruttuosa. Totalmente assenti, se vedo bene, lavori in lingua inglese. Una
circostanza, questa, che sarà certo da spiegare, ancora una volta, tenendo
conto del quadro di contesto, e che però costituisce altrettanto certamente
un grave limite: si pensi, solo per fare un esempio tra molti altri possibili, a
quanto avrebbe potuto giovarsi il lavoro di Schiassi, specie in relazione alla
stesura del quinto capitolo del suo libro, ove sono affrontati problemi di
ordine formale e metrico, delle conclusioni alle quali, proprio nel 1935, era
giunta Molly Whittaker nel suo articolo, di impostazione, all’epoca, del tutto
nuova, sul rapporto tra i frammenti comici e le costanti strutturali proprie
della commedia attica antica21.
20 Oellacher 1916.
21 Whittaker 1935.
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Quanto agli studiosi italiani, a parte Coppola e i già ricordati Bignone e
Olivieri, non trovo altro che Enea Piccolomini e il suo più celebre allievo,
l’immancabile Romagnoli, che è chiamato in causa però, se vedo bene, in tre
sole occasioni, solo una delle quali, peraltro, davvero significativa, essendo
le altre due occorrenze del nome di Romagnoli non più che molto cursorii
cenni a traduzioni, quella del fr. 3 K.-A. delle Capre di Eupoli22 e quella del
problematico lemma Μαρικᾶς23: intendo la citazione, alla n. 1 di p. 51, di
un articolo, La »commedia fiaba« in Atene, in buona sostanza una recensione
alla Märchenkomödie di Zieliński, edito in origine nel 1898 nel primo fascicolo
della neonata rivista »Atene e Roma« e poi ristampato da Laterza nel 1911
in seno alla raccolta Musica e poesia nell’antica Grecia, quarantatreesimo volume
della ›Biblioteca di cultura moderna‹, dalla quale Schiassi cita. Non molto,
dunque, e anzi, decisamente poco, considerato il molto lavoro svolto dal
giovane Romagnoli sui resti della commedia attica antica, Eupoli compreso:
più ancora che al lungo articolo comico del 1905 del quale dirò tra breve,
lavoro a proposito del quale Degani ebbe a formulare, ritengo a ragione,
un giudizio tutt’altro che lusinghiero, e anzi in buona sostanza dismissivo24,
penso qui a un lavoro precedente, Soggetti e fantasie della commedia attica antica,
che, apparso nella »Nuova Antologia« del 1897 ripartito in tre capitoli, fu
poi ristampato nel 1911, con l’aggiunta di altri tre capitoli inediti, nel già
citato Musica e poesia nell’antica Grecia. Un lavoro che, tutto dedicato ai resti
in frammenti della produzione comica di quinto secolo, si apriva con due
pagine introduttive che vale la pena di rileggere per intero: »Oltre ai drammi
d’Aristofane, la tradizione letteraria ci ha poi conservato un gran numero
di frammenti degli altri autori comici, suoi contemporanei ed emuli; ma è
quasi divenuto luogo comune l’asserire che questi frammenti non valgono
a gittare alcuna luce sulla storia della commedia attica antica. Nulla di più
falso di tale asserzione; l’importanza di quelle reliquie, pur così mutile, è
invece grande e molteplice. La prima fioritura del dramma comico fu note22 Schiassi 1944, 55 n. 3.
23 Ibid. 83 n. 1.
24 »Eccessive […] le lodi a suo tempo e da varie parti tributate ad Origine ed elementi della
commedia d’Aristofane (1905), dove i criteri stessi con i quali il Romagnoli pretende di distinguere in Aristofane gli elementi originali da quelli tradizionali appaiono il più delle
volte opinabili: troppe ipotesi restano indimostrate, troppe deduzioni unicamente fondate
sulla presunta maggiore o minore ›poeticità‹ di un passo rispetto ad un altro. E lasciano
perplessi le stesse conclusioni del lavoro: la tesi che la Musa aristofanea, ad esempio, fosse
del tutto aliena della politica, appare oggi insostenibile, malgrado il Perrotta. L’impegno
politico, infatti, sostanzia la commedia arcaica in ogni fase, costituendo ben altro che una
›occasionale superfetazione‹« (Degani 1968, 1444).
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
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vole, come per la copia, così per la varietà de’ suoi prodotti; ma dei tipi che
in essa sbocciarono e crebbero, il teatro d’Aristofane non ci presenta che
un esiguo numero: lo studio dei frammenti ce ne fa conoscere molti altri,
non meno interessanti e geniali. Inoltre, di quegli antichi poeti comici tanto
celebrati dalla tradizione, noi vediamo in genere le fisionomie come velate
da una nebbia uniforme. I resti delle loro commedie, spesso tutt’altro che
brevissimi ed insignificanti, ci permettono di formarci idee ben più distinte
sul vario carattere dell’ingegno e dell’arte loro. E infine molti di quei brani
sono degni di esser conosciuti per il loro intrinseco, sovente altissimo, pregio
poetico. La raccolta dei frammenti non è quel nudo aspro roveto che taluno
potrebbe immaginare; ma fra le spine frondeggiano quegli alberi incantati,
brillano quei vaghi fiori, e ghignano e cantano le scimmie e i rosignuoli,
che Arrigo Heine vedeva e udiva nei drammi d’Aristofane«25. È questo,
insomma, un lavoro che ci aspetteremmo di vedere citato e utilizzato da
Schiassi, almeno per quanto attiene alle parti in esso dedicate ai frammenti
di Eupoli: e invece, nulla.
Del resto anche il Coppola del Teatro di Aristofane, se evoca in premessa, in
termini che sarebbe riduttivo definire elogiativi26, il poderoso lavoro comico
di Romagnoli apparso negli »Studi Italiani di Filologia Classica« del 1905,
non un semplice articolo di rivista, ma una vera e propria monografia,
frutto peraltro anch’esso, come il lavoro del 1898 che ho appena ricordato,
della prima stagione romagnoliana, ancora segnata dal magistero piccolominiano27, nel corso delle centoventisei pagine del libro Romagnoli non lo
chiama in causa mai, mentre cita e utilizza sistematicamente, proprio come
il suo allievo Schiassi, i grandi prodotti della filologia tedesca: le edizioni di
Meineke e di Kock, le Commentationes di Bergk, lavori di Kaibel e di Körte,
le cronologie di Oellacher e di Geissler, e altro ancora. A non dire, poi,
della frequenza con la quale, nel testo e nelle note, ricorre il nome di Vitelli,
suo venerato maestro negli anni fiorentini. Nel che, reso in premessa, ma
pur sempre attraverso il coinvolgimento di un lavoro che non tradiva in
modo flagrante le coordinate di riferimento del buon metodo filologico, il
necessario omaggio a un accademico che nel 1936, sarà bene ricordarlo,
era all’apice del suo prestigio, inclinerei a vedere non tanto un rifiuto in
blocco di Romagnoli, quanto piuttosto una tacita presa di distanza dagli
25 Cito dalla ristampa laterziana: E. Romagnoli, Musica e poesia nell’antica Grecia, Bari 1911,
65 s.
26 Cf. infra.
27 Per la quale si vedano almeno Degani 1968, 1443 s., e Degani 1984, 1103.
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sviluppi che l’attività di studio di Romagnoli aveva imboccato a partire
almeno dalla pubblicazione, nel 1917, del virulento pamphlet antitedesco
Minerva e lo scimmione. Nel rapporto di Coppola con Romagnoli, come fu
ben visto a suo tempo da Enzo Degani, giocò del resto un ruolo centrale la
componente politica: »il filologo Coppola«, così Degani, »non poteva che
schierarsi dalla parte del maestro, mentre invece, come uomo politico, si
sentiva solidale con il Romagnoli: questa contraddizione di fondo spiega sia
le ingiustifcate lodi del Romagnoli che incontriamo ne Il teatro di Aristofane (p.
X), sia il tentativo – per certi versi grottesco – di annoverare il Romagnoli
tra gli allievi del Vitelli« – il riferimento è al necrologio scritto da Coppola
in morte del maestro, edito nella »Nuova Antologia« del 16 settembre 1935
alle pp. 312–628. »In realtà«, prosegue Degani, »tra il princeps philologorum ed
il banditore della delenda philologia c’era ben poco in comune – e questo il
Coppola non ignorava di certo. In bilico tra filologia e politica, egli cerca
faticosamente improbabili compromessi«29. Il che, se è vero, non basta però
certo a fare di Coppola, almeno sul piano degli studi, un romagnoliano di
stretta osservanza, come pure è stato argomentato da Canfora nelle prime
pagine del suo Papiro di Dongo 30.
D’altronde, chi legga tra le righe la già ricordata pericope della premessa
al Teatro di Aristofane dedicata da Coppola al lavoro aristofaneo del 1905
non faticherà, credo, ad avvertirne il carattere ambiguo: »Non ho parlato
delle origini della commedia attica, perché sarebbe stato superfluo dopo il
fondamentale studio di Ettore Romagnoli pubblicato dal Vitelli, il 1905, negli
»Studi italiani di filologia classica«, il quale, ancora oggi, meriterebbe d’essere
ristampato così come apparve la prima volta. Lavoro definitivo e conclusivo,
esso è stato accolto in Italia e all’estero con universale consenso e favore, e
perciò ad esso rimando i lettori di questo primo volume del mio ›Aristofane‹,
se desiderino essere informati sulle origini della commedia attica antica«31.
Un giudizio che, al di là dell’enfasi elogiativa, non potrà non colpire il lettore
che sappia come il monumentale lavoro di Romagnoli sia molto più che un
lavoro circoscritto all’indagine delle origini della commedia attica, essendo
invece un tentativo di inquadramento complessivo della poesia di Aristofane, compresi fatti di ordine formale e stilistico. Come che sia, e con tutti i
suoi limiti, il Teatro di Aristofane di Coppola, allievo, giova ricordarlo, prima
28
29
30
31
Lo si trova ristampato in Coppola 2006, 79–85.
Degani 1989, 28 s.
Canfora 2005, 13–17.
Coppola 1936, x.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
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di Alessandro Olivieri, a Napoli, e poi, come ho già avuto modo di dire, di
Girolamo Vitelli, a Firenze; nel 1924 a Kiel per un soggiorno annuale che
lo mise in grado, pervenuto a Cagliari nel 1929 come incaricato di Lingua e
letteratura greca al posto di Vogliano, appena trasferito a Bologna, di tenere
il lettorato di Lingua tedesca, e che certo non fece che approfondire il suo
legame con la cultura filologica tedesca32, riesce libro tanto poco romagnoliano, già soltanto in forza dello stile complessivamente misurato, asciutto,
se non tout court austero, che ne caratterizza la scrittura, quanto poco o punto
romagnoliana appare la dissertazione del suo allievo Schiassi, che è invece
più che mai inserita nel solco sicuro tracciato dai grandi maestri tedeschi, ed
assomiglia molto da vicino, semmai, anche in forza del sorvegliato, elegante
latino in cui è scritta, alle dissertazioni prodotte in Germania lungo tutto
l’arco dell’Ottocento e per i primi decenni del secolo successivo.
Il libro di Schiassi si presenta ripartito in cinque capitoli33. Il primo, intitolato
›Discipulus audacis Cratini‹, è dedicato agli esordi di Eupoli, forse la sezione
più pervasivamente condizionata dalle conclusioni alle quali era pervenuto
Coppola nel suo libro del 1936, specie quanto al ruolo modellizzante che
Cratino avrebbe giocato in relazione alla prima e più antica produzione della
nuova generazione di comici, Eupoli e Aristofane in testa: fin dal titolo, che,
32 Il curriculum formativo di Coppola è ricostruito nel dettaglio da Brizzi 2004, 142–4.
33 La tesi di laurea, che mi è stata fornita in formato pdf dall’amico Claudio Tugnoli, che
qui cordialmente ringrazio, era ripartita in un numero doppio di capitoli, dieci, rispetto
alla suddivisione scelta per il libro. I primi due capitoli della tesi si trovano rifusi nel
primo capitolo del libro, che include però anche, in conseguenza della revisione della
cronologia degli esordi di Eupoli operata da Schiassi, tra la stesura e la discussione della
tesi di laurea e la stampa del libro, sulla scorta delle conclusioni alle quali era pervenuto
Coppola nel Teatro di Aristofane, la trattazione dei Philoi e dei Prospaltii, trattati, nella tesi,
rispettivamente nel terzo e nel quarto capitolo. Il terzo capitolo della tesi corrisponde al
secondo del libro; il quarto capitolo della tesi si trova rifuso nel terzo capitolo del libro; il
sesto capitolo della tesi, dedicato ai Demi, aggiornato nei termini dei quali si è detto sopra,
occupa nel libro il quarto posto; l’ultimo capitolo del libro a stampa comprende quanto
nella tesi si trova ripartito negli ultimi quattro capitoli. Resta da dire del quinto capitolo
della tesi di laurea, ›De Eupolidis cum Aristophane concertationibus‹, dedicato al ben noto
problema dell’apparente accusa di plagio rivolta da Aristofane a Eupoli, in relazione alla
composizione del Maricante, ai vv. 553 s. delle Nuvole, accusa alla quale Eupoli avrebbe
risposto nei Baptai (fr. 89 K.-A.): una questione che, dopo aver attirato l’attenzione di
studiosi come Kirchhoff, Pohlenz, van Leeuwen, Keil, Kaibel e altri, tra i quali, in Italia,
Rostagni, è tornata di moda di recente (penso, qui, soprattutto agli studi di Kyriakidi 2007
e di Sidwell 2009). Schiassi, che nella tesi aveva dedicato al problema un intero capitolo,
nel libro decide, direi saggiamente, di limitarsi a una breve trattazione, incastonata, alle
pp. 100–2, all’interno della sezione dedicata ai Baptai.
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ispirato al v. 123 della prima satira di Persio34, ricalca quello del secondo
capitolo del Teatro di Aristofane, che suona appunto ›Audax Cratinus‹. Il secondo e il terzo, intitolati rispettivamente ›Castigat ridendo… Cleonem‹ e
›Iratus Eupolis‹, quest’ultimo, ancora una volta, una citazione dall’appena
ricordato passo di Persio, sono costituiti da un’analisi puntuale della produzione compresa tra i Taxiarchoi e i Baptai: commedia per commedia, a partire
da quella ritenuta più antica fino a quella più recente nel tempo, secondo le
sistemazioni cronologiche proposte da Oellacher e da Geissler, ora accolte,
ora invece messe in discussione a favore di ipotesi alternative. Il quarto, intitolato »De ›Demis‹ sive de popularis imperii comoedia«, è dedicato appunto
ai Demi, e in modo particolare al lungo frammento parabatico restituito dal
papiro cairense. Il quinto e ultimo, per il titolo del quale Schiassi sceglie un
verso di Orazio, il celebre incipit della quarta satira del primo libro, ›Eupolis
atque Cratinus Aristophanesque poetae‹, contiene infine una messa a punto
di ordine complessivo, una sorta di bilancio riassuntivo dei risultati della
ricerca condotta nei primi quattro capitoli, che, tra molto altro, presenta,
alle pp. 178–181, una sezione dedicata alle prerogative della dizione comica
di Eupoli che resta tra le cose migliori che siano state scritte sull’argomento
insieme al però ben più recente lavoro di Elena Sarati35.
Come dicevo in apertura, le doti del giovane Schiassi, a rileggerne oggi il
lavoro d’esordio, appaiono anche a me brillare dovunque, come voleva Degani: tanto nelle ricostruzioni di ordine complessivo, ove a impressionare è
soprattutto la capacità di delineare quadri coerenti e organici nel generale
rispetto dei dati offerti dalle fonti, quanto nelle considerazioni di dettaglio,
ove in gioco siano ora la ricostruzione delle singole commedie, ora la contestualizzazione dei frammenti di volta in volta trattati, ora, quando necessario,
il loro assetto testuale. Il che, perché non sembri che io voglia sprecare per
l’occasione parole d’elogio incondizionato, è vero anche nei non rari casi
in cui le proposte esegetiche avanzate da Schiassi appaiano da scartare, ora
perché condizionate dall’assenza di dati materiali che si sarebbero rivelati,
in genere in virtù della pubblicazione di nuovi papiri, solo più tardi rispetto
alla data di uscita a stampa del libro, ora per la volontà di far rientrare a tutti
i costi i dati di dettaglio all’interno delle coordinate delineate per l’insieme
del quadro chiamato a contenerli, ora, ma assai più di rado, per eccesso di
audacia. Il che mi propongo adesso di mostrare prendendo in esame, per
quanto in breve, un caso che mi è sembrato particolarmente significativo,
34 Cf. Eup. test. 24 K.-A. (PCG V 297).
35 Sarati 1996.
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quello costituito dall’esegesi offerta da Schiassi del già ricordato Papiro della
Società Italiana 1213, dai Prospaltii, prima alle pp. 41–43 del libro, poi di
nuovo in un lavoro, di undici anni successivo, edito nel numero del 1955
della »Parola del Passato«36, senza dimenticare, però, che al papiro Schiassi,
come ho già avuto modo di ricordare, aveva dedicato, nella primavera del
1935, la brillante relazione della quale è parola nel registro delle esercitazioni stilato da Coppola per l’anno accademico 1935/36, opportunamente
riesumato da Canfora37.
Coppola, nel suo Teatro di Aristofane, dedica al papiro non più che un fuggevole cenno38, nel contesto di una lettura complessiva della commedia che
ne colloca la rappresentazione al 428 e ne fa, sulla scia dell’appena precedente Dionisalessandro di Cratino, anche in relazione alla possibile presenza
in scena di Aspasia-Elena, un attacco postumo alla politica di Pericle: »Sulle
orme di Cratino, [Eupoli] cominciò forse coll’aggredire la politica di Pericle
e di Aspasia, sebbene Pericle fosse morto da pochi mesi: perciò i Prospaltii ci
sembrano da datare nel 428, quando era ancora fresco il ricordo dell’Elena
del Dionisalessandro, e il nome della donna fatale ad Ilio richiamava alle menti
di tutti la fatale politica di Pericle«39. Schiassi, prima nel libro, poi nel lavoro
edito undici anni dopo nella »Parola del Passato«, lavoro che replica, in
buona sostanza, le posizioni argomentate nel libro con la sola aggiunta,
nelle pagine finali, di una dettagliata discussione delle conclusioni alle quali
era giunto Roger Goossens in un articolo del 1935 non utilizzato nel libro
del 194440, pur non tradendo, per quanto attiene al rapporto del giovane
36 Schiassi 1955b.
37 Canfora 2005, 205 n. 28, non manca di notare come dell’esercitazione dell’aprile 1935
sarebbe »rimasta traccia alla conclusione del cap. 1 […] del volume«. Il papiro, scavato da
Breccia a Behnesa (Kom Ali-el-Gammâm) nella primavera del 1932, fu edito da Girolamo
Vitelli e Medea Norsa prima, nel 1933, nel ventottesimo volume del »Bulletin de la Société
archéologique d’Alexandrie«, alle pp. 137–42, poi, nel 1935, nell’undecimo volume dei
Papiri della Società Italiana come PSI 1213 (Norsa-Vitelli 1935). Recepito da Colin Austin
nei suoi Comicorum Graecorum fragmenta in papyris reperta con il numero d’ordine 97 (CGFP
111–3), nella sezione riservata a Eupoli, ma con asterisco, a segnalare l’incerta attribuzione
della commedia, il papiro è poi stato edito, ancora una volta asteriscato, da Rudolf Kassel
e Colin Austin nel quinto volume dei Poetae Comici Graeci, con numero d’ordine 260 (PCG
V, 448 s.). Per un’ampia, equilibrata disamina dei problemi posti dal frammento si veda
adesso Olson 2016, 339–49.
38 Ancor più cursorio l’accenno contenuto, già prima, nello scritto Nuove scoperte dei papirologi
italiani, pubblicato nel »Popolo d’Italia« del 26 maggio 1933, ora riedito in Coppola 2006,
54–61 (il cenno al papiro dei Προσπάλτιοι a p. 55).
39 Coppola 1936, 103 s.
40 Goossens 1935b.
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Eupoli con Cratino, l’impianto rigidamente continuistico del quadro delineato dal maestro, e ereditandone, insieme, l’idea che la commedia fosse da
interpretare in chiave politica, colloca però i Prospaltii più avanti nel tempo:
non nel 428, come aveva proposto Coppola, ma nel 427, immaginando, per
logica conseguenza, che a esservi preso di mira fosse, piuttosto che Pericle,
morto ormai da tempo, il nuovo protagonista della scena politica ateniese
contemporanea, ovvero Cleone. Il tutto nel quadro di un assetto complessivo
che Schiassi, tenendo presente il Cratino della Nemesi e del Dionisalessandro,
appena precedenti nel tempo, ricostruiva, come già i Philoi, da lui datati al
428, in chiave di parodia mitologica, immaginando che Cleone apparisse
in scena nelle vesti di Eracle affiancato da Aspasia in veste di Elena. Sulla
base del pur problematico testo edito oggi, in Kassel-Austin, tra i testimonia
relativi alla commedia (test. *ii [PCG V, 442] = Etym. Gen. AB [Etym. Magn.
p. 288, 16] = Suid. δ 1515 ἐκωµῳδοῦντο … Θυµοιτάδαι καὶ Προσπάλτιοι
ὡς δικαστικοί), nei Prospaltii del coro sarebbero infine da vedere incarnate
prerogative in tutto simili a quelle che caratterizzano i vecchi coreuti delle
Vespe: »maniaci di processi e arrabbiati attaccaliti«, come Schiassi scrive a p.
300 dell’articolo del 1955.
Da queste premesse l’interpretazione del frammento papiraceo, del quale
Schiassi tenta una ricostruzione complessiva, prima nel libro41, poi nell’articolo del 1955, con alcuni ripensamenti di dettaglio quanto alle integrazioni
proposte a riempire le lacune del papiro, ma senza novità di rilievo quanto al
quadro generale. Nell’articolo, alla ricostruzione della pericope di testo tràdita dal papiro segue una traduzione italiana42. Prima però, a p. 301 s. Schiassi
fornisce le coordinate della situazione scenica presupposta come sfondo al
serrato dialogo conservato dal frammento: »Il personaggio A è Eracle, che in
veste di accusato ha resistito vittoriosamente agli attacchi di una delegazione
di Prospaltii in veste di accusatori; il personaggio C è l’esponente loro, o meglio il capo delegazione; l’interlocutore B è il giudice o arbitro della contesa,
che può anche essere un personaggio politico imprecisato, invenzione del
poeta. Non si tratta però di un vero processo, ma di un ἀγών, una specie di
iniziazione o battesimo politico-demagogico di Cleone-Eracle. […] Nel primo
scontro Eracle ha riportato un primo successo, tanto che l’arbitro vedendo
i suoi avversari ridotti a mal partito ingiunge loro di rientrare al demo e
rifornirsi di un intero repertorio di argomenti o, se vogliamo, di un esercito
di ciarloni. Si profila così un ἀγών in grande stile tra il coro dei Prospaltii e
41 Schiassi 1944, 39–43.
42 Schiassi 1955b, 303 s.
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Schiassi e i frammenti di Eupoli
33
il protagonista. L’arbitro vede quest’ultimo già spacciato, onde gli consiglia:
non ostinarti ancora e cedi. Ma l’eroe non cederà: troppo grande è per lui
la posta in giuoco; e anche gli uomini litigiosi accettano la sfida«.
Vorrei adesso procedere a enucleare, pur in estrema sintesi: procedendo,
anzi, per punti, ciò che della ricostruzione offerta da Schiassi si è rivelato nel
tempo caduco e ciò che invece al tempo ha resistito bene.
a) Insostenibile, intanto, si è rivelata la datazione dei Prospaltii al 427 a. C.
All’epoca della stesura della sua tesi di laurea, poi del libro, infine dell’articolo, Schiassi non poteva contare sui frammenti ossirinchiti di commentario
alla commedia editi da Lobel solo nel 1971 come P. Oxy. 2813 (E. Lobel,
Commentary on Eupolis, Προσπάλτιοι, Ox. Pap. XXXVII, London 1971 = CGFP
96 = fr. 259 K.-A.), dai quali si evince un dato del quale sarebbe immedotico dubitare, ovvero che i Prospaltii furono la commedia con la quale Eupoli
esordì sulle scene comiche attiche (fr. 1 col. i 3–4 πρὸς αὐτοῦ νέ-/ον ἀρ]χ[ο]
µ(έν)ου γράφ[ειν] κωµῳδίαν). Se è ragionevole immaginare, combinando i
dati tràditi dal lemma Εὔπολις della Suda (test. i K.-A.), dall’Anonimo περὶ
κωµῳδίας (test. ii a K.-A.) e dagli elenchi dei vincitori dionisiaci e lenaici
conservati in IG 2 II 2325 (testt. xi-xii K.-A.), che Eupoli abbia esordito nel
429, i Prospaltii andranno allora collocati appunto nel contesto degli agoni lenaici, o di quelli dionisiaci, del 429 a. C.: decisamente troppo presto, dunque,
perché il bersaglio della commedia possa essere identificato in Cleone. Più
ragionevole appare l’idea, sostenuta da Goossens nel già ricordato articolo
del 1935, che tale bersaglio fosse invece Pericle: idea che, nonostante le obiezioni mossele prima da Schwarze43 e poi da Storey, prima nella monografia
del 2003, poi, più in breve, nella recente edizione Loeb dei frammenti di
Eupoli44, resiste, mi sembra, molto bene al tempo. Va detto, peraltro, anche
al di là delle considerazioni di ordine cronologico che ho appena svolto, che,
se nei Prospaltii del coro della commedia si volesse vedere davvero, come
proposto dalla stesso Schiassi, un gruppo di coreuti di prerogative simili a
quelle dei vecchi coreuti delle Vespe, presterebbe il fianco a obiezioni di non
poco momento già soltanto l’idea di una contrapposizione frontale tra i coreuti e Eracle-Cleone, là dove ci si aspetterebbe attivo, invece, il medesimo
rapporto di solidarietà militante che, nelle Vespe, unisce i coreuti, da un lato,
e il vecchio Filocleone dall’altro.
b) Del tutto infondata appare inoltre l’idea che l’assetto generale dei Prospaltii
obbedisse ai canoni della commedia mitologica, con Cleone nelle vesti di
43 Schwarze 1971, 115–22.
44 Storey 2003, 233–8; Storey 2011, 193–5.
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Eracle e Aspasia in quelle di Elena. Infondata, intanto, perché basata su una
serie di esegesi di dettaglio che appaiono francamente insostenibili: penso,
solo per fare due esempi, alla proposta di vedere nel vocativo Ἡράκλεις di
fr. 261, 1 K.-A. non una interiezione ma »un vero vocativo«, come Schiassi
scrive a p. 299 dell’articolo del 195545, dunque un’allocuzione al dio, da
immaginare presente in scena, in dialogo con l’anonimo personaggio che, nel
frammento, appare nelle vesti di suo interlocutore, o ancora a ciò che Schiassi
crede di poter evincere dallo scolio al Menesseno platonico che tramanda la
notizia secondo la quale nei Prospaltii Eupoli avrebbe chiamato Aspasia col
nome di Elena (schol. [TW] ad Plat. Menex. p. 235 E [p. 183 Gr.] = fr. 267
K.-A. ἐν δὲ Προσπαλτίοις Ἑλένην αὐτὴν καλεῖ [Aspasiam]): una notizia
che, con ogni evidenza, può serenamente riferirsi a una menzione non più
che cursoria, e che a ogni modo, non che provare l’assetto mitologico della
commedia nel suo insieme, non prova in fondo neanche che Aspasia-Elena
vi figurasse in scena in veste di personaggio. Più grave ancora è però il fatto
che la proposta di intendere i Prospaltii, come appena prima i Philoi, in chiave
di Mythentravestie, forzando l’evidenza offerta dalle fonti, discenda, in Schiassi,
dalla preoccupazione di far funzionare i Prospaltii alla stregua della Nemesi e
del Dionisalessandro di Cratino, due commedie per le quali l’assetto mitologico è invece fuori discussione. È qui attivo l’impianto troppo rigidamente
continuistico che Schiassi ereditava dal maestro (indicativo, da questo punto
di vista, già solo il titolo scelto da Schiassi per il capitolo dedicato agli esordi
di Eupoli: ›Audacis Cratini discipulus‹): un impianto, in tutto analogo, in
fondo, all’atteggiamento tipico delle fonti antiche relative agli sviluppi della
commedia attica di quinto secolo, dall’Anonimo περὶ κωµῳδίας a Platonio,
che oggi mostra decisamente la corda.
c) Sana, invece, indipendentemente dalla valutazione dei dettagli, la lettura
in chiave politica dei Prospaltii: sana e, aggiungerei, ispirata a una sensibilità
radicalmente alternativa a quella mostrata già nel 1905 da Romagnoli in
chiusa del già ricordato articolo aristofaneo degli »Studi italiani di filologia
classica«: »La origine e la fisionomia della commedia attica antica, in ogni
sua fase, sono popolaresche e mimiche: il colorito lirico e l’elemento politico
sono superfetazioni. L’elemento politico rimane allo stato di caduca combinazione, non si amalgama, né altera, salvo rari casi, il carattere dei tipi, dei
motivi comici, della generale condotta scenica«46.
45 Così già Schiassi 1944, 38 s.
46 Romagnoli 1905, 265.
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d) Quanto alla ricostruzione del fr. 260 K.-A., va detto, intanto, che l’idea,
indiscutibile, che a essere in gioco fossero tre personaggi è idea alla quale
Schiassi doveva essere pervenuto indipendentemente da Goossens, al quale
Kassel e Austin la riconducono. Se è infatti vero che Goossens propone
di immaginare un dialogo tripartito, contro la ripartizione a due offerta
dai primi editori del papiro47, già nella breve segnalazione pubblicata nel
numero del 1935 di »Chronique d’Égypte«48, e poi nel citato articolo della
»Revue de philologie«49, coevo, ma certo successivo alla breve nota edita in
»Chronique d’Égypte«, è altrettanto vero che Schiassi a un assetto tripartito
del dialogo, ben prima che nell’articolo edito nella »Parola del Passato« del
1955, ove il lavoro di Goossens è citato e discusso, aveva già pensato non
soltanto nel libro del 194450, nel quale invece, come ho detto, l’articolo di
Goossens non compare citato, ma già nella sua tesi di laurea51. Un dato,
questo, che lascia senza difficoltà immaginare che l’ipotesi di tripartizione del
dialogo possa essere stata affacciata e discussa da Schiassi già nel contesto
della più volte ricordata esercitazione dell’aprile del 1935, all’ombra, dunque,
del magistero di Coppola.
e) Resta infine da dire della mirabile integrazione proposta da Schiassi per
il v. 17 del fr. 260: ἀναλίσκ[ειν τ᾽ ἔπη, integrazione a proposito della quale
Degani, nel breve corpo minore ad essa dedicato nel suo profilo, scriveva
quanto segue: »una congettura notevole, degna di essere accolta nel testo
o, quanto meno, di venir segnalata in primissimo piano, in apparato, tra
le proposte più plausibili. Come, del resto, non mancano di fare i più recenti editori di Eupoli« (il riferimento è, ovviamente, a Kassel e Austin)52.
Va ricordato che Coppola, in una nota del suo Teatro di Aristofane 53, aveva
proposto di integrare ἀναλίσκ[ειν τε λόγους, che però, introducendo un
anapesto, per giunta strappato, in ultima sede di trimetro, è metricamente
inaccettabile anche per un trimetro di commedia. L’integrazione proposta da
Schiassi è invece perfettamente a posto anche dal punto di vista del metro
ed è a un tempo corroborata dal parallelo offerto da Ar. Lys. 467 s. ὦ πόλλ᾽
ἀναλώσας ἔπη πρόβουλε τῆσδε <τῆς> γῆς, / τί τοῖσδε σαυτὸν εἰς λόγον
τοῖς θηρίοις συνάπτεις; (»Probulo di questo paese, molte parole hai spreca47
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52
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Norsa-Vitelli 1935, 114.
Goossens 1935a.
Goossens 1935b, 333 s.
Schiassi 1944, 41–43.
Schiassi 1935, 96–100.
Degani 1988–89, 115.
Coppola 1936, 103 n. 1.
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to: perché ti sforzi di parlare con queste bestie?« [trad. Mastromarco]). Un
parallelo prezioso, peraltro, non soltanto perché attesta l’uso, in commedia,
della iunctura ἀναλίσκειν ἔπη, ma anche perché tale iunctura, proprio come
quella rappresentata dal nesso ἀναλίσκειν λόγους54 e a tanto maggior ragione in quanto ἔπος è lemma stilisticamente più ricercato e alto di λόγος,
è paratragica, come puntualmente notato da Henderson nella sua nota di
commento al citato passo della Lisistrata55. Un dato certo non trascurabile,
se si pensi che, se l’integrazione di Schiassi coglie nel segno, il personaggio
al quale toccherebbe, a v. 17, la resa del paratragico nesso qui in questione è
il medesimo, chiunque egli sia, destinato appena oltre a prodursi nell’estesa
parodia dei vv. 712–715 dell’Antigone contenuta ai vv. 23–26 del frammento.
Più difetti che pregi? Non direi, anche perché il caso che ho scelto di prendere
in esame è, per molti versi, un caso limite, e del resto ciò che oggi appare
davvero caduco della ricostruzione dei Prospaltii offerta da Schiassi dipende,
in fondo, ora dall’assenza di dati materiali che, se disponibili, avrebbero
orientato l’esegesi in altra direzione, ora dall’adozione di schemi, quelli messi a punto dal maestro nel suo libro del 1936, certo troppo rigidi, il che è
però perfettamente scusabile in un lavoro d’esordio. La vitalità del lavoro
di Schiassi risiede oggi, del resto, più ancora forse che nei risultati ai quali
perviene, nella indiscutibile bontà del metodo che vi si trova applicato: il
metodo, basato su considerazioni di ordine formale, metrico, linguistico, stilistico, contenutistico, fondate a loro volta sul confronto, scivoloso, certo, ma
altrettanto certamente inevitabile, con il poco di commedia attica antica che
sia sopravvissuto integro ai secoli, intendo, ovviamente, le undici commedie
conservate di Aristofane, configurato e messo in pratica dalla grande filologia tedesca dell’Ottocento, almeno da Meineke e Bergk in poi. Se compito
precipuo del filologo che si applichi allo studio e all’esegesi di testi teatrali
frammentari, tragici, comici e satireschi, consiste in essenza, come credo fermamente, nel tentativo di ricostruire quanto più possibile ragionevolmente il
deperdito, ovvero il quadro che conteneva i resti superstiti, il risultato finisce
dunque per essere, per certi aspetti, meno importante, in quanto di necessità
sempre, o quasi sempre, indimostrabile, del percorso attraverso il quale vi si
pervenga, purché il metodo sia sano e sia applicato con la doverosa cautela.
Aggredire testi frammentari significa cercare di far parlare le tessere superstiti
del mosaico: significa dunque, specie nel caso dei frammenti riconducibili a
commedia, rischiare di far parlare troppo, e male, ciò che resta. Chi scelga di
54 Cf. Austin-Olson 2004, 332 (ad 1130–2).
55 Henderson 1987, 128.
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trattare i frammenti di commedia alla stregua di testimoni muti, limitandosi
a registrarli, ad esempio, come serbatoi di Realien o di dati di ordine prosopografico, farebbe bene a investire le proprie energie in altra direzione. Chi
invece continuerà a pensare che i frammenti possano, e debbano, parlare,
ove voglia occuparsi dei resti della produzione di Eupoli, potrà ancora oggi
rivolgersi con profitto al lavoro di Schiassi, certo di trovarvi spunti preziosi
di riflessione. Memore, magari, delle parole con le quali Enzo Degani nel
1989 chiudeva il suo profilo, parole con le quali mi piace concludere questo
mio intervento: »Finché ci si accosterà ai frammenti papiracei di Eupoli o
di Archiloco per cogliervi ›verità‹ e ›bellezza‹ ad un tempo, senza chiudere
gli occhi di fronte ai problemi concretamente postici da queste malridotte
reliquie, ecco, il nome di Giuseppe Schiassi ci tornerà immancabilmente
davanti – con le sue sofferte, modeste, meditate proposte«56.
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