Storia e Futuro
Rivista di storia e storiografia
Percorsi di storia dei giovani
Daniela Calanca
Percorsi di storia dei giovani
2
1. Considerando come acquisizione storiografica ormai accertata che il susseguirsi delle
generazioni è uno scontro tra fasce diverse, le quali tendono, da un lato, a difendere uno stile
di vita, e dall’altro a rinnovare il bagaglio mentale ereditato, la più recente storiografia ha
individuato nella ricerca della specifica autonomia assunta dalla dimensione giovanile, in età
contemporanea, uno degli snodi cruciali per scrivere una storia, e storie, di giovani e del loro
mondo. In particolare, cogliendo le capacità di interagire con tutte le variabili interpretative,
recenti indagini hanno mostrato come i giovani siano stati rappresentati in relazione agli snodi
generazionali e alle conseguenti trasformazioni culturali e sociologiche. E, nel contempo,
come i giovani stessi abbiano interpretato alcuni passaggi chiave del Novecento. A metà
strada, quindi, tra una storia scritta dagli adulti e per gli adulti, e viceversa una storia
modellata sui giovani. In questa direzione, alcuni degli attuali percorsi di ricerca tentano di
ricostruire, laddove è possibile, i diversi modi di essere e di vivere dei giovani, difficilmente
riconducibili ad un’unica matrice interpretativa, e ciò perché non esiste una sola gioventù, ma
ne esistono diverse. Inoltre, il considerare le molteplici differenze dei percorsi esistenziali
individuali, le numerose variabili che concorrono a diversificare l’universo giovanile, quali,
per esempio, la condizione sociale, culturale, territoriale e antropologica, nonché il fatto che
tutte le gioventù sono connotate da una condizione di dipendenza parziale, in cui sia i confini
che le rappresentazioni sono tracciati secondo l’azione del sistema sociale e secondo
l’incidenza ideologica del momento, costituiscono di tali indagini in atto referenti
particolarmente significativi per le diverse direttrici analitiche che proprio da esse si
dipartono. In questa prospettiva, sono state sviluppate alcune tematiche volte ad indagare, per
esempio, i rapporti tra i giovani e la famiglia nel Novecento, assumendo come punto di
partenza l’ottica relazionale-culturale, ossia del legame figli-genitori, ponendo al centro del
discorso la famiglia come metafora, simbolo culturale, terreno di confine tra pubblico e
privato, così come viene codificata a partire dall’ideologia borghese ottocentesca. Nello
specifico, i modi attraverso cui, per esempio, tra oppressione e ribellione, i giovani borghesi,
maschi e femmine compresi, nel primo Novecento, prendono distanza da quell’investimento
che i padri proiettano sui figli, tentando di assicurare alla propria classe un dominio sulla
società. Sono modi che non pongono in discussione, detto in termini di storia della famiglia,
la struttura in sé e per sé, ma il tipo di relazioni, i legami fra i suoi componenti, i ruoli e i
valori sociali veicolati e perpetuati all’interno di essa. E, viceversa, detto in termini di storia
dei giovani, sono modi che non si traducono, nella maggior parte dei casi, né in esplicita
ribellione, né in consapevolezza di gruppo, di “classe”. I giovani criticano le norme sociali,
considerandole responsabili della propria oppressione, attaccano i valori familiari, le regole
dei padri, ma è un attacco che se sul versante pubblico, dopo l’esperienza della prima guerra
mondiale, viene incanalato nel conformismo politico dei regimi dittatoriali, su quello privato
non si traduce, per esempio, in abbandono del nucleo familiare. Al contrario, è stato calcolato
per quanto riguarda l’ambito italiano che fino a 1928 l’età mediana in cui i maschi del ceto
borghese terminano gli studi è di 19,2, quella del primo lavoro 23,0, quella dell’uscita di casa
28,4 e quella del matrimonio 30,2; mentre è solo nel periodo 1929-43 che l’età mediana della
fine degli studi aumenta a 19,5, diminuisce quella del primo lavoro a 22,3, come quella
dell’uscita da casa a 27,7, e pure l’età del matrimonio a 28,6. Per le femmine fino al 1928
l’età mediana della fine degli studi corrisponde a 14,1, e non lavorano, escono di casa a 24,5,
e si sposano a un’età media di 25,6 anni. Per il periodo 1929-43 si alza l’età degli studi a 16,2,
come pure si alza l’età dell’uscita da casa a 24,9 e quella del matrimonio a 25,7.
Non solo. La riflessione sull’importanza delle molteplici variabili che concorrono a
diversificare l’universo giovanile, all’incrocio con le ricerche relative al discorso pubblico
della famiglia e sul suo ruolo politico, ha consentito di aprire specificamente spazi di indagine
sulle forme di adesione e di dissenso che molti giovani popolari, e soprattutto dei ceti rurali,
operano nei confronti, per esempio, delle componenti che il fascismo elabora in tema di
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
3
gioventù. Pur non essendo ancora possibile fornire cifre attendibili e forme descrittive
compiute, data la scarsità delle fonti dirette, e date le ricerche tuttora in corso, è lecito
sostenere che, al di là del fatto che il programma educativo del regime raggiunge
efficacemente i suoi scopi laddove si propaganda tra i più giovani e i meno giovani il culto del
“Padre della famiglia Italia”, uno dei tratti fondanti dell’identità giovanile rurale e proletaria è
costituito da un senso familiare particolarmente significativo. Ossia un senso comunitario che
corre circolarmente sia in direzione interna al proprio nucleo di famiglia, sia in direzione
esterna, collettiva. Ciò risulta particolarmente evidente se si considera la simultaneità, quale
emerge dalle fonti, con cui viene vissuto il valore etico-pratico della condivisione generale: si
divide tutto come in un’unica grande famiglia. E al riguardo si può rilevare come la grande
famiglia sia concepita nei termini di unione relazionale, intessuta di rapporti forti dal punto di
vista affettivo emozionale, oltre che materiale. In particolare, nei termini di “comunità
allargata”, in cui figli e padri, legati da un destino comune, si legano ad altri figli e padri nel
dare senso a questo stesso destino percepito come comune, e che si traduce in solidarietà di
gruppo per il bisogno non solo materiale, ma anche affettivo. Allo stesso modo, è possibile
rinvenire un tale senso comunitario di famiglia allargata anche nei giovani proletari che
vivono in città, per i quali appare come dato identitario fondante il legame di forte solidarietà
e fratellanza vissuta nella strada, nel quartiere. Luoghi questi di autopercezione esistenziale in
quanto gruppo familiare, dove si svolge la vita autentica, separata volontariamente dal resto
borghese e dal mondo urbano corrotto. Del resto, la stessa indicazione, pur in un contesto
storico-culturale profondamente mutato, quale è quello degli anni Sessanta, è qualcosa di
conforme con gli ideali che sottendono, per esempio, alla proposta progettuale della comune,
così come viene concepita dai giovani, in particolare dai beat, quando incarnano la volontà di
un’alternativa concreta all’essere/fare famiglia esistente, sia nella direzione pubblica, sia in
quella privata.
2. Nello scorcio di tale prospettiva storiografica assumono un ruolo centrale i modi
mediante i quali il punto di vista dei giovani sia finito per quasi essere sempre trascurato e/o
trattato come elemento accessorio e marginale. Come la storia delle donne, dell’infanzia, dei
marginali, la gioventù, quale fase e modalità dell’esistenza umana, è un periodo esistenziale
prima discriminato dalle fonti storiche, e quindi pure dalla storiografia. In questo senso,
appare significativo, per esempio, come la gioventù operaia, più rappresentata che descritta,
appaia rappresentata nelle immagini fotografiche del lavoro industriale tra la fine
dell’Ottocento e i primi decenni dell’Ottocento. Sono immagini che se da un lato
documentano l’evoluzione dei mezzi di produzione, dall’altro testimoniano la pratica
discorsiva ideologica del codice familiare borghese. Sotto questo profilo, la sproporzione che
emerge tra l’ampiezza di spazio occupata, in genere, dal macchinario fotografato e la
ristrettezza occupata dall’operaio e dal gruppo in posa accanto, veicolano, tra l’altro, il trionfo
e la celebrazione del progresso tecnologico sostenuta dal mondo borghese e l’indiscussa
inferiorità del lavoratore-operaio. Non solo. Si può dire che sia pure presente un’ideologia
visiva che veicola messaggi rassicurativi in senso gerarchico, laddove i padroni o chi per loro
si fanno riprendere seduti, mentre gli operai sono in fila in piedi, un chiaro continuum
ideologico con le rappresentazioni dei ruoli gerarchici familiari propriamente individuali. In
tali rappresentazioni della gioventù operaia si rinvengono i segni dei timori collettivi, e si
mostra invece che sono “piccoli” giovani che possono essere tenuti sotto controllo. Del resto,
quello dei segni di timori collettivi e di una loro rappresentazione rassicurante da parte degli
adulti è una delle costanti che si annida nel rapporto con i giovani. Si consideri, a titolo
esemplificativo, come viene rappresentato il filosofo Herbert Marcuse (1898-1979), quando
rilascia la prima intervista a un settimanale d’Europa, l’italiano “Il Tempo”, pubblicata ivi nel
n. 27 del 2 luglio 1968. Riconosciuto, nonché definito, come “il filosofo della contestazione
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
4
globale, il pensatore che ha suscitato l’entusiasmo dei giovani di tutti i Paesi”, la “conquista
dei giovani” da parte del filosofo berlinese viene fatta passare attraverso il romantico
atteggiamento del filosofo verso la vita, ossia “nel suo rimanere un adolescente oltre ogni
traguardo anagrafico e nell’affermare il diritto di esserlo per ciascuno. L’improvvisa e per
molti inaspettata fortuna della sua dottrina sta dunque in questo, e non nei programmi
rivoluzionari che non ha […]”. La prova di ciò, viene fatto rilevare, è visitare il campus
universitario di La Jolla a San Diego e incontrare i “marcusiani”. Costoro, al contrario di
quanto ci si aspetterebbe, osserva il giornalista, non sono in alcun modo una consorteria,
un’associazione, una lega, un movimento organizzato, e non si distinguono per il modo di
vestire o per quello di vivere, tanto meno per il modo di comportarsi o per una qualunque
forma di fanatismo o di eccentricità. Sono giovani tranquilli. In tal senso, se si domanda loro
il motivo per cui frequentano le lezioni del filosofo berlinese: “danno la risposta più ovvia,
direi più banalmente e onestamente scolastica, ma anche più persuasiva, che si possa dare:
‘Perché Marcuse è un buon professore’”. La contestazione globale, dunque, di cui tanto si è
parlato, in questi momenti di universale agitazione dei giovani, considerata nell’ottica
marcusiana, “non è altro, al limite del suo contenuto, in un’ultima, ma non vuota,
semplificazione, che una contestazione contro il dolore inutile, evitabile, superfluo di cui è
pieno il mondo”. Il tono rassicurativo e rassicurante della rappresentazione, agìta
simultaneamente sia sul versante del filosofo, circoscritto nell’immagine del buon professore,
sia su quello dei giovani studenti, raggiunge l’estrema caratterizzazione laddove allo stessa
immagine del buon professore, viene associata una fisionomia ben più incisiva e significativa
nell’immaginario collettivo, ossia quella del maestro, concepito nel senso più tradizionale del
termine: “Chi è dunque, e come è, Herbert Marcuse visto da vicino e visto nel suo ambiente di
uomo e di insegnante? Credo di averlo detto: a me è apparso non diverso da quello che potevo
immaginare leggendo i suoi libri. Un pensatore vigoroso e un uomo semplice e serio: ‘un
buon professore”, come ripetono i suoi allievi. Ma non vorrei essere frainteso. Non vorrei con
questo aver dato un’immagine falsata sia del filosofo che del personaggio. Non vorrei averlo
presentato come un “Herr Professor’ di fattura convenzionale […]. Non è così. […] è un
maestro. Lo è nel senso più tradizionale e forse anche filologicamente più esatto della parola.
[…] è un uomo tranquillo, un uomo pacifico: un uomo, a suo modo, sereno; soprattutto un
uomo ben lieto di vivere e di vivere nel suo tempo. Vi è solo una cosa da dire per togliere a
questa immagine ogni ombra e ogni sospetto di convenzionalità, per ridarle tutta la carica che
le appartiene: anche Socrate lo era”.
3. Indagini sulle rappresentazioni da un lato, e sulle autorappresentazioni dall’altro è,
dunque, quanto oggi orienta maggiormente alcune delle attuali tendenze di ricerche di storia
dei giovani. Dalle rappresentazioni elaborate dagli adulti e dalle circostante strutturate, il
fuoco della ricerca viene puntato sempre di più sulle autorappresentazioni dei giovani, e sui
processi di identificazione individuale e collettiva. In tali tendenze in atto viene ad assumere
un ruolo particolarmente significativo lo studio delle modalità di autopercezione identitaria. A
tale riguardo, un percorso di ricerca in atto è quello che indaga i principali luoghi, sentimenti
e affetti, dell’immaginario giovanile negli anni Sessanta, quando, per esempio, il senso del
gruppo spontaneo costituisce già, per dirlo in termini foucoultiani, una piattaforma
enunciativa che trascende lo status del semplice tòpos letterario. Sono relazioni di gruppo
molto intime, quelle che vengono intrecciate, la cui novità è il senso della forza di essere
insieme, come un fiume in piena, che svuota i vecchi rapporti, e costringe a mettersi in
discussione, ponendo in modo radicalmente nuovo il problema dell’autodeterminazione, del
senso del sé. Del resto, è quanto emerge dalle immagini fotografiche di quegli anni, che tutte
riproducono situazioni di collettività, di folla, di mescolanza. In quel momento tutti sono
convinti che possono prendere la parola, dallo studente disoccupato senza casa,
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
5
dall’impiegato alla casalinga. In questo senso, come elemento del paesaggio il Sessantotto è
una manifestazione della molteplicità: la stessa rinuncia a qualificarsi quando si parla in
proprio, l’uso del nome di battesimo e non del cognome, sottolineano che anche quando parla
uno sta parlando per tutti. Il dato di costume più evidente, di cui si prende coscienza in quel
momento, è questo emergere di aggregati collettivi, nella sfilata, nell’accampamento notturno
nei corridoi delle scuole, nello stesso modo di vivere il sesso. È un fatto assolutamente nuovo.
Allo stesso modo, anche per i giovani “altri”, ossia quelli che non hanno fatto il Sessantotto si
può individuare come fondante l’esperienza del processo identitario legato al gruppo dei pari.
È quanto emerge da un percorso di ricerca tuttora in atto che, indagando specificamente come
i giovani in quegli stessi anni si autorappresentano nelle immagini fotografiche, concentra
l’attenzione sull’aspetto dell’amicizia tra coetanei, quale categoria fondante nel processo di
formazione di identità giovanile. Del resto, negli studi sociologici sui giovani è ormai un dato
acquisito la necessità di assumere una prospettiva “relazionale”. Tale prospettiva, infatti,
permette, per esempio, da un lato di rispondere con chiarezza all’interrogativo circa la natura
della relazione amicale, e dall’altro di giungere a una definizione di amicizia, che supera il
riferimento ad una realtà metastrutturale, traducendosi in sentimento compartecipante e, allo
stesso tempo, compartecipativo. In questa ottica, uno degli aspetti basilari che esprime la
rappresentazione iconografica dell’amicizia tra i giovani è costituito dal mostrarsi, nella
maggior parte dei casi, in contatto fisico, mediante gli abbracci e il darsi la mano, ossia
mediante pose e gesti unificanti e, simultaneamente, unificati. E ciò sia nel gruppo formato da
soli maschi e/o da sole femmine, sia nei gruppi misti.
4. Se, in definitiva, concetti come per esempio “epoca giovane”, “rivolta giovanile”,
“generazione ribelle”, possono risultare ambigui e strumentali da un punto di vista
storiografico, pur essendo innegabile che ogni epoca può dirsi caratterizzata da motivazioni
giovanili che aspirano a una rottura con il passato, nell’attuale panorama storiografico si
accentuano sempre più percorsi che pongono in primo piano l’individuazione di ciò che
persiste e di ciò che muta nelle identità giovanili. In tal senso, un tema di grande interesse, a
titolo esemplificativo, è quello che indaga il linguaggio con il quale si esprimono i giovani
negli anni Cinquanta e Sessanta, quando la società si vede sempre più definita da connotati
culturali misti, laddove è proprio la mescolanza di questi tratti culturali che definisce le basi
per la costruzione dell’identità dei giovani che si formano in questi anni, e in quelli
successivi. Ed è su questi tratti culturali misti, tra persistenza e mutamento che si snoda,
all’interno di un progetto di ricerca sulle culture e costumi giovanili nel Ventesimo Secolo, un
percorso, tuttora in corso, sui giovani che negli anni Sessanta, sotto l’influsso della
modernizzazione, ma privi di tensione politica, e ancora poco secolarizzati, tradizionali nelle
scelte musicali, pur dentro nelle mitologie di massa, riflettono quella grande rottura con il
passato che conosce la società italiana in pochissimi anni, nel modo di produrre, consumare,
di sognare, di vivere il presente e di progettare il futuro. A tale percorso di ricerca è sottesa la
considerazione secondo la quale «i cambiamenti sono sempre ‘relativi’ e giocati (più o meno
consapevolmente) sulle successioni generazionali, che, pur rinnovando di volta in volta abiti
mentali e disposizioni psicologiche, nello stesso tempo conservano – o sono costrette a
conservare – più di quanto gli eventi e le trasformazioni strutturali o anche ideologiche non
lascino intendere ad una visione superficiale delle cose e della storia» (Pela, Sorcinelli, 1999, p.
X). Di fatto, gli anni del boom economico e, in particolare, gli anni del “miracolo italiano”,
1958-1963, sono caratterizzati, oltre che da evidenti contrasti, da una peculiare intersezione
fra mutamento dei costumi e persistenza di alcune mentalità da tempo consolidate in strutture
e comportamenti. In questo senso, se la grande abbuffata, il frigorifero, la lavatrice, la
televisione, la vespa, i dischi, assieme alla “Cinquecento” e alla “Seicento” e, non da ultimo,
la spiaggia affollata sono alcuni tra i simboli più rappresentativi del “miracolo italiano”, le
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
6
lettere che migliaia di fans giovanissimi e giovani, maschi e femmine compresi, scrivono per
esempio a Gigliola Cinquetti, subito dopo la sua vittoria al Festival di San Remo nel 1964 con
la canzone Non ho l’età per amarti, mostrano non tanto e solo un’ Italia di giovani che si
identificano con un modello di vita, e viceversa con una vita modello a cui ispirarsi, quale la
cantante stessa riflette, quanto e soprattutto un incrocio peculiare tra persistenza e mutamento.
E ciò in quanto lei stessa rappresenta, tra l’altro, un nuovo modo di essere ragazza/donna, di
essere cioè una giovane diva, pur incarnando valori tradizionali. In questa direzione, è un filo
sottile, di fatto, quello che lega il processo di identificazione con la diva stessa e il sogno di
“fare la cantante”, un sogno collettivo, un desiderio socializzato che cresce all’interno del
miracolo economico, all’interno delle grandi trasformazioni culturali in atto in quel momento.
Così scrive, per esempio, Rita da Paola il 23 febbraio 1964: «Cara Cinguetta io sono una della
tua grande amiratrice perché io tio sempre amata e sempre ti amo perche io cio intenzioni di
mifare o cantanta o puro ballerina io citengo assai (…)» (Archivio Gigliola Cinquetti, Museo
storico in Trento). Come pure un filo sottile lega la presunta somiglianza fisica e spirituale con
la cantante e il desiderio di intraprendere la carriera cinematografica, come afferma una
studentessa sedicenne che scrive da Messina l’8 febbraio 1966: «Ti somiglio stranamente,
tanto che sia a scuola che in strada mi chiamano tutti Gigliola. Non so se mi somigli anche
spiritualmente. Ho tanta passione per l’arte ma non so se avrò quel tantino di fortuna che
occorre per farsi strada nella vita. Non dico di contare sul tuo aiuto, perché non so se ne hai
l’intenzione. Mia idea sarebbe intraprendere la carriera cinematografica come tua sosia»
(Ibidem) . Ma chi sono queste ragazze e questi ragazzi? Pur non essendo possibile fornire un
identikit esauriente data la ricerca tuttora in corso, si può sostenere da una prima indagine
compiuta su un campione di 2300 lettere di diversa provenienza geografica, scritte tra 1964 e
il 1967, che, per esempio, la dimensione del desiderio, del sogno di realizzare se stessi, come
singoli individui, sia uno dei tratti principali di quei giovani. E ciò in quanto loro stessi si
individuano primariamente, come emerge nelle lettere, nella maggior parte dei casi
descrivendo un ritratto di sé che contempla: il nome, l’età, la professione, se studente il tipo di
scuola frequentata, oltre a narrare autobiograficamente buona parte della propria vita. Rispetto
a ciò, è plausibile affermare che si tratti di uno stato psicologico singolo, la cui fisionomia
assume però caratteri collettivi. Non solo. Contemporaneamente allo sviluppo di tale primo
livello di indagine, nella ricerca in questione, ci si sta muovendo, tra le altre, nella direzione
che tenta di verificare, per esempio, in che modo si incrociano alcune parole chiave che
ricorrono costantemente a proposito del fenomeno “Gigliola Cinquetti” sia nel linguaggio
giovanile sia nel linguaggio degli adulti. In questa direzione, espressioni quali simpatia,
semplicità, amicizia, affetto, bene, per esempio, e i corrispettivi simpatica, amica, semplice,
concorrono trasversalmente a delineare un quadro della società e dei costumi di quegli anni
dai confini, tra giovani e adulti, tutt’altro che definibili con chiarezza. E, in tal senso, una tra
le domande principali che si impone, per esempio, è: fino a che punto quei giovani erano
consapevoli di essere tali? E se lo erano, sulla base di chi e di cosa lo erano? Non solo.
“Gigliola Cinquetti” rappresenta, tra persistenza e mutamento, una mediazione culturale, un
compromesso ben legittimato dal punto di vista degli adulti, al contempo ben accettato da una
larga fascia di giovani, e dunque in che modo la sua immagine può dirsi per quei giovani
motore concreto di sogni, desideri, speranze, sentimenti e affetti? Viceversa, cosa significa e
in che modo tale immagine viene vissuta dai fans come comune struttura di riferimento verso
cui ideali e realtà, valori ed esistenza organicamente convergono? In questo quadro
problematico, seppure tratteggiato in modo tutt’altro che esaustivo, si fa largo una storia dei
giovani tutta ancora da scrivere. E l’immagine che ci viene consegnata di tale storia ancora da
scrivere è quella oltremodo suggestiva di una tredicenne che scrive da Matera il 14 aprile
1967: «Mi piaci molto, tu sei la mia cantante preferita fra tutte le altre […], sei bella ed io, sai,
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
7
ti voglio tanto bene, un bene affettuoso. Ogni volta che ti vedo in televisione, vorrei essere
con te, a cantare le belle canzoni che hai lanciato» (Ibidem).
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
8
Bibliografia
Antonelli Q.
2005
Nono seminario dell’Archivio della scrittura popolare (autunno 2005)
“A partire dall’archivio Gigliola Cinguetti”.
Appunti, riflessioni e materiali (doc. 2), in
http://www.museostorico.tn.it/asp/approfondimenti.htm
Attias-Donfut C.
1988
Sociologie des générations. L’empreinte du temps, Paris, Puf.
Barbagli M. et al.
2003
Fare famiglia in Italia. Un secolo di cambiamenti, Bologna, Il Mulino.
Braidotti R. et al.
2003
Baby Boomers, Firenze, Giunti.
Calanca D.
2003
2004
Simboli e vesti nell’Italia del boom economico, www.storiaefuturo.com,
n. 3, febbraio.
Legami. Relazioni familiari nel Novecento, Bologna, Bononia
University Press.
Canevacci M. et al.
1993
Ragazzi senza tempo. Immagini, musica, conflitti delle culture giovanili,
Genova, Costa &Nolan.
Capuzzo P. (a cura di)
2003
Genere, generazioni e consumi. L’Italia degli anni Sessanta, Roma,
Carocci.
Crainz G.
1996
2004
Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni
Cinquanta e sessanta, Roma, Donzelli.
Il paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Roma,
Donzelli.
De Bernardi A., Flores M.
2003
Il Sessantotto, Bologna, Il Mulino.
Dogliani P.
2003
Gillis J.R.
1974
Storia dei giovani, Milano, B. Mondadori.
I giovani e la storia. Tradizione e trasformazioni nei comportamenti
giovanili dall’Ancien Régime ai nostri giorni, Milano, A. Mondadori.
Degl’Innocenti M.
2002
L’epoca giovane. Generazioni, fascismo e antifascismo Mandria-BariRoma, Lacaita.
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com
Percorsi di storia dei giovani
9
Levi G., Schmitt J.-C. (a cura di)
1994
Storia dei giovani, Roma-Bari, Laterza.
Giachetti D.
2002
Gorgolini L.
2005
Anni Sessanta comincia la danza. Giovani, capelloni, studenti ed
estremisti negli anni della contestazione, Pisa, BFS.
Il Pci e la “questione giovanile” nel secondo dopoguerra, in
www.storiaefuturo.com, n. 6, aprile.
M. Mitterauer
1991
I giovani in Europa dal Medioevo a oggi, Roma-Bari, Laterza.
Pela D., Sorcinelli P.
1999
Generazioni del Novecento: guerra famiglia partecipazione consumi,
Firenze, La Nuova Italia.
Piccone Stella S.
1993
La prima generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo economico
italiano, Milano, Franco Angeli.
P. Sorcinelli (a cura di)
2004
Identikit del Novecento. Conflitti, trasformazioni sociali, stili di vita,
Roma, Donzelli.
2005
Gli anni del Rock (1954-1977), Bologna, Bononia University Press.
Sorcinelli P., Varni A. (a cura di)
2004
Il secolo dei giovani. Le nuove generazioni e la storia del Novecento,
Roma, Donzelli.
Varni A. (a cura di)
1998
Il mondo giovanile in Italia tra Ottocento e Novecento, Bologna, Il
Mulino.
Wohl R.
1984
La generazione del 1914, Milano, Jaca Book.
Sitografia
http://www.cssem.org/documenti/usostoria/usostoria2.htm
http://www.imago.rimini.unibo.it
http://www.censis.it/-277/372/4976/3192/31/94/3196/3199/3221/stampa.asp
http://www.media68.com
http://w3.uniroma1.it/scm/lessico/giovani.htm
http://www.georienta.it/link/orientamento.php
www.univirtual.it/varie/comportamenti.doc
Storia e Futuro – N° 7 – luglio 2005 – www.storiaefuturo.com