ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA
OCNUS
Quaderni della Scuola di Specializzazione
in Beni Archeologici
26
2018
ESTRATTO
Direttore Responsabile
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del Deutsches Archäologisches Institut.
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della presente opera e di ogni sua parte, anche parziale, con qualsiasi
mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.
ISSN 1122-6315
ISBN 978-88-7849-138-0
© 2018 Ante Quem S.r.l.
IndIce
Nicolò Marchetti
Editorial
7
Jacopo Monastero
Applicazione della tecnologia 3D per lo studio e la visualizzazione dei contesti archeologici: il caso di Karkemish
9
Riccardo Vanzini
Alle origini di Felsina: l’abitato villanoviano della Fiera
19
Angelo D’Angiolillo
Il quartiere artigianale di Elea in contrada Vasalìa: nuovi dati dalla rilettura dei contesti
41
Massimiliano David, Francesca Romana Stasolla
Il progetto Acheloo. Tecnologie per l’archeologia nel territorio di Civitavecchia
49
Arialdo Patrignani
Appunti sull’iconografia di Traiano tra Medioevo e Rinascimento
65
dossIer: P rogetto MedIa Valle del cedrIno (sardegna)
Angelo Alberti, Francesca Basso, Lorenzo Bonazzi, Marzia Cavriani, Dario Di Michele,
Arianna Gaspari, Alessia Grandi, Smeralda Riggio, Camilla Simonini, Barbara Valdinoci
Progetto Media Valle del Cedrino: studio territoriale dell’altopiano del Gollei (Oliena-Dorgali)
75
recensIonI
Mario Liverani, Paradiso e dintorni. Il paesaggio rurale dell’antico Oriente (Giacomo Benati)
153
Il quartIere artIgIanale dI
rIlettura deI contestI
ElEa In contrada Vasalìa: nuoVI datI dalla
Angelo D’Angiolillo
This contribution gives an overview on productive activities in the town of Elea-Velia (Lucania, Southern
Italy) and its territory. The study presents a summary of our previous knowledge of kilns and other indicators of pottery production within the town. The kiln located in Vasalìa, in the Fiumarella valley, excavated
in 1927, is here presented and re-examined. The data are completed with the results of a new project in the
Eastern quarter of the town, where at least 15 kilns, for which a production of pottery and bricks can be assumed with a high degree of probability, have been detected by geo-magnetic prospection. The new research in
this part of the Fiumarella valley gives a new understanding on the function of the area, which probably had
to do with the processing of clay.
Il problema delle produzioni e delle attività artigianali a Velia finora è rimasto quasi totalmente
trascurato, o trattato in modo specifico soltanto
per alcune classi di materiali come i mattoni velini (Gassner 2006; Vecchio 2009-2012: 63-114;
2015). Ad oggi le indagini archeologiche non sono
mai state mirate a questa specifica problematica.
Negli ultimi anni, invece, grazie alle nuove ricerche e ai nuovi scavi dell’équipe dell’Università di
Vienna, affiancate da analisi archeometriche, sono
emersi nuovi spunti sulla produzione di ceramica
e laterizi. Contestualmente, un progetto avviato
nel 2015 ha fornito indizi per la localizzazione
di fornaci, ma anche per attività legate alla lavorazione e alla produzione del ferro, aprendo un
nuovo capitolo nella storia delle attività artigianali
ad Elea. I nuovi studi e approfondimenti che negli
ultimi anni hanno interessato la zona di Vasalìa
delineano con più precisione il quadro riguardo
alle fornaci conosciute in questo sito1.
Come per tante altre città della Magna Grecia, anche per Elea-Velia è stata ipotizzata una
produzione locale di vasellame e di laterizi, pur
in assenza, ad oggi, di chiare tracce di officine o
1
Per la critica del concetto di “quartiere artigianale”,
Esposito, Sanidas 2012.
di fornaci nelle evidenze archeologiche (Morel
1974: 146-151; 1999: 13-15). Indizi per la produzione di ceramica, quali ad esempio distanziatori o pezzi malcotti, sono però stati trovati in vari
punti dell’area urbana (Gassner, Sauer, Trapichler
2014: 191-194) (fig. 1). L’esemplare più antico è
un distanziatore trovato nel contesto di una casa
tardoarcaica sulla dorsale centrale della città,
il quale però con grande probabilità è da interpretare come dono votivo in un santuario situato
accanto a questa, e precedente al santuario ellenistico di Poseidone Asphaleios e di Hera (Bencivenga
1983: 428-434).
Dalla terrazza più bassa del quartiere occidentale conosciamo le tracce di una fornace, forse
per la produzione di ceramica, individuata da W.
Johannowsky negli anni Ottanta, ma finora non
pubblicata. Come hanno dimostrato le indagini
condotte nel 2001 in questa zona, tale fornace
fu distrutta nel periodo tardoellenistico, quando
l’area venne occupata da edifici abitativi. La fornace deve dunque essere precedente, e verosimilmente da attribuire al IV o III secolo a.C. (Johannowsky 1983: 424-425; Cicala 2012: 440-441).
Dal 2015 la missione austriaca operante a Velia
ha condotto analisi geomagnetiche e geofisiche, riuscendo ad ottenere un quadro di quest’area molto
interessante. Di notevole importanza per la nostra
tematica sono i risultati delle indagini geomagne-
Ocnus 26 (2018): 41-48; ISSN 1122-6315; doi: 10.12876/OCNUS2604; www.ocnus.unibo.it
42
Angelo D’Angiolillo
Fig. 1. Planimetria di Velia (in evidenza i punti in cui sono state individuate possibili officine per la produzione di
ceramica o laterizi): 1. Dorsale sacra di Velia, santuario precedente quello di Poseidone Asphaleios; 2. Criptoportico,
case in mattoni crudi di V sec. a.C. ritrovate al di sotto dell’edifico romano; 3. Quartiere est della città; 4. Fornace
individuata sulla terrazza del quartiere occidentale; 5. Fornace individuata nel vallone del Frittolo, a nord delle
grandi terme romane (da D’Angiolillo, Gassner 2017: fig. 1).
tiche, che hanno evidenziato l’esistenza di almeno
quindici grandi fornaci in tale area e soprattutto
nella parte meridionale, la zona QE 5000 (fig. 2).
Esse, con grande probabilità, sono da interpretare
come fornaci per ceramica e laterizi, anche se tale
interpretazione potrà essere confermata soltanto
dalle indagini di scavo. La zona più periferica del
quartiere est, dunque, fungeva da area per le attività artigianali. Il dato non sorprende se si pensa
al buon collegamento di questa con l’entroterra
della valle della Fiumarella, dove sono presenti in
abbondanza non soltanto l’argilla, come materia
prima per la produzione di ceramica e laterizi, ma
anche legno ed acqua (Sauer 2015).
Proprio lungo la fascia est di questo terrazzamento si trova, impiantata a ridosso del medesimo, a circa 15 m a nord dello scavo effettuato in
proprietà Segreto, una fornace (particella 8 Foglio
N. 10) di cui non si hanno dati e planimetrie che
potrebbero agevolarne lo studio e la classificazione (fig. 3). Purtroppo lo stato di abbandono in cui
versa questa evidenza archeologica e la rigogliosa
vegetazione, che la ricopre da decenni, non permettono nessun tipo di descrizione più dettagliata
o confronti con quella ritrovata dal professore P.
Mingazzini durante i suoi scavi del 1927 nella valle della Fiumarella, in località Vasalìa.
Attualmente gli unici elementi che si intravedono sono gli archetti per sorreggere la graticola
della fornace: quest’ultima sembra avere il prefurnio orientato verso sud e la camera di cottura impiantata sulla quota del terrazzamento. Da questa
fornace giungono, con molta probabilità, i grandi
frammenti di concotto trovati durante lo scavo di
Il quartiere artigianale di Elea in contrada Vasalìa: nuovi dati dalla rilettura dei contesti
43
emergenza e che dovevano far parte della struttura. Bisogna annotare,
inoltre, la presenza di materiale mal
cotto (fig. 4). È quasi impossibile fornire ulteriori notizie allo stato attuale,
dunque si possono avanzare soltanto
delle ipotesi in attesa di studi più approfonditi.
La fornace presente in contrada
Vasalìa, invece, fu scoperta nel 1927
dal professore Paolino Mingazzini,
che completò i lavori di scavo nel 1950
(Mingazzini 1986). Ad oggi resta l’unica fornace scavata, di tale tipologia,
presente a Velia e risulta pertanto utilissima a contestualizzare alcuni dati.
Il luogo dove la fornace fu costruita,
probabilmente nel III sec. a.C., non
è casuale. Secondo il Mingazzini era
destinata principalmente alla cottura
dei mattoni velini. La fornace è del
tipo verticale, rotonda; è una costruzione orientata in modo da sfruttare
al meglio le correnti del vento, come
lo erano tutte le fornaci, in genere, di
questo tipo (Cuomo Di Caprio 2007:
522-525).
La struttura (fig. 5) è composta
da una parte inferiore, dove avviene
il processo di combustione, e da una
parte superiore, dove sono impilati i
manufatti da cuocere. Le due parti appaiono divise tra loro da un divisorio
orizzontale munito di fori che forma- Fig. 2. Restituzione delle indagini geomagnetiche effettuate nel 2015:
no una graticola (A). La parte inferiore in grigio sono indicate le fornaci mentre con triangoli neri le scorie
della fornace comprende la bocca di (adattato da D’Angiolillo, Gassner 2017: fig. 3).
accesso, il prefurnio (B), e la camera
di combustione (C). Il combustibile
veniva acceso nel prefurnio per l’iniziale riscaldamento del forno, mentre
il vano dove il processo termico si sviluppava appieno era nella camera di
combustione. Da quest’ultima il calore si propagava verso la soprastante
camera di cottura attraverso il piano
forato. Lo stesso, dovendo reggere il
peso dei manufatti crudi, era sorretto
da archetti (figg. 6-7).
La parte superiore della struttura Fig. 3. Localizzazione della fornace in proprietà Segreto (latitudine
era costituita da una camera di cottu- 40° 9’20.48”N; longitudine 15° 9’52.36”E).
ra a forma di cupola; questa, a processcavare perché assai degradato; egli inoltre escluse
so ultimato, veniva ogni volta distrutta e ricostrula possibilità di un secondo corridoio di accesso
ita. La zona posteriore della fornace era costituita
al forno e propose che tale lato avesse lo scopo di
da un semplice accesso, come risulta dall’archetto
accelerare lo spegnimento del fuoco, il raffreddaancora visibile che il Mingazzini non ultimò di
44
Angelo D’Angiolillo
A
C
B
Fig. 4. Materiale mal cotto proveniente dallo scavo di
emergenza in proprietà Segreto.
mento del forno e la pulizia dei residui di combustione. Nel suo diario il Mingazzini annotò che
quasi nulli furono i ritrovamenti di oggetti mobili,
fatta eccezione per alcuni mattoni rinvenuti all’interno della fornace, trasportati in seguito al museo
di Paestum e che, con ogni probabilità, dovevano
far parte degli elementi caduti o demoliti della fornace stessa. La graticola era relativamente assai
ben conservata all’epoca dello scavo, molto meno
attualmente; il suo spessore, cioè l’altezza degli
spiragli, è di circa 20 cm, il diametro medio dei
fori è di 10 cm, questi ultimi disposti in file abbastanza regolari. La graticola è di forma approssimativamente circolare, misura 4,30 m sulla linea
longitudinale e 3,60 m sulla linea trasversale.
Fino ad oggi si riteneva, attraverso le notizie
di scavo del Mingazzini, che la fornace fosse preposta alla cottura dei mattoni velini. Nuovi studi, in fase di approfondimento2, hanno mostrato
difficoltà nell’accettare con sicurezza tale ipotesi;
infatti il solo processo di cottura e di recupero del
materiale risulterebbe alquanto lungo e dispendioso per una produzione così massiccia di laterizi
riscontrata a Elea, soprattutto se si considera il numero di mattoni velini utilizzati anche nell’elevato
della cinta muraria durante il periodo di massima
produzione (Krinzinger 1999). La fornace inoltre
sembra avere più fasi, attualmente in corso di studio con nuove analisi. Proprio le nuove ricerche
hanno mostrato la differenza di materiali utilizzati nella prima parte del prefurnio. Se le spal-
Fig. 5. Rilievo della fornace eseguito da Pfister durante
la campagna di scavo del Mingazzini (da Mingazzini
1986, tav. LX, fig. 117).
lette del corridoio principale sono costruite con
tegole sovrapposte, diversa appare la prima parte
del prefurnio, eseguita con mattoni velini (fig. 8).
Questi mattoni sono da intendere come probabile
rifacimento o integrazione del medesimo; anche
la direzione di quest’ultimo sembra essere obliqua
rispetto al prefurnio principale (fig. 9). A mio parere questo dimostrerebbe ulteriormente che la fornace non produceva mattoni, che non dovrebbero
trovarsi inseriti solo nella struttura, ma anche nei
pressi della stessa, pronti per essere trasportati e
utilizzati.
L’attività svolta in località Vasalìa ha permesso contestualmente di svolgere un’indagine e una
documentazione più approfondite delle evidenze archeologiche individuate dal Mingazzini in
questa zona3. Sono stati ritrovati, infatti, i resti
degli edifici già descritti dal professore, di cui si
era persa ogni traccia. Ad oggi, tuttavia, non è
stato possibile indagare approfonditamente tutto
il contesto collocato sul poggetto: nuovi studi e
documentazioni sono in corso. Bisogna sottolineare che la costruzione della strada odierna, non
esistente all’epoca dello scavo, ha distrutto quasi
completamente questi edifici, o quantomeno la
parte frontale, descritti dal professore come «grandi ambienti rettangolari» (Mingazzini 1986: 206).
3
2
La fornace non fu scavata completamente dal Mingazzini, pertanto non è semplice definire alcuni aspetti della
stessa. I pochi dati e reperti prelevati non consentono uno
studio esaustivo. La fornace inoltre presenta un processo
di cottura e di prelievo dei manufatti molto lungo e dispendioso: questo tende sempre di più a far pensare alla
presenza di altre fornaci, di diversa tipologia, utilizzate
per la cottura dei mattoni velini. Le ricerche attuali mirano ad avere un quadro completo di tale struttura.
L’attività di ricerca iniziata nel 2014 e ripresa nel 2017
in tale area ha permesso una documentazione più approfondita. I lavori sono stati eseguiti con l’autorizzazione
della Soprintendenza di Salerno e Avellino sotto la supervisione della direttrice dell’area archeologica di Velia,
dott.ssa Maria Tommasa Granese, e con il patrocinio
del comune di Ascea, Assessorato al Turismo. L’attività
intrapresa è stata una campagna di documentazione e
riqualificazione dell’intera area al fine anche di una sua
valorizzazione nell’ambito del “Velia ClayProject” (www.
veliaclayproject.it).
Il quartiere artigianale di Elea in contrada Vasalìa: nuovi dati dalla rilettura dei contesti
45
Fig. 8. Prefurnio della fornace del Mingazzini in cui
si riscontra la diversa tipologia di materiale utilizzato.
Fig. 6. Corridoio del prefurnio della fornace in località
Vasalìa scavata da Paolino Mingazzini.
Fig. 9. Mattoni velini presenti nella prima parte del
prefurnio della fornace del Mingazzini.
Fig. 7. Archetti che sorreggono la graticola della fornace
del Mingazzini, oggi non più visibile.
Gli scavi del 1927 e del 1950 condotti dal Mingazzini misero in luce un complesso destinato alla
lavorazione artigianale della ceramica, in cui secondo lo scopritore era presente anche una vasca
per la decantazione dell’argilla4. La pulizia approfondita ha rimesso in luce due filari di blocchi in
arenaria, posizionati parallelamente, facenti parte
di una stessa struttura. Purtroppo in assenza di indagini di scavo non è stato possibile ricostruirne
l’intero perimetro. Da una prima analisi sembra
che queste evidenze siano parte di quello che il
Mingazzini definì «piccolo ambiente rettangolare». Si tratta di un piccolo ambiente di cui il filare
più vicino all’attuale strada, lungo 5 m, con dire-
zione est-ovest, è realizzato con regolari blocchi
di arenaria intervallati da pietre di dimensione
medio-piccola di flysch; da sottolineare, inoltre, la
presenza di mattoni velini in posizione di crollo
lungo il bordo interno del medesimo. Il secondo
filare, conservatosi in pessimo stato, è costituito
da tre grandi blocchi di arenaria sbozzati; verso
nord non rimane traccia dello stesso, mentre continua in direzione sud con frammenti di mattoni
(fig. 10). All’interno dell’ambiente si riscontrano,
nell’angolo sud-ovest, frammenti di mattoni velini
misti a scaglie di tegole, da individuare come probabile crollo o riempimento.
Sullo stesso poggetto il Mingazzini individuò
quella che definì una «vasca che serviva per decantare ed impastare l’argilla». L’identificazione in
loco di tale vasca è risultata da subito problematica5. Nel caso specifico la “vasca” in contrada Vasalìa presenta forma circolare, con un diametro di
5
4
Purtroppo il Mingazzini non effettuò né rilievi, né foto
delle evidenze archeologiche, ma soltanto una loro parziale descrizione: non si può dunque indicare con precisione quanto fossero grandi e dove fossero posizionate.
Questa lacuna è stata colmata grazie alle nuove ricerche
intraprese.
I lavori effettuati per l’allargamento della strada di via
della Bruca negli anni ’70-’80 e la messa in opera dei pali
per il passaggio della corrente effettuati dalla SIRTI hanno alterato lo stato dei luoghi e danneggiato le strutture
qui presenti. In una nota scritta dalla dott.ssa Rosanna
Mafettone all’epoca dei lavori si chiedeva di spostare un
palo, già messo in opera, poiché troppo vicino al muro in
blocchi di arenaria presente in contrada Vasalìa.
46
Angelo D’Angiolillo
3 m; il punto centrale si trova ad una
profondità di 1,75 m. Le pareti sono in
argilla e il perimetro superiore sembra
definito con pietre di varie dimensioni
sul lato nord-est (fig. 11). Rifacendosi
alla descrizione del Mingazzini, la vasca si trova nell’angolo sud-est di uno
dei due grandi ambienti. Le nuove ricerche hanno mostrato che lo sbancamento del dosso, avvenuto intorno agli
anno ‘70 per ampliare l’attuale via della Bruca, ha comportato non solo la distruzione della parte inferiore della cd.
vasca ma anche che questa “fossa” è
Fig. 10. Struttura rettangolare, vista dall’alto, collocata sul poggetto di stata prodotta proprio a seguito di tali
fronte alla fornace del Mingazzini in località Vasalìa.
lavori; dunque non sarebbe pertinente al contesto antico. All’interno della
medesima le pietre di flysh costituiscono il crollo e l’accumulo di materiale
proveniente da quello che il Mingazzini definì «pavimento dell’ambiente a grossi ciottoli», collocato
sul lato destro della medesima. Attraverso i nuovi
lavori si è notato che la cd. vasca si colloca, ad oggi,
tra due muri: quello appartenente a uno dei due
grandi ambienti ed un altro non descritto dal Mingazzini, formato da piccole pietre di flysh (fig. 12).
Pur combaciando con la descrizione fornita
dal Mingazzini, questa evidenza, per le pietre in
crollo al suo interno e per la sua conformazione,
non sembra avere le caratteristiche di una vera e
propria vasca di decantazione. Non sono inoltre
state ritrovate le canalette di adduzione e abduzione descritte.
A destra della pavimentazione, sicuramente
appartenente ad un ambiente affine all’attività
della fornace, sono stati ritrovati due filari di tegoFig. 11. Località Vasalìa, la cd. vasca di decantazione
le, paralleli e con direzione nord-sud, non annocon materiale in crollo visibile all’interno.
tati nella descrizione del Mingazzini6. I due filari
seguono il dislivello del dosso sia nel lato sud, sia
nel lato nord. Sul lato sud è presente una ulteriore
linea orizzontale di tegole che interseca i due filari. Una pulizia più approfondita sul versate prospiciente la strada ha permesso di delineare in modo
preciso il “canale” che i due filari formano, mostrando inoltre che qui le tegole sono sovrapposte.
L’evidenza sopra citata potrebbe essere una
nuova fornace, indicata con il numero 2, poiché i
6
Fig. 12. Muro accanto alla cd. vasca non individuato
dal Mingazzini.
Il Mingazzini descrive due canalette prospicienti la cd.
vasca, ma è impossibile identificare queste con i due filari
di tegole ritrovati a destra del pavimento a grossi ciottoli.
Egli descrive una canaletta di adduzione ed una di abduzione, dunque ingresso e uscita dalla vasca, mentre i
due filari di tegole sono distanti e non convergono verso
questa.
Il quartiere artigianale di Elea in contrada Vasalìa: nuovi dati dalla rilettura dei contesti
Fig. 13. Probabile prefurnio relativo alla fornace 2 in
località Vasalìa.
Fig. 14. Disposizione delle 3 fornaci in località Vasalìa.
filari di tegole tracciano un prefurnio molto simile
a quello della fornace già scavata dal Mingazzini
(fig. 13); le tegole sovrapposte avrebbero la medesima sistemazione nelle due fornaci e la larghezza
del corridoio principale è identica. Entrambe le
fornaci, inoltre, avrebbero il prefurnio posizionato
47
nella stessa direzione: questo induce a pensare ad
un’unica via di passaggio esistente tra le medesime, utile per il carico e lo scarico dei materiali e
per il loro approvvigionamento. Bisogna annotare, infine, la presenza di una situazione identica
a circa 20 m a nord dall’evidenza sopra descritta,
che potrebbe indicare la fornace numero 3. Anche
in questo caso nella sezione del poggetto si riscontra la presenza di tegole, disposte nel medesimo
modo, ma conservatesi in pessimo stato a causa
del taglio dovuto all’ampliamento della strada. Se
le prime indagini qui descritte fossero confermate,
si avrebbe una presenza di tre fornaci in questa
area con relativi ambienti di lavorazione ed essicazione del materiale (fig. 14).
I due poggetti pertanto sarebbero stati sfruttati
per impiantare delle officine dedite alla lavorazione dell’argilla. La vicinanza del fiume, i canali di
acqua che discendono dalle colline di Baronia e
la presenza di alberi creano in questa zona una
situazione ottimale per tutto ciò. Tutta la zona in
contrada Vasalìa è ascrivibile ad un’area di produzione e di lavorazione dell’argilla confrontabile
con quartieri simili individuati in altre città della
Magna Grecia, che negli ultimi anni sono stati indagati sistematicamente (Bentz 2012).
Bisogna sottolineare, inoltre, che l’evidenza definita dal Mingazzini “vasca di decantazione”, attraverso una nuova rilettura del contesto e grazie ai nuovi dati, non sembra
essere un’evidenza antica bensì uno
scasso provocato durante i lavori di
ampliamento dell’odierna strada; questi ultimi hanno stravolto, come sottolineato più volte, buona parte dei contesti archeologici limitrofi. I dati del
Mingazzini e quelli raccolti attraverso
le recenti ricerche non sono completamente esaustivi per comprendere nel
migliore dei modi la fornace in contrada Vasalìa. I pochi elementi datanti
e l’incompletezza dello scavo permettono di inserire la fornace nel periodo
ellenistico, ma la stessa sembra presentare più fasi, come notato attraverso i
nuovi studi relativi al prefurnio, dove
il muretto di mattoni velini appartiene ad un rifacimento o integrazione di
tale struttura.
Tuttavia le altre evidenze situate a poca distanza da tale area, come la cd. “casa del Mingazzini”,
analizzata in un recente lavoro e ascrivibile alla sfera del sacro (D’Angiolillo 2018), hanno mostrato
un ottimo collegamento con questo contesto artigianale. Le strutture sarebbero dunque adiacenti
48
Angelo D’Angiolillo
ad un’area artigianale che potrebbe produrre anche ex voto per le medesime.
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