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Il Florilegio. Studi e strumenti, III Letizia Barozzi «Questa benedetta Schuola et Fraternita» Testimonianze di vita confraternale a Brescia tra Medioevo ed Età moderna Catalogo della mostra Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, 7 febbraio ­ 4 marzo e Archivio di Stato, 13 marzo ­ 14 aprile 2017 Brescia Associazione Culturale Il Florilegio 2017 1 Il presente volume costituisce il catalogo della mostra «Questa benedetta Schuola et Fraternita». Testimonianze di vita confraternale tra Medioevo ed Età moderna, tenutasi a Brescia tra la Biblioteca Civica Queriniana (7 febbraio­4 marzo 2017) e l’Archivio di Stato (13 marzo­14 aprile 2017). L’organizzazione dell’esposizione è stata curata da Letizia Barozzi, con la collaborazione di Enrico Valseriati e Fi­ lippo Piazza, per conto dell’Associazione Culturale Il Florilegio e con la collabo­ razione del Comune di Brescia, della Biblioteca Civica Queriniana, del Centro Studi e Documentazione “Giuseppe Bonelli” e dell’Archivio di Stato di Brescia. Il libro raccoglie le riproduzioni dei pezzi esposti nelle due sedi; le fotografie si devono a Filippo Piazza. L’esposizione è rientrata in un più ampio progetto curato dall’Associazione Culturale Il Florilegio in collaborazione con l’Associazione Culturale Il Romani­ co nel Basso Sebino e il Sidus Praeclarum Ensemble, volto a valorizzare – so­ prattutto attraverso visite guidate, concerti, lezioni ed esposizioni – la storia delle confraternite nel Bresciano e nel Bergamasco tra Medioevo ed Età moderna (2016­2017). L’Associazione Culturale Il Florilegio e l’autrice del libro desiderano ringraziare: il Comune di Brescia (nelle persone del sindaco Emilio Del Bono e del vicesindaco e assessore alla cultura Laura Castelletti); Ennio Ferraglio, Maddalena Piotti e il perso­ nale della Biblioteca Civica Queriniana; Simone Signaroli e la cooperativa Il Leggio; Marco Lanzini e il personale dell’Archivio di Stato di Brescia; Maria Paola Pasini, Carlotta Coccoli e il Centro Studi e Documentazione “Giuseppe Bonelli”; l’Associa­ zione Culturale Il Romanico nel Basso Sebino; il Sidus Praeclarum Ensemble; Carlo Sabatti; Angelo Brumana. ilflorilegio.altervista.org/joomla Sommario Premessa p. 5 «Questa benedetta Schuola et Fraternita» Aspetti di vita confraternale bresciana p. 9 Schede p. 17 «Canzona angelica e celeste» La lauda e il canto nelle confraternite p. 38 3 Premessa Dei vari aspetti che caratterizzavano la vita sociale e religiosa delle confraternite sono rimaste numerosissime testimonianze in tutta Italia e non solo. Brescia e il suo territorio conservano, nei più disparati istituti di conservazione, una ricchissima documentazione relativa alla regolamentazione dei confratelli, alla loro spiritualità, alla loro vita economica e sociale, così come al loro interesse per l’arte e la poetica. Di ciò si è voluto quindi dar conto, attraverso una serie di preziosi e talora sconosciuti manoscritti e libri antichi che forniscono un vivace riflesso della vita confraternale a Brescia tra il Medioevo e le soglie dell’età contemporanea. In particolar modo sono stati individuati dei “pezzi” di primaria importanza per la storia di Brescia e conservati presso la Bibliote­ ca Civica Queriniana e l’Archivio di Stato di Brescia. Alcuni dei documenti – illustrati nelle schede e già esposti in sede di mostra – sono ampiamente conosciuti: è il caso dell’Instrumentario della cosiddetta Disciplina di San Cristoforo (n. 10), noto soprattutto per contenere uno dei testi fondamentali per la storia dell’antico volgare bresciano, quella lauda passionista Cum fo tradith el nos Segnor che fu scoperta ed edita dall’archivista bresciano Giuseppe Bonelli (a cui è intitolato il Centro Studi e Documentazione che ha patrocinato l’esposizione e il presente volume) e commentata da Gianfranco Contini1. 1 G. BONELLI e G. CONTINI, Antichi testi bresciani, «L’Italia dialettale», 11 (1935), pp. 115­151. Importanti novità sul registro trascritto da Francesco de Cortesiis (post 1412) si devono a R. TAGLIANI e C. BINO, Testi confraternali e “memoria” della Passione a Brescia tra Tre e Quattrocento. Il Planctus Virginis Mariae e la Sententia finalis iudicii dei Disciplini di San Cristoforo, «Filologia & Critica», 36 (2011), pp. 75­124. 5 Così come celebri sono due Regole confraternali provenienti dalle vallate bresciane, ovvero la “Maregola” (mariegola) di Memmo di Collio in Val Trompia (da cui è tratto il titolo del presente libro) e quella dei Disciplini di Breno in Val Camonica, la prima nota per le sue splendide tavole miniate, la seconda per la presenza di un intero Officio quaresimale (nn. 4 e 5)2. Al contempo vengono qui riprodotti statuti meno conosciuti e conservati presso la Biblioteca Civica Queriniana, come quelli manoscritti della Congregazione della Vergine Maria in San Francesco a Brescia, della Confraternita del Santissimo Sacra­ mento in San Giovanni Evangelista sempre a Brescia e della Confraternita del Santissimo Sacramento del Corpo di Cristo, della Vergine Maria, dei Santi Apollonio e Filastrio e di San Bernardino in San Bernardino a Roncadelle (nn. 1­3), accanto ad altri stampati a Brescia tra XVII e XVIII secolo (nn. 6­7). Di notevole interesse sono inoltre due testi editi a Brescia da Giammaria Rizzardi tra 1769 e 1770 (e conservati sempre presso la Queriniana), ovvero le Brevi notizie dell’Instituto piissimo della Confraternita sopra gli agonizzanti canonicamente eretta nella chiesa della Beata Vergine Maria delli Miracoli di Brescia e il po­ co noto trattato dell’arciprete di Castelcovati Muzio Muzio Delle confraternite (nn. 8­9). Per rendere conto della complessità della vita confraternale si è 2 R. TAGLIANI e C. BINO, “Con le braccia in croce”. La Regola e l’Officio della Quaresima dei Disciplini di Breno, II ed. riveduta e ampliata, Milano 2012 (I ed. Breno 2004); La confraternita dei santi Antonio abate, Faustino e Giovita a Memmo di Collio, con una riproduzione anastatica della “Maregola”, a cura di A. FAPPANI, S. GUERRINI, G. PANAZZA, C. SABATTI e F. TROVATI, Brescia 1978 e P. BONFADINI, Antichi colori. Catalogo della Sezione codici miniati del Museo Diocesano di Brescia, Brescia 2002, p. 176. 6 scelto inoltre di mostrare dei documenti conservati presso l’Archi­ vio Storico Civico (depositato all’Archivio di Stato di Brescia) e riguardanti in particolar modo la Disciplina dell’abito bianco pres­ so Santa Maria maggiore a Brescia (nn. 11­19), di cui si conserva­ no anche le antiche Constitutiones (n. 11). 7 «Questa benedetta Schuola et Fraternita» Aspetti di vita confraternale bresciana Nel XII secolo, in seguito al clima di forte rinnovamento della Chiesa post­gregoriana e ad una sempre maggior diffusione della cultura, si assistette al diffondersi delle confraternite, associazioni laiche nate per l’esercizio di opere di pietà o di assistenza spiritua­ le, che rispondevano all’esigenza, unanimemente avvertita, di prendere parte direttamente e attivamente alla vita religiosa1. Composte da devoti che, pur non emettendo i voti e non condu­ cendo vita comune, si prefiggevano lo scopo di incrementare il pubblico culto, le confraternite si distinsero per l’impegno all’interno dei primi ospedali e per la partecipazione alle celebra­ zioni liturgiche attraverso il canto delle laudi. Per impulso degli ordini mendicanti domenicano e francescano, il numero delle fraternitates aumentò in breve tempo, diffondendosi dai contesti urbani dell’Italia centrale all’Italia settentrionale. Fu un francescano, fra’ Elia Coppi, a fondare, fra il 1245 e il 1253, la Confraternita di Santa Maria delle Laude, operante nella se­ conda metà del Duecento presso la chiesa di San Francesco a Cortona. Negli stessi anni nasceva, per iniziativa di san Pietro 1 Per una storia delle Confraternite: G.G. MEERSSEMAN, Ordo fraternitatis. Confraternite e pietà dei laici nel Medioevo, Roma 1977; R. RUSCONI, Confraternite e compagnie devozionali, in La Chiesa e il potere politico dal Me­ dioevo all’età contemporanea, a cura di G. CHITTOLINI e G. MICCOLI, Torino 1986, pp. 469­506 e M. GAZZINI, Bibliografia medievistica di storia confraterna­ le, «Reti Medievali», 5/1 (2004). 9 Martire, la Compagnia dei Laudesi di Firenze, che aveva la propria sede nella grande chiesa domenicana di Santa Maria Novella, la stessa che, quarant’anni dopo, avrebbe commissionato a Duccio la grande tavola della Madonna con il Bambino, detta Madonna Ru­ cellai2. Un particolare tipo di associazione confraternale fu quella dei Disciplini o Flagellanti, così chiamati per la pratica penitenziale della flagellazione volontaria e rituale, impartita per mezzo della disciplina, tipo di flagello composto da tre o cinque corde, in ri­ cordo delle cinque piaghe di Cristo3. La diffusione di questo parti­ colare movimento, che presto diverrà principale nella Penisola tra quelli di iniziativa laica, è testimoniata da un passo significativo della Cronaca di Salimbene de Adam: «Nell’anno del Signore 1260, indizione II, comparvero nell’intera faccia della terra i Fla­ gellanti; e tutti gli uomini grandi e piccoli, nobili e cavalieri e po­ polani, denudati, in processione attraverso la città, si frustavano duramente. Aprivano la processione i vescovi e i religiosi. E si fa­ cevano paci e la gente restituiva il maltolto e si confessava dei suoi peccati, al punto che i sacerdoti avevano a stento il tempo di mangiare. E sulle loro bocche risuonavano parole divine e non umane […]. La gente camminava nella salvezza». Il grande consenso riscosso dal movimento dei Disciplinati nella provincia di Brescia è comprovato dal numero di sedi rimaste, in particolare nell’area del Sebino e della Valle Camonica. 2 L. BELLOSI, The function of the Rucellai Madonna in the Church of Santa Maria Novella, in Italian Panel Painting of the Duecento and Trecento, Londra 2002, pp. 147­158. 3 A. FRUGONI, Sui flagellanti del 1260, in «Bullettino dell’Istituto storico italia­ no per il Medio Evo», 75 (1963), pp. 211­237. 10 Le principali fonti che permettono di ricostruire le abitudini e gli impegni a cui i confratelli dovevano attenersi sono costituite dalle diverse Regole, di cui ogni fraternitas era dotata: dalla lettura di tali testi emerge un mosaico di grande vivacità e diversità di norme e di pratiche devozionali, pur ispirate a principi comuni. La Confraternita poteva essere dedicata al Santissimo nome di Ge­ sù, alla Vergine e ad uno o più Santi: la dedicazione costituiva un elemento di distinzione e identificazione di primaria importanza per i confratelli, i quali erano tenuti a riunirsi per celebrare la festa annuale del loro patrono. La cosiddetta “Maregola” di Memmo di Collio, in Valtrompia, non manca di riportare, al suo interno, le effigi dei santi protettori, a cui è dedicata una superba miniatura a piena pagina, dove, alla figura centrale di Sant’Antonio Abate si affiancano i contitolari Santi Faustino e Giovita (scheda n. 4)4. Dove si riunivano i confratelli, quando non erano coinvolti in un rituale pubblico? Il censimento condotto sulle Discipline delle sponde bresciana e bergamasca del Sebino tra XV e XVIII secolo ha portato al riconoscimento di tre diverse tipologie architettoni­ che: i membri della Confraternita potevano avvalersi di una cappella all’interno della chiesa, di un oratorio superiore addossato alla facciata dell’aula, oppure di veri e propri edifici indipendenti, spesso ricavati dal riadattamento di una struttura più antica5. Anche questi ultimi erano solitamente costruiti nelle strette vici­ 4 La confraternita dei santi Antonio abate, Faustino e Giovita a Memmo di Collio, con una riproduzione anastatica della “Maregola”, a cura di A. FAPPANI, S. GUERRINI, G. PANAZZA, C. SABATTI e F. TROVATI, Brescia 1978 e P. BONFADINI, Antichi colori. Catalogo della Sezione codici miniati del Museo Diocesano di Brescia, Brescia 2002, p. 176. 5 A. BURLOTTI e A. VALSECCHI, Architettura e discipline, in Le discipline del Sebi­ no. Tra Medioevo ed Età Moderna, Brescia 2004, p. 115. 11 nanze di una sede parrocchiale o pievana: i membri della schola potevano, in tal modo, assistere e partecipare attivamente ai divini offici celebrati in chiesa e, allo stesso tempo, riunirsi nella propria sede per le celebrazioni eucaristiche a loro riservate. L’Oratorio del Disciplini di Clusone conserva ancora la grata da cui i confratelli assistevano alle funzioni6, così come la Disciplina di Santa Maria Maddalena a Provaglio d’Iseo7, posta in comunicazione con l’adiacente pieve di San Pietro in Lamosa grazie ad una finestra munita di sbarre. L’esigenza di possedere ambienti privati era inoltre dovuta alle pratiche riservate ai soli confratelli, come le commesationes, banchetti che si tenevano solitamente il giovedì sera in ricordo dell’Ultima Cena, o la devotio, rito che prevedeva, oltre alla pre­ ghiera, l’esercizio penitenziale dell’autoflagellazione privata, praticata nello spirito dell’imitatio Christi che i disciplini si propo­ nevano di perseguire. Il ruolo sociale delle associazioni laiche si esprimeva, invece, attraverso forme di mutua solidarietà, come l’assistenza, spirituale e materiale, agli infermi e ai carcerati o il soccorso agli indigenti, seguendo l’esempio delle Sei Opere di Misericordia evangeliche 6 A. PREVITALI, La scuola dei Disciplini di Clusone nei secoli XV e XVI, in Il trionfo della morte e le danze macabre, Atti del convegno (Clusone, 19­21 agosto 1994), Clusone 1997, p. 323. 7 Sull’Oratorio dei Disciplini di Provaglio d’Iseo si veda A. BURLOTTi e A. VALSECCHI, La disciplina di S. Maria Maddalena, Provaglio d’Iseo, in Le Disci­ pline del Sebino, pp. 122­129; F. TROLETTI, Provaglio d’Iseo: un ciclo pittorico da svelare, in Topografia artistica tra Medioevo e Rinascimento in Franciacorta e nel Sebino, Atti della giornata di studio (Pilzone d’Iseo, 11 ottobre 2003) a cura di L. CASTELLINI e M. ROSSI, Brescia 2006, pp. 207­224; G. MERLO, Un inedito ciclo pittorico nell’oratorio dei Disciplini di San Pietro in Lamosa, in Scritti in onore di Gaetano Panazza, Brescia 1994, pp. 163­172. 12 (Matteo 15, 34­36), a cui si aggiungeva la Settima Opera, intro­ dotta nel XII secolo da J. Beleth (Rationale Divinorum Officio­ rum): seppellire i defunti ed occuparsi dei riti funebri. Le rappresentazioni a tema macabro, spesso centrale nella decora­ zione parietale delle antiche discipline, ricordavano che ai membri della confraternita era affidata l’insegnamento dell’Ars bene mo­ riendi, ossia della preparazione spirituale del fedele, che poteva così apparecchiarsi ad una morte cristiana. L’Incontro dei tre vivi e dei tre morti, il Trionfo della Morte e la Danza Macabra avevano il preciso scopo di ricordare la caducità dell’essere umano, condannato ineluttabilmente alla morte fisica10. Un altro compito di fondamentale importanza affidato alle confraternite, soprattutto durante i più importanti riti pubblici, era quello del canto delle laude, componimento religioso corale che univa, per la prima volta, l’efficacia della lingua volgare e la struttura della canzone a ballo profana. Introdotta come forma di preghiera da San Francesco e definita da Jacopo da Varazze «canzone angelica e celeste», la lauda divenne la massima espres­ sione di devozione delle congreghe laiche. Le laude, intonate dai confratelli, accompagnavano le processioni delle principali feste liturgiche o dei santi patroni cittadini e costituivano il fulcro delle sacre rappresentazioni inscenate nel corso della Settimana Santa. La Regola dei Disciplini di Breno, manoscritto L II 17 della Bi­ blioteca Queriniana di Brescia, riporta il testo dell’Officio della Quaresima, completo delle laude che alternavano la recitazione, 10 Per una ricognizione delle iconografie legate al tema macabro A. LODA, Le raffigurazioni macabre nel territorio bresciano: dalle danze macabre alla morte barocca, in La chiesa di Santa Maria Annunciata a Bienno, Atti della giornata di studi (Bienno, 28 ottobre 2000), Brescia 2005, pp. 171­190. 13 che forse avveniva pubblicamente e in processione il Venerdì Santo (scheda n. 5)11. I cicli cristologici che le discipline del territorio bresciano ci hanno restituito, esprimevano la devozione confraternale per la Passione di Cristo, fornendo un vero e proprio supporto visivo alla lettura dei passi della Via Crucis e agli altri esercizi di penitenza12. Alla spiritualità drammatica espressa da questi teatri della pietà è legata la nascita di espressioni artistiche che conobbero ampia diffusione, come i Crocifissi snodabili, i gruppi scultorei della De­ posizione e i numerosi Compianti. I Cristi snodabili – manufatti di cui resta testimonianza negli esemplari di Santa Croce in Fossabanda a Pisa, nell’esemplare bresciano del Crocifisso di Travagliato, sino al più tardo Crocifisso di Pontebba, a Udine – erano al centro della cerimonia detta “sconficcamento” o schiavellatione, vale a dire l’atto di togliere i chiodi dalla Croce onde deporre il corpo di Cristo13. La Pieve di San Pietro in Lamosa a Provaglio d’Iseo conserva ancora, protetto da un vetro all’interno di una nicchia, un manufatto simile. Se in Italia centrale la devozione legata alla Passione di Cristo si 11 C. BINO, I Disciplini della terra di Breno e il “teatro della misericordia”, in R. TAGLIANI e C. BINO, “Con le braccia in croce”. La Regola e l’Officio della Qua­ resima dei Disciplini di Breno, Breno 2004, pp. 19­71. 12 G. ANDENNA, La devozione confraternale per la Passione di Cristo nel tardo Medioevo, in Il teatro delle statue. Gruppi lignei di Deposizione e Annunciazione tra XII e XIII secolo, Atti del convegno (Milano, 15­16 maggio 2003), Milano 2005, pp. 21­32. 13 C. BERNARDI, La Deposizione di Cristo nei teatri della pietà, in Sacre Passio­ ni. Scultura lignea a Pisa dal XII al XV secolo, Catalogo della mostra (Pisa, Mu­ seo Nazionale di San Matteo, 8 novembre 2000 ­ 8 aprile 2001), Pisa 2000, p. 15. 14 esprimeva nelle duecentesche Deposizioni, ancora presenti nella cattedrale di Volterra, di Vicopisano, di Perugia14, si diffondono, nel Quattrocento, i gruppi scultorei, in legno o terracotta, dei Compianti: attorno al corpo deposto di Cristo si accalcano le figure dei dolenti in atteggiamento di incontenibile dolore. Il clima di forte rinnovamento spirituale promosso dalla Chiesa post­tridentina portò al moltiplicarsi delle associazioni laicali, in particolare di quella del Santissimo Sacramento, del Rosario, del Suffragio15. Tuttavia, pur avendo il merito di rispondere ai rinnovati fervori de­ vozionali e alle occorrenze materiali delle comunità16, le congre­ ghe antiche e nuove si rivelavano spesso autogestite e prive di regola. Tale condizione richiese l’intervento di Carlo Borromeo17, il quale ovviò alla necessità di possedere un sistema di valide norme scrivendone di apposite18, e propugnò una maggior forma­ 14 Per i gruppi delle Deposizioni: M. BURRESI, La Deposizione di Vicopisano e il suo contesto, in Il Santissimo Crocifisso di Vicopisano, Pisa 2000, pp. 7­14; M. BURRESI e A. CALECA, Sacre Passioni: il Cristo deposto del duomo di Pisa e le deposizioni di Volterra, Vicopisano e San Miniato, in Sacre Passioni, pp. 24­43. 15 G. ARCHETTI, La visita apostolica di Carlo Borromeo tra continuità e rinnova­ mento, in Visita apostolica e decreti di Carlo Borromeo alla Diocesi di Brescia, V, Valle Trompia, Pedemonte e territorio, a cura di A. TURCHINI, G. DONNI e G. ARCHETTI, «Brixia Sacra», s. III, 10 (2005), p. 80. 16 D. MONTANARI, Vita confraternale e carità in Età moderna, in Luigi Gonzaga e la chiesa della Disciplina a Castiglione delle Stiviere, Studi nell’Anno Eucari­ stico e nel quarto centenario della Beatificazione di Luigi Gonzaga, Mantova 2005, p. 129. 17 D. ZARDIN, Le confraternite bresciane al tempo della visita apostolica di san Carlo Borromeo, in San Carlo Borromeo e Brescia, Atti del Convegno (Rovato, 27 ottobre 1984), Rovato (Brescia) 1987, pp. 123­151. 18 G. DONNI, Confraternite e Scole, in Visita apostolica e decreti di Carlo Borro­ meo alla Diocesi di Brescia, a cura di A. TURCHINI, G. DONNI e G. ARCHETTI, «Brixia Sacra», s. III, 9/3­4 (2004), p. 33. 15 zione per il fedele, svolta dalle Scuole per la Dottrina Cristiana19, spianando la via ad una nuova stagione di fervore devozionale. 19 X. TOSCANI, Le “Scuole della Dottrina Cristiana” come fattore di alfabetizza­ zione, «Società e storia», 26 (1984), pp. 757­781 e G. GAMBA, La scoperta delle lettere. Scuole di dottrina e di alfabeto a Brescia in Età moderna, Milano 2008.. 16 Schede 1. Regole della Congregazione della Vergine Maria e di San Francesco in San Francesco a Brescia, ms. Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, C VII 12, sec. XIV. 19 2. Regole della Confraternita del Santissimo Sacramento in San Giovanni Evangelista a Brescia, ms. Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, E VII 22, sec. XV. 20 3. Regole della Confraternita del Santissimo Sacramento del Corpo di Cristo, della Vergine Maria, dei Santi Apollonio e Filastrio e di San Bernardino in San Bernardino a Roncadelle, ms. Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, G VI 15, post 1494. 21 4. “Maregola” (mariegola/regola) della Confraternita di Sant’Antonio e dei Santi Faustino e Giovita in Memmo di Collio, ms. ora presso il Museo Diocesano di Brescia e già presso la Biblioteca Civica Queriniana, riproduzione anastatica (a cura di A. FAPPANI, S. GUERRINI, G. PANAZZA, C. SABATTI e F. TROVATI, Brescia 1978). 22 5. Regola della Confraternita dei Disciplini in San Valentino a Breno, ms. Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, L II 17, sec. XVI. 23 6. Regole et ordini generali della Scuola del Santissimo Corpo di nostro Signor Giesù Christo della chiesa cathedrale di Brescia [...], Brescia, per i Marchetti, 1615, Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, 5a G IV 17m10. 24 7. Regole et ordini generali della Scuola del Santissimo Corpo di nostro Signor Giesù Christo nella chiesa parochiale insigne collegiata di Santi Nazario et Celso di Brescia [...], Brescia, per i Rizzardi, 1684, Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, 9a D VII 14m11. 25 8. Brevi notizie dell’Instituto piissimo della Confraternita sopra gli agonizzanti canonicamente eretta nella chiesa della Beata Vergine Maria delli Miracoli di Brescia [...], Brescia, Giammaria Rizzardi, 1769, Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, 7a D II 17m1. 26 9. Delle confraternite, dissertazione di MUZIO MUZIO arciprete di Castelcovati, Brescia, Giammaria Rizzardi, 1770, Brescia, Biblioteca Civica Queriniana, 5a H VII 8m3. 27 10. Instrumentario della Congregazione dei Disciplini di Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Ospedale Maggiore, b. 203 (99), post 1412. Incipit della lauda Cum fo tradith el nos Segnor, f. 104r. 28 11. Constitutiones della Disciplina dell’abito bianco presso la cattedrale di Santa Maria maggiore a Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/1, f. 12r, sec. XIV. 29 12. Instrumentario della Disciplina dell’abito bianco presso la cattedrale di Santa Maria maggiore a Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/2, 1547. 30 13. Convocazione dei confratelli della Disciplina dell’abito bianco presso la cattedrale di Santa Maria maggiore a Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/5, 15 agosto 1785, convocazione del Consiglio della Confraternita. 31 14. Libro delle messe della Disciplina dell’abito bianco presso la cattedrale di Santa Maria maggiore a Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/8, 1776­1778. 32 15. Mappa osia disegno della casa e d’altre case cum alias della Disciplina di Santa Maria del duomo eretta nella chiesa osia oratorio de Santi Ippolito e Cassiano martiri, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/10, post 1682. 33 16. Libro delle riscossioni degli affitti della Scuola del Santo Rosario in Sant’Eufemia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/11, sec. XVIII. 34 17. Registro delle liti della Disciplina dell’abito bianco presso la cattedrale di Santa Maria maggiore a Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/7, 10 ottobre 1723. 35 18. Bolletta delle spese fatte per la Confraternita di San Nazaro in Brescia, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1759/6, 28 luglio 1756. 36 19. I confratelli del Santissimo Rosario presso la chiesa di San Faustino in Riposo in Brescia chiedono ai Deputati pubblici della città di permettere ai confratelli di raccogliere il maggior numero possibile di elemosine per far costruire una teca adeguata per custodire le reliquie dei santi patroni Faustino e Giovita, Brescia, Archivio di Stato, Archivio Storico Civico, reg. 1500, ff. 214r­ 215r, 23­27 maggio 1743. 37 «Canzona angelica e celeste» La lauda e il canto nelle confraternite Con il termine “lauda” si identifica un componimento poetico mu­ sicale di tipo spirituale, che articolava un testo di argomento reli­ gioso sullo schema della canzone a ballo profana a tema amoroso, di origine provenzale e utilizzata dai trovatori. La canzone a ballo prevedeva una stanza, cantata da un solista, e una ripresa, chiamata anche ritornello, cantata dal coro: la stessa struttura la ritroviamo nella lauda volgare duecentesca. Il nome “lauda” deriva dal vocabolo latino laus e dal verbo lauda­ re, e nella liturgia cattolica il termine Laudes era utilizzato per indicare i Salmi recitati al Mattutino, la preghiera dell’alba. A differenza delle tradizionali Laudes, cantate in latino, la lingua eletta per la nuova lauda duecentesca è il volgare, il linguaggio parlato. Un ruolo determinante in questa straordinaria trasforma­ zione musicale è da attribuirsi ai movimenti religiosi secolari pau­ peristici e, in particolare, quello cresciuto attorno alla figura di san Francesco d’Assisi, uno dei primi a stimolare lo sviluppo della preghiera in volgare, prediletto al latino anche nel canto sacro. Il manoscritto 91 della Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca di Cortona, più comunemente noto come Laudario di Cortona, è il più antico manoscritto musicale italiano con testi in volgare a noi giunto, nonché un unicum sotto molti punti di vista. Fu fortuitamente ritrovato nel 1876 dal bibliotecario Girolamo Mancini, che per primo ne comprese l’inestimabile valore docu­ mentario e formulò le prime ipotesi di datazione e provenienza. 38 Il codice apparteneva alla Confraternita di Santa Maria delle Lau­ de, operante nella seconda metà del Duecento presso la chiesa di San Francesco a Cortona, costruita tra il 1245 e il 1253 da frate Elia Coppi: a lui si deve, con ogni probabilità, anche la fondazione della confraternita, legata strettamente all’ambiente francescano. Il codice contiene 66 laude, con testo scritto a caratteri gotici: 46 di queste sono accompagnate dalla propria notazione musicale. Per i diversi argomenti a cui sono dedicate, le laude possono essere divise in tre gruppi: le prime 16 laude sono dedicate alla Vergine, il secondo gruppo, dalla diciottesima alla trentaduesima lauda, ri­ percorrono in ordine le principali feste dedicate al Salvatore (Natale, Quaresima, Resurrezione, Ascensione, Pentecoste, Trini­ tà). Infine il terzo gruppo contiene laude dedicate a santi, in parti­ colare ai santi novelli, come san Francesco e sant’Antonio da Padova, a cui molte confraternite erano legate. Di queste laude volgari restano preziose testimonianze in molte Regole di confraternite dell’Italia settentrionale, documenti di grande valore storico e filologico, spesso indispensabili per lo studio delle lingue volgari. Nel XV secolo il canto della lauda, ormai pienamente influenzata dalle novità musicali franco­fiamminghe, era così radicato nella pratica religiosa quotidiana dei fedeli che molte confraternite as­ sunsero cantori professionisti, che provvedessero ad istruire i confratelli al canto. Ai cantori si affiancarono gli strumentisti, riu­ niti nel trio detto “bassa” (viola, liuto e arpa), formazione musicale utilizzata per il sostegno del canto polifonico a tre voci. In seguito alla Controriforma la lauda conobbe una rinnovata fortuna: le nuove esigenze spirituali, espresse da ordini novelli, come quello fondato da san Filippo Neri, portarono ad una ripresa dei valori di semplicità musicale, come mostrano le laudi polifoni­ 39 che di Francisco Soto de Langa, compositore spagnolo giunto a Roma nel 1562 ed entrato a far parte della congregazione oratoria­ na. 40 Finito di comporre il 13 febbraio 2017 Realizzazione editoriale curata da il leggio s.c.s. www.cooperativailleggio.it Il Florilegio. Studi e strumenti III ISSN 2283­754X