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Il contesto storico dei poemi omerici 1. L’ascesa di Micene Sullo sfondo dell Iliade e dell Odissea vediamo il mondo acheo della tarda Età del Bronzo: il soggetto di entrambe i poemi sono la guerra di Troia e gli eventi successivi. I poemi omerici non hanno però raggiunto la forma finale, la forma monumentale con la quale sono giunti fino a noi, se non molte generazioni dopo: in un intervallo di tempo, se vogliamo fissare dei limiti estremi, tra la fine del IX e l i izio del VII se olo a.C. E olti ele e ti nei due poemi riflettono non le condizioni della loro verosimile ambientazione, cioè le condizioni esistenti nel mondo miceneo, ma quelle di questo periodo più tardo, del periodo della loro composizione su vasta scala nella Ionia. Tra questi due momenti ci sono secoli di oscurità, la cosiddetta Età Buia della Grecia, attraverso i quali il materiale tradizionale acheo deve essere stato trasmesso, e durante i quali è stato senza dubbio molto alterato o elaborato. Comprendere la formazione dei poemi omerici richiede dunque che si consideri prima di tutto la storia di un intero millennio, tra il 1600 ed il 600 a.C. circa. In un romanzo storico il critico deve considerare sia il periodo descritto, raccontato, sia il periodo nel quale si collocano lo scrittore ed i suoi lettori. Ma nel caso dei poemi tradizionali – cioè dei poemi trasmessi, tramandati - anche il periodo che intercorre tra questi due momenti è di vitale importanza. Ora, la valutazione di questo particolare millennio è più complessa del solito, perché – a parte i testi in Lineare B provenienti dai depositi di Cnosso, Pilo e Micene, e a parte i poemi omerici stessi ed un numero limitato di riferimenti egizi ed ittiti – non ci sono registrazioni contemporanee fino al VII secolo a.C. Ed Esiodo non deve essere collocato cronologicamente prima dell i izio del VII se olo a.C. La maggior parte della ricostruzione si deve perciò basare sulla tradizione mitologica posteriore (essa stessa però derivata dai poemi omerici, o da essi influenzata), e sulle prove fo ite dall a heologia – in un paio di casi insieme alla testimonianza di nomi propri non greci che sopravvivono in epoca storica. Tutti questi tipi di prove, e particolarmente i primi due, sono vaghi, inaffidabili, nella loro portata, e la loro interpretazione si presta ad ambiguità. La tarda Età del Bronzo in Grecia inizia intorno al 1600 a.C. ed i suoi antecedenti sono qui di seguito brevemente descritti. Una popolazione neolitica, o della tarda Età della Pietra, di razza sconosciuta e che fa uso di ceramica che presenta affinità con il Vicino Oriente, occupa aree della Grecia centrale e del Peloponneso a partire da una data incerta, probabilmente nel V millennio a.C., e vi rimane fino alle incursioni di popoli che usano il bronzo, intorno al 2800 a.C. Il termine Elladico si applica a queste successive culture dell Età del B o zo sulla Grecia continentale, delle quali ci occuperemo in modo primario. Il termine Minoico si riferisce alle culture dell Età del Bronzo a Creta, mentre il termine Cicladico a quelle dell Egeo e t ale. Questa p i a ultu a dell Età del B o zo sulla G e ia o ti e tale è detta Antico Elladico (AE). Essa sembra essere passata alla G e ia dall Asia Mi o e, dal o e to he o se a a prima vista avere connessioni con il nord, e dal momento che nel pe iodo dell AE se a he u a li gua o u e ve isse pa lata o solo sulla G e ia o ti e tale, a C eta e nelle isole centrali, ma anche ell A atolia sud-occidentale. All i i a t a il 20 ed il a.C. l Antico Elladico viene rimpiazzato dal Medio Elladico (ME), una nuova cultura introdotta da un popolo che si impone con la forza sulla precedente popolazione, alcuni insediamenti della quale vengono distrutti, mentre altri vengono ricostruiti. Le nuove genti erano probabilmente immigrate: non si trattava in altre parole del risorgere della razza pre-elladica. Esse probabilmente mossero in Grecia provenendo dall Eu opa e t ale, da u a egio e ella uale du a te l Antico Elladico era già penetrato un popolo indoeuropeo, il osiddetto popolo dell as ia da o atti e to . È però anche possibile che si siano mosse lu go le oste sette t io ali dell Egeo provenendo dall Asia Mi o e, e he poi a ia o piegato e so sud ella pe isola greca. Questi invasori nella Grecia del Medio Elladico: • • • • 1 introducono il cavallo; producono la loro ceramica utilizzando il tornio, cioè la ruota da vasaio: non si tratta della ozza e a i a dell A ti o Elladico, fabbricata a mano. La più tipica ceramica del Medio Elladico (Minyan ware) era fabbricata con la cosiddetta te i a i ia , he pe ette a di ealizza e u a supe fi ie olto u ita, he da a l illusio e del metallo. La ceramica minia era solitamente grigia, ma in talune aree e durante taluni periodi essa è rossa, nera oppure giallognola. Queste stesse popolazioni fortificano le città1: non sembra siano state genti particolarmente bellicose, ma, a differenza della maggior parte dei loro predecessori, queste popolazioni sembrano aver raggiunto uno stadio di sviluppo economico e sociale nel quale erano possibili - e necessari - insediamenti concentrati, centralizzati, ed u a i ist azio e ugualmente centralizzata, e questi ultimi elementi avranno probabilmente reso necessario difendersi, prima di tutto, contro una popolazione circostante sottomessa. Una quarta innovazione è rappresentata da uno speciale tipo di edificio, il megaron: si tratta si un salone con copertura a due spioventi con un focolare centrale e a volte una piccola anticamera su uno dei lati corti. Sebbene un antenato di questo tipo di architettura sia noto in Tessaglia e a Troia sin dal III millennio a.C., gli invasori del Medio Elladico furono i primi ad utilizzarlo in modo diffuso in Grecia. Gli i sedia e ti di Di i i i Tessaglia e Le a i A golide e a o già fo tifi ati ell A ti o Elladi o, a app ese ta o u eccezione. • Il quinto contributo di questi invasori del Medio Elladi o è l i t oduzio e di u a nuova lingua, il greco. I coloni dell A ti o Elladi o o parlavano il greco. Che gli a ita ti della G e ia dell Antico Elladico non parlassero il greco può esse e dedotto o e tezza dalla sop a i e za ell età sto i a di una particolare classe di nomi non greci – per lo più toponimi, nomi di fiumi, di montagne e di insediamenti abitati, ma anche nomi di fiori, di alberi e anche di un limitato numero di utensili comuni. Questi nomi sono caratterizzati dal suono intermedio -nth- (ovvero dal suo probabile equivalente -nd- in Anatolia), e anche dalla intermedia -ss-. Questi gruppi consonantici interni si ritrovano in molti nomi che non sembrano essere greci - ma anche in pochi che lo sono, come ἄ θος, ἄ α θος. Esiste dunque ora il dubbio se questi nomi debbano essere considerati come non indoeuropei, io est a ei all i te o g uppo li guisti o del uale il greco è un membro. Esempi di questi nomi in Grecia continentale e nelle isole sono: Erimanto, Tirinto (-nthos), Corinto, Cinto; Parnaso, Imetto (con -tt- attica al post di -ss-), Kefiso, Laris(s)a; i termini botanici giacinto, erebinto; ciparisso, narciso; asaminto (un tipo di vasca da bagno). A Creta: Sirinto; labirinto; Cnosso, Tilisso. In Anatolia: Mindo, Labraunda (così anche Lindo a Rodi), e anche Xanto; Mylasa, Telmesso. Questi o i so o usati dagli a ti hi a ita ti dell Età del Bronzo in queste aree, ma non sono residui neolitici: essi compaiono infatti anche a Creta e nelle Cicladi – per esempio el o e del o te Ci to sull isola di Delo - dove non sono stati trovati resti neolitici; e sono inoltre più comuni nelle a ee di più a ti o i sedia e to ell Età del B o zo. Che il greco sia stato introdotto nel o so della t a sizio e dall AE al ME non può essere dimostrato in modo assoluto, ma dal momento che questa transizione costituisce l u i a fo te frattura culturale tra un momento in cui veniva parlata la lingua non greca dei toponimi e dei nomi dal mondo vegetale, e la tarda Età del Bronzo, in cui – come sappiamo dalle tavolette in Lineare B e come si può dedurre da Omero – era certamente parlato il greco, è una ragionevole congettura il collocare in questo momento storico l i t oduzio e della uova li gua, ed associarla agli invasori del Medio Elladico. Figura 1 Anfora minia proveniente da Micene, Tomba Y. Datata el Periodo ME III (1700-1600 a.C.) e conservata al Museo Archeologico di Micene. Fonte Wikimedia Commons (Zde). Link: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1b/Myken_M_091019.jpg La cultura del Medio Elladico nella Grecia continentale subisce una trasformazione intorno al 1600 a.C. quando ha inizio il Tardo Elladico (TE). Non è un cambiamento così drammatico come quello che seg ò l a ivo dei popoli del Medio Elladico, e il suo segno più concreto fu il superamento della ceramica minia. Non è certo ci sia stato alcun significativo cambiamento nella popolazione; in realtà la persistenza di ceramica minia nera e gialla nelle più antiche tombe reali a fossa (shaft-grave) a Micene sembra suggerire che non vi sia stato. Queste tombe, scoperte da Heinrich Schliemann e contenenti mas he e d o o e pug ali i tarsiati, insieme al secondo gruppo di tombe recentemente scoperte nella città bassa, sono più grandi e quindi più ricche delle tombe a cista (cist-burials) del Medio Elladico, ma non sostanzialmente differenti. Sono però un fenomeno nuovo le pietre tombali, a volte lavorate, che erano poste sopra di esse. Questa ricchezza funeraria suggerisce un incremento nella potenza di Micene – esistita o e pi olo i sedia e to si dall Antico Elladico - e soprattutto un incremento ell e tità dei suoi commerci co l este o. La o pa sa dell a a elle sepoltu e p o a anche contatti indiretti con il lontano nord; fatto ancora più importante, il XVI secolo a.C. ede l i izio di ontatti egola i o l Egitto. Da questo momento comincia anche ad au e ta e l i flue za della C eta minoica, per lungo tempo la più ricca e pote te iviltà dell Egeo. In realtà, sebbene l espa sio e di Mi e e el TE sembri precedere leggermente la data più antica alla quale vi sono testimonianze di strette relazioni con Creta, si è tentati di o side a e l i flue za i oi a o e il p i ipale sti olo a uesta uova vitalità i e ea. Tuttavia l i t oduzio e nella Grecia continentale, proprio in questo momento, del carro da guerra, che era già stato utilizzato in modo micidiale degli Ittiti in Asia Minore, suggerisce la possibilità di nuovi arrivi p op io dall Asia Mi o e, fo se i u e o i o e, a portatori di fresche risorse e novità. Una leggenda ci dice che Pelope, dal quale si pensa il Peloponneso abbia preso il nome, fosse u i ig a te dall Asia Mi o e, est e a e te i o, he o uistò la figlia di E o ao, e dell Elide, o p a do ol de a o il o hie e del e, Mi tilo, e vincendo così una famosa gara di carri; lo stesso Mirtilo potrebbe avere un nome che deriva da quello del re ittita Mursili. È cosa prudente essere sospettosi delle evidenze di tipo genealogico nella storia della Grecia antica – dal momento che il grado di compressione, di omissione o invenzione non può essere valutato nemmeno in modo approssimativo – ma questa tradizione in particolare presenta talune significative corrispondenze con le p o e fo ite dall a heologia. È quindi possibile che il rapido, ma non profondo, cambiamento che accompagna la crescita di Micene fino ad una posizione di premi e za ell a ea egea sia stato inizialmente innescato da nuovi contatti oltremare con Creta e con l Egitto, osì o e o il o d, e ui di dall a ivo el Peloponneso di un piccolo afflusso di ele e ti di li gua g e a p ove ie ti dall Asia Mi o e, he po tarono con sé il carro da guerra. Ma tutto ciò rimane altamente ipotetico. Figura 2 Siti principali associati alle civiltà del bacino egeo. Fonte: Encyclopædia Britannica, Inc. Collegamento: https://www.britannica.com/topic/Aegean-civilization Cnosso, principale città di Creta, non poté svilupparsi allo stesso modo a causa di un disastroso terremoto che intorno al 1570 a.C. distrusse il palazzo reale e altre città palaziali ell isola. L isola si ip ese i odo spetta ola e, dal punto di vista materiale, ma non sopravvisse molto più a lungo come potenza indipendente. Sembra probabile che i motivi e le tecniche minoiche che di e e o osì i o ati ell a te della G e ia o ti e tale ell ulti a pa te del XVI se olo a.C. fossero il risultato di una emigrazione su vasta scala di artigiani da Creta e in particolare da Cnosso. Anche prima della decifrazione della Lineare B, che sull isola di C eta e e it o ata solo a C osso, gli a heologi sta a o o i ia do a pe sa e che Achei dalla terraferma, e in particolare da Micene, potessero aver preso controllo di Cnosso a partire dal XV secolo a.C., il cosiddetto periodo palaziale di Cnosso. Grandi anfore in stile palaziale venivano fabbricate sulla terraferma così come a Cnosso, ma in nessu alt a ittà etese; affreschi a Cnosso, ma in nessun altro luogo di Creta, mostrano l interesse tipicamente miceneo nelle scene di caccia e di valore, piuttosto che nella decorazione naturalistica tipicamente cretese; le tombe a tholos della terraferma trovano un parallelo a Cnosso, ma in nessun altro luogo di Creta, e così via. Questa associazione della Cnosso del XV secolo a.C. con la Grecia continentale, piuttosto he o il esto dell isola, ha e e te e te i e uto u a pote te o fe a dalla scoperta che le tavolette in Lineare B erano scritte, almeno in parte, in greco. Tutto fa pensare che l ulti o palazzo di C osso, dist utto dall uo o el a.C., fosse controllato dagli Achei della Grecia continentale. Ma in questo caso, chi ha distrutto Cnosso? Secondo la vecchia ipotesi per la uale fu C osso a go e a e Mi e e t a il ed il a.C., e o l i e so, Mi e e stessa o e p i ipale pote za a hea era un buon candidato per il ruolo di aggressore. Ma perché Micene dovrebbe aver distrutto quella che sembra essere stato uno dei suoi possedimenti – eccetto forse per rappresaglia in seguito ad una ribellione? Ed è altrettanto probabile che sia stata una ribellione di questo stesso tipo ad aver distrutto il palazzo. Relativamente ad altre possibilità, un attacco da parte di un altro centro minoico è quasi da escludere, dal momento che la maggior parte della città più potenti erano state esse stesse saccheggiate molto prima della caduta di Cnosso nel 1400 a.C. Un attacco da parte di pirati o di una flotta dedita al saccheggio non può essere completamente escluso, in particolare dal momento che Cnosso non venne mai fortificata. Inoltre la talassocrazia minoica, il controllo cretese del mare, registrata dagli scrittori più tardi, ammesso che fosse basata su una tradizione genuina, deve essersi indebolita ed aver perso di importanza dopo il terremoto; ed Erodoto (VII, 170) ricorda una storia secondo la quale la flotta venne persa durante un attacco contro la Sicilia, per quanto improbabile questo possa essere. Rimane il fatto che Cnosso fu distrutta, e questa volta non ci fu rinascita. Figura 3 A sinistra, Michael Ventris, cui si deve, insieme a John Chadwick, la decifrazione della scrittura Lineare B. A destra dettaglio della tavoletta Ta641, proveniente da Pilo.2 Dal 1550 a.C. Micene diventa il punto focale della più grande potenza indipendente del mondo egeo; e tale rimane per quattro se oli, fi o al ollasso fi ale dell Età del B o zo i G e ia. La cronologia di questo periodo è incerta: tutte le date relative ad essa, de esse e detto, sono approssimate: Quelle relative alla p i a pa te dell Età del B o zo posso o esse e date o aggio e confidenza a causa del sincronismo ultu ale o l Egitto, dove una cronologia, in ragione della sopravvivenza di registrazioni storiche scritte, può essere istituita; per quanto anche questa possa dimostrarsi fallibile. In termini culturali, sebbene non si possa parlare di una vera e propria influenza, il primo secolo e mezzo di questo periodo (tra il 1550 ed il 1400 a.c.), quando Cnosso non è ancora stata saccheggiata, è il più rilevante. Alcuni dei più importanti trionfi dell a te di Mi e e appa te go o a uesto pe iodo. I famosi pugnali delle tombe a fossa, per esempio, esemplificano sia il gusto aristocratico continentale che il carattere internazionale della maggior parte di questa arte palaziale: il primo è presente nelle scene di caccia al leone, che peraltro sono rappresentate con la fluente tecnica minoica, mentre le scene di felini in agguato agli uccelli lungo un fiume, tra i papiri, è tipicamente egizio. Non molto dopo il 1500 a.C. viene costruito il primo esempio di un nuovo tipo di tomba reale, la tomba a tholos, o tomba ad alveare 2 Ripresa dal collegamento http://www.cam.ac.uk/research/news/cracking-the-code-the-decipherment-of-linear-b-60-years-on. (beehive tomb), uno dei più begli esempi della quale è rappresentato dal Tesoro di Atreo (con nome incorretto). Non è necessario spiegare questo mutamento con un cambio di dinastia: semplicemente questo simboleggia una nuova magnificenza, ed i più ampi contatti culturali che Micene ha acquisito. Poi durante il XV secolo a.C. la tecnica della scrittura viene adattata alla lingua greca, probabilmente dagli scribi del palazzo di Cnosso. Appena prima della caduta di Cnosso, comunque, un nuovo stile nella decorazione della ceramica a Micene mostra una reazione contro i tradizionali canoni minoici. I temi naturalistici minoici si fanno più piccoli, più angolari, e più geometrici; sono circondati da motivi nei quali alcuni critici vedono un revival della de o azio e Medio Elladi a. C un conscio evitare aree di superficie non decorata, accompagnato da una certa difficoltà, incapacità nel collegare il ritmo della decorazione con la forma del vaso stesso. A partire dal 1250 a.C. circa, i risultati sono a volte sgradevoli, e lasciano intendere una cultura micenea più rozza, più grossolana, una volta assente la feconda influenze minoica. Eppure la vita di Creta non viene completamente dimenticata: si pensi ai grandi affreschi di Tirinto, che ancora rappresentano le scene di taurocatapsia della Creta minoica, anche se questo sport non è mai divenuto popolare nella Grecia continentale – nei palazzi achei, per lo meno, mancava un e ui ale te dell a ea pe le app ese tazio i teat ali e gli spettacoli, con larghe, basse gradinate per gli spettatori, che troviamo invece nei palazzi di Cnosso e di Festo. I palazzi della terraferma differivano però da quelli di Creta da un punto di vista più importante: essi possedevano fortificazioni, torri e riserve di acqua protette. Dopo il 1400 a.C. i muri di Micene vengono rinforzati, e il loro tracciato esteso, e viene edificata la porta di entrata nota o e Po ta dei Leo i. Nello stesso o e to le a ti he to e a fossa del Ci olo A, all i te o delle u a, vengono circondate da una doppia recinzione in pietra, edificata con cura. Altri palazzi sulla terraferma – Amicle e Pilo Trifilia (la Pilo in Messenia, città di Nestore, si trova più a sud, e diviene importante solo nel XIII secolo a.C.); o Atene, Tebe ed Orcomeno a o d dell ist o di Co i to - mostrano una cultura simile e sono a volte anche più grandi, in dimensioni fisiche e potenziale di crescita economica. Micene però è il centro politico e militare. Nelle sue immediate vicinanze si possono individuare vie che irraggiano verso sud in direzione di Asine e del porto di Nauplia, e verso nord in direzione di Sicione, di Corinto e della via attraverso l ist o e in direzione dei palazzi della Grecia centrale. La breve strada verso sud, verso la costa, era protetta dalle città fortificate di Midea e Tirinto, esse stesse sede di re vassalli, ed esse stesse riccamente adornate di affreschi, con vasellame in oro e argento. Mentre la città di Argo, strettamente collegata, controllava le più fertili pianure della pianura argiva. Schema cronologico sintetico dell Età Elladica. A partire dal o e to i ui ade C osso, l i flue za a hea es e più fo te lungo altre direttrici attraverso il mare. Le evidenti vie commerciali sono supportate da insediamenti e da stazioni commerciali: Rodi, colonizzata dagli Achei già nel XIV secolo a.C., e forse anche Cipro, sono punti di scambio in direzione del Levante, mentre Citera e Creta si trovano lungo la rotta più diretta verso l Egitto. E ancora a Uga it, i “i ia, u esteso ua tie e a heo ella ittà po tuale, apoli ea pe olte a o a e he attraversavano il paese. Iolco e Pepareto si trovano sulla via verso Troia, mentre Mileto costituisce un sicuro porto sulla costa dell Egeo o ie tale. Ad o ide te della Grecia, nel Mediterraneo centrale, gli insediamenti achei sono più piccoli e difficili da individuare: vi si ritrova comunque, in una certa quantità, ceramica micenea. Questa la Mi e e d o o al culmine della sua grandezza. Una piccola fortezza che racchiude un palazzo, circondata da case che però hanno lasciato poche tracce, nascosta in un angolo roccioso della fertile piana argiva, ma centro di controllo di un o plesso di palazzi, ittà e e t i o e iali su u a ea vastissi a che si estende attraverso il Peloponneso e la parte meridionale della Grecia centrale, e attraverso il mare fino alle spiagge sette t io ali dell Egeo, dell Asia Mi o e, di Cip o e del Leva te, osì o e dell Egitto e, i isu a i o e, ve so O ide te fi o alla “i ilia e olt e. Ora, sia la fonte della potenza di Micene, che la natura delle sue relazioni con altri palazzi achei - o i e ei - della Grecia continentale, so o tutt alt o he fa ili da comprendere. A differenza dei palazzi minoici di Creta, che erano città in miniatura, la Micene che resta, così come Troia, è una rocca fortificata che contiene poco più dei quartieri reali e poche dipendenze. Come a Troia, tutte le attività artigianali che contribuivano almeno in parte alla ricchezza e alla grandezza di Micene dovevano essere realizzate in abitazioni in mattoni di fango, costruite fuori delle mura della città, e non sono sopravvissute. Il sito di Micene, invece, non deve mai aver ospitato una città di una certa estensione: nel circondario dovevano esservi piccoli villaggi, alcuni degli abitanti di questi villaggi dovevano essere pastori e contadini, altri ceramisti ed artigiani. La e a i a do e a esse e u i po ta te merce di esportazione (anche se bisogna dire che essa sopravvive, mentre altri generi di materiali sono deperibili e o sop a i o o : il it o a e to di e a i a i e ea oltremare testimo ia solo l este sio e dei o e i di Mi e e, a o lascia intendere che questo commercio fosse abbastanza importante da ostitui e la p i ipale fo te dell e o o ia i e ea. Gli alt i palazzi della te afe a do e a o esse e auto o i pe quanto riguarda almeno i tipi più comuni di ceramica, e comunque dovevano anche avere una loro parte nei commerci oltremare. C e a o poi alt i p odotti a tigia ali, o e la metallurgia, i gioielli e gli arredi decorati, ugualmente esportati da Micene: ma a partire dal XIV secolo a.C. in poi abbiamo la concorrenza degli artigiani achei émigré a Cipro e Ugarit, nonché dei loro apprendisti lo ali. C e a infine la i hezza ag i ola dell A golide, he doveva essere notevole: questa però doveva anche rifornire un gran numero di insediamenti. È anche difficile dire quanto Micene potesse approfittare della ricchezza e delle risorse economiche degli altri palazzi della terraferma. Orcomeno, e forse anche Tebe, avevano fama di grande ricchezza (Il. 9.381): sappiamo poco di queste due città in epoca micenea, ma è ragionevole ipotizzare dalla natura dei loro siti e dal confronto con il più tardo palazzo di Pilo – i resti di questo palazzo, relativamente estesi, sono stati sistematicamente portati alla luce da archeologi americani e greci - che esse erano entrambe più grandi e potenzialmente più produttive della stessa Micene. In effetti le fonti del commercio osiddetto miceneo d olt e a e o e a o la sola Mi e e con la sua cittadella ed il suo palazzo, e neppure Micene con Argo e con gli altri i sedia e ti dell A golide, a era la federazione complessiva - una federazione con deboli legami interni - delle città greche della terraferma. E certamente le tavolette di Pilo e Micene non lasciano ipotizzare né u o e io o l este o né legami veramente stretti tra i palazzi, a parte quello che è in qualche modo implicito ell esiste za di u a comune organizzazione sociale, economica, amministrativa e scritturale. Ma le tavolette, così o e le i di azio i he i de i a o dall Odissea, che comunque suggeriscono poco più di legami interpe so ali t a i di e si e, si ife is o o al pe iodo del de li o, e dell app ossi a si della fi e, quando ci si poteva attendere un certo disgregarsi della struttura di potere. E non implicano che le medesime condizioni dovessero prevalere nel periodo di maggiore splendore, negli anni tra il 1550 ed il 1300 a.C. Presumibilmente una gran parte della ricchezza di Micene, e forse in misura minore anche degli altri palazzi della Grecia continentale, doveva provenire da Creta. Che ci fosse una significativa influenza artistica e tecnologica minoica lo si è già detto, ed è possibile che i Cretesi più ricchi e gli artigiani si fossero trasferiti sulla te afe a dopo il te e oto he a e a de astato l isola el XVI secolo a.C. E quando Cnosso passò direttamente sotto il dominio miceneo, la sua ricchezza cominciò ad essere sistematicamente d e ata ia dall isola e so la te afe a. Gli altri palazzi cretesi - la maggior parte dei quali, come Palaikastro, avevano capitolato prima di Cnosso - erano forse oggetto di razzie e di rappresaglie da parte dei Micenei con base a Cnosso: e con il te i e Mi e ei io i te do ui i odo spe ifi o gli A hei p o e ie ti da Mi e e. Questa è la congettura, ma se Micene fu capace di sfruttare in questo modo la ricchezza dei palazzi cretesi, privi di difese murarie, allora una gran parte dei problemi svanisce. Creta nella tarda Età del Bronzo possedeva una ricchezza naturale e commerciale che Micene non sembrava avere, almeno non in misura sufficiente a spiegare fenomeni come i tesori dei circoli tombali, o la più tarda preminenza di Agamennone così come viene iflessa dall Iliade. Quello he Mi e e possiede dall i izio del Tardo Elladico è la potenza militare; questo è ciò che la sua posizione ed i suoi resti architettonici mettono in evidenza. Ma Micene deve anche aver posseduto il genio per poter assimilare la ricchezza e le risorse che la buona sorte e la potenza militare insieme gli mettevano a disposizione. Perché comunque non sarebbe corretto negare a Micene anche doni e qualità di tipo pacifico. La sua e a i a, a he dopo il de li o dell i flue za cretese, sebbene con i suoi eccessi è tecnicamente di buona qualità; e nelle sue forme più semplici abbastanza apprezzata, affermata dal punto di vista artistico. La sua metallurgia ed i gioielli sono più che una mera imitazione dei modelli minoici e del Vi i o O ie te. L a te degli aff es hi ual osa he si s iluppò i e uale isu a ta to sulla te afe a he a C eta; ella stessa Micene poco è sopravvissuto a causa del suo sito roccioso, ma le mura degli appartamenti di stato a Tirinto e a Pilo sono decorate in modo splendido con scene di caccia, con pesci, scimmie, grifoni, uccelli, con un suonatore di lira, con donne in processione. Queste riflessioni sull o igi e della pote za di Mi e e so o i po ta ti pe le agio i segue ti: • • se la potenza achea sulla terraferma era fondata in gran parte sulla ricchezza e sulla creatività portate via da Creta, è più facile comprendere il suo declino quando, come vediamo dagli artefatti, l i flue za etese fi is e e C osso i o i a; se la pote za della Mi e e dei te pi d o o si fo dava invece su ambizioni tanto militari che commerciali, e se Micene esercitava la sua egemonia sugli altri palazzi micenei proprio su queste basi, allora è più facile riconoscere la ragione che sta dietro le guerre di aggressione che progressivamente indebolirono il mondo miceneo, in particolare gli attacchi a Tebe e l assedio di Troia. La posizione dinastica di Micene quale risulta dai poemi omerici è piuttosto confusa: Agamennone è re di Micene, e forse solo per questa ragione egli è il comandante dell i te o ese ito a heo. Ma egli i e a he ad A go ed ese ita la sua i flue za su Lacedemone, dove è re il suo fratello minore Menelao. Secondo il libro IX dell Iliade egli do i a a he su parte della Messenia. Non è chiaro perché gli altri principi achei lo abbiano affiancato nella sua spedizione contro Troia. Il mito suggerisce un precedente impegno reciproco da parte dei vari pretendenti regali alla mano di Elena, ed Omero stesso menziona una qualche promessa di questo tipo. Ma Tucidide (1, 9, 1) o d a o do e pe sa he la p o essa sia stata piuttosto strappata, imposta, da Agamennone, i agio e del suo pote e. L Iliade e l Odissea i ela o u a so ietà, o u distillato di varie società, in cui i capi delle città della Grecia achea erano vincolati tra di loro non tanto sulla base di vincoli di consanguineità - che operavano in taluni casi - quanto da un elaborato sistema di doni, di omaggi, che imponevano obbligazioni reciproche senza una formale alleanza o senza che fosse necessaria una gerarchia di stati. Allo stesso tempo Agamennone viene accettato, nei poemi omerici, come capo supremo degli Achei, con una autorità riconosciuta che non può essere spiegata semplicemente sulla base di relazioni familiari o di obbligazioni semi-commerciali. È possibile, allora, che Micene fosse da lungo tempo riconosciuta ed accettata come guida militare delle città della Grecia continentale. Sembra che essa avesse p eso l i iziati a dell atta o o t o C osso, così come certamente aveva fatto contro Troia. Le spedizioni dei Sette contro Tebe, e dei loro più fortunati figli, furono intraprese da Argo. Noi non conosciamo la scusa adottata pe l atta o o t o C osso, a la itologia i off e agio i at i o iali e di asti he pe gli alt i due atta hi. Il fattore comune, in tutti e tre gli attacchi, doveva essere stato la ricchezza delle città attaccate, sebbene nel caso di Tebe, che non era una città straniera, devesse esservi stato qualche altro pretesto. Micene, che aveva avuto la parte più consistente del bottino derivante dalle razzie cretesi, e che possedeva meno risorse naturali se messa a confronto con alcuni degli altri stati, e quindi non poteva altrimenti mantenere il livello di vita cui si era abituata, era la naturale iniziatrice di queste guerre di razzia; e poteva rendere la vita difficile alle altre città che, come probabilmente Tebe, rifiutavano di unirsi a questo tipo di azioni sulla base di una ineguale divisione del bottino. Cronologia comparativa Ittiti/Troia/Micenei/Creta. Nell epo a i ui la C eta minoica, e poi le potenze achee della terraferma, stavano dominando il mare Egeo, nella media e tarda Età del Bronzo, l i te o dell Asia Mi o e dominavano gli Ittiti, un popolo indoeuropeo che era entrato nella penisola intorno al 1900 a.C. nello stesso momento in cui un popolo del Medio Elladico, parlante la lingua greca, muoveva in Grecia e le genti di Troia VI arrivava a Troia. La civiltà ittita crebbe fino a divenire una potenza, specialmente sotto Suppiluliuma intorno al 1350 a.C., al tempo della grandezza di Micene. Capitale ittita era Hattusa (la moderna Boghaz Keui), e il palazzo reale era un labirinto di stanze e magazzini raggruppati intorno ad un cortile centrale, come a Cnosso. Altri palazzi della media e tarda Età del Bronzo sono pressappoco simili a quello di Hattusa: si trattava certo di una tipologia diffusa, che riflette i collegamenti reciproci – in modo diretto o indiretto - di queste culture o le i iltà della alle dell Euf ate. U i ge te a hi io di ta olette da Boghaz Keui può ora esse letto, e ost a l esiste za di u a e o o ia di palazzo alta e te e t alizzata, del tipo anche indicato per Nuzi, Alalakh, Mari, Cnosso e Pilo. L i pe o ittita ollassò i to o al a.C. dopo onerose lotte o t o l Egitto ed u pe iodo di es e ti dispute con piccoli stati vassalli nella stessa Asia Minore. Uno dei popoli menzionati dalle tavolette ittite sono gli Akhkhijawa, che erano evidentemente incentrati fuo i dell Asia Mi o e, a a e a o i te essi lu go le sue coste sud-occidentali e meridionali, interessi pe seguiti a olte o l app o azio e e a olte o la fo te disapp o azio e del e ittita. Gli studiosi tendono ora ad accettare il fatto che il nome Akhkhijawa si riferisca agli Akhaiwoi, o Achei, che era il modo in cui i Greci micenei, secondo Omero, identificavano più comunemente se stessi. Gli Achei delle tavolette ittite sembrano però, per lo più, essere appartenuti ad insediamenti al di fuori della Grecia continentale; il luogo più probabile per questo popolo sembra essere Rodi. Rodi aveva certamente ambizioni sulla costa licia, il che è probabilmente riflesso nel combattimento, ell Iliade, t a il li io Sarpedone ed il rodio Tlepolemo; ed è anche significativo il fatto che in parti della Panfilia, in epoca storica, venisse utilizzata una variante di greco vicina ai dialetti arcadico e cipriota, essi stessi e ta e te elitti del i e eo , o greco della tarda Età del Bronzo. Gli Ittiti o o t olla o o ai la pu ta all est e ità o d-o ide tale dell Asia Mi o e: ui infatti, sin dal III millennio a.C., si era insediata una città ben fortificata chiamata Ilio, o Troia. Troia venne conquistata da invasori, non dagli Ittiti, nello stesso periodo i ui gli Ittiti si dist i uiva o el o d e el e t o dell Asia Mi o e. Questa uova popolazio e, he a itò la sesta delle città costruite sullo stesso sito (identificata con Troia VI), si insediò in modo così stabile nella nuova patria che riuscì ad evitare ogni disputa con gli Ittiti, e viene pertanto quasi completamente ignorata nelle tavolette ittite sopravvissute. Troia era collocata all i g esso occidentale dei Dardanelli, all i te sezio e di u a ia di o unicazione non molto importante che dal nord corre verso sud sulla lungo la osta dell Asia Mi o e. Questa posizio e può a e po tato u a e ta p ospe ità al p i ipio, a el II ille io a.C. o e to he T oia pa te ipasse olto del o e io o l i te o dell Asia Mi o e. Sembra probabile da quel che mostrano i nuovi scavi americani del sito - là dove lo scavo originale di Schliemann, all al a dell a heologia s ie tifi a, ise a soqquadro le stratificazioni - che la potenza e la ricchezza della città furono considerevolmente accresciute dalla nuova popolazione; e che questa ricchezza era basata non tanto su pedaggi esatti dai commercianti di passaggio, come si pensava, quando sulla p oduzio e tessile e sull alle a e to dei a alli. La parte fortificata di Troia occupa un sito di dimensione ridotta, occupato dal palazzo reale e dalle sue dipendenze: come a Micene, la maggior parte della popolazione deve vivere all este o delle u a. I ritrovamenti di questi nuovi scavi suggeriscono che i suoi commerci dovevano essere rivolti piuttosto verso occidente che verso oriente: ell a ea olto li itata di f es a esplo azio e so o stati s ope ti frammenti di più di 700 vasi micenei di importazione, mentre i prodotti orientali sono virtualmente assenti. Questa ricca e prosperosa città venne distrutta appena dopo il 1300 a.C., probabilmente da un terremoto: immediatamente venne ricostruita dai sopravvissuti una nuova citta, più povera, su, e tra, le rovine della precedente città. Questo insediamento, noto come Troia VIIa, fu a sua volta distrutto solo una o due generazioni dopo: gli archeologi collocano questo evento intorno al 1240-1230 a.C. Questa volta la distruzione fu causata non da un terremoto, ma da u i vasio e. Dopo il disastro, un certo numero di sopravvissuti rimasero sul luogo, per soccombere poi a loro volta ad un nuovo attacco da parte di una tribù barbara proveniente da nord. A o a u po di te po, poi il sito rimase abbandonato fino al tardo VIII secolo a.C. Figura 4 Scavi sulla cittadella di Troia, con vista sulla pianura sottostante (1893)3 L Iliade e l Odissea e l u i e sale t adizio e dei G e i i di o o he T oia e e sa heggiata dopo u lu go, e e to esage ato, assedio da parte degli Achei, sotto il comando di Agamennone, re di Micene. Secondo i più autorevoli calcoli antichi, questo evento ebbe luogo intorno al 1184 a.C. (stima di Eratostene, in Clemente di Alessandria). Facendo uso di limiti temporali più larghi, l e e to 3 Immagine ripresa dal sito https://sites.google.com/site/homeros160/troy. potrebbe collocarsi dopo il 1300 e prima del 1100 a.C. Solo una delle più importanti distruzioni storiche di Troia si accorda con questi limiti: appunto quella che pose fine a Troia VIIa probabilmente intorno al 1230 o al 1240 a.C. E molto di più, in questo caso come in molti altri, converge per dimostrare che la tradizione mitologica si fonda su fatti storici. Una punta di freccia trovata in una delle strade di Troia è di tipo miceneo; le relazioni commerciali con il mondo acheo sembrano essere state tese si dall i izio del XIII secolo a.C., quando le importazioni micenee cessano quasi del tutto. Per di più la distruzione di Troia giunse alla fine di un lungo assedio, proprio nel modo in cui secondo la tradizione avvenne la conquista da parte di Agamennone; questo è messo in evidenza dall affolla si di ifugi ost uiti i tutta f etta all i te o delle u a, e dalla g a ua tità di gia e di stoccaggio appena nascoste sotto i pavimenti. Certo non ci sono indicazioni di bottino troiano nelle tombe e nelle rovine delle città achee: questo però perché il bottino doveva consistere per lo più in donne, cavalli e opere preziose in metallo che, non corrispondendo alla tecnologia in uso a Micene in quel periodo, vennero probabilmente rifuse. Ecco quindi che comincia ad apparire una certa simultaneità di eventi. Genti che parlavano greco fanno il loro ingresso nella pe isola g e a i to o al a.C., ello stesso o e to i ui u alt o popolo i doeu opeo, gli Ittiti, uove ell Asia Mi ore ed una nuova popolazione prende possesso di Troia. Si aggiunga che i Troiani di Troia VI, come la popolazione del ME della terraferma greca, utilizzavano una tecnica altamente distintiva di ceramica minia. Si presentano dunque due possibilità connesse: • • la prima, che il popolo di Troia VI, sebbene non identico agli Ittiti, provenisse dallo stesso ceppo indoeuropeo, e fosse stato spinto in Asia Minore dalla medesima corrente migratoria; in secondo luogo, che le similitudini tra Troia VI e la cultura del ME implichi un certo grado di parentela razziale tra i Troiani e gli Achei. Sfortunatamente non si conosce nulla relativamente alla lingua di Troia VI e Troia VIIa: non si sono trovate tavolette come quelle utilizzate per registrazioni o inventari dagli Ittiti o dagli Achei, dopo he uesti e e o app eso l a te della scrittura dai Minoici di Creta. È possibile che i Troiani non conoscessero uest a te. In ogni caso non ci sono al momento ragioni per ritenere che la loro lingua non dovesse essere di tipo indoeuropeo. È possibile quindi che le genti di lingua greca del ME nella Grecia continentale ed i Troiani di Troia VI fossero imparentati, ma che il loro passato più recente fosse stato abbastanza diverso da produrre varie divergenze superficiali tra le due culture. In questo caso il contrasto tra gli Achei greci ed i barbari Troiani, ben esemplificato da Erodoto, sarebbe fuorviante. Le differenze culturali tra i due popoli si spiegherebbero non solo con le loro diverse esperienze prima di raggiungere le loro rispettive patrie, ma anche con le differenze esistenti tra i popoli che essi dominarono ed assorbirono. Del resto come le genti del ME devono essere state trasformate dalle tradizioni e dal modo di vivere dei loro p ede esso i e sottoposti dell AE, allo stesso odo i popoli di T oia VI e VIIa de o o esse e stati mutati non solo culturalmente, ma anche fisicamente, dalle più antiche stirpi che costruirono e popolarono i primi cinque insediamenti a Troia. Ugualmente importante deve essere stato il relativo isolamento di Troia dai suoi vicini durante il II millennio a.C., in un momento in cui Micene attraversava una tremenda rivoluzione culturale attraverso il contatto con Creta, una civiltà lontana e probabilmente non indoeuropea. E per di più - a complicare ulteriormente gli ingredienti razziali degli Achei - devono esserci stati matrimoni misti t a Mi e ei e Mi oi i. E le p o a ilità di u affi ità et i a t a A hei e T oia i au e te a o o side e ol e te se le nuove, estese esplorazioni in Asia Minore confermeranno un recente suggerimento, finora basato principalmente su rinvenimenti di superficie, secondo il quale il popolo del ME che portò in Grecia la lingua greca venne non dalla regione delle pianure ungheresi, ma attraverso l Asia Mi o e, quindi o to a do le oste sette t io ali dell Egeo oppure direttamente attraverso il mare. Una contiguità razziale tra Troiani ed Achei spiegherebbe alcune cose in Omero: il fatto per esempio che, a parte una certa inclinazione o ie tale di P ia o al o u i aggio, e la u o osità dell ese ito t oia o (anche se questa sembra doversi per lo più agli alleati), i costumi e la religione dei Troiani, e anche la maggior parte dei loro nomi, sono più o meno gli stessi dei Greci. Ma naturalmente questo può doversi in larga parte alla semplificazione poetica. Ma se davvero i Troiani fossero stati sempre ricordati o e a a i i se so g e o - non-greci nella loro lingua, e quindi nei loro costumi - allora ci aspetteremmo di trovare molte delle loro peculiarità accentuate dai poeti epi i i odo da au e ta e l effetto d a ati o e pitto i o dei loro canti. Sottolinearlo t oppo pot e e e to idu e la di e sio e e oi a dell i te a spedizio e, a pot e e comunque esse e spi to u po più i là di ua to fatto ell Iliade e ell Odissea. A parte i costumi simili, ci sono una o due inattese connessioni genealogiche tra Achei e Troiani in Omero, connessioni che sarebbero più facili da comprendere se le due nazioni fossero strettamente connesse. Per esempio Echepolo re di Sicione è detto discendente di Anchise in 23.296, ed Anchise è solo conosciuto come padre di Enea. Ma potrebbe esserci confusione con un Echepolo troiano, dis e de te di Talisio, u iso i . . C u e E itto io ella li ea genealogica reale troiana, così come in quella della micenea Atene, e il nome di suo padre Dardano era arcadico, per esempio secondo Pausania (VIII, . . Queste oi ide ze pot e e o pe ò esse e do ute a li iti dell i e ti a poeti a, elati a e te ai nomi propri; vediamo infatti che in Omero ai personaggi minori troiani vengono spesso dati gli stessi nomi di personaggi minori achei. Un numero sosp e de te e te g a de di o i o e i i t o ati elle ta olette di Pilo, o i appa te e ti a Pili del XIII se olo a.C., ell Iliade e go o asseg ati a T oia i e o ad A hei - questo potrebbe però suggerire non che i Troiani di età storica avevano nomi greci, ma che i poeti epici utilizzavano nomi con i quali essi avevano familiarità nelle loro stesse città per personaggi minori e immaginari, sia greci che non greci. Un altro sorprendente fattore in comune nella storia del Mediterraneo orientale durante il II millennio a.C. è la relativa frequenza di terremoti devastanti. La tradizione non ci dice praticamente nulla di essi. Possiamo allora davvero credere che così tante famose città, inclusa Cnosso intorno al 1570 a.C. e Troia VI intorno al 1275 a.C., siano state così colpite dai terremoti da subire grosse fratture nel loro sviluppo culturale e politico? Probabilmente sì. In condizioni ideali la registrazione archeologica distingue tra distruzione da terremoto e distruzione per causa umana: nella prima ci sono muri fessurati e crollati in modo netto, e non ci sono segni di un precedente assedio o di preparazione militare. Fuoco e saccheggio si ha in entrambe i casi. In prima battuta gli archeologi erano riluttanti a credere che fosse stato in primo luogo un terremoto a distruggere Cnosso nel XVI secolo a.C., sebbene le prove materiali facessero fortemente pensare a questo. E ancora egli ulti i ua a t a i4 vi sono state sostanziali nuove prove della potenza e della frequenza dei terremoti nel Mediterraneo centrale ed orientale: Messina e Corinto nei primi anni Venti del XX se olo, le ittà delle isole io ie, “a to i i/The a e pa te della Tessaglia ell ulti o de e io; e i ual he o e to el II millennio a.C. Pensiamo a Thera, letteralmente fatta a pezzi da un disastroso terremoto e da una eruzione vulcanica. Non è difficile i agi a e l effetto su u a ealtà o e C osso, u palazzo-stato super-centralizzato, e popolato, specialmente quando le nazioni vicine sono inclini a reagire non tanto con l invio di coperte e medicinali, ma con assassini e saccheggi. I palazzi del mondo miceneo ebbero la fortuna di sfuggire a questo tipo di cataclismi. La maggior parte di essi, come la stessa Micene, non si trovavano direttamente su una fascia sismica. Il tracollo della cultura achea fu invece probabilmente causato da stagnazione economica, che portò a guerre interne, e dalla crescente pressione d una nuova ondata di genti di lingua greca, i Dori, che avevano cominciato ad infiltrarsi verso sud dalla Grecia nord-occidentale sin dal XIII secolo a.C. La fine di Micene somiglia non solo da quella di altre città della terraferma, ma anche alla distruzione di Boghaz Keui, Ugarit e Alalakh: anche qui la scomparsa di un a ti a ultu a locale fu causata da difficoltà economiche che portarono a rovinose guerre di aggressione, che a loro volta indebolirono così tanto il potere centrale che esso non fu più in grado di difendersi da nuovi invasori, affamati di terra. Possiamo allora chiederci quanto fu da e o u età e oi a la i iltà he ostituis e lo sfo do ai poe i o e i i. A e a agio e Esiodo el ollo a e f a l Età del B o zo, assetata di sa gue, e la sua s uallida, ise a età, u età e oi a, ella uale la aggior parte delle cose erano buone? Davvero nella Grecia della tarda Età del Bronzo, tra le guerre, la vita era così calma e prospera come le descrizioni di Pilo e Sparta nel terzo e quarto libro dell Odissea oglio o fa i ede e? La domanda è in un certo senso fuorviante, in quanto la civiltà cosiddetta i e ea coprì un intervallo di tempo estremamente lungo, quanto quello intercorso dalla scoperta di Cristoforo Colombo fino ai nostri giorni, e variò molto in qualità. La tradizione cui si riferisce Omero compresse questo periodo in tre o quattro generazioni, come fa di solito la tradizione, operando una selezione tra diverse fasi di questo periodo, così come dalla vita completamente diversa della Grecia post-micenea. Probabilmente i po hi o e ti l Iliade e l Odissea ifletto o la vita dei grandi giorni del XVI, XV e XIV secolo a.C., i giorni dei re delle tombe a fossa e dei loro successori, i re delle tombe a tholos, dei costruttori delle poderose mura e della Porta dei Leoni, quando Micene era alla testa d un impero in espansione, erede della ricchezza e della potenza marittima di Creta, con le risorse della terraferma a sua disposizione ed il commercio verso Oriente temporaneamente a portata di mano. Più spesso Omero riproduce aspetti che s adattano di più ai secoli successivi, quando la vita era più angusta, circoscritta, e più precaria, il commercio più difficile, e poco di più ci si poteva aspettare da Creta; i ui l Asia Mi o e e la “i ia e a o esse stesse i su uglio, e l Egitto e a ostile. Le differenze in ricchezza naturale tra i palazzi micenei cominciavano a farsi sentire, incoraggiando gelosie, rivalità e dispute dinastiche. Le troppo facili ricchezze del passato e le gravose amministrazioni palaziali portarono ad un declino che può ben definirsi decadenza, le vittime della quale cercarono u a o pe sazio e el sa heggio e ella azzia, sia all este o dell i pe o he al suo interno, per continuare a tirare avanti. Il it atto he O e o fa dei sui p i ipali pe so aggi, o plesso o , oi ide p essappo o o uello che possiamo aspettarci da un amalgama di questo tipo tra le qualità e le caratteristiche di queste due epoche molto differenti. E da quello che ne seguì. Aga e o e, il o a da te sup e o di A go e di olte isole , p o ie e p o a il e te – tortuosamente ed indirettamente - da reminiscenze del periodo di grandezza; invece Agamennone, comandante di una difficile, e a volte disobbediente, spedizione o t o T oia, he u te po e a stato u uo lie te pe le espo tazio i i e ee, appa tie e all età della disintegrazione. Molti elementi nei poemi provengono da questa età più tarda, ed è naturale che le reminiscenze di un più distante passato siano in minor numero e meno specifiche, più generiche. Spedizioni individuali, per vantaggio personale o razzia, come quelle intraprese da Menelao dopo la caduta di Troia (Od. 4.90), o dall Odisseo dei falsi a o ti ell Odissea (Od. 14.245 sgg.), appartengono alla fi e dell età i e ea e alla su essiva Età Buia; osì o è fo se pe il o po ta e to a a hi o di Te site (Il. 2.211 sgg.), le razzie e contro- azzie pe il estia e delle e i is e ze di Nesto e ell Iliade (Il. 7.132 sgg.; 11.670 sgg.)., e la gravosa resistenza dei suoi Pili contro gli invasori da nord, simbolizzati da Eracle (Il. 11.690 sgg.). Sarebbe fa ile esage a e il g ado di disg egazio e i pli ito ella poesia o e i a. L i di idualis o egoista di al u i dei p i ipali e oi e e se za du io esage ato du a te lo s iluppo della t adizio e. No tutti i si to i della de ade za dell i pe o si appli ano in uno stesso momento, e senza dubbio molti individui, forse compresi i cantori della poesia epica, conducevano vite relativamente t a uille du a te l ulti a fase di Pilo o di Mi e e. A pa ti e dalla de if azio e delle ta olette i Li ea e B da pa te di Ventris, possiamo valutare in modo più realistico alcune delle condizioni di vita in un palazzo acheo appena prima della sua caduta. 4 Rispetto alla data di pubblicazione del libto di G. S. Kirk, cioè il 1962. 2. Le tavolette in Lineare B e la vita in uno stato palaziale del tardo periodo miceneo Le tavolette in Lineare B sono state incise appena prima della distruzione degli edifici nei quali sono state trovate, cotte al fuoco degli incendi che si propagarono attraverso i palazzi e gli edifici annessi. Il maggior numero di tavolette proviene da Pilo; poi abbiamo Cnosso, quindi, sfortunatamente, Micene: possiamo quindi conoscere di più relativamente a Pilo che relativamente agli altri due palazzi, per quanto più importanti. Le tavolette di Pilo – del XIII secolo a.C. - non ci fanno pensare che a quel tempo ci fosse evidente anarchia: la complessa organizzazione sociale ed economica era ancora operativa, ma non sappiamo con quanta efficacia; ed è caratteristico delle organizzazioni super-centralizzate come quelle di tipo miceneo che possano degradare molto in fretta. Un qualche parallelo ci è fornito dal aos e o o i o he olse l Egitto, e i isu a i o e l I pe o ‘o a o el suo o plesso, el III secolo a.C. Quindi non possiamo essere certi del fatto che quello che leggiamo dalle tavolette, l ele o di o e ia ti e equipaggi di navi e pastori, queste razioni e contribuzioni in semi ed olio, questi numeri cospicui di pecore e capre e maiali, siano necessariamente segno di vitalità economica. Un confronto con le tavolette di Cnosso, relativamente simili, di circa due secoli precedenti, non suggerisce alcun declino. Ma questo è un criterio ingannevole, e la verità è che il contenuto delle tavolette è troppo disperso, e i loro dettagli sono troppo oscuri, per fornirci almeno il livello di informazione sulla vita sociale ed economica che ci si potrebbe ragionevolmente attendere da questo tipo di testimonianze. Prima di ulteriori discussioni relativamente alle condizioni di Pilo nel tardo XIII secolo a.C. devono essere sottolineati due punti. Il primo punto è semplice: per quanto poco plausibile sia la minuziosa organizzazione della vita in uno stato miceneo, questa corrisponde con le testimonianze che abbiamo per altre organizzazioni palaziali del Vicino Oriente nel II millennnio a.C. – Boghaz Keui, Ugarit, e i palazzi hurriti di Nuzi e Alalakh. E allo stesso te po u a hia ezza ed u a azio alità ella aggio pa te di queste registrazioni non greche, che spesso manca nei nostri documenti micenei. Il secondo punto è relativo al fatto che l a alisi delle ta olette, e lo studio della lingua scritta in Lineare B, sono ancora in uno stadio iniziale5. La decifrazione della lingua come greca non dovrebbe, secondo me, ormai più essere in dubbio; sebbene ci sia ancora una minima p o a ilità he possa o esse lo. D alt a pa te la traduzione proposta per molte delle tavolette, anche per le 300 ritenute più interessanti provenienti da Pilo, Cnosso e Micene – descritte ed interpretate da Ventris e Chadwick nel loro fondamentale Documents in Mycenaean Greek (Cambridge, 1956) – sono ancora, bisogna ammetterlo, provvisorie e in alcuni casi davvero dubbie e discutibili. In un caso come Documents, no. 30 (Pylos Ae264) – si veda la figura seguente - è dubbio se una traduzione così improbabile in se stessa e così assolutamente non confermata come greca 6 meriti davvero grande attenzione. E nutro pochi dubbi che nelle future edizioni verrà abbandonata. E per di più solo una piccola quantità delle tavolette trovate fino al 1955 ha portato ad una convincente resa in greco, nonostante la forte pressione esercitata su di esse da parte di Ventris e Chadwick e degli altri filologi che hanno lavorato su questo soggetto. E la situazione non è cambiata nemmeno con le relativamente poche tavolette ritrovate dopo quella data. Nelle parole degli stessi decifratori, There are no tablets of reasonable extent which do not give sime sign of being written in Greek, though of course lists of names may well have a foreign look Documents, p. 71). Qui bisogna essere cauti: anche ell a ito delle 300 tavolette selezionate nei Documents alcune danno solo indizi davvero minimi di essere in greco, o contenere del greco; e presumibilmente la maggior parte del totale di 3.500 tavolette che possediamo7 sono molto meno comprensibili delle 300 selezionate. Sempre Chadwick e Ventris ci dicono che circa il 65% delle parole micenee registrate nelle tavolette sono nomi propri (Documents, p. 92). Le conseguenze le leggiamo nella prefazione al vocabolario miceneo stampato come Appendice I dei Documents: cioè che le 3.500 tavolette conosciute ci consegnano solo 990 parole distinte, escludendo gli evidenti nomi propri; e, di queste, 260 sono varianti grafiche o di flessione. Delle 630 verosimilmente distinte voci del vocabolario riscontrate nelle tavolette solo 252, secondo i decifratori, possono essere messe in corrispondenza diretta con forme omeriche o forme classiche, ed hanno un corrispondente significato che coincide con quasi certezza con il contesto delle tavolette. Un esame più attento non permette però di accettare come certamente greche neppure la totalità delle pa ole, ell a ito delle tavolette note alla data del 1955. Solo due terzi del totale adempiono i requisiti morfologici e di contesto definiti dai traduttori. E per di più il totale non è costituito di 252 parole realmente differenti, ma in alcuni casi sono solo forme differenti, per esempio la forma nominale ed aggettivale di una stessa radice: per esempio a-ko-ra e a-ko-ra-jo (ἀ ο ά e ἀ ο αῖος oppu e da-mo e da-mi-jo ᾶ ος e ά ιος). Inoltre spesso una forma aggettivale o verbale è accettata principalmente perché si è già accettata la forma nominale, o viceversa: quindi questi casi non sono conferme indipendenti del fatto che ci troviamo, sulle tavolette, in presenza di lingua greca. In base al mio conteggio il totale di pa ole e ta e te g e he de e esse e idotto di almeno 35 per queste ragioni. E di quello che rimane solo circa due terzi soddisfano entrambe i requisiti di cui sopra. Questo ci dà un totale di sole 150 unità lessicali indipendenti che possono essere verosimilmente e in modo convincente considerate greche (alle quali poche altre devono probabilmente aggiungersi derivate dai nomi personali composti) su un totale di 3.500 tavolette. 5 Alla data del libro di Kirk, 1962, almeno. Riporto la traduzione di Chad i k e Ve t is: Philaios the goat-herd (who is acting as?) seizer has seized the cattle of Dunios , (Documents, p. 169). 7 Anche qui alla data del libro di Kirk, 1962, almeno. 6 Esempio di trattamento del documento n. 30 (Documents, p. 169). Ora, anche ammettendo che si possano distinguere solo 550 unità distinte, contro le 630 ipotizzate dai decifratori, oltre ai nomi propri, allora 150/550, cioè meno di un terzo, rappresenta una proporzione davvero deludente, su un totale esso stesso insoddisfacente. E a he uesto isultato asato sull assu zio e he al e o il % dei te i i disti gui ili sia o nomi propri. Il modo in cui è possibile distinguere questi nomi è discusso da Ventris e Chadwick in Documents, p. 92, e sebbene la loro stima possa essere a ridosso del margine più elevato, sembra che nelle tavolette una parola sì e una no possano cadere in questa categoria. Come si spiega che così poche parole delle tavolette in Lineare B siano state identificate in modo ragionevole come greche ? Alcune ragioni sono ovvie, per esempio: 1. 2. 3. 4. 5. 6. nei 400/500 anni trascorsi tra la scrittura delle tavolette di Pilo e la composizione dei poemi omerici, he so o d altra parte i più antichi esempi di lingua greca, molte parole sono senza dubbio cadute in disuso e sono state dimenticate; molti dei te i i te i i o essi o l o ga izzazio e so iale ed e o o i a di u o stato i e eo o a e a o olte possibilità di essere impiegati nel complesso della letteratura greca dei secoli successivi (che è dopo tutto principalmente lette a ia , e o di a atte e p ati o o do u e ta io – o piuttosto in quella parte di essa che è sopravvissuta; molte delle parole utilizzate nelle ta olette pot e e o esse e i p estiti st a ie i, o e χ σός (oro) o χι ώ (tunica), che potrebbero, a differenza di questi ultimi, essere stati abbandonati a favore di equivalenti locali; in documenti di questo tipo i termini di dizionario utilizzati potrebbero essere relativamente pochi – sebbene alcuni di essi possano essere utilizzati, come lo sono nelle tavolette, ripetutamente: prendere in considerazione il numero di parole greche distinte, invece del totale delle loro occorrenze, potrebbe in certa misura essere fuorviante; il dialetto miceneo potrebbe essere stato, sotto certi punti di vista, così diverso dai dialetti più tardi che alcune delle sue forme potrebbero non essere riconosciute come greche, anche se questo non è molto probabile; errori degli scribi potrebbero impedirci di riconoscere alcuni termini come greci. Ci possiamo legittimamente chiedere se queste ragioni siano sufficienti a spiegare la peculiare situazione di proporzionalità che sembra esistere: cioè che meno di una parola ogni tre delle tavolette, escludendo probabili nomi propri, venga riconosciuta come greca con relativa certezza. Non voglio dire di conoscere la soluzione a questo problema, ammesso che esso sia realmente un problema. Allo stato attuale è molto improbabile che la decifrazione non sia corretta, a meno di qualche segno poco frequente che in ogni caso sposta di poco il problema. La scarsa precisione delle regole grafiche del miceneo non aiuta, dal momento che aumenta, anziché diminuire, l e ide za di te i i g e i. Una possibilità che merita di essere considerata è che alcune delle tavolette, o almeno alcune delle parole in alcune delle tavolette, non siano scritte in greco, ma in qualche altra lingua. Questa possibilità è stata esclusa troppo in fretta dai decifratori (Documents, pp. 71-2). Essi erano principalmente preoccupati per il suggerimento di Merlingen, secondo il quale i Greci erano una classe dominata, che teneva la contabilità per i dominatori stranieri; oppure per quello di Andrews, secondo il quale gli scribi erano stranieri che non conoscevano abbastanza bene il greco e potrebbero aver utilizzato molti barbarismi che ora noi non riusciamo a riconoscere. “o o d a o do sul fatto he la p i a ipotesi sia sto i a e te i plausi ile, a l idea he alcuni, se non tutti, gli scribi delle tavolette fossero stranieri non dovrebbe essere scartata o classificata come priva di valore. La conclusione potrebbe essere, allora, non che il greco delle tavolette non è comprensibile perché queste sono piene di errori, ma che gli scribi, sebbene potessero scrivere in greco abbastanza bene per i loro scopi, abbiano introdotto nelle tavolette parole della loro lingua di origine, oppure scritto intere tavolette nella loro lingua di origine. Questo non è improbabile da un punto di vista storico, dal momento che la Lineare B è una scrittura adattata dalla più antica Lineare A, che era utilizzata per scrivere la lingua minoica, qualunque essa sia stata, e e ta e te o g e a. L adatta e to de e esse e stato fatto, p esu i il e te, da s i i ili gue, dopo l ipoteti a do i azio e di C osso da parte di Micene intorno al 1500 a.C. Verosimilmente si trattava di scribi minoici, piuttosto che di Greci che avevano improvvisamente imparato il minoico. Gli Achei sembra abbiano preso possesso del palazzo di Cnosso quando era una attività in pieno esercizio, e abbiano quindi lasciato le attività di contabilità più o meno inalterate, seppure richiedendo che alcuni resoconti fossero tenuti in greco. Quindi gli scribi minoici avrebbero mantenuto il controllo delle attività. È anche possibile che molti artigiani cretesi abbiano lasciato Creta nel periodo tra il terremoto e la distruzione finale di Cnosso, e non è improbabile che tra questi vi fossero anche degli scribi, che portarono le nuove tecniche contabili ai ricchi palazzi della terraferma. Queste conoscenze arcane tendono a venir preservate all i te o delle fa iglie, e o sa e e ui di so p e de te he al u i degli uo i i he s isse o le ta olette di Pilo – molti uomini, a giudicare dalle differenti calligrafie, e non tutti professionisti – fossero discendenti degli scribi del palazzo di Cnosso. La maggior parte di tutto ciò è pu a spe ulazio e, a uello he i i te essa di ost a e è he è se z alt o possi ile he s i i minoici possano essere stati impiegati a Pilo e Micene secoli prima della caduta di Cnosso. Provare che essi hanno verosimilmente utilizzato alcune parole minoiche, o persino scritto intere tavolette in minoico, questo è molto più difficile da provare. Si devono comunque tener presenti due cose: • • prima di tutto, la maggior parte delle tavolette contengono registrazioni estemporanee, occasionali, temporanee, di attività quotidiane; poche possono contenere registrazioni consolidate del tipo che viene solitamente messo a punto di tanto in tanto per ispezioni da parte delle autorità; la maggior parte di queste registrazioni è molto meno formale – qualcosa di più di un promemoria, dal momento che venivano comunque archiviate, ma pensate principalmente per consultazione specializzata all i te o del dipa ti e to o ta ile; i se o do luogo, l aggiu ta di ideog a i figu ati alle des izio i e ali, a atte isti a della aggio pa te delle tavolette, poteva in alcuni casi essere stata fatta per permettere a scribi o persone comunque in grado di leggere, ma non di li gua i oi a, di o p e de e l esse za della egist azio e, anche se questa conteneva testo scritto nel vecchio gergo contabile di Cnosso, mantenuto per una sorta di snobismo burocratico. In un certo senso questa intera teoria è una e sio e pa ti ola e dell ipotesi se o do la uale nelle tavolette potrebbero essere stati usati molti imprestiti stranieri. Ma anche in questa ipotesi, nella sua forma più semplice, ci sono delle difficoltà: per esempio (M. I. Finley) molte delle parole riconosciute nella decifrazione sono proprio del tipo dei termini speciali o tecnici al posto dei quali ci si sarebbe aspettato l uso di u i p estito, sulla ase appunto di questa ipotesi. No agio e di p osegui e ulte io e te i uesta ongettura. Essa è stata presentata non perché sia particolarmente interessante, in se stessa, ma perché formalmente si tratta di una spiegazione possibile, tra le pochissime esistenti che possono rendere conto del limitato numero di termini persuasivamente greci sinora trovati nelle tavolette. I decifratori non hanno ritenuto questo numero così piccolo, come io faccio ora, quindi per essi il problema era corrispondentemente meno serio. Ed esso è praticamente inesistente per coloro che accettano come un solido fatto la trascrizione greca delle trecento tavolette selezionate e presentate in Documents of Mycenaean Greek: un fatto a partire dal quale si potevano edificare in modo certo tutta una serie di complicate ipotesi. Si tratta però di una accettazione contro la quale gli stessi Ventris e Chadwick avevano scrupolosamente messo in guardia. Sarebbe interessante sapere se vi erano ex-Minoici tra le corporazioni micenee di scribi, e quanti imprestiti stranieri erano di uso comune o professionale. Storicamente è più importante, per ora, comprendere i limiti delle tavolette stesse. Ma anche con queste limitazioni esse sono documenti in grado di esercitare un curioso fascino. Possiamo comunque ora passare a presentare in modo sintetico lo stato del mondo miceneo in declino, così come viene descritto nelle tavolette. In particolare si descriveranno le condizioni di vita a Pilo. Il palazzo di Pilo in Messenia (sito moderno Ano Englianos) sembra controllasse una vasta area del Peloponneso sud-occidentale. Nelle tavolette di Pilo ricorrono non meno di 160 nomi di località, la maggior parte dei quali, sebbene naturalmente non tutti, se a o lo alizzati ell a ea. Il signore, capo dello stato, è chiamato Wanaka (tardo greco ϝά α , ἄ α , il signore, o re. Il termine lassi o g e o pe desig a e il e, βασι ύς, o o e ella fo a qa-si-re-u, ma si riferisce ad un tipo di ufficiale o comandante relativamente subordinato: forse di tratta del capo di alcuni villaggi semi-indipendenti. Secondo in importanza rispetto al re sembra essere il ra-wa-ke-ta, p o a il e te La agetas si eda il g e o α έ ας , o a da te del αός, della ge te . È stato i te p etato come un comandante militare, ma la cosa non è certa. Forse l e ede del e i li ea di etta? Il re aveva un te-me-no privato έ ος , p o a il e te la te a iglio e, itagliato esp essa e te pe lui: un simile appezzamento aveva il comandante della ge te, il La agetas. P o a il e te l appezza e to del La agetas è un terzo di quello del re: Documents, no. 152 (Pylos Er312)8. Questa ta oletta o ti ua spe ifi a do l a o ta e di se i asso iati o la te a posseduta da t e te-re-te (? telestai o possessori di un feudo) e con la terra wo-ro-ki-jo-ne-jo (? ϝο ιω ῖος o appa te e te ai ele ato i dei iti . La pa ola te-me-no compare solo in questa tavoletta, e in ogni caso sarebbe errato dedurre che, dal momento che il re possiede un temenos, termine per lo più utilizzato pe e i to di i o el g e o lassi o, al re venissero tributati onori divini. In Omero il temenos indica semplicemente un appezzamento di terra scelto per uno scopo preciso, e riservato a questo scopo: per il re, per un dio, o per qualche altra persona. È impossibile assegnare la maggior parte dei nomi di località a punti sulla mappa. Pu-ro ricorre spesso e sembra dunque suggerire l identificazione con l a ti a Pilo. Delude, a o so p e de, he essu a delle ta olette e zio i a he u o solo dei e i conosciuti della dinastia dei Neleidi, che secondo Omero e la tradizione devono aver governato Pilo proprio in questo periodo. Compare nelle tavolette il nome di una figura importante, ma probabilmente non si tratta del re in persona: si tratta di E-ke-ra2-wo, ed è sconosciuto in Omero. Due tavolette contengono una lista di nove località: può trattarsi di città importanti o solo di villaggi vicini al palazzo principale; Me-ta-pa e Pa-ki-ja-, almeno, ricorrono abbastanza spesso, sebbene non possano essere identificate. Il Catalogo delle Navi (Il. 2.591 sgg.) nomina nove località nel regno di Nestore, ma queste includono la stessa Pilo, che invece non è inclusa tra i nove nomi presenti nelle tavolette: si tratta dunque di una coincidenza fortuita. La maggior parte delle località sulle tavolette sembrano piccoli villaggi, o borghi, ciascuno con un suo capo che riceveva razioni dal palazzo e pagava i suoi contributi allo stesso. La parola che compare più spesso per indicare un capo è ko-re-te, che non ha alcun plausibile corrispondente greco. La difficoltà nel definire con precisione il tipo di transazioni cui si fa riferimento è esemplificato da una delle tavolette più esplicite, nella traduzione dei decifratori: Documents, no. 257, Pylos Jn829. La t aduzio e: Thus the mayors and (their wives), and the vicemayors and key-bearers and supervisors of figs and hoeing, will contribute bronze for ships a d the poi ts fo a o s a d spea s . Le pa ole i itali o so o a esse esse e tutt alt o he e te, e superintendents è ora preferito a wives. Seguono sedici nomi di località, con la quantità di bronzo che deve essere fornita dal governatore (mayor) e dal vice-governatore di ciascuna località. Che i vice-governatori, se questo è davvero il significato di po-ro-ko-re-te, debbano offrire contributi separati è u po st a o, osì o e lo la lo o sepa azio e dai go e ato i da pa te di aghi sop i te de ti . L asse za di uesti sop i te de ti dalla lista principale di luoghi e o t i uti, i po tato i delle hia i sa e dotesse? – ci sono paralleli classici per questo titolo), e quelle splendide, ma improbabili, figu e he so o i supe iso i dei fi hi e della zappatu a, tutto o t i uis e a e de e u po s etti i elati a e te al sig ifi ato ipotizzato pe l i te a u i a i t odutti a. Ma al e o se a he il bronzo venga proporzionalmente raccolto da villaggi e citta per un qualche tipo di utilizzo centralizzato, in parte per la fabbricazione di armi. Il processo inverso, distributivo, lo abbiamo in Documents, no. 250, Pylos Vn209. I uest ulti a ta oletta di tratta di vino: qui possiamo congetturare che il vino venisse inviato al palazzo da un distretto ricco di vigne, e dal palazzo redistruibito ad una serie di ‘ipo to a he ui la t aduzio e di Chad i k e Ve t is: The p ese e of the king, seed at so much: 3600 I. wheat (?), WHEAT 30. The p ese e of the ilita y leade , seed at so u h: I. heat ? , WHEAT . Documents, p. 266. 9 ‘ipo to a he ui la t aduzio e di Chad i k e Ve t is: Thus the i e of Pa-ra-we- has been dist i uted . Questo è seguito dai nomi di nove località, con la quantità riferita a ciascuna di esse. Documents, p. 266. 8 distretti periferici che non hanno sufficiente produzione di vino. La redistruibuzione avviene senza dubbio in cambio di altri prodotti o servizi. Tutto questo complesso andare a prendere, e trasportare avanti e indietro dal palazzo, e i conseguenti controlli che dovevano farsi, è il risultato di un sistema pre-monetario fortemente centralizzato. Esempio di trattamento del documento n. 257 (Documents, p. 357). Figure 1 Mappa della Grecia continentale e del bacino egeo occidentale. Ingenti contributi in beni sono offerti a varie divinità, non solo da parte di comunità o di ufficiali, ma anche da parte di individuali possessori di terre, incluso il re e il cosiddetto comandante del popolo. Questi contributi dovevano senza dubbio essere, parzialmente, in cambio della distribuzione di semi e di altri beni. Non dobbiamo assumere che tutto venisse usato per la decorazione e la manutenzione dei templi. Forse una parte di ciò andava per le spese dei palazzi e dei suoi funzionari, come il tesoro di Atena nell Atene classica poteva essere utilizzato per scopi pubblici. Il livello di dettaglio di molte delle transazioni, i sie e all appa e te a canza di una perfetta coerenza nella classificazione, è illustrato per esempio in Documents, no. 183, Pylos Nn831, dove contributi in lino (?) sono specificati per diversi abitanti del villaggio: vengono registrati sette nomi di individui, ma tra essi compaiono il mandriano, il governatore (?) (che contribuisce come tutti gli altri messi insieme), i pastori ed il fabbro. Che questi siano menzionati tramite i loro mestieri e non i loro nomi può indicare l esiste za di u ual he tipo di corporazione di mestieri o commerci, come ad Ugarit. Certo la specializzazione del lavoro era intensa. Dovremmo aspettarci che boscaioli, artigiani del bronzo e costruttori di navi siano professionisti in questi campi, ma bollitori di unguenti e fabbricanti di sedie – e ora, sembra, tintori di ciano a Micene – sorprendono. Le 37 donne miscelatrici del bagno, a Pilo (Documents, no. 9, Pylos Ab553) ed i 6 figli dei fabbricatori di fasce (Documents, no. 12, Pylos Ad671) giungono come ual osa di s o olge te. Ma i u a te a do e la ollo azio e di og i aiale e di og i pe o a o l esatta o dizio e di og i ruota di carro sembra, in teoria almeno, essere stata conosciuta, non abbiamo diritto di essere troppo turbati. Forse questo eccesso di classificazione poteva essere in qualche modo imposto dagli scribi, o ua do o e a o as he da ag o da ie pi e o a ua da raccogliere le 37 miscelatrici del bagno venivano impiegate in altre mansioni. Molte tavolette sembrano avere a che fare col regime della proprietà terriera. La terra sembrava essere stata divisa in terra posseduta privatamente e terra in comune, sebbene rimanga oscuro su quali basi la terra in comune venisse lavorata e tassata. È stato suggerito, e da alcu i a ettato, he i la o ato i pu li i di O e o, i η ιο οί he o o paio o elle ta olette , i dottori, i cantori ed i falegnami, fossero o igi a ia e te dei la o ato i della te a o u e . Questo se a davvero improbabile – ma non più di qualcuna delle altre speculazioni che sono state avanzate con un tipo di fumo ur-indoeuropea sulle tavolette pilie relative al regime della proprietà terrena, il senso dettagliato delle quali rimane al momento largamento sconosciuto. È deludente che non si possa ri a a e olto sull atti ità ilita e. Molto si ela o ato sui e ato i he de o o e a si a Pleu o citati in Documents, no. 53 (Pylos An1)10, ma questi sono solo sufficienti ad equipaggiare una singola imbarcazione, e Pleuron potrebbe trovarsi quasi ovunque: non è comunque improbabile che si tratti della città in Etoliam ed è probabile che gli invasori Dorici abbiano attraversato il golfo di Corinto provenendo da quella regione. E di nuovo Documents, no. 54 (Pylos An610) menziona un totale 443 uomini, e nella prima linea spezzata appare la parola e-re-ta, rematori ; p o a ile se e e o e to he tutti uesti uo i i sia o ele ati o e e ato i e fo i o l e uipaggia e to di i a a i, o uo i i pe a e. “e da e o così, allora, come dicono i decifratori, si tratta di una spedizione militare e non di una operazione mercantile.Contingenti militari 10 E o ui la t aduzio e di Chad i k e Ve t is: ‘o e s to go to Pleuron: eight from Ro-o-wa, five from Rhion, four from Po-ra-, six from Te-ta-ra-ne, seven from A-po-ne-we . Documents, p. 266. sembra siano mensionati in Documents, nos. 56-60. Per esempio no. 58 (Pylos An564): o-ka [un termine oscuro, probabilmente sig ifi a o a da te o o ti ge te ] of Klu e os: Co a d of Klu e os: Perintheus, Woinewas, Antiaon, Eruthras. Fifty … ke-ki-de [abbastanza oscuro] men of Metapa, sixty ku-re-we [ugualmente oscuro] men of U-pi-ja-ki-ri-, and with them the Follower [e-qe-ta, ipoteticamente connesso con il greco ἑ έ ης olui he segue , el se so, alt i e ti o attestato el g e o, del lati o comes = conte, i.e. colui che segue il re] Alektruon son of Etewoklewes [= Eteo le] … . Al e o i so o al u i alidi o i g e i, ui. Alcune di queste probabili formazioni stanno a guardia della costa (presumibilmente una normale precauzione contro i pirati, in qualsiasi momento storico), se o-pi-a2-ra in Documents, no. 56 (Pylos An657) è realmente * ἐ ι-α α, classico ἔφα α, dal a e . La menzione di donne semplicemente con i loro nomi etnici stranieri, per esempio le donne cnidie che hanno qualcosa a che fare con il grano in Documents, no. 26 (Pylos An292), suggerisce che esse fossero prede di guerra o discendenti di prede di guerra; in Documents, no. 16 Pylos Ad o pa e fo se il te i e pe p igio ie a . Schiavi appartenenti a singoli individui sono certo menzionati sulle tavolette, e sarebbe sorprendente se la maggior parte della forza lavoro non fosse costituita da prigionieri o dai loro discendenti. Altri riferimenti di tipo militare sono forniti dalle liste di equipaggiamenti, inclusi carri ed armamenti. Tavolette che menzionano carri sono più comuni da Cnosso, sebbene vari tipi e condizioni di ruote di carro siano elencate a Pilo. Omero ci spiega che i carri erano facilmente smontati e a volte immagazzinati senza le ruote (Il. 2.722), e questo è confermato al di là di ogni dubbio dagli ideogrammi distinti, da Cnosso, per carri completi, carri senza ruote, e strutture di carri senza ruote, timone e sede per il ti o e. L a hi io di C osso las ia ipotizza e u possi ile totale di più di a i: u u e o i po ta te, a o e o e, probabilmente incompleto, che suggerisce che Cnosso nel XV secolo a.C. era stata completamente militarizzata dai suoi signori micenei. Le liste di corsaletti ed elmi da Pilo sono molto in o plete; ueste i ela o ual osa sui dettagli dell a a e to, a ulla i a lo stato dell atti ità ilita e a Pilo p i a della sua aduta. La aggio pa te degli s hia i e zio ati sulle tavolette sono schiavi che appartengono agli dei, te-o-jo do-e-ro o e o θ οῖο οῦ οι, pe ese pio Documents, no. 119 (Pylos Eo224); dal momento però che spesso sono affittuari, i decifratori suggeriscono che essi non devono essere schiavi in senso pieno, nel significato più tardo, ma una classe subordinata di liberi cittadini, forse coltivatori di terre di proprietà del tempio. Le ta olette e zio a o diffusa e te offe te egola i agli dei e l i teg azio e della eligio e o la vita civile. Non stupisce che alcuni dei nomi di divinità sulle tavolette di Pilo siano gli stessi degli dei olimpici della Grecia di epoca storica, molti dei quali sono già noti per essere di derivazione micenea: ma è una piacevole conferma. Anche la presenza di dei greci a Cnosso è in qualche modo da aspettarsi, alla luce di una probabile dominazione micenea, mentre stupisce che non ci sia una proporzione più alta di piccoli culti locali – che rappresenterebbero in questo caso sopravvivenza o trasformazione di culti minoici – rispetto a quanto si trova a Pilo. I seguenti dei appartenenti al più tardo pantheon greco sono probabilmente menzionati a Cnosso oppure a Pilo: Zeus, Era, Poseidone, Atena (Athana Potnia), Ermes (?), Artemide. Apollo e forse Ares non compaiono con questi nomi, ma con i nomi di Paean ed Enialio; queste erano divinità lo ali, l ulti o e ta e te etese, su essi a e te i teg ati t a le divinità più diffusamente conosciute. Non sembra essere presente Demetra; o almeno una da-ma-te ci viene dalla prima linea di Documents, no. 114 (Pylos En609), ma è molto improbabile, dal contesto, che si tratti qui di un nome di divinità 11. Da Cnosso viene una tavoletta molto interessante (Documents, no. 206, Knossos Gg705), che comincia in questo modo, nella traduzione in inglese di Ve t is e Chad i k: Amnisos: one jar of honey to Eleuthia, one jar of honey to all the gods, one jar of honey … . A iso si t o a sulla costa vicino a Cnosso, e sappiamo da Omero che Ilizia, una divinità femminile più tardi associata in modo speciale al parto, era ui u i ata: […] ad A iso, do la g otta di Ilizia , ἐ Ἀ ισῷ, ὅθι σ έος Εἰ ιθ ίης . . Vi sono altre divinità che sembrano ricevere offerte in entrambe le località, ma non le ritroviamo in culti più tardi: una dea-colomba, una sacerdotessa dei venti, Ifimedeia, Drimio. In due tavolette frammentarie compare il nome di Dioniso, ma abbiamo poco che possa suggerirci che si tratta del nome della divinità e non di un nome di persona. Alcune delle divinità che pensiamo si troviamo sulle tavolette sono altamente ipoteti he, i pa ti ola e u triplice-eroe ed il osiddetto signore della casa (Documents, no. 172, Pylos Tn316). Anche se i nomi coincidono con quelli di divinità del periodo storico, il modo in cui essi erano adorati nella Cnosso e Pilo micenee era probabilmente molto diverso da quello delle loro controparti più tarde. Questo viene rappresentano sulle gemme e sigilli in pietra che raffigurano scene di adorazione: queste seguono il modello cretese, ma devono aver avuto un significato per i loro proprietari micenei. Su questi troviamo una dea con un giovane consorte maschile, un dio (e anche una dea) adorati da seguaci femminili che danzano, una dea fiancheggiata da animali. Questi aspetti hanno taluni tardi paralleli greci, ma sono virtualmente ignorati dai bardi epici. Così come le divinità ed i demoni teriomorfi di Creta, occasionalmente visibili in opere micenee, sopravvissuti per lo più negli epiteti di Era, dagli occhi bovini, e di Atena, dagli occhi di civetta. Questo che abbiamo appena descritto è il genere di cose che le tavolette ci dicono. Ma quale luce getta tutto questo su Omero? Molti di coloro che hanno speso molto tepo studiando le tavolette pensano che esse trasfigurino completamente la nostra o p e sio e dell Iliade e dell Odissea, e t e alt i iti i, più s etti i, insistono sul fatto che, per quanto le nuove testimonianze siano interessanti, le tavolette non ci dicono praticamente nulla circa il contenuto della poesia, la maggior parte della quale, certamente, venne composta secoli dopo. Secondo me le tavolette sembrano dirci alcune cose che sono rilevanti per la nostra comprensione di Omero, ma molto meno di quanto ci aspetteremmo da questo tipo di documenti. Uno dei contributi più importanti delle tavolette è senza dubbio quello relativo alla comprensione della lingua omerica. Questa è una lingua artificiale, un amalgama di elementi che provengono da diversi periodi della tradizione leggendaria. Certamente il li guaggio delle ta olette li itato pe ua to igua da l a ito e l authorship; e per di più il sillabario della Lineare B è così 11 Si veda Documents, p. 242. pesante, e le convenzioni di scrittura così ambigue nel loro effetto, che la vera forma che gli scribi avevano in mente rimane largamente oggetto di speculazione. Eppure anche una frammentaria conoscenza del dialetto tardo-miceneo, per non menzionare l i po ta tissi a o fe a he gli A hei di O e o pa lava o g e o, è i po ta te per la possibilità di isolare forme che originarono prima delle migrazioni ioniche ed eoliche del 1000 a.C. circa, da quelle che si svilupparono come risultato di mutamenti dialettali più tardi. Un altro tipo di acquisizione ci si sarebbe aspettati di averlo in termini di chiarimenti relativamente ai nomi omerici. Invece i nomi propri delle tavolette hanno meno controparti omeriche di quanto ci si sarebbe aspettato. La lorodecifrazione è spesso difficile: le regole di scrittura, in assenza di evidenza contestuale che talvolta aiuta ad identificare parole del dizionario, preclude una sicura trascrizione dei nomi più brevi. Pochi nomi di località, già anticipati, si trovano nelle tavolette, ma sono di più quelli che non si trovano; e sotto questo aspetto le tavolette di Cnosso sono migliori di quelle di Pilo o Micene. Si è già osservato come manchino i tradizionali o i dei Neleidi dalle ta olette di Pilo; fo se u A hille a Cnosso ed Ettore a Pilo, ma molti altri nomi eroici sono assenti. Impossibile dire se i nomi di personaggi minori omerici che invece troviamo fossero solo comuni nomi micenei utilizzati per scopi poetici, o se si trattava di nomi dati dai genitori ai propri figli come deliberato riferimento a figure storiche conosciute forse dalla poesia e dalla storia antiche. Molti nomi sulle tavolette sono evidentemente non greci, e questo è interessante: può trattarsi di o i sop a issuti dall AE, oppu e di o i inoici portati dai migranti e dai rifugiati da Creta; alcuni di essi possono essere stati i t odotti dall Asia Mi o e o dal Le a te el pe iodo di t a sizio e dalla media alla tarda Età del Bronzo. La situazione politica ed economica immaginata nei poemi omerici ha u importante somiglianza con quella del tardo mondo miceneo: la Grecia è divisa in regni più o meno indipendenti, ciascuno basato su un palazzo, dimora del re, della sua famiglia e di molti dei suoi servitori. I O e o l a ti o te i e sig o e , ἄ α , è utilizzato in modo ristretto e si applica solo agli dei o ad Agamennone come comandante supremo della spedizione achea. Per contro in Omero il termine comune per indicare il re di una o u ità βασι ύς, he elle ta olette sembra aver descritto qualcosa di diverso, un principotto di provincia o una specie di sindaco, di governatore. Se e-qe-ta delle tavolette si riferisce realmente ad ἕ αι, olo o he seguo o , e se questi sono realmente i compagni particolari re, questi allora devono corrispondere agli ἑ αῖ οι del e, ai suoi o pag i, i O e o - una parola che non troviamo nelle tavolette e che richiederebbe un curioso cambiamento di nomenclatura. Abbiamo visto che il Lawagetas delle tavolette è stato interpretato da alcuni studiosi come il comandante militare: questo termine può avere altri paralleli indoeuropei, ma non trova eco in Omero. È stato suggerito che Menelao sembra svolgere questa funzione, ma nulla potrebbe esse e più lo ta o dalla situazio e des itta ell Iliade; Etto e il solo paragone possibile, e la sua posizione si spiega largamente o l età a a zata di P ia o. No i O e o i di azio e della classe dei capi di villaggio; non sembra che questi possedessero possedere lo stato di guerrieri – sebbene vi possa essere ora qualche indicazione che un ko-re-te possa comandare una o-ka – ma ci si sarebbe aspettato di trovarli ell Odissea se i poeti epi i fossero stati a conoscenza di questo tipo di posizione. In questo poema, che contiene molti riferimenti alla vita in tempo di pace della società di palazzo, tutto ciò che viene menzionato sono il re, i suoi parenti, i servitori di casa e pochi schiavi che si occupano delle sue proprietà e dei suoi animali. A Itaca ci sono altri nobili, ma questi hanno chiaramente le loro case, più piccole del palazzo del re, e non sembrano dipendere dal palazzo, ad eccezione di occasionale comando politico o militare. Quindi, come ha sottolineato M. I. Finley, i termini per definire i comandanti e le autorità in Omero e nelle tavolette sono molto diversi – ad eccezione di ἄ α e di βασιλεύς, he ha o dive sa appli azio e ei due o testi 12. A parte il fatto che i re omerici hanno appezza e ti ise ati di te e o, έ η, e posso o asseg a e ad alt i, o ife i e to al complicato sistema di possesso della te a he t o ia o elle ta olette. Natu al e te l Iliade e l Odissea so o poe i e oi i e o devono descrivere come la terra è gestita o o e esatta e te ie e a te uta l e o o ia di palazzo; o u ue i si pot e e aspettare qualche casuale riferimento, se le tradizioni micenee fossero complessivamente sopravvissute, e Finley ha osservato che simili riferimenti ci sono nelle saghe nordiche e nelle antiche epiche medievali. Sembra ci sia qualche tenue rimanenza di questa minuta organizzazione del personale, che è un fenomeno così marcato nelle tavolette. I servitori di Omero sono schiavi, o talvolta l e ui ale te di liberti – che non sono invece menzionati nelle tavolette; talvolta essi erano prigionieri di guerra o erano stati rapiti, come il porcaio Eumeo, da commercianti avventurieri. Le schiave si occupano dei bagni, puliscono il palazzo, preparano il cibo e si occupano delle do e di a go eale; l e o o a ha le hia i del agazzi o ed espo sa ile del suo o te uto. Gli uo i i si occupano delle fattorie e delle greggi, tagliano e servono il cibo, o sono artigiani; vengono menzionati alcune occupazioni o mestieri spe ializzati, e l Odissea disti gue t a po ai, ap ai e pasto i – sebbene questa sia probabilmente una distinzione fatta nell a ito di una società agraria e non necessariamente micenea. Il numero complessivo di mestieri differenti che troviamo nei poemi è relativamente piccolo, e non lascia intendere che i cantori post-migrazione, almeno, avessero alcuna idea degli eccessi della burocrazia del mondo delle tavolette. Un mestiere spesso citato ell Odissea uella di ἀοι ός, aoidos, il cantore o bardo, che non trova posto nelle tavolette. Al contrario Omero ignora completamente gli scribi ed il sistema di registrazione dei palazzi micenei. Ci si possono aspettare molte differenze tra il mondo delle tavolette e quello dei poemi – possiamo anticipare per esempio che molti degli oggetti descritti dagli aoidoi hanno l appa e za dell età post-micenea. Ma le diffe e ze ell o ga izzazio e so iale, nell e o o ia e nel lavoro specializzato davvero colpiscono, e certamente rafforzano la tesi di coloro che sostengono che le 12 M. I. Finley, Homer and Mycenae: Property and Tenure. History, 6 (1957), pp. 133-59. Disponibile su JSTOR al collegamento https://www.jstor.org/stable/4434520. tavolette non gettano molta luce su Omero, che lo sfondo, il contesto sociale e culturale dei poemi è largamente post-miceneo, e che ci fu un profondo cambiamento nella società e nelle istituzioni tra il XII secolo ed i secoli X e IX a.C. Le differenze sono marcate anche nella pratica religiosa e militare. Certo i nomi di molti degli dei omerici compaiono sulle tavolette, ma i modi del ulto se a o olto di e si. No seg o nei poemi omerici dei cicli di offerte rigidamente regolati, mese per mese, che erano fatti alle diverse divinità del mondo miceneo. Complessivamente, le offerte agli dei in Omero erano fatte a seconda dei casi e delle necessità: nessuna richesta, nessuna ecatombe. Sacerdoti e sacerdotesse ci sono naturalmente in entrambe le fonti, ma non ci sono nè schiavi degli dei nè estese proprietà divine nei poemi, e nelle tavolette non viene lasciata intendere – almeno fino ad ora - alcuna pratica divinatoria. Per quanto rigua da gli affa i ilita i, l Iliade o tie e e to reminiscenze di armamento miceneo, inclusi scudi integrali e spade o o hie d a ge to – che però sembra non fossero già più di moda a partire dal 1400 a.C. (si veda il capitolo 5). Non sorprende quindi che le tavolette ed i loro ideogrammi forniscano taluni dettagli dell a a e to, o e ad ese pio i o saletti, he so o p eziose guide ad alcuni oscuri passaggi in Omero. Anche i carri so o di e uti più fa ili da o p e de e, a he se l Iliade i pa ti olare non riesce a riprodurre la reale funzione e le limitazioni della guerra con i carri, che evidentemente era ancora in uso pratico nel mondo delle tavolette (si veda sempre il capitolo 5). Si può dunque affermare che, a parte il corretto arcaicizzare di Omero su certi aspetti dei palazzi, certi fatti di geografia politica, e uno o due dettagli elati i all e uipaggia e to ilita e, gli elementi in comune tra le tavolette da un lato, e l Iliade e l Odissea dall alt o, sono pochi, e questi per lo più dovuti a condizioni di base che non cambiarono molto tra il 1200 ed il 750 a.C. circa. E allo stesso tempo molte delle più inusuali caratteristiche della civiltà micenea descritte nelle tavolette non trovano posto nei poemi omerici. Quindi la conoscenza, da parte del cantore omerico, del background sociale, istituzionale, politico, economico e militare della guerra di Troia era frammentaria e distorta, ed era integrata e coperta da dettagli derivati dagli ultimi stadi della tradizione orale. Questo non per negare che la decifrazione delle tavolette abbia di molto migliorato la nostra conoscenza della storia del periodo tardo-miceneo, come ha migliorato quella dello sviluppo della lingua greca. Come guida alle istituzioni descritte nei poemi omerici, e allo sviluppo di quella poesia a partire dai suoi elementi tradizionali, esse possono sembrare – considerando che molte di loro sono più o meno contemporanee proprio all assedio di Troia – particolarmente deludenti. Allo stesso tempo esse ci dicono chiaramente di cercare le fonti per la maggior parte di ciò si trova in Omero non nel periodo che ha originato la tradizione leggendaria di Troia, ma negli stadi successivi, quelli della cristallizzazione ed elaborazione durante la prima Età del Ferro. 3. Dal declino miceneo al tempo di Omero Segni di crescente pressione economica e disintegrazione sociale nella società micenea si possono riconoscere nella serie di imprese aggressive delle quali la più importante fu il lungo e gravoso attacco contro Troia. • • La prima di queste imprese, a pa te fo se l o upazio e di Cnosso nel XV secolo a.C., impresa coronata da successo, fu probabilmente la spedizione degli Argonauti. La leggenda del viaggio della nave Argo dalla micenea Iolco sulla costa della Tessaglia fino a Colchi sul Mar Nero è forse la cristallizzazione di una spedizione storicamente avvenuta nel nord-est, in cerca di oro e di altre ricchezze. La descrizione di Argo in Omero, i Od. . , ᾶσι έ ο σα, he i te essa a tutti , a a he a tutti e ota , he tutti a ta o , implica che fosse il soggetto di una storia, in versi o meno, familiare in un certo momento della tradizione epica; altri racconti delle peregrinazioni di Odisseo – a parte il superamento delle Simplegadi, o Isole Cianee, le [ o e] he ozza o t a di lo o , avventura nella quale Odisseo viene preceduto da Argo sembrano fondarsi su racconti di esploratori relativamente ai pericoli della rotta del Mar Nero. Omero assume che Giasone sia vissuto solo una generazione prima della spedizione a hea a T oia: è fo se u po di o p essio e cronologica, ma almeno le dispute dopo il ritorno di Giasono possono suggerire che la spedizione apparteneva al periodo delle lotte dinastiche piuttosto che ad una più antica età eroica. Si tratta principalmente di u i p esa miceneo-settentrionale, anche se viene tradizionalmente associata a molte altre città. Altra impresa micenea della quale sopravvive il ricordo, e collocata da Omero una sola generazione prima di Troia, è un attacco partito principalmente dal sud contro uno dei più grandi palazzi micenei del nord, Tebe. La disputa dinastica tra Eteo le e Poli i e u a a ifestazio e est e a dell i sta ilità all i te o delle nobili famiglie achee, che si riflette in episodi di assassini di ospiti e principi, fughe e seduzioni di donne reali cui Omero fa riferimento nella sua poesia. Polinice raccoglie alleati in Etolia e nel Peloponneso, specialmente Argo, ed organizza un attacco contro Tebe per riprendersi il t o o. I “ette o t o Te e fallis o o, a se ondo Omero ed il Ciclo Epico i figli dei Sette hanno successo e conquistano più tardi la città. La leggenda del secondo attacco congiunto è probabilmente collegata a qualche memoria storica, e lascia intendere che le ostilità contro la Tebe cadmea erano basate su qualcosa di più che una disputa privata o il mancato rispetto dei vincoli di ospitalità o amicizia. In qualche modo Tebe doveva aver offeso le altre città micenee, incluse quelle del Peloponneso, e così offerto una scusa per ripetuti attacchi contro la città e le sue note ricchezze. La citta si era forse dimostrata troppo amichevole nei confronti dei popoli del nord-est, precursodi dei Dori invasori? Sfortunatamente Conosciamo troppo poco sui palazzi del nord e sulle loro relazioni con le tribù ai loro confini. In ogni caso la città fu punita e finalmente dist utta, e la sua i hezza spa tita t a i i ito i: a o de esse e du ata a lu go visto che a breve u alt a spedizio e, su più asta s ala, si sta a p epa a do, pe la uale gli A hei si sta ano radunando in Aulide. Tucidide deduce, probabilmente da Omero, che la spedizione contro Troia è su una scala senza precedenti: non abbiamo ragione per pensare il contrario. Troia alla fine è distrutta, ma gli Achei non ci guadagnano nulla in termini di risorse durature come nuove, importanti rotte commerciali o vaste aree da colonizzare. Il bottino inanimato viene certo presto dissipato; prigionieri, soprattutto donne, avevano maggiore valoree possono aver sostenuto per qualche tempo una forza lavoro in declino. E nondimeno vengono presto organizzate nuove spedizioni alla ricerca di rapidi guadagni, anche se non su una scala così massiccia. In Egitto ci sono documenti che rivelano che nel 1125, e poi nuovamente nel 1194 a.C., ci furono serie razzie di pirati contro il delta del Nilo: questi so o due pi hi di u a se ie più o e o o ti ua di i filt azio i p o o ate da p essio e a a i a dal o d. L Egitto de esse e parso offrire grandi possibilità di bottino a fronte di una difesa relativamente inefficace. Prendono parte a queste spedizioni popoli di diverse razze: quel che resta degli Ittiti e popoli dalla Siria e dalla Fenicia, relitti di un Levante in agitazione. Tra i nomi che troviamo in queste registrazioni vi sono gli Akaiwasha e i Danuna. L ide tificazione di questi popoli pone un problema – i primi sono stati usualmente identificati con gli Achei (Akhaiwoi), gli altri con i Danai, un altro dei nomi utilizzati da Omero per i Greci micenei. D. L. Page è contrario a questa identificazione, ma ed ha a he ipetuto he gli Akai asha dell is izio e di Ka ak so o des itti come circoncisi – cosa che gli Achei in generale non potevano essere. Nondimeno io sospetto che questi Akaiwasha siano effettivamente Achei di un qualche tipo, probabilmente non dalla terraferma, ma da Rodi, Cipro o del Levante. Una ragione è il fatto he l Odissea o se va il p o a ile i o do di u a di ueste azzie in Egitto. Nel suo falso racconto ad Eumeo in Od. 14.245 sgg. Odisseo riferisce che, come nobile cretese, egli si era messo in viaggio direttamente dopo il suo ritorno da Troia con una flotta di nove navi, che raggiungevano il Nilo al quinto giorno. Si deve trattare di un qualche tipo di pirateria, come viene detto esplicitamente nella versione leggermente differente di 17.424 sgg.; qui gli equipaggi gli erano sfuggiti di mano ed avevano precipitosamente saccheggiato i campi vicini, uccidendo gli uomini e catturando le donne e i bambini. La vendetta giunse rapida, dal momento che vanteria e cavalleria giunsero dalla vicina città e uccisero o catturarono i Cretesi. Questo è il racconto poetico, ma è difficile non metterlo a confronto, per esempio, con il vanto di Merneptah di aver cacciato gli Akaiwasha ed altri invasori dal nord che depredarono l Egitto el a.C. La o ologia corrisponde pressappoco, dal momento che Troia VIIa è stata saccheggiata e bruciata intorno al 1240a.C. Alt i tipi di o tatti o l Egitto sop a i evano nella memoria popolare: si pensi al racconto, nei libri III e IV dell Iliade, di o e Menelao viene deviato in Egitto nel suo viaggio di ritorno da Troia e trascorre colà sette anni commerciando, dopo di che ritorna, ricco, in Grecia. Forse anche in questo caso la cronologia è stata compressa, e questa memoria ci giunge da un periodo di pacifiche relazioni nel XV secolo a.C. piuttosto che provenire dal periodo in cui si ristabiliscono regolari commerci tra Grecia ed Egitto nel VII secolo a.C. Ma non bisogna essere troppo dogmatici circa il significato storico di queste imprese. Ci possono sempre essere stati individualisti ed avventurieri che non si inquadravano nella normale struttura sociale. Questi dovevano essere i Cretesi che Odisseo immaginava. E uomini di questo tipo, piuttosto che un malessere economico di qualche tipo, possono essere per esempio alla radice della spedizione della nave Argo o delle spedizioni piratesche in Egitto. I tempi potevano essere propizi, ma non bisogna dimenticare che il complesso sistema amministrativo palaziale stava ancora funzionando a Pilo appena prima della sua distruzione. E la vita procedeva in modo organizzato a Micene quando, negli stessi anni, intorno al 1200 a.C., parte della cittadella e della città intorno venivano dati alle fiamme. Secondo Tucidide le incursioni dei Dori iniziarono 80 anni dopo la caduta di Troia, ovvero intorno al a.C. se o do i dati a heologi i o i to o al a.C. se o do la datazio e t adizio ale. L i e dio di Iol o e di Pilo, gli atta hi o t o Mi e e e p o a il e te Ate e, e l a a do o di olti e t i i o i, datano tutti intorno al 1200 a.C. e questo sugge is e he u a p i a o data di Do i deve ave aggiu to il Pelopo eso u po p i a della datazio e di Tu idide. A e o he, o è se p e possi ile, questi disastri fossero il risultato di guerre interne e le genti provenienti dalla Grecia di nord-est siano semplicemente penetrate più tardi per riempire il vuoto. Esiste comunque una tradizione, in Erodoto, 9.26, secondo la quale il primo tentativo di penetrazione nel Peloponneso, sotto Illo, fu fermato, e che i Figli di E a le , come i Dori venivano chiamati dai Greci più tardi, acconsentirono ad attendere cento anni prima di proseguire più verso sud. Figura 5 La migrazione dei Dori. Illustrazione da H.G. Wells, The Outline of History (1920). Fonte: Wikipedia Commons. https://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AWells_Hellenic_races.png A ò alt o da aggiu ge e a p oposito di ueste i asio i do i he, la atu a delle uali alta e te spe ulati a, el apitolo 6. Qui sia sufficiente dire che un a o di ge ti pa la ti li gua g e a de e esse si i sediato ell a ea più po e a a o d-ovest della Grecia, mentre i Greci del ME muovevano verso sud nella penisola. Secoli dopo, movimenti illirici a nord di queste popolazioni spinsero alla fine verso sud uesti G e i Do i i asti i diet o - forse dapprima in piccoli gruppi, ma successivamente in qualcosa di simile ad una migrazione di vasta scala, al più tardi entro il XII secolo a.C. La ricchezza dei regni micenei deve aver agito come una calamita; e gli Achei – progressivamente indeboliti da difficoltà economiche, onerose guerre e dispute interne – soccombono ai nuovi venuti, più duri, selvaggi e determinati, o vengono da loro soppiantati. Questa l i te p etazio e più p o a ile, e in ogni caso il colpo finale arriva tra il 1150 ed il 1100 a.C. quando la cittadella di Micene venne saccheggiata e data alle fiamme 13. I Dori, la cui esistenza è provata dal dialetto greco-occidentale che si stabilì su una vasta area del Peloponneso più o meno in questo periodo, si installarono probabilmente intorno ai palazzi distrutti ed utilizzarono come manodopera i cittadini achei che non erano stati uccisi e non erano fuggiti nelle aree che erano scampate all o upazio e – l A adia, la osta o d-occidentale del Peloponneso e le isole prospicienti, l Atti a e i possedi e ti ed a a posti a hei olt e a e. A partire circa dal 1100 e fino al 900 a.C. – un periodo che corrisponde agli stili ceramici Submiceneo e Protogeometrico – la G e ia pio a i u a Età Buia . Pressoché sconosciuta è la sua storia, e la cultura materiale, a giudicare dalla rarità e dalla relativa povertà dei resti materiali, ad u li ello asso, spe ial e te all i izio. Il siste a palaziale era completamente collassato, e con esso era gradualmente scomparsa la scrittura Lineare B, una varietà della quale continuava solo a Cip o. L a te del diseg o figurativo, già degradata nelle figure a sacco delle ceramiche tardo-micenee di Cipro, Tirinto e della stessa Micene, scompare completamente. Le case e gli edifi i della uo a a isto azia do i a sono in mattoni di fango, più grandi, ma non più duraturi delle capanne dei servi e dei contadini. Ma anche ell Età Buia la vita continua, cosa che gli storici tendono a non rilevare. I campi sono ancora arati e seminati, gli uomini vanno a caccia, si incontrano con i loro amici e congiunti, e persino raccontano storie. Il collasso dell e o o ia palaziale, pe o pa la e delle a e ze, delle inadeguatezze di qualsiasi rozzo sistema locale i Dori hanno sostituito ad esso, deve aver causato mutamenti drammatici i olte zo e, a o agio e di ite e e he la ita di o u ità sia stata completamente annientata o interrotta. Su questo importante punto, e sulla qualità della vita durante questa Età Buia, ritornerò nel capitolo 6. La maggior parte delle testimonianze che abbiamo di questo periodo provengono da Atene, dal momento che solo Atene tra gli stati-palazzo i e ei sfugge alla dist uzio e e all a a do o, e i seguito divie e il ifugio in cui sopravvive quelche vago, sfo ato fa tas a dell a ti a iviltà a hea. Atene sembra sia scampata a due attacchi, uno dei quali più o meno coincidente con l i e dio di Mi e e verso la fine del XII se olo a.C. Le a itazio i alle pe di i dell A opoli e go o a a do ate, a la cittadella, i fo zata da uo e fo tifi azio i e g azie alle sue ise e d a ua, ies e a esiste e. ‘espi ti pe due olte, i Do i o ritorneranno più, e t e l A opoli ie e poi desti ata ad u uso eligioso e di app ese ta za. I cimiteri danno u i agi e di o ti uità, o un periodo di depressione dopo il 1100 a.C. cui segue un graduale sovraffollamento accompagnato da segni di una certa mediocre prosperità. La cremazione diviene la pratica regolare, e allo stesso tempo la grezza e poco elegante ceramica Submicenea, rigida nella forma e decorata con mezzi cerchi fatti a mano e disegni lineare disposti in modo poco curato, si sviluppa nella più elegante ceramica a vernice nera (black-glazed ware) nota come Protogeometrica. I mezzi cerchi ed i cerchi sono ora disegnati al compasso, e le bande di decorazione sono disposte con maggiore sensibilitàai sui contorni del vaso. Comunque i difetti del submiceneo urbano e le virtù del suo successore protogeometrico sono stati, entrambe allo stesso modo, esagerati. La ceramica del primo Protogeometrico, sebbene abbia avuto un certo successo nel suo genere, è rigida e manca di immaginazione, nel suo effetto complessivo piuttosto monotono. Gli elogi che sono stati fatti di questo tipo di esito artistico sono stati a volte poco razionali, quasi isterici; ma uesto i pli a da e o u a ultu a do i ata dall app ezza e to pe il it o atu ale e per la corretta disposizione delle parti, etc. o e o e e o fa i ede e uelli he oglio o t o a e le ualità dell epica omerica già presenti ell Atene precedente alla migrazione? Ma è p op io e essa io sottoli ea e uello he è ovvio, e ioè he l abilità nel fabbricare la ceramica non significa necessariamente abilità nel comporre poemi? Quello che si può ragionevomente dire è che la ceramica attica del Protogeometrico è molto migliore di quanto prodotto in Grecia in quel momento, e già entro gli inizi del X secolo a.C. veniva esportata in molte parti del mondo greco. Insieme alle tombe di Kerameikos e ai cimiteri del Dipylon è un importante segno che Atene, nonostante la mancanza di tracce di imponenti edifici, aveva raggiunto per questo periodo uno stato relativamente avanzato di cultura materiale, ed era in effetti la città più importante della Graecia. In questo ambiente affollato, ma non disperato, vivevano molti dei rifugiati provenienti dai siti distrutti del Peloponneso, della Tessaglia e della Beozia. Sono costoro che devono aver costituito il nucleo delle migrazioni alle più lonta e oste dell Egeo he prese slancio poco prima del 1000 a.C. Atene ebbe una parte importante nel movimento verso la Ionia; ma secondo la tradizione alcune delle città eoliche più a nord, per esempio Cuma (Kymè), furono le prime ad essere colonizzate. Di qui la ceramica più antica dell Età del Fe o trovata fino a questo momento risale solamente al 725 a.C. circa; e da Scepsis nella Troade, che secondo la tradizione venne retta dopo la caduta di Troia dai discendenti di Enea, è anche più tarda. Nella fertile Lesbo la ceramica micenea è i ope ta da u a o i a e a i a dell Età Buia, ma la datazione esatta degli immigrati eolici rimane da scoprire. Il solo insediamento eolico fresco ad essere stato completamente esplorato fino a questo momento è la Vecchia Smirne, dove gli scavi condotti negli anni 1948-51 da J. M. Cook e E. Akurgal hanno rivelato fondazioni di case e ceramica Protogeometrica di manifattura locale – non solo casuali importazioni – che datano circa al 1000 a.C. (o almeno non molto più tardi), secondo la cronologia prevalente, che potrebbe essere troppo bassa. Quindi almeno questo insediamento era abbastanza ben organizzato da fabbricare la propria ceramica di buona qualità sul modello attico entro il momento e t ale dell età Protogeometrica. Smirne venne infine conquistata da Ioni provenienti da Colofone; ma date di fondazione altrettanto antiche non possono ancora essere dimostrate per nessun alt o dei freschi insediamenti ionici. Mileto però sembra essere stata occupata con continuità dal medio periodo miceneo in avanti, e frammenti Protogeometrici, così come Micenei e Geo et i i, so o stati it o ati ell a ea del più tardo tempio di Atena. 13 La caduta di Micene viene datata prima del 1125 a.C. secondo A. Furumark, The Chronology of Mycenaean Pottery (Stockolm, , pag. e . ; i to o al a.C. se o do A. J. B. Wa e, The Last Days of My e ae , The Aegean and the Near East (New York, 1956), pagg. 126 sgg., e anche G. E. Mylonas, Ancient Mycenae (London, 1957), pag. 17. Klaros e Samo ugualmente mostrano segni di essere stati abitati con continuità dalla tarda Età del Bronzo fino al periodo ionico. Ma sembra improbabile che gli Achei sopravvissuti in Asia Minore fossero particolarmente autorevoli come continuatori di una possi ile poesia i e ea, o he a ia o gio ato u a pa te olto i po ta te ello sviluppo dell epi a ionica. La formulazione principale della storia della guerra contro Troia presumibilmente ebbe luogo sulla terraferma greca, verso la quale la maggior parte degli eroi achei ritornarono. A giudi a e dalle p o e a heologi he, gli a ti hi dis e de te dell Età del Fe o dagli Achei in Asia Minore erano poveri, pochi e di razza mista. Mileto in Omero è un alleato di Troia, ed è a itato da Ca i di pa lata a a a Il. 2.867 sg.). Questa enigmatica descrizione è poco probabile si riferisca alla situazione pre- i e ea ell a ea, he i po te e be indietro oltre il 1500 a.C. Ma Erodoto (1.146) identifica Mileto come un luogo dove gli antichi colonizzatori ionici presero es lusi a e te ogli a ie. I og i aso se a a asta za possi ile he adatta si ai ostu i del luogo fosse u usa za già en consolidata quando gli uomini di Neleo arrivarono a Mileto da Atene nella grande ondata migratoria del 1000 a.C. Figura 6 In (c) coppa Submicenea da Argo datata circa al 1100-1050 a.C. In (d) coppa Protogeometrica proveniente dall’Agorà di Atene e datata circa al 1000-950 a.C. La figura proviene da G. S. Kirk, The Songs of Homer (Cambridge, 1962), pl3. Ma nonostante la mancanza di specifiche prove archeologiche per la migrazione ionica più antica, appare sempre più probabile che entro il X secolo a.C. quelli che secondo la tradizione sono i primi insediamenti ionici – Efeso, Priene, Colofone, Teos, Lebedos, Myus, così come Mileto – erano ben avviati. A questi, con Samo e Chio, si aggiunsero ben presto gli altri della classica dode apoli, o l o igi a ia e te eolica Smirne come tredicesima; e gli ultimi due sono i luoghi con i quali Omero fu più tardi associato. In Chio è stata t o ata po a e a i a isale te a p i a dell a.C. Fo se pe h , o e ha giustamente osservato J. M. Cook, il più a ti o i sedia e to dell Età del Fe o esplo ato sul luogo e a u sa tua io e o u a ittà. U a data di olo izzazione intorno al 950-900 a.C. si può ipotizzare sulla base dei quattordici antenati registrati sulla pietra tombale di Eropito di Chio, morto alla metà del V secolo a.C. A Samo una improvvisa gran quantità di ceramica del primo periodo Geometrico, con altre innovazioni, spinge la data dei nuovi i ig a ti fi o all a.C. al più ta di; e a he uesto il sito di u santuario. Sfortunatamente la datazione precisa del Panionio, il centro federale presso il santuario di Poseidone sulla penisola di Micale affacciata verso Samo, non può ancora essere determinata. La tradizione suggerisce che venne istituito relativamente presto, e che era certo pienamente i atti ità e t o l VIII se olo a.C. Comunque non bisogna esagerare le dimensioni e la prosperità di questi centri eolici e ionici nei primi secoli della loro fondazione o rifondazione. Smirne non era certamente uno dei più importanti, ma gli scavi mostrano che prima del tardo VIII secolo a.C., quando il luogo venne distrutto da un terremoto e quindi ricostruito su più grande scala, era poco più di un raggruppamento di case dal tetto coperto di paglia, costruite le une vicine alle altre, su una penisola lunga circa 400 metri. Questo conferma l acume di archeologi come R. M. Cook e G. M. A. Hanfmann che ci hanno invitati a non esagerare la ricchezza della Ionia prima del VII secolo a.C. Nulla lascia supporre che per i primi due o tre secoli della nuova occupazione della costa dell Asia Minore gli insediamenti fossero apa i di fa e olto di più he o solida e la p op ia posizio e, tal olta l u o alle spese dell alt o. I olo i a e a o po hi o tatti o l i te o, e o pote a o sf utta e adeguata e te le sue risorse. Le isole, Chio, Lesbo e Samo, erano probabilmente in una situazione migliore, e anche a Mileto la continuità di insediamento forse facilitò le elazio i o le ge ti i dige e della egio e. L esplo azio e a heologi a di uesta pa te del o do stata sfo tu ata e te – per forza di circostanze – affrettata ed incompleta: persino l esplo azio e di supe fi ie i adeguata, e solo i po hi siti si fatto qualche sforzo per raggiungere i livelli del Geometrico, figurarsi per il Protogeometrico. Ora che gli scavi in Turchia sono stati incoraggiati possiamo sperare in prove più tangibili relativamente alla cronologia e alle condizioni delle prime colonie della Ionia e dell Eolia; Smirne è un buon augurio in questo senso. Figura 7 Le colonie dell'Asia Minore, alla data della prima grande colonizzazione. Da G. S. Kirk, The Songs of Homer (Cambridge, 1962). Tav. 2 pag. X. La pe ezio e di u a p e i e za di Ate e ell Età Buia, i sie e alle s a se p o e di p e o i i sedia e ti io i i ed eoli i, ha persuaso alcuni critici a supporre che Atene giocò un ruolo ancora più cruciale della Ionia nello sviluppo dei poemi omerici. A dispetto dell o ia i po ta za della te afe a e o solo Ate e pe la diffusio e della poesia elati a a T oia du a te l Età Buia, si tratta di una visione esagerata e distorta. E dipe de o dall ig o a e le p o e provenienti da Smirne ed abbassare la data della migrazione ionica al IX se olo a.C., o dall ig o a e il o te uto li guisti o spe ifi a e te io i o di O e o, o ell a entuare i bassi standard culturali delle città ioniche e implicare he l epi a o a e e potuto p ospe a e i ueste o dizio i, o ell esage a e la ultu a dell Ate e del P otogeo et i o, o da una combinazione di tutti questi fattori. Riguardo al primo punto, è estremamente i p o a ile, a he a pa te “ i e, he i o i e ti eoli o e io i o fosse o più ta di dell o upazio e do i a della pa te sudo ie tale della osta dell Asia Mi o e o le sue isole o fi a ti. Questa a e a a uto luogo già p i a della metà del X secolo a.C. Lo sfavorevole confronto tra gli standard materiali della Ionia e di Atene, d alt a pa te, u utile a tidoto alla e hia a itudi e di assumere sulla base di Omero che il contesto materiale di Saffo e di Anassimandro doveva essere stato raggiunro svariati secoli prima; comunque questo non deve essere esagerato a sua volta, o– senza riflettere – essere connesso con la possibilità o l i possi ilità della poesia o ale. È u evide te e o e he la poesia possa fiorire solo in confortevoli o lussuosi ambienti. Una certa stabilità sociale è tutto quello che serve: e questo le città ioniche, con la loro forma di governo aristocratica e il loro sistema fede ale, l aveva o già p o a il e te aggiu to i elevato grado entro il IX secolo a.C., e in grado minore anche prima. Piccole caffetterie di villaggio sono state il terreno di cultura, in tempi moderni, della poesia epica slava del sud; ed è improbabile che le infrastrutture delle città ionie nel Protogeometrico e nel primo Geometrico fossero molto peggiori. Nella sua forma massiva e monumentale, come vediamo in Omero, la poesia epica greca può, o meno, aver avuto bisogno dello stimolo di esecuzioni reali, o rappresentazioni competitive (cfr. capitolo 13); ma per le prime elaborazioni di questi più brevi canti che devono aver costituito la base di una tradizione orale ionia non erano necessarie queste condizioni di forma. In verità, in molti stadi di una tradizione orale non è neppure necessario un ambiente urbano, come verra dimostrato nel capito 6. Ma questo è più rilevante per la possibile storia della tradizione greca prima del suo trapianto nella Ionia – nella quale, per ragioni di sicurezza, la vita era probabilmente più massicciamente concentrata nei centri più popolati. Si conosce davvero poco degli i sedia e ti i Asia Mi o e a he dopo la fi e dell Età Buia i se so st etto: pochi elementi isolati, del tutto i suffi ie ti a ost ui e u i agi e oe e te della ita, qui, ell e oluto pe iodo Geo et i o. Per questo, attendiamo ulteriori aiuti da parte dell archeologia. Circa Lesbo, qualcosa si può rileggere dai frammenti di Alceo e Saffo intorno al 600 a.C. E Mileto aveva chiaramente già raggiunto per quella data sia prosperità che vari contatti con il mondo esterno. Anzi, probabilmente aveva inviato olo ie e so le oste del P opo tide p i a della età dell VIII se olo a.C. Ma è sembre dubbio se la colonizzazione rappresenti un indice di prosperità o meno. I og i aso le o dizio i a ia o adi al e te t a l VIII ed il VII se olo a.C. Le città della costa vanno incontro a vicissitudini di carattere sociale, dinastico e politico, la cui natura possiamo solo provare ad indovinare. Queste vicissitudini sono causate, o aggravate, dalle incursioni dei predatori Cimmeri, assetati di bottino, provenienti dall alt a parte del Mar Nero. Quindi poco si può dire delle condizioni di vita sperimentate da O e o o dagli altri cantori ionici, o dal pubblico per il quale essi cantavano. A pa te il fatto he le ittà g e he dell Egeo o ie tale o aggiu se o u a eale p ospe ità materiale prima del VII secolo a.C. benchè avessero probabilmente goduto di una qualche considerevole stabilità sociale per un paio di secoli prima di quella data. Questi erano, sotto molti punti di vista, tipici insediamenti del tipo della polis greca, di tipo conservatore, in alcuni dei quali, e certo a Lesbo, le famiglie principesche ereditarie mantenevano, contro pressioni crescenti, una ristretta vita di corte derivata, in fin dei conti, dal lontano passato acheo. Figura 8 I poemi omerici intorno alla data della prima grande colonizzazione greca della Ionia. La stessa sconfortante mancanza di conoscenze storiche, a parte quella relative alla asta espa sio e olo iale dell VIII se olo a.C. in Sicilia ed Italia, così come nella penisola calcidica e nella Propontide (Mar di Marmara) a nord-est, ci impedisce di immaginare in modo corretto la vita di altre comunità delle isole o della terraferma che possono aver giocato qualche ruolo o nella trasmissione di comune poesia orale circa la guerra troiana, o nella propagazione ed elaborazione delle lunghe versioni ioniche. Esiodo, che aveva st etta fa ilia ità o la li gua dei a to i io i i e l adottò pe i p op i a ti, e to getta u po di lu e sulle o dizio i della Beozia intorno (probabilmente) al principio del VII secolo a.C. Eppure la parte della Beozia in cui fiorisce Esiodo, ammesso che fosse tipica per qualcosa, era tipica solo delle più povere regioni agricole della terraferma. Atene, per esempio, che fu probabilmente un importante centro per la diffusione della nuova poesia – il prodotto di quello che essa amava considerare come le sue dipendenze ioniche - aveva una diversa esistenza e differenti problemi. La lunga ed estesa guerra lelantina iniziò in Eubea, probabilmente, ma non è certo, intorno al 700 a.C. e coinvolse una gran parte del mondo greco. Dopo di essa lo splendore di Atene si spense per un po , e t e Corinto emergeva come un grande concorrente commerciale e Sparta, dopo aver infine sottomesso la Messenia, cominciava la sua lotta per il predominio militare nel Peloponneso. L i p o isa popolarità a partire dal 680 a.C. circa di episodi del ciclo troiano come soggetto per la decorazione di vasi, lo stabilirsi intorno a questo periodo di nuovi culti eroici associati ad Agamennone, Menelao, Elena ed Odisseo, e la presenza di fraseologia epica nella poesia di figure poetiche disperse geograficamente come Callino, Archiloco ed Alcmane, si combinano per suggerire che una monumentale Iliade ed Odissea avevano raggiunto popolarità nella maggior parte del mondo ellenico prima della metà del VII secolo a.C. (si veda al capitolo 13). Ma la triste verità è che lo sfondo storico e culturale di questa diaspora poetica, come quello del processo di composizione su larga scala nella stessa Io ia, pe lo più i sfugge, e po o he possia o aggiu gere a quello che possiamo dedurre dagli stessi poemi e dagli echi ell a te e nella letteratura del VII secolo a.C. Questo materiale verrà ripreso nel capitolo 13.