Ricerche del Dottorato
in Metodologie Conoscitive per la Conservazione
e la Valorizzazione dei Beni Culturali
SECONDA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
DIPARTIMENTO DI STUDIO DELLE COMPONENTI CULTURALI DEL TERRITORIO
DOTTORATO
IN METODOLOGIE CONOSCITIVE PER LA CONSERVAZIONE
E LA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI
PER LA CONOSCENZA DEI BENI CULTURALI. VI
RICERCHE DEL DOTTORATO
IN METODOLOGIE CONOSCITIVE PER LA CONSERVAZIONE
E LA VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI 2015-2016
Il volume accoglie ricerche condotte da studenti che hanno seguito, negli
anni 2015-2016, i corsi del Dottorato in Metodologie conoscitive per la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali: dottorato attivato presso il
Dipartimento di studio delle componenti culturali del territorio della Seconda
Università degli Studi di Napoli, in consorzio con le Università degli Studi di
Palermo e del Molise, con il progetto di integrare le competenze umanistiche
a percorsi scientiici e applicati inalizzati a una moderna gestione, tutela,
fruizione e conservazione del patrimonio archeologico e storico artistico.
Il corso di dottorato si avvale di un ampio collegio di docenti composto da
Nadia Barrella, Oscar Belvedere, Aurelio Burgio, Rosanna Ciofi, Mariade
laide Cuozzo, Serenella Ensoli, Silvana Episcopo, Cristina Gannini, Fernando Gilotta, Vincent Jolivet, Riccardo Lattuada, Paolo Mauriello, Alessandra Perriccioli, Carlo Rescigno, Christoph Reusser, Marcello Rotili, Gaia
Salvatori, Andrea Zezza ed è coordinato da Stefania Quilici Gigli: i lavori
presentati sono il frutto dell’intensa attività formativa e di indirizzo svolta da
tutti i docenti e dell’impegno convinto dei dottorandi.
indice
C. RIZZO, Ceramica attica da Pontecagnano, prop. De Chiara
pag. 11
M. DI NIOLA, Ricerche topograiche nel comune di Vitulazio
pag. 29
A. IMPROTA, Un Invitatoriale genovese miniato del 1495: il ms. A/7 della Biblioteca arcivescovile «A. De Leo» di Brindisi
pag. 37
M. CASABURO, Dentro la materia, oltre l’immagine: cenni sulle tecniche esecutive della pittura su pietra
pag. 47
V. DI FRATTA, De Aquatilibus. Dall’illustrazione scientiica alla nascita e sviluppo del genere della natura morta di pesci nel xvii secolo
pag. 57
G. NAPOLETANO, Novità su Francesco De Mura: un dipinto giovanile a Capua
e un’allegoria nella Reggia di Caserta
pag. 73
R. BALZANO, La nascita dei beni culturali e le critiche al sistema della formazione e della tutela nella stagione della Commissione Franceschini
pag. 89
I. TEDESCO, Social media per il patrimonio culturale in Campania il caso #instagram
pag. 99
Abstract
pag. 115
Tavole a colori
pag. 129
57
valeria di fratta
de aquatilibus. dall’illustrazione scientifica
alla nascita e sviluppo del genere
della natura morta di pesci nel xvii secolo
Nel variegato repertorio di immagini tratte dalla natura allo scopo di avviare una
compiuta classiicazione del mondo naturale, operata attraverso la realizzazione di
illustrazioni di esemplari ripresi dal vero quale apparato iconograico a corredo degli
eruditi trattati scientiici elaborati a partire dal Cinquecento, la rappresentazione del
più ignoto e misterioso regno dei pesci e degli animali marini ha costituito in dall’inizio un ilone autonomo di particolare successo.
Perseguendo l’intento di dominare una realtà dilatatasi enormemente, soprattutto
in seguito alla scoperta del Nuovo Mondo, i naturalisti intravedono nella puntuale
resa igurativa del dato naturale un eccellente strumento di indagine, analisi e conoscenza, in grado di restituire con sicura attendibilità scientiica l’immensa varietà di
nuove specie dapprima sconosciute1.
Sulla scorta di questa esigenza intellettuale di documentazione, a partire dalla seconda metà del Cinquecento si assiste in ambito europeo alla produzione di una cospicua serie di pubblicazioni a carattere scientiico, aventi ad oggetto l’illustrazione
mimetica del mondo marino. Tra le più antiche vanno senz’altro annoverate le edizioni parigine dell’Histoire naturelle des estrangers poissons marins (1551) e del De
aquatilibus libri duo (1553) del naturalista francese Pierre Belon. L’anno successivo,
a Lione, sono dati alle stampe i Libri de piscibus marinis (1554-1555) del medico e
naturalista francese Guillaume Rondelet con le pregevoli illustrazioni di Georges Reverdy e nel 1556, dello stesso autore, le Universae aquatilium historiae pars altera.
Nello stesso giro di anni, il naturalista e teologo svizzero Conrad Gessner pubDottoranda di ricerca: valeria.difratta@yahoo.it; valeria.difratta@unina2.it
1
Per un approfondimento generale sul rapporto tra illustrazione scientiica e nascita del genere della natura morta resta fondamentale il contributo di G. OLMI, «Natura morta e illustrazione scientiica» in La Natura morta in Italia, Electa, Milano 1989, vol. I, pp. 69-91,
con la sua ricca bibliograia. Dello stesso autore cfr. ID., L’inventario del mondo. Catalogazione della natura e luoghi del sapere nella prima età moderna, Bologna 1992 (Annali
dell’Istituto Storico italo-germanico, Monograia 17); ID., Natura-cultura: l’interpretazione
del mondo isico nei testi e nelle immagini, Firenze 2000. Cfr. anche L. CONIGLIELLO,
«L’illustrazione scientiica in Italia tra Cinquecento e primo Seicento», in M. GREGORI (a
cura di), Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, Electa, 2003, pp. 66-71. Per un
approfondimento speciico sul tema degli animali marini cfr., fra gli altri, P. TONGIORGI,
«Dalle profondità dei mari del XVI secolo», in A. CEREGATO, A. ALESSANDRINI, (a
cura di), Natura picta. Ulisse Aldrovandi, Editrice Compositori, Bologna 2007, pp. 89-94;
D. LIBERANOME, «Ultime le nature morte con pesci», in Art e dossier 26.2011, 279, pp.
78-79. Altri riferimenti sono nei testi citati successivamente in nota.
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Fig. 1. Giorgio Liberale da Udine, Fauna marina del Mare
Adriatico, 15621576, Cod. 2669,
Vienna, Österreichische Nationalbibliothek.
blica, a partire dal 1551, la serie di respiro enciclopedico dei Libri Historiae animalium, composta di quattro volumi. L’ultimo volume, edito nel 1558, è un trattato
speciico di ittiologia: Piscium et aquatilium animantium natura.
L’interesse scientiico per le specie marine non tarda a farsi sentire anche in Italia.
Nel 1554 è, infatti, pubblicato a Roma il volume illustrato dell’Aquatilium animalium historiae liber primum del medico e naturalista italiano Ippolito Salviati. Ma
è dalla corte degli Asburgo che proviene un forte impulso allo sviluppo del genere.
Nel 1562 l’arciduca Ferdinando del Tirolo commissiona al pittore Giorgio Liberale
da Udine, già distintosi per l’elevata qualità artistica e la precisione analitica delle
tavole illustrate dei Commentarii al Dioscoride del medico senese Pietro Andrea Mattioli, editi a Venezia ancora nel 1554, la campionatura scientiica della fauna marina
del Mare Adriatico. I cento fogli sciolti, realizzati su pergamena tra il 1562 e il 1576,
sono raccolti nel Codice 2669 della Österreichische Nationalbibliothek. Si tratta di
preziose tavole dipinte, quasi tutte illustrate su recto e verso, che assumono rilevanza
autonoma rispetto al testo scientiico e che, insieme alla rappresentazione esatta delle
specie viventi, contengono un primo tentativo di ambientazione naturalistica attraverso l’inserimento di scorci e fondali evocativi del paesaggio marino (ig.1)2.
Nonostante la richiesta di assoluta oggettività nella rappresentazione scientiica
della natura, è evidente che gli illustratori non possono non aggiungere una propria
personalità e una qualità estetica all’elemento naturale ritratto, ciò in virtù anche
della progressiva evoluzione del trattato da testo igurato a volume con apparato iconograico costituito da tavole autonome, elevate alla dimensione di un vero e proprio
quadro, talvolta corredato di cornice dipinta. È, anzi, dall’abilità dell’illustratore e
dal pregio artistico delle sue tavole che cominciano a dipendere il successo e la diffusione delle opere.
2
Cfr. in particolare L. CONIGLIELLO, «Pesci e crostacei e un’iguana per l’imperatore Rodolfo II», in Paragone 1991, 493-495, pp. 22-29 e EAD., 2003, cit., p.67; 70.
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Fig. 2. Jacopo Ligozzi, Tavole Naturalistiche, I pesci
- Cernia, 1577-1587
ca., Firenze, Gabinetto Disegni e
Stampe degli Ufizi.
Nasce, probabilmente, proprio da questa rilessione l’alta considerazione del ilosofo e naturalista bolognese, Ulisse Aldrovandi, nei confronti di Jacopo Ligozzi, il
più rinomato pittore scientiico del suo tempo, del quale cercò più volte di ottenere
le pregiate illustrazioni di specie viventi, lodate per la loro verosimiglianza con gli
esemplari della natura, cui, a suo dire, sembrava mancasse soltanto il respiro. Nello
straordinario corpus di tavole dipinte che costituiscono l’immenso patrimonio iconograico collezionato dallo scienziato bolognese nel corso della sua vita, un cospicuo gruppo, raccolto nei volumi dal IV al VII delle Tavole di Animali, è dedicato alla
fauna ittica marina e di acqua dolce, alcune pregevolmente acquerellate dallo stesso
Ligozzi presso la corte di Francesco I de’ Medici (ig.2). Una versione a stampa delle
tavole fu riunita in un’apposita serie e pubblicata postuma, ormai in pieno Seicento: si tratta del De piscibus libri quinque et De cetis liber unus, editi a Bologna nel
1613. Per la realizzazione dei suoi volumi, Aldrovandi si ispirò certamente alle opere
di Gessner e Belon, ma soprattutto di Salviati, con il quale scambiava esemplari di
pesci essiccati e di altri reperti marini, e di Rondelet, con il quale il bolognese aveva
stretto amicizia durante il suo soggiorno romano del 1549-50, quando con Paolo
Giovio, anch’egli autore di un trattato di ittiologia intitolato De romanis piscibus
libellus (Roma, 1524), osservavano con interesse empirico e curioso i pesci più rari
catturati dalle reti dei pescatori ed esposti al mercato del pesce3.
3
In merito, cfr. G. OLMI, Ulisse Aldrovandi, Scienza e natura nel secondo Cinquecento, Trento 1976; ID., «Arte e Natura nel Cinquecento bolognese: Ulisse Aldrovandi e la rafigurazione scientiica», in A. EMILIANI (a cura di), Le arti a Bologna e in Emilia dal XVI
al XVII secolo, Atti del XXVI Convegno Internazionale di Storia dell’Arte (1979), Bologna
1982; G. OLMI, L. TONGIORGI TOMASI, De piscibus: la bottega artistica di Ulisse Aldrovandi e l’immagine naturalistica, Roma: Edizioni dell’Elefante, 1993; L. CONIGLIELLO,
«Guizzi di genere: i pesci di Jacopo Ligozzi», in Art e dossier 26.2011, 279, pp. 58-63; L.
TONGIORGI TOMASI, «The study of the natural sciences and botanical and zoological illustration in Tuscany under the Medicis from the sixteenth to the eighteenth centuries». Estr.
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Fig. 3. Adriaen Collaert, Piscium vivae icones - Lipa- Fig. 4. Jan van Kassel, Mostra di pesci su uno scoris, Macrella, Aqua phalenica, 1610 ca., Northamp- glio in un paesaggio costiero, 1661, Frankfurt am
ton, Massachusetts, Smith College Museum of Art. Main, Städel Museum.
La maggior parte dei pesci rappresentati nelle tavole di Aldrovandi appartiene al
mondo reale, ma alcuni esemplari sono esseri fantastici derivati dalla tradizione popolare, a riprova della persistenza, a cavallo tra Cinque e Seicento, del gusto per l’elemento mitico e mostruoso. La rappresentazione naturalistica di tipo scientiico non
contrasta con il portato simbolico che gli elementi della natura possono esprimere.
La sete di conoscenza del mondo naturale induce indubbiamente ad un atteggiamento nuovo verso il reale, che si esplica principalmente attraverso la diretta osservazione delle cose di natura, ma gli eruditi fanno al contempo ancora riferimento ai
testi classici e medievali, che attribuiscono a ciascun elemento del Creato un valore
simbolico. In questa stessa ottica devono intendersi le straordinarie collezioni di naturalia che si svilupparono fra Cinque e Seicento in Oltralpe come in Italia, legate
all’affermazione delle grandi famiglie borghesi di mercanti che intrattenevano rapporti commerciali con l’Oriente, dal quale giungevano oggetti esotici, rari e mostruosi, che, raccolti in unico spazio insieme ad altre curiositas provenienti dai più disparati luoghi della Terra, potevano dare la sensazione di possedere un pezzo di mondo4.
La diffusione sul mercato di ricchi repertori iconograici di naturalia, utilizzati
come modelli anche dagli artisti, determina una continuità fra atteggiamento scientiico e fare artistico. In Oltralpe come in Italia le suggestioni prodotte dalle illustrazioni scientiiche inducono anche gli artisti ad avere un’esperienza diretta, un rapporto immediato e senza iltri con la natura. Questo approccio naturalistico, volto a
restituire igurativamente la realtà con sempre maggiore verità, ha i suoi rilessi nelle
modalità con cui vengono realizzate le stesse composizioni destinate ad uso scientida Archives of natural history 28, 2001. pp. 180-193. Inine cfr. P. TONGIORGI, 2007, cit.
4
Sul fenomeno del collezionismo enciclopedico fra Cinquecento e Seicento, cfr., fra gli altri,
L. TONGIORGI TOMASI, «Collezioni e immagini naturalistiche nella Toscana dal Cinque al Settecento. La nascita dei musei scientiici e il rapporto arte-scienza», in Museologia
Scientiica V, 1988, pp. 31-67; D. FREEDBERG, (a cura di), Animals, ish and other fauna.
The Paper Museum of Cassiano Dal Pozzo, B, 5, Harvey Miller, London 1997; G. OLMI, L.
TONGIORGI TOMASI, «Rafigurazione della natura e collezionismo enciclopedico nel secondo Cinquecento tra Milano e l’Europa», in S. FERINO-PADGEN (a cura di), Arcimboldo,
Palazzo Reale, Milano, Milano 2011, pp. 113-151; G. OLMI, «Il collezionismo enciclopedico italiano da Ulisse Aldrovandi a Ferdinando Cospi», in Wunderkammer 2013, pp. 37-43.
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Fig. 5. Frans Snyders, Cornelis de Vos, Il mercato del Fig. 6. Abraham van Beijeren, Pesci, un granpesce, 1620-1630 ca.,Vienna, Kunsthistorisches Mu- chio, frutti di mare, anfore e rami in dispensa,
seum.
1655 ca., Philadelphia Museum of Art.
ico. Una riprova in tal senso viene dal progressivo inserimento delle specie naturali
oggetto di studio all’interno di un paesaggio, che assolve sia alla funzione scientiica
di localizzare la specie nel suo ambiente di origine, sia di aumentare la qualità estetica della rappresentazione. Un caso esemplare in tal senso sono le raccolte di incisioni sulla fauna acquatica del disegnatore e incisore iammingo Adriaen Collaert,
Piscium vivae icones in aes incisae et editae ab Adriano Collardo, del 1610 circa.
Come ebbe a notare Michel Wiedemann nella sua puntuale analisi dell’opera, le
incisioni di Collaert sono il prodotto di un collage di sfondi paesaggistici ispirati ai
pittori iamminghi, di imbarcazioni tratte dalle opere di Pieter Brueghel, di igure di
animali acquatici ripresi dai trattati di ittiologia (ig. 3). La raccolta di incisioni servì
da fonte ad altri lavori dello stesso genere, ma costituì anche la base per un repertorio
di forme per pittori di nature morte come Frans Snyders e Paul de Vos, che le utilizzarono a loro vantaggio per le loro composizioni5.
All’inizio del XVII secolo, il successo riscontrato in Nord Europa dai repertori
di incisioni di pesci e animali acquatici come quello di Collaert ha indubbiamente contribuito allo sviluppo delle Visstillevens (nature morte di pesci) come genere
autonomo, operando un taglio nelle scene di cucina e di mercato, inserite in composizioni di carattere ancora essenzialmente religioso, come quelle di Pieter Aertsen
e di Joachim de Beuckelaer, per proiettare sulle tele la magniicenza dei prodotti
della natura quali protagonisti assoluti dello spazio rappresentato. La composizione e l’esecuzione di queste nature morte di pesci varia enormemente. In un primo
tempo più fedeli all’impostazione delle riproduzioni scientiiche, come i pannelli
semplici e meticolosamente dipinti da Clara Peeters o da Jan van Kassel, le Visstillevens, progressivamente, dilatano i propri spazi secondo un procedimento analogo al
meccanismo occorso per le illustrazioni, ambientando le composizioni esuberanti di
pesci sui banconi del mercato, sulle dispense di cucina o su ricche tavole imbandite,
5
Cfr. M. WIEDEMANN, «Un recueil de gravures de poissons d’Adrien Collaert: Piscium
vivae icones in aes incisae et editae ab Adriano Collardo» in C. MAZOUER (a cura di),
L’animal au XVIIe siècle: actes de la 1ère Journée d’études (21 novembre 2001 du Centre
de recherches sur le XVIIe siècle européen:1600-1700) (Université Michel de Montaigne Bordeaux III), Gunter Narr Verlag Tübingen 2003, pp. 119-158.
62
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Fig. 7. Pieter Boel, Tartarughe, un’anguilla, un Fig. 8. Antonio Tanari, Mostra di pesci, crostacei e
luccio, aragoste e altri pesci sulla riva, 1650 ca., molluschi su uno scoglio in un paesaggio costiero,
già Sotheby’s, 6 dicembre 2007, lotto 222.
1619, Poggio a Caiano, Villa Medicea.
Fig. 9, Pieter Boel, Mostra di pesci, calamari e tartarughe al mercato, 1660-1665
ca., Dieppe, Château - Musée.
Fig. 10. Albert Flamen, Mostra di pesci su uno Fig. 11. Albert Flamen, Mostra di pesci su uno
scoglio, 1648-1664 ca., Londra, British Museum. scoglio con pescatori in riva al mare, 1648-1664
ca., Londra, British Museum.
de aquatilibus
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come si può ben osservare nei dipinti dei pittori olandesi Abraham van Beijeren (ig.
6) e Pieter de Putter o dei iamminghi Frans Snyders (ig. 5) e Jan Fyt, o in ariosi
paesaggi marini come nelle tele dello stesso van Kassel (ig. 4), Joris van Son, Pieter
Boel (ig. 7; 9) e Jacob van de Kerckhove6.
Un ulteriore contributo allo sviluppo del tema delle composizioni di nature morte
di pesci in paesaggio proviene, intorno alla metà del Seicento, sempre dal settore
delle illustrazioni.
È del 1664 la pubblicazione della raccolta di incisioni Icones diversorium piscium
di Albert Flamen, un incisore, pittore e disegnatore iammingo che lavorò a Parigi
per gran parte della sua carriera orientandosi sullo stile di Jacques Callot e che, dal
1648 al 1664, si dedicò alla realizzazione di disegni e incisioni di specie della fauna
marina e d’acqua dolce. Le serie di tavole e stampe rafigurano con precisione le
varie specie di pesci mostrati nel loro habitat naturale. Similmente i suoi paesaggi
molto spesso descrivono ediici speciici e vedute riprese dal vero. Inoltre, nei disegni in particolare, compare spesso l’inserimento di igure umane colte nell’intento di
svolgere attività legate al quotidiano, come la pesca, lo sbarco del pescato in riva al
mare o la vendita del pesce al mercato (igg. 10-11)7.
In Italia settentrionale un immediato recepimento dei temi elaborati nelle tavole
dipinte e nelle incisioni a corredo dei trattati scientiici si riscontra nelle opere di Vincenzo Campi. Ne è un esempio il dipinto rafigurante la Pescivendola in Collezione
Fugger, a Kirchheim in Germania, del 1580 ca, in cui la suddivisione per tipo e la
disposizione ordinata dei pesci nelle ceste e nei rami è paragonabile a una classiicazione scientiica8. Una simile logica è distinguibile con maggiore evidenza qualche
anno più tardi, nei Pescivendoli di Bartolomeo Passerotti del 1603, conservato presso
la Galleria Nazionale di Palazzo Barberini a Roma, in cui è manifesta l’abilità del pittore bolognese nel descrivere tutte le specie ittiche, disposte in piena evidenza come
una natura morta autonoma: chiaro indizio degli interessi naturalistici di Passerotti,
che aveva assorbito la cultura scientiica diffusa a Bologna da Ulisse Aldrovandi9.
6
Un testo fondamentale per l’approfondimento sul genere delle Visstillevens è L. M. HELMUS, E. DE JONGH, P. MARTENS, F. G. MEIJER et AL. (a cura di), Vis: stillevens van
Hollandse en Vlaamse meesters 1550 - 1700, Centraal Museum, Utrecht 2004 (Eng. version:
Fish: still lifes by Dutch and Flemish masters, 1550-1700). Sulla natura morta olandese e
iamminga in generale cfr., fra gli altri, I. BERGSTRÖM, Dutch Still Life in the Seventeenth
Century, Faber and Faber Ltd, London 1956; E. GREINDL, Les peintres lamands de nature morte au XVIIe siècle, Le Febvre, Belgique (Sterrebeek) 1983; C. GRIMM, Stilleben
die Niederländische und Deutschen Meister, Belsen Verlag, Stuttgart-Zürich, 1988; inine,
il più recente A. VAN DER WILLIGEN, F.G. MEIJER, A Dictionary of Dutch and Flemish
still-life Painters working in oils 1525-1725, Primavera Press in collaboration with RKD,
Leiden 2003.
7
Cfr. M. SZANTO, «Les peintres lamands à Paris dans la première moitié du XVIIe siècle.
Géographies d’une communité», in: M.C. CHAUDONNERET (a cura di), Les artistes
étrangers à Paris, Bern 2007, p. 71-83.
8
Cfr. F. PALIAGA (a cura di), Vincenzo Campi. Scene del quotidiano, Skira 2002; R. CARRETTA, R. VIOLA, Tavole d’autore. Storie d’arte e di cucina, Ed. Il Leone Verde, Torino
2011, p. 101.
9
Cfr. F. PALIAGA, «Da Vincenzo Campi e Bartolomeo Passerotti a Fede Galizia e Panilo
64
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Fig. 12. Paolo Porpora, Un cefalo, uno scorfano, un tranchino, due conchiglie e un medaglione, 16301640 ca. Collezione privata.
Un altro signiicativo esempio è il grande quadro di pesci realizzato dal pittore
romano Antonio Tanari e inviato a Firenze nel 1619 al cardinale Carlo de’ Medici,
oggi conservato presso la Villa Medicea di Poggio a Caiano, che rappresenta una
illuminante dimostrazione di quanto le illustrazioni scientiiche di specie acquatiche
in paesaggio abbiano contribuito alla nascita e sviluppo del genere della natura morta
di pesci. La rappresentazione per piani lineari sovrapposti e l’esatta identiicazione
di ciascuna specie sono un segnale evidente della suggestione che dovettero esercitare le dettagliate e nitide tavole dipinte di Ligozzi (ig. 8).10
È, tuttavia, in Italia meridionale che il tema giunge a più alti esiti. Particolare
slancio ebbe, infatti, lo sviluppo del genere della natura morta di pesci a Napoli nel
Seicento. Una delle possibili cause di questa predisposizione al tema può essere
ricercata nei retaggi della cultura classica. Nelle nature morte delle ville vesuviane
di Pompei, Ercolano, Stabia e Oplonti, la rappresentazione illusiva e realistica delle
cose di natura, di chiara matrice ellenistica, è ravvisabile sia sulle pareti affrescate
delle stanze delle ville romane in cui si svolgevano le opulente cene, sia nei piccoli
quadretti su tavola chiamati xenia, in greco doni ospitali, che i padroni di casa regalavano ai loro ospiti come offerta di ospitalità e augurio di abbondanza. Come è
stato sottolineato anche dalla Gregori, appare indiscutibile la conoscenza di antiche
rappresentazioni di pesci da parte dei pittori napoletani del Seicento, che ne fecero
Nuvolone», in M. GREGORI (a cura di), 2003, cit., pp. 73-77 e p. 92.
10
Cfr. E. FUMAGALLI, «155. Antonio Tanari, Pesci», in S. CASCIU (a cura di), Villa Medicea di Poggio a Caiano. Museo della natura morta. Catalogo dei dipinti, 2009, p. 386; v.
anche M. GREGORI, «Divagazione su un quadro di pesci di Antonio Tanari», in Paragone
65-66, 2006, pp. 4-48.
de aquatilibus
65
Fig. 13. Paolo Porpora, Pesci, rettili, anibi, iori, funghi, sassi, conchiglie, lumache e farfalle, 1645-1650
ca. Collezione privata.
Fig. 14. Luca Forte, Domenico Gargiulo, Marina con
pescatori e mostra di pesci, 1645-1650 ca. Collezione
privata.
tema prediletto della natura morta. Tale repertorio di modelli, codiicato nell’età antica, deve essere a lungo sopravvissuto anche grazie alla sua riproduzione seriale e alla
sua diffusione a largo raggio, al punto da costituire una tradizione igurativa11. Non
sappiamo come questi modelli siano circolati, secondo quali percorsi o in quale forma. Sappiamo, però, che durante il periodo vicereale spagnolo, Napoli era un vitale
centro culturale anche nel campo antiquario. Il collezionismo di antichità e mirabilia
della natura, già presente presso la corte aragonese in epoca rinascimentale, divenne in età vicereale un fenomeno molto diffuso, al punto da diventare un fenomeno
sociale12. Napoli vantava, inoltre, una ricca tradizione scientiica ed erudita di rappresentazione illustrata del mondo naturale, risalente alla cultura enciclopedica dei
Tacuina Sanitatis prodotti dalla corte fredericiana, tradizione ereditata dalla cultura
umanistica dai grandi collezionisti di anticaglie e naturalia, che ebbe il suo apice
nelle mirabili raccolte di meraviglie di Ferrante Imperato, autore della celeberrima
Naturalis Historia pubblicata a Napoli nel 1599 e corredata di magniiche tavole
incise13. Prezioso collaboratore di Imperato fu lo scienziato Fabio Colonna, Accade11
Cfr. G. DE VITO, «Paolo Porpora e la nascita di un genere a Napoli» in Ricerche sul ‘600
Napoletano 1999, pp. 18-42; F.M. FERRO, «Creature dai lutti, e dalla coscienza. ‘Figuralité’ des poissons napolitains», in V. DAMIAN (a cura di), L’Oeil gourmand. Percorso nella
natura morta napoletana del XVII secolo, Galerie Canesso, Parigi 2007, pp. 22-27. V., inine,
V. DI FRATTA, «Lands of Taste.‘Still-life’ ways in Southern Italy from the Antiquity to the
XVII Century» in XII International Forum. Le Vie dei Mercanti. Best Practice in Heritage,
Conservation, Management from the World to Pompeii (Atti del Convegno Aversa-Capri,
12-14 Giugno 2014), Napoli, La scuola di Pitagora editrice, pp. 594-603.
12
Cfr. I. IASIELLO, Il collezionismo di antichità nella Napoli dei Vicerè, Napoli 2003.
13
Su Ferrante Imperato, cfr. C. PRETI in Dizionario Biograico degli Italiani, vol. 62,
2004, ad vocem, con l’intera bibliograia. Per il suo museo di storia naturale, cfr. E. STEN-
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valeria di fratta
Fig. 15. Giuseppe
Recco, Pesci, calamari, aragoste, un catino
di rame e un’anfora,
1655-1660 ca., Marano di Castenaso (BO),
Collezione Molinari
Pradelli.
mico dei Lincei, che arricchì l’opera con sue tavole di disegni di specie viventi tratte
dal vero. Colonna estese l’interesse dei suoi studi naturalistici alla lora e fauna marina, cui dedicò il suo Piscium aliquot Plantarumque Novarum Historia, appendice al
Phytobasanos del 1592, ricco di tavole dettagliate. Nel 1606 Colonna diede ancora
alle stampe il suo Minus cognitarum stirpium…Ekphrasis…Item de Aquatilibus allisq. Animalibus quibusdam paucis libellus, nel quale lo studio delle scienze marine
acquistò sempre maggiore spessore attraverso la raccolta di 150 incisioni “omnia
ideliter ad vivum delineata”.
Inine, nel De Purpura (1616), Colonna espresse il suo interesse per la malacologia, descrivendo con dettaglio di particolari le numerose varietà di specie di molluschi rinvenute lungo le sponde del Golfo di Napoli e durante le sue campagne
esplorative della costa tirrenica meridionale14.
DARDO, «Ferrante Imperato: collezionismo e studio della natura a Napoli tra Cinque e Seicento», in Quaderni dell’Accademia Pontaniana 31, Napoli 2001.
14
Su Fabio Colonna cfr., fra gli altri, G. OLMI, «La colonia lincea di Napoli», in F. LOMONACO e M. TORRINI (a cura di) Galileo e Napoli (Atti del convegno), Napoli 1987,
pp. 23-58; A. OTTAVIANI, «La natura senza inventario: aspetti della ricerca naturalistica
del linceo Fabio Colonna», in Physis XXXIV, 1997, pp. 31-70; F. TOGNONI, «Nature described: Fabio Colonna and Natural History illustrated», in Nuncius. Annali di Storia della
Scienza 20, 2, Firenze 2005; M. DI PENTA, The Gentleman of Locko Park. A curious portrait of Neapolitan Lincean Fabio Colonna (1567-1640), Enbach.eu 2014. L’interesse per la
malacologia e i fossili e per un metodo di ricerca empirico era ancora vivo nel 1670, quando
il pittore siciliano Agostino Scilla diede alle stampe a Napoli La Vana Speculazione disingannata dal Senso. Lettera responsiva circa I Corpi Marini, che Petriicati si trovano in vari
luoghi terrestri. Di Agostino Scilla Pittore/Accademico della Fucina, detto lo Scolorito… in
Napoli, appresso Andrea Colicchia M.DC.LXX (edizione moderna di M. SEGALA, Firenze
1997). Scilla fu anche abile pittore di nature morte di pesci. Mirabile è la sua Mostra di pesci
conservata presso la Galleria d’Arte Antica di Palazzo Corsini a Roma. Cfr. in merito M. DI
PENTA, «Agostino Scilla Pittore di Natura Morta. Appunti per un catalogo», in Paragone 81
(703-settembre 2008), pp. 62-71.
de aquatilibus
Fig. 16. Giuseppe Recco, Pesci, Calamari e
Coralli in paesaggio, 1670- 1675 ca. Collezione privata.
67
Fig. 17. Giuseppe Recco, Murene, triglie, calamari e
altri pesci su uno scoglio con ostriche e coralli in un
paesaggio, 1680 ca. Collezione privata.
La città partenopea fu, del resto, la sede privilegiata del pensiero dei ilosoi Telesio, Bruno e Campanella, che, individuando nell’approccio sensistico alla natura
lo strumento ideale per il raggiungimento della conoscenza, orientarono la cultura
napoletana alla ricerca rigorosa del vero, dando impulso a quella svolta naturalistica
già avviata sul piano igurativo dal soggiorno napoletano di Caravaggio15.
Il successo del genere a Napoli può essere spiegato anche da ulteriori motivi. Sicuramente, accanto a una committenza di estrazione aristocratica, cominciò ad affermarsi una committenza borghese, con interessi mercantili, che diede slancio alla
moda di collezionare dipinti di soggetto marino. L’attenzione al tema ha probabilmente anche motivazioni legate alla storia sociale, come sembra suggerire la lettura
dell’Assisa del Pesce del 1647, bando di calmiere dei prezzi emanato dal tribunale
della Sommaria durante le agitazioni popolari di quegli anni16. Tuttavia, oltre che
rispondere a ragioni storiche, la natura morta napoletana di pesci, in dalle sue origini
nei primi decenni del Seicento, sembra trasferire sulle tele una cultura popolare che
rimanda a tradizioni e abitudini reali, usi domestici e quotidiani. A cavallo tra la ine
del Cinquecento e i primi decenni del Seicento andò affermandosi a Napoli il genere
lirico e teatrale della favola piscatoria.
Le scenograie per le rappresentazioni prevedevano “fondali con Posillipo e Mergellina, frammenti dell’antichità - le rovine delle fabbriche romane con le loro leggende - e le preziose materie del mare - ostriche, madreperle, porpore”.
Spesso erano messi in scena anche “gli interni delle case dei pescatori, le loro suppellettili, le canzoni, i lamenti funebri, le danze. Il costume dei pescatori era descritto
come un residuo di un’età lontana e favolosa [...]. Il sapere dei pescatori aveva i suoi
riti e i suoi cibi, una sua tassonomia dei pesci e i suoi rimedi”17.
15
Cfr. F.M. FERRO, 2007, cit., p. 23.
Cfr. G. DE VITO, 1999, cit., p. 18.
17
Cfr. in proposito M. RAK, «Napoli no plus», in M. BOSSE, A. STOLL (a cura di), Napoli Viceregno Spagnolo. Una capitale della cultura alle origini dell’Europa moderna (sec.
16
68
valeria di fratta
Fig. 18. Giuseppe Recco, Pesci e conchiglie in un Fig. 19. Giuseppe Recco, Pesci e crostacei in un
paesaggio, 1680 ca., Besançon, Musée des Be- paesaggio, 1680 ca., Besançon, Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie.
aux-Arts et d’Archéologie.
Così le specie marine sono decantate nella Mergellina: Egloghe Piscatorie di Cesare Capaccio (1598), per arrivare, ancora nel Settecento, a fornire ispirazione per le
canzoni popolari, come quella de Lo Guarracino, in cui la ricchezza ittica del Golfo
di Napoli è testimoniata dall’enumerazione di oltre settanta specie di pesci. Con la
rafigurazione delle ricchezze del mare, le nature morte napoletane sembrano voler
recuperare, con intento propiziatorio, la speranza dell’abbondanza. Inine, l’approccio emozionale, affettivo, che traspare dai dipinti di natura morta napoletana è indubbiamente espressione di una consuetudine con le straordinarie opportunità offerte
dalla natura in quei luoghi, di una visione diretta delle ininite varietà di specie che
si potevano osservare sui banchi del mercato del pesce. Una divertente descrizione
dell’abbondanza di cibo presente nel golfo di Napoli è offerta, nel XVII secolo, da un
cantastorie palermitano, fattosi per necessità soldato e sbarcato a Napoli che, corso al
mercato, vi trova “tutti e quattro gli elementi”: pesci, carni, formaggi, verdure, ecc.
Così, prima ancora Giovanni Battista Del Tufo recitava: “Napoli mia bella [...] ha dal
ciel di più poi per sua ventura/ quanto ha creato l’arte e la natura...”18.
L’eccezionale produzione napoletana di dipinti di natura morta nel XVII secolo
si può spiegare, dunque, con la coincidenza di tutti questi fattori. Ambiente, costume, pensiero, scienza e arte hanno tutti contribuito all’affermarsi di un legame
profondo con la realtà e di un sentimento panico della natura. L’esperienza diretta
del reale diventa un atteggiamento condiviso da naturalisti e pittori. È indubbio che
le tavole di Ferrante Imperato e di Fabio Colonna abbiano inluenzato la modalità
compositiva dei dipinti, rafiguranti conchiglie, di Filippo Napoletano, aggiornato,
del resto, sulla cultura scientiica della corte medicea presso cui si conservava il
corpus più cospicuo delle tavole ligozziane, o di quelli di Paolo Porpora. Proprio ai
brillii luminosi prodotti sulle tele dal pennello di Porpora, De Vito ha fatto risalire la
XVI-XVII), vol. II, Vivarium, Napoli 2001, pp. 267-295.
18
Cfr. P. CAMPORESI, Il Paese della Fame, Garzanti, 2000; G.B. DEL TUFO, Ritratto di
Napoli, 1588 ca., c.214v [cor].
de aquatilibus
69
Fig. 20, Giuseppe Recco,
Pesce spada, murene e
gallinelle di mare su un
vassoio dorato in un paesaggio costiero, 1680 ca.
Collezione privata.
nascita a Napoli del genere della natura morta di pesci19. Del pittore napoletano, più
noto come iorante ma ricordato da De Dominici come allievo di Giacomo Recco,
pittore di pesci, e anch’egli in un primo tempo applicato a “dipingere pesci, ostriche
lumache, buccine e altre conche marine”20, si conoscono poche opere di questo soggetto, ma alcune fra quelle note risultano essere particolarmente signiicative. Come
ha argutamente rilevato Damian, la tela con Un cefalo, uno scorfano, un tranchino,
due conchiglie e un medaglione, in collezione privata, presenta una impaginazione
spaziale lineare e una descrizione documentaria delle specie ittiche, memori delle
illustrazioni scientiiche di Ligozzi (ig. 12) 21. La tela con Pesci, rettili, anibi, iori,
funghi, sassi, conchiglie, lumache e farfalle (ig. 13) 22, invece, ricorda gli esiti delle
affollate tele di Jan van Kassel e Pieter Boel (ig. 4; 7) e, al pari di quelle, è una imponente e più complessa versione ad olio delle illustrazioni scientiiche iamminghe
di creature acquatiche entro un paesaggio, da Collaert a Flamen.
Proprio ai disegni di Flamen, rafiguranti specie marine in riva al mare con igure
di pescatori, deve accostarsi il dipinto Marina con pescatori e mostra di pesci, in
collezione privata, attribuito a Luca Forte per la natura morta di pesci e a Domenico
Gargiulo per le igure e il paesaggio sullo sfondo. Appare qui evidente la coincidenza
della logica compositiva al punto da poter quasi parlare di sovrapponibilità di idee
(ig.14; ig.11)23.
19
Cfr. G. DE VITO, 1999, cit.
Cfr. B. DE DOMINICI, Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani, 1752, vol. II, p. 80
(Ed. commentata a cura di F. SRICCHIA SANTORO, A. ZEZZA, 2003).
21
Cfr. V. DAMIAN 2007, cit., n. 8, p. 50; v. anche D.M. PAGANO, «n. 1.214, Paolo Porpora» in N. SPINOSA, (a cura di), Ritorno al Barocco, da Caravaggio a Vanvitelli, Arte’mElecta Napoli, 2009, vol. I, p. 370.
22
Cfr. D.M. PAGANO, «n. 1.219, Paolo Porpora» in N. SPINOSA, (a cura di), Ritorno al
Barocco, da Caravaggio a Vanvitelli, Arte’m-Electa Napoli, 2009, vol. I, pp. 376-377, in
coppia con un altro dipinto rafigurante Anatre, cacciagione e ortaggi.
23
Cfr. A. TECCE, «n. 1.207, Luca Forte» in N. SPINOSA, (a cura di), Ritorno al Barocco,
20
70
valeria di fratta
Fig. 21. Frans Snyders,
Jacob Jordaens, Doni del
Mare, 1650 ca., Coburgo, Schloss Ehrenburg,
Gemäldegalerie.
L’evoluzione del genere a Napoli conosce il suo apice nelle straordinarie orchestrali composizioni di Giuseppe Recco, considerato in assoluto il più geniale interprete del tema, sia per la continua e sorprendente varietà delle combinazioni, accordata alle immagini nonostante la ripetuta frequentazione del soggetto, sia per gli esiti
eccezionali di imitazione pittorica delle creature marine, per la resa delle superici
umide, rilucenti di rilessi cangianti nella penombra delle fumose cucine, come sugli
scogli battuti dalla fresca e pungente brezza marina.
È interessante notare come le opere di Recco si orientino oramai a una temperie
di respiro internazionale, in un’epoca in cui il genere della natura morta di pesci è
all’apice della sua fortuna, favorito dalla grande richiesta da parte di collezionisti di
tutta Europa. Operando un parallelismo con le Visstillevens realizzate più o meno
contemporaneamente in Olanda e nelle Fiandre, la tela con Pesci, calamari, aragoste, un catino di rame e un’anfora della Collezione Molinari Pradelli (ig. 15)24
ricorda le analoghe soluzioni di cucine e dispense di Abraham van Beijeren (ig. 6)
e Alexander Adriaenssen; sembrano mostrare una conoscenza delle soluzioni compositive dei disegni di Albert Flamen (ig. 10) le copiose ricchezze del mare, offerte
agli occhi dal teatrale pennello di Recco in dipinti come, ad esempio, la Natura
morta con Pesci, Calamari e Coralli (ig. 16)25, in collezione privata, o come quello
da Caravaggio a Vanvitelli, Arte’m- Electa Napoli, 2009, vol. I, pp. 360. Il dipinto è stato
pubblicato per la prima volta da G. DE VITO, «Una nota per Luca Forte», in Ricerche sul
‘600 napoletano 2001, pp. 18-35, p. 32, tavv. IX-XII con una attribuzione delle igure ad
Aniello Falcone. Successivamente Leone De Castris ha individuato nelle igure di pescatori e
nel paesaggio consonanze stilistiche con le opere di Domenico Gargiulo. Cfr. P. LEONE DE
CASTRIS, «Qualche rilessione sulla natura morta a Napoli nei primi decenni del Seicento»,
in V. DAMIAN 2007, cit., pp. 14-21, p. 18 ig. 3.
24
Per il dipinto, si veda in particolare, tra le altre pubblicazioni precedenti e successive,
il catalogo della mostra: Barocco Italiano: due secoli di pittura nella collezione Molinari
Pradelli, Mantova, Palazzo Te, 12 aprile – 12 giugno 1995, Centro internazionale d’arte e di
cultura di Palazzo Te, Mondadori Electa 1995, n. 19, p. 58.
25
Cfr. il catalogo della mostra: Oltre il Mare, Napoli, Galleria Napoli Nobilissima, 11 giugno
de aquatilibus
71
Fig. 22. Luca Giordano, Giuseppe Recco, Nettuno indica alle Nereidi le ricchezze del mare, 1684
ca., Adelaide, National Gallery of
Australia.
con Murene, triglie, calamari e altri pesci alla riva del mare, presso uno scoglio
con ostriche e coralli, in un paesaggio al tramonto, pure in collezione privata (ig.
17)26, o la splendida coppia con Pesci e conchiglie in un paesaggio e Pesci, granchi
e aragoste in un paesaggio del Musée des Beaux-Arts et d’Archéologie di Besançon
(igg. 18-19)27.
Così, la tela con Pesce spada, murene e gallinelle di mare su un vassoio dorato in
un paesaggio costiero, in collezione privata (ig. 20)28, rimanda inevitabilmente alle
fastose composizioni di Pieter Boel, peraltro spesso scambiato con Giuseppe Recco
in ambito attributivo, a riprova di una forte afinità di temi e soluzioni nei loro dipinti.
L’ipotesi di un’ampia circolazione a Napoli di repertori di immagini delle più famose Visstillevens, realizzate dai maestri dell’Europa del Nord, sembra suffragata
dal confronto tra uno dei più prestigiosi dipinti napoletani di soggetto marino, frutto
della collaborazione di Luca Giordano e di Giuseppe Recco, realizzato per la festa del
Corpus Domini del 1684 nel Palazzo Reale di Napoli, il Nettuno indica alle Nereidi
le ricchezze del mare, oggi ad Adelaide, National Gallery of Australia (ig. 22), e la
tela con i Doni del Mare di Frans Snayders e Jacob Jordaens del 1650 ca., conservato
- 31 luglio 2009, Napoli 2009, n. 1, p. 9, in coppia con un’altra tela rafigurante una Natura
morta con pesci, calamari e catino di rame (n.2) . La coppia di dipinti è stata precedentemente pubblicata da V. PACELLI, Pittura del ‘600 nelle collezioni napoletane, Napoli 2001,
p. 88, tavv. 129-130.
26
Ringrazio il Prof. Riccardo Lattuada per avermi fatto conoscere il dipinto.
27
Cfr. N. JOYEUX, Catalogue raisonné des peintures italiennes du XVIIe au XVIIIe siècle
du musée des Beaux-Arts et d’Archéologie de Besançon. Collection et collectionneurs. Sous
la dir. de Gennaro Toscano. Mémoire d’étude: Histoire de l’Art: École du Louvre, 2014, vol.
2, nn. 47-48, pp. 40-41 e la bibliograia precedente.
28
Cfr. il catalogo dell’esposizione: G. SESTIERI ( a cura di), Nature morte italiane ed europee dal XVI al XVIII secolo, Roma, Galleria Cesare Lampronti, 28 aprile-15 giugno 1989,
Roma 1989, n. 40, pp. 70-71.
72
valeria di fratta
presso la Gemäldegalerie dello Schloss Ehrenburg a Coburgo (ig. 21).29 Se, però,
nelle tele iamminghe le specie marine sono puntualmente descritte e giganteggiano
inverosimilmente nella scena, seguendo un intento simbolico, nelle nature in posa
napoletane le creature del mare guizzano, boccheggiano, si intrecciano, restituendo
alla natura rappresentata la vitalità, la vividezza e perino la violenza della vita vera.
Resta da comprendere quali siano state le effettive dinamiche di circolazione delle immagini. Molte stampe, riproducenti illustrazioni scientiiche e le Visstillevens,
saranno sicuramente giunte a Napoli grazie alla presenza in città di ricchi mercanti-collezionisti stranieri, ma non è da trascurare che gli stessi possano aver avviato un
processo inverso di diffusione di temi da Napoli al resto d’Europa. È noto, del resto,
come Gaspar Roomer, ricco banchiere e mercante d’arte, presente a Napoli in dagli
anni Venti del Seicento, avesse esportato opere di artisti napoletani in Nord Europa,
facendo conoscere e apprezzare a livello internazionale i mirabili prodotti del secolo
d’oro dell’arte napoletana.
29
Per la destinazione del dipinto di Giordano e Recco alla festa del Corpus Domini del 1684
cfr., in particolare, R. LATTUADA, «Luca Giordano e i maestri napoletani della natura morta
per la festa del Corpus Domini del 1684», in Capolavori in festa. Efimero barocco a Largo
di Palazzo (1683-1759), Electa Napoli, 1997, pp. 150-161; p. 166. Per la tela di Snyders e
Jordaens di Coburgo cfr. L. M. HELMUS, E. DE JONGH, P. MARTENS, F. G. MEIJER et
AL. 2004, cit., scheda n. 4.
abstract
riassunti - abstracts
121
valeria di fratta
de aquatilibus. dall’illustrazione scientifica
alla nascita e sviluppo del genere
della natura morta di pesci nel xvii secolo
Tra gli eruditi trattati scientiici elaborati a
partire dal Cinquecento allo scopo di avviare una compiuta classiicazione del mondo
naturale, quelli dedicati al più ignoto e misterioso regno dei pesci e degli animali marini hanno costituito in dall’inizio un ilone
autonomo di particolare successo. A partire
dalla seconda metà del Cinquecento, si assiste, difatti, in ambito europeo, alla produzione di una cospicua serie di pubblicazioni a
carattere scientiico, aventi ad oggetto l’illustrazione mimetica del mondo marino.
La sete di conoscenza del mondo naturale induce ad un atteggiamento nuovo verso il reale, che si esplica principalmente attraverso la
diretta osservazione delle cose di natura. La
diffusione sul mercato di ricchi repertori iconograici di naturalia, utilizzati come modelli
anche dagli artisti, determina una continuità
fra atteggiamento scientiico e fare artistico.
In Oltralpe come in Italia le suggestioni prodotte dalle illustrazioni scientiiche inducono
anche gli artisti ad avere un’esperienza diretta, un rapporto immediato e senza iltri con
la natura. Una riprova in tal senso viene dal
progressivo inserimento delle specie naturali
oggetto di studio all’interno di un paesaggio.
All’inizio del XVII secolo, il successo riscontrato in Nord Europa dai repertori di incisioni di pesci e animali acquatici ha certamente
contribuito allo sviluppo delle Visstillevens
(nature morte di pesci) come genere autonomo. È, tuttavia, in Italia meridionale che
il tema giunge a più alti esiti. Particolare
slancio ebbe, infatti, nel Seicento, lo sviluppo del genere della natura morta di pesci a
Napoli. Obiettivo del contributo è quello di
indagare le ragioni sottese all’affermazio-
Among the scientiic essays elaborated since
the Sixteenth Century in order to start a
complete classiication of the natural world,
those dedicated to the unknown and mysterious kingdom of ish and marine animals have
formed, since the beginning, an autonomous
particularly successful vein. From the second half of the Sixteenth Century, there is,
in fact, in Europe, the production of a large
number of scientiic publications concerning
the mimetic illustration of the marine world.
The thirst for knowledge of the natural world
leads to a new attitude towards the real,
which is mainly carried out through the direct
observation of natural things. The spread on
the market of a rich iconographic repertoire
of naturalia, also used as models by the artists, determines continuity between scientiic
and artistic attitude. In Northern Europe as in
Italy the suggestions made by the scientiic
illustrations induce also the artists to have a
direct experience, an immediate relationship
without ilters with nature. A proof to that
effect comes from the gradual incorporation
of the natural species under study within a
landscape.
At the beginning of the Seventeenth Century,
the success in Northern Europe of the repertoires of ish and aquatic animals engravings has certainly contributed to the development of the Visstillevens (still life of ish)
as an independent genre. It is, however, in
Southern Italy that the issue reaches the
highest achievements. In the Seventeenth
Century, the development of the genre of still
life of ish had, in fact, particular outburst in
Naples. Aim of the paper is to investigate the
reasons behind the afirmation of this genre
122
riassunti - abstracts
ne di questo genere nella pittura napoletana
anche attraverso le opere degli artisti che ne
furono i principali interpreti.
in the Neapolitan painting through the works
of artists who were the main performers in
this ield.