MEDIASCAPES
Gli universi in trasformazione dei media contemporanei
Collana diretta da
Massimo Scaglioni
Comitato scientifico:
Jerome Bourdon (University of Tel Aviv);
Gianni Canova (IULM Milano);
John Ellis (Royal Holloway, University of London);
Ruggero Eugeni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano);
Andreas Fickers (University of Luxembourg);
Aldo Grasso (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano);
Enrico Menduni (Università degli Studi di Roma Tre);
Peppino Ortoleva (Università degli Studi di Torino);
Guglielmo Pescatore (Università degli Studi di Bologna);
Giuseppe Richeri (Università della Svizzera Italiana, Lugano);
Massimo Scaglioni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano);
Ira Wagman (Carleton University, Ottawa)
I volumi della collana sono soggetti a referaggio anonimo.
TEMPO DI SERIE
La temporalità
nella narrazione seriale
Con un testo di Giorgio Vasta
a cura di
Fabio Cleto e Francesca Pasquali
EDIZIONI UNICOPLI
ISBN: 9788840020143
Prima edizione: settembre 2018
Copyright © 2018 by Edizioni Unicopli,
via Andreoli, 20 - 20158 Milano - tel. 02/42299666
http://www.edizioniunicopli.it
Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate
nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla Siae
del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile
1941, n. 633, ovvero dall’accordo stipulato fra Siae, Aie, Sns e Cna,
Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio, Confesercenti il 18 dicembre 2000.
INDICE
p.
7
Stagione Uno
di Fabio Cleto e Francesca Pasquali
15
Parte prima. ECONOMIE DEL TEMPO
Tecnologie, pratiche, trasformazioni
17
Ridefinire il tempo. Tra storytelling e consumo
di Cecilia Penati e Anna Sfardini
37
Perdere tempo, riappropriarsi del tempo
di Andrea Bellavita e Rocco Moccagatta
53
«This cultural creation of binge-watching».
I tempi del consumo personalizzato
di Paola Brembilla
67
In dolce attesa. Audience online e TV drama
di Antonella Mascio
83 Formati ridotti. La temporalità narrativa delle
webserie
di Mirko Lino
99 Memes of Thrones. Memi internet, image macro,
GIF. Frammenti spreadable di serialità televisiva
di Giovanni Boccia Artieri
6
p.
Indice
117 Parte seconda. FORME DEL TEMPO
Storie, segni, immaginari
119 Una fenomenologia del tempo seriale
di Franco Marineo
131
Zeitgeist seriale. L’immaginario e i suoi archetipi
nella serialità televisiva
di Laura Gemini
149
Come un romanzo. Dinamiche di legittimazione
artistica in Mad Men
di Anna De Biasio
167
L’archivista e Il papa re (1977-2013). Dal film
alla fiction
di Andrea Torre
185
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992.
Memoria e nostalgia di un’utopia fallita
di Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
203 EXTRA TIME
205 Prima o poi. Appunti sul tempo nella serialità
televisiva
di Giorgio Vasta
215
Gli autori
L’ITALIA «FREDDA, ELEGANTE E FERITA»
DELLA SERIE 1992
Memoria e nostalgia di un’utopia fallita
Monica Jansen, Maria Bonaria Urban
1. 1992: storie universali con un effetto di nostalgia
La serie 1992 in dieci episodi, ideata da Stefano Accorsi
(1971), con la regia di Giuseppe Gagliardi (1977), dimostra
che l’ambizione di Sky è quella di differenziarsi dall’attuale
produzione di fiction storiche prodotte dalla Rai e Mediaset
che verte su periodi problematici del passato italiano a partire
dall’Unificazione. Se per le serie della Rai si è parlato di «televisionismo»1 per indicare la riscrittura televisiva della storia
in chiave ideologica con il principale obiettivo di raggiungere
una memoria «consensuale»2 su una storia recente costruita
su «memorie divise»3, e per le serie a soggetto storico prodotte a partire dal 2007 da Mediaset con la casa di produzione
Taodue si è coniata la qualifica di dramma sociale per una serialità che ricorre all’azione spettacolare in contrasto con l’approccio storico agiografico-educativo della Rai4, la produzione
1
Si vedano M. Jansen e M.B. Urban, Introduzione, in M. Jansen, M.
B. Urban (a cura di), Televisionismo. Narrazioni televisive della storia
italiana negli anni della seconda Repubblica, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia 2015, pp. 7-18; M. Jansen e M.B. Urban, Televisionismo. La storia
narrata dalle fiction televisive, in D. Garofalo, V. Roghi (a cura di), Televisione. Storia, immaginario, memoria, Rubbettino, Soveria Mannelli
(CZ) 2015, pp. 125-146.
2
M. Buonanno, La fiction italiana, Laterza, Roma-Bari 2012, p. 176.
3
Cfr. J. Foot, Italy’s Divided Memory, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2009.
4
L. Barra, M. Scaglioni, Saints, Cops and Camorristi. Editorial Policies
and Production Models of Italian TV Fiction, in «Series», 1, 2015, p. 70.
186
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
Sky rappresenta invece, a partire dal 2008, la «terza via» nel
dramma seriale italiano incentrato su una televisione di qualità e un nuovo modello di finzione5, che si allontana «dai toni
edificanti per focalizzare l’attenzione su pagine oscure del Paese e su personaggi controversi, in chiaroscuro o decisamente negativi»6. In questa luce la ricostruzione filmica dell’anno
1992 appare dunque emblematica per una narrazione televisiva «postideologica», in cui il presente storico viene rievocato
nel suo conflittuale concretizzarsi nelle vite dei singoli personaggi, storici e d’invenzione. La sigla non a caso compone la
cifra 1992 con pezzi di vetro che si frantumano.
Presentato da Sky come una serie che racconta «senza
paure, moralismi, censure» un anno fondamentale per la storia italiana7, la critica nazionale ha accolto la sfida e accanto
a un’interpretazione «fattuale» della storia narrata, tipica di
un approccio tradizionale al medium televisivo, si è dimostrata aperta a valutare anche le nuove possibilità di rilettura
dell’episodio di Mani pulite offerte dalla finzione televisiva8.
Proprio per il fatto che il finale del «thriller politico» sia già
noto – è uscito nel maggio del 2017 il sequel 1993 ed è in preparazione 1994 –, gli autori hanno creato la suspense con l’aiuto dell’immaginazione e con l’artificio della prefigurazione.
Sky promuove la serie associando il titolo 1992 alla scritta che
campeggiava sulla copertina del singolo Combat Rock di The
Clash, «The future is unwritten», e affermando che non si trat-
Ivi, p. 72.
M. Scaglioni, Nello specchio frantumato. La serie 1992 fra storia e
finzione, in «Storiografia», 19, 2015, p. 183.
7
1992: Sesso, soldi e sangue al tempo di Tangentopoli, in «Sky
Atlantic HD», 24 marzo 2015, http://skyatlantic.sky.it/skyatlantic/
news/2015/03/24/1992_la_serie_recensione.html (ultima consultazione 1-10-2017).
8
Claudio Martelli, allora il braccio destro di Craxi nel PSI, scorge, nella «gran centrifuga» che nasce dalla «mescolanza fra il presente
dell’epoca ed echi del futuro», «qualcosa di vero mai emerso finora».
A. Garibaldi, In TV ho visto le verità del ’92, in «Corriere della Sera»,
4 aprile 2015, https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20150404/281981786099384 (ultima consultazione 1-10-2017).
5
6
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
187
ta di «una pallida, esangue fotocopia di ciò che è stato. L’arte
interpreta la realtà. Non la replica»9.
In realtà la ricostruzione degli eventi di quell’anno non nasce soltanto da una ricerca approfondita della verità storica10
ma è anche frutto di uno sguardo sofferto e cinico, mosso dal
pessimismo del presente che individua in Tangentopoli la malattia e in Mani pulite la «brutale terapia»11 con cui combatterla, però senza lo sperato successo. Seppur nella stampa estera
le immagini di decadenza morbosa che prevalgono nella serie
vengono associate all’Italia come fucina di narrazioni reali di
corruzione e fallimento politici12 – e l’equipe di 1992 è cosciente che l’Italia sia un «brand» che si vende all’estero come corrotto e «sexy»13 – non mancano anche i richiami a una problematica di dimensioni europee14. Viene fatta propria da Sky
la recensione della «Frankfurter Allgemeine» – «Selten hält
ein Land sich derart den Spiegel vor» – tradotta sul sito con
«Raramente un paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio
come in questo caso», in cui Ursula Scheer, soffermandosi sulla scena di apertura in cui il poliziotto Luca Pastore (Domenico
Diele) inquisisce davanti allo specchio il suo corpo malato di
9
1992: Sesso, soldi e sangue, cit.
«La Repubblica» parla di «perfezionismo vintage» per lo scrupolo
preso dagli autori nel narrare l’epoca degli anni Novanta «come un film
in costume»: A. Finos, «1992», la fiction TV su Mani pulite arriva al festival e conquista l’Europa, in «La Repubblica», 9 febbraio 2015, http://
www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/02/09/news/berlino_
corbjin-106910762/?ref=search (ultima consultazione 1-10-2017).
11
B. Severgnini, Il caso «1992». La nazione smemorata e la serie
televisiva che l’aiuta a ricordare, in «Corriere della Sera», 7 aprile 2015,
http://www.corriere.it/opinioni/15_aprile_07/nazione-smemorata-serie-televisiva-che-l-aiuta-ricordare-f2c7868e-dcef-11e4-9a2e-ffdad3b6d8a1.shtml (ultima consultazione 1-10-2017).
12
Si veda per esempio C. Ströbele, Aus den Toiletten quillt das Geld,
in «Die Zeit», 24 marzo 2015, http://www.zeit.de/kultur/film/2015-03/
1992-serie-sky-italien (ultima consultazione 1-10-2017).
13
A. Anderson, How Sky’s «1992» Political Series Could Change
Italy’s TV Landscape, in «The Hollywood Reporter», 24 marzo 2015,
http://www.hollywoodreporter.com/news/how-skys-1992-political-series-783899 (ultima consultazione 1-10-2017)
14
Cfr. C. Shaller, Bella ciao, Die TV-Serie 1992 zeigt Italiens Untergang – und was danach kam, in «Die Zeit», 23 luglio 2015, p. 47.
10
188
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
Aids, conclude che, nonostante il corpo sia giovane e allenato,
esso incarna un Paese infetto senza prospettiva di guarigione15.
Tale prospettiva di immobilismo storico è alla base, secondo
Massimo Scaglioni, dell’«approccio critico» della serie: «1992
intende rappresentare e, in qualche modo, ‘svelare’ una logica
storica tutta italiana, per la quale il cambiamento appartiene
solamente alla superficie, mentre le dinamiche di potere e gli
interessi profondi restano inalterati e intangibili»16.
Eppure la visione storica degli autori e del regista non è
tanto moralistica quanto motivata dalla ricreazione esperienziale del passato immaginando personaggi che agiscono dentro un determinato contesto storico. A detta del regista, tale
apertura di visione nel raccontare un’epoca contraddistingue
1992 dalla nota serie La meglio gioventù: «noi non abbiamo
cercato di […] raccontare dal nostro punto di vista quello che
abbiamo vissuto. Il nostro lavoro ha cercato invece di dire allo
spettatore: ‛Perché dobbiamo sempre cercare di vedere le cose
dal nostro punto di vista?’. Perché non possiamo adottare il
punto di vista di chi ha vissuto quell’epoca?»17.
Tale approccio irrazionale al passato che mira a ripetere
un’esperienza storica unica rivivendola, si sposa bene con il
proposito dichiarato dagli autori di voler creare sia storie universali che potrebbero ambientarsi nell’oggi sia evocare un effetto di nostalgia per il fatto che la lotta in Italia tra giustizia
e politica è rimasta finora irrisolta18. Il termine nostalgia in
questo caso andrebbe dunque inteso come la coscienza storica
della perdita di un ideale, o come l’ha formulato Beppe Severgnini sul «Corriere della Sera», l’anno 1992 rappresenta «la
datazione di un’illusione» e perciò la serie dovrebbe aiutare
i giovani a capire «una cosa su tutte: ‛Mani pulite’, con i suoi
15
U. Scheer, Hier wäscht keiner seine Hände in Unschuld, in «Frankfurter Allgemeine», 18 febbraio 2015, http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/medien/serien/niemand-ist-unschuldig-die-neue-sky-serie-199213421383.html (ultima consultazione 1-10-2017)
16
Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 182.
17
Redazione, EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, regista di 1992
– La serie, «badtv.it», 15 maggio 2015, http://www.badtv.it/2015/05/
excl-intervista-a-giuseppe-gagliardi-regista-di-1992-la-serie/ (ultima consultazione 1-10-2017).
18
Anderson, How Sky’s «1992», cit.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
189
eccessi, fu un tentativo collettivo di cambiare»19. Il recupero
di una memoria storica sta anche al cuore del regista che mira
a raggiungere innanzitutto i giovani italiani «attraverso uno
stile e una messa in scena contemporanea»20. È giusto dunque
attribuire a 1992 una «funzione memoriale» che si ottiene ricorrendo a un «immaginario nostalgico»21.
2. 1992: un «dramma storicamente cosciente»
L’enfasi posta dalla critica sulla componente immaginaria e
l’importanza assegnata dagli autori della serie alla ricostruzione «dal vivo» di un determinato momento storico con l’intento di sensibilizzare le generazioni future, trovano un riscontro
critico in analisi recenti della rappresentazione storica televisiva. Secondo Alison Landsberg il dramma televisivo storicamente cosciente – «historically conscious television drama»22
– non solo aspira a narrare un’epoca ma funziona anche come
un esperimento di storia sociale. Facendo uso dell’immaginazione, questi drammi televisivi storicamente coscienti mirano
a ricostruire il quadro vissuto di un momento particolare in
modo tale da provocare una coscienza storica negli spettatori23. In altre parole, rendono visibili attraverso le vite di persone normali gli effetti delle condizioni storiche in cui queste
si trovano ad agire24. Tali prodotti sono frutto di una tendenza
culturale che propugna un coinvolgimento esperienziale con
il passato che, in quanto mediato da un punto di vista affettivo, attraversa il corpo sul quale si ripercuote la storia rappre19
Severgnini, Il caso «1992», cit.
Finos, «1992», la fiction TV cit. La programmazione televisiva è
indicativa per la missione educativa del canale digitale Sky – il 14 e il 21
aprile 2015 su Sky history è stato trasmesso il documentario 1992 – Attacco al potere. Sky ha anche approntato dei canali ‘nostalgici’ lowcost,
con sitcom, serie televisive e cartoni animati andati in onda nel 1992.
21
Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 180, p. 181.
22
A. Landsberg, Engaging the Past: Mass Culture and the Production of Historical Knowledge, Columbia University Press, New York
2015, p. 70.
23
Ivi, p. 62.
24
Ivi, p. 69.
20
190
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
sentata25. Non si tratta tanto di identificazione con il passato
rappresentato ma della coscienza cognitiva di un’inchiesta sul
passato che rende conto anche dell’estraneità e la distanza incolmabile dello spettatore rispetto ad esso26. La forma estetica
è essenziale in questo «incontro sensuale» (Deleuze)27, perché
tali incontri (o scontri) affettivi si concretizzano all’interno di
una cornice storica producendo nuove prospettive storiche28.
La serialità inoltre permette una struttura narrativa complessa
e la sua forma lunga comporta lo svolgimento non teleologico
degli eventi, la loro non chiusura e un cambiamento temporale che non necessariamente implica uno sviluppo progressivo. Un risultato di questa opacità dello svolgersi dell’azione è
anche la presenza di contraddizioni nella storia e l’assenza di
situazioni o personaggi univoci29.
Viene attivato, secondo Susannah Radstone, anche un effetto di nostalgia inteso come la diminuizione della fede nel
progresso30. La perdita di fiducia nella capacità di cambiamento nella sfera pubblica sarebbe centrale al sentimento
di nostalgia nella sua accezione di una tradizione inventata
che si sostituisce al senso di continuità con il passato che è
andato perso31. In linea con queste riflessioni su un passato
inventato, Amy Holdsworth nella sua analisi del nesso tra televisione, memoria e nostalgia si focalizza sull’interazione tra
la televisione come medium visivo e l’oggetto materiale del
televisore. In questo modo la televisione viene collocata sia
all’interno di una rete materiale di memoria sia considerata come un sistema che quotidianamente produce memoria
all’interno e in diretta relazione al microcosmo della casa e
del nucleo familiare32.
Ivi, p. 3.
Ivi, p. 10.
27
Ivi, p. 11.
28
Ivi, pp. 15-16.
29
Ivi, p. 70.
30
S. Radstone, The Sexual Politics of Time. Confession, Nostalgia,
Memory, Routledge, New York 2007, p. 113.
31
Ibid.
32
A. Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, Palgrave MacMillan, London 2011, p. 3.
25
26
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
191
Memoria e nostalgia, qualità sintomatiche dell’ansia «postmoderna» di dimenticare e che paradossalmente vengono
ascritte al medium televisivo che spesso viene identificato con
l’oblio, per Holdsworth raggiungono invece la loro maggiore
espressione quando la televisione autocoscientemente riflette su se stessa e sulla sua qualità di costruire memorie sociali
e culturali più ampie33. La studiosa usa diverse immagini che
possono rivelarsi produttive per esaminare le diverse temporalità messe in atto nella serie 1992. Le rappresentazioni
nel dramma televisivo dei «momenti di ritorno» del passato
e dell’atto di ricordare e di riflettere da parte dei personaggi,
possono prendere la forma di «patterns of haunting», di una
ripetizione alienata del passato all’interno di un movimento
in avanti e indietro nel tempo della narrazione, descritto da
Holdsworth come l’«ebb and flow», la «marea» tipica della serialità televisiva34.
Tale ritorno del passato potrebbe riferirsi nel caso di 1992
in particolare, come vedremo, al fantasma della defunta ex
fidanzata Bianca che rivisita il protagonista Leonardo Notte
e allo spettro immateriale di Pier Paolo Pasolini, evocato con
la lettura di un brano di Petrolio registrato per la televisione. Inoltre, la metafora dello «specchio nero», con la quale
Holdsworth considera la televisione nelle forme molteplici di
riflessione prodotte all’interno e fuori dello spazio domestico
nell’interazione con lo spettatore35, potrebbe essere adatta per
analizzare la doppia valenza nella serie 1992 della televisione
come oggetto e come produttore di una determinata memoria
storica. Colpisce inoltre che la rappresentazione della dimensione corale e condivisa nel guardare la televisione, di cui parla
anche Landsberg36, nel caso della serie 1992 sia assente, salvo
nei momenti storici collettivi e «progettuali» che riguardano
la rivoluzione che si sta compiendo attraverso i personaggi
su due fronti: quello della lotta contro Tangentopoli e quello
dell’incubazione della futura politica mediatica di Berlusconi.
Ivi, p. 6.
Ivi, p. 3.
35
Ibid.
36
Landsberg, Engaging the Past, cit., p. 87.
33
34
192
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
La nostalgia di un passato perduto si lascia descrivere infine anche come una malattia che si esprime attraverso i sensi
corporei. Lo stesso vale per l’approccio affettivo del passato
che passa attraverso i corpi che sperimentano l’impatto con la
storia e con la sua dimensione traumatica in modo emotivo e
fisico. Ciò permette di analizzare la prominenza della malattia,
del corpo ferito e della sessualità in 1992 come altrettanti elementi di un nuovo linguaggio televisivo che affronta la storia
prima di tutto come «reenactment»37, ovvero come rimessa in
scena della realtà storica, seppur con il rischio di perdere quella distanza critica necessaria per creare un dramma televisivo
storicamente cosciente.
3. La «marea» del tempo passato, presente e futuro in 1992
Nella serie 1992 la narrazione del tempo storico si dipana
dunque intrecciando le vicende dei singoli personaggi (reali e
fittizi) con i principali avvenimenti della storia italiana secondo l’approccio esperienziale descritto da Landsberg in Engaging the Past. A uno sguardo più attento infatti lo storytelling
si struttura attorno all’intersecazione di diverse dimensioni
temporali, per cui, da un lato, il passato (gli eventi del 1992)
sembra spiegare la realtà di oggi, ma dall’altro, è l’ottica del
presente (quella di un mondo che vive nella dimensione della
crisi) che seleziona e ricostruisce il percorso storico procedendo a ritroso. In questo modo, rompendo la presunta linearità
dei fatti, le coordinate temporali conflagrano e la distanza fra
il passato e il presente si annulla, convergendo nell’esperienza del singolo: il vissuto riaffiora nei ricordi personali, spesso
drammatici, di ciascun personaggio, mentre i sogni e bisogni
per il futuro costituiscono le pulsioni profonde che lo spingono ad agire. Ciò viene confermato da quanto afferma la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi su «La Stampa» a proposito
del personaggio Pietro Bosco (Guido Caprino), reduce dalla
37
Cfr. V. Agnew, History’s Affective Turn: Historical Reenactment
and its Work in the Present, in «Rethinking History», 11, 3, 2007, pp.
299-312.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
193
guerra in Iraq che trova un futuro nella nascente Lega Nord:
«Ci interessava [...] descrivere persone fuori dalla scena politica che, all’improvviso, si ritrovarono catapultate in prima
fila». Così un cittadino comune rivive la «forza dirompente»
di Tangentopoli, e così si evita di raccontare la storia d’Italia
attraverso una figura carismatica, «inevitabilmente destinata
a diventare santino»38.
Una prima linea temporale, che costituisce la colonna vertebrale della trama, è rappresentata dalla successione degli
eventi più eclatanti del 1992, a partire dall’arresto di Mario
Chiesa, colto in flagrante mentre riceve una tangente39. In
realtà le prime due puntate si concentrano sull’inchiesta ma
negli altri episodi Mani pulite si riduce a fare da sfondo alle
vicende dei vari personaggi, tanto da suscitare la critica che la
serie avrebbe creato un mondo autoreferenziale esimendo lo
spettatore da ogni responsabilità nei confronti dell’accaduto40.
All’inizio vediamo la fiducia e l’euforia di Di Pietro all’avvio dell’inchiesta di Mani pulite, che costituisce il primo filone
narrativo: sembra che finalmente l’Italia morale possa vincere
lo scontro con quella corrotta, aprendo una nuova stagione per
il Paese. Seguono le immagini di repertorio degli arresti che si
moltiplicano e poi vediamo i magistrati inquirenti guidati da
Di Pietro, inquadrati frontalmente, che procedono baldanzosi
nei corridoi della procura come eroi di un racconto avventuro38
F. Caprara, L’Italia di Tangentopoli per la prima volta in fiction,
in «La Stampa», 10 febbraio 2015, http://www.lastampa.it/2015/02/10/
spettacoli/litalia-di-tangentopoli-per-la-prima-volta-in-fiction-1JpY53icRWosZdURMoNTWJ/pagina.html. (ultima consultazione 1-10-2017).
39
Quest’episodio sarebbe privo di fondamento storico per Antonio
Di Pietro. P. Colonnello, Di Pietro: «Questa è fiction, Mani pulite invece è storia», in «La Stampa», 25 marzo 2015, http://www.lastampa.
it/2015/03/25/italia/cronache/di-pietro-questa-fiction-mani-puliteinvece-storia-evPxgLGnbcmplGIKPFy7SJ/pagina.html. (ultima consultazione 1-10-2017).
40
«1992, costruendo un mondo chiuso e autoreferenziale, ci esime
dal pagare questo dazio, consegnandoci invece l’illibata condizione di chi
non ha colpe, di chi non c’era, di chi non poteva sapere, e in ogni caso di
chi non aveva accesso al mondo in cui tali crimini si commettevano». M.
Tortora, 1992, cosa vostra, in «La letteratura e noi», 24 maggio 2015,
http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/interpretazione-e-noi/3631992,-cosa-vostra.html. (ultima consultazione 1-10-2017).
194
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
so o epico; le immagini però scorrono in slow motion, per cui
generano al contempo una sensazione di innaturalità, come se
i personaggi uscissero dalla storia per entrare in una temporalità diversa: sia i loro corpi che si muovono all’unisono sia
le loro «gesta» appaiono altrettanto fittizie quanto investite di
epicità41. In questo caso è la tecnologia a veicolare un nuovo
tipo di inchiesta del reale, colto da Walter Benjamin con la nozione di «distrazione»42.
Il successo crescente di Di Pietro viene confermato dalle
reazioni della gente comune che lo applaude per strada esortandolo ad andare avanti (terza puntata). Eppure allo stesso
tempo il personaggio del pm è fin troppo «umano», infatti è
presentato come una persona rozza, non casualmente il suo
soprannome nella serie è «la Bestia» per il suo temperamento
focoso e i modi bruschi da «contadino». È la combinazione
tra memoria e nostalgia tipica dei prodotti televisivi che lo
trasforma in un personaggio agente nel presente storico ma
al contempo viene investito dalle istanze del futuro. Sostiene
Holdsworth che la nostalgia riguarda sempre una perdita, ma
il recupero non è l’obiettivo principale e nemmeno il ritorno al
passato è sempre gradito43. Il contrasto tra la precisione efficace con cui è evocato il passato glorioso incarnato dal giovane
Di Pietro con il suo immancabile gilet bordeaux, e la coscienza
del Di Pietro posteriore protagonista di diverse vicende politiche meno chiare44, è un altro effetto ambivalente suscitato da
queste immagini vintage.
Con il passare del tempo, lo stesso Di Pietro mette in dubbio se l’inchiesta porterà a dei risultati concreti: dopo aver interrogato Ligresti, il magistrato si domanda se tutta la fatica
fatta per assicurare alla giustizia i colpevoli avrà un senso e
41
Osserva Martelli a proposito: «L’atteggiamento della serie è interessante, perché da una parte glorifica il pool di Mani pulite, dall’altra
insinua dubbi». In TV ho visto, cit. La scena si ripete più volte nella serie
sempre accompagnata dall’effetto a rallentatore.
42
Landsberg, Engaging the Past, cit., p. 14.
43
Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 103.
44
Si veda per esempio J. L. Newell, Magistrates Going into Politics.
Antonio Di Pietro and Italy of Values, in A. Mammone, E. Giap Parini, G.
A. Veltri (eds.), The Routledge Handbook of Contemporary Italy, Routledge, London 2015, pp. 215-224.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
195
le cose potranno veramente cambiare. Eppure l’anno 1992 (e
così le indagini del pool narrate dalla prima stagione della serie) si conclude il 15 dicembre con un momento decisivo delle
indagini, cioè l’invio dell’avviso di garanzia emesso nei confronti di Bettino Craxi («il cinghialone»), mentre il pool festeggia euforicamente il risultato raggiunto. Per lo spettatore,
con il senno di poi, quell’euforia ha un retrogusto amaro; che
la situazione sia ambigua anche nella serie lo si capisce dalle
immagini conclusive dell’ultima puntata in cui, all’arresto di
Craxi, fa da contrappunto una pubblicità collocata dinnanzi al
Duomo di Milano in cui compare un neonato con lo slogan
«Fozza Itaja»: come dire che è Forza Italia il nuovo che avanza
sulle ceneri della Prima Repubblica45.
La storicità della narrazione è scandita dagli eventi del 1992
che si susseguono e che vengono rimarcati dalle date riportate
in sovrimpressione sullo schermo: ciò rafforza ambiguamente,
come vedremo, l’idea di una temporalità storica lineare della
serie. Una funzione simile hanno anche i numerosi articoli di
giornali e riviste che fanno capolino sullo schermo e soprattutto i telegiornali che mostrandoci i luoghi e i volti dei protagonisti degli avvenimenti storici, li attualizzano, restituendoli alla
dimensione del presente all’interno del loro contesto storico
«quotidiano». Un caso esemplare è rappresentato dalle immagini ormai iconiche dei funerali di Giovanni Falcone e della sua
scorta, in cui la moglie di Vito Schifani, uno degli agenti uccisi,
legge una preghiera, rivolgendosi ai mafiosi presenti in chiesa
(quarta puntata). Quel preciso momento storico viene vissuto in diretta da vari personaggi grazie alla televisione, in altre
parole, la storicità dell’evento si compie per loro dinnanzi al
piccolo schermo, ed è proprio questo medium che sollecita la
memoria di quei fatti nello spettatore: la telecamera inquadra
45
Nell’intervista con Gagliardi si legge che il manifesto faceva parte di
una campagna misteriosa a Roma senza nessi dimostrati con Forza Italia:
«Non abbiamo avuto l’autorizzazione ad utilizzare quelli originali perché
gli autori sostengono che non c’entrava niente, appunto, con quello che è
successo dopo. I nostri bravissimi sceneggiatori hanno avuto la possibilità di attingere dall’immaginario e di metterlo in un contesto narrativo
più ampio. Secondo noi… era un bel finale». EXCL: intervista a Giuseppe
Gagliardi, cit.
196
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
alternativamente i personaggi e lo schermo televisivo, creando
un corto circuito fra la «presentificazione» dell’evento per gli
spettatori diegetici (i personaggi) e la sua memorializzazione
per quelli extradiegetici (gli spettatori della serie).
Il secondo filone narrativo che si intreccia con le vicende di
Tangentopoli, acquistando col tempo un ruolo predominante nella serie, ruota attorno alla figura di Leonardo Notte, un
esperto di marketing incaricato da Marcello Dell’Utri di seguire gli sviluppi della politica italiana al fine di favorire gli interessi dell’impresa. Dal momento che, come Dell’Utri racconta,
le sorti dell’azienda berlusconiana dipendono dalle sorti dell’Italia, Notte progetta la nascita di una insolita entità politica
con alla guida Silvio Berlusconi, quale uomo nuovo e salvatore della nazione in crisi. Anche se gli eventi attorno a questo
personaggio vengono romanzati, la serie stabilisce un legame
diretto fra la crisi economica, politica e morale sancita da Tangentopoli e la nascita del progetto politico di Forza Italia46,
anzi si potrebbe dire che lo stesso Notte è una prefigurazione
dell’età del berlusconismo: lo si evince da un discorso che fa
durante una riunione con i dirigenti di Publitalia nel quale,
commentando il momento di crisi e il calo delle inserzioni nei
palinsesti Mediaset, li invita a guardare con uno sguardo diverso a quel momento storico:
Lo so cosa pensate tutti: gli anni Ottanta sono finiti. Bei momenti.
Tutto era possibile. Fatturato alle stelle. Ci siamo divertiti. Siamo andati a letto tardi. Oggi c’è la crisi, è vero, e qui a Publitalia la raccolta
pubblicitaria è in calo. Ma gli anni Ottanta sono uno stato mentale.
Possono tornare e durare per sempre. Dipende solo da voi. La crisi per voi è un’opportunità. Niente più a cena fuori, niente cinema,
niente weekend al mare. La gente resterà a casa a guardare la TV.
Grande la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente.
46
Cfr. l’intervista con Gagliardi: «Va dato atto a Berlusconi di aver
avuto una visione. Lasciamo stare il giudizio per un attimo… ma aveva
una visione. Questo è indubbio e rispondo alla tua domanda. È vero: Berlusconi è stato uno che ha saputo vedere dove stava andando il paese.
Poi quello che è successo dopo… è inutile parlarne anche perché se ne è
parlato fin troppo». EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, cit.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
197
La nascita del progetto di Forza Italia si contraddistingue
per l’assenza totale di ideali, per esprimere l’idea di un movimento politico attorno alla figura di Berlusconi si ricorre
piuttosto ai metodi e al vocabolario dell’impresa: la campagna
elettorale diventa allora uno spot pubblicitario, i politici sono
«detersivi» che vengono lanciati sul mercato e sono equiparabili ai pubblicitari in quanto hanno il compito di fare promesse
che poi non manterranno, come ricorda Notte ad un allibito
Mario Segni. La serie offre così una chiave di lettura fortemente critica del 1992, in quanto il progetto di rinascita del
paese che Mani pulite avrebbe potuto avviare, viene soffocato
dall’imperioso avanzare dell’ottimismo vuoto propagandato
dall’«esercito» di venditori berlusconiani.
Al di là di questo filo temporale che unisce i fatti del 1992
alla crisi del presente, la serie propone una seconda traiettoria temporale, latente ma altrettanto decisiva: quella che lega
l’Italia degli anni Settanta alle vicende del 1992. In quest’ottica l’anno dello scandalo di Tangentopoli non solo è l’inizio di
una stagione perversa che sfocia nel presente, ma è a sua volta
anche il punto di arrivo di una precedente fase storica. Le illusioni hanno lasciato il posto alla delusione e il malessere sorto
sulle ceneri del decennio delle «azioni collettive» si protrae nel
cinismo e yuppismo degli anni successivi, concordemente alle
letture offerte dell’Italia come un paese malato47.
Simbolo di questo trapasso è il già discusso personaggio di
Leonardo Notte in cui si manifesta quel fenomeno descritto da
Holdsworth nei termini di «patterns of haunting»48, in quanto
i fantasmi del suo passato continuano ad essere gli agenti delle
sue scelte nel presente narrato. Con l’avanzare delle puntate
veniamo a sapere che era stato accusato dell’omicidio della
sua fidanzata Bianca, morta probabilmente di overdose e «salvato» da Fabrizio, un poliziotto, che riesce a tenerlo fuori dal
carcere addossandogli però le colpe di far parte di un gruppo
di lotta armata. Dopo essere stato uno dei capi di un movimento della sinistra extraparlamentare con il nome di Buio,
47
Cfr. A. Mammone, G. A. Veltri (eds.), Italy Today: The Sick Man of
Europe, Routledge, New York 2010.
48
Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 3.
198
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
ora Leonardo è un uomo senza ideali, senza speranze, il cui
unico obiettivo è quello di vendere il nulla. Non a caso afferma
che le tre parole chiave della sua vita sono «illusione, delusione, collusione» (quarta puntata): le illusioni nutrite negli
anni Settanta, le cocenti delusioni provate e le collusioni (con
il potere? Con il male?) che da allora contraddistinguono la
sua vita.
In questo modo la serie sembrerebbe riproporre una lettura del passato nazionale coerente con lo stereotipo di un paese
incapace di rinascere e affermarsi come stato moderno, efficiente, confermandosi invece una nazione raffinata, ma cinica
e inesorabilmente «ferita». Tuttavia, mostrando i cambiamenti nel loro attuarsi e dividendo la storia tra trame private e collettive, la serie decostruisce lo stereotipo di un’Italia statica,
nel morso del famoso detto del Gattopardo49, avvicinandosi
piuttosto ad approcci più articolati alla recente storia italiana
come quello adottato nel Routledge Handbook of Contemporary Italy in cui i curatori partono dal presupposto di un’Italia
«fluida» in cui molti cambiamenti vengono messi in atto anche se non sempre si materializzano a lungo termine50. Come
vedremo, sono in primo luogo i corpi a mediare una simile
chiave di lettura storica «organica» oltre che nostalgica.
4. Storia d’Italia, storia di corpi
Uno degli aspetti più appariscenti della serie 1992 è la
centralità del corpo umano nello storytelling: come si è visto,
non a caso la prima puntata si apre proprio con l’ispezione del
poliziotto Luca Pastore sul suo corpo51. Lo sguardo scrutatore
di Luca si identifica con quello della telecamera, e quindi, di
riflesso, con lo spettatore e per traslato coincide con gli italia-
49
Cfr Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 182: «Il 1992, con
Tangentopoli e il tracollo di un sistema politico centrato sui partiti tradizionali, è l’ennesima rivoluzione mancata del Paese, il teatro di sempre
nuovi trasformismi e gattopardismi, lo scenario dove tutto cambia perché
nulla cambi».
50
The Routledge Handbook, cit., p. 3.
51
Scheer, Hier wäscht keiner seine Hände in Unschuld, cit.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
199
ni che, osservando il corpo del personaggio, in realtà osservano se stessi. L’intera serie si preannuncia dunque come un
atto autoriflessivo sulla storia italiana, visto però piuttosto da
un’ottica strettamente individuale e vissuto in modo esperienziale e affettivo, in linea con quella tendenza di confrontarsi
con il passato definita prima come «reenactment».
L’esempio più emblematico dell’approccio «iconico» al
passato nella serie è costituito dal personaggio di Leonardo
Notte, «un figo», come lo definisce una collega, eternamente
giovane, bello e atletico, le cui performance sessuali e professionali nascondono però un lato oscuro: non per nulla viene
paragonato a un quadro di Fontana per il suo essere «freddo,
elegante e ferito» (prima puntata). A tormentarlo è il pensiero
ricorrente della morte della donna amata, Bianca, il cui fantasma sconvolge le sue notti e letteralmente si materializza
negli oggetti: le fotografie e il sangue della siringa raccolti dalla polizia come prove della morte della ragazza e un disegno
di Andrea Pazienza in cui Leonardo compare insieme a lei52.
Quell’evento traumatico, legato al vissuto individuale ma che
si allaccia in modo ambiguo alle vicende storiche degli anni
Settanta, riaffiora nei ricordi di Notte a intermittenza, come
il flusso della marea descritto da Holdsworth53, determinandone il suo agire nel presente: la perdita di Bianca per Leonardo ha significato infatti la rinuncia di ogni illusione ma
anche l’assunzione di un atteggiamento politico pragmatico
privo di ogni ideale. Quando il fantasma della donna amata
rientra prepotentemente nella sua vita a causa del ricatto di
Rocco Venturi – un poliziotto con un passato da infiltrato nei
movimenti e dedito al vizio del gioco, in debito con mezza Milano, che ha le prove della morte della ragazza –, Notte cerca di
rigettarlo definitivamente nell’oblio uccidendo Rocco, ma così
facendo riconferma anche l’abiura di una visione ottimistica
per il futuro.
Come per Notte, anche negli altri personaggi della serie si
evince un’incongruenza fra azione e corporalità causata pro52
Nell’intervista con Gagliardi si parla di quel «disegno che nella fantasia Andrea Pazienza dedica a Leo e Bianca». EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, cit.
53
Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 3.
200
Monica Jansen e Maria Bonaria Urban
prio dalla presenza-assenza di un passato non elaborato, il
quale si esplicita nella consapevole sfiducia che nutrono verso il futuro54. Con tale ottica cinica la serie propone dunque
di leggere la storia in chiave nostalgica come uno scontro tra
tempo macrostorico e microstorico che si compie sul corpo
dell’individuo in balia di impulsi contrastanti di desiderio e
aggressività. Nel caso di Pietro Bosco, lo scarto si esplicita nel
dissidio insito nel corpo del militare «in borghese», ex giocatore di rugby abituato all’agonismo vissuto in modo leale, costretto a riproporsi nel corpo manipolato del politico in giacca
e cravatta: anche nel suo caso scopriamo che alla radice della
sua conflittualità c’è un trauma legato al passato: la guerra in
Iraq (con l’esposizione all’uranio) e la morte del fratello in un
incidente automobilistico. Un discorso simile si potrebbe fare
per Veronica, la spregiudicata velina è anch’essa vittima di un
passato non elaborato, segnato da una violenza fisica subita da
ragazzina che riemerge in una confessione mediata dall’esperienza recitativa. Questa presenza contemporanea di diverse
temporalità fa sì che i personaggi, anche nelle loro caratteristiche più stereotipate, non diventino mai univoci e le loro azioni
all’interno del contesto storico del 1992 si caratterizzino come
una progettualità condizionata dal senso di una perdita nel
passato che ritorna senza portare necessariamente a un miglioramento nel futuro.
L’ottica tra cinismo e desiderio di realizzarsi veicolata dalla serie raggiunge il climax nella scena in cui Notte legge un
frammento di Petrolio davanti a una telecamera (nona puntata). Dopo aver fatto dei provini ai dirigenti di Publitalia al fine
di preparare uno spot elettorale per il lancio del movimento
politico incentrato su Berlusconi, tocca a Leonardo in persona
mettersi davanti alla telecamera e, come davanti a uno specchio, rivelare la sua identità:
Leonardo Notte: [prende in mano il libro Petrolio e inizia a leggere] Ci sono delle persone che non credono in niente fin dalla nascita.
Ciò non toglie che tali persone agiscano, facciano qualcosa della loro
vita, si occupino di qualcosa, producano qualcosa. Altre persone in-
54
Radstone, The Sexual Politics of Time, cit., p. 113.
L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992
201
vece hanno il vizio di credere: i doveri si concretizzano davanti ai loro
occhi in ideali da realizzare. Se un bel giorno costoro non credono più
– magari piano piano, attraverso una serie successiva, logica o magari
anche illogica, di disillusioni – ecco che riscoprono quel ‘nulla’ che
per altri è stato sempre, invece, così naturale.
La scoperta del ‘nulla’ per essi però è una novità che implica altre cose: implica cioè non solo il proseguire dell’azione, dell’intervento, dell’operosità (intesi ora non più come doveri ma come atti
gratuiti) ... ma anche la sensazione esilarante che tutto ciò non sia
che un gioco55.
Questa scena dal chiaro carattere metanarrativo, in quanto si assiste alla sublimazione del ruolo della televisione come
momento autoriflessivo, contiene in nuce la coscienza storica
offerta dalla serie 1992 e ci restituisce la distanza che la separa
dalle fiction storiche della Rai e di Mediaset finalizzate a creare
una memoria condivisibile. In questo caso si tratta piuttosto
di conferire allo spettatore sia la consapevolezza della perdita
dell’illusione di un cambiamento epocale sia l’operosità e l’inutilità generate dal «nulla» storico.
Per quel fenomeno di «ebb and flow» di cui abbiamo parlato in precedenza, le diverse dimensioni temporali conflagrano
in una narrazione in cui temporalità e spazialità (i corpi) sono
inscindibili creando una contraddizione senza soluzione. La
voce di Notte, riattualizzando il «fantasma» pasoliniano, ne
diffonde il messaggio critico e ambiguo, gettando al contempo
uno sguardo sibillino e «nostalgico» – privo cioè di ogni speranza nel futuro – sulle sorti italiane: la lettura del frammento
implica dunque uno sguardo profetico in quanto preannuncia
il futuro (l’età berlusconiana) nel presente storico della serie
(nell’anno 1992), ma è anche la messa in atto di un futuro
che per lo spettatore, tuttavia, si è già compiuto in modo irreparabile e proprio in quanto tale invita a un nuovo tipo di
progettualità non più ispirata da ideali ma da ciò che Pasolini,
nel frammento che segue a quello letto da Notte, indica con
55
P.P. Pasolini, Petrolio, in Romanzi e racconti, volume secondo, a
cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori, Milano 2013, p. 1649.
202
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«pragmatismo», anche se sempre in chiave ambivalente56. È il
fantasma di Pasolini, in definitiva, per bocca di Leonardo Notte, a consegnare allo spettatore il messaggio contraddittorio
e autocosciente della fiction, facendolo riflettere non solo sul
declino di un’Italia corrotta ma anche sulle possibilità di una
sua problematica esistenza nel segno dell’impurezza e della
contaminazione.
56
Tale chiave di interpretazione viene rafforzata dal frammento che
segue in Petrolio ma che non viene riportato nella serie: «È chiaro che
non parlo di coloro che scoprono il ‘nulla’ filosofico, cosmico. Si tratterebbe in tal caso di una conversione, molto coerente con le loro precedenti
illusioni e fedi, e causerebbe il blocco di tutto; il ritiro dal mondo; l’ascesi.
No: io parlo di coloro che un bel giorno, tirando le somme, vengono alla
conclusione di aver scoperto il ‘nulla’ sociale. Niente ritiro dal mondo,
quindi: anzi, partecipazione più fitta: tanto più fitta quanto più in malafede, necessitata dalla mancanza di alternative, e intesa come parodia.
Niente ascesi; ma interesse per le cose sociali nullificate, e rifondate sul
pragmatismo, sul valore autonomo delle virtù: cose appunto quanto mai
esilaranti» (ivi, pp. 1649-1650).