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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA' DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI Corso di laurea in DAMS-DISCIPLINA DELLE ARTI, DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO TITOLO DELLA TESI ANALISI DEL FENOMENO DEI REMAKE DEI CLASSICI DISNEY IN LIVEACTION MOVIES Tesi di laurea in Teoria e Tecnica dei nuovi Media Relatore Prof: Luca Barra Presentata da: Francesco Iacovelli Appello Secondo Anno accademico 2018-2019 2 INDICE INTRODUZIONE....................................................................................................................... 4 1. TRA INTELLECTUAL PROPERTY E RIFORMA DEL CLASSICO...................................... 5 1.1 INTELLECTUAL PROPERTY........................................................................................ 5 1.2 RIFORMA DEL CLASSICO............................................................................................ 9 2. L’ANIMAZIONE SI FA REALE: PERCHE’ IL LIVE-ACTION MOVIE.................................. 13 2.1 REMAKE E LIVE ACTION........................................................................................... 15 3. DUE STRADE VERSO UN UNICO OBIETTIVO .............................................................. 19 3.1 THE BEAUTY AND THE BEAST................................................................................. 19 3.2 DUMBO........................................................................................................................ 23 4. RILANCIO DEL BRAND E PROMOZIONE INTERMEDIALE ........................................... 27 4.1 RILANCIO DEL BRAND............................................................................................... 28 4.2 PROMOZIONE INTERMEDIALE................................................................................. 32 CONCLUSIONI....................................................................................................................... 39 BIBLIOGRAFIA....................................................................................................................... 41 SITOGRAFIA.......................................................................................................................... 43 ALTRI ARTICOLI A CUI SI FA RIFERIMENTO...................................................................... 46 RINGRAZIAMENTI................................................................................................................. 47 3 INTRODUZIONE Il 1994 è un anno importante per la Disney, in quest’anno, infatti, viene pubblicato quello che poi sarà il primo film d’animazione di più venduto su cassetta 1: The Lion King (Il Re Leone, Roger Allers, Rob Minkoff, 1994). Sempre nel 1994 viene distribuito nelle sale un altro film importante per il progetto Disney che, probabilmente, è passato in sordina proprio per il clamoroso successo de Il Re Leone: The Jungle Book (Mowgli - Il libro della giungla, Rudyard Kipling, 1994). Il film non ha particolare successo al botteghino 2 ma è il precursore del rilevante fenomeno dei remake dei Grandi Classici Disney in Live-Action Movies che, negli ultimi anni, sta riscuotendo successo sia in termini di incassi sia dal punto di vista della critica. Questo fenomeno è in continua crescita: ad oggi si contano tredici film distribuiti e dodici annunciati; di quelli già diffusi, ne annoveriamo dieci negli ultimi nove anni e, solo nel 2019, tre remake distribuiti. In questo elaborato si vogliono analizzare i motivi alla base della rinascita dei Classici in una nuova forma stilistica, più nello specifico nel primo Capitolo si analizza l’aspetto giuridico e in particolare le vicissitudini dovute all’Intellectual Property, e alla Riforma del Classico, che ci riconducono a una modernizzazione dei temi e del design. Nel secondo capitolo si analizza l’aspetto stilistico ed estetico dei film d’animazione di Walt Disney e il collegamento ideologico tra i Classici e i rispettivi rifacimenti attraverso un excursus sulla funzione del remake in chiave semiotica. Nel terzo capitolo si analizzano, nel concreto, il remake di The Beauty and Beast (La Bella e la Bestia, Bill Condon, 2017) e di Dumbo (Dumbo, Tim Burton, 2019), il primo scelto per il clamoroso successo ottenuto al Box Office nel 2017, il secondo perché appartiene a una tipologia di remake ambigua che sembra distaccarsi dalla formula tradizionale ed entrare nel campo del reworking. Nel quarto capitolo si analizza l’aspetto economico e promozionale, si evidenzia l’intenzione di rilancio del Brand (e soprattutto del transmedia branding) dei Classici e l’importanza della sinergia di marketing che la Disney mette in pratica per ottenere il successo al botteghino prima, e di tutti i prodotti derivati dopo. 1Dati Box Office Mojo, ultima visita 28 settembre 2019. (https://www.boxofficemojo.com/movies/? id=lionking.htm) 2Dati Box Office Mojo, ultima visita 28 settembre 2019 (https://www.boxofficemojo.com/movies/? id=junglebook94.htm) 4 1. TRA INTELLECTUAL PROPERTY E RIFORMA DEL CLASSICO I nuovi remake Disney, dal punto di vista narrativo, giocano su due fattori che si alternano e, a volte, si fondono: il fattore “nostalgia” (tutti quei momenti in cui viene “richiamato” il Classico) e il fattore “novità” (tutti quei momenti dove il nuovo film si distacca dal Classico 3). Questi due fattori sono alla base del rilancio del Classico, con annesso rilancio del Brand (approfondimento nel capitolo 4), e, consequenziali ad essi, sono i due macro argomenti dell’ Intellectual Property e della Riforma del Classico. 1.1 INTELLECTUAL PROPERTY Nei nuovi remake Disney “Nostalgia definitely comes into play,” dice Daniel Garris del BoxOfficeReport4, e, proprio questa nostalgia, che fa mettere in moto la macchina produttiva Disney e non solo quella. Infatti, il Live Action, de The Beauty and the Beast non solo esisteva già ma, addirittura, la prima rappresentazione della fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, arriva con un film dal “vero” del 1943 diretto da René Clément. Il celebre film animato Disney arriverà 47 anni più tardi e, questo, ci introduce nel complesso mondo delle normative che regolano l’Intellectual Property e ci spiega come condizionano la produzione sia Disney che di tutto il mondo dello spettacolo. Il primo Atto, nello statuto americano a difesa della proprietà intellettuale, è del 1790 e garantisce all’autore di un’opera “the sole right and liberty of printing, reprinting, publishing, and vending.”5 La durata di proprietà dei diritti era di 14 anni dalla data di pubblicazione con possibilità di rinnovo, di ulteriori 14 anni, alla scadenza 6. Nel 1831 l’Atto viene modificato: si prolunga la durata di proprietà dei diritti, della prima registrazione, da 14 a 28 anni con annessa possibilità di rinnovo per ulteriori 14 anni7. Nel corso del tempo seguiranno ulteriori piccole modifiche nello statuto americano ma, quelle che interessano questo studio, sono quelle del 1909, del 1976 e, per finire la “CTEA” del 1998 che è attualmente in vigore. 3Mathew Katz,”You Better Get Used to Disney’s Nostalgic Remakes”, www.fortune.com, 22 Maggio 2019 (https://fortune.com/2019/05/22/disney-aladdin-lion-king-remakes/) 4Daniel Garris, 20 Maggio 2019 (http://www.boxofficereport.com) 5Federal Copyright Act, 31 maggio 1790, cap. 15, p.1,1 stat. 124. 6Ivi, 7Bernaski, Kaitlyn Rose, Saving Mickey Mouse: The Upcoming Fight FOR Copyright Term Extension In 2018 Law School Student Scholarship, 2014, p.4 5 Nel 1909 viene introdotta una nuova definizione nella regolazione dei diritti: il “pubblico dominio” che comprende “facts, ideas, and concepts which cannot be protected by copyright”. Viene anche modificato il secondo rinnovo dei diritti portandolo da 14 anni a 28 per un totale di 56 anni di diritti potenziali dalla data di pubblicazione e nasce per la prima volta il termine “fair use”, ovvero una regolamentazione dell’utilizzo per scopi didattici, informativi e di critica di opere sotto copyright. Un altro passo importante è datato 1976, quando la legge estende il suo campo di interesse includendo tutte le opere creative: dalla letteratura alla pittura; dalle opere cinematografiche e audiovisive alle opere teatrali e coreografiche8. Inoltre vengono aggiunti ulteriori diritti inerenti la distribuzione, la pubblicità, la riproduzione e, soprattutto, le opere cosiddette “derivate”9. Viene ulteriormente estesa la proprietà dei diritti d’autore che, per tutte le opere pubblicate prima del 1978, ha una durata di 75 anni 10. Questa breve storia di diritto d’autore americano è importante per comprendere la dinamica che porterà, nel 1998, alla legge Sonny Bono che legherà la Disney alla “battaglia” per i diritti d’autore. Nel 1928 la neonata Disney crea quello che poi sarà il personaggio-simbolo della casa produttrice: Mickey Mouse. In Steamboat Willie (Steamboat Willie, Walt Disney, Ub Iwerks, 1928) Topolino fa la sua prima apparizione e, da quel momento, diventerà uno dei personaggi più amati e conosciuti al mondo. Nel 1928, i diritti del celebre personaggio Disney erano soggetti ai termini dell’Atto del 1909 che garantivano 56 anni di protezione, anche se, come si è visto, risultavano abbastanza generici in materia cinematografica. Nel 1976 con il nuovo Copyright Act si inizia a definire il copyright così come lo conosciamo oggi con tutti i suoi aspetti positivi e negativi. Con questo nuovo Atto, il diritto d’autore sul nome, l’immagine, il design, la riproduzione, la distribuzione e, soprattutto, tutti i prodotti “derivati” sono in mano alla Disney per 75 anni ed è proprio allo scadere di questi 75 anni che, nel 1998, il Congresso si riunisce per discutere, ancora una volta, sulla durata dei diritti d’autore. I retroscena, dietro questa nuova proroga, sono, ormai, noti a tutti. Si stima che il marchio Mickey Mouse abbia fatto guadagnare, fino al 1998, 8 miliardi l’anno11 ed è evidente l’interesse della Disney all’estensione dei termini del diritto d’autore. Secondo Marvin Ammori, nel 1998 avviene un incontro 8Bernaski Kaitlyn Rose, op. cit. p.5 9Copyright Act of 1976, 90 Stat. 2546; Pub. L. 101–318, 10Ivi, 11Marvin Ammori, The Uneasy Case of Copyright extension, 16 Harvard. J.L. & Tech, 2002, pp. 287-292 6 tra Michael Eisner (CEO Disney) e Trent Lott (all’epoca Leader di Maggioranza nel senato) in cui la Disney avrebbe donato $800.000 all’azienda di Lott 12. Il 27 ottobre del 1998 la proposta di legge denominata “Sonny Bono Copyright term Extension Act” diventa realtà e i diritti del personaggio più famoso al mondo restano alla Disney per ulteriori 20 anni (garantendo il copyright di 95 anni dalla data di pubblicazione)13. Seguendo l’iter normativo americano (che, con la convenzione di Berna del 1889, è simile a quello mondiale) si possono analizzare i diritti d’autore che pendono sui Classici Disney. Per le opere filmiche, infatti, i diritti regolano: ● la distribuzione nelle sale; ● la trasmissione televisiva via etere, via satellite e via cavo; ● la distribuzione Home Video, in sistemi di televisione a pagamento e in servizi di video On Demand ● la distribuzione online via internet a banda larga, unidirezionale o interattiva ● Il merchandising14 Prendendo in esempio Aladdin (Aladdin, Ron Clements, John Musker, 1992) e The Beauty and the Beast, si nota che entrambi sono ispirati a fiabe, ormai, di pubblico dominio e che i diritti non sono propriamente sulla trama ma sul prodotto, e sul design, dei personaggi15. Non è illecito fare un film sulla fiaba di Aladdin o di The Beauty and the Beast, è illecito utilizzare il design dei cartoni Disney, utilizzare il film e, ancora più importante, è illecito creare e pubblicare dei prodotti derivati che non rispettino le regole del “fair use” o che non siano direttamente autorizzati dalla Disney. Questo limita, senza dubbio, lo sviluppo di una cultura “grassroots” ma fa che si mantenga il controllo e l’integrità del prodotto16. Secondo Lessing, il prodotto creativo è soggetto a “quattro diverse modalità di regolamentazione”: legge, architettura, mercato e norma17. Queste quattro modalità, con l’avvento di internet e della pirateria, hanno limitato lo svilupparsi di una cultura libera, più in particolare, leg12Ivi, 13Sonny Bono Copyright term Extension Act, 30 U. Mem, L REV. 2000, pp. 263-364 14Daniele Doglio, Media & Copyright: Guida al mercato dei diritti, Cooper, Roma, 2007, p.79 15Pierre Hombrebueno, Da Aladdin a Il Re Leone: ecco perché la Disney continua a fare i remake dei suoi cartoni, www.bestmovie.it, 22 Maggio 2019 16Confession of an Aca-Fam. The Henry Jenkins’s Blog, trad. italiana, Link. Idee per la televisione, n. 9, 2010 (http://henryjenkins.org/blog/2009/12/the-revenge-of-the-oriami-uni.html) 7 ge e mercato, hanno fatto in modo che i vari tipi di media convergessero nelle mani di poche aziende, rallentando la diffusione di una cultura alternativa. 18 Con l’avvento di internet da un lato, la Disney, e le altre aziende di produzione, riescono, in maniera molto più agevole, a controllore i diritti dei propri contenuti; dall’altro, la facilità d’uso, d’accesso e di manipolazione della Rete rende la proliferazione di contenuti illegale più veloce e massiccia. In questa guerra di contenuti, la legge, risulta del tutto sbilanciata. Il diritto d’autore non ha più la funzione di “promuovere il progresso” ma, con le varie estensioni dei termini di scadenza, annulla la possibilità di creazione o trasformazione di un’opera senza dover incorrere in cavilli legali19. Essendo, dunque, quasi tutti protetti almeno per i prossimi 10 anni, il più vecchio è Snow White and the Seven Dwarfs (Biancaneve e i sette nani, David Hand, 1937), la motivazione di “difendere” i diritti d’autore sui classici risulta insufficiente o quanto meno incompleta. Sebbene si possa pensare (e può anche essere una giusta interpretazione) all’idea di una strategia Disney che mira a una lenta sostituzione del design e del merchandising dei vecchi Classici con in nuovi20 per una mera questione di diritti d’autore, questa, non spiega i motivi che portano la Disney a cambiare formula di produzione ed a un approccio innovativo nei confronti del Classico. Non c’è bisogno di inventarsi nulla, ciò che sta facendo la Disney e, più in particolare La Walt Disney Pictures, lo spiega il presidente, Sean Bailey, in un’intervista rilasciata alla testata online Deadline: “The way we used to look at each potential film was, could it be Disney? Now, the question becomes, should it be Disney? Does our brand mean more than if our competitors make the film? Looking at it that way, the Disney brand has become a competitive advantage.”21. 17Lawrence Lessing, Free Culture: How Big Media Uses Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity, Penguin Press, New York, 2004, p. 115 18Ibidem, p. 152 19Ibidem, p. 162 20Gabriele Niola, Perché la Disney sta facendo nuove versioni di tutti i suoi classici, www.esquire.com 11 Aprile 2019 (https://www.esquire.com/it/cultura/film/a26984935/disney-dumbo-nuove-versioni-cartoni-classici/) 21Mike Jr. Fleming, Sean Bailey On How Disney’s Live-Action Division Found Its ‘Beauty And The Beast’ Mojo, www.deadline.com, 21 Marzo 2017, (https://deadline.com/2017/03/beauty-and-the-beast-seanbailey-disney-emma-watson-1202047710/) 8 Da ciò si deduce che la Disney sta rilanciando quella che è la sua brand identity22, ovvero tutte quelle caratteristiche che, negli anni, hanno caratterizzato il brand Disney e che secondo, Sean Bailey, consentono di avere un vantaggio sulla concorrenza. Non che la Disney si sia discostata tanto dal suo brand identity e, quando lo ha fatto, si è rivelato fallimentare come spiega Bailey nel prosieguo dell’intervista: “ [...] Lone Ranger was instructive in informing our brand and our process, [...] but we learned what people want from the Disney brand”23. Quale miglior modo per “ritrovare” l’identità Disney se non con le storie che l’hanno creata? 1.2 RIFORMA DEL CLASSICO La riforma del classico non è altro che un ritorno alle origini e ai Classici Disney che, però, non poteva non prevedere una modifica degli stessi. La prima “Golden Age” dei Classici Disney si ha tra gli anni ‘40 e ‘50, dove vengono prodotti titoli come Snow White and the Seven Dwarfs (1937), Pinocchio (1940), Dumbo (1941) ma in quegli anni, esistevano stereotipi che oggi faremmo fatica ad accettare. Basti pensare che in Dumbo (Dumbo, Tim Burton, 2019) non è più presente la scena dove il piccolo elefante si ubriaca, (un immagine da biasimare) né tanto meno è presente la scena con i corvi (basata, secondo l’Esquire, su stereotipi sugli afroamericani)24 Prima di procedere, però, definiamo cosa intendiamo per Classico Disney. Senza entrare nello specifico, ci facciamo bastare le parole di Janet Wasko nel suo Understanding Disney riguardante i classici: “It is possible, therefore, to identify something called ‘Classic Disney’, which refers to the company’s animated films cartoons, and some live action films, plus the stable of characters which emerge from these productions, as well as the consistent set of themes and values that generally represent ‘Disney’ to the general public and critical analysts. “Classic Disney developed as a specific type of story with a predictable plot featuring a collection of formulaic characters. In addition, the themes emphasized in Disney productions 22David A. Aaker, Building Strong Brands, New York, Free Press, 1996, cap. 6 23Mike Jr. Fleming, Sean Bailey On How Disney’s Live-Action Division Found Its ‘Beauty And The Beast’ Mojo, www.deadline.com, 21 Marzo 2017 (https://deadline.com/2017/03/beauty-and-the-beast-sean-bailey-disney-emma-watson-1202047710/) 24Gabriele Niola, Perché la Disney sta facendo nuove versioni di tutti i suoi classici, www.esquire.com, 11 Aprile 2019 (https://www.esquire.com/it/cultura/film/a26984935/disney-dumbo-nuove-versioni-cartoni-classici/) 9 come to represent specific values and a fairly well-defined ideology” 25. La Wasko spiega che i Classici Disney seguono il modello narrativo del cinema Classico Hollywoodiano e, nella tabella che segue, ci mostra, in dettaglio, tutte le caratteristiche stilistiche, narrative e tematiche dei classici. Stile Narrazione Personaggi Temi/ Valori Intrattenimento Rivisitazioni di Personaggi animali Tradizione Ame- leggero racconti antichi antropomorfizzati ricana Classici eroine, eroi, Individualismo Musical Umoristico (con gag fisiche e splastick) o folkloristici Modello del cinema Classico Hollywoodiano antagonisti, aiutanti Rappresentazione stereotipata dei generi e delle etnie Eticità Ottimismo Fantasia, magia, immaginazione Innocenza Romanticismo, felicità Bene che trionfa sul male (Janet Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, Cambridge Polity Press, 2001, p.114, box 5.1) Queste caratteristiche, a primo impatto, mostrano un brand image, basato su un’impronta educativa e che mira, ovviamente, a un target adolescenziale e infantile. Effettivamente nella cultura popolare è esattamente così: generazioni di bambini e ragazzi sono cresciuti con i film d’animazione Disney. In un periodo dove blockbuster Hollywoodiani, videogames e altro intrattenimenti sono intrisi di violenza, sesso o comunque da temi “per adulti”, il prodotto Disney viene visto come àncora di salvezza per genitori ed educatori 26. Questa confezione così “pura”, però, ha sempre adombrato molte ambiguità tematiche nascoste. Riferimenti a stereo25Janet Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, Cambridge, Polity Press, 2001, p.110-112 26Henry A. Giroux, Grace Pollock, The Mouse that Roared: Disney and the end of innocence, Rowman & Littlefield Publisher Inc, Plymouth, 2010 p. 92 10 tipi razziali in Dumbo e Aladdin (per citarne solo due) e una retrograda visione dei ruoli di genere in The Little Mermaid (La sirenetta, Ron Clements, John Musker, 1990) e The Beauty and Beast27, sono contenuti che devono essere ritoccati nella contemporaneità. Secondo uno studio, portato avanti da Carmen Fought e Karen Eisenhauer, nella maggior parte dei film considerati Classici, il rapporto uomo/donna è squilibrato e stereotipato. Le due studiose hanno preso in considerazione i tre periodi principali di produzione di Classici Disney: “Classic Era”(1937-1959), “Renaissance Era”(1989-1999)28 e “New Age Era” ( dal 2009) e hanno analizzato i personaggi notando come anche se, nella maggior parte dei film, il protagonista è un personaggio femminile, la struttura narrativa è invasa da personaggi maschili che, di recente e in percentuale, sono sorprendentemente aumentati. Nello stesso studio, hanno costatato come, anche le battute, soprattutto nell'Età Rinascimentale, erano maggiormente affidate agli uomini, nonostante siano stati prodotti titoli e storie come quella di Mulan (1998), Pocahontas (1995) e la già citata The Little Mermaid29. Secondo Giroux e Pollock, un altro tema controverso nei classici Disney è lo stereotipo razzista che si presenta in alcuni film, in particolare in Aladdin.30 “Where they cut off your ear if they don’t like your face It’s barbaric, but hey, it’s home” questo è un passaggio della versione inglese 31 della canzone d’apertura, ”Arabian Nights”, del film che, insieme al carattere crudo e violento dei personaggi arabi (e soprattutto con fisionomia orientale32), stigmatizza l’intera cultura araba33. Criticati anche da personalità contemporanee alla pubblicazione dei film, queste tematiche, al giorno d’oggi, non possono più essere giustificate con l' ”innocenza” del “magico mondo” Di27Ibidem p. 93 28Letteralmente: Età rinascimentale, termine coniato da Jeffrey Katzenberg e che caratterizza la fase di produzione dal 1989 al 1999, dove, i Classici, assumono nuove caratteristiche tematiche e soprattutto narrative dove la musica diventa centrale. (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/12/04/aladino-il-computer-volante.html?refresh_ce) 29www.kareneisenhauer.org › lsa-presenation-d3 30H. Giroux, Pollock Grace, op., cit., p. 109 31Nella versione italiana il testo viene attenuato ma comunque resta controverso: “La mia terra di fiabe e magie, credi a me, ha i cammelli che vanno su e giù e ti trovi in galera anche senza un perché, che barbarie, ma è la mia tribù.” 32Yousef Salem analizza questa caratteristica confrontando il protagonista (Aladdin) e gli altri personaggi del film: “All of the bad guys have beards and large, bulbous noses, sinister eyes and heavy accent, and they’re wielding swords constantly. Aladdin doesn’t have big nose, he has a small nose. He doesn’t have a beard or a turban. He doesn’t have an accent. What makes him nice is they’ve given him American character ”. (Yousef Salem citato in Angry over “Aladdin”, Schenin Richard, Washington Post, 10 Gennaio 1993) 33Ivi, 11 sney ma devono essere modificate e adattate seguendo quel principio recente definito politically correct. Tutte queste correzioni insieme a una rivisitazione stilistica e, in alcuni casi narrativa, caratterizzano il fattore “novità” dei remake dei Classici Disney. In questi nuovi Live action tutti gli stereotipi negativi vengono ridotti se non eliminati del tutto (in Aladdin, ad esempio, il verso incriminato scompare e al suo posto vi è un chiaro riferimento alla multietnicità dei paesi orientali34 e l’attore che è stato scelto per interpretare Aladdin è Mena Massoud, (sicuramente lontano, fisiologicamente, dall’Aladdin americanizzato che ritroviamo nel Classico del 1992), vengono aggiunti personaggi che introducono tematiche contemporanee (in The Beauty and the Beast, ad esempio, viene introdotto il primo personaggio dichiaratamente omosessuale) e, in alcuni casi, viene proposta una vera e propria rivisitazione della trama (è il caso del Dumbo firmato Tim Burton), ma questo lo vedremo nel dettaglio nel terzo capitolo. 34“Where you wander among every culture and tongue, It's chaotic, but, hey, it's home”. Dal nuovo testo viene anche cancellata anche la parte “It’s Barbaric” che era rimasta nella ripubblicazione. 12 2. L’ANIMAZIONE SI FA REALE: PERCHE’ IL LIVE-ACTION MOVIE Walt Disney, come è noto, basa l’attività del neonato studio sui prodotti animati. Da Oswald the Lucky Rabbit (precursore di Mickey Mouse) del 1927, al clamoroso Successo di Snow White and the Seven Dwarfs (primo grande Classico Disney) del 1940 fino ad arrivare a The Lion King del 1994. Il fattore animazione, che ha sempre accompagnato l’azienda, l’ha resa una delle più influenti industrie culturali contemporanea. L’animazione permette di non avere limiti nella realizzazione di personaggi fantasiosi che riescono a contenere un’idea complessa con uno stile semplice e diretto, possiede una libertà creativa con la quale il disegnatore/animatore può esprimere al meglio la sua prospettiva senza tener conto di quei problemi che, un film dal “vero” può avere. La libertà registica è totale, l’espressione creativa è al massimo possibile. Per meglio comprendere la storia dell’azienda dobbiamo considerare che, nel periodo in cui la Disney compie i suoi primi passi nel mondo dell'intrattenimento, un catastrofico evento scuote l’America: il crollo della borsa di Wall Street nel 1929. Il 24 ottobre 1929 si registra una corsa alle vendite dei titoli che causano un collasso generale della borsa e scoprono la fragilità del sistema economico americano: in pochissime ore, milioni di risparmiatori sono sul lastrico e, insieme a loro, crolla l’economia. A seguito di questo episodio, in America (e più tardi nel resto del mondo) aleggia un’atmosfera di povertà aggravata dall’aumento della disoccupazione dei ceti medi che comportò un ritorno al conservatorismo ideologico a tutto discapito delle varie minoranze razziali35. I prodotti animati (dai cartoons agli animate cartoons) degli anni ‘30 riflettevano le preoccupazioni della società industriale e, il determinismo tecnologico, fu il fattore principale nello sviluppo di un’animazione americana tecnologicamente innovativa ma ancorata, per temi e per estetica, ai problemi sociali e all’arte moderna: i fratelli Fleischer, ad esempio, sperimentano delle tecniche che porteranno alla creazione di un prodotto seriale per metà in live action e per metà in animazione (Out of the Inkwell, Max Fleischer, 1918-1929) che, però, era in linea con le tematiche del modernismo.36 L’intuizione Disney fu quella di non seguire questa strada ma di creare un mondo incantato nel quale, la borghesia americana, potesse dimenticare i problemi che, la Grande Depressione 35Francesco Gallo, Crisi del 1929: storia e caratteristiche della Grande Depressione, s.d. (https://www.studenti.it/crisi-1929-storia-caratteristiche-grande-depressione.html) 36Paul Wells, Animation and America, Edinburgh, Edinburgh University Press, 2002 p.33 13 e il determinismo tecnologico, avevano portato (e che i cartoons37, di contro, mostravano), attraverso un’estetica basata sull’uso della tecnologia (quasi a voler anticipare i caratteri del postmodernismo). Questa estetica Disneyana, intrinsecamente connessa alla tecnologia, fa di Disney “as part of a ‘Great Man’ tradition of progress, and not the representational aspects of the art addressing modern concerns through modern expression” 38. Disney, infatti, fu uno dei pochi animatori (propriamente lo dovremmo chiamare produttore) ad accogliere il progresso tecnologico nei suoi cartoni. Mentre le altre case di produzione erano restie a portare innovazioni nei film animati, Walt, al fianco dei suoi collaboratori, introdusse il suono in Steamboat Willie nel 1928 e, nel 1932, il colore nelle sue animazioni per rendere i suoi film sempre più fantastici e attraenti (grazie al processo Tecnicolor). Il primo elemento, però, di originalità nell’estetica del “corto” animato apportato da Disney è renderlo “lungo”. Fu infatti lui il primo, insieme ai suoi collaboratori, a introdurre il lungometraggio d’animazione (che è anche il primo Classico Disney: Snow White and the Seven Dwarfs) con cui, attraverso l’unione dei concetti del cinema Classico Hollywoodiano con le narrazioni utopiche e populiste, cercava di soddisfare l'esigenza di evasione del pubblico in un contesto prettamente commerciale39. Snow White and the Seven Draft è un film esteticamente moderno ma che punta sulla nostalgia e sul richiamo dei valori tradizionali americani: l'americanismo, come visto, è un carattere predominante nei film Disney, ed è anche questo che porterà al successo commerciale la casa di Topolino. L’evasione in un mondo dove tutto è perfetto, le tematiche stereotipate, i personaggi archetipici, la narrazione che segue le direttive di Propp e la continua ricerca verso lo sviluppo di nuove tecnologie per affinare la qualità (ed a questo punto è giusto dire l’estetica) rendono i prodotti Disney le opere di intrattenimento più importanti della società Americana dell’epoca. “We have but one thought, and that is for good entertainment. We like to have a point to our stories, not an obvious moral but a worthwhile theme. Our most important aim is to develop definite personalities in our cartoon characters [...] We invest them with life by endowing 37Diversamente dagli animated cartoons (che sono propriamente i corti d’animazione), sono quei prodotti artistici, assimilabili ai fumetti, che venivano pubblicati su riviste o giornali. (P. Wells, Animation and America, cit. p. 25) 38P. Wells, Animation and America, cit., p. 38 39Ibidem p. 39 14 them with human weaknesses which we exaggerate in a humorous way. Rather than a caricature of individuals, our work is a caricature of life”40 2.1 REMAKE E LIVE ACTION Partiamo dal principio, quando parliamo di remake, con la definizione del vocabolario Treccani: “Rifacimento di un film, o anche di uno spettacolo, che a distanza di tempo intende ripeterne le caratteristiche emotive e spettacolari e, possibilmente, il successo, puntando soprattutto su nuove tecniche, su interpreti di richiamo, su dialoghi aggiornati”41. Nicola Dusi analizza la pratica del remake attraverso il concetto di traduzione e di reinterpretazione che si rifà e varia in modo “sistematico” rispetto a un testo precedente e che si può sintetizzare con la proposta di traduzione intrasemiotica formulata da Jakobson nel 1959.42 Da un punto di vista semiotico, infatti, nel remake si possono ritrovare delle “strutture invarianti”, che sono quelle che vengono replicate (si pensi alle isotopie tematiche nella struttura narrativa) interconnesse con le “superfici testuali” che “variano a seconda dei contesti e delle epoche”43. Oltre a questi fattori itersemiotici (che sono dati dalla relazione del secondo testo con un ipotesto precedente44) vi sono dei fenomeni endosemiotici45 che riguardano la trasposizione da film a film.46 Ovviamente, per parlare di remake, questa persistenza mediale deve essere soddisfatta ma, è anche vero che, generalmente, un film è già un adattamento di un’opera letteraria per questo bisogna tener conto degli scambi intersemiotici e endosemiotici. Poiché parliamo di Classici che derivano, tutti o quasi, da fiabe o romanzi letterari che hanno già subito dei processi di elaborazione intersemiotici, ci chiediamo, i nuovi Classici sono degli adattamenti delle fiabe/romanzi a cui erano ispirati i primi film oppure sono, a tutto tondo, remake dei film che hanno fatto la storia della Disney? A questa domanda a volte è semplice rispondere, altre volte no. Quando parliamo di remake non possiamo esimerci dal menzionare le 40P. Wells, Animation and America, op. cit, p. 90 41http://www.treccani.it/vocabolario/remake/ 42Nicola Dusi, “Replicabilità visiva” in Nicola Dusi e Lucio Spaziante (a cura di) Remix-Remake: Pratiche di Replicabilità, Roma, Meltemi editore, 2006 p. 99 43Ibidem p. 100 44Geràrd Gennette, Palimpsestes, tr. Raffaella Novità, Torino, Einaudi, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, 1997 pp. 7-8 45Umberto Eco, Dire quasi la stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani, 2003, p. 34-54 46N. Dusi, in N. Dusi, L. Spaziante (a cura di) op. cit. p. 101 15 forme di replicabilità che illustra Eco nelle sue “Tipologie di Ripetizione” 47: Ripresa, Ricalco, Serie, Saga, Dialogismo intertestuale. In questo senso possiamo soffermarci sulle nozioni di Ricalco e dialogismo intertetstuale, dove con il primo si intende quella pratica in cui la trama narrativa viene “ri-eseguita”48 (è il caso del comune remake), mentre nel Dialogismo intertestuale entrano in gioco tutte quelle forme di riscrittura dell’omaggio, della parodia, della citazione ironica del topos. La formula scelta dalla Disney per dar vita ai Grandi Classici del passato è quella del Live Action Movie. Per definizione, Live Action, indica tutti quei film che non utilizzano l’animazione ma usano “l’azione reale”49 di attori in carne ed ossa ma generalmente si fa riferimento al termine “Live Action”, nel cinema, quando l’opera Live Action è preceduta da una trasposizione animata. In gergo, quindi, viene sottolineato il termine Live Action Movie quando esso è un adattamento cinematografico di un’opera animata, fumettistica o videoludica o, in questo caso, di un remake di un film d’animazione. “[...]Pairing those characters with great live-action talent and technology, something that Walt always aspired to, with technology that has moved so far forward, just seemed a smart way to go.[...]”50 Sean Bailey commenta così la scelta del rifacimento dei Classici Disney in film live action ed è un’esatta analisi del pensiero estetico di Walt Disney. Come già detto, l’innovazione tecnologica (con l’annessa estetica) è una delle caratteristiche fondanti dell’azienda. Scienze e arte, da sempre, sono unite in questo senso, il grande sviluppo della computer grafica negli ultimi anni ha colmato quel gap nella libertà di espressione artistica che, prima, era proprietà intrinseca solo dell’animazione. La Computer grafica ha rivoluzionato il campo cinematografico e, in particolare, quello dell’animazione, cambiandone radicalmente l’approccio. Questo cambiamento è evidente già nel linguaggio: se prima si parlava di tavole/quadri d’animazione, adesso, con l’introduzione dell’animazione digitale, si comincia ad usare un linguaggio molto più vicino a quello del cinema dal vero (anche per l’ani- 47Francesco Casetti, “Tipologia della ripetizione”, L’immagine al plurale. Serialità e ripetizione nel cinema e nella televisione, Ed. Venezia, Marsilio, 1984, pp.19-36 48Ivi, 49https://www.merriam-webster.com/dictionary/live-action 50Mike Jr. Fleming, Sean Bailey On How Disney’s Live-Action Division Found Its ‘Beauty And The Beast’ Mojo www.deadline.com, 21 Marzo 2017, (https://deadline.com/2017/03/beauty-and-the-beast-sean-baileydisney-emma-watson-1202047710/) 16 mazione, si parla di frame)51. Come abbiamo visto, la Disney, è sempre al passo con la tecnologia, quindi non sorprende il fatto che è anche la prima azienda (in collaborazione con la Pixar) a creare e a distribuire il primo film d’animazione interamente realizzato con la computer grafica (Toy Story, John Lasseter, 1995). Questa nuova tecnologia si avvale di vari tipi di applicativi al fine di migliorare e innovare l’animazione e gli effetti speciali nei film reali. Nello specifico dei Live Action Disney, notiamo l’utilizzo di un applicativo fondamentale: la CGI La CGI (Computer generated imagery) è la parte fondamentale dell’animazione moderna e, questo termine comprende tutti quei software che si occupano della generazione delle immagini digitali sia statiche che in movimento. Questa tecnologia è, come la definisce Lasseter “just a tool”52 che viene utilizzato dagli artisti creativi per animazioni virtuali e che non va di certo a sostituire le creatività artistiche dell’animatore ma è solo uno strumento per un’animazione che punta sempre di più al realismo. Già nel 1937, Disney, inizia questo incessante inseguimento verso il realismo: nel primo Classico Disney notiamo che sono state eliminate quelle deformazioni dinamiche che, un personaggio come Mickey Mouse in Steamboat Willie, possedeva. Accanto a questa prima operazione ci sono anche delle piccole accortezze (catalogate in dodici da Thomas e Johnston nel loro libro The illusion of Life53) come la caratterizzazione dei personaggi stereotipati inseriti in situazioni fantastiche in grado di far percepire un realismo illusorio che, affianco all’estetica, sarà lo standard dei Classici Disney. “nei live-action riesci ad ottenere molto più contatto con la realtà, e quindi puoi scavare molto più a fondo nell'essere umano, rispetto all'animazione. Puoi fare in modo che l'attore ti dia 51Paul Wells, The fundamentals of animation, AVA Publishing, Lousanne, 2006, p. 125 52Ivi 53Nel libro The Illusion of Life di Frank Thomas e Ollie Johnston vengono esplicati i dodici punti, adottati dalla Disney, per dare all’animazione l’illusione della realtà e sono perfettamente sintetizzati da Chiara Costa, Valentina Valente e Mattia Vinco “Squash and stretch: sottolineatura di allungamenti o accorciamenti delle parti in movimento, nella realtà impercettibili. Anticipation: di ogni movimento si enfatizza la preparazione. Staging: ogni azione o personaggio deve essere immediatamente riconoscibile. Straight ahead action/pose-to-pose action: l’azione può essere pianificata o improvvisata dall’animatore. Follow through/overlapping action: accentuazione degli effetti d’inerzia su un corpo. Slow in/slow out: ogni azione inizia con un’accelerazione e termina con una decelerazione. Arcs: i personaggi si muovono percorrendo archi di circonferenza. Secondary action: l’animazione di movimenti secondari può rendere più efficace l’azione principale. Timing: il tempo di ogni azione deve accordarsi con i tempi della scena in cui si svolge. Exaggeration: le azioni vanno enfatizzate Solid drawing: le forme dei corpi possono essere flessibili, ma devono apparire solide, con volumetria plausibile. Appeal: le figure in movimento devono trasmettere carisma.” (Chiara Costa, Valentina Valente e Mattia Vinco, Arte tra vero e falso Coop. Libreria editrice Università di Padova, Padova,, 2010 p .169) 17 quelle occhiatine particolari, quel correre fugace di sguardi. Si può esprimere molto di più, rispetto ad una più generale piattezza dell'animazione.”54 Fumihiko Sori, si esprime così in un’intervista rilasciata durante la presentazione del suo Fullmetal Alchemist (Fullmetal Alchemist, Fumihiko Sori, 2017). In questo senso, la Disney ricerca nei suoi, nuovi Live Action, di rendere ancora più reali (a volte anche troppo) i suoi Classici lasciando quella atmosfera archetipica e stereotipata per continuare nella duplice vincente condizione di illusione/realtà. 54Lara Zettai, Fullmetal Alchemist: intervista al regista del live - un progetto lungo 10 anni, www.animeclick.it, 11 luglio 2017, (https://www.animeclick.it/news/66879-fullmetal-alchemist-intervista-al-regista-del-live-unprogetto-lungo-10-anni) 18 3. DUE STRADE VERSO UN UNICO OBIETTIVO In esempio per l’elaborato, analizziamo in maniera più approfondita di: The Beauty and Beast (La Bella e la Bestia, Bill Condon, 2017) e Dumbo (Dumbo, Tim Burton, 2019). Questi due Live Action rappresentano due modi diversi di reinterpretazione del classico ma seguono tutti lo stesso obiettivo di rilancio del Brand e modernizzazione del vecchio classico a cui fanno riferimento. Analizzandoli si possono notare alcune formule di remake e reworking prima citate e si possono notare due tipi di gradi di identità55 differenti rispetto al predecessore. 3.1 THE BEAUTY AND THE BEAST The Beauty and the Beast è il Live Action più importante della produzione Disney, non perché sia il più ben fatto ma per l’impatto che ha avuto sul pubblico e, di conseguenza, il successo al botteghino. Il nuovo film sulla storia di Belle riesce a superare il miliardo di incasso mondiale, con un esordio di 170 milioni in America e 350 milioni nel mondo, 56e ad essere candidato per due Oscar (Miglior scenografia e Miglior costumi). Tratto dalla fiaba di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, che conta trecento anni di storia, il film Live Action del 2017 rimane, per dialoghi e trama, molto vicino al celebre film animato del 1991. Non è una sorpresa, dato il clamoroso successo del film animato (oltre al aver vinto due Oscar, ottiene anche il primato come primo film d’animazione ad essere candidato all’Oscar come miglior film), la scelta di Disney di ricalcare la storia d’amore del ‘91, con lo stesso stile musicale e caricarla di maggior drammatismo e spettacolarità, lasciando quasi invariata la formidabile colonna sonora curata da Alen Menken (compositore sia del film d’animazione, sia del Live Action) e Howard Ashman. David Sims del The Atlantic afferma che, con il nuovo The Beauty and Beast, la Disney non abbia seguito la strada del classico remake ma ab- 55Daniele Barbari suddivide quattro tipi di repliche che si differenziano in base al grado di identità che esse hanno con il primo prodotto. In particolare individua, le Protesi Comunicative che hanno “una totale identità presunta” e hanno un scopo di traduzione interlinguistica e dipendono dall’originale. Le Traduzioni Creative hanno “un’identità presunta come massima fatte salve le condizione comunicative diverse” che sono autonome dall’originale ma continuano ad avere un forte legame di identità con essi. I Rifacimenti hanno “un’identità basata sulla caratteristica cruciale” e riguardano tutte le pratiche di remake e traduzioni intersemiotiche che “non rispettano le condizioni di identità massimale”. Infine, la Ripresa ha “un’identità basata su una o più caratteristiche”, dove “la conoscenza dell’originale viene supposta nel fruitore” e si sviluppa l’universo narrativo dell’originale. (Daniele Barbari,”Temi rimediati” in N. Dusi, L. Spaziante (a cura di) cit. pp.179-190) 56Andrea Francesco Berni, Box-Office USA: Weekend da 170 milioni per La Bella e la Bestia, 350 nel mondo!, www.badtate.it, 20 Marzo 2017, (https://www.badtaste.it/2017/03/20/box-office-usa-weekend-170-milioni-bellabestia-350-mondo/229737/) 19 bia preso un suo vecchio gioiello e l’abbia reso pacchiano e frustrante.57 Non si può negare che vi sia un senso estetico eccessivamente pomposo ma è anche vero che è un film che si basa su una storia della Francia del ‘700, dove, “l’eccessivamente pomposo” non è una stranezza ma corrisponde allo stile Rococò che caratterizza il secolo. I momenti musicali sono la colonna portante del film e la scelta di preservare gran parte del vecchio repertorio (con leggere modifiche) con il voler limitare al minimo i cambiamenti registici durante quei momenti (rispetto al film del ’91) pagano in termini di affettività del pubblico rispetto al prodotto. Bill Condon, regista del film, risulta una scelta eccellente da questo punto di vista perché riesce magistralmente a gestire CGI (computer-generated imagery), già utilizzata per la saga di Twilight, ed a emozionare con il genere musical, come abbiamo già visto in Dreamgirls (Dreamgirls, Bill Condon, 2006). I momenti musicali, però, non erano previsti nella prima idea come afferma Sean Bailey in un’intervista rilasciata a Deadline: “We worked on this for five or six years, and for 18 months to two years, Beauty was a serious dramatic project, and the scripts were written to reflect that. It wasn’t a musical at that time. But we just couldn’t get it to click and it was Alan Horn who championed the idea of owning the Disney of it all. We realized there was a competitive advantage in the songs. What is wrong with making adults feel like kids again?”58 Dal punto di vista della trama, sono poche le parti che si distaccano dal vecchio classico ma la durata è di 30 minuti superiore; l’inizio, ad esempio, non è più rappresentato con l’utilizzo di vetrate colorate statiche e con un voice-over a narrare la storia ma le scene sono girate dal vero, svelando i volti degli abitanti del castello. Il film presenta dei momenti di novità, introduce nuovi personaggi e aggiunge delle tematiche contemporanee, in particolare viene approfondita la storia di LeFou che si rivelerà essere il primo personaggio omosessuale in un film Disney.59 LeFou è il braccio destro di Gaston (antagonista del film) che se, nel film animato del 1991, svolge un ruolo puramente d’appoggio, nel Live Action del 2017, il personaggio interpretato da Josh Gad, assume sfaccettature ben più complesse e in linea con le tematiche contemporanee. Il nuovo LeFou, come spiega il regista Bill Condon, “He's confused [...] 57David SIms, Beauty and the Beast: A Tale as Old as Time, Told Worse, www.theatlantic.com, 15 Marzo 2017 (https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2017/03/beauty-and-the-beast-remake-review/519603/) 58Mike Jr. Fleming, Sean Bailey On How Disney’s Live-Action Division Found Its ‘Beauty And The Beast’ Mojo (https://deadline.com/2017/03/beauty-and-the-beast-sean-bailey-disney-emma-watson-1202047710/) 59Ashley Lee, Alabama Theater Won't Screen 'Beauty and the Beast' Due to Josh Gad's Gay Character, www.thehollywoodreporter.com 3 Marzo 2017 (https://www.hollywoodreporter.com/news/alabama-theaterwon-t-screen-beauty-beast-due-gay-character-9829) 20 LeFou is somebody who on one day wants to be Gaston and on another day wants to kiss Gaston”60, così confuso che alla fine si distaccherà da Gaston e aiuterà Belle e gli oggetti del castello. Bill Condon, inoltre, rivela che il nuovo carattere di LeFou è ispirato a uno dei compositori del film d’animazione del 1991, Howard Ashman, che morì dopo una lunga lotta contro l’AIDS il giorno dopo della première: “Fu sua non solo l’idea di farne un musical, ma anche quella di rendere la Bestia un personaggio centrale. Fino ad allora la sola storia era sempre stata quella di Belle. [...] E poi per lui era una metafora dell’Aids. La maledizione della Bestia aveva portato tristezza in tutti i suoi cari e forse c’era la possibilità di un miracolo per spezzarla. Era un progetto davvero concreto quello che era deciso a portare avanti.”61 Non sono mancate le critiche e divieti per questa scelta progressista. In Russia il film è stato distribuito con un divieto ai minori di 16 anni62 e in Malesia, all’annuncio di un possibile momento gay nel film, è scattato l’allarme da parte del capo della censura Abdul Halim che al New Sunday Times ha spiegato la sua preoccupazione: “Malaysia does not recognize the LGBT ideology. So we have to be extra cautious in our work. We have our responsibilities to the country, the people and our constitution." Alla fine, il film è stato rilasciato con un veto ai minori di 13 anni se non accompagnati da adulti63, incassando più di 5 milioni e mezzo di dollari (sesto film, per incassi, del paese nel 2017)64. Altro tema contemporaneo di rilievo, presente nel film, è il femminismo. Da una storia come quella di Belle, era prevedibile un rilancio del tema femminista in linea con la contemporaneità, anche se le critiche non sono mancate65. Il problema di fondo è proprio nella struttura della trama del Classico: sebbene Belle sia tra i personaggi femminili più indipendenti e con più 60Ivi, 61Ivi, 62Andrea Francesco Berni, La Bella e la Bestia: il film verrà vietato ai minori di 16 anni in Russia!,www.badtaste.it, 6 Marzo 2017 (https://www.badtaste.it/2017/03/06/bella-bestia-verra-vietato-minori-16-annirussia/226479/) 63Gwilym Mumford, Beauty and the Beast: Malaysian film censors back down in 'gay moment' row, www.theguardian.com, 21 Marzo 2017 (https://www.theguardian.com/film/2017/mar/21/beauty-and-the-beast-malaysianfilm-censors-back-down-in-gay-moment-row) 64Dati Box Office Mojo, ultima visita 2 Ottobre 2019 (https://www.boxofficemojo.com/intl/malaysia/yearly/? yr=2017&p=.htm) 21 aspirazione ai valori femministi dei Classici, non gli viene perdonata questa presunta sindrome di Stoccolma che viene paragonata a una defezione nell’equilibrio dei generi 66. A difesa del film, Emma Watson (protagonista del remake del 2017) ha spiegato, in un’intervista al Entertainment Weekly, la sua interpretazione del personaggio di Belle: “That’s where a prisoner will take on the characteristics of and fall in love with the captor. Belle actively argues and disagrees with [Beast] constantly. She has none of the characteristics of someone with Stockholm Syndrome because she keeps her independence, she keeps that freedom of thought.”67 Nel nuovo film, effettivamente, viene evidenziata l’indipendenza di Belle e, tutti quegli elementi, che potevano essere schiavi di una concezione stereotipata della donna, vengono caricati di una nuova valenza simbolica. E’ il caso della rosa. Nel vecchio Classico non viene svelato il motivo per cui Belle chiede al padre di portarle una rosa (può essere solo una prima associazione tra Belle e la Bestia). Non c’è un legame simbolico con le rose ma, come un buon stereotipo insegna, alle donne piacciono le rose. Nel film, invece, il legame simbolico viene creato approfondendo il background di Belle e il suo rapporto con la madre: il ciondolo a forma di rosa è il prezioso regalo che la madre fa alla piccola Belle prima di morire. Queste novità sono solo delle “dovute” rivisitazioni al fine di modernizzare il vecchio Classico ma, in buona sostanza, il film resta ancorato ai punti di forza del Classico e quindi possiamo parlare di un rifacimento omomediatico68. In questa scelta “l‘identità è basata su un nucleo di caratteristiche cruciali”69, dove la struttura narrativa viene lasciata così com’è e vengono modificate solo alcune scelte stilistiche e, espanse, alcune linee narrative. Questo tipo di remake è anche definito remake esplicito70 poiché è espresso chiaramente dalla casa di produzione che si tratta del remake del Classico del 1991 e non sta allo spettatore ricavarne il lega65Zoe Williams, in un articolo pubblicato il 19 marzo 2017 su theguardian.com, analizza il carattere superficiale femminista nel film e che è sbagliato definire il film totalmente femminista ma ne apprezza il “coraggio”. (https://www.theguardian.com/film/2017/mar/19/beauty-and-the-beast-feminist-or-fraud) 66Ivi, 67Anthony Breznican, Beauty and the Beast: Emma Watson addresses questions over Beast relationship, www.ew.com, 16 Febbraio 2016 (https://ew.com/movies/2017/02/16/beauty-and-the-beast-emma-watsonbelle-beast-relationship/) 68D. Barbari, in N. Dusi, L. Spaziante (a cura di) op. cit. p.179 69Ivi, 70Ivi, 22 me. Diversa è la lettura del nuovo film di un altro famosissimo Classico Disney: Dumbo - l’elefante volante che sebbene sia esplicito nel titolo il riferimento al Classico, contiene delle caratteristiche che lo rendono un prodotto ambiguo. 3.2 DUMBO Dumbo è l’undicesimo remake Classico in Live Action movie della Disney. Diretto da Tim Burton, che ritorna alla regia di un live action movie ispirato a un Classico Disney 71, varia completamente nella tipologia di approccio al remake rispetto a The Beauty and the Beast. In realtà, in questo caso, è quasi più corretto parlare di nuovo adattamento, vista la discontinuità con il predente ma è uno dei pochi casi in cui la rilevanza letteraria della storia è scarsa, se non nulla. La storia del piccolo elefante non ha una storia letteraria come The Beauty and the Beast. Aladdin o Pinocchio, la storia di Dumbo ha una piccola parentesi come libro illustrato per bambini ad opera di Helen Aberson e Harold Pear lma, ma presto, Disney intuì il potenziale del personaggio e ne acquisì i diritti72. Il lungometraggio dell’elefantino fu utilizzato al mero scopo di recuperare le perdite causate dall’insuccesso dei Classici Fantasia e Pinocchio73, ma si rivelò uno dei migliori investimenti economici Disney del dopoguerra in poi con grandi apprezzamenti della critica74. La trama del classico si sviluppa attorno a personaggi animali caricati di qualità antropomorfe, la presenza umana è quasi nulla ed è simbolo di cattiveria e indisponenza nei confronti del diverso. Brevemente, la sinossi narra di un piccolo elefante dalle grandi orecchie (Dumbo) che non riesce a inserirsi nei numeri del circo dov’è nato. Dopo aver perso la mamma (rinchiusa in gabbia dal direttore del circo per aver cercato di difendere il piccolo dagli insulti di alcuni spettatori, aggredendoli), il piccolo Dumbo viene declassato a clown e viene escluso da tutti se non da un piccolo topo di nome Timoteo. Una sera, dopo aver salutato la mamma nella gabbia (e dopo aver cantato insieme la famosissima Baby Mine), Dumbo, insieme a Timoteo, 71Il primo remake lo dirige nel 2010 e si tratta di Alice in the Wonderland (Alice nel paese delle meraviglie, Tim Burton, 2010) 72Michael Barrier, The Mysterious Dumbo Roll-A-Book, www.michaelbarrier.com, 20 Ottobre 2010 (http://www.michaelbarrier.com/Essays/DumboRollABook/DumboRollABook.html) 73Scott Holleran, TCM's Leading Ladies, 'Dumbo' at the El Capitan, www.boxofficemojo.com, (https://www.boxofficemojo.com/features/?id=2077&p=.htm) 74Il Classico del ‘41 partì con un budget di 950.000 dollari e un incasso di 1,6 milioni di dollari (dati reperibili su https://www.boxofficemojo.com/movies/?id=dumbo.htm), ottenne, inoltre, svariate critiche positive dai critici cinematografici dell’epoca (https://archive.is/20130412033521/http://www.waltdisney.com/content/timely-dumbo-almost-cover-boy). 23 si ubriaca. La mattina seguente, entrambi, si risvegliano in cima ad un albero frastornati e Timoteo intuisce che, a portarli lassù, è stato Dumbo e che, con le sue orecchie, è in grado di volare. Di fianco a loro vi sono dei corvi con cui intraprendono un battibecco sulla capacità di volo dell’elefante ma, alla fine, commossi dalla triste storia i corvi donano una piuma magica all’elefante che lo renderà in grado di volare. Il giorno dopo Dumbo stupisce tutti volando durante uno spettacolo senza l’utilizzo della piuma che si rivela solo un espediente per migliorare l’autostima del piccolo elefante. Questa breve sinossi del Classico è importante per evidenziare la totale rivisitazione che Tim Burton fa nel suo lavoro di rifacimento del film. La prima cosa che balza agli occhi quando si confrontano le schede dei due film è la durata: il primo dura circa 64 minuti mentre la creazione di Tim Burton supera abbondantemente l’ora, raggiungendo quasi le due ore di proiezione. Come dice bene Bilge Ebiri, nella sua recensione su Variety, Burton “Not unlike Alice, this live-action take on Dumbo only borrows the bare bones of its story from the original.” 75 Infatti, del vecchio classico rimane poco, i personaggi del racconto, adesso sono umani e di animali è rimasta solamente la mamma. La storia di Dumbo viene inserita in un preciso contesto storico (alla fine della prima guerra mondiale) e vengono inseriti sviluppi narrativi completamente inesistenti nel vecchio classico come l’introduzione di Dreamland (un parco divertimenti, in stile Disneyland, che viene ripreso da un parco divertimenti realmente esistito76) dove Dumbo approderà e dove verrà coinvolto in faccende umane. Timoteo è sparito, al suo posto ci sono due bambini (Finley Hobbins e Nico Parke), orfani di madre, che cercano di aiutare Dumbo nel suo percorso insieme al padre (Colin Farrell). La nostalgia, in questo remake, è poca, solo in alcuni momenti si rincontrano scene del vecchio film d’animazione (come nel caso della magistrale re-interpretazione di Baby Mine e il momento onirico degli elefanti rosa). Le novità, di contro, sono tante. Questa scelta di reinventare il classico è, senza dubbio, dovuta alla mano autoriale di Tim Burton. Ancor prima di una release del nuovo design di Dumbo, la Disney pubblica una foto del regista sul set, mettendo in primo piano che si tratta di un nuovo film di Tim Burton. Il Classico viene pervaso dal senso estetico di Burton e, nel personaggio di Dumbo, il regista mette in risalto, oltre alle tradizionali enormi orecchie, gli occhioni blu, che richiamano un al75Bilge Ebiri, With Dumbo, Tim Burton Proves He Still Knows How to Give Us What We Want, www.volture.com, 26 Marzo 2019 (https://www.vulture.com/2019/03/dumbo-movie-review.html) 76David A. Sullivan, Coney Island History: The Story of William Reynolds and Dreamland, www.heartofconeyisland.com, 2015, (https://www.heartofconeyisland.com/dreamland-coney-island.html) 24 tro suo film: Big eyes (Big eyes, Tim Burton, 2014). Tim Burton ne spiega la scelta in un’intervista al The Nosey Snake: “They’re very important, especially for a character like Dumbo, that doesn’t speak. I just wanted to make sure that Dumbo’s emotions were very pure and simple. So, obviously, speaking through the eyes is important. It’s an emotional response.”77 L’autorialità la fa da padrone: la storia di Dumbo sembra perfetta per lo stile del regista di Edward Scissorhands (Edward mani di forbice, Tim Burton, 1990). Il circo di animali, la scena onirica degli elefanti rosa, l’elefante clown sono magistralmente ricreati con il suo stile inconfondibile in grado di far emergere la stessa empatia provata con il classico ed è proprio in questi frangenti, che colpisce nel segno e riscuote il gradimento del pubblico infantile. Il problema è che riesce solo in quello. Secondo il sito critico Badtaste.it, infatti, l’approccio Burtiano commuove solo un pubblico infantile ma, per una storia così “confezionata” per quest’ultimo, non riesce ad andare oltre come ci si sarebbe aspettato78. “The character of Dumbo is still touching, but the tale of entrapment and rescue that surrounds him is not.”79 “The new Dumbo holds the attention but too seldom tugs at the heartstrings.”80 Sono solo due delle critiche fatte al film di Burton, le quali apprezzano il Dumbo Burtiano ma non accettano il contesto in cui è inserito che quasi distrae dal vero tema del film animato: l’empatia nei confronti degli esclusi. L’accoppiata Dumbo-Burton poteva essere una delle più vincenti degli ultimi anni ma secondo la critica (ha un punteggio complessivo di 51/100 su Metacritic.com81 e un 47% su Rotten Tomatoes82) e secondo il botteghino ( è ottavo per incas77The Nosey Snake, Tim Burton on Dumbo: «I’ve never liked the circus.», www.thenoseysnake.com 27 Marzo 2019, (http://www.thenoseysnake.com/hunt/tim-burton-on-dumbo-ive-never-liked-circus/) 78Gabriele Niola, Dumbo, la recensione, www.badtaste.it, 27 Marzo 2019 (https://www.badtaste.it/recensione/dumbo-la-recensione/363643/) 79Owen Gleibermag, Film Review: Tim Burton’s ‘Dumbo’, www.variety.com, 25 Marzo 2019 (https://variety.com/2019/film/reviews/dumbo-review-tim-burton-michael-keaton-1203171521/) 80David Rooney, 'Dumbo': Film Review, www.hollywoodreporter.com, 26 Marzo 2019 (https://www.hollywoodreporter.com/review/dumbo-review-1195279) 81Dati Metacritic, ultima visita 3 Ottobre 2019 (https://www.metacritic.com/movie/dumbo/critic-reviews? dist=neutral) 82Dati Rotten Tomatoes, ultima visita 3 Ottobre 2019 (https://www.rottentomatoes.com/m/dumbo_2019#contentReviews) 25 si nella speciale classifica dei remake Disney in Live Action) è un “flop” se confrontato con le aspettative. La cosa che interessa è, però, rimarcare questa seconda strada che la Disney, al contrario di quella utilizzata in The Beauty and the Beast, ha seguito: l'autorialità di un remake che punta poco sulla nostalgia ma cerca di ridefinire una storia (quella di Dumbo) che, nel Classico, era poco sviluppata. In questo senso, è difficile sbilanciarsi, potremmo definire questo rifacimento omomediatico ma con ben poche caratteristiche di identità cruciali oppure si potrebbe parlare di un nuovo adattamento e farlo rientrare nel campo del reworking83 e del dialogismo intertestuale, vista la totale rielaborazione del prodotto con una forma di citazionismo del vecchio Classico. Questi sono solo due esempi di come viene affrontato il tema del remake in casa Disney, e di come, questo sia riconducibile a quelle strutture teoriche che potremmo definire di rifacimento84 in The Beauty and the Beast e di dialogismo intertestuale85 per Dumbo. 83Il reworking è, secondo Ruggero Eugeni e Andrea Bellavita“[...] il rimaneggiamento creativo e citazionista di un testo di partenza in un contesto differente” ( Ruggero Eugeni, Andrea Bellavita,”Mondi negoziabili. Il design narrativo dinamico” in N. Dusi, L. Spaziante (a cura di) cit., 2006 pp. 157-174) 84F. Casetti, in F. Casetti (a cura di), op. cit. pp.19-36 85Ivi, 26 4. RILANCIO DEL BRAND E PROMOZIONE INTERMEDIALE Le diversità che abbiamo evidenziato, nei due esempi, portano a una convergenza negli obiettivi (e nei mezzi per raggiungerli) che accomunano tutti i remake prodotti, in produzione e annunciati. Il primo obiettivo, ovviamente, è il successo al botteghino che si rivela più che soddisfacente: secondo The Economist “Cinderella (2015) made $535m from a budget of $95m. The Jungle Book (2016) took $963m from $175m. The $300m marketing and production budget of Beauty and the Beast (2017), starring Emma Watson, Emma Thompson, Ewan McGregor and Ian McKellen, made it the most expensive musical ever. Within ten days of its release it was the highest-grossing lmof its genre, eventually making $1.2bn in ticket sales. [...] Disney has been the most pro"table studio for the past four years, earning more than $7bn at the global box o#ce in 2016 and 2018. Its share price has risen by more than 150% since 2012.” 86 Secondo il report annuale della Walt Disney Company del 2018, è The Beauty and Beast che riesce parzialmente a equilibrare il disavanzo tra il bilancio del 2017 e quello del 2016 che è stato influenzato dal mostruoso introito economico di Star Wars. Sarà, The Force Awakens (Star Wars: il risveglio della Forza, J. J. Abrams, 2015) 87, ancora, nei guadagni del terzo quadrimestre del 2019 a consolidare il 33% di incremento. Dietro all’insuperabile Avengers: Endgame (Avengers: Endgame, Anthony e Joe Russo, 2019), troviamo proprio Aladdin di Guy Ritchie88. Il secondo obiettivo è un rilancio del Brand dei Classici e, più in particolare, il rilancio del cosiddetto transmedia branding. Un film Disney non è mai ‘solo’ un film, è una rampa di lancio per varie estensioni del brand su diversi settori.89 Quest’ultimo è difficile da individuare nelle statistiche perché influenza tutte le sfere di mercato della Disney: dai parchi a tema agli hotel, alle partnership con i fast food e con aziende di abbigliamento; dalle Crociere Disney ai resort, ai portachiavi e alle action figure; insomma tratta di tutte quelle opere di merchandising, e non, dove il Brand è presente. 86Roger Iger, Disney goes back to the future, www.economist.com, 5 Gennaio 2019 (https://www.economist.com/books-and-arts/2019/01/05/disney-goes-back-to-the-future) 87Dati reperibili su https://www.thewaltdisneycompany.com/wp-content/uploads/2019/01/2018-AnnualReport.pdf 88Dati reperibili su https://www.thewaltdisneycompany.com/wp-content/uploads/2019/08/q3-fy19-earnings.pdf 89Alan Bryman, The Disneyization of Society, SAGE Publishers, London, 2004 p. 79 27 4.1 RILANCIO DEL BRAND Come già anticipato nel primo capitolo, il lavoro dietro ai remake dei Classici Disney, nasconde (e neanche troppo) una più complessa strategia di recupero del Brand con cui Walt aveva creato un impero. We looked a lot at what Walt did," dice Sean Bailey in un’intervista alla Cnn "Walt took these beautiful, timeless stories he knew had lasting relevance, and he then sort of applied the sensibilities of his times."90 David Sims di The Atlantic, lancia una provocazione sulla “formula”, vincente, usata dalla Disney per ottenere successo al botteghino: “The recent Disney remake formula is a simple one: Take a beloved animated tale (say, Cinderella or The Jungle Book), cast some big-name celebrities, and then dial the opulence factor up to 11, turning a film everyone remembers into a grand, if some what hollow, homage for a new generation.”91 Sebbene sia un pò ironico, Sims, ha perfettamente centrato il punto sul rilancio del classico e del brand di The Beauty and Beast e di tutti gli altri Classici: la strategia utilizzata fa leva sul sentimento nostalgico verso il titolo accompagnato da una serie di elementi di traino che creano, nei confronti del film, attesa e suspense e si rivelano fondamentali per il successo. Il primo elemento che funge da traino per il film è l’innesto di personalità note nel mondo del cinema dello spettacolo: per The Beauty and Beast viene scelta Emma Watson (fresca di successo per l’interpretazione di Hermione nella saga di Harry Potter) per interpretare Belle. Una scelta che risulta vincente perché è il personaggio femminile che accompagna, nell’adolescenza, la stessa generazione che è stata accompagnata nell’infanzia dai classici. Per Dumbo (come spiegato nel capitolo 3) la Disney sceglie Tim Burton che porta con sé anche Colin Farrell (desideroso di partecipare a un progetto firmato Tim Burton), Danny De Vito e Michael Keaton. Per Aladdin la Disney punta su Will Smith nei panni del Genio che, forte delle sue potenzialità comiche e drammatiche, dà un valore aggiunto al personaggio. Ma che tipo di brand la Disney sta rilanciando? 90Frank Pallotta, Disney's blockbuster formula for rebooting tales as old as time,.www.cnn.com, 17 Marzo 2017 (https://edition.cnn.com/2017/03/17/entertainment/beauty-and-the-beast-disney-franchise/index.html) 91David SIms, Beauty and the Beast: A Tale as Old as Time, Told Worse, www.theatlantic.com, 15 Marzo 2017 (https://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2017/03/beauty-and-the-beast-remake-review/519603/) 28 Le strategie di produzione Disney da anni ormai sono chiare: dai prodotti MCU (Marvel Cinematic Universo) fino alla saga di Star Wars, passando dagli originali film d’animazione ai remake dei Classici Disney, tutti si basano sul concetto che è stato definito da J. Wyatt del highconcept movie92, una nuova tipologia di prodotto cinematografico che è rimodulabile e riadattabile in altri contesti ludici e di intrattenimento creando dei veri e propri franchise che, come sostiene Henry Jenkins, producono linee narrative transmediali.93 L’high concept movie è composito ed articolato e, a questo proposito, Veronica Innocenti e Guglielmo Pescatore individuano nell’architettura dell’informazione (Information Architecture) pervasiva94 delle “modalità di progettazione dei contenuti che possono essere riscontrate anche nel blockbuster contemporaneo”95 come ad esempio una progettazione per derivazione, dove, un oggetto pensato come singolo diventa l’origine di una moltitudine di prodotti crossmediali 96. In questo caso il concetto di high concept è usato in termini di prodotto che non è progettato per degli sviluppi transmediali ma ha le potenzialità per farlo. I prodotti cinematografici targati Disney (compresi i remake dei Classici) originano “una strategia integrata dove vengono sfruttate tutte le opportunità economiche di trasferibilità del concetto su più prodotti e segmenti”. Una strategia dove il film diventa il centro e il franchise si sviluppa in maniera transmediale, rilanciando il transmedia branding del titolo Classico che, volta per volta, si produce. ”The studio’s films all have to be four-quadrant special, appealing to every family member, age bracket, and income level. Not only is this essential to bring in box-office numbers, but it also activates every parts of the Disney machine. ”97 Nei report annuali della The Walt Disney Company troviamo una vasta gamma di operazioni transmediali in funzione dei film che vengono prodotti, in particolare, assieme ai classici, vengono finanziati spettacoli teatrali a Broadway e nel resto del mondo 98. Notiamo come, nell’a92Justin Wyatt, High Concept. Movies and Marketing in Hollywood, University of Texas Press, Austin, 1994 93Henry Jenkins, Convergence culture Where Old and New Media Collide, New York, University Press, 2006. 94L’architettura dell’informazione pervasiva è una disciplina che studia l’organizzazione e il flusso che regola tutti i spazi di tipo informativo: digitale, fisico o ibrido ( L. Rosati, Architettura dell’informazione e trovabilità, 19 maggio 2009, http://lucarosati.it/blog/architettura-informazione-pervasiva) 95Veronica Innocenti, Gugliemo Pescatore, “Dalla Cross-Medialità all’ecosistema narrativo. L’architettura complessa del cinema contemporanea”, in Federico Zecca (a cura di) Il cinema della convergenza. Industria, racconto, pubblico, Milano, Mimesis Edizioni, 2012 pp. 127-138 96Ivi, 97Drew Tylor, Welcome to the Remake Kingdom, www.vulture.com,(https://www.vulture.com/2017/03/beautyand-the-beast-disneys-remake-machine.html) 98Dati reperibili su https://www.thewaltdisneycompany.com/wp-content/uploads/2017-Annual-Report.pdf 29 prile del 2017 (un mese prima dell'uscita nelle sale del remake del Classico), viene annunciato, dal presidente della Disney Theatrical Productions (Thomas Schumacher), il ritorno a Broadway del musical de The Beauty and Beast dopo dieci anni dalla sua chiusura.99 Un anno dopo, la Disney annuncia la costruzione di una nuova attrazione ispirata al nuovo remake di The Beauty and Beast nel Disneyland di Tokyo100 e a maggio del 2017, si annuncia anche uno spettacolo teatrale esclusivo per i gli ospiti delle Disney Cruise ispirato dallo stesso film che narrerà la storia della fiaba attraverso gli occhi del padre Maurice101 (nel perfetto stile del transmedia storytelling). Il prodotto cinematografico non è più finalizzato verso un’audience di pubblico ma, lo stesso audience, si trasforma in potenziale consumatore, al quale, la Disney, propone il suo prodotto cinematografico e tutti i prodotti ad esso collegato, come ha notato Janet Wasko: ”it is almost always the case that individuals experience Disney via the consumption process, whether they are being bought and sold as audience advertising, or purchasing Disney product/service” 102 Tutto questo serve per incentivare quello che Bryman chiama “Hybrid Consumption”, ovvero quella tendenza dove le diverse forme di consumo si intrecciano e diventano indistinguibili 103. Alla base del sistema del consumo ibrido è presente il concetto dello “stay longer”, ovvero, quando i prodotti sono fusi, si crea una forma particolare di attrazione che porta il consumatore a continuare il proprio consumo sui quei prodotti collegati al primo. 104 Questa esperienza di consumo è particolarmente efficace nella Disney poiché è accompagnata dalla tematizzazione dei vari siti che, con la loro grandezza e con questa strana unione di tipi di consumo, creano 99Irene Rosignoli, Il musical de La Bella e la Bestia ritorna a Broadway con un revival, www.imperoland.it,27 Aprile 2019 (http://imperoland.it/il-musical-de-la-bella-e-la-bestia-broadway/) 100Thomas Smith, Sneak Peek at ‘Beauty and the Beast’ Attraction Coming to Tokyo Disneyland,www.Disneyparks.disney.go.com, 6 Dicembre 2018 (https://disneyparks.disney.go.com/blog/2018/12/video-sneak-peek-at-beauty-and-the-beast-attraction-coming-to-tokyo-disneyland/?CMP=SOC-DPFY19Q1wo1129180003A) 101Irene Rosignioli, La Bella e la Bestia, sulle crociere Disney arriva il musical ispirato al live action, www.bestmovie.it, 18 maggio 2017, (http://movieforkids.bestmovie.it/news/la-bella-e-la-bestia-sulle-crocieredisney-arriva-il-musical-ispirato-al-live-action/51196/) 102J. Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, cit., p.185 103A. Bryman, op. cit. pp. 57-58 104Ivi, 30 un senso di dipendenza105. Sebbene questo tipo di consumo sia caratteristico e evidente nei vari parchi a tema della Disney (dove, nello stesso luogo, l’utente è invaso dalle varie forme di consumo) è estendibile anche a qualunque tipo di altro prodotto Disney. Quando, ad esempio, si assiste a un film Disney si possono acquistare i peluche direttamente al cinema, oppure, ancora più nello specifico, si può assistere al film gustando delle caramelle gommose di marchio Disney. Questo concetto ha sempre accompagnato la filosofia Disney. A dimostrazione di ciò, in un articolo del 4 febbraio 1958 (dal titolo “Walt’s Profit Formula: Dream, Diversify and Never Miss An Angle”) pubblicato sul Wall Street Journal, viene analizzato il carattere sinergetico e imprenditoriale che i fratelli Disney avevano sui propri prodotti. Ma che tipo di audience/consumatori è interessato al brand Disney? Il brand Disney (come visto nel primo capitolo) punta particolarmente su bambini e ragazzi ma non è l’unico target come sottolinea sempre la Wasko: “Disney products is typically strong during childhood, some of the same products are still enjoyed by adults, while other products are specifically designed for adults”106. I parchi, sebbene siano strutturati con lo stile dei film animati, hanno il rapporto tra visitatori adulti e bambini di 4:1107. Si potrebbe pensare che un rapporto del genere sia viziato dalla presenza di accompagnatori ma non è propriamente così, infatti, innanzitutto, nei molteplici parchi Disney non vi sono solo attrazioni per bambini ma ci sono attrazioni pensate e studiate per adulti e, ancora più nel particolare, la Disney si fa promotrice di attività ed eventi sportivi, quali maratone, gare automobilistiche e altri tipi di tornei sportivi108. Si può anche aggiungere che quei Classici, pensati per un pubblico infantile/adolescenziale, nella loro trasposizione in Live Action non puntano più solo a quel tipo di pubblico, anzi, per certi versi addirittura lo riducono: nel caso di The Beauty and Beast, ad esempio, la Motion Picture Association of America (MPAA) classifica il remake con un rating PG (bambini accompagnati, scene violente e paurose) rispetto al classico che aveva un rating G (per tutti). Il prodotto Disney è mirato per “children of all ages” 109, nel caso dei remake questa idea viene raddoppiata: riformulando le storie che hanno accompagnato una generazione, la Disney ha un prodotto con un target che è stato già fidelizzato e ha dei “Flop Risks” inferiori rispetto a un nuovo prodotto animato o Live Action che sia. 105Ivi, 106Janet Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, cit., p. 185 107Alan Bryman, The Disneyization of society, Sociological review, 47, 1, 1999, p. 25 108Janet Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, cit., p. 185 109Ivi, 31 4.2 PROMOZIONE INTERMEDIALE Per rilanciare un brand, seppure già molto conosciuto, attraverso un film, si mette in moto tutta la macchina promozionale che, secondo Janet Wasko, nel libro How Hollywood Works, ha in media un costo di 23 milioni di dollari per film 110. Come è solita fare, la Disney mette in campo tutti i mezzi a sua disposizione per creare un campagna promozionale tesa a creare attesa e desiderio per il prodotto attraverso una strategia di marketing in cui la sinergia tra i vari settori promozionali è fondamentale. La sinergia è un carattere in cui la Disney crede molto: ogni settore del conglomerato ha un suo direttore alla sinergia con lo specifico compito di comunicare con gli altri direttori per individuare delle strategie da seguire al fine di migliorare il lavoro interno e quello esterno111. “if a project were to involve the development of a new light bulb as a key priority for the company overall, everything about that light bulb, from the idea to the research to the packaging to the marketing plan had to be shared with the total audience audience in order to generate their enthusiasm and support. They had to be included in the process right from the get-go. If they saw sinergy opportunities for their business, they would take ownership of the project, too.”112 Lorraine Santoli, ex Dirigente di sinergia aziendale della Disney, nel suo libro Inside the Disney Marketing Machine, riassume così il valore della sinergia all’interno dell’azienda che comprende il marketing relativo ai film e ai prodotti ad esso connesso. Di vitale importanza è una pianificazione anticipata della strategia di marketing da utilizzare per la promozione dei film. Il primo passo, come spiega la Santoli avviene in 12/24 mesi dalla prima e consiste in una riunione privata con gli alti dirigenti della Disney: “Early planning started about 12 to 24 months prior to the opening of the film with a high profile, invitation-only Feature Animation presentation to a gathering of worldwide Disney marketing, entertainment, and creative executives, along with Disney product licensees”113 110Janet Wasko, How Hollywood Works, London, SAGE Publications Ltd, 2003 111James Zotlak , Aggressive Marketing Disney Sinergy Keys to Disneyland’s Banner ‘95 Season, Amusement Business, 8 Gennaio 1996 p.5 112Lorraine Santoli, Inside the Disney Marketing Machine. In the Era of Michael Eisner and Frank Wells, s.l, Theme Park Press, 2015 p.105 113Ibidem, p.129 32 Il secondo passo è l’annuncio del film e, quella che prima era una riunione annuale Disney che, dal 2009, è sostituita con il D23 Expo: “A secondary purpose of holding the early animation program was to create ‘event film’ excitement within Disney organization and with licensees who need a long lead time to develop product lines. This annual presentation was always a standing room-only event.”114 Dopo questi due eventi preliminari, intorno agli 8/12 mesi prima dell'uscita nelle sale, si tengono delle riunioni per progettare delle strategie cross promozionali per il film, collegando sinergicamente i vari settori aziendali, costantemente ridiscusse e aggiornate in incontri mensili.115 Come spiega la Santoli, per il film del 1994, The Lion King, sono state redatte 23 pagine con informazioni dettagliate sulle “synergy partnerships promoting” nelle quali si riscontrava il supporto di tutte le aziende di proprietà Disney e di alcuni accordi di co-branding di tipo promozionale con importanti multinazionali com Burger King e Kodak 116. A distanza di anni, la strategia che attua la Disney è parallela a quella vincente degli anni ‘90, a cui vanno aggiunti i nuovi mezzi di comunicazione (quali i social) e si rafforzano quegli elementi comunicativi che, all’inizio degli anni ‘90, erano poco sviluppati (quali teaser e trailer). Ad esempio, il primo teaser di The Beauty and Beast, viene pubblicato il 26 maggio 2016 su tutte le piattaforma ufficiali Disney, nel video scorrono le immagini della scenografia del nuovo castello realizzato con la CGI, a metà del teaser l’immagine si sofferma sul quadro di un bel principe dagli occhi azzurri che, qualche secondo dopo, viene squarciato da una zanna con un ruggito di sottofondo. Dopo un breve nero, si sente il rumore d’apertura del portone del castello e, in sottofondo, due voci fuoricampo commentano: -“ Look a girl”-”Yes, I can see it’s a girl, you fool”- “What if she is the one?”, nel finale, un “Hello?” femminile ci introduce nella scena in cui viene messa in primo piano la rosa incantata con Emma Watson che entra per metà nell’inquadratura e tenta di toccarla, accompagnata dalle note del noto brano The Beauty and Beast. La canzone continua e sullo sfondo nero appare la scritta “Be our Guest” e appena sotto “3.17.17”. Il primo teaser, in primo luogo, ci introduce nel magico e reale nuovo castello riprodotto con la CGI, subito dopo, richiama tutti gli elementi nostalgici del classico come la indimenticabile 114Ivi, 115Ivi, 116Ibidem, p. 157 33 magica musica del prologo di Alan Menken. Le frasi “Look a girl!”, “What if is the one?” e l’incerto “Hello” ci ricordano l’ingresso nel castello di Belle nel Classico. Nell’ultima scena vediamo la rosa incantata e, sullo sfondo, la star del film Emma Watson, che funge da elemento trainante per la sponsorizzazione del film. Infatti il film si basa sulla storia di Belle e la Bestia e non solo di Belle, eppure, nel primo teaser non ci vengono mostrati entrambi i protagonisti ma solo Belle (interpretata da Emma Watson). Nell’ultimo frame, sopra la data di release, non troviamo il titolo ma un altro elemento nostalgico (potremmo definirlo ormai un cult quando si parla di The Beauty and Beast): la scritta “Be our Guest” che diventerà lo slogan della campagna pubblicitaria del film. Questo primo teaser non ha una funzione conoscitiva, e quindi di introduzione al film, ma ha una funzione di reminiscenza e di reintroduzione in un mondo già conosciuto e, per certi versi, già amato. Non è scontata, a metà teaser, l’inquadratura dove viene aperto il portone d’ingresso: non si è scelto di porre la telecamera fuori dal castello e, con un movimento di macchina farci entrare nel castello;si è scelta una prospettiva interna, il castello lo conosciamo già e lo conosciamo dal 1991, siamo già dentro la storia. Gli utenti, che hanno interagito con il video pubblicato su Youtube, hanno commentato esprimendo la loro commozione nel risentire la melodia della canzone principale del vecchio Classico poiché rievoca, in loro, i ricordi e le emozioni provate alla prima visione. Nel secondo trailer, pubblicato il 23 novembre 2016, la storia inizia a prendere il sopravvento, come dice Chris Thilk, nel suo blog, cioè mostra proprio quello che deve mostrare, ovvero far vedere al pubblico che si tratta di un remake Live Action del Classico animato117. Questo trailer, quindi, si focalizza sulla storia di Belle e della la Bestia e, nel farlo, evidenzia caparbiamente il lavoro della CGI nel realizzare il set e, soprattutto, il volto della Bestia. Se nel secondo trailer vengono principalmente presentati i personaggi di Belle e della Bestia, nell’ultimo trailer vengono presentati tutti i personaggi chiave del film e viene mostrata, in sintesi, buona parte della storia che il pubblico già conosce e non deve far altro che riviverla. Il 26 maggio 2016 dà il via alla promozione che risulterà esponenziale nel tempo, nella quantità e nella qualità. Dopo il primo teaser, il 7 luglio viene pubblicato, sui vari social, il primo poster del film con l’iconica immagine della rosa incantata dentro la campana di cristallo (fig.1), elemento-simbolo della trama, utile a introdurre la storia prim’ancora dei personaggi. 117Chris Tilk, Movie Marketing Madness: Beauty and the Beast, www.christilk.com, 15 Marzo 2017 (https://christhilk.com/2017/03/15/movie-marketing-madness-beauty-and-the-beast/) 34 (fig.1) Il secondo poster (fig.2) viene divulgato il 10 novembre 2016 (due settimane prima del secondo trailer), questa volta vengono mostrati Belle e la Bestia che danzano, un’immagine che ricorda il poster del Classico animato (fig.3) che ne differisce per la posizione di Belle, messa di profilo e rivolta verso lo spettatore, per evidenziare la presenza di Emma Watson nel film. Nel poster finale (fig.4), vi sono tutti i personaggi principali con Belle e Bestia sullo sfondo, in grande, e il titolo al centro, nello stile delle locandine cinematografiche moderne. Insieme all’ultimo trailer vengono pubblicati i poster e i motion-poster dei singoli personaggi principali e i loro interpreti: Belle (Emma Watson), Beast (Dan Stevens), Gastón (Luke Evans), Lefou (Josh Gad), Maurice (Kevin Kline), Miss. Potts (Emma Thompson), Din Don (Ian Mckellen), Lumière (Ewan Mcgregor), Plumette (Gugu Mbatha-Raw), Garderobe (Audra Mcdonald) e Cadenza (Stanley Tucci). Dalla pubblicazione del secondo trailer, la pubblicità inizia ad essere più presente e pressante: iniziano tutte le campagne cross promozionali che la Disney attuerà non solo con una cooperazione tra le proprie aziende ma anche con aziende esterne al proprio conglomerato, Chris Thilk, nel suo blog, ne ha selezionate alcune: ● Gelish: The nail polish company offered a movie-themed collection of hues. ● HomeAway: A sweeps offering the chance to say at Duns Castle with 20 guests. ● HSN: Offered a collection of apparel, home goods and more inspired by the movie. 35 ● Kohl’s: Similarly offered exclusive items and carried other merchandise. ● Le Creuset: Created a selection of movie-themed cookware. ● Luxe Bloom: Was the “official flower” of the movie, which is actually a decent idea given the story. ● Williams Sonoma: Offered tips on how to throw a movie-themed party. ● Twinning: Put some of their tea flavors in movie-branded packaging. ● Neutrogena: Offered tips on how to get Belle’s look and put products in movie-branded packages. ● Morgan Taylor: Another set of movie-themed nail polish colors.”118 Insieme alle campagne cross promozionali, la Disney, apre le campagne promozionali sui social: vengono attivati attraverso la creazione di pagine, profili e account, con il titolo della fiaba e vengono gestiti contestualmente alle altre attività promozionali. Ad esempio, il profilo ufficiale instagram The Beauty and Beast è creato il 16 aprile 2016 con un primo post datato 22 maggio 2016, è un’anticipazione del teaser che sarà pubblicato il giorno dopo su tutte le piattaforme. Il post successivo coincide con la pubblicazione del primo poster del film (7 Luglio 2016) e poi, a Novembre, viene “ripostato” lo speciale curato dalla testata Entertainment Weekly, con il secondo poster e il secondo trailer del film. Da gennaio l’attività del profilo è quasi quotidiana e propone contenuti di vario genere: dai countdown impreziositi con uno stile grafico a tema, ai motion poster dei personaggi, dai repost dei vari personaggi del cast ai vari post di reindirizzamento su interviste, video e iniziative promozionali inerenti al film (come la riedizione della canzone The Beauty and Beast, da parte della Walt Disney Records, interpretata da John Legend e Ariana Grande) tutti accompagnati dall'hashtag BeOurGuest. Durante la settimana i post si intensificano e cambiano prospettiva, ora puntano sul successo ottenuto nel primo week-end di programmazione e puntano a richiamare lo spettatore restio al rifacimento del Classico. I post contengono i primati ottenuti (primo film con il maggior incasso al primo week-end nel mese di marzo 119) e le critiche positive al film come ad invitare lo spettatore dicendo: “Ehi, guarda cosa ti stai perdendo”. Dopo la fine della distribuzione nelle sale, i post si attenuano e mostrano anche scene del film, sponsorizzano la distribuzione home video insieme alle iniziative inerenti alla fiaba nei parchi a tema e nei Disney Store e promuovono altri prodotti Disney (come i remake di The Lion King e Aladdin ma, anche, le 118Ivi, 119Dati Box Office Mojo, ultima visita 6 Ottobre 2019 (https://www.boxofficemojo.com/movies/? id=beautyandthebeast2017.htm) 36 offerte per la nuova piattaforma Disney+). Accanto alla promozione via web si affianca la promozione su carta stampata e televisiva che si configura, per la “prima”, con la creazione di spot di circa “30 che vengono diffusi su tutti i canali di proprietà Disney e non, in particolare, anche durante le due premiazioni più attese in America: i Golden Globes e il premio Oscar. Per la “seconda”, Disney stipula delle partnership con varie testate giornalistiche dedicate all’intrattenimento e al Glamour come Vanity Fair ed Entertainment Weekly, alle quali il cast rilascia interviste in esclusiva. “Among the many factors which we feel has contributed greatly yo Disney’succes is the ability of the company’s many business units to cross-promote, or synergize, to elevate a given project to greater heights than it might ever have singularly achieved. A good example is the Disney animated film Beauty and Beast. Beyond its run on the screen (Buena Vista pictures), the project took on new energy as the characters come to life at theme parks (Attractions), followed by the video release (Disney Home Video), then the Broadway show (Disney Theatrical Productions), Cast Album (Walt Disney Records) touring shows around the world, children’s TV show (Buena Vista Television), and merchandise (Consumer Products, the Disney Store), among, many, many other cross-promotions.”120 Queste le parole Michael Eisner riportate dalla Santoli che riassumono la campagna sinergica che ha portato al successo di The Beauty and Beast nel 1991. Le caratteristiche e le modalità sono parallele alla campagna attuata nel 2016/2017 tanto che se togliessimo la parola “animated” sembrerebbe che si stia commentando proprio la campagna del remake, questo a dimostrazione del fatto che la struttura sinergica della Disney, una volta collaudata, perdura nel tempo e, con i dovuti miglioramenti tecnologici, rimane efficace. 120L. Santoli, op., cit., p. 141 37 (fig.2) (fig.3) (fig.4) 38 CONCLUSIONI In questo elaborato, attraverso un'analisi giuridica, stilistica ed economica, sono evidenziati i motivi che hanno portato a una rinascita dei Classici d’animazione, allo sviluppo estetico dei nuovi Remake, al rilancio del Brand Disney e alla gestione promozionale. Dalle già elencate similitudini tra vecchio Classico e remake, a mio avviso, si evincono due elementi che accomunano i Classici con i Live Action: il primo, è l’elemento che ha accompagnato l’azienda Disney sin dagli esordi, ed è l’innovazione tecnologica o, per meglio dire, l’estetica tecnologica; il secondo è dato dall’atmosfera che i due prodotti hanno creato nelle rispettive epoche: ed è la nostalgia. La Disney, negli anni, ha sempre cercato di rendere reali quelle storie e quelle fiabe che hanno incantato milioni di persone attraverso la tematizzazione dei proprio parchi a tema. Adesso le stesse fiabe, con la CGI, riescono a raggiungere livelli di realismo così elevati che, a volte, sfociano nell'iperrealismo come, ad esempio, nel recentissimo The Lion King121(Il Re Leone, Jon Favreau, 2019). I dodici punti per ottenere l’illusione della realtà (vedi nota 53), elencati da Thoams e Johnston, sono superati e sostituiti con la CGI che innalza i Classici in una dimensione realistica, dove, addirittura, l’elemento di antropomorfizzazione degli oggetti inanimati o degli animali causa un effetto straniante 122. Il tema della nostalgia, invece, è molto frequente quando si parla di remake Disney. Senza dubbio, è l’arma vincente dei nuovi film, che perfettamente si configura con l’audience del Brand Disney definito da Wasko: “children of all ages”123. In questo caso, lo spettatore che va a vedere il Classico riesce a percepire non solo le emozioni dovute all’attuale drammatizzazione ma rimembra anche le emozioni che ha percepito nella visione del Classico. In questo modo si affianca un’eccellente gestione della tempistica: si ripropongono delle trame che hanno caratterizzato gli anni ‘90 in un periodo storico, nel quale (almeno in Italia) la maggior parte del pubblico che riempie le sale ha un’età compresa tra i 18 e i 29 anni124, che è la stessa generazione che era cresciuta con i Classici. Non stupisce, quindi, che il rifacimento di The Lion King abbia superato al botteghi- 121Roberto Nepoti, 'Il Re Leone', Jon Favreau e la nuova avventura iperrealista di Simba, www.larepubblica.it, 20 agosto 2019 (https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2019/08/20/news/_il_re_leone_-233996346/?refresh_ce) 122Ivi, 123Janet Wasko, Understanding Disney, The Manufacture of Fantasy, cit., p. 185 124Dati Istat riferiti all’anno 2017 (https://www.istat.it/it/archivio/220416) 39 no italiano il kolossal, sempre Disney, Avengers: Endgame125. La Disney, con questo processo di rilancio sinergico, ha ancora una volta dimostrato di essere la miglior industria culturale contemporanea. 125Dati Box office Mojo, ultima visita 13 Ottobre 2019 (https://www.boxofficemojo.com/intl/italy/yearly/) 40 BIBLIOGRAFIA In ordine alfabetico: Aaker A. David, Building Strong Brands, New York, Free Press, 1996 Ammori Marvin, The Uneasy Case of Copyright extension, 16 Harvard. J.L. & Tech, 2002 Bernaski, Kaitlyn Rose, Saving Mickey Mouse: The Upcoming Fight FOR Copyright Term Extension In 2018, Law School Student Scholarship, 2014 Bryman Alan, The Disneyization of Society, SAGE Publishers, London, 2004 Casetti Francesco (a cura di), L’immagine al plurale. 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Copyright Act, 1909 Copyright Act, 1976. Copyright term Extension Act, 1998. 46 RINGRAZIAMENTI Voglio Ringraziare, innanzitutto, mia Madre e mio Padre che mi hanno sostenuto durante tutto il percorso universitario. Hanno fatto in modo che mi potessi realizzare aiutandomi sia economicamente che, soprattutto, moralmente nei momenti più difficili del mio percorso. Grazie. Vi devo tutto! “Questa è la mia famiglia [...] è piccola e disastrata, ma bella” - Stitch in Lilo e Stitch Voglio ringraziare mia sorella Barbara che mi ha introdotto, sin da piccolo, nel mondo Disney e, inconsciamente, mi ha “suggerito” il tema per questo elaborato. Ti auguro di poter inseguire come io sto cercando di inseguire il mio. “Se puoi sognarlo, puoi farlo” - Walt Disney Voglio ringraziare i miei compagni di corso, in particolare Alessandro, Andrea, Filippo e Francesco che hanno condiviso con me queste esperienza universitaria e che, attraverso i vari confronti, hanno accresciuto in me la passione per quell’arte eccezionale che è il cinema. “Potete immaginare, creare e costruire il luogo più meraviglioso della terra ma occorreranno sempre le persone perché il sogno diventi realtà.” - Walt Disney Ringrazio i ragazzi del Convitto Salesiano e il responsabile degli universitari. Per due anni abbiamo vissuto insieme creando un legame che non credevo fosse possibile creare in così poco tempo. “Il segreto, cara Alice, è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore. E’ allora, solo allora che troverai il Paese delle Meraviglie” - Il Cappellaio Matto in Alice nel Paese delle Meraviglie Vorrei ringraziare i miei amici del Paesello. Li ringrazio perché, nonostante la lontananza, mi hanno sempre riabbracciato e voluto bene come se non fossi mai partito. “I buoni amici sono come le stelle: non sempre le vedi, ma sai che sono sempre lì.” - Winnie The Pooh in Le Nuove Avventure di Winnie The Pooh Infine, ringrazio la città di Bologna, una città meravigliosa (che mi piace definire a portata d’uomo) che, con il suo patrimonio artistico e culturale, mi ha fatto crescere dal punto di vista umano e intellettuale. 47