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La storia del marchesato del Monferrato in favole e gossip su Aleramo Come alcuni mitici antenati italiani, Enea nella storia della città eterna e altri esuli di Troia nella fondazione di alcune città venete (Antenore di Padova e Opsicella di Monselice), anche il capostipite della stirpe dei marchesi del Monferrato, Aleramo, è uno “straniero”. L’unico dato certo sulle sue origini è fornito da una specificazione apposta ad un documento in cui la sua identità, ovvero titolarità rappresentativa come persona presente e soggetto dell’atto, è convalidata dall’accertamento della sua appartenenza alla “gente di lex salica”, cioè a un clan di un’etnia franca. Secondo molte fonti, Aleramo era figlio di un nobile di nome Guglielmo, forse il conte di Monferrat, nei pressi di Grenoble, oppure di Troyes (la città romana Augustobona Tricassis e nel X secolo capoluogo di una contea burgunda), entrambi identificati in un condottiero, il primo delle truppe al seguito del re di Borgogna nelle spedizioni in Italia contro Berengario del Friuli e il secondo delle milizie franche alleate nella difesa di Parigi dagli attacchi dei normanni, perciò insignito di titoli e feudi in Borgogna. Il racconto mitico sulla biografia di Aleramo, la cui prima trascrizione è opera di Jacopo da Acqui, conferma in parte questa ipotesi, inoltre “naturalizza” la provenienza del fondatore del Monferrato in una località in seguito compresa nel suo futuro marchesato. La leggenda infatti afferma che vi nacque e crebbe “fortunosamente”: adottato da una famiglia locale a cui era stato affidato dai propri genitori, una coppia di nobili germanici transitati nella zona nel tragitto del pellegrinaggio a Roma e che, a causa di una disgrazia, perirono durante il viaggio e non fecero più ritorno. Varie versioni del mito riferiscono che, prima di diventare cavaliere e poi marchese, il giovane Aleramo svolse alcuni mestieri tipici del posto. Confermando le ipotesi che il camino domestico d’epoca medievale e moderna sia un’invenzione locale, la storia del marchesato riferisce che il suo fondatore per un periodo abitò nelle foreste del territorio lavorando come carbonaio, in dialetto locale CARBUNIN, e quando si arruolò venne ingaggiato nell’esercito come cuoco e, oltre a esser notato come un bravo stalliere o staffiere e farsi onore sul campo di battaglia come soldato, venne insignito coppiere del re o imperatore, ovvero come antesignano del sommelier e dell’enologo, specializzazioni professionali diffuse nel territorio vitivinicolo. Secondo alcune fonti, il nome Aleramo deriva dal soprannome Al Heram con cui venne appellato dagli avversari arabi in uno dei conflitti nei territori italiani o provenzali e in tutte le varianti della sua biografia acquisì fama, e, conseguentemente, riconoscimenti, cioè i titoli cavallereschi e feudali, proprio come eroico combattente militare. Se, come plausibile, era figlio del conte di Troyes o Monferrat, è altamente probabile che prima di stabilirsi in Monferrato abbia partecipato a uno o qualcuno dei vari scontri della guerra contro i saraceni che in quel periodo imperversavano in Provenza, impegnando le milizie dei condottieri burgundi al fianco del duca d’Arles, e anche in Liguria e Piemonte, dove erano contrastati da Berengario d’Ivrea, oppure a una o più delle battaglie, come l’assedio di Brescia menzionato in alcune varianti della sua storia, della lunga contesa per il trono del regno d’Italia tra il burgundo Rodolfo II, re di Borgogna, il provenzale Ugo, duca d’Arles, anche margravio di domini in Toscana e per un periodo persino re di Roma, e il longobardo Berengario marchese d’Ivrea (di cui Aleramo sposò la figlia Gerberga). Aleramo e Adealide: un gossip millenario La leggenda della cavalcata di Aleramo racconta molte “cose” del Monferrato, della sua storia e della sua gente: il protagonista principale, l’antenato fondatore del marchesato e capostipite della dinastia dei marchesi del Monferrato, e i personaggi coinvolti nell’epica impresa, monaci, artigiani e contadini che aiutarono il cavaliere a condurre a termine, e “buon fine”, la rocambolesca avventura. Inoltre un re o imperatore che impose la sfida e una sua figlia, che ne fu la causa: infatti, affinché potesse sposare la principessa amata e che lo amava, Aleramo doveva prima venire insignito di un titolo e allo scopo “conquistare” un corrispettivo dominio. Tutte queste figure impersonano la popolazione dei contemporanei e, dall’autorità ai sudditi, rappresentano le caste della struttura sociale dell’epoca, il X secolo e il medioevo. Ogni versione della storia di Aleramo concorda su due fatti: con alcune differenze sui dettagli descrive la stessa impresa con cui l’eroe circoscrisse il perimetro del feudo, una cavalcata di tre GIORNATE, immagine con cui veniva indicata la dimensione dell’estensione del territorio (1), e con molte incertezze e contraddizioni sull’identità delle donne riferiscono che abbia avuto due mogli, una di stirpe reale, o imperiale, e in alcune varianti viene addirittura sostenuto che fu marito o amante di Adelaide di Borgogna, la personalità più autorevole del X secolo. 1 Le “giornate” di Aleramo, M. Brunasti - 2017 Il gossip su questa relazione tra il cavaliere e la principessa burgunda, poi regina d’Italia, quindi imperatrice e infine santa è stato diffuso da leggende e storici locali, ma non se ne trova riscontro in nessun documento e nemmeno in nessuna biografia di Adelaide di Borgogna. Eppure nel corso dei secoli l’illazione è stata spesso accreditata, persino recentemente da autorevoli studiosi di storia del medioevo. La ragione è evidente: affermare che Aleramo e Adelaide fossero uniti da un legame qualsiasi fosse, parentale oppure coniugale, persino affettivo -, in passato serviva a dimostrare e accrescere in loco - cioè nel Monferrato - il prestigio del marchese e della sua stirpe, e ancora oggi l’idea suscita interesse per attirare l’attenzione sul territorio e i suoi “signori” tramite la celebrità di maggiori, e grandi, personaggi. Oltre che una finalità propagandistica, la favola della storia d’amore tra Aleramo e Adelaide nel medioevo probabilmente aveva anche una funzione divulgativa, perché con la storia della relazione personale tra i due antenati e le loro figure storiche si descriveva lo status quo stabilito dai rapporti tra il marchesato del Monferrato e i regni vicini, in particolare la Borgogna e la Provenza, e con l’epicentro del mondo in cui il feudo era compreso, il Sacro Romano Impero. Il Marchesato del Monferrato: una struttura locale nel sistema globale medievale Gli equilibri dell’ordinamento gerarchico e le dinamiche delle alleanze e delle interazioni economiche, sociali e culturali che dalla seconda metà del X alla prima metà del XVI secolo hanno scandito e contraddistinto l’esistenza del Monferrato sono delineati in vicende che, con fervida immaginazione, nella memoria storica locale sono state condensate e sintetizzate come l’amore tra il suo fondatore, Aleramo, e la massima autorità dell’epoca a lui contemporanea, Adelaide. I due infatti erano quasi coetanei (lui nato intorno al 904 e morto nel 991, lei nata intorno al 930 e morta nel 999) ed entrambi e insieme furono coinvolti nelle vicende dinastiche nel regno d’Italia. Inoltre se il futuro marchese del Monferrato era figlio del conte di Monferrato o di Troyes, allora erano anche conterranei, probabilmente consanguinei. Prima di sposare Ottone di Sassonia e diventare regina di Germania e venire incoronata sovrana del Sacro Romano Impero, di cui fu co-reggente con il consorte e poi come tutrice del figlio Ottone II e del nipote Ottone III, Adelaide era stata una principessa burgunda, figlia del re della Borgogna, e una regina d’Italia, erede del titolo paterno e assisa al trono al fianco di Lotario d’Arles, il suo primo marito e anche un suo parente. Infatti il padre di Lotario, Ugo d’Arles, era stato il secondo marito Berta di Svevia, la madre di Adelaide, e la casata dei duchi d’Arles era un ramo di discendenti di Bosone che, oltre che in Provenza, possedeva domini in Toscana. Ed erano bosonidi anche due fratelli regnanti nel X secolo: la nonna paterna di Adelaide, regina della Borgogna orientale di cui faceva parte la contea di Grenoble con Monferrat, e il sovrano della Borgogna settentrionale, che comprendeva la contea di Troyes, cioè i domini del probabile padre di Aleramo. Proprio la corte Auriola e altri territori che formarono la “base” del futuro marchesato del Monferrato furono conferiti ad Aleramo da Ugo e Lotario, rispettivamente il suocero e patrigno e il primo marito di Adelaide. Inoltre, l’assegnazione di ulteriori territori e la costituzione del dominio di Aleramo e dei suoi discendenti avvenne “per intercessione” di Adelaide quando, rimasta vedova, mantenne il titolo di regina d’Italia sfuggendo alle pretese di Berengario d’Ivrea e, sposando il re di Germania, Ottone I di Sassonia, con l’unione coniugale fu consapevolmente e deliberatamente co-fondatrice di un’estesa e potente “confederazione” di regni europei, il Sacro Romano Impero. Il melting-pot medievale nel Monferrato Nel X secolo si diffondevano insieme le lingue romanze e le chanson de geste che descrivevano le epiche imprese di cavalieri come Aleramo e delle loro avventurose passioni amorose con dame, principesse e regine come Adelaide di Borgogna. Se era figlio del conte di Troyes o di Monferrat, Aleramo, proveniva dalla Borgogna come Adelaide, di cui si conoscono la genealogia e la biografia e si sa con certezza che fosse poliglotta: nel regno d’Arles, o delle due Borgogne, in cui era nata e cresciuta, a quei tempi si parlavano il burgundo arpitano e il provenzale occitano; prima che il tedesco sassone del regno di Germania, in cui visse con Ottone, sicuramente parlava fluentemente anche il tedesco svevo, la lingua di sua madre; risiedendo a lungo e ripetutamente nella capitale del regno d’Italia, la corte di Pavia, di cui fu sovrana, e per un lunghi periodi in località sui laghi di Como e di Garda, certamente conobbe anche gli idiomi italiani parlati in queste zone a quell’epoca, un periodo molto vivace e intenso. Gli intrecci tra le vite dei cortigiani del medioevo si riflettono nelle mescolanze tra culture e lingue e anche nella sincresi dei linguaggi espressivi in arte e architettura, in cui infatti prese forma lo stile romanico la cui diffusione in Monferrato è testimoniata da molte opere con influssi occitani e burgundi e tra cui spiccano proprio gli affreschi della torre di Frugarolo, una delle più antiche rappresentazioni figurate della saga di Lancillotto, ovvero del ciclo arturiano composto in poesia dal burgundo Chrétien des Troyes (vissuto tra il 1135 e il 1190). Anche a distanza di secoli è evidente che sia logico supporre che, avendo le stesse origini e lo stesso retroterra culturale e parlando la stessa lingua, anzi le stesse lingue, Aleramo e Adelaide si intendessero molto bene fra loro, come tra spiriti affini e anime gemelle. Nei nessi storici che li collegano non si può desumere che fossero uniti da un legame sentimentale, mentre è logico ipotizzare che avessero le stesse idee politiche, forse la stessa visione della realtà e probabilmente la stessa concezione del mondo, persino che perseguissero un progetto comune, elaborato insieme oppure condiviso. Piuttosto, si può congetturare che tra loro ci fu un rapporto di stima e fiducia reciproca molto solido, forse persino tanto stretto da essersi trasmesso ai rispettivi discendenti, le cui vite infatti si sono ripetutamente intrecciate tra il XI e XVI secolo. Infatti l’alleanza dei marchesi del Monferrato con il Sacro Romano Impero e il regno di Francia venne spesso consolidata da matrimoni che hanno unito i discendenti di Aleramo alle dinastie tedesca svevo-sassone, la stirpe di Adelaide per linea materna e dei suoi figli nati dal matrimonio con Ottone, e della casa reale francese, la cui regina Emma era figlia di Adelaide e il suo primo marito, il provenzale Lotario. Siccome non è rimasta documentazione, la consequenzialità dei molteplici eventi precedenti e causali e delle vicende complicate determinanti nella fondazione del marchesato e nella storia dinastica dei marchesi del Monferrato si è tramandata solo tramite il racconto reso avvincente con l’immaginazione: una narrazione che, come nella migliore tradizione “classica” del genere mitico, alle spiegazioni logiche ha sostituito le sintesi leggendarie. La verità storica nella leggenda di Aleramo La verità plausibile è che Adelaide e Aleramo ebbero sicuramente molti e stretti contatti in Italia, dove erano ambedue stranieri circondati da tanti nemici e probabilmente si fidavano l’uno dell’altro e di pochi altri, forse nessun altro, proprio perché erano entrambi della stessa etnia. Nell’avventurosa epica di Aleramo sono centrali l’eroica peripezia della cavalcata e la romantica storia d’amore tra il cavaliere e una misteriosa principessa, una dama che in alcune varianti della narrazione è stata identificata in Adelaide. Nella realtà Aleramo sposò Gerberga, figlia di Berengario d’Ivrea, un acerrimo nemico dei bosonidi provenzali, del padre di Adelaide e anche di Adelaide stessa, le cui biografie invece non menzionano mai Aleramo. Curiosamente, l’unico elemento che li collega nelle rispettive leggende, quella della cavalcata di Aleramo e quella sulla fuga di Adelaide dalla Rocca di Garda, spiccano le figure di monaci che soccorsero entrambi: il cavaliere a compiere la rocambolesca impresa e la sovrana del regno d’Italia a eludere la prigionia e far valere la propria autonomia, episodio storico a cui conseguì il matrimonio con il re di Germania che gettò le fondamenta per l’istituzione del Sacro Romano Impero. In seguito, come nelle alleanze tra loro, i discendenti di ambedue mantennero rapporti molto stretti con gli ordini monastici, in particolare le congregazioni di benedettini e cistercensi che tra il X e il XII secolo si diffusero in Europa dai centri della Borgogna a Cluny, La Ferté e Citeaux, come testimoniano le fondazioni in Monferrato delle abbazie a Grazzano nel 961 e Lucedio intorno al 1120, e di templari e carmelitani con cui ebbero stretti contatti in Terra Santa e anche in Europa i sovrani del Sacro Romano Impero e i marchesi del Monferrato che, con le unioni coniugali, condivisero il trono del Regno di Gerusalemme. Diversamente che per la vita di Aleramo, genealogia e biografia di Adelaide sono ampiamente documentate. La sua storia è stata dettagliatamente descritta da Odilone di Cluny e altri cronisti dell’ordine benedettino, che lei sostenne e di cui fece parte come fondatrice dell’abbazia di Seltz in Alsazia, e poiché, a ribadire l’importanza della sua figura storica in quell’epoca, 100 anni dopo la morte venne santificata. Inoltre, del suo operato come imperatrice, un ruolo che svolse attivamente e molto a lungo (dal 962 al 996), riferiscono dettagliatamente gli atti che vennero promulgati durante la sua co-reggenza al fianco del marito e quindi come tutrice prima del figlio e poi del nipote. Infatti, proprio l’atto imperiale del 967 evidenzia che ad Aleramo furono confermati i titoli precedentemente acquisiti e che lui venne insignito marchese per “intercessione” di Adelaide, che agiva con molta consapevolezza della propria sovranità e con questo proprio intervento contribuì deliberatamente a costruire ex-novo un territorio dove, probabilmente, si realizzarono le aspirazioni di entrambi. Il marchesato del Monferrato di cui Aleramo e Adelaide furono artefici infatti divenne un centro di propagazione della palpitante vita culturale di cui erano ambedue protagonisti e animatori, nel cui ambito si evolsero idee d’avanguardia, sviluppate anche nel Regno di Gerusalemme, e nel cui territorio germogliarono alcune delle innovazioni agrarie che, dai centri rurali e urbani sorti intorno alle comunità cortigiane e cenobitiche, diffusero tanta prosperità nel mondo della loro epoca, il medioevo europeo e, in seguito, il rinascimento italiano.