Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                

L'ecomarxismo di James O'Connor

Nel contesto delle crisi climatiche ed ecologiche in atto gli attori dotati di maggiore potenziale trasformativo sono i nuovi movimenti sociali. Mentre in passato è stato il movimento operaio e il sindacato a frenare lo sfruttamento del lavoro, ora il depauperamento delle risorse naturali trova davanti a sé vari movimenti ambientalisti, i quali possono costituire anch’essi una “barriera sociale” per lo sviluppo capitalistico. Si genera nel tempo una lotta articolata in due fasi distinte tra il capitale e i nuovi movimenti sociali. La prima fase è costituita dalla lotta per proteggere le condizioni di produzione dallo sfruttamento capitalistico. La seconda fase è costituita dalla lotta contro «i programmi e le politiche del capitale e dello stato, per ristrutturare le condizioni della produzione».

L’ecomarxismo di James O’Connor Biografia di James O’Connor James O’Connor, nato a Newton nel Massachusetts il 20 aprile del 1930, è stato un accademico e uno studioso post-marxiano, noto per la sua analisi della crisi fiscale dello stato, la quale ha preceduto l’originale proposta “ecomarxista”. Il suo impegno militante si è manifestato nella difesa dei diritti civili delle minoranze etniche, delle donne e a favore della tutela ambientale. Il suo decesso è avvenuto recentemente, il 12 novembre 2017. Nel 1951 O’Connor è entrato alla Columbia University di New York, conseguendo, nel 1955, la laurea in economia e, nel 1964, il dottorato in economia. Da questo momento in poi ha inizio la sua carriera accademica: dal ’64 al ’66 come professore incaricato alla Washington University; dal 1967 al 1976 come professore associato di economia alla San José State University. Dal 1977 in avanti prosegue l’attività di insegnamento alla University of California di Santa Cruz, in qualità di professore ordinario di sociologia, economia e problemi ambientali. Inoltre, dal 1973 al 1978 ha fatto parte del Comitato Scientifico dell’Istituto Max Planck della Germania Federale, nella sezione di scienze sociali di Starnberg, diretta, all’epoca, da Jürgen Habermas. Durante il soggiorno in Germania, O’Connor è entrato in contatto con la sociologia politica di Claus Offe, la quale l’ha particolarmente influenzato riguardo al problema della legittimazione dei movimenti sociali e del loro ruolo all’interno delle dinamiche conflittuali del capitalismo. La sua attività editoriale è stata particolarmente feconda. O’Connor è stato fondatore della rivista “Kapitalistate” (1973-1983), co-fondatore della rivista “Socialist Revolution” e, insieme ad altri studiosi della San Francisco Bay Area, della rivista “Capitalism, Nature, Socialism: A Journal of Socialist Ecology” (1988), diventandone editor-in-chief fino al 2003. In ogni caso, esiste un filo conduttore che unisce l’autore della Crisi fiscale dello stato, pubblicato in Italia nel 1977 dalla casa editrice Einaudi, all’autore di Natural Causes. Essays in Ecological Marxism del 1998 Alfredo Agustoni, Dalla “crisi fiscale dello stato” alla “seconda contraddizione del capitale”: il percorso intellettuale di James O’Connor, “Effimera.org”, 30 dicembre 2017, http://effimera.org/dalla-crisi-fiscale-dello-alla-seconda-contraddizione-del-capitale-percorso-intellettuale-james-oconnor-alfredo-agustoni/ (ultima consultazione: 18/06/2019).. Tale legame è infatti rappresentato dall’analisi dei rapporti che intercorrono tra capitalismo, stato e movimenti sociali (dai movimenti di protesta degli anni Sessanta ai movimenti ecologici degli anni Ottanta e Novanta). L’esperienza editoriale di CNS in Italia La versione italiana della rivista, diretta da Valentino Parlato e Giovanna Ricoveri, studiosi entrambi legati a “il manifesto”, nacque nel 1991 nel contesto di un network internazionale di riviste di ecologia politica. Tale rete comprendeva la Spagna, con “Ecologìa Politica” diretta da Juan Martinez Alier, e la Francia, con “Écologie et Politique” diretta da Jean Paul Deléage Giovanna Ricoveri, Il marxista atipico della rivoluzione ambientalista, in: “CNS Ecologia Politica”, anno 28, numero 01-02, gennaio-febbraio 2018, p. 1.. La rivista italiana di ecologia socialista ebbe successo agli inizi e verteva su tre grandi macro-temi. Il primo è che la crisi ecologica è una tra le cause delle crisi economico-sociali; il secondo è che le due crisi sono interconnesse fra loro; il terzo è che i movimenti sociali e gli attivisti nel loro complesso (ambientalisti, femministi, lavoratori) rappresentano degli attori importanti al fine di superare la crisi della democrazia rappresentativa. La rivista venne pubblicata su carta per tre anni, in seguito con il nuovo nome “CNS Ecologia Politica” (anno 4-7, 1994-1997, numeri 10-21), presso la casa editrice Datanews Giorgio Nebbia, Semi di ecologia politica, “Comune-info”, 17 luglio 2013, https://comune-info.net/ecologiapolitica/ (ultima consultazione: 18/06/2019).. Con lo stesso titolo, la rivista è stata pubblicata su Internet e su fascicoli mensili inseriti nel quotidiano Liberazione. Alla fine del 2011 il sito www.ecologiapolitica.it è improvvisamente scomparso perché il dominio è stato assegnato ad altri utenti: solo di recente tutto il materiale d’archivio esistente è stato reso di nuovo disponibile sul sito www.ecologiapolitica.org/wordpress (il cui sottotitolo è “Ricerche per l’alternativa”). Definizione di ecomarxismo L’espressione “ecomarxismo” o “marxismo ecologico” è stata usata per la prima volta, nel 1987, da Ben Agger in Western Marxism. An Introduction: Classical and Contemporary Sources. In questo testo veniva criticata la crescente espansione del consumo capitalistico in quanto portatrice del degrado ambientale James O’Connor, L’ecomarxismo. Introduzione a una teoria, Datanews, Roma, 1989, p. 49, nota 11.. Invece, nell’accezione di O’Connor, tale espressione indica l’utilizzo, in maniera rivisitata, delle categorie marxiste al fine di spiegare le attuali problematiche ecologiche del sistema capitalistico, coniugando così gli strumenti teorici del marxismo alle tematiche ecologiche. A differenza di altri pensatori americani (come per esempio John Bellamy Foster), O’Connor ritiene che, «sebbene Marx abbia rivolto in certi momenti la sua attenzione alla distruzione della natura da parte del capitalismo, il filosofo tedesco considerava la questione separata da quella del capitalismo, ed in ogni caso non ne era interessato» Paolo Missiroli, Il rapporto tra crisi capitalistica e natura nell'eco-marxismo statunitense (O’Connor, Foster, Moore) https://www.academia.edu/37583956/Il_rapporto_tra_crisi_capitalistica_e_natura_nelleco-marxismo_statunitense_O_Connor_Foster_Moore_ (ultima consultazione: 18/06/2019), p. 2.. Il termine “ecomarxismo” è riapparso l’anno seguente nel saggio Capitalism, Nature, Socialism: A Theoretical Introduction (tradotto in italiano col titolo L’ecomarxismo. Introduzione a una teoria). Il testo si propone un duplice scopo: dimostrare alle correnti marxiste che la tutela dell’ambiente è coerente con il pensiero di Marx e, agli ambientalisti, che una politica ambientale efficace deve ripensare criticamente la struttura economica capitalistica. Il punto di partenza è che il materialismo storico, dottrina secondo la quale il fattore storicamente determinante è la struttura economica di una società e le vere forze motrici della storia sono di natura socioeconomica (non spirituale), deve essere integrato con l’ecologia. Questo perché il rapporto dell’uomo con la natura è filtrato dai rapporti sociali e dalla lotta di classe: il lavoro è l’elemento chiave che media fra la storia umana e la storia naturale. La natura, però, non può essere ridotta al rango di semplice variabile dipendente dell’accumulazione capitalistica, poiché essa stessa si modifica autonomamente e influenza a sua volta i rapporti materiali delle società umane. Nell’analisi proposta da O’Connor risulta centrale la categoria delle condizioni di produzione, passata in secondo piano nelle teorie marxiste a lui contemporanee. Tale categoria è determinante per l’esistenza stessa del capitalismo ed è mutuata, oltre che da Marx (Il Capitale, Libro primo), dall’opera del 1944 di Karl Polanyi intitolata La grande trasformazione. Essa comprende tre differenti gruppi Tiziano Bagarolo, Marxismo e questione ecologica, Punto rosso, Milano, 1993, p. 63. Lo studioso Carlo Carboni utilizza, per definire la medesima categoria, l’espressione “condizioni di riproduzione sociale”.: le “condizioni personali”, cioè la forza lavoro umana (il benessere fisico e mentale dei lavoratori); le “condizioni fisiche esterne”, cioè l’integrità degli ecosistemi, l’adeguatezza dei livelli atmosferici di ozono, la qualità del suolo, dell'aria e dell'acqua, etc.; le “condizioni generali, comunitarie”, cioè lo spazio urbano e le altre forme di spazio (nella definizione data dallo studioso David Harvey), le comunicazioni, le infrastrutture, il capitale sociale, etc. A tale tripartizione bisogna aggiungere un’importante precisazione. Le condizioni di produzione «si riferiscono a tutto ciò quel che è trattato come merce nonostante non sia stato prodotto come merce in base alla legge del valore, o legge dei mercati» James O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo: cause e conseguenze, in: “CNS”, anno II, fascicolo 3, n. 6, dicembre 1992, p. 10. e includono quindi «la materialità e la socialità mercificate o capitalizzate» James O’Connor, L’ecomarxismo cit., p. 16.. Nel corso del saggio, l’autore americano le considera prima in termini oggettivi, salvo poi, nell’ultimo paragrafo, riconsiderare le stesse condizioni come soggettive. Marx aveva distinto due elementi essenziali nello schema teorico dei modi di produzione, ovvero le combinazioni storicamente determinate tra forze produttive e rapporti di produzione. Le forze produttive sono tutte le componenti indispensabili che operano attivamente nel processo produttivo (la forza lavoro umana, i mezzi di produzione, le conoscenze tecniche e scientifiche). I rapporti di produzione sono le relazioni che si instaurano fra le diverse classi nel corso del processo produttivo e che regolano il possesso e l’impiego dei mezzi di lavoro, insieme all’appropriazione dei prodotti del lavoro sociale. Esiste una dialettica continua fra questi due elementi, secondo la dottrina del materialismo storico, che potrebbe portare in futuro al controllo delle forze produttive da parte della classe lavoratrice liberamente associata. Siccome l’attuale crisi capitalistica è anche una crisi ecologica, a causa del produttivismo e dello sviluppo fine a se stesso, è più semplice, per O’Connor, spiegare i problemi ambientali come la conseguenza di una contraddizione nello sviluppo capitalistico fra le forze produttive, i rapporti di produzione esistenti e le condizioni della produzione. La “capitalizzazione delle condizioni della produzione” Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 64., riguardante soprattutto la natura e l’ambiente antropizzato, è garantita non tanto dai rapporti di produzione e riproduzione del capitale, quanto piuttosto dall’azione mediatrice e regolatrice dello stato (i rapporti politici in senso stretto). Alle tre tipologie di condizioni corrispondono, pertanto, altrettante tipologie di politiche pubbliche: «1) lavoro, famiglia, istruzione e politiche di welfare; 2) trasporti urbani, comunicazioni, uso del territorio e politica urbanistica; 3) acqua, aria, terra, coste e parchi» James O’Connor, La seconda contraddizione del capitalismo: cause e conseguenze, in: “CNS”, anno II, fascicolo 3, n. 6, dicembre 1992, p. 10.. Prima e seconda contraddizione del capitalismo La prima contraddizione del capitalismo, espressa nella teoria marxista tradizionale, è definita come una “crisi da realizzazione”, o di sovrapproduzione di capitale. Le due modalità attraverso cui il capitale si ristruttura sono i cambiamenti nelle forze produttive e una maggiore socializzazione dei rapporti di produzione. In questo modo si vuole realizzare un aumento dal lato della domanda di merci e ricavare maggiori profitti. Tutto ciò richiede nel tempo forme più dirette di cooperazione nei rapporti di lavoro, una maggiore flessibilità e pianificazione della produzione. La contraddizione tra produzione e circolazione del capitale è, quindi, “interna al sistema” Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 66.: quest’ultimo viene definito da O’Connor come “dominato-da-crisi” James O’Connor, L’ecomarxismo cit., p. 21. e “dipendente-dalla-crisi” Ivi, p. 23.. Ciò deriva dal fatto che la produzione capitalistica è finalizzata alla produzione di plusvalore, consistente nello sfruttamento del lavoro vivo. Nella teoria ecomarxista, invece, la crisi economica prende la forma di “crisi di liquidità” Ivi, p. 17., o di sottoproduzione di capitale. Essa genera un aumento dei costi di riproduzione del capitale, ma non esclude l’esistenza simultanea della prima contraddizione. La seconda contraddizione è “esterna al sistema” Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 66., poiché si colloca nella sottile linea di confine situata tra l’ambiente naturale, sociale, culturale e il sistema economico. In questo caso il capitale, a causa dell’atteggiamento predatorio nei confronti delle condizioni di produzione, metterebbe a repentaglio la sua stessa esistenza e riproduzione: basti pensare, per esempio, agli effetti catastrofici generati dalle piogge acide, dall’erosione del suolo e dallo smaltimento dei rifiuti tossici. Per fuoriuscire dalle crisi (localizzate in un tempo e in un luogo di volta in volta specifici), il capitale necessita di due diversi processi di ristrutturazione “indotti-da-crisi” James O’Connor, L’ecomarxismo cit., p. 40., nel tentativo di diminuire i costi e risolvere le crisi a proprio vantaggio: le condizioni di produzione e i rapporti sociali di riproduzione delle condizioni di produzione. Entrambe le due forme di riorganizzazione tendono verso forme più sociali e più trasparenti. Verrebbero quindi poste le basi, sulla base di tale ragionamento teorico, per la transizione al socialismo: secondo l’autore americano, però, forme più sociali delle forze produttive, dei rapporti di produzione e delle condizioni di produzione sono una condizione necessaria ma non sufficiente per produrre un simile cambiamento. Non vi è, dunque, secondo l’economista marxista statunitense alcuna tendenza intrinseca del capitalismo a trasformarsi in socialismo. Esistono bensì molteplici possibilità che, in via potenziale, possono condurre a una “ricostruzione socialista” Ivi, p. 37. Su questi argomenti consiglio la lettura del saggio di Peter Frase, Four Futures: Visions of the World After Capitalism, Verso Books, London, 2016. fra gli esseri umani e le condizioni di produzione. Ciò che costituisce un problema per l’assetto capitalistico è il «venir meno delle stesse condizioni di appropriazione su cui il capitale aveva precedentemente fatto forza» Paolo Missiroli, op. cit., p. 3.. L’aumento dei costi di riproduzione delle condizioni di produzione, pertanto, determina la sottoproduzione di capitale: è significativo, secondo O’Connor, che non siano stati realizzati, nell’epoca in cui scrive, degli studi sulla quantità di reddito complessivo impiegato per ripristinare il capitale naturale danneggiato o per sostituirlo con quello artificiale. Queste riflessioni sulle “spese improduttive” James O’Connor, L’ecomarxismo cit., p. 30. del capitale trovano, inoltre, un collegamento logico con le crisi fiscali dello stato (trasformatosi oggi in “stato debitore” secondo l’analisi suggerita da Tempo guadagnato di Wolfgang Streeck) e con il sistema finanziario di credito e di debito. In ultima analisi, diventa fondamentale gestire e controllare meglio le condizioni di produzione, in modo da far partire un nuovo ciclo di accumulazione. Tale operazione è condotta dallo stato, il quale previene i possibili abusi delle risorse naturali a opera delle forze di mercato. La conseguenza principale della seconda contraddizione è la subordinazione delle condizioni di produzione alle leggi del profitto e del valore, al posto delle rispettive leggi interne di funzionamento, e la loro distruzione o degrado in quanto trattate come se fossero delle merci. Sia la forza lavoro sia le materie prime, quindi, dipendono “dal potere politico del capitale” Ivi, p. 27. e devono essere presenti in grandi quantità e a basso costo per consentire l’espansione illimitata del sistema capitalistico. Per lo studioso statunitense è rilevante infatti il concetto di scarsità (inteso non in senso malthusiano), ovvero il processo nel quale il capitale crea il suo stesso limite o barriera a causa dell’appropriazione forzata della forza lavoro e dalla capitalizzazione della natura. Esistono di due diversi tipi di scarsità nella prospettiva di O’Connor. La prima è sociale e deriva dalle crisi economiche, mentre la seconda è esterna ed è relativa alle materie prime oggetto dello sfruttamento capitalistico. Nel contesto delle crisi ecologiche in atto gli attori dotati di un potenziale trasformativo sono i nuovi movimenti sociali. Mentre in passato è stato il movimento operaio e il sindacato a frenare lo sfruttamento del lavoro, ora il depauperamento delle risorse naturali trova davanti a sé vari movimenti ambientalisti, i quali possono diventare anch’essi una “barriera sociale” Ivi, p. 37. per lo sviluppo capitalistico. Le condizioni della produzione sono infatti per definizione “politicizzate” Ivi, p. 28. perché le questioni politiche dovrebbero precedere, per importanza, quelle economiche. La politica dell’ecomarxismo Sebbene l’ambito di riflessione del saggio L’ecomarxismo si collochi principalmente su un piano astratto, l’autore americano «trae anche alcune indicazioni concrete di strategia politica» Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 68.. Le conseguenze descritte nel paragrafo precedente dovrebbero portare alla nascita di una forma di “ribellione della natura” James O’Connor, L’ecomarxismo cit., p. 39., costituita dai movimenti sociali di massa che protestano contro le devastazioni naturali. Tali movimenti hanno origine nei luoghi della riproduzione delle condizioni di produzione: per esempio la famiglia, l’ambiente urbano, la sanità, gli apparati dell’istruzione. I problemi che riguardano l’uso delle condizioni di produzione hanno rafforzato la lotta di classe nella riflessione critica di O’Connor: «sono anche qualcosa di più (non di meno) dei problemi di classe» Ivi, p. 45.. Si genera nel tempo una lotta articolata in due fasi tra il capitale e i nuovi movimenti sociali. La prima fase è costituita dalla lotta per proteggere le condizioni di produzione (soprattutto l’ambiente naturale) dallo sfruttamento capitalistico. La seconda fase è costituita dalla lotta contro «i programmi e le politiche del capitale e dello stato, per ristrutturare le condizioni della produzione» Ivi, p. 42.. Ciò che contestano i nuovi movimenti sociali è dunque proprio l’uso capitalistico delle condizioni della produzione. A differenza delle lotte tradizionali della classe operaia, le lotte per le condizioni della produzione sono comuni e trasversali a tutta la cittadinanza. La possibilità per la transizione al socialismo dipende dal fatto che si riesca a costruire un livello di unità, o “di diversità nell’unità” Ivi, p. 39., fra i differenti movimenti sociali già esistenti (femministi, popoli nativi, movimenti urbani etc.), dal punto di vista ideologico, politico e organizzativo. Per raggiungere tale ambizioso obiettivo, occorre superare il vecchio slogan ambientalista “pensare globalmente, agire localmente” per arrivare alla formula più efficace “pensare e agire globalmente e localmente” Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 72.. La combinazione simultanea delle due scale, locale e globale, permette di cogliere meglio i nessi che intercorrono fra le situazioni locali e le attività globali delle imprese e delle agenzie economiche internazionali (Fmi, World Bank, Gatt, etc.) o regionali. Questa lettura sui nuovi movimenti sociali è simile a quella proposta dal pensatore Alain Bihr nel libro Dall'assalto al cielo all'alternativa. Un movimento di natura anticapitalistica e socialista dovrà contare sul sostegno di “una pluralità di organizzazioni di natura diversa” Alain Bihr, Dall'«assalto al cielo» all'«alternativa». Oltre la crisi del movimento operaio europeo., BFS Edizioni, Pisa, 1998, p. 206., in modo da rappresentare un efficace contropotere, allo stesso tempo locale e globale. Anche per il sociologo francese, quindi, il socialismo è solo una delle possibili traiettorie al di fuori del capitalismo, non una previsione deterministica valida a priori. Nelle nuove lotte sociali, studiate da O’Connor, emerge, dunque, la domanda universale di democratizzare lo stato (e l’economia) e di estendere i diritti democratici a nuovi ambiti, come per esempio la salvaguardia ambientale. La lotta per la democrazia radicale dovrebbe però compiersi solo entro i confini delle istituzioni statali, senza rovesciare le dinamiche autodistruttive capitalistiche? L’edificazione della società comunista/socialista basata sul principio di uguaglianza è ancora possibile? A mio avviso, l’aspetto più problematico della riflessione politica ecomarxista è proprio rappresentato dalla non chiara distinzione tra il socialismo storicamente realizzatosi e la società dell’avvenire prefigurata dai pensatori socialisti. Mentre la prima forma di socialismo è andata incontro a un sostanziale fallimento politico ed economico, la seconda rimane ancora un orizzonte ideale a cui ispirarsi. I limiti della riflessione di O’Connor Lo studioso marxista Tiziano Bagarolo individua una serie di punti problematici nella teoria ecomarxista qui presentata brevemente. Sul piano teorico, egli sottolinea come il recupero del marxismo da parte di O’Connor sia importante ma non sufficiente per comprendere l’attuale crisi ecologica. Questa affermazione è giustificata dal fatto che bisognerebbe abbandonare, nella teoria marxista, gli elementi contaminati dall’ideologia del progresso tecnologico (diventata anzi parte integrante dei problemi ambientali) e integrarla con i contributi offerti dalle scienze fisiche moderne (in primis l’ecologia). In più, l’ecomarxismo si presta, a volte, a un’esposizione degli argomenti un po’ troppo deterministica. Per esempio, la maggiore socializzazione delle condizioni di produzione può assumere caratteri autoritari e burocratici, non di per sé democratici. Dal punto di vista della proposta politica pratica, la convergenza fra il movimento socialista “rosso” e quello ecologista “verde”, auspicata da O’Connor, in un unico movimento radicale, appare troppo avventata. Per la costituzione di una “quinta internazionale” Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 74. sarebbe necessario un lavoro paziente di raccordo fra i due poli, anche se non è ben chiaro l’obiettivo che si vorrebbe raggiungere (la democrazia radicale o il socialismo tout court?) e quali siano gli attori rivoluzionari coinvolti (le associazioni di base o le formazioni partitiche verdi e di sinistra?). È importante sottolineare che le lotte a difesa dell’ambiente non necessariamente implicano una dimensione anticapitalistica. Anzi, i partiti politici verdi cercano spesso di portare le istanze ambientaliste dentro gli apparati istituzionali piuttosto che sovvertire, dall’esterno, il sistema politico rappresentativo. In conclusione, la tesi di fondo dell'ecomarxismo è sintetizzabile nei seguenti termini: la crisi ecologica è riconducibile o no al sistema economico capitalistico? Bagarolo fornisce una spiegazione più complessa di quella data da O’Connor Viene qui ripreso il contributo di Victor Toledo, Crisi ecologica e seconda contraddizione, in: “CNS”, anno II, fascicolo 3, n. 6, dicembre 1992, p. 25-26.. La questione ambientale comprenderebbe non solo le dinamiche di predominio del capitale ma anche un intero «modello di civiltà e di cultura occidentali» Tiziano Bagarolo, op. cit., p. 75., antecedente alle rivoluzioni industriali e tecnologiche moderne. Esso risale alla scoperta delle Americhe o, ancor prima, all’ascesa del cristianesimo. Di conseguenza, se si assume che quest’ipotesi sia corretta, la trasformazione del sistema economico rimane un obiettivo importante ma non sufficiente per una riconciliazione armonica dell’uomo con la natura. Bibliografia Agustoni A., Dalla “crisi fiscale dello stato” alla “seconda contraddizione del capitale”: il percorso intellettuale di James O’Connor, “Effimera.org”, 30 dicembre 2017, http://effimera.org/dalla-crisi-fiscale-dello-alla-seconda-contraddizione-del-capitale-percorso-intellettuale-james-oconnor-alfredo-agustoni/ (ultima consultazione: 18/06/2019). Bagarolo T., (1989), Marxismo ed ecologia, Ed. Internazionali, Milano. Bagarolo T., (1993), Marxismo e questione ecologica, Punto rosso, Milano. O’Connor J., (1973), La crisi fiscale dello stato, Einaudi, Torino, 1979. O’Connor J., (1988), L’ecomarxismo. Introduzione a una teoria, Datanews, Roma, 1989. Lowy M., Ecosocialismo e pianificazione democratica, “Rproject - anticapitalista!”, 4 agosto 2017, http://rproject.it/2017/08/ecosocialismo-e-pianificazione-democratica/ (ultima consultazione: 18/06/2019). Missiroli P., Il rapporto tra crisi capitalistica e natura nell'eco-marxismo statunitense (O’Connor, Foster, Moore), https://www.academia.edu/37583956/Il_rapporto_tra_crisi_capitalistica_e_natura_nelleco-marxismo_statunitense_O_Connor_Foster_Moore_ (ultima consultazione: 18/06/2019). Ricoveri G., Il marxista atipico della rivoluzione ambientalista, in: “CNS Ecologia Politica”, anno 28, numero 01-02, gennaio-febbraio 2018. 12