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Intervista con Ileana Disabato

Torniamo ad affrontare il tema dell’emigrazione da una particolare regione italiana, e dopo la Sicilia, l’Abruzzo e la Puglia, questa volta ci occupiamo dell’emigrazione lucana in America. Lo facciamo grazie ad un documentario prodotto e realizzato, con il contributo della Regione Basilicata, da una giovane talentuosa lucana, Ileana Disabato, che ringraziamo e alla quale diamo il benvenuto su We the Italians. Ileana, tu sei l’autrice del documentario “On the road to Little Lucania”. Ci parli del tuo progetto? L’idea del documentario “On the road to Little Lucania” nasce dal desiderio di raccontare le storie di emigrazione della mia terra: la Basilicata. Mi definisco come una ragazza molto legata alle sue origini e il tema dell’emigrazione è per me molto caro. La mia giovane età è stata sempre accompagnata da racconti di emigrazione. Li sentivo a tavola, durante le feste, quando i miei nonni mi raccontavano di quel lungo viaggio in nave per raggiungere la “terra straniera”. Raccontavano delle loro prime impressioni, delle difficoltà e dei tre diversi lavori che mio nonno svolgeva. Sono cresciuta facendo domande a mia nonna su come avesse fatto in Canada a comunicare con la gente, abituata a parlare il suo dialetto. Poi è stato un viaggio negli Stati Uniti, all’età di soli sei anni, a lasciare un segno indelebile in me. Sono convinta che lì sia stato scritto che nella mia vita ci sarebbe stato posto per le storie di emigrazione. Fu a Ellis Island che scrissi a fatica, su un registro dalle pagine bianche, la data di quel dicembre 2000 e che in quel luogo era sbarcato il mio trisnonno. Inoltre, il mio percorso di studi in lingue straniere mi ha permesso di approfondire il tema dell’emigrazione realizzando la mia tesi di laurea triennale dal titolo “Italiani d’America: il rapporto interculturale con il Nuovo Mondo e la nuova lingua”. “On the road to Little Lucania” nasce dunque da questa consapevolezza. Si tratta di un docu-film che riesce a trasmettere emozioni autentiche di lucani di varie generazioni, emigrati negli Stati Uniti dalla Basilicata. Il mio ruolo è quello di una giovane ragazza che decide di immergersi in quei microcosmi lucani presenti in America e raccontare dell’emigrazione con toni vivaci e semplici. Uno sguardo giovane e un linguaggio genuino fanno emergere sentimenti positivi, conferendo, inoltre, a questo argomento un diverso appeal nei confronti dei più giovani. Ogni singola parola di questo lavoro si nutre di sentimenti, di ricordi e di quella luce negli occhi che percepisco quando qualcuno della mia “famiglia d’America” ci raggiunge per ossigenarsi ed anelare, anche se per poco, tutto il nostro mondo lucano. Siamo curiosi di conoscere i personaggi presenti nel documentario… Otto storie di emigrazione diverse, ma unite dallo stesso legame indissolubile con la Lucania: dal giovane Arturo Petrozza, diventato manager per la Pepsi a Manhattan, a quella del sarto delle dive, Michele Angelo Musillo, emigrato negli Stati Uniti nel 1920. Storie di ieri che si intrecciano con quelle di oggi, a dimostrazione di come l’emigrazione sia un tema fortemente attuale seppure da inserire in un contesto dove noi giovani ci sentiamo cittadini del mondo. Molto interessante l’intervista rilasciata dal Presidente della Fondazione Statua della Libertà-Ellis Island, Stephen Briganti, anch’egli figlio di emigranti lucani. Dalle sue parole sono emersi non solo aspetti riguardanti l’arrivo degli emigranti a Ellis Island e la costruzione del museo, ma anche un legame particolare con la Basilicata, la terra dei suoi nonni. Un viaggio anche nelle storie delle seconde generazioni che sognano di tornare nel paese di origine dei propri genitori; luoghi in cui si respira la tranquillità, si mangia buon cibo e si percepisce il calore della gente…posti perfetti per costruirsi un piccolo rifugio in cui trascorrere qualche mese all’anno. Ci sono tante altre storie emozionanti di cui potrei parlarvi, ma non vorrei svelarvi tutto il docu-film… Esistono dati che ci aiutino a capire quanti sono gli italoamericani di origine lucana, e se esistono luoghi in America che ne ospitano una concentrazione significativa? Gli italiani che emigrarono dal 1861 al 1961 sono 26 milioni, tuttavia, non ci sono dati specifici che indichino quanti siano precisamente i lucani, poiché molte partenze avvenivano in modo clandestino. Di certo c’è un’altra Basilicata negli Stati Uniti. All’epoca degli arrivi, la concentrazione degli immigrati italiani in determinati quartieri non era casuale; l'alloggio si trovava quasi sempre in quartieri in cui vi erano altri immigrati italiani e vicino ai principali luoghi di impiego. Di qui la nascita delle Little Italies. Ad animare quelle strade vi erano paesani, compari e comare, sempre pronti a sostenersi l'un l'altro; un'unica grande anima che si nutriva di feste, processioni, buon cibo e buona musica al fine di lenire la nostalgia di casa. Una comunità solidale, in cui il mutuo soccorso la faceva da padrona. Luoghi che ad oggi ospitano una concentrazione significativa sono sicuramente il New Jersey e lo Stato di New York. Numerosi sono, poi, gli italoamericani di origine lucana che hanno tenuto e continuano a tenere alto il nome della Basilicata. L’incontro tra due culture diverse non è mai semplice, si tratta quasi sempre di un incontro-scontro: ci sono stereotipi e discriminazioni. Con il passare degli anni gli italiani sono riusciti a dimostrare come la loro presenza fosse in realtà un valore aggiunto per la comunità americana. Lo spirito di adattamento, intraprendenza, fratellanza che da sempre contraddistingue i lucani hanno fatto sì che la nostra comunità realizzasse il sogno americano per davvero, un sogno fatto di sacrifici, di successi e soddisfazioni. Pensiamo, per esempio, ad Anthony Cilibrizzi emigrato nel 1910 dalla provincia di Potenza e divenuto sindaco di Cleveland e primo italiano a ricoprire il ruolo di ministro durante il mandato di J.F. Kennedy; o ancora, Leonard Covello, un importante pedagogista che si è battuto per l'integrazione dei figli degli emigranti italiani promuovendo l’insegnamento dell’italiano nelle scuole americane. Fino a Bill de Blasio sindaco di New York e Stephen Briganti, presidente della fondazione di Ellis Island e Statua della Libertà, che proprio il mese scorso ci ha ricevuti nel suo ufficio per firmare un importante accordo con il coordinatore del Museo dell’Emigrazione Lucana, Luigi Scaglione. Ti chiediamo di raccontarci qualche aneddoto del quale sei venuta a conoscenza nel corso della tua attività di ricerca Penso subito a quello raccontatomi dal simpatico Sario Petrozza, emigrato nel New Jersey negli anni 50. Era una sera d’inverno quando Sario stava partendo da Montescaglioso, in provincia di Matera, verso il porto di Napoli, dal quale si sarebbe poi imbarcato per gli Stati Uniti. Nonostante il freddo, il giovanissimo Sario non aveva con sé un cappotto, al che un suo cugino, senza esitare, se lo tolse di dosso e glielo regalò. Un gesto che Sario mi ha raccontato con emozione e con l’umiltà di chi è partito senza avere nulla, costruendosi una vita migliore nella terra delle grandi opportunità, senza mai dimenticare però le proprie radici. Un uomo di buon cuore, che fa sorridere per la sua simpatia, ma allo stesso tempo riflettere sulle condizioni di vita del Meridione di quegli anni. Esistono Associazioni in America che rappresentano specificatamente qualcuno o un luogo della Basilicata? Si, vi sono numerose associazioni di lucani sparse per tutti gli Stati Uniti e una Federazione presente a New York. In particolare, ho avuto l’opportunità di entrare in contatto con la Società di Mutuo Soccorso – San Rocco Montescaglioso presente a Paterson, New Jersey, di cui in parte si racconta nel docu-film “On the road to Little Lucania”. Un vero microcosmo lucano e un punto di riferimento per la comunità dei montesi, un luogo dove si mantengono vivi valori e tradizioni della Basilicata. Una società storica, nata nel 1928, di cui quest’anno si festeggia il 90° anniversario. E allora We the Italians fa loro tantissimi auguri!! Come sono oggi i rapporti tra i lucani che vivono in Basilicata e quelli che vivono in America? Direi che la lontananza non fa altro che rendere questo legame ancora più saldo. Lo vivo personalmente con la mia famiglia presente negli Stati Uniti. In loro è come se il senso di appartenenza a questa terra sia triplicato, tanto da poter ancora sentire il profumo del pane o il suono della banda cittadina nei giorni di festa. Devo dire che è grazie a loro se ho potuto realmente capire il valore delle mie radici e l’amore nei confronti di questa terra, che se da un lato li ha costretti ad emigrare, dall’altro li richiama costantemente a sé come una madre fa con i propri figli. Quando ritornano in Basilicata nei mesi estivi puoi quasi toccare con mano la loro felicità, gliela leggi negli occhi, nella serenità nel modo di parlare, nel sorriso. Sanno di avere una seconda casa in Basilicata, un porto sicuro in cui il valore della famiglia è ben radicato in principi come il rispetto, l’ospitalità e la generosità. Una delle cose lucane che mancano di più ai protagonisti del tuo documentario è il cibo delle vostre parti... Il cibo è vita, famiglia, condivisione e anche un solo profumo può richiamare alla mente ricordi della propria infanzia passata o momenti felici trascorsi nella terra d’origine. Questo è ciò che accade ai lucani d’America. Negli Stati Uniti puoi trovare davvero di tutto, ma forse i sapori unici dell’olio extravergine d’oliva, dei salumi o dei formaggi tipici della Basilicata rendono il tutto un po’ più nostalgico. Ma per questo ci sono i parenti in visita dall’Italia, nelle cui valigie molto spesso si nascondono prelibatezze lucane che valgono mille emozioni. Inoltre, ho riscontrato una grande voglia di apprendere l’arte della cucina lucana, soprattutto nelle nuove generazioni, sempre più curiose e desiderose di riappropriarsi delle proprie radici. I viaggi di ritorno stanno diventando di anno in anno più frequenti e a tal proposito mi viene in mente l’esperienza di mio cugino Tyler, i cui nonni emigrarono da Montescaglioso negli anni 50. Qualche anno fa ha deciso di partire per l’Italia, vivere i luoghi che hanno visto crescere i suoi nonni e conoscere la propria famiglia lucana. Qui ha trovato accoglienza, calore umano, tanta genuinità e sapori autentici; valori intrinsechi del nostro popolo che hanno riacceso in lui l’orgoglio di essere lucano, nonché il desiderio di ritornare e far conoscere questa terra meravigliosa. Hai altri progetti in mente? Per quanto riguarda i progetti di quest’anno, molto interessante è stata la video intervista a Ron Galella, il re dei paparazzi americani. Il suo scatto più celebre è senza dubbio “Windblown Jackie” che vede ritratta una Jacqueline Kennedy colta di sorpresa, in una posa del tutto naturale con i capelli che, scompigliati dal vento, le accarezzano il viso. Storie di una vita incredibile, trascorsa a inseguire le star e catturare la loro vera essenza, la bellezza e la spontaneità. Sophia Loren, Frank Sinatra, Marlon Brando, Catherine Deneuve, Liz Taylor, John Lennon, David Bowie: sono solo alcune delle celebrità da lui fotografate. Un uomo autentico che ricorda sempre con grande affetto le sue origini lucane. Nell’intervista mi racconta alcuni dei suoi scatti, ma anche del momento in cui suo padre, giovanissimo, lasciò Muro Lucano, in provincia di Potenza, alla ricerca di un lavoro e di quando lui stesso vi è ritornato, scoprendo con sorpresa una terra unica e accogliente. L’intervista sarà a breve disponibile online.