Nepi
Giuseppe Moscatelli
dalla Tuscia
Lucrezia Borgia
Signora a Nepi, schiava in Vaticano
N
ella mia galleria dei personaggi farnesiani ospitati sulla
Loggetta, fa oggi il suo ingresso una figura femminile che, pur
non essendo a rigore un esponente
della nobile famiglia che per oltre un
secolo ha retto i destini della Tuscia,
ai Farnese è comunque legata da vicende personali e storiche: si tratta
di Lucrezia, figlia di Rodrigo Borgia,
salito al soglio pontificio nel 1492
con il nome di Alessandro VI e a sua
volta amante di Giulia Farnese “la
Bella”, che per tutta la vita fu unita
a Lucrezia Borgia da sincera amicizia e profondo affetto.
Papa Alessandro VI Borgia
Nonostante quest’ultima, più giovane di sei anni, fosse ancora una
bambina quando Giulia divenne la
favorita del padre, le loro furono,
per un lungo tratto, due vite parallele segnate da un destino comune.
Entrambe sacrificarono sé stesse e
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la loro dignità sull’altare delle esigenze della propria famiglia: Giulia
per favorirne l’ascesa, Lucrezia per
consolidarne il prestigio e il potere.
Giulia, tuttavia, si gravò consapevolmente di un onere che avvertiva
come un suo dovere ineludibile; Lucrezia fu invece una docile preda
nelle mani del papa-padre, un mero
strumento di scambio e di ricatto
ad uso del Borgia che, fino all’ultimo, condizionò a suo capriccio la
vita della figlia, facendo e disfacendo, creando e distruggendo matrimoni così come amicizie e
alleanze politiche.
Alessandro VI non lesinò alla figlia
prebende e onori - come nel 1499,
allorché la nominò governatrice di
Nepi, nella cui poderosa Rocca Lucrezia venne a risiedere - ma sostanzialmente ne fece in Vaticano la
sua schiava, anche sessuale, a dar
credito a dicerie e maldicenze mai
pienamente smentite. Ciò detto
non si comprende né si giustifica la
pessima fama storica che, nonostante qualche timido e reiterato
tentativo di riabilitazione, da sempre accompagna il nome di Lucrezia, la cui unica colpa fu forse
quella di aver quietamente subito il
potere preminente dei maschi della
famiglia. E non solo del padre, al
quale non poteva certo in alcun
modo contrapporsi, ma anche del
terribile fratello Cesare, più noto
come il Valentino, la cui brutalità e
ferocia non sono certo compensate
dall’aver ispirato a Machiavelli il
suo celebre “Principe”, classico letterario e capolavoro universale di
filosofia della politica. Stressata da
tre matrimoni e continue gravidanze, l’ultima delle quali le sarà fatale, Lucrezia fu la vittima
predestinata delle visionarie ambizioni, delle turpi inclinazioni e delle
insane ossessioni del padre e del
fratello, con il quale pure sono stati
ipotizzati rapporti incestuosi.
Lucrezia Borgia
Per comprendere appieno il ruolo
imposto a Lucrezia quale mera pedina sullo scacchiere geopolitico
dei suoi tempi, basti dire che il Borgia dapprima promise la figlia undicenne in sposa a due distinti nobili
spagnoli, ma - una volta eletto papa
- ribaltò il tutto per darla in moglie
tredicenne ad un più vantaggioso
partito italiano, ovvero il signore di
Pesaro Giovanni Sforza che aveva il
doppio dei suoi anni ed era già vedovo di Maddalena Gonzaga. Non
fu un matrimonio fortunato e non
certo per colpa degli sposi.
Fu per Lucrezia la prima statio di
una passio matrimonialis che la
vedrà strattonata da un talamo all’altro per assecondare i calcoli e le
convenienze politiche del padre e
del fratello, non meno vittima dei
suoi mariti (e così pure di un
amante) costretti di volta in volta a
liberare il campo a causa delle minacce o, più spesso, del pugnale
del Valentino. Tant’è che dopo
quattro anni di contrastato coniugio, gravato dalla irragionevole pretesa del Borgia di voler presso di sé
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la figlia in Vaticano, Giovanni Sforza
- ben consapevole di aver perso il
favore del papa che ora aveva altre
mire - preferì dichiararsi per
iscritto impotente (la prima moglie
era morta di parto!) per consentire
l’annullamento del matrimonio per
mancata consumazione, piuttosto
che soccombere agli sgherri di Cesare Borgia che lo braccavano in
tutta Roma.
Ma facciamo un passo indietro e
torniamo al momento felice in cui
Lucrezia, poco più che bambina ma
già bellissima e procace, sta per coronare il suo sogno di giovanissima
sposa: raggiungere il suo amato
lontano, per unirsi definitivamente
a lui. Dobbiamo infatti ricordare
che una clausola del contratto matrimoniale tra Lucrezia e Giovanni
prevedeva che la fanciulla si sarebbe trasferita presso il marito a
Pesaro non prima che fosse trascorso un anno dalla celebrazione,
per comprensibili motivi legati alla
tenera età della sposa.
La tredicenne Lucrezia quindi, pur
se formalmente coniugata, continuerà a risiedere insieme a Giulia
Farnese e ad Adriana Mila, suocera
di Giulia e cugina di Rodrigo, non-
ché fidata custode delle due ragazze, nel palazzo che il Borgia
aveva destinato alla figlia. Le tre
dame, accomunate dal fatto di essere tutte, seppur per diverso motivo, assoggettate alla volontà
soverchiante del pontefice, vivevano dunque in grande concordia e
armonia in un ambiente elegante e
sfarzoso, servite e riverite da uno
stuolo di camerieri e domestici.
Tra loro non vi erano, né potevano
esservi, rivalità o invidie. Tantomeno gelosie. Ciascuna di loro era
congiunta al papa in un ruolo esclusivo e infungibile che non ammetteva invasioni di campo: Lucrezia,
la figlia fin troppo adorata; Giulia, la
passione bruciante; Adriana, complice e confidente dei segreti e delle
trame più imbarazzanti del Borgia.
Allorché la sposa, finalmente quattordicenne, poté raggiungere il marito a Pesaro, tutta la “brigata”
(come la chiamava il papa) ovvero
Lucrezia, Giulia e Adriana, si trasferì in quella città. Per la prima
volta nella sua vita Lucrezia si sottraeva al cono d’ombra opprimente
che il padre proiettava su di lei e
poteva respirare un’aria nuova. La
vita presso la corte di Pesaro, in effetti, si rivelò da subito assai piace-
Cesare Borgia
vole, tanto da suscitare qualche inquietudine al vecchio pontefice,
che si sentiva accantonato dalle
sue donne, nonostante le premurose rassicurazioni di Adriana Mila.
Disponiamo in proposito di una copiosa corrispondenza nella quale
tutti i protagonisti della vicenda si
scambiano idee e impressioni su
luoghi, eventi e persone, ciascuno
dal suo particolare punto di vista.
Assistiamo quindi ai repentini cambiamenti di umore di un padre e
amante dapprima lusingato dal successo delle sue donne; poi irretito
per le insidie che potevano manifestarsi in quell’ambiente galante, infine furioso per il fatto di non poter
tenere in pugno la situazione
Tant’è che trascorso poco più di un
mese dalla partenza delle tre signore, il Borgia ne reclamò insistentemente il ritorno a Roma: un po’
per nostalgia della sua “Bella”; un
po’ per preservare Lucrezia dalle
nubi di guerra che, a seguito della
discesa di Carlo VIII in Italia, minacciavano il regno stesso di Pesaro;
un po’ per dimostrare a tutti chi era
La rocca Borgia di Nepi
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il capo. Abbiamo già riferito come
andò a finire.
Dopo l’annullamento del matrimonio con Giovanni Sforza, che aveva
inevitabilmente suscitato in tutt’Italia e non solo un gossip spietato,
Lucrezia, nuovamente libera, era
pronta per un nuovo marito. Fu la
volta di Alfonso di Aragona, duca di
Bisceglie e figlio naturale del re di
Napoli, un bellissimo giovane, riferiscono le fonti, appena diciottenne
e per il quale Lucrezia perse subito
la testa. Alfonso farà in tempo a
veder nascere un figlio dalla sua
sposa (e a dare quindi un nipote al
papa) prima di cadere accoltellato
sul sagrato di San Pietro, vilmente
aggredito dagli sgherri di Cesare.
Non riuscirono tuttavia a farlo
fuori, ché il giovane duca era di
forte e sana costituzione e sopravvisse alle coltellate. Ma non per
molto. Trascorso infatti meno di un
mese, il solito Cesare Borgia, stavolta in prima persona vista l’inettitudine dimostrata dai suoi
“collaboratori” nella precedente
occasione, si presentò a casa della
sorella accompagnato dal suo più
fidato sicario, si fece accompagnare nella sua camera da letto e,
avendo avuto l’accortezza di farla
uscire con un pretesto, fece strangolare il povero principe convalescente. Le ragioni di questo delitto
non sono del tutto chiare, anche se
non è da sottovalutare la morbosa
gelosia del Valentino nei confronti
della sorella che si era sinceramente innamorata del giovane, e
ciò risultava a Cesare insopportabile. D’altronde per documentare la
natura disturbata del giovane rampollo di casa Borgia, basta riflettere
su un altro delitto di assoluta crudeltà di cui si rese responsabile.
Dopo l’annullamento del primo matrimonio, Lucrezia - “virgo intacta”
secondo quanto vergato dai giudici
canonici - trovò conforto, non solo
morale evidentemente, nella compagnia di un giovane paggio di
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corte da lei chiamato confidenzialmente Perotto. La confidenza tra i
due era tale che Lucrezia rimase incinta, scatenando la furiosa reazione di Cesare che, avendo inseguito col pugnale sguainato il povero Perotto fin nella sala del trono
papale, lo colpì ripetutamente a
morte, nonostante il giovane aves
se cercato riparo sotto il manto di
Alessandro VI, che non riuscì nel
tentativo di salvarlo.
essere un uomo di grande cultura
si distingueva per una non trascurabile prestanza fisica. Fu quindi la
volta del cognato Francesco Gonzaga, al quale Lucrezia fu a lungo legata da bruciante passione. Intanto
l’agognato erede era finalmente arrivato, il quattro aprile del 1508: fu
chiamato Ercole, come il nonno paterno. E non fu il solo: tra aborti,
figli nati morti o non sopravvissuti
e figli legittimi Lucrezia collezionò,
Nepi, il maschio della fortezza borgiana
Ma un nuovo matrimonio è alle
porte, e un terzo marito è in arrivo:
un altro Alfonso, figlio di Ercole
d’Este, duca di Ferrara, anche lui
vedovo, essendo la prima moglie
morta di parto. Questa serie di singolari coincidenze non doveva portar bene a Lucrezia. I primi anni
della vita alla corte estense furono
comunque di appagante spensieratezza, seppur angustiata dal fatto di
non riuscire a dare un erede al ducato. Lucrezia, sentendosi finalmente sollevata dal gravoso ambiente familiare, coltivò alcune relazioni, non sempre propriamente
platoniche. Il primo fu l’umanista
Pietro Bembo, che aldilà del fatto di
tra un rientro e una partenza del
marito per nuove campagne militari, un numero impressionante di
gravidanze. Il suo fisico ne risultò
prostrato e l’ultima della serie, che
portò alla nascita di una graziosa
bambina battezzata Isabella Maria,
le fu fatale. Lucrezia morì a trentanove anni, il ventiquattro giugno
1519. Sotto la sua camicia fu trovato un cilicio, indice della volontà
di affrontare un percorso di vita
ben diverso da quello che in passato aveva praticato. Fu sepolta
con l’abito di terziaria francescana,
ordine al quale da tempo aveva
aderito.
etdeiu@gmail.com
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