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Fabio cleto e Francesca pasquali Il tempo è il cuore, la materia viva della serialità televisiva. È il dispositivo formale e il fattore strutturante della narrazione, oltre che la sua occasione e circostanza, quando non il suo oggetto o tema. Della serialità la durata è del resto la ragion d’essere: quello che ne specifica la forma, la produzione, il consumo. E forse, quello che la rende emblematica della serialità tout court, la modalità narrativa per eccellenza del nostro tempo. Alla fondamentale complessità del tempo seriale si rivolge lo sguardo multidisciplinare di questo volume, che impegna sociologi dei media e storici del cinema e della televisione, letterati e storici, nel riflettere su come la narrazione televisiva abbia assunto nuova centralità superando se stessa, uscendo dai propri confini produttivi e di consumo, concedendosi a un circuito vorticoso di appropriazione e riappropriazione, alla dialettica fra passione emotiva e ossessione cognitiva che ne sancisce l’ingaggio con lo spettatore. a cura di Fabio cleto e Francesca pasquali Saggi di F. Cleto, F. Pasquali, C. Penati, A. Sfardini, A. Bellavita, R. Moccagatta, P. Brembilla, A. Mascio, M. Lino, G. Boccia Artieri, F. Marineo, L. Gemini, A. De Biasio, A. Torre, M. Jansen, M.B. Urban tempo di serie Fabio Cleto insegna Storia culturale, Letteratura inglese e Storia del presente all’Università di Bergamo. Si occupa di immaginari della cultura di massa, cultura visiva e forme della narrazione. Fra i suoi volumi, Intrigo internazionale. Pop, chic, spie degli anni Sessanta (ilSaggiatore, Milano 2013) e Fuori scena. Gli anni Zero e l’economia culturale dell’osceno (ECIG, Genova 2014). Ha inoltre curato Camp: Queer Aesthetics and the Performing Subject (University of Michigan Press & Edinburgh University Press, Ann Arbor & Edinburgh 1999) e PopCamp (2 voll., Marcos y Marcos, Milano 2008). tempo di serie La temporalita` nella narrazione seriale Francesca Pasquali è professore ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Università di Bergamo, dove insegna nell’area dei media studies e presiede il corso di studi in Scienze della Comunicazione e la Laurea Magistrale in Comunicazione, Informazione, Editoria. Fra le sue pubblicazioni, I nuovi media fra tecnologia e discorsi sociali (Carocci, Roma 2003); Spettri d’autore (ECIG, Genova 2008); Crossmedia cultures. Giovani e pratiche di consumo digitali (Vita e Pensiero, Milano 2010); Media e generazioni nella società italiana (FrancoAngeli, Milano 2012) e Fenomenologia dei social network (Guerini e Associati, Milano 2017). € 00,00 mediascapes Con un testo di Giorgio Vasta 5 EDIZIONI UNICOPLI TEM PO DI SERI E La temporalità nella narrazione seriale Con un testo di Gior gio Vasta a cura di Fabio Cleto e Francesca Pasquali EDI ZI ONI UNI COPLI I NDI CE S    6WDJLRQH8QR di Fabio Cleto e Fr ancesca Pasquali ,6%1     3DUWHSULPDECONOM I E DEL TEM PO Tecnologie, pratiche, trasformazioni     5LGH¿QLUHLOWHPSR7UDVWRU\WHOOLQJHFRQVXPR di Cecilia Penati e Anna Sfar dini     3HUGHUHWHPSRULDSSURSULDUVLGHOWHPSR di Andr ea Bellavita e Rocco Moccagatta    ©7KLVFXOWXUDOFUHDWLRQRIELQJHZDWFKLQJª I tempi del consumo personalizzato di Paola Br embilla     ,QGROFHDWWHVD$XGLHQFHRQOLQHHTV dr ama di Antonella Mascio    )RUPDWLULGRWWL/DWHPSRUDOLWjQDUUDWLYDGHOOH webserie di Mir ko Lino    Memes of Thr ones. Memi internet, image macro, GI F. Frammenti spr eadable di serialità televisiva di Giovanni Boccia Ar tier i 3ULPDHGL]LRQHVHWWHPEUH &RS\ULJKW‹ by Edizioni Unicopli, YLD$QGUHROL0LODQRWHO KWWSZZZHGL]LRQLXQLFRSOLLW )RWRFRSLHSHUXVRSHUVRQDOHGHOOHWWRUHSRVVRQRHVVHUHHɣHWWXDWH QHLOLPLWLGHOGLFLDVFXQYROXPHGLHWURSDJDPHQWRDOOD6LDH GHOFRPSHQVRSUHYLVWRGDOO¶DUWFRPPDGHOODOHJJHDSULOH QRYYHURGDOO¶DFFRUGRVWLSXODWRIUD6LDH$LH6QVH&QD &RQIDUWLJLDQDWR&DVD&ODDL&RQIFRPPHUFLR&RQIHVHUFHQWLLOGL FHPEUH  I ndice S  3DUWHVHFRQGDFORM E DEL TEM PO Storie, segni, immaginari   8QDIHQRPHQRORJLDGHOWHPSRVHULDOH di Fr anco Mar ineo    =HLWJHLVWVHULDOH/¶LPPDJLQDULRHLVXRLDUFKHWLSL nella serialità televisiva di Laur a Gemini   &RPHXQURPDQ]R'LQDPLFKHGLOHJLWWLPD]LRQH artistica in Mad Men di Anna De Biasio     /¶DUFKLYLVWDHI l papa r e  'DO¿OP     DOOD¿FWLRQ di Andr ea Tor r e   /¶,WDOLD©IUHGGDHOHJDQWHHIHULWDªGHOODVHULH1992. Memoria e nostalgia di un’utopia fallita di Monica Jansen e Mar ia Bonar ia Ur ban   (;75$7,0(   3ULPDRSRL$SSXQWLVXOWHPSRQHOODVHULDOLWj televisiva di Gior gio Vasta    *OLDXWRUL
MEDIASCAPES Gli universi in trasformazione dei media contemporanei Collana diretta da Massimo Scaglioni Comitato scientifico: Jerome Bourdon (University of Tel Aviv); Gianni Canova (IULM Milano); John Ellis (Royal Holloway, University of London); Ruggero Eugeni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano); Andreas Fickers (University of Luxembourg); Aldo Grasso (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano); Enrico Menduni (Università degli Studi di Roma Tre); Peppino Ortoleva (Università degli Studi di Torino); Guglielmo Pescatore (Università degli Studi di Bologna); Giuseppe Richeri (Università della Svizzera Italiana, Lugano); Massimo Scaglioni (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano); Ira Wagman (Carleton University, Ottawa) I volumi della collana sono soggetti a referaggio anonimo. TEMPO DI SERIE La temporalità nella narrazione seriale Con un testo di Giorgio Vasta a cura di Fabio Cleto e Francesca Pasquali EDIZIONI UNICOPLI ISBN: 9788840020143 Prima edizione: settembre 2018 Copyright © 2018 by Edizioni Unicopli, via Andreoli, 20 - 20158 Milano - tel. 02/42299666 http://www.edizioniunicopli.it Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla Siae del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941, n. 633, ovvero dall’accordo stipulato fra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato, Casa, Claai, Confcommercio, Confesercenti il 18 dicembre 2000. INDICE p. 7 Stagione Uno di Fabio Cleto e Francesca Pasquali 15 Parte prima. ECONOMIE DEL TEMPO Tecnologie, pratiche, trasformazioni 17 Ridefinire il tempo. Tra storytelling e consumo di Cecilia Penati e Anna Sfardini 37 Perdere tempo, riappropriarsi del tempo di Andrea Bellavita e Rocco Moccagatta 53 «This cultural creation of binge-watching». I tempi del consumo personalizzato di Paola Brembilla 67 In dolce attesa. Audience online e TV drama di Antonella Mascio 83 Formati ridotti. La temporalità narrativa delle webserie di Mirko Lino 99 Memes of Thrones. Memi internet, image macro, GIF. Frammenti spreadable di serialità televisiva di Giovanni Boccia Artieri 6 p. Indice 117 Parte seconda. FORME DEL TEMPO Storie, segni, immaginari 119 Una fenomenologia del tempo seriale di Franco Marineo 131 Zeitgeist seriale. L’immaginario e i suoi archetipi nella serialità televisiva di Laura Gemini 149 Come un romanzo. Dinamiche di legittimazione artistica in Mad Men di Anna De Biasio 167 L’archivista e Il papa re (1977-2013). Dal film alla fiction di Andrea Torre 185 L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992. Memoria e nostalgia di un’utopia fallita di Monica Jansen e Maria Bonaria Urban 203 EXTRA TIME 205 Prima o poi. Appunti sul tempo nella serialità televisiva di Giorgio Vasta 215 Gli autori L’ITALIA «FREDDA, ELEGANTE E FERITA» DELLA SERIE 1992 Memoria e nostalgia di un’utopia fallita Monica Jansen, Maria Bonaria Urban 1. 1992: storie universali con un effetto di nostalgia La serie 1992 in dieci episodi, ideata da Stefano Accorsi (1971), con la regia di Giuseppe Gagliardi (1977), dimostra che l’ambizione di Sky è quella di differenziarsi dall’attuale produzione di fiction storiche prodotte dalla Rai e Mediaset che verte su periodi problematici del passato italiano a partire dall’Unificazione. Se per le serie della Rai si è parlato di «televisionismo»1 per indicare la riscrittura televisiva della storia in chiave ideologica con il principale obiettivo di raggiungere una memoria «consensuale»2 su una storia recente costruita su «memorie divise»3, e per le serie a soggetto storico prodotte a partire dal 2007 da Mediaset con la casa di produzione Taodue si è coniata la qualifica di dramma sociale per una serialità che ricorre all’azione spettacolare in contrasto con l’approccio storico agiografico-educativo della Rai4, la produzione 1 Si vedano M. Jansen e M.B. Urban, Introduzione, in M. Jansen, M. B. Urban (a cura di), Televisionismo. Narrazioni televisive della storia italiana negli anni della seconda Repubblica, Edizioni Ca’ Foscari, Venezia 2015, pp. 7-18; M. Jansen e M.B. Urban, Televisionismo. La storia narrata dalle fiction televisive, in D. Garofalo, V. Roghi (a cura di), Televisione. Storia, immaginario, memoria, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2015, pp. 125-146. 2 M. Buonanno, La fiction italiana, Laterza, Roma-Bari 2012, p. 176. 3 Cfr. J. Foot, Italy’s Divided Memory, Palgrave Macmillan, Basingstoke 2009. 4 L. Barra, M. Scaglioni, Saints, Cops and Camorristi. Editorial Policies and Production Models of Italian TV Fiction, in «Series», 1, 2015, p. 70. 186 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban Sky rappresenta invece, a partire dal 2008, la «terza via» nel dramma seriale italiano incentrato su una televisione di qualità e un nuovo modello di finzione5, che si allontana «dai toni edificanti per focalizzare l’attenzione su pagine oscure del Paese e su personaggi controversi, in chiaroscuro o decisamente negativi»6. In questa luce la ricostruzione filmica dell’anno 1992 appare dunque emblematica per una narrazione televisiva «postideologica», in cui il presente storico viene rievocato nel suo conflittuale concretizzarsi nelle vite dei singoli personaggi, storici e d’invenzione. La sigla non a caso compone la cifra 1992 con pezzi di vetro che si frantumano. Presentato da Sky come una serie che racconta «senza paure, moralismi, censure» un anno fondamentale per la storia italiana7, la critica nazionale ha accolto la sfida e accanto a un’interpretazione «fattuale» della storia narrata, tipica di un approccio tradizionale al medium televisivo, si è dimostrata aperta a valutare anche le nuove possibilità di rilettura dell’episodio di Mani pulite offerte dalla finzione televisiva8. Proprio per il fatto che il finale del «thriller politico» sia già noto – è uscito nel maggio del 2017 il sequel 1993 ed è in preparazione 1994 –, gli autori hanno creato la suspense con l’aiuto dell’immaginazione e con l’artificio della prefigurazione. Sky promuove la serie associando il titolo 1992 alla scritta che campeggiava sulla copertina del singolo Combat Rock di The Clash, «The future is unwritten», e affermando che non si trat- Ivi, p. 72. M. Scaglioni, Nello specchio frantumato. La serie 1992 fra storia e finzione, in «Storiografia», 19, 2015, p. 183. 7 1992: Sesso, soldi e sangue al tempo di Tangentopoli, in «Sky Atlantic HD», 24 marzo 2015, http://skyatlantic.sky.it/skyatlantic/ news/2015/03/24/1992_la_serie_recensione.html (ultima consultazione 1-10-2017). 8 Claudio Martelli, allora il braccio destro di Craxi nel PSI, scorge, nella «gran centrifuga» che nasce dalla «mescolanza fra il presente dell’epoca ed echi del futuro», «qualcosa di vero mai emerso finora». A. Garibaldi, In TV ho visto le verità del ’92, in «Corriere della Sera», 4 aprile 2015, https://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20150404/281981786099384 (ultima consultazione 1-10-2017). 5 6 L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 187 ta di «una pallida, esangue fotocopia di ciò che è stato. L’arte interpreta la realtà. Non la replica»9. In realtà la ricostruzione degli eventi di quell’anno non nasce soltanto da una ricerca approfondita della verità storica10 ma è anche frutto di uno sguardo sofferto e cinico, mosso dal pessimismo del presente che individua in Tangentopoli la malattia e in Mani pulite la «brutale terapia»11 con cui combatterla, però senza lo sperato successo. Seppur nella stampa estera le immagini di decadenza morbosa che prevalgono nella serie vengono associate all’Italia come fucina di narrazioni reali di corruzione e fallimento politici12 – e l’equipe di 1992 è cosciente che l’Italia sia un «brand» che si vende all’estero come corrotto e «sexy»13 – non mancano anche i richiami a una problematica di dimensioni europee14. Viene fatta propria da Sky la recensione della «Frankfurter Allgemeine» – «Selten hält ein Land sich derart den Spiegel vor» – tradotta sul sito con «Raramente un paese ha il coraggio di guardarsi allo specchio come in questo caso», in cui Ursula Scheer, soffermandosi sulla scena di apertura in cui il poliziotto Luca Pastore (Domenico Diele) inquisisce davanti allo specchio il suo corpo malato di 9 1992: Sesso, soldi e sangue, cit. «La Repubblica» parla di «perfezionismo vintage» per lo scrupolo preso dagli autori nel narrare l’epoca degli anni Novanta «come un film in costume»: A. Finos, «1992», la fiction TV su Mani pulite arriva al festival e conquista l’Europa, in «La Repubblica», 9 febbraio 2015, http:// www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/02/09/news/berlino_ corbjin-106910762/?ref=search (ultima consultazione 1-10-2017). 11 B. Severgnini, Il caso «1992». La nazione smemorata e la serie televisiva che l’aiuta a ricordare, in «Corriere della Sera», 7 aprile 2015, http://www.corriere.it/opinioni/15_aprile_07/nazione-smemorata-serie-televisiva-che-l-aiuta-ricordare-f2c7868e-dcef-11e4-9a2e-ffdad3b6d8a1.shtml (ultima consultazione 1-10-2017). 12 Si veda per esempio C. Ströbele, Aus den Toiletten quillt das Geld, in «Die Zeit», 24 marzo 2015, http://www.zeit.de/kultur/film/2015-03/ 1992-serie-sky-italien (ultima consultazione 1-10-2017). 13 A. Anderson, How Sky’s «1992» Political Series Could Change Italy’s TV Landscape, in «The Hollywood Reporter», 24 marzo 2015, http://www.hollywoodreporter.com/news/how-skys-1992-political-series-783899 (ultima consultazione 1-10-2017) 14 Cfr. C. Shaller, Bella ciao, Die TV-Serie 1992 zeigt Italiens Untergang – und was danach kam, in «Die Zeit», 23 luglio 2015, p. 47. 10 188 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban Aids, conclude che, nonostante il corpo sia giovane e allenato, esso incarna un Paese infetto senza prospettiva di guarigione15. Tale prospettiva di immobilismo storico è alla base, secondo Massimo Scaglioni, dell’«approccio critico» della serie: «1992 intende rappresentare e, in qualche modo, ‘svelare’ una logica storica tutta italiana, per la quale il cambiamento appartiene solamente alla superficie, mentre le dinamiche di potere e gli interessi profondi restano inalterati e intangibili»16. Eppure la visione storica degli autori e del regista non è tanto moralistica quanto motivata dalla ricreazione esperienziale del passato immaginando personaggi che agiscono dentro un determinato contesto storico. A detta del regista, tale apertura di visione nel raccontare un’epoca contraddistingue 1992 dalla nota serie La meglio gioventù: «noi non abbiamo cercato di […] raccontare dal nostro punto di vista quello che abbiamo vissuto. Il nostro lavoro ha cercato invece di dire allo spettatore: ‛Perché dobbiamo sempre cercare di vedere le cose dal nostro punto di vista?’. Perché non possiamo adottare il punto di vista di chi ha vissuto quell’epoca?»17. Tale approccio irrazionale al passato che mira a ripetere un’esperienza storica unica rivivendola, si sposa bene con il proposito dichiarato dagli autori di voler creare sia storie universali che potrebbero ambientarsi nell’oggi sia evocare un effetto di nostalgia per il fatto che la lotta in Italia tra giustizia e politica è rimasta finora irrisolta18. Il termine nostalgia in questo caso andrebbe dunque inteso come la coscienza storica della perdita di un ideale, o come l’ha formulato Beppe Severgnini sul «Corriere della Sera», l’anno 1992 rappresenta «la datazione di un’illusione» e perciò la serie dovrebbe aiutare i giovani a capire «una cosa su tutte: ‛Mani pulite’, con i suoi 15 U. Scheer, Hier wäscht keiner seine Hände in Unschuld, in «Frankfurter Allgemeine», 18 febbraio 2015, http://www.faz.net/aktuell/feuilleton/medien/serien/niemand-ist-unschuldig-die-neue-sky-serie-199213421383.html (ultima consultazione 1-10-2017) 16 Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 182. 17 Redazione, EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, regista di 1992 – La serie, «badtv.it», 15 maggio 2015, http://www.badtv.it/2015/05/ excl-intervista-a-giuseppe-gagliardi-regista-di-1992-la-serie/ (ultima consultazione 1-10-2017). 18 Anderson, How Sky’s «1992», cit. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 189 eccessi, fu un tentativo collettivo di cambiare»19. Il recupero di una memoria storica sta anche al cuore del regista che mira a raggiungere innanzitutto i giovani italiani «attraverso uno stile e una messa in scena contemporanea»20. È giusto dunque attribuire a 1992 una «funzione memoriale» che si ottiene ricorrendo a un «immaginario nostalgico»21. 2. 1992: un «dramma storicamente cosciente» L’enfasi posta dalla critica sulla componente immaginaria e l’importanza assegnata dagli autori della serie alla ricostruzione «dal vivo» di un determinato momento storico con l’intento di sensibilizzare le generazioni future, trovano un riscontro critico in analisi recenti della rappresentazione storica televisiva. Secondo Alison Landsberg il dramma televisivo storicamente cosciente – «historically conscious television drama»22 – non solo aspira a narrare un’epoca ma funziona anche come un esperimento di storia sociale. Facendo uso dell’immaginazione, questi drammi televisivi storicamente coscienti mirano a ricostruire il quadro vissuto di un momento particolare in modo tale da provocare una coscienza storica negli spettatori23. In altre parole, rendono visibili attraverso le vite di persone normali gli effetti delle condizioni storiche in cui queste si trovano ad agire24. Tali prodotti sono frutto di una tendenza culturale che propugna un coinvolgimento esperienziale con il passato che, in quanto mediato da un punto di vista affettivo, attraversa il corpo sul quale si ripercuote la storia rappre19 Severgnini, Il caso «1992», cit. Finos, «1992», la fiction TV cit. La programmazione televisiva è indicativa per la missione educativa del canale digitale Sky – il 14 e il 21 aprile 2015 su Sky history è stato trasmesso il documentario 1992 – Attacco al potere. Sky ha anche approntato dei canali ‘nostalgici’ lowcost, con sitcom, serie televisive e cartoni animati andati in onda nel 1992. 21 Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 180, p. 181. 22 A. Landsberg, Engaging the Past: Mass Culture and the Production of Historical Knowledge, Columbia University Press, New York 2015, p. 70. 23 Ivi, p. 62. 24 Ivi, p. 69. 20 190 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban sentata25. Non si tratta tanto di identificazione con il passato rappresentato ma della coscienza cognitiva di un’inchiesta sul passato che rende conto anche dell’estraneità e la distanza incolmabile dello spettatore rispetto ad esso26. La forma estetica è essenziale in questo «incontro sensuale» (Deleuze)27, perché tali incontri (o scontri) affettivi si concretizzano all’interno di una cornice storica producendo nuove prospettive storiche28. La serialità inoltre permette una struttura narrativa complessa e la sua forma lunga comporta lo svolgimento non teleologico degli eventi, la loro non chiusura e un cambiamento temporale che non necessariamente implica uno sviluppo progressivo. Un risultato di questa opacità dello svolgersi dell’azione è anche la presenza di contraddizioni nella storia e l’assenza di situazioni o personaggi univoci29. Viene attivato, secondo Susannah Radstone, anche un effetto di nostalgia inteso come la diminuizione della fede nel progresso30. La perdita di fiducia nella capacità di cambiamento nella sfera pubblica sarebbe centrale al sentimento di nostalgia nella sua accezione di una tradizione inventata che si sostituisce al senso di continuità con il passato che è andato perso31. In linea con queste riflessioni su un passato inventato, Amy Holdsworth nella sua analisi del nesso tra televisione, memoria e nostalgia si focalizza sull’interazione tra la televisione come medium visivo e l’oggetto materiale del televisore. In questo modo la televisione viene collocata sia all’interno di una rete materiale di memoria sia considerata come un sistema che quotidianamente produce memoria all’interno e in diretta relazione al microcosmo della casa e del nucleo familiare32. Ivi, p. 3. Ivi, p. 10. 27 Ivi, p. 11. 28 Ivi, pp. 15-16. 29 Ivi, p. 70. 30 S. Radstone, The Sexual Politics of Time. Confession, Nostalgia, Memory, Routledge, New York 2007, p. 113. 31 Ibid. 32 A. Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, Palgrave MacMillan, London 2011, p. 3. 25 26 L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 191 Memoria e nostalgia, qualità sintomatiche dell’ansia «postmoderna» di dimenticare e che paradossalmente vengono ascritte al medium televisivo che spesso viene identificato con l’oblio, per Holdsworth raggiungono invece la loro maggiore espressione quando la televisione autocoscientemente riflette su se stessa e sulla sua qualità di costruire memorie sociali e culturali più ampie33. La studiosa usa diverse immagini che possono rivelarsi produttive per esaminare le diverse temporalità messe in atto nella serie 1992. Le rappresentazioni nel dramma televisivo dei «momenti di ritorno» del passato e dell’atto di ricordare e di riflettere da parte dei personaggi, possono prendere la forma di «patterns of haunting», di una ripetizione alienata del passato all’interno di un movimento in avanti e indietro nel tempo della narrazione, descritto da Holdsworth come l’«ebb and flow», la «marea» tipica della serialità televisiva34. Tale ritorno del passato potrebbe riferirsi nel caso di 1992 in particolare, come vedremo, al fantasma della defunta ex fidanzata Bianca che rivisita il protagonista Leonardo Notte e allo spettro immateriale di Pier Paolo Pasolini, evocato con la lettura di un brano di Petrolio registrato per la televisione. Inoltre, la metafora dello «specchio nero», con la quale Holdsworth considera la televisione nelle forme molteplici di riflessione prodotte all’interno e fuori dello spazio domestico nell’interazione con lo spettatore35, potrebbe essere adatta per analizzare la doppia valenza nella serie 1992 della televisione come oggetto e come produttore di una determinata memoria storica. Colpisce inoltre che la rappresentazione della dimensione corale e condivisa nel guardare la televisione, di cui parla anche Landsberg36, nel caso della serie 1992 sia assente, salvo nei momenti storici collettivi e «progettuali» che riguardano la rivoluzione che si sta compiendo attraverso i personaggi su due fronti: quello della lotta contro Tangentopoli e quello dell’incubazione della futura politica mediatica di Berlusconi. Ivi, p. 6. Ivi, p. 3. 35 Ibid. 36 Landsberg, Engaging the Past, cit., p. 87. 33 34 192 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban La nostalgia di un passato perduto si lascia descrivere infine anche come una malattia che si esprime attraverso i sensi corporei. Lo stesso vale per l’approccio affettivo del passato che passa attraverso i corpi che sperimentano l’impatto con la storia e con la sua dimensione traumatica in modo emotivo e fisico. Ciò permette di analizzare la prominenza della malattia, del corpo ferito e della sessualità in 1992 come altrettanti elementi di un nuovo linguaggio televisivo che affronta la storia prima di tutto come «reenactment»37, ovvero come rimessa in scena della realtà storica, seppur con il rischio di perdere quella distanza critica necessaria per creare un dramma televisivo storicamente cosciente. 3. La «marea» del tempo passato, presente e futuro in 1992 Nella serie 1992 la narrazione del tempo storico si dipana dunque intrecciando le vicende dei singoli personaggi (reali e fittizi) con i principali avvenimenti della storia italiana secondo l’approccio esperienziale descritto da Landsberg in Engaging the Past. A uno sguardo più attento infatti lo storytelling si struttura attorno all’intersecazione di diverse dimensioni temporali, per cui, da un lato, il passato (gli eventi del 1992) sembra spiegare la realtà di oggi, ma dall’altro, è l’ottica del presente (quella di un mondo che vive nella dimensione della crisi) che seleziona e ricostruisce il percorso storico procedendo a ritroso. In questo modo, rompendo la presunta linearità dei fatti, le coordinate temporali conflagrano e la distanza fra il passato e il presente si annulla, convergendo nell’esperienza del singolo: il vissuto riaffiora nei ricordi personali, spesso drammatici, di ciascun personaggio, mentre i sogni e bisogni per il futuro costituiscono le pulsioni profonde che lo spingono ad agire. Ciò viene confermato da quanto afferma la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi su «La Stampa» a proposito del personaggio Pietro Bosco (Guido Caprino), reduce dalla 37 Cfr. V. Agnew, History’s Affective Turn: Historical Reenactment and its Work in the Present, in «Rethinking History», 11, 3, 2007, pp. 299-312. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 193 guerra in Iraq che trova un futuro nella nascente Lega Nord: «Ci interessava [...] descrivere persone fuori dalla scena politica che, all’improvviso, si ritrovarono catapultate in prima fila». Così un cittadino comune rivive la «forza dirompente» di Tangentopoli, e così si evita di raccontare la storia d’Italia attraverso una figura carismatica, «inevitabilmente destinata a diventare santino»38. Una prima linea temporale, che costituisce la colonna vertebrale della trama, è rappresentata dalla successione degli eventi più eclatanti del 1992, a partire dall’arresto di Mario Chiesa, colto in flagrante mentre riceve una tangente39. In realtà le prime due puntate si concentrano sull’inchiesta ma negli altri episodi Mani pulite si riduce a fare da sfondo alle vicende dei vari personaggi, tanto da suscitare la critica che la serie avrebbe creato un mondo autoreferenziale esimendo lo spettatore da ogni responsabilità nei confronti dell’accaduto40. All’inizio vediamo la fiducia e l’euforia di Di Pietro all’avvio dell’inchiesta di Mani pulite, che costituisce il primo filone narrativo: sembra che finalmente l’Italia morale possa vincere lo scontro con quella corrotta, aprendo una nuova stagione per il Paese. Seguono le immagini di repertorio degli arresti che si moltiplicano e poi vediamo i magistrati inquirenti guidati da Di Pietro, inquadrati frontalmente, che procedono baldanzosi nei corridoi della procura come eroi di un racconto avventuro38 F. Caprara, L’Italia di Tangentopoli per la prima volta in fiction, in «La Stampa», 10 febbraio 2015, http://www.lastampa.it/2015/02/10/ spettacoli/litalia-di-tangentopoli-per-la-prima-volta-in-fiction-1JpY53icRWosZdURMoNTWJ/pagina.html. (ultima consultazione 1-10-2017). 39 Quest’episodio sarebbe privo di fondamento storico per Antonio Di Pietro. P. Colonnello, Di Pietro: «Questa è fiction, Mani pulite invece è storia», in «La Stampa», 25 marzo 2015, http://www.lastampa. it/2015/03/25/italia/cronache/di-pietro-questa-fiction-mani-puliteinvece-storia-evPxgLGnbcmplGIKPFy7SJ/pagina.html. (ultima consultazione 1-10-2017). 40 «1992, costruendo un mondo chiuso e autoreferenziale, ci esime dal pagare questo dazio, consegnandoci invece l’illibata condizione di chi non ha colpe, di chi non c’era, di chi non poteva sapere, e in ogni caso di chi non aveva accesso al mondo in cui tali crimini si commettevano». M. Tortora, 1992, cosa vostra, in «La letteratura e noi», 24 maggio 2015, http://www.laletteraturaenoi.it/index.php/interpretazione-e-noi/3631992,-cosa-vostra.html. (ultima consultazione 1-10-2017). 194 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban so o epico; le immagini però scorrono in slow motion, per cui generano al contempo una sensazione di innaturalità, come se i personaggi uscissero dalla storia per entrare in una temporalità diversa: sia i loro corpi che si muovono all’unisono sia le loro «gesta» appaiono altrettanto fittizie quanto investite di epicità41. In questo caso è la tecnologia a veicolare un nuovo tipo di inchiesta del reale, colto da Walter Benjamin con la nozione di «distrazione»42. Il successo crescente di Di Pietro viene confermato dalle reazioni della gente comune che lo applaude per strada esortandolo ad andare avanti (terza puntata). Eppure allo stesso tempo il personaggio del pm è fin troppo «umano», infatti è presentato come una persona rozza, non casualmente il suo soprannome nella serie è «la Bestia» per il suo temperamento focoso e i modi bruschi da «contadino». È la combinazione tra memoria e nostalgia tipica dei prodotti televisivi che lo trasforma in un personaggio agente nel presente storico ma al contempo viene investito dalle istanze del futuro. Sostiene Holdsworth che la nostalgia riguarda sempre una perdita, ma il recupero non è l’obiettivo principale e nemmeno il ritorno al passato è sempre gradito43. Il contrasto tra la precisione efficace con cui è evocato il passato glorioso incarnato dal giovane Di Pietro con il suo immancabile gilet bordeaux, e la coscienza del Di Pietro posteriore protagonista di diverse vicende politiche meno chiare44, è un altro effetto ambivalente suscitato da queste immagini vintage. Con il passare del tempo, lo stesso Di Pietro mette in dubbio se l’inchiesta porterà a dei risultati concreti: dopo aver interrogato Ligresti, il magistrato si domanda se tutta la fatica fatta per assicurare alla giustizia i colpevoli avrà un senso e 41 Osserva Martelli a proposito: «L’atteggiamento della serie è interessante, perché da una parte glorifica il pool di Mani pulite, dall’altra insinua dubbi». In TV ho visto, cit. La scena si ripete più volte nella serie sempre accompagnata dall’effetto a rallentatore. 42 Landsberg, Engaging the Past, cit., p. 14. 43 Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 103. 44 Si veda per esempio J. L. Newell, Magistrates Going into Politics. Antonio Di Pietro and Italy of Values, in A. Mammone, E. Giap Parini, G. A. Veltri (eds.), The Routledge Handbook of Contemporary Italy, Routledge, London 2015, pp. 215-224. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 195 le cose potranno veramente cambiare. Eppure l’anno 1992 (e così le indagini del pool narrate dalla prima stagione della serie) si conclude il 15 dicembre con un momento decisivo delle indagini, cioè l’invio dell’avviso di garanzia emesso nei confronti di Bettino Craxi («il cinghialone»), mentre il pool festeggia euforicamente il risultato raggiunto. Per lo spettatore, con il senno di poi, quell’euforia ha un retrogusto amaro; che la situazione sia ambigua anche nella serie lo si capisce dalle immagini conclusive dell’ultima puntata in cui, all’arresto di Craxi, fa da contrappunto una pubblicità collocata dinnanzi al Duomo di Milano in cui compare un neonato con lo slogan «Fozza Itaja»: come dire che è Forza Italia il nuovo che avanza sulle ceneri della Prima Repubblica45. La storicità della narrazione è scandita dagli eventi del 1992 che si susseguono e che vengono rimarcati dalle date riportate in sovrimpressione sullo schermo: ciò rafforza ambiguamente, come vedremo, l’idea di una temporalità storica lineare della serie. Una funzione simile hanno anche i numerosi articoli di giornali e riviste che fanno capolino sullo schermo e soprattutto i telegiornali che mostrandoci i luoghi e i volti dei protagonisti degli avvenimenti storici, li attualizzano, restituendoli alla dimensione del presente all’interno del loro contesto storico «quotidiano». Un caso esemplare è rappresentato dalle immagini ormai iconiche dei funerali di Giovanni Falcone e della sua scorta, in cui la moglie di Vito Schifani, uno degli agenti uccisi, legge una preghiera, rivolgendosi ai mafiosi presenti in chiesa (quarta puntata). Quel preciso momento storico viene vissuto in diretta da vari personaggi grazie alla televisione, in altre parole, la storicità dell’evento si compie per loro dinnanzi al piccolo schermo, ed è proprio questo medium che sollecita la memoria di quei fatti nello spettatore: la telecamera inquadra 45 Nell’intervista con Gagliardi si legge che il manifesto faceva parte di una campagna misteriosa a Roma senza nessi dimostrati con Forza Italia: «Non abbiamo avuto l’autorizzazione ad utilizzare quelli originali perché gli autori sostengono che non c’entrava niente, appunto, con quello che è successo dopo. I nostri bravissimi sceneggiatori hanno avuto la possibilità di attingere dall’immaginario e di metterlo in un contesto narrativo più ampio. Secondo noi… era un bel finale». EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, cit. 196 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban alternativamente i personaggi e lo schermo televisivo, creando un corto circuito fra la «presentificazione» dell’evento per gli spettatori diegetici (i personaggi) e la sua memorializzazione per quelli extradiegetici (gli spettatori della serie). Il secondo filone narrativo che si intreccia con le vicende di Tangentopoli, acquistando col tempo un ruolo predominante nella serie, ruota attorno alla figura di Leonardo Notte, un esperto di marketing incaricato da Marcello Dell’Utri di seguire gli sviluppi della politica italiana al fine di favorire gli interessi dell’impresa. Dal momento che, come Dell’Utri racconta, le sorti dell’azienda berlusconiana dipendono dalle sorti dell’Italia, Notte progetta la nascita di una insolita entità politica con alla guida Silvio Berlusconi, quale uomo nuovo e salvatore della nazione in crisi. Anche se gli eventi attorno a questo personaggio vengono romanzati, la serie stabilisce un legame diretto fra la crisi economica, politica e morale sancita da Tangentopoli e la nascita del progetto politico di Forza Italia46, anzi si potrebbe dire che lo stesso Notte è una prefigurazione dell’età del berlusconismo: lo si evince da un discorso che fa durante una riunione con i dirigenti di Publitalia nel quale, commentando il momento di crisi e il calo delle inserzioni nei palinsesti Mediaset, li invita a guardare con uno sguardo diverso a quel momento storico: Lo so cosa pensate tutti: gli anni Ottanta sono finiti. Bei momenti. Tutto era possibile. Fatturato alle stelle. Ci siamo divertiti. Siamo andati a letto tardi. Oggi c’è la crisi, è vero, e qui a Publitalia la raccolta pubblicitaria è in calo. Ma gli anni Ottanta sono uno stato mentale. Possono tornare e durare per sempre. Dipende solo da voi. La crisi per voi è un’opportunità. Niente più a cena fuori, niente cinema, niente weekend al mare. La gente resterà a casa a guardare la TV. Grande la confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente. 46 Cfr. l’intervista con Gagliardi: «Va dato atto a Berlusconi di aver avuto una visione. Lasciamo stare il giudizio per un attimo… ma aveva una visione. Questo è indubbio e rispondo alla tua domanda. È vero: Berlusconi è stato uno che ha saputo vedere dove stava andando il paese. Poi quello che è successo dopo… è inutile parlarne anche perché se ne è parlato fin troppo». EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, cit. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 197 La nascita del progetto di Forza Italia si contraddistingue per l’assenza totale di ideali, per esprimere l’idea di un movimento politico attorno alla figura di Berlusconi si ricorre piuttosto ai metodi e al vocabolario dell’impresa: la campagna elettorale diventa allora uno spot pubblicitario, i politici sono «detersivi» che vengono lanciati sul mercato e sono equiparabili ai pubblicitari in quanto hanno il compito di fare promesse che poi non manterranno, come ricorda Notte ad un allibito Mario Segni. La serie offre così una chiave di lettura fortemente critica del 1992, in quanto il progetto di rinascita del paese che Mani pulite avrebbe potuto avviare, viene soffocato dall’imperioso avanzare dell’ottimismo vuoto propagandato dall’«esercito» di venditori berlusconiani. Al di là di questo filo temporale che unisce i fatti del 1992 alla crisi del presente, la serie propone una seconda traiettoria temporale, latente ma altrettanto decisiva: quella che lega l’Italia degli anni Settanta alle vicende del 1992. In quest’ottica l’anno dello scandalo di Tangentopoli non solo è l’inizio di una stagione perversa che sfocia nel presente, ma è a sua volta anche il punto di arrivo di una precedente fase storica. Le illusioni hanno lasciato il posto alla delusione e il malessere sorto sulle ceneri del decennio delle «azioni collettive» si protrae nel cinismo e yuppismo degli anni successivi, concordemente alle letture offerte dell’Italia come un paese malato47. Simbolo di questo trapasso è il già discusso personaggio di Leonardo Notte in cui si manifesta quel fenomeno descritto da Holdsworth nei termini di «patterns of haunting»48, in quanto i fantasmi del suo passato continuano ad essere gli agenti delle sue scelte nel presente narrato. Con l’avanzare delle puntate veniamo a sapere che era stato accusato dell’omicidio della sua fidanzata Bianca, morta probabilmente di overdose e «salvato» da Fabrizio, un poliziotto, che riesce a tenerlo fuori dal carcere addossandogli però le colpe di far parte di un gruppo di lotta armata. Dopo essere stato uno dei capi di un movimento della sinistra extraparlamentare con il nome di Buio, 47 Cfr. A. Mammone, G. A. Veltri (eds.), Italy Today: The Sick Man of Europe, Routledge, New York 2010. 48 Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 3. 198 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban ora Leonardo è un uomo senza ideali, senza speranze, il cui unico obiettivo è quello di vendere il nulla. Non a caso afferma che le tre parole chiave della sua vita sono «illusione, delusione, collusione» (quarta puntata): le illusioni nutrite negli anni Settanta, le cocenti delusioni provate e le collusioni (con il potere? Con il male?) che da allora contraddistinguono la sua vita. In questo modo la serie sembrerebbe riproporre una lettura del passato nazionale coerente con lo stereotipo di un paese incapace di rinascere e affermarsi come stato moderno, efficiente, confermandosi invece una nazione raffinata, ma cinica e inesorabilmente «ferita». Tuttavia, mostrando i cambiamenti nel loro attuarsi e dividendo la storia tra trame private e collettive, la serie decostruisce lo stereotipo di un’Italia statica, nel morso del famoso detto del Gattopardo49, avvicinandosi piuttosto ad approcci più articolati alla recente storia italiana come quello adottato nel Routledge Handbook of Contemporary Italy in cui i curatori partono dal presupposto di un’Italia «fluida» in cui molti cambiamenti vengono messi in atto anche se non sempre si materializzano a lungo termine50. Come vedremo, sono in primo luogo i corpi a mediare una simile chiave di lettura storica «organica» oltre che nostalgica. 4. Storia d’Italia, storia di corpi Uno degli aspetti più appariscenti della serie 1992 è la centralità del corpo umano nello storytelling: come si è visto, non a caso la prima puntata si apre proprio con l’ispezione del poliziotto Luca Pastore sul suo corpo51. Lo sguardo scrutatore di Luca si identifica con quello della telecamera, e quindi, di riflesso, con lo spettatore e per traslato coincide con gli italia- 49 Cfr Scaglioni, Nello specchio frantumato, cit., p. 182: «Il 1992, con Tangentopoli e il tracollo di un sistema politico centrato sui partiti tradizionali, è l’ennesima rivoluzione mancata del Paese, il teatro di sempre nuovi trasformismi e gattopardismi, lo scenario dove tutto cambia perché nulla cambi». 50 The Routledge Handbook, cit., p. 3. 51 Scheer, Hier wäscht keiner seine Hände in Unschuld, cit. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 199 ni che, osservando il corpo del personaggio, in realtà osservano se stessi. L’intera serie si preannuncia dunque come un atto autoriflessivo sulla storia italiana, visto però piuttosto da un’ottica strettamente individuale e vissuto in modo esperienziale e affettivo, in linea con quella tendenza di confrontarsi con il passato definita prima come «reenactment». L’esempio più emblematico dell’approccio «iconico» al passato nella serie è costituito dal personaggio di Leonardo Notte, «un figo», come lo definisce una collega, eternamente giovane, bello e atletico, le cui performance sessuali e professionali nascondono però un lato oscuro: non per nulla viene paragonato a un quadro di Fontana per il suo essere «freddo, elegante e ferito» (prima puntata). A tormentarlo è il pensiero ricorrente della morte della donna amata, Bianca, il cui fantasma sconvolge le sue notti e letteralmente si materializza negli oggetti: le fotografie e il sangue della siringa raccolti dalla polizia come prove della morte della ragazza e un disegno di Andrea Pazienza in cui Leonardo compare insieme a lei52. Quell’evento traumatico, legato al vissuto individuale ma che si allaccia in modo ambiguo alle vicende storiche degli anni Settanta, riaffiora nei ricordi di Notte a intermittenza, come il flusso della marea descritto da Holdsworth53, determinandone il suo agire nel presente: la perdita di Bianca per Leonardo ha significato infatti la rinuncia di ogni illusione ma anche l’assunzione di un atteggiamento politico pragmatico privo di ogni ideale. Quando il fantasma della donna amata rientra prepotentemente nella sua vita a causa del ricatto di Rocco Venturi – un poliziotto con un passato da infiltrato nei movimenti e dedito al vizio del gioco, in debito con mezza Milano, che ha le prove della morte della ragazza –, Notte cerca di rigettarlo definitivamente nell’oblio uccidendo Rocco, ma così facendo riconferma anche l’abiura di una visione ottimistica per il futuro. Come per Notte, anche negli altri personaggi della serie si evince un’incongruenza fra azione e corporalità causata pro52 Nell’intervista con Gagliardi si parla di quel «disegno che nella fantasia Andrea Pazienza dedica a Leo e Bianca». EXCL: intervista a Giuseppe Gagliardi, cit. 53 Holdsworth, Television, Memory and Nostalgia, cit., p. 3. 200 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban prio dalla presenza-assenza di un passato non elaborato, il quale si esplicita nella consapevole sfiducia che nutrono verso il futuro54. Con tale ottica cinica la serie propone dunque di leggere la storia in chiave nostalgica come uno scontro tra tempo macrostorico e microstorico che si compie sul corpo dell’individuo in balia di impulsi contrastanti di desiderio e aggressività. Nel caso di Pietro Bosco, lo scarto si esplicita nel dissidio insito nel corpo del militare «in borghese», ex giocatore di rugby abituato all’agonismo vissuto in modo leale, costretto a riproporsi nel corpo manipolato del politico in giacca e cravatta: anche nel suo caso scopriamo che alla radice della sua conflittualità c’è un trauma legato al passato: la guerra in Iraq (con l’esposizione all’uranio) e la morte del fratello in un incidente automobilistico. Un discorso simile si potrebbe fare per Veronica, la spregiudicata velina è anch’essa vittima di un passato non elaborato, segnato da una violenza fisica subita da ragazzina che riemerge in una confessione mediata dall’esperienza recitativa. Questa presenza contemporanea di diverse temporalità fa sì che i personaggi, anche nelle loro caratteristiche più stereotipate, non diventino mai univoci e le loro azioni all’interno del contesto storico del 1992 si caratterizzino come una progettualità condizionata dal senso di una perdita nel passato che ritorna senza portare necessariamente a un miglioramento nel futuro. L’ottica tra cinismo e desiderio di realizzarsi veicolata dalla serie raggiunge il climax nella scena in cui Notte legge un frammento di Petrolio davanti a una telecamera (nona puntata). Dopo aver fatto dei provini ai dirigenti di Publitalia al fine di preparare uno spot elettorale per il lancio del movimento politico incentrato su Berlusconi, tocca a Leonardo in persona mettersi davanti alla telecamera e, come davanti a uno specchio, rivelare la sua identità: Leonardo Notte: [prende in mano il libro Petrolio e inizia a leggere] Ci sono delle persone che non credono in niente fin dalla nascita. Ciò non toglie che tali persone agiscano, facciano qualcosa della loro vita, si occupino di qualcosa, producano qualcosa. Altre persone in- 54 Radstone, The Sexual Politics of Time, cit., p. 113. L’Italia «fredda, elegante e ferita» della serie 1992 201 vece hanno il vizio di credere: i doveri si concretizzano davanti ai loro occhi in ideali da realizzare. Se un bel giorno costoro non credono più – magari piano piano, attraverso una serie successiva, logica o magari anche illogica, di disillusioni – ecco che riscoprono quel ‘nulla’ che per altri è stato sempre, invece, così naturale. La scoperta del ‘nulla’ per essi però è una novità che implica altre cose: implica cioè non solo il proseguire dell’azione, dell’intervento, dell’operosità (intesi ora non più come doveri ma come atti gratuiti) ... ma anche la sensazione esilarante che tutto ciò non sia che un gioco55. Questa scena dal chiaro carattere metanarrativo, in quanto si assiste alla sublimazione del ruolo della televisione come momento autoriflessivo, contiene in nuce la coscienza storica offerta dalla serie 1992 e ci restituisce la distanza che la separa dalle fiction storiche della Rai e di Mediaset finalizzate a creare una memoria condivisibile. In questo caso si tratta piuttosto di conferire allo spettatore sia la consapevolezza della perdita dell’illusione di un cambiamento epocale sia l’operosità e l’inutilità generate dal «nulla» storico. Per quel fenomeno di «ebb and flow» di cui abbiamo parlato in precedenza, le diverse dimensioni temporali conflagrano in una narrazione in cui temporalità e spazialità (i corpi) sono inscindibili creando una contraddizione senza soluzione. La voce di Notte, riattualizzando il «fantasma» pasoliniano, ne diffonde il messaggio critico e ambiguo, gettando al contempo uno sguardo sibillino e «nostalgico» – privo cioè di ogni speranza nel futuro – sulle sorti italiane: la lettura del frammento implica dunque uno sguardo profetico in quanto preannuncia il futuro (l’età berlusconiana) nel presente storico della serie (nell’anno 1992), ma è anche la messa in atto di un futuro che per lo spettatore, tuttavia, si è già compiuto in modo irreparabile e proprio in quanto tale invita a un nuovo tipo di progettualità non più ispirata da ideali ma da ciò che Pasolini, nel frammento che segue a quello letto da Notte, indica con 55 P.P. Pasolini, Petrolio, in Romanzi e racconti, volume secondo, a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Mondadori, Milano 2013, p. 1649. 202 Monica Jansen e Maria Bonaria Urban «pragmatismo», anche se sempre in chiave ambivalente56. È il fantasma di Pasolini, in definitiva, per bocca di Leonardo Notte, a consegnare allo spettatore il messaggio contraddittorio e autocosciente della fiction, facendolo riflettere non solo sul declino di un’Italia corrotta ma anche sulle possibilità di una sua problematica esistenza nel segno dell’impurezza e della contaminazione. 56 Tale chiave di interpretazione viene rafforzata dal frammento che segue in Petrolio ma che non viene riportato nella serie: «È chiaro che non parlo di coloro che scoprono il ‘nulla’ filosofico, cosmico. Si tratterebbe in tal caso di una conversione, molto coerente con le loro precedenti illusioni e fedi, e causerebbe il blocco di tutto; il ritiro dal mondo; l’ascesi. No: io parlo di coloro che un bel giorno, tirando le somme, vengono alla conclusione di aver scoperto il ‘nulla’ sociale. Niente ritiro dal mondo, quindi: anzi, partecipazione più fitta: tanto più fitta quanto più in malafede, necessitata dalla mancanza di alternative, e intesa come parodia. Niente ascesi; ma interesse per le cose sociali nullificate, e rifondate sul pragmatismo, sul valore autonomo delle virtù: cose appunto quanto mai esilaranti» (ivi, pp. 1649-1650).