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Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
ché unanime della giurisprudenza, nel senso di ritenere intrasmissibile il diritto di cui all’art. 732 c.c.
Secondo questa impostazione, il diritto in questione
ha natura di diritto personalissimo che deroga al generale principio dell’autonomia negoziale e, proprio in
virtù del suo carattere eccezionale, tale diritto non può
estendersi al di là dell’ipotesi espressamente prevista.
Pertanto la sua applicazione va circoscritta a coloro
che fanno parte della comunione ereditaria della cui
quota si tratta.
Una ulteriore argomentazione addotta da tale corrente di pensiero a sostegno della non trasmissibilità
del diritto di cui all’art. 732 c.c., fa leva sulla diversità
dei titoli di acquisto dell’erede originario e del suo
successore: successione mortis causa al titolare della
prelazione per l’avente causa dall’erede, titolo questo
diverso da quello contemplato dall’art. 732 c.c. e valevole per l’erede originario (successione a causa di
morte al titolare del patrimonio che contiene la quota
alienata) 12.
In estrema sintesi, quindi, l’eccezionalità della norma
e l’appartenenza al nucleo degli originari coeredi sono
le argomentazioni che tale dottrina pone alla base della
intrasmissibilità del diritto di prelazione ereditaria.
Per tali ragioni, conclude la dottrina, sono da considerarsi eredi ai sensi dell’art. 732 c.c., solo coloro che
succedono direttamente all’originario de cuius.
La Cassazione, nella motivazione, prima di avviarsi
alla conclusione, fa riferimento alla sorte del retratto
successorio nel caso di rappresentazione e sostituzione, affermando che in tali ipotesi il successore a titolo
universale del coerede sarà titolare del diritto in questione.
In tali ipotesi di vocazione indiretta, in realtà, solo
apparentemente sembrano riscontrarsi i presupposti
del problema della trasmissibilità del diritto di prelazione agli eredi del coerede, atteso che in caso di sostituzione e di rappresentazione non vi è erede di un
coerede.
Com’è noto, in caso di sostituzione, il sostituto subentra all’istituito nel caso in cui questi non possa o
non voglia accettare l’eredità. Il sostituto è, quindi,
delato all’originario de cuius; la sua delazione è sospensivamente condizionata alla mancata accettazione del
primo istituito e quindi il sostituto non può essere
qualificato erede del coerede.
Ad analoghe conclusione deve pervenirsi nell’ipotesi
di rappresentazione. I discendenti del rappresentato
saranno titolari dei diritti ex 732 c.c., in quanto questi
succedono iure proprio all’originario de cuius. Come
accade nella sostituzione, chi succede per rappresenper rappresentazione e sostituzione) la cerchia dei beneficiari
della prelazione e del retratto e la fuoriuscita della quota da
questa cerchia rende inapplicabile l’art. 732 c.c. (...) Va però
considerato che l’erede del coerede è già un ‘‘estraneo’’ rispetto
alla cerchia originaria, e che ancor più estraneo sarebbe l’erede
dell’erede, e cosı̀ via; né va trascurato che la ratio dell’art. 732
c.c. consiste prevalentemente nell’attribuire un privilegio ai coeredi originari, di modo che appare giustificata, anche dal punto
di vista in esame, una interpretazione che riduca il privilegio al
minimo indispensabile».
12
Cosı̀ Capozzi, Successioni e donazioni, 2009, Milano,
1422.
tazione ha una delazione, seppur indiretta, nei confronti dell’originario de cuius.
Nel caso in cui il rappresentato non può o non vuole
accettare l’eredità, questi non acquista la qualità di
erede, e quindi il rappresentante non è un delato del
rappresentato 13.
Maurizio Fusco
MATRIMONIO OMOSESSUALE
Cassazione civile, I Sezione, 15 marzo 2012, n.
4184 — Luccioli Presidente — Di Palma Relatore
— Fucci P.M. (conf.) — A.G. ed altro (avv.ti Mariani, Bilotta) - Sindaco del Comune di Latina (Avv. Gen.
Stato) ed altro.
Matrimonio e divorzio — Tutela delle unioni omosessuali — Trascrizione matrimonio contratto all’estero (Cedu artt. 8, 12, 14; Carta dei diritti fondamentali dell’UE art. 9; Cost. artt. 2, 29).
Matrimonio e divorzio — Trascrizione matrimonio
contratto all’estero — Inesistenza — Inidoneità (Cedu
art. 12; Carta dei diritti fondamentali dell’UE art. 9).
I componenti della coppia omosessuale, conviventi in
stabile relazione di fatto, se — secondo la legislazione
italiana — non possono far valere né il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio contratto all’estero, possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di ‘‘specifiche situazioni’’, il diritto ad un trattamento omogeneo a quello
assicurato dalla legge alla coppia coniugata. A questo
titolo, essi possono eventualmente sollevare le conferenti eccezioni di illegittimità costituzionale delle leggi vigenti, applicabili nelle singole fattispecie, nella parte in
cui non assicurino detto trattamento, per assunta violazione delle pertinenti norme costituzionali e/o del principio di ragionevolezza. Ciò in quanto, a prescindere
dall’intervento del legislatore in materia, i componenti
della coppia omosessuale sono titolari del diritto alla
‘‘vita familiare’’ e del diritto inviolabile di vivere liberamente una condizione di coppia (1).
La non trascrivibilità delle unioni omosessuali dipende — non più dalla loro ‘‘inesistenza’’, e neppure dalla
loro ‘‘invalidità’’ ma — dalla loro inidoneità a produrre,
quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano (2).
V. già Recentissime dalla Cassazione civile a cura di
Carbone, in Giur. It., 2012, 4, 742; v., inoltre, Giur.
It., 2012, 8-9, 1767, con nota di Calevi.
A
13
Tali conclusioni sono condivise dalla prevalente dottrina e
dalla giurisprudenza. Cfr. Palazzo, Le successioni, Milano,
2000, 965 e segg. Secondo l’autore, che propende per la trasmissibilità all’erede del coerede dei diritti di prelazione e di
riscatto, «è coerede ai sensi dell’art. 732 c.c. colui che abbia la
titolarità di una quota ereditaria, qualunque sia il titolo di acquisto, diretto o indiretto, di tale quota. Ne consegue che dovrà
essere considerato coerede non solo chi succede per rappresentazione o per sostituzione ma anche l’erede dell’originario coerede». In giurisprudenza Cass., 5 febbraio 1974, n. 309, cit.; Id.,
11 maggio 1993, n. 5374, in Vit. Not., 1994, 1, 269; in Giust.
Civ., 1994, 1369 con nota di Ciavattone.
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
330
B
Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
(1-2) La tutela delle unioni omosessuali nel
dialogo tra corti interne e Corte europea dei
diritti umani
1. Con la sentenza in esame, la Cassazione si è occupata, per la prima volta, della questione concernente la
trascrivibilità nel registro dello stato civile di un matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso
sesso. La peculiarità della tematica oggetto della controversia ha consentito peraltro al Collegio di soffermarsi sulla più generale problematica del matrimonio
omosessuale e sulla tutela giuridica delle coppie samesex. È il caso, innanzitutto, di ripercorrere brevemente
l’intera vicenda processuale.
Il 12 marzo 2004 due cittadini italiani chiedevano
all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza la
trascrizione dell’atto di matrimonio contratto all’Aja nel
2002. Il Sindaco di Latina, in attuazione dell’art. 18 del
D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, si rifiutava di procedere alla trascrizione richiesta adducendo la contrarietà
all’ordine pubblico di detto atto di matrimonio 1.
A fronte di tale rifiuto, la coppia proponeva ricorso
al Tribunale di Latina 2 e, in quanto soccombente innanzi a quest’ultimo, esperiva un reclamo alla Corte
d’appello di Roma. Quest’ultima, con decreto del 16
luglio 2006 3, rigettava il reclamo negando il preteso
carattere ‘‘dovuto ed automatico’’ dell’atto di trascrizione di un matrimonio celebrato all’estero.
La Corte, pur condividendo la tesi della natura meramente certificativa e dichiarativa della trascrizione,
chiariva come il relativo atto dovesse, ad ogni modo,
presentare le «connotazioni proprie, nel nostro ordinamento, degli atti di matrimonio assoggettati a trascrizione negli archivi di cui all’art. 10» del D.P.R.
citato. L’atto oggetto della richiesta di trascrizione
non avrebbe potuto essere considerato alla stregua di
un ‘‘atto di matrimonio’’ in quanto, a giudizio della
Corte, avrebbe difettato di uno dei requisiti integranti
la stessa esistenza del matrimonio, ossia la diversità di
sesso dei nubendi.
Peraltro, con riguardo all’art. 29 Cost., la stessa Corte evidenziava come un’interpretazione evolutiva dell’istituto matrimoniale non potesse spingersi sino al
punto di snaturarne le connotazioni essenziali, essendo
queste ultime «saldamente ancorate al diritto positivo
e alla concezione sociale di cui questo costituisce tuttora univoca espressione».
1
«Gli atti formati all’estero non possono essere trascritti se
sono contrari all’ordine pubblico».
2
Trib. Latina, decreto del 10 giugno 2005, in Il diritto di
famiglia e delle persone, 2005, 1259 e segg.
3
In Guida al diritto, 2006, n. 35, 55 e segg.
4
Si trattava delle Risoluzioni dell’8 febbraio 1994 (sulla parità di diritti per gli omosessuali nell’Unione europea), del 16
marzo 2000 (sul rispetto dei diritti umani nell’Unione europea),
del 14 luglio 2001 (sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea per l’anno 2000) e del 4 settembre 2003 (sulla
situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea per l’anno 2002). È il caso di ricordare che il 13 marzo 2012, quasi
contestualmente alla pubblicazione della sent. n. 4184, il Parlamento europeo è intervenuto con la Risoluzione sulla parità tra
donne e uomini nell’Unione europea. Significativo risulta il par.
7 del documento in cui il Parlamento europeo «si rammarica
dell’adozione da parte di alcuni Stati membri di definizioni
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
Infine, quanto al contesto internazionale, che in questa sede preme in particolare evidenziare, la Corte
d’appello sottolineava la natura non vincolante delle
Risoluzioni del Parlamento europeo relative ai diritti
degli omosessuali e alle unioni tra gli stessi 4. Ad una
simile conclusione si perveniva con riferimento alla
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il
cui art. 9, rubricato ‘‘Diritto di sposarsi e di costituire
una famiglia’’, non postula la condizione dell’eterosessualità. Difatti, la Carta avrebbe acquisito carattere
vincolante solo con l’entrata in vigore del Trattato di
Lisbona, ossia nel 2009 5.
In definitiva, la Corte riteneva infondate le censure
avanzate dai ricorrenti e si allineava alla pronuncia del
giudice di primo grado ribadendo la legittimità del
rifiuto alla trascrizione opposto dall’ufficiale dello stato civile del comune di Latina.
2. Avverso il decreto della Corte d’appello di Roma,
le parti soccombenti proponevano ricorso per Cassazione.
La sentenza n. 4184/2012 costituisce, dunque, l’esito
di una vicenda processuale certamente segnata nel
tempo dall’evoluzione del contesto normativo e, soprattutto, giurisprudenziale 6.
È necessario premettere che la Corte, con la pronuncia in esame, non ha accolto il relativo ricorso negando, di fatto, la possibilità di far valere il diritto alla
trascrizione del matrimonio omosessuale contratto all’estero. Tuttavia, la stessa Corte — in sede di correzione della motivazione in diritto del decreto impugnato, ex art. 384, comma 4, c.p.c. — ha mostrato un’apertura verso quei mutamenti sociali in parte già recepiti da altri precedenti giurisprudenziali. Nonostante
simile apertura, un certo atteggiamento di cautela o, se
vogliamo, di ambiguità sembrerebbe desumersi, come
si vedrà, dalle conclusioni.
In ordine alla specifica questione relativa alla trascrivibilità del matrimonio contratto da persone dello stesso sesso, la Corte, censurando la tesi della contrarietà
all’ordine pubblico di tale atto, ha innanzitutto rievocato l’impostazione tradizionale ispirata al criterio dell’‘‘esistenza’’ dell’atto di matrimonio: «L’ordinamento
giuridico italiano ha conosciuto finora, e conosce attualmente — salvo quanto si dirà più oltre — un’unica
fattispecie integrante il matrimonio come atto: il consenso che, nelle forme stabilite per la celebrazione del
matrimonio, due persone di sesso diverso si scambiano
restrittive di ‘‘famiglia’’ con lo scopo di negare la tutela giuridica
alle coppie dello stesso sesso e ai loro figli; ricorda che il diritto
dell’UE viene applicato senza discriminazione sulla base di sesso o orientamento sessuale, in conformità della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea».
5
Firmato il 13 dicembre 2007, il Trattato di Lisbona è entrato in vigore il 1º dicembre 2009. L’Italia lo ha ratificato con
L. 2 agosto 2008, n. 130.
6
Per i primi commenti alla sentenza in esame, cfr. Rossi,
Matrimonio omosex: sconfinamento della Cassazione?, in
www.personaedanno.it, 18/03/2012, Gattuso, Dopo la sentenza di Cassazione sulle relazioni affettive fra omosessuali, ivi, 19/
03/2012 e Di Bari, Considerazioni a margine della sentenza
4184/2012 della Corte di Cassazione: la Cassazione prende atto
di un trend europeo consolidato nel contesto delle coppie samesex anche alla luce della sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale, in www.rivistaaic.it, 28/03/2012.
Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
[...]. La diversità di sesso dei nubendi è, dunque, richiesta dalla legge per la stessa identificabilità giuridica
dell’atto di matrimonio» 7.
Pertanto, se la diversità di sesso dei coniugi, unitamente alla manifestazione di volontà matrimoniale
espressa secondo le forme stabilite per la celebrazione,
è costantemente intesa quale requisito minimo indispensabile per la stessa ‘‘esistenza’’ del matrimonio,
ossia quale ‘‘postulato’’ implicito a fondamento dell’istituto matrimoniale, è chiaro, secondo il Collegio, che
l’atto difettante di tale requisito non è né invalido, né
contrario all’ordine pubblico — come già sostenuto
dall’ufficiale dello stato civile del comune di Latina,
ai sensi dell’art. 18 D.P.R. n. 396/2000 —, bensı̀ inesistente 8.
Ciò in ragione di una «consolidata ed ultramillenaria
nozione di matrimonio» 9 ispirata al criterio dell’eterosessualità e deducibile da una molteplicità di fonti,
nazionali ed internazionali 10. Ancora indicativa, in tal
senso, è la definizione di matrimonio attribuita al giurista romano Modestino: «nuptiae sunt coniunctio ma7
Cass., Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184, motivi della decisione,
punto 2.2.2.
8
Ibid. Al riguardo, la Corte precisa come la categoria dell’inesistenza «[...] consente, sul piano pratico, di impedire il dispiegamento di qualsiasi effetto giuridico dell’atto di matrimonio, sia pure meramente interinale, a differenza dell’atto di
matrimonio nullo che, invece, tali effetti può, quantomeno interinalmente, produrre [...]».
9
Appare originale la citazione dei giuristi romani classici e, in
particolare, del Tituli ex corpore Ulpiani.
10
Tra le fonti nazionali, la Corte richiama gli artt. 107, comma 1, 108, comma 1 e 143 bis c.c. (quest’ultimo in relazione alla
L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, in materia di scioglimento
del matrimonio) in cui vengono utilizzate le espressioni ‘‘marito’’ e ‘‘moglie’’. Tra le fonti internazionali, significativo è il
richiamo all’art. 16, par. 1 della Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo («Uomini e donne in età adatta hanno il diritto
di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di
razza, cittadinanza o religione») e all’art. 23, par. 2 del Patto
internazionale sui diritti civili e politici («Il diritto di sposarsi e
di fondare una famiglia è riconosciuto agli uomini e alle donne
che abbiano l’età per contrarre matrimonio») in cui risulta palese la contrapposizione tra ‘‘uomo’’ e ‘‘donna’’, rispettivamente
parte maschile e parte femminile dell’atto e del rapporto matrimoniale. Quanto alla giurisprudenza, la Corte richiama le
sentenze nn. 1808 del 1976, 1304 del 1990, 1739 del 1999,
7877 del 2000 . Per una breve disamina sulla giurisprudenza
italiana informata alla citata concezione tradizionale, cfr. Di
Pirro, Il matrimonio omosessuale, Napoli, 2012.
11
Tale definizione è riprodotta in Ferrando, Il matrimonio
gay, il giudice, il legislatore, in Resp. Civ. e Prev., 2008, 23442353. Peraltro, lo stesso brocardo è stato oggetto di richiamo in
una pronuncia del Tribunale di Roma risalente al 28 giugno
1980 (in Giur. It., I, 1982, 170 e segg., con nota di Galletto,
Identità di sesso e rifiuto di pubblicazioni per la celebrazione del
matrimonio).
12
Cass., Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184, motivi della decisione, punto 1.
13
Cfr. Corte cost. n. 138/2010, § 9 del Considerato in diritto:
«[...] è vero che i concetti di famiglia e di matrimonio non si
possono ritenere ‘‘cristallizzati’’ con riferimento all’epoca in cui
la Costituzione entrò in vigore, perché sono dotati della duttilità
propria dei princı̀pi costituzionali e, quindi, vanno interpretati
tenendo conto non soltanto delle trasformazioni dell’ordinamento, ma anche dell’evoluzione della società e dei costumi.
Detta interpretazione, però, non può spingersi fino al punto
d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale
331
ris et feminae, consortium omnis vitae, divini et humani
iuris communicatio» 11.
D’altronde, se l’omosessualità fosse da intendersi
quale comportamento contrario all’ordine pubblico,
si determinerebbero effetti discriminatori in base all’orientamento sessuale contrari al dettato costituzionale
nonché all’ordinamento comunitario 12.
3. Quanto alla più generale questione concernente
l’eventuale riconoscimento del diritto a contrarre matrimonio omosessuale, la Corte ha preso atto dei recenti sviluppi giurisprudenziali in materia operando,
di fatto, un esame congiunto della sentenza 15 aprile
2010, n. 138 della Corte costituzionale nonché della
sentenza 24 giugno 2010 (caso Schalk and Kopf v.
Austria) della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Sebbene la Consulta, nella pronuncia citata, abbia
optato per un’interpretazione restrittiva dell’art. 29
Cost., censurandone un’esegesi ‘‘creativa’’ 13, è giunta,
al contempo, ad alcune importanti conclusioni non
sfuggite al vaglio della suprema Corte 14.
In particolare, con riferimento all’art. 2 Cost., la
da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati
in alcun modo quando fu emanata».
14
Nel caso in questione, la controversia aveva avuto origine
in seguito al rifiuto, opposto dall’ufficiale dello stato civile, di
procedere alle pubblicazioni di matrimonio richieste da due
persone dello stesso sesso. La Corte era stata chiamata a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale degli artt.
93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c., in riferimento
agli artt. 2, 3, 29 e 117, comma 1, Cost., «nella parte in cui,
sistematicamente interpretati, non consentono che le persone di
orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con
persone dello stesso sesso». È la stessa Cassazione, nella pronuncia in commento, a sintetizzare l’esito del giudizio costituzionale: «[...] 1) la questione sollevata in riferimento agli artt. 3
e 29 Cost., è stata dichiarata non fondata, sia perché l’art. 29
Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice
civile come unione tra persone di sesso diverso, e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per
via ermeneutica «creativa», sia perché, in specifico riferimento
all’art. 3 Cost., comma 1, le unioni omosessuali non possono
essere ritenute omogenee rispetto al matrimonio; 2) la questione
sollevata in riferimento all’art. 2 Cost. è stata dichiarata inammissibile, perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva
non costituzionalmente obbligata; 3) la medesima questione
— sollevata in riferimento all’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alle specifiche norme ‘‘interposte’’, di cui ai già citati artt.
12 della Cedu e 9 della cosiddetta ‘‘Carta di Nizza’’ — è stata
dichiarata del pari inammissibile, perché tali norme interposte,
‘‘con il rinvio alle norme nazionali, [...] confermano che la
materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento’’». Cfr.
Costanza, La Corte costituzionale e le unioni omosessuali, in
Iustitia, 2010, 311-317; D’Angelo, La consulta al legislatore:
questo matrimonio «nun s’adda fare», in www.forumcostituzionale.it, 16/04/2010; Pugliotto, Una lettura non reticente della
sent. n. 138/2010: il monopolio eterosessuale del matrimonio, in
www.forumcostituzionale.it; Tondi della Mura, Le coppie
omosessuali fra il vincolo (elastico?) delle parole e l’artificio della
‘‘libertà’’, in Il diritto di famiglia e delle persone, 2011, 3-23;
Romboli, La sentenza 138/2010 della Corte costituzionale sul
matrimonio tra omosessuali e le sue interpretazioni, in www.rivistaaic.it, 12/07/2011; Ruggeri, ‘‘Famiglie’’ di omosessuali e
‘‘famiglie’’ di transessuali: quali prospettive dopo Corte cost. n.
138 del 2010?, ivi, 18/10/2011; Cherchi, La prescrittività tra
testo costituzionale e legge: osservazioni a margine della sentenza
138 del 2010 sul matrimonio omosessuale, in www.costituzionalismo.it, 16/11/2010.
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
332
Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
Corte costituzionale ha ricondotto al concetto di ‘‘formazione sociale’’ 15 l’unione omosessuale intesa come
«stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso,
cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente
una condizione di coppia, ottenendone — nei tempi,
nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge — il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri».
Simile riconoscimento, rimesso evidentemente alla
discrezionalità del legislatore nazionale, non deve realizzarsi necessariamente attraverso un’equiparazione di
simili unioni al matrimonio, pur dovendosi ritenere
riservata alla Corte costituzionale stessa la possibilità
di intervenire a tutela di ‘‘specifiche situazioni’’ in cui
si imporrebbe un’omogeneità di trattamento tra la
condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale 16.
Le conclusioni cui è giunta la Corte europea dei
diritti dell’uomo nella sentenza Schalk and Kopf —
successiva al richiamato intervento della Consulta —
appaiono altrettanto significative per ciò che attiene ai
risvolti internazionalistici della questione 17.
I giudici di Strasburgo, pur pronunciandosi nel senso che l’esclusione di una coppia omosessuale dal matrimonio non è contraria all’art. 12 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo (di seguito Cedu) 18, hanno colto le implicazioni derivanti dal combinato disposto dell’articolo in questione con l’art. 9 della Carta dei
diritti fondamentali dell’UE 19.
Difatti, quest’ultimo «copre la sfera dell’art. 12 della
Cedu, ma il suo campo di applicazione può essere
esteso ad altre forme di matrimonio eventualmente
istituite dalla legislazione nazionale», non constando
del riferimento alla parte maschile e femminile del
rapporto.
Pertanto, alla luce dell’art. 9 della Carta, la Corte
europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che il diritto
fondamentale al matrimonio di cui all’art. 12 Cedu
non debba essere limitato al matrimonio tra persone
di sesso diverso potendovi ricomprendere il matrimonio omosessuale.
È chiaro come una simile interpretazione evolutiva,
certamente riflettente i mutamenti sociali che hanno
attraversato l’istituto matrimoniale negli anni, non
comporti l’obbligo per gli Stati contraenti della Convenzione di garantire l’accesso al matrimonio a coppie
dello stesso sesso.
Al riguardo, la Corte europea dei diritti dell’uomo,
nella sentenza Schalk and Kopf, ha distinto il ‘‘riconoscimento’’ dalla ‘‘garanzia’’ del diritto al matrimonio.
Quest’ultima è rimessa alle legislazioni degli Stati non
essendo la Corte demandata a sostituire il legislatore
nel valutare e nel rispondere ai bisogni della società. In
altri termini, «l’art. 12 della Cedu riconosce ‘‘il diritto
di sposarsi e di fondare una famiglia’’, ma ‘‘secondo le
leggi nazionali regolanti l’esercizio di tale diritto’’» 20.
Altro aspetto rilevante della sentenza Schalk and
Kopf consiste nella qualificazione delle unioni omosessuali come ‘‘vita familiare’’ ai sensi dell’art. 8 della
Cedu. In sostanza, ha precisato la Corte: «la relazione
dei ricorrenti, una coppia omosessuale convivente con
una stabile relazione di fatto, rientra nella nozione di
vita familiare, proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione» 21. Ciò in quanto «le coppie omosessuali sono capaci come le coppie eterosessuali di costituire una
stabile e impegnata relazione. Conseguentemente, esse
sono in una situazione sostanzialmente similare a quella di una coppia eterosessuale in merito alla loro necessità di un riconoscimento legale e protezione della
loro relazione» 22.
15
La Consulta ha chiarito come per ‘‘formazione sociale’’
debba intendersi «[...] ogni forma di comunità, semplice o
complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della
persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico». Cfr. Corte cost. n. 138/2010, § 8
del Considerato in diritto.
16
Ibid.
17
Corte eur. dir. uomo, 24 giugno 2010, I Sezione, caso
Schalk and Kopf v. Austria (n. ric. 30141/04), consultabile in
lingua inglese al sito http://cmiskp.echr.coe.int. Nel caso in questione, una coppia di cittadini austriaci ricorreva alla Corte di
Strasburgo a fronte del rigetto della richiesta di contrarre matrimonio opposto dalle autorità civili dello Stato di appartenenza. La Corte, sancendo il diritto delle coppie omosessuali ad un
riconoscimento giuridico, respingeva il ricorso sul presupposto
dell’entrata in vigore della legge sulle relazioni registrate (la
Eingetragene Partnerschaft-Gesetz del 18 dicembre 2009) che
attribuisce un rilievo giuridico alle relazioni stabili tra persone
dello stesso sesso. Cfr. Conte, Profili costituzionali del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali alla luce di una pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo, in Corriere
Giur., 2011, 573-578; Conti, Convergenze (inconsapevoli o...
naturali) e contaminazioni tra giudici nazionali e Corte EDU: a
proposito del matrimonio di coppie omosessuali, ibid., 2011, 579587; Repetto, Il matrimonio omosessuale al vaglio della Corte
di Strasburgo, ovvero: la negazione ‘‘virtuosa’’ di un diritto, in
www.rivistaaic.it, 02/07/2010.
18
«Uomini e donne in età maritale hanno diritto di sposarsi e
di formare una famiglia secondo le leggi nazionali regolanti
l’esercizio di tale diritto».
19
«Il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono
garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio». Il combinato disposto viene giustificato dalla Corte in
ragione dell’art. 52, par. 3 della Carta di Nizza («Laddove la
presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti
dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi
sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione. La
presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione
conceda una protezione più estesa»). Sul punto, è utile il rinvio
alle «spiegazioni» dell’art. 9 della Carta in cui si chiarisce:
«Questo articolo si basa sull’articolo 12 della Cedu [...]. La
formulazione di questo diritto è stata aggiornata al fine di disciplinare i casi in cui le legislazioni nazionali riconoscono modi
diversi dal matrimonio per costituire una famiglia. L’articolo
non vieta né impone la concessione dello status matrimoniale
a unioni tra persone dello stesso sesso. Questo diritto è pertanto
simile a quello previsto dalla Cedu, ma la sua portata può essere
più estesa qualora la legislazione nazionale lo preveda».
20
La S.C. chiarisce: «[...] la Corte Europea, in altri termini,
sulla base della ricognizione delle differenze, anche profonde,
delle legislazioni nazionali in materia, ‘‘che spaziano dal permesso dei matrimoni omosessuali al loro esplicito divieto’’, ha (soltanto) rimosso l’ostacolo — la diversità di sesso dei nubendi
appunto — che impediva il riconoscimento del diritto al matrimonio omosessuale, riservando tuttavia la garanzia di tale
diritto alle libere opzioni dei Parlamenti nazionali». Cfr. Cass.,
Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184, motivi della decisione, punto 4.1.
21
Corte eur. dir. uomo, Schalk and Kopf, 24/062010, §§ 9495.
22
Ivi, § 99.
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
Pertanto, sarebbero contrarie agli artt. 8 e 14 Cedu
le legislazioni nazionali che non assicurassero una parità di trattamento tra coppie di fatto eterosessuali e
coppie di fatto omosessuali senza una ragionevole ed
obiettiva giustificazione 23.
4. Va, inoltre, segnalato come l’evoluzione giurisprudenziale in materia abbia conosciuto altri momenti
significativi rappresentati da due pronunce passate,
invero, del tutto inosservate alla Corte nella sentenza
n. 4184.
Si tratta, innanzitutto, della sentenza n. 1328 del 19
gennaio 2011 in cui la I Sezione penale della Cassazione, per la prima volta e limitatamente alla materia oggetto del caso di specie, ha riconosciuto gli effetti di un
matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso
sesso. La vicenda aveva avuto origine da un provvedimento del Giudice di pace di Mestre con il quale era
stato condannato uno straniero per il reato di ingresso e
soggiorno illegale nel territorio dello Stato (D.Lgs. n.
286/1998, art. 10 bis). Sebbene l’imputato avesse dimostrato di aver contratto matrimonio in Spagna con un
cittadino italiano, il Giudice ne aveva disconosciuto la
qualifica di familiare di cittadino dell’UE.
La suprema Corte, sul punto, interpretando la disposizione di cui all’art. 2 del D.Lgs. 30/2007 — adottato quest’ultimo in attuazione della Dir. 2004/38/CE
sul diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari
di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio
degli Stati — ha evidenziato come la sentenza impugnata, nel disconoscere il diritto di libera circolazione
e soggiorno del ricorrente nel territorio dello Stato
italiano — qualificando lo stesso come partner di
una situazione non riconoscibile in Italia — avesse
mancato di verificare se, sulla base della legislazione
interna dello Stato membro, l’unione in parola fosse
qualificabile, o equiparabile, al rapporto di coniugio,
quale era stato prospettato, con relativa documentazione, dall’imputato. «[...] In tal senso — ha proseguito la Corte — è parimenti evidente che lo status di
coniuge esime dalla documentazione sulla cittadinanza, trattandosi di due condizioni equiparate ex lege. Si
impone dunque rinvio perché il Giudice di Pace di
Mestre, acquisita la disciplina spagnola in proposito,
verifichi nel concreto la condizione dell’[imputato]
agli effetti dell’eventuale liceità della sua presenza nel
territorio dello Stato italiano».
Tale principio, definito come «genuinamente rivolu23
Cfr. Pitea, Commento all’art. 8, in Bartole-De SenaZagrebelsky (a cura di), Commentario breve alla Convenzione
europea dei diritti dell’uomo, Padova, 2012, 332: «[...] uno Stato
non è tenuto ad accordare alle coppie di fatto omosessuali le
stesse tutele previste per i coniugi, ma deve garantire gli stessi
diritti riconosciuti alle coppie di fatto di sesso opposto, pena la
discriminazione in base all’orientamento omosessuale».
24
L’espressione è di Schuster, Il matrimonio e la famiglia
omosessuale in due recenti sentenze. Prime note in forma di
soliloquio, in www.forumcostituzionale.it, 10/04/2012.
25
In particolare, il Tribunale ha chiarito la distinzione tra i
diversi ambiti di tutela: «[...] la libertà di circolazione (dominata
dalla normativa sovranazionale) ed il diritto di famiglia (informato ai principi stabiliti dal legislatore nazionale); in un caso
assumono rilievo specifiche ragioni ed interessi anche di natura
economica che informano l’Unione (integrazione economica,
scambi commerciali, concorrenza ecc.) e la materia è di speci-
333
zionario» 24, ha, tra l’altro, ispirato il Tribunale di Reggio Emilia che, con decreto del 13 febbraio 2012, ha
annullato il provvedimento di diniego della carta di
soggiorno emesso dalla questura di Reggio Emilia nei
confronti di un cittadino uruguayano coniugato in
Spagna con un cittadino italiano.
Il giudice monocratico, circoscrivendo la fattispecie
alla materia della libertà di circolazione delle persone,
dunque al diritto dell’Unione 25, ha individuato, anche
in tal caso, la normativa applicabile nel D.Lgs. 30/2007.
In particolare, il nodo della questione è stato rinvenuto
nell’interpretazione del termine ‘‘coniuge’’ di cui all’art.
2, lett. b), n. 1, del D.Lgs. citato. Richiamando i precedenti della Corte costituzionale (sent. n. 138/2010),
della Corte di Strasburgo (sent. Schalk and Kopf) e della
Corte di cassazione (sent. n. 1328/2011), il Tribunale ha
aderito alla cosiddetta ‘‘svolta ermeneutica’’ propendendo per un’interpretazione alla luce del diritto dell’Unione (in particolare, dell’art. 9 della Carta di Nizza), ovvero in senso ‘‘includente’’ del termine in questione
nonché del termine ‘‘matrimonio’’. Il fondamento di
tale impostazione è stato rinvenuto principalmente nel
fatto che: «[...] il D.Lgs. n. 30/2007, al fine di favorire la
libera circolazione, riconosce il diritto a soggiornare
tutelando la conservazione dell’unione familiare cosı̀
come si è formata nel Paese di provenienza (nella specie, la Spagna); non emerge dalla normativa alcuna disposizione che consenta di limitare tale diritto tenendo
conto della legge nazionale dei coniugi (nel caso di
specie, né l’Uruguay né l’Italia riconoscono l’accesso
delle coppie dello stesso al matrimonio); i criteri di
collegamento previsti dalla L. n. 218 del 1995 non appaiono invero conferenti, vertendosi, come si è più volte
sottolineato, in un’ipotesi circoscritta alla tutela della
libertà di circolazione [...]» 26.
Dalla lettura delle due pronunce da ultimo citate,
appare chiaro che, almeno sotto il profilo della tutela
della libertà di circolazione delle persone e a prescindere da questioni ‘‘interne’’ concernenti la trascrivibilità, il riconoscimento degli effetti giuridici di un matrimonio omosessuale contratto all’estero si impone,
figurando quale implicazione dell’esigenza di garantire
l’esercizio di una delle libertà fondamentali sancite dai
Trattati.
Ovviamente, tali ultime considerazioni non assumono un’autonoma rilevanza se lette nell’esclusivo contesto della sentenza n. 4184. Del resto, la stessa Corte ha
fica competenza dell’Unione Europea; nell’altro caso, oggetto
di tutela appare, invece, la protezione della famiglia e dei suoi
componenti, materia non di competenza dell’Unione Europea,
ove emergono distinte esigenze che devono essere risolte nell’ordinamento nazionale; nell’un caso sussiste la necessità di
interpretare le nozioni di famiglia secondo il diritto dell’Unione
e dunque a norma dell’art. 9 della Carta europea dei diritti
fondamentali; nell’altro caso non assume rilievo alcuno l’interesse della normativa europea a facilitare la circolazione delle
persone in ambito UE e la nozione di ‘‘famiglia’’ è delineata dal
legislatore nazionale; nel caso di specie, dunque, oggetto di
accertamento non è lo status del ricorrente, che rimane estraneo
all’ordinamento italiano, ma il suo diritto ad ottenere un titolo
di soggiorno a norma della disciplina di derivazione comunitaria». Cfr. il par. 2 del decreto.
26
Ivi, par. 3.3.
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
334
chiarito che «[...] la specifica fattispecie oggetto del
presente giudizio — concernente la trascrivibilità, o
no, nei registri dello stato civile italiano di un atto di
matrimonio di cittadini italiani dello stesso sesso celebrato all’estero — è del tutto estranea alle materie
attribuite alla competenza dell’Unione europea ed
inoltre è priva di qualsiasi legame, anche indiretto,
con il diritto dell’Unione». Il Collegio, in tal modo
ha negato la sussistenza dei presupposti per un rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia, la cui valutazione
aveva costituito oggetto di esplicita richiesta da parte
dei ricorrenti 27.
5. A questo punto, è utile fare un bilancio al fine di
verificare lo ‘‘stato dell’arte’’ in materia di tutela delle
coppie omosessuali nell’ordinamento giuridico italiano
alla luce della recente sentenza della suprema Corte.
È ben noto come, ad oggi, le coppie same-sex non
risultino beneficiarie di alcun riconoscimento legislativo, a differenza di quanto avviene in gran parte dei
Paesi europei 28.
In effetti, è sul piano giurisprudenziale che la questione è stata sensibilmente avvertita — in particolar
modo negli ultimi tre anni — sebbene dalla lettura
delle pronunce più rilevanti sul tema emerga la consapevolezza dell’esistenza di un limite invalicabile: la riserva ‘‘assoluta’’ di legislazione nazionale.
Difatti, sia la Corte di Strasburgo che la Corte costituzionale hanno preso atto dell’impossibilità di det27
Cass., Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184, motivi della decisione,
punto 3.3.2: «[...] Il senso di tale richiesta si basa sulla non del
tutto esplicitata considerazione che due cittadini dello stesso
sesso di uno degli Stati membri dell’Unione, i quali abbiano
contratto matrimonio in uno di tali Stati che riconosca un matrimonio siffatto, non potrebbero stabilirsi, con il medesimo
status di coniugi, in un altro Stato membro che non riconosca
invece il matrimonio omosessuale, con conseguente lesione della loro libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli
Stati membri [...]». A giudizio della Corte, «[...] appare chiaro
che l’impedimento denunciato dai ricorrenti è di mero fatto,
non implicando alcuna lesione della loro libertà di circolazione
e di soggiorno (gli stessi ricorrenti hanno contratto matrimonio
nel Regno dei Paesi Bassi e si sono poi stabiliti in Italia nel
Comune di Latina) e dipendendo inoltre, si ribadisce, dalla
attribuzione a ciascuno Stato membro dell’Unione della libera
scelta di garantire o no il diritto al matrimonio omosessuale
[...]».
28
In Spagna (L. 30 giugno 2005), Belgio (L. 1º giugno 2003),
Olanda (L. 1º aprile 2001), Norvegia (dall’11 giugno 2008),
Svezia (dal 1º maggio 2009), Portogallo (dal 17 maggio 2010),
Islanda (dal 27 giugno 2010) e Danimarca (dal 15 giugno 2012)
le coppie omosessuali possono accedere all’istituto matrimoniale. In Finlandia (dal 2002), Regno Unito (dal 2005), Francia (dal
13 ottobre 1999) e Germania (dal 1º agosto 2001) sono invece
previste forme di partenariato registrato o di tutela paramatrimoniale per le unioni omosessuali.
29
Cfr. Pinto, ‘‘Fiat matrimonio!’’ L’unione omosessuale all’incrocio del dialogo tra Corte costituzionale, Corte europea dei
diritti dell’uomo e Corte di cassazione: può una sentenza della
Corte di cassazione attribuire a (un inciso di) una sentenza della
Corte europea il potere di scardinate una «consolidata e ultramillenaria tradizione» (superando anche il giudicato costituzionale)?,
in www.rivistaaic.it, 04/04/2012, secondo cui: «[...] è evidente
che quando non esiste un idem sentire comune, ma l’oggetto del
contendere è (ancora?) attraversato da profonde fratture, gli
organi giurisdizionali, a qualsiasi livello, dovrebbero astenersi
da decisioni che richiedono interpretazioni non ancorate a dati
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013
Diritto Civile | MATRIMONIO OMOSESSUALE
tare per via giurisdizionale la disciplina di una materia
cosı̀ delicata 29.
Ciò nonostante, proprio attraverso il lavoro delle
Corti ha cominciato a prender forma quella cornice
di principi che dovrebbe ispirare il legislatore nell’opera, per certi versi dovuta, di formalizzazione giuridica delle unioni omosessuali.
In verità, si tratta di una cornice ancora sfumata
nell’ambito della quale sembrerebbe individuabile un
solo punto fermo direttamente riconducibile al principio di non discriminazione: le coppie omosessuali hanno diritto ad un trattamento giuridico omogeneo a
quello che la legge (nel caso italiano il giudice) accorda
alla coppia di fatto eterosessuale 30. In sostanza, la qualifica di convivente more uxorio dovrebbe prescindere
dall’orientamento sessuale costituendone elemento distintivo il solo carattere stabile e duraturo della relazione 31.
Con specifico riguardo alla ‘‘questione matrimoniale’’, appare tuttora riscontrabile l’imbarazzo del giudice di legittimità di fronte alla noncuranza del legislatore e alla diversità di orientamenti espressi a livello
nazionale e internazionale.
In effetti, quanto alle conclusioni cui è pervenuta la
Corte di cassazione nella sentenza in esame, esse altro
non rappresentano se non una ‘‘rielaborata conferma’’
di quanto già affermato dalla Corte costituzionale e
dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nelle su richiamate sentenze.
lessicali certi, lasciando senz’altro il passo ai percorsi della democrazia rappresentativa, per quanto impervi essi siano [...]».
30
Cfr. Di Bari, cit., il quale rileva come, al riguardo, l’intervento della Corte di cassazione sembri «[...] risentire profondamente dell’impostazione assunta dalla Corte giust. UE in
tema di trattamenti differenziati tra coppie eterosessuali ed
omosessuali [...]». In particolare, l’autore fa riferimento ai casi
Maruko (C-267/06, 1º aprile 2008) e Römer (C-147/08, 10
maggio 2011) in cui la Corte di Lussemburgo ha fatto leva
sul parametro della «comparabilità» provvedendo a «[...] delineare la questione utilizzando un pragmatismo giudiziale capace di ‘‘equiparare senza assimilare’’ le posizioni giuridiche dei
coniugi con quella dei conviventi registrati [...]». Prosegue l’autore: «Tale impostazione, ovvero l’elemento dell’omogeneità di
trattamento di situazioni di fatto sovrapponibili (coppia eterosessuale e coppia omosessuale), sembra ricalcare quanto stabilito dalla Corte giust. UE in Maruko e Römer dove il giudice del
Lussemburgo, evitando di entrare nel merito della ‘‘questione
matrimoniale’’, ha evidenziato come due situazioni di fatto comparabili (le unioni stabili e durature) debbono godere dello
stesso tipo di trattamento».
31
Tale principio è stato ribadito da App. Milano, 31 agosto
2012, in www.asgi.it. Nel caso di specie, la controversia aveva
avuto origine dal rifiuto, opposto dalla Cassa Mutua di una
banca, di accordare l’assistenza sanitaria al convivente more
uxorio di un dipendente della banca in quanto del medesimo
sesso di quest’ultimo. Al riguardo, i giudici hanno chiarito che
la nozione di «convivente more uxorio» comprende altresı̀ quella di «convivente omosessuale». Ovviamente, il grado di tutela
rivendicato dal convivente tende a differenziarsi a seconda dell’orientamento sessuale: «Non può sfuggire, al riguardo, come
dai partners omosessuali non sia perseguito quello statuto minimo della convivenza, eventualmente compatibile con la scelta
della coppia eterosessuale in senso contrario all’assunzione degli
obblighi matrimoniali, bensı̀ proprio una situazione il più possibile simile a quella derivante dal matrimonio, programmaticamente rifuggita, invece, dai conviventi eterosessuali». Cfr. Bocchini-Quadri, Diritto privato, Torino, 2011, 268.
335
Diritto Civile | IPOTECA E CONFISCA
Difatti, il supremo Collegio ha ricondotto al diritto
alla ‘‘vita familiare’’, di cui risultano titolari anche i
componenti della coppia omosessuale, il diritto alla
tutela giurisdizionale di ‘‘specifiche situazioni’’. Si tratta di quelle situazioni in cui è configurabile il diritto ad
un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla
legge alla coppia coniugata 32.
La Corte, sul punto, ha ribadito la possibilità di
sollevare le eccezioni di illegittimità costituzionale delle disposizioni di legge che non assicurino detto trattamento in quanto contrarie a norme costituzionali e/o
al principio di ragionevolezza.
Infine, come si è accennato, l’elemento di novità
contenuto nella sentenza n. 4184 attiene alle conseguenze che la Corte fa derivare dalle riportate affermazioni in ordine alla questione della trascrivibilità e,
in particolare, della qualificazione giuridica del matrimonio omosessuale.
Si è visto come la Corte abbia rievocato l’impostazione tradizionale informata al paradigma dell’eterosessualità quale elemento condizionante la stessa ‘‘esistenza’’ del matrimonio.
Ebbene, lo stesso collegio, in sede conclusiva, ha
avuto modo di chiarire come l’intrascrivibilità dei matrimoni omosessuali non dipenda dall’‘‘inesistenza’’
degli stessi, bensı̀ «dalla loro inidoneità a produrre,
quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano».
Tale nuova impostazione, riflettente l’inadeguatezza
della giurisprudenza e della dottrina tradizionale, costituisce, a giudizio della Corte, il portato dell’art. 12
Cedu che, come recentemente interpretato dalla Corte
europea dei diritti dell’uomo in combinato disposto
con l’art. 8 della Carta di Nizza, ha «privato di rilevanza giuridica la diversità di sesso dei nubendi» 33.
Le conclusioni della Corte di cassazione appena richiamate — conclusioni che, si ripete, sono il portato
di una lettura coinvolgente due pronunce riconducibili
a ‘‘livelli’’ differenti — appaiono valutabili da un lato
in quanto espressione di un forte ancoraggio al dictum
della Corte costituzionale (sent. 138/2010), i cui elementi di criticità si traducono nella contraddizione del
‘‘no al matrimonio’’ e del ‘‘sı̀ all’equiparazione della
coppia omosessuale alla coppia coniugata’’ in presenza
di non ben definite ‘‘specifiche situazioni’’ 34; dall’altro,
in quanto manifestazione di un’ansia di cambiamento
32
Al riguardo, la Corte costituzionale (sent. n. 138/2010)
aveva espressamente richiamato due precedenti, relativi alle
convivenze more uxorio, al fine di esemplificare il concetto di
«specifiche situazioni». Si tratta della sentenza n. 404/1988, con
la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L. 27
luglio 1978, n. 392, art. 6, comma 1 (Disciplina delle locazioni
di immobili urbani), «nella parte in cui non prevede tra i successibili nella titolarità del contratto di locazione, in caso di
morte del conduttore, il convivente more uxorio si è riconosciuto al convivente more uxorio», e dell’art. 6, comma 3, della
medesima legge, «nella parte in cui non prevede che il coniuge
separato di fatto succeda al conduttore, se tra i due si sia cosı̀
convenuto», per violazione del principio di ragionevolezza; e
della sentenza n. 559/1989, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della L.R. Piemonte 10 dicembre
1984, n. 64, art. 18, commi 1 e 2 (Disciplina delle assegnazioni
degli alloggi di edilizia residenziale), «nella parte in cui non
prevede la cessazione della stabile convivenza come causa di
successione nella assegnazione ovvero come presupposto della
e di adeguamento ad un contesto sociale e giuridico
che in Europa si è spinto al di là di siffatte ‘‘specifiche
situazioni’’.
Indice di tale aspetto da ultimo citato, è lo scardinamento della tesi tradizionale connessa al parametro
dell’esistenza. La Cassazione ha mostrato di aver recepito la ‘‘rivoluzione interpretativa’’ operata dalla Corte
di Strasburgo nella sentenza Schalk and Kopf benché
ne abbia tratto una conseguenza collocabile su un piano meramente teorico o ‘‘definitorio’’.
Il contenuto dell’ultimo inciso della sentenza in
commento presenta senz’altro una valenza simbolica,
essendo volto a smantellare un’impostazione figlia di
una ‘‘consolidata ed ultramillenaria nozione di matrimonio’’. Tuttavia, permane l’incertezza relativa alle
conseguenze pratiche che tale conclusione potrà comportare. In particolare, desta qualche perplessità la
nuova categoria dell’‘‘inidoneità’’ (a produrre qualsiasi
effetto giuridico nell’ordinamento giuridico italiano)
cui la suprema Corte ha ricondotto il matrimonio
omosessuale evitando, peraltro, di chiarirne le implicazioni 35.
In definitiva, la sentenza n. 4184 si presta ad una
molteplicità di letture constando al contempo di elementi di continuità con la giurisprudenza precedente
nonché di profili innovativi necessitanti, in verità, di
ulteriori sviluppi e conferme che, si auspica, riescano a
provenire da interventi legislativi di adeguamento alla
mutata realtà sociale e giuridica europea.
Loris Marotti
IPOTECA E CONFISCA
Cassazione civile, III Sezione, 17 febbraio
2012, n. 2338 (ordinanza) — Preden Presidente —
Vivaldi Relatore — Fresa P.M. (parz. conf.) — Ministero Economia e Finanze (Avv. Gen. Stato) - Unicredit Management s.p.a. (avv. Ludini).
Responsabilità patrimoniale — Cause di prelazione
— In genere — Confisca di beni appartenenti ad
associazioni di tipo mafioso — Pregiudizio dei diritti
reali di garanzia di terzi estranei ai fatti — Costituzione del diritto reale limitato in epoca anteriore al
voltura della convenzione a favore del convivente affidatario
della prole».
33
Cass., Sez. I, 15 marzo 2012 n. 4184, motivi della decisione,
punto 4.3.
34
Cfr. Pinto, cit., secondo la quale tale contraddizione è
evidente: «[...] l’evoluzione dei costumi consente di includere
nella parola ‘‘matrimonio’’ la coppia omosessuale, ma quegli
stessi costumi sono tali per cui non è possibile imporre uniformità di trattamento in tutti gli Stati e ogni ordinamento nazionale potrà decidere per sé, in una materia nella quale non si può
ravvisare un idem sentire europeo. Di qui, infine, la necessità di
chiamare in causa l’argomento analogico, sul presupposto che
quello letterale/inclusivo si presterebbe a una conclusione decisamente più dirompente: in futuro, promette di nuovo la
Corte, interverrò per estendere situazioni giuridiche specifiche
che l’ordinamento prevede per le coppie coniugate anche alla
coppia omosessuale... come se fosse matrimonio!».
35
Interessanti spunti interpretativi sono forniti da Schuster, op. cit.
Giurisprudenza Italiana - Febbraio 2013